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con Kurona, Itsuki

23:24 Kurona:
  [Scrittoio] La testa china verso uno scrittoio abbozzato su due travi appoggiate ad uno sgabello alto, probabilmente preso in prestito dal bar di Yukio. La luce ocra danza, una carezza, lascia intendere d'aver bisogno di rimanersene quì - dentro al suo ventre caldo. Un filo di vento che sussurra all'ingresso della tenda lascia che le pareti tessili si muovano, iraconde, ma solo per qualche attimo. Ci si aspetterebbe di vederla così? Silenziosa ed intenta a rivolger tutte le proprie attenzioni ad un misero foglietto di carta quattro per quattro, dove scrive con una leggerezza traballante. A volte preme, a volte abbandona, a volte scrive con tanta leggerezza che a fatica si leggono i kanji impilati come soldatini votati verso una marcia che... Tutto sommato, non sa propriamente di guerra. Le dita posate sul tavolo, perno del palmo, si sollevano a batter la punta dell'unghia sulle venature delle travi, immergendo e soffocando i piedi tra i filetti morbidi di un tappeto che, appena arrivata a Kiri, ha buttato lì. Per semplice capriccio di poter posar dei piedi stanchi su qualcosa di morbido. La verità, oltre quella che Kurona stessa lascia vedere è che è sempre stata uno specchietto per le allodole. Un falso bagliore di luce, impetuoso, che distoglie l'attenzione da qualcosa che oramai vige. Stanco e lento. Al di la di questo strato di gesso, al di la di una rughetta accentuata solamente adesso sulla fronte, c'è uno strato di recondita rabbia. D'ingiustizia. O forse, cari miei, proprio di giustizia fatta e finita. Di meritocrazia. Il pennino scorre - ed il silenzio nella tenda, diventa un affannato cinguettare di carta e china. Corri. Corri. Non c'è tempo. "Grazie, Kioshi." Un sussurro tra le meningi deteriorate, vola inevitabilmente a quel discorso. Della corsa, la corsa che ha fatto fino a lì. Fino a diventare quello che è ora. "Ma pensavo di aver ancora tempo, per correre." Lo pensava, è vero. Anzi, davanti ai suoi occhi - per un istante - fu' ancora convinta di poter effettivamente rimettersi in gioco. E magari, poi, morire con onore in battaglia. Ed invece. [ck off]

23:34 Kurona:
  [Scrittoio] Ineluttabile signora, si sente quando sta arrivando. Come una passeggiata a braccetto, attimo dopo attimo, sente l'impervio di salutare quello che ama. Goderselo. Vederlo almeno un ultima volta. Eppure siamo certi di non aver fatto proprio tutto, alla fine di questo racconto. Ci sarà un rimasuglio, un vago pentimento, qualcosa di abbandonato a metà. La penna s'issa dal foglio - ed affondando con la schiena, finisce per solleticarle le labbra lievemente più opache del solito. Rimane lì, nel vuoto di una parete che sembra volerle cadere addosso, perdendosi nei filamenti rossastri e neri delle stecche che tengono in piedi tutta la tenda. Che divertente barzelletta, che è la vita, non è vero? Si corre solo in una direzione, e mai nella direzione opposta. Ed anche a pochi passi dal traguardo, s'è issata sentendo il richiamo del sangue. "Che misera." Un fischio stridulo nella testa la spinge ad abbassare il capo bianco, rivoltando e rivestendo la camicia pallida che indossa con lingue di sale tozze e pigramente arricciate, chiudendo gli occhi per concedersi di crollare nel buio, solo per qualche istante. Alla fine la penna l'abbandona lì, di lato, lasciando che s'incastri nella fossetta della trave su cui stava scrivendo solo poco prima. A chi importa cosa hai da dire, stupida. Hai compiuto un sacco di passi in nessuna direzione, hai visto la morte - e ne sei divenuta abile attrice. Hai appreso l'arte. Hai appreso l'amore. E nei tuoi ultimi momenti, non ti rimane ne' uno, ne l'altro. Un cenno violento della destra che si scansa dalla trave, posata su un fianco, verso la piccola lanterna elettrica posata per rischiarare la luce aranciata. Un colpo involontario. Un cozzare scoordinato che le fa' issare lo sguardo. Neanche più il mio corpo, è più il mio. Come potrei andare in missione, così? Senza poter coordinare, ne gestire, i movimenti. E forse sarebbe anche peggio, se rivolti verso i flussi di chakra. Gestirebbe male il team. Gestirebbe male tutto. Sarebbe un peso. Solo un miserabile peso.[ck off]

23:45 Kurona:
  [Scrittoio] Alla fine lo sguardo persiste su quella parete mobile, scendendo con una lentezza inesorabile a scutare una delle lampade da tavolo in pezzi. Una di quelle che sembrano delle lanterne ad olio, ma che alla fine, solo solamente elettriche. Le ciglia basse, come quelle di una bambina che solo in ritardo, riesce ad accorgersi di un danno fatto da lei - ma puramente di conseguenza ad una bravata. Capendolo a tratti. Capendolo solo in quella minima parte che ha visto scorgere il metacarpo ad impattare rovinosamente contro di lei. Ed entrambi gli apici delle braccia si raccolgono sul bordo dei pantaloni, tediano il panciotto della camicetta infilata all'interno della vita. Un pizzicare di pollici. Un temporeggiare pigro e confuso. Ed il chakra ora scorre lento, a singhiozzi, spento - ma pronto ad esser acceso. Se solo potesse accenderlo. Ed ora infatti gli tsubo rilasciano lenti - con il contagocce, troppo stanchi per amalgamarsi ed irradiar arti e corpo. Ed alla fine l'abbandona lì, quella lampada distrutta, finendo per devolgere qualche passo in direzione di quella lettera. Si cura di chiuderla, abbassando solamente d'un quarto il busto per poter prestare maniacale attenzione alla chiusura della stessa con solo un filo di cera nera. E' la mancina a prender lo stampo riportante il rilievo dell'effige del clan Kokketsu e sotto le iniziali: K.H. - il suo nome. Una lettera non è forse un idea troppo melensa? Eppure così tradizionale. Lasciare per iscritto qualcosa, per qualcuno. Forse è proiettar la propria mente nella coscienza e nella convinzione di qualcosa di inevitabile ed invincibile, pensando - scioccamente- di parlargli direttamente in quel momento. Nel momento esatto in cui cade, sperando solamente di toccare il fondo. Prima o poi. Il vuoto è di granlunga peggio. Finisce per nasconderla nelle tasche dei pantaloni - la tasca dietro - lasciando che il fischiare dell'apertura della tenda la distragga dal proprio monologo interiore. Lo sguardo sui cocci è forse la cosa più scontata del momento? Lascia le rubine cadere lì, insofferenti, per poi rivestire Sumin e Nona con lo sguardo. Uno scoppiettar annoiato e annacquata. "{Okaasan, dobbiamo partire, alla fine?}" [ck on]

23:52 Itsuki:
  [Sentiero > Tenda] Scorre incessante il tempo ed i giorni si susseguono tra di loro in maniera imprescindibile e non è difficile oramai cadere preda di quella che sarebbe la ripetizione noiosa delle stesse azioni, dei soliti eventi, tanto che pure oggi sarebbe semplicemente di ritorno da una banale ronda, quel tentativo di adempire al proprio dovere da Ninja, celandosi come la maggior parte delle volte dietro quello che inrealtà sarebbe un noncurante e distaccato passeggiare, quasi una scusa quella della ronda in sè, per il suo menefreghista modo d'essere, perlomeno, nei confronti del Vilaggio o dell'Alleanza in sè. Oramai, gli sembra tutto così futil, più di prima, laddove se ci fosse stata anche solo una minuscola stilla di interesse nei doveri verso Kusa o chiunque al di sopra di lui, ora quella piccolezza è stata smossa dallo svolgersi degli eventi recenti, dall'allacciare il proprio filo rosso del destino, incrociandolo con altri, finendo per ritenersi orammai del tutto distaccato dalle responsabilità di un Ninja nei confronti del coprifronte in sè, ed ovviamente anche riguardo tutti gli annessi di quella che non sarebbe più che un insulsa placca di metallo attaccaza ad un mero pezzo di stoffa. Bramano il Caos, la rovina e la distruzione e non ci sarà simbolo che tenga se non quello della quale si fregierà il Crepuscolo in sè. Un sospiro, di quelli spassionati e pesanti, che andrebbe a sottolineare una chiara forma di noia, seppur anche per oggi potrebbe dire di aver fatto il suo, per quanto nello svolgersi del proprio da fare, non avrebbe fatto altro che riflettere assieme all'altro Kagurakaza, tra un concetto e l'altro, tra questo e quel pensiero, senza imbattersi in nessun particolare evento da dover riferire - seppur probabilmente, per lasciar spazio al male, non si sarebbe manco sprecato di riportare nulla anche se fosse stato diversamente - ritrovandosi dunque a pochi metri di distanza dalla Tenda della sua Dea, con una sigaretta accesa da pochissimo tra le labbra, mentre il pacchetto dal quale è fuoriuscita la stessa viene riposto con la dritta che torna in tasca laddovve la gemella invece si sarebbe già rifugiata da minuti, nella tasca contrapposta di quel completo, il solito, quasi mai nulla di più e nulla di meno se non quei colori neutri indosso, che gli permettono di scivolare indisturbato lungo la sera della Tendopoli, accompagnato dai lunghissimi capelli d'ebano che aleggiano dietro di lui come se fosse un manto, andando a rendere la sua figura più androgina e longilinea di quando invece li porta raccolti < Spero che potremo smuovere presto le acque.. > direbbe con un tono annoiato, andando a riferirsi con quello che sarebbe poco più di un mormorio nei confronti dell'altro al suo interno, che risponderebbe prima con un lauto sbadiglio, prima di andar a far spallucce, aggiunggendo al gesto scostante <{ Tutto a suo tempo, non sembra manchi molto ma nel frattempo... Accontentiamoci di questa noia, un giorno potremmo non avere più un'attimo per noi. }> e l'espressione di sufficienza di Itsuki, inclina appena la testa di qualche grado in quel rispondergli con un corrispettivo scrollar delle spalle lascerebbe poi spazio all'afferrare di quell sigaretta con la mancina, mentre l'ingresso della sua meta sarebbe a pochi centimetri da lui, lì dove quindi con la stessa mano che regge la sigretta, facendo cadere quel ciglio di cenere con un lieve tocco, andrebbe a scostare il lembo di tessuto idrofobo, chinandosi appena per passare sotto al drappo < Sono a casa. > direbbe semplicemente con un tono più morbido e delicato, un tono riservato solo e soltanto a lei, oramai quasi del tutto allontanatosi dalla propria spoglia ed anonima tenda, ritrovandosi spesso - e con sommo piacere - lì in quella di Kurona, la stessa lei che cercherebbe con lo sguardo, deliziandosi della candida figura di lei, non appena potrà ritrovarla con le vermiglie, andando a togliersi la giacca per poggiarla sullo schienale di una sedia lì di lato, dopo un metodico piegarla, volendo avvicinarsi a lei, sempre più vicino alla corretta decifrazione di quello sbagliato sentimento che ritiene ogni giorno più giusto, in quel tentare dal discostarla dal figurativo ruolo di Madre che lei era diventata per lui, ritrovandosi vittima di un'amore viscerale, confuso, peccaminoso, ma pari al più dolce oblio, così come l'espressione che gli rivolgerebbe avvicinandosi, con quel mesto sorriso e gli occhi che si ammorbidiscono come al ritorno da una dura giornata di lavoro, per quanto di certo la sua giornata non sarebbe definibile in quel modo, anzi. Quasi la guerra potrebbe sembrare vana e misera in confronto a quello che starebbe per portare il Crepuscolo sulle terre Ninj, ma come già detto più volte, un passo alla volta. Ovunque ella sia, vorrebbe avvicinarsi per abbassarsi di quei centimetri che la separano e tentare di strapparle un rapido e fugace bacio dallle labbra rosate, quasi come se vi fosse sempre di sottofondo quella virgola a fargli intendere che il come lha conosciuta, il come ci si è affezionato inizialmente, è sempre presente in un certo senso, innegabile, tranne quando la passione e le emozioni esulano il raziocinio e... Beh, di solito si sà come va a finire, insomma, sarebbe strano il contrario. Un'altro tiro dalla sigaretta, un'appoggiarsi ad un qualsivoglia mobile sul quale giaccia un posacenere, poggiandosi con il bacino, incrociando il piede sinistro innanzi al destro, permanendo con una mano in tasca e l'altra a sorregere la sigaretta, più o meno all'altezza del viso < Tutto bene? > sembrerebbe un domandare di circostanza, un risultar banale e privo di originalità, ma mettete ben in conto che quel vivo interesse lui è capace di rivolgerlo ad un'unica e sola persona soltanto e quella persona è proprio lei, e nessun'altro. Un tiro, e le scarlatte andrebbero seguendo il fumo che si dirada verso il soffitto della tenda, attimi di silenzio, il rosso pervade il luogo come colore predominante, quasi sinonimo stesso del vizio e del lusso. Ah, ovviamente Sumin e Nona sarebbero state salutate con un profondo e garbato cenno del capo, non le ignora, si starebbe abituando alla loro presenza, ma trattare una qualsiasi altra figura femminile con riguardo, gli risulta effettivamente difficile, quindi più di quel saluto, poco altro farebbe. {Ck on}

15:23 Kurona:
  [Tatami] Come se non dovesse mai finire la pena, c'è anche /lui/. Un lui che si differenzia per rilievo e importanza - e non perchè essenziale - ma perchè vivo monito del proprio esser. La pulsante essenza di quello che di peggio è stata, e che ora - proprio ora - le ronza nella testa come un imprecazione detta a denti stretti. Forse nella foga di quella notte passata sul tetto del fato - forse nel consumarsi dei giorni in queste terre abbandonate dai kami - ha sproloquiato chiedendo una partenza imminente. Forse, o forse no, ha dato di matto nell'dubbio che attanaglia gola e costole, e che non ha ne capo ne coda. Niente. Le palpebre s'addolciscono, fiele e stanchezza, rivoltandosi come demoni verso quelle due ragazze che valicano la porta lasciandosi dietro il brusio della tendopoli dove le anime, bene o male, sono collegate tra loro. Cantano e bevono. Sostano sul terreno di guerra, dimenticandola totalmente e devolvendosi alla perdizione. <No...> La voce della donna rompe un silenzio fragile, uno scansarsi di capelli da ridosso alla spalla mentre il mento, affilato come la lama di un kunai, punta verso il riflesso distorto di una donna che forse, molto tempo addietro, era stata bellissima. Il giglio pallido di una terra tanto insanguinata come Ame. Il fiore reietto nel tetro del paese del suono. E tra tutti i paesaggi, hai vissuto i peggiori. Solo un brutto scherzo del destino. Per giunta dopo tutti quei tiri mancini della dea beandata, hai saputo ergerti e poi crollare. E solo per una beffarda pioggerella. E pensare che in tutta la sua vita, aveva pensato di essere lei, quella beffarda. Assurdo pensare come era stata lei stessa ad esser andata in contro alla morte, dopo la dipartita di sua figlia. Ed ora, sta per abbandonarne due, da soli, con un padre instabile.E come se non bastasse c'è anche Katsumi, o forse suo figlio?<Piuttosto, scoprite chi è quel bambino. Scoprite dov'è /lui/.> Ci sono legami e collegamenti - e l'idea vana di un bambino per la mente di quell'uomo, l'idea che possa esserci qualcosa di strano in mezzo, le attorciglia le viscere e la rende particolarmente avvezza a fuggire. Ma verso dove? Verso di lui, o lontana da lui? Il puntellarsi dei polpastrelli contro la cornice lignea di uno specchio verticale, il pungersi di una nocca verso la guancia, che la schiaccia appena, la lascia fissare un punto poco definito tra le due maiko. {"Ma Okaa-san, Katsumi abbiamo smesso di tenerlo d'occhio molto tempo fa'. Ora ricostruire le sue tracce sarebbe impossibile..."} E dalla fessura della tenda, quel fiorellino privo di bendaggi, rimane a contemplare quella sagoma; è meravigliosa, a modo suo, forse come può esser meravigliosa una statua che si rifà al cubismo ed alle sue forme visionarie ed astratte. Il colletto bianco della camicetta pigramente aperto lascia intravedere l'incavo sotto la gola, appena imperlato d'opaco sudore - e lo scollo sul petto dove le vene nere solitamente visibili, ora diventano un vago - lontano - ricordo. A dire il vero ha paura. Ed anche se non è capace di lasciarlo intendere, come se non fosse padrona della propria espressività, è terrorizzata all'idea di un ritorno di /lui/ nella sua vita. Bene o male tutto quel disprezzo. Tutta quella malata dedizione al narcisismo distopico che l'aveva afflitta riflettendosi in solo tre tomoe, ora - proprio adesso che era pronta a lasciarsi andare - la porta a sperare di avere altro tempo. Per lui. Per Itsuki. Per poter alzare la voce. E quando il lembo d'entrata della tenda si smuove, lascia entrar un filo di vento umido che le carezza i vestiti. La camicia si smuove in pieghe che le sottolineano il seno, il ventre. Le maniche lunghe, appena più larghe, si muovono in un fruscio adorabile, rigirate su loro stesse per pendere esattamente a metà avambraccio. E come entra Itsuki piomba il silenzio, spalmando sulle facce delle donne quella che potrebbe esser definita ai giorni d'oggi, una "poker face" degna di tale nome. E' lui stesso, la sua ventata di primavera. Non la sua prima, ma sicuramente la sua ultima neve. Lingue nivee che si muovono tra le spalle, le pizzicano i fianchi stretti nel pantalone nero dal taglio elegante che denota, probabilmente, un incontro importante avvenuto esattamente poco tempo fa'. Magari questa mattina. Lascia che sia lui a riempire la stanza, a renderla per qualche secondo priva di pensieri. Non è forse egoismo, questo, mio amato Dio? Non è egoismo, toglier dalla terra un fiore - per poterlo tenere per se'? E se l'egoismo è umano, allora, ci vien da pensare che l'ineluttabile, onniscente e onnipotente, sia in grado di sanguinare proprio come tutti noi. < Okaeri - > Il setoso bentornato di chi ami e t'ama, proiettando in pochi kanji, tutto l'amore che le si annida nel petto. Le gambe abbandonano naturalmente la posizione, si erge - come una miniatura di gesso tanto liscia, da far mancar un battito a chi guarda; sono quest'ultime che si spostano verso di lui, lo insegue, anelando a quel bacio dal momento esatto in cui il suo profumo ha iniziato a viziare la sua tenda. Ed allora gli va' in contro, leva il mento e sfiora le gote con le ciglia in un soffio che dura istanti. Solo. Miseri. Istanti. Aspetta un attimo - solo un attimo ancora. La domanda che viene dopo, la domanda di una routine d'amore, riceve come risposta un sorriso sornione. Quello di una bugiarda per eccellenza. Un cenno della mano congeda le ragazze che finiscono per inchinarsi, con le mani riposte sul grembo, e abbandonare la tenda chiudendosela alle spalle. Sfila aria tra i denti, alzando appena le spalle, gonfiando pigramente il petto. <Credo di essermi presa l'influenza ieri notte. Sono stata al porto a pensare. Avrò preso freddo.> Il motivo per cui il chakra non è acceso, forse? Il motivo per cui gli occhi, come stille d'inferno, rimangono luminosi e stanchi. Con sfumature rosse ad orpello di quel baratro malizioso. Le cosce si scansano, finiscono per riportarla vicino al tatami dove, di botto, si lascia cadere a cosce incrociate e piedi nudi. Sono le falangi a muover rumori ulteriori, cercano sul mobiletto accanto al tatami, una mensolina su cui di solito la notte tiene un kunai e una lucina accesa, la pipetta allungata di legno. Ebano e bronzo. Infilandoci all'interno del tabacco aromatizzato e curandosi di pressarlo con solamente il mignolo. < Stavo pensando, Eiji: Ha mai amato, davvero? >[ck off]

Stanza Creata: Accampamento Kusa.

22:54 Itsuki:
  [Tenda Kurona] Le parole che si spengono nell'aria dellla tenda, quelle tra lei e le Maiko, fortunatamente giungono istanti prima del suo arrivo, o in quel di lei rivolgersi a loro con quel velo di insistenza, lui non avrebbe potuto far a meno che chiedere, domandare il perchè della ricerca di questo lui, di Katsumi stesso, un'essere che non appartiene più a questo mondo, fortunatamente o sfortunatamente che sia, e che oramai è solo l'ombra dell'Insonne, che invece una volta era l'ombra dello stesso Uchiha. Ma appunto, il passato va lasciato alle spalle e l'ignoto non può essere colto, visto che quel suo semplice salutare lui potrebbe sentirsi sollevato da ogni fatica, da ogni pesantezza della vita, in quel rifugio metaforico che sarebbe la Kokketsu, un qualcosa di mai sperimentato prima, che ancora lo scuote nel profondo costringendolo a soffocare dubbi con sferzate di puro sentimento, senza sapere riguardo all'inevitabile, senza sapere un giorno lui dovrà tornare a soffrire indicibilmente. Di nuovo. E forse, allora sarà in grado di comprendere il dolore dello stesso al suo interno, quel dolore conosciuto solo per il decantar altrui, condiviso durante i momenti più compromettenti, più ardui, ma mai in grado di essere compreso dal Goryo nella maniera migliore. No, non pensiamo al futuro, nemmeno al passato, concentriamoci sul presente, perchè per Itsuki ora non ci potrebbe essere un posto migliore, e la di lei bugia espressiva lo conferma, non dubita nulla lui, non andrebbe nemmeno ad immaginare e mai vorrebbe probabilmente sapere che quei secondi, quei minuti trascorsi assieme, volgono lentamente verso il termine, visto che volente o nolente, non riuscirebbe ad acceettarlo < Ahn, devi stare attenta, l'umidità di questo bieco posto, è un problema da non soottovalutare. > e lo sa bene lui, che tanto la detesta per quanto concerne i capelli ed i vestiti, ma non sarà l'umidità ad addossarsi la colpa di quel malessere, per quanto lui ci creda senza voler mai dubitare di ella, per quanto lui ci caschi amabilmente, sospingendosi con il bacino dallo stesso scrittoio, volendo andare ad afferrare la giacca riposta poc'anzi, quasi fosse il degno completarsi di quella figura di lei vestita elegante, diversa dal solito apparire rigorosamente asiatico, andando ad aprirla con la sigaretta tra le labbra, quelle stesse labbra che poco fà hanno premuto sull'interruttore di un breve e fugace tratto d'oblio, cercando di posargliela quindi sulle spalle, sistemandola con quel gesto amorevole, poco prima che lei si lasci andare sul tatami < Tieni. > direbbe semplicemente essendo di nuovo accanto a lei, con un tono caldo ed amorevole, quasi fosse in grado di poterle dedicare un presunto calore necessario a gurarire, a farla star meglio, per quanto nulla sia in suo potere a differenza dell'altro che invece, avrebe potuto fare ben di più se non fosse stato distrutto dall'Odio, tanto che un sospiro lieve, lascia spazio ad un'amaro sorridere <{ Sai.. Mi ricordate vagamente -noi.- }> seppur per il Kagurakaza non ci sarebbe mai stato altro al di sopra di lui e di Hanabi, no, nulla di comparabile, erano inarrivabili e dopotutto chi non riterrebbe il proprio amare il più puro ed il miglior modo possibile di voler un bene così viscerale a qualcuno? Insomma, è una virgola per lui quella relazione tra Itsuki e Kurona, ma la riconosce, la rispetta e probabilmente se non ci avesse messo becco, non sarebbe manco mai avvenuta, seppur come già detto, tutto e tutti comparati a lui sono una piccola macchia, tantopiù se affiancato nel ricordo di loro due, un qualcosa di indelebile ed immenso, rovinato dalla sua stessa follia. Nemmeno il tempo di rispondere al Kagurakaza che giunge la di lei domanda, nemmeno il tempo effettivo di andar a dire un qualcosa in riguardo a quello che comunque sarebbe un complimento, per quanto sia la nostalgia a parlare ed i sentimenti del moro che contaminano lo stesso essere di Eiji, quasi costringendolo ad abbandonarsi a ricordi dolci come il miele, tinti di nero da sè stesso e da nessun'altro, quasi come se il destino non voglia mai smettere di farlo soffrire, costringendolo a rivederla ovunque, a ritovarla in ogni cosa, in ogni minimo gesto, dovendosi sforzare per non cedere alla disperazione, dovendosi armare della propria risolutezza ogni volta che si trova a vacillare, per evitare di perdere il senno a causa della sofferenza. Dunque, il sentimento di Eiji stesso, che vien questionato dalla candida donna in quel preciso momento nel quale lui starebbe annegando nel mare di ricordi, risollevandosi e tornando quindi a galla, cosciente e presente, prima ancora che Itsuki possa dire qualcosa riguardo a quell'apprezzamento velato, triste ed amaro, continuando lui da dentro nei confronti di Itsuki <{ Ah, le coincidenze, certo che ho amato, con tutto me stesso, una sola ed unica, inimitabile.. }> sembra quasi un voler aggiungere ulteriore legna ad un fuoco che già arde abbastanza, ad un focolorare immenso che brucia tutt'ora e mai avrebbe smesso di consumare qualsiasi forma di sentimento, gioa o dolore che fosse, costringendolo a quelle pesanti parole che vanno semplicemente a riconfermare quello che Itsuki già sà, per quanto non possa condividerlo, e dunque, senza percepire manco la volontà dell'altro nel voler uscire e rispondere a sua volta, probabilmente avendo già sofferto abbastanza l'altro giorno al porto con l'Uchiha, risponderebbe il Goryo al posto suo < Sì, ha amato con tutto se stesso... Hanabi Uchiha.. > si prende una piccola pausa prima di dire il nome, quasi temendo ancora di non esser degno di pronunciarla con sicurezza, senza poter pensare ad una reazione altrui, quasi non ritenendosi degno, in quel condividere fisicamente le emozioni altrui, quando quelle si manifestano in maniera impetuosa < Ma.. Perchè lo chiedi a lui? > domanderebbe curioso, in quel sedersi a terra a sua volta, incrociando le gambe e quindi andando ad afferrare la sigaretta dalla quale ha già tirato un paio di volte, accigliato quasi da quel di lei lasciarsi andare, sebra fiacco, segnato dalla stanchezza, osservandola con le rosse tenere nella di lei figura che si dedica alla pipa, sollevando le mani per andare a sciogliere l'elastico che regge i capelli, ammantandosi di quel nero d'ebano che lo avvolge, una ciocca davanti al viiso dalla carnagione diafana, un lieve sorriso, flebile, la sigaretta che vien privata della sua cenere in quel posacenere che si sarebbe portato dietro dallo scrittoio, dicendogli con un tono sincero e appena languido < Com'è he stai bene con qualsiasi cosa che hai addosso? > guardandola in quella camicia e coi pantaloni scuri, tralasciando quel filo di preoccupazione, minimo, seppur presente, in quel vederla gravare a terra così, chiaramente retorico nel proprio dire, rivolto a lei che dovrebbe aver la sua giacca addosso, facendolo sentire in un qualche modo meglio, in quella consapevole inconsapevolezza del provare gioia nel prendersi cura di qualcun altro, seppur non vi sarebbero molti di cui preoccuparsi, anzi, nessuno al di fuori di lei. {Ck on}

23:59 Kurona:
 E' cosciente di ciò che sta lasciando andare? Probabilmente sì, probabilmente il cattivo della situazione è stato buono abbastanza a lungo da saper sanguinare in silenzio. Con un bel sorriso sulle labbra, tanto suadente quanto il bacio di giuda. Bugiarda - ma del resto, glie ne faresti davvero una colpa? Oh nessuno di noi sa' quanto coraggio ci vuole ad amare e dover lasciare andare. E forse, nel fondo del suo cuore, Kurona spera di esser stata per Itsuki un soffio di primavera. Il respiro dopo esser stato trattenuto sotto il profilo dell'acqua tanto a lungo. E mentre lui riempie la sua tenda, quel ventre caldo, il capo si reclina pigramente verso la spalla, lascia che quelle ciocche gessate che prima le carezzavano la fronte e le gote, ora pendano nel vuoto al di la' del braccio. Come se volesse prendersi gioco della sua stezza menzogna. L'influenza. Come farsi beffe di quell'umidità, stropicciando pigramente il muso alle sue parole. Si, starò attenta. E mentre le rubine lo vestono di sguardi, vicino - lontano - vicino. E quei gesti di cui non ha potuto privarsi. E' stata una stronza egoista a non privarsi di lui. A non allontanarlo. A tornare qui, a trovarlo e poi accoglierlo tra le proprie braccia. E nonostante questo sia un chiodo fisso, questa rimane immobile mentre lui si china a posarle la giacca sulle spalle. Perchè? Perchè hai sbagliato ancora, Kurona? Le ciglia s'abbassano, in un turpiloquio interno - che interno rimane - riversando astio su un triangolo di tatami. Manco le avesse fatto qualcosa. Mantiene il silenzio per buona creanza, semplicemente, lasciando che quella giacca venga inondata da pallide ciocche - gonfie, mosse, incastrate sotto e sopra. E la mancina che si solleva, strusciando pigramente contro la stoffa del bavaro, cercherebbe di carezzargli le nocche in un amabile ringraziamento silenzioso. Oh, come vorrebbe poter fare lo stesso con lui. E perchè non può? Perchè non può far altro che riversare i propri pensieri contro un pezzo di carta quattro per quattro, lasciando le proprie memorie, sotto forma di simboli e trattini. < Ero curiosa--> E' tutto quello che avrebbe da dire a riguardo, sfilando piano le ginocchia ad aprirsi, a rendersi più molli della classica postura della Geisha. Eppure le terga posano ugualmente tra i talloni, con le punte dei piedi tipicamente unite. Ed ora che i palmi si posano sulle cosce separate, può permettersi di perdersi lì dentro. Una donna minuta, non propriamente una furiosa bellezza delle terre ninja. La classica corporatura asiatica. Da lolita. Le spalle strette che si ricurvano in quella giacca scura, spogliandolo di un lembo dì se - per potersi immergere nel suo odore. E le labbra come ciliege mature si schiudono, catturandolo, ne fanno tesoro da trascinarsi dietro, da quì - al Samsara che probabilmente, non raggiungerà mai. E vorrebbe solo non perdersi, vorrebbe solo non divenire polvere nella polvere. E poter vegliare su Itsuki. Le parole che regala ad entrambi, al suo amato - ed a quella curiosa controparte sempre con lui - guardandolo nelle vermiglie tanto a fondo, da poter toccare Eiji con la punta delle dita. Come in preda ad uno tsunami che non puoi combattere se non guardando in alto, con un soffio di risata. Lo spettro vagante e malizioso, sempre la stessa luciferina, accogliendo quelle parole come se volessero punzecchiarla. Carezzarla. E tramortila d'amore, ancora, ed ancora. E quando riabbassa gli occhi, è lui che guarda. E dopo di lui, Eiji. Ci si può immergere tanto a fondo, uno dentro l'altro? Non dovrebbe esser fattibile, esser tanto nudi. Eppure quei braceri vivi, che solo ora emettono fumate bianche, sembrano accarezzarlo. Scoppiettare al di là della carne del Goryo, come spilli sotto pelle. Bastarda introspettiva. Vorrebbe parlargli - ed infatti - eccoli quei due petali che si schiudono per emetter verbo. Un verbo che sarebbe furioso, con il fu' Nibi, imbestialito. Ma poi supplichevole. Adorante. Ti prego Eiji, ti prego, proteggilo. E ricordagli di me, ogni tanto. Ma alla fine le labbra si chiudono, assieme alle labbra, lasciando solo uno strato di malcelato rossore sulle gote. Un imbarazzo puerile. Come se nessuno l'avesse mai guardata tanto a lungo. Ed è vero, incredibilmente. Nessuno meno Katsumi, ma di sicuro lui, non aveva parole di conforto nei suoi confronti. Ne' complimenti. <Sei un adulatore.> Lo sguardo inevitabilmente basso, in un punto non proprio definito tra le loro ginocchia. Forse è quel posacenere. E mentre la voce riverbera nel silenzio della notte, il suo kiseru lascia andare un filamento solo, come un nodo d'aria, che non sa' di oppiacei questa volta, ma solo di frutti di bosco. Lo stesso profumo che ora si mischia con quello sulla giacca che addosso, sembra starle meravigliosamente. Per quanto informe, sgonfia, la lascia a suo agio. A casa. Ovunque, basta che sia con lui. Lascia che le labbra si arriccino solo un altra volta sul boccaccio, tirando - lasciando che un lampo rosso le illumini il viso. Come sangue su un bucaneve. Pronta a lasciarlo in disparte, ad abbassare il palmo ad abbandonarlo lì, sul posacenere, a consumarsi nell'aria e sotto il respiro del tempo. E lei rimesta le sue parole sulla lingua, le assaggia come se fossero il tempestivo preludio di qualcosa. <E ti prendi gioco di me, che oramai sono vecchia.> Ed il busto per primo tende verso di lui, le ginocchia tastano il terreno emettendo suoni sordi, mentre - come un gatto - ne cerca spasmodicamente le attenzioni. Avanzerebbe fino a toccar con le ginocchia i suoi stinchi, se seduto a gambe incrociate - o le sue ginocchia, se in ginocchio. Un gioco - il distruggersi inesorabile di pensieri deterioranti. Le labbra lasciano spazio agli incisivi in un sorriso, il loro spiraglio di sole tra le nubi del crepuscolo. Infilerebbe l'indice della destra sotto l'asola del primo bottone, tirandolo letteralmente dal "colletto" verso di se. Alle sue labbra. Ma senza concedersi. Come un dispetto da bambinetti. Ma il fine è ben differente; i lombi incordati sotto la camicia infatti si distenderebbero a crear un arco con la spina dorsale, allungando il collo all'indietro per poter negargli un bacio che sembrava promesso. Se solo la inseguisse tanto a lungo, infatti, cadrebbe sulla schiena, trascinandoselo dietro. Sopra - o accanto a se'. O contro le sue labbra. I frutti che lo attendono. Che sussurrano malevoli; <Ma quando io e te --> Gli occhi roteano, migi, fanno un cenno ambiguo(?) nettamente destinato ad argomenti piccanti. O particolamente proibiti. <Lui-- Guarda? Come funziona questa cosa della... Condivisione?> Una domanda plausibile, direi. <Sei innamorato anche tu, di Hanabi?> E nonostante stia cercando di mantenere l'esser atona e atarassica - quella coltre folta e bianca di ciglia si leverebbe. Cosa ti preoccupi a fare, stupida? Ma la gelosia è un amica bastarda ed è lì, che le rivolta lo stomaco, pronta a pugnalarla al petto. E tutto questo egoismo? E le labbra arrancano, espirano un soffio - uno sbuffo. Come se dovesse sopperire a quell'esser palesemente possessiva. [ck off]

01:05 Itsuki:
  [Tenda Kurona] Egoismo? Può darsi. Una brezza primaverile? Sì, ma dopo questa primavera, non ci sarà un'estate, soltanto un'interminabile inverno, gelido, pungente, ed in grado di andare aricongelare parte delle sue emozioni, di quelle sensazioni ancora malgestite, di quei fili sottili di un'arpa che smeterà di suonare metà delle sue note, non troppo tempo dopo l'averle riscoperte, aver iniziato a trovare un senso in quelle melodie che si possono intonare con le note del cuore, cupe o allegre che siano, tristi o amorevogli, terribili o meravigliose. Ma in fondo, l'amore è separazione, l'amore è anche saper lasciare andare qualcuno quando tutto sarebbe finito, quando ad ardere non vi è più nessuna fiammella, quando la scintilla del preludio che ha innescato quel meccanismo figurativo di combustione, si spegne assieme a tutto l'ossigeno che aveva per ardere, è finito. Ma siamo deboli, siamo il derivato della sofferenza nello stare soli, siamo soltanto pezzi di carta dai bordi frastagliati che cercano in tutti i modi di combaciare, di trovare assieme una forma, uno scopo, dei colori che prima non ci appartengono, sino a quando, inevitabile, non calerà il sipario su qualsiasi opera si sia voluta dipingere, lasciandola più o meno vicina al suo completamento. Ah, che malinconia, dover mentire all'ultima persona verso il quale lo si vorrebbe fare, pur di proteggerla dal dolore e dal dilaniare del suo essere. Eppure, forse è meglio così, forse è meglio non sapere per lui, perchè non lo accetterebbe mai, non ora, non così presto, ne probabilmente sarebbe mai in grado di farsene una ragione. Ma, cosa potrebbe fare un misero Chunin come lui contro l'ineluttabile morte? Eiji ai tempi, era un Ninja telentuoso e ricco di risorse e persino lui non era certo dell'effettiva riuscita in quel sigillo, quindi, a cosa dovrebbe agrapparsi? Sono tutti forti, quando si tratta di Chakra, di Jutsu, di armi e di conflitti, ma alla fine cosa ci rimane, se non la possibilità di tacere e soffrire davanti ai mali che non possono essere debellati dalle nostre conoscenze? Curiosa, si definisce semplicemente curiosa in quel suo dire mentre al'esalar di quelle parole, sembra che una malinconia vada intingendo solo una minuscola fibra della punta di un pennello nel proprio tristo colore, andando a dipingere nell'aria di quella tenda, un sottile velo di sconforto, qualcosa che però a lui per ora sfugge, in quel guardarla, sentirla, amarla e volerla lì e da nessun'altra parte < Mh, sarà. > dice semplicemente in quel dire di circostanza, non sapendo propriamente cosa rispondere, mentre fuma dalla sigaretta ed il Kagurakaza si concede un semplice e concisco <{ Tsk. }> nei riguardi di quella che sarebbe stata solo una curiosità, probabilmente malcelata ai suoi occhi più esperti e maturi, senza voler approfondire ulteriormente ne rigirar il coltello nella propria piaga più del dovuto. Lieve il rossore in viso quando il fumo và diradandosi verso l'alto e lui che l'ha seguito con lo sguardo, in quell'infrangersi verso il soffitto, non potrebbe notare quello sguardo fisso di lei, o almeno non del tutto, quello sguardo che quasi sembra guardarlo dentro, quasi sembra trapassarlo ed andare effettivamente a concentrarsi nei confronti dell'altro, che quasi potrebbe sentirsi in un certo senso colpito da quella profondità, per quanto pur concentrandosi, non lo si potrebbe vedere con occhi esterni, visto che è solo Itsuki a poter scorgere la figura dell'altro in quel nero piano dimensionale che li accomuna, anche se, questa volta, quel voler tentare di pizzicarlo con le rosse, quel voler provare a comunicargli qualcosa, lo incuriosisce all'altro, seppur tutt'ora tace e dall'interno del corpo del Moro vorrebbe semplicemente concentrarsi maggiormente sulla du lei espressione, sui lineamenti soliti, aggravati da un'aria di sconforto lievissima, seppur da quello più maturo, vagamente percettibile < Dico solo la verità.. > direbbe lui con un tono naturale, cercando di rimaner composto, stringendos appena con le spalle in quel ridiscendere delle iridi, che però si scostano di lato in un tentar di sfuggire alla timidezza o all'imbarazzo che sia, riguardandola solo più tardi, visto che è del tutto una novità sentirsi definire un'adulatore. Dpodichè, il fumo andrebbe riempiendo l'aria, il fumo di lei che si contrappone all'odore blando e sciapo di quello delle sue semplici sigarette, frutti di bosco che rendono tutto più dolce e apprezzabile, più pungente, socchiudendo lui gli occhi per un'istante, volendo inspirar per andar come ad immagazzinare dentro di lui quel ricordo, quelle fragranze solo ad ella riconducibili, senza sapere che sarà uno degli ultimi ricordi al quale si aggrapperà quando sarà troppo tardi. Quando non ci sarà più motivo per rimettere piede in quella tenda, ed anzi, vorrà forse vederla cadere, sparire, portata via dal vento della tristezza. Eppure ora il tono permane rilassato ed ignaro, a tratti dolce ed a volte velato di un titubare al quale tutt'ora fatica ad abituarsi, rispondendole a quel suo dire di esser avanti con l'età < Come siamo pessimiste, oggi. > ed il suo è solo uno scherzare, tanto che lascerebbe sfuggirsi un breve ridacchiare a labbra serrate, mentre quello da parte sua potrebbe essere un monito, un tentativo di lasciargli piccoli indizi quae là, un qualosa che le servirebbe per potersi dire, quando giungerà l'ora, che almeno ci aveva provato a metterlo in guardia. Forse. Si smuove, si dondola appena in avanti andanndo ad avvicinarsi a lui, come un felino, con delle movenze sinuose che andrebbero tentandolo in quel bacio verso il quale si protende appena, seppur poco prima di quell'afferrare del colletto, qualche istante prima che lei stessa si smuovesse, da dentro giungono le seguenti, possibilmente allarmanti, parole <{ Non vorrei sbagliarmi ma.. Quello è lo sguardo di una donna che soffre. }> oh, e quello all'interno lo sà, lo sa bene, lui che non avrebbe mai dimenticanto gli occhi grigi di Lei in quel volerla costringere dalla sua parte, no, non potrebbe dimenticarlo nemmeno volendo. Ed è un'attimo il lasciarsi trascinare amorevolmente, il seguirla in quel di lei gesto, finendo dunque sopra di lei a sorreggersi con le braccia, la sigaretta che in quel transigere dalla propria posizione a quella di lei - o meglio quella sopra di lei - è stata lasciata andare in quel posacenere, ancora fumante, ora ritrovandosi lì con i capelli d'ebano e la cravatta che le pende di fianco al viso, mentre di nuovo le ciocche sue nere si mischiano a quelli suoi bianchi, sentendo quelle parole che, con il chiaro gesto alllusorio, lo costringerebbero ad un roteare a sua volta delle iridi e pupille chiaramente annesse < Ahem... Teoricamente sì, ma, per quanto non abbia fisicamente bisogno di dormire, a volte dorme e insomma.. È rispettoso e dorme anche quando non ce ne sarebbe bisogno, ecco. > direbbe semplicemente, andando a riferirsi a quell'altro che nonostante tutto ha suonato un campanello in allarme in suo favore, rimanendo lì ma avvicinandosi quanto basta per trarre quell'agognato bacio, ne troppo lungo ne troppo breve, comunque intenso, poco prima che giunga quella domanda che lo costringe, confuso, ad inclinare un sopracciglio < Scherzi vero? Lui è suo. Lei è sua. Tu sei mia. Ed io sono tuo. > andrebbe scandendo quei brevi periodi in maniera ben precisa tra di loro, facendole intendere di preciso le cose come stanno, con il viso che si fà più determinato ed abbandona quella perplessità, non potendo far a meno di denotare un che di insolito in quella domanda, un qualcosa che andrebbe ad alimentare quel piccolo fuoco fatuo acceso prima da Eiji stesso, costringendolo quindi alle seguenti, doverose parole < C'è... Qualcosa che devi dirmi? > ma forse sarebbe meglio non chiedere, anche perchè probabilmente, non saprai mai la verità sino a quando non giungerà il momento. E la verità fa male. Silenzio, poi, lunghi attimi mentre permane in quella posizione, una gamba tra le sue e l'altra di lato, le braccia distese a sorreggerlo in quegli abbondanti centimetri che li separano, dopo il bacio. {Ck on // madonna che sofferenza. }

01:35 Kurona:
 La verità, cieca e sorda, è che in questi frangenti di nebbia nella testa - lui è l'unica cosa che brama. Dalla prima, all'ultima fibra del suo corpo. E tirandolo a se' è forse lei la prima a desiderare il malcapitato sbaglio di non arretrare abbastanza per sfuggirgli - e dunque le labbra si schiudono, sfiorano appena l'aria rivolgendo verso di lui il mento. Come a scivolargli via, ma anche addosso. Come olio; si disfa dei propri confini crollandogli attorno - con i palmi che si rivolgono al suo petto e l'alone di una risata cristallina sulle labbra. Essere gelosa. E' diventata pazza? Forse in effetti lo è sempre stata e questa è una carta che sa bene di tirar fuori quando è il momento di farlo. Forse esser gelosa, è quel bagliore di umanità di cui un tempo, qualche anno fa', aveva provato a parlar ad Itsuki. Avrà capito, in seguito, quel discorso? Alla fine è andato tutto come aveva sapientemente programmato all'epoca. Dall'odio, alla realizzazione, all'amore. Immenso. Senza bordi. Bruciato in fretta, appunto, come l'ossigeno attorno ad una fiamma stretta in una cappa di vetro. <Ed io che pensavo fosse un arrogante pallone gonfiato.> Il momento delle verità verso Eiji? No - è solo un metodo per ridere contro le sue labbra, quando alla fine la conquista. Ed è uno sfiorarsi. Un prender e fuggire alla quale lei rimane boccheggiante. Le labbra schiuse finiscono per seguirlo - inseguirlo - gustandosi il sapore di nicotina che lui si porta addosso come se ne fosse assuefatta - ed in cerca di una nuova dose. Petali arrossati dal tramortir di baci sospesi per dar spazio alle parole, ai sospetti. Se solo Eiji stesse zitto e fermo, ogni tanto. E indice e pollice carezzano prima il bottone della camicia e poi l'asola, lasciandolo sgusciare fuori - facendogli mancar un sospiro, certo, ma non l'attenzione. Come la presa della camicia viene meno, lasciando un misero spicchio di carne in balia del tepore - è lei ad immergersi in quella traccia. I capelli sparsi sul tatami disegnano motivi che rimandano a quelli che diventeranno niente più che ricordi - ed ora si trascinano pigramente inseguendo il capo in quel seviziar di pelle. Dove le dita fanno saltare un bottone, le labbra si posano a lasciar uno schiocco pigro e solo appena umido. Uno schiocco sordo, quasi tenuto nascosto come un segreto tra le dita tanto vicine alle labbra da sfiorarle, di tanto in tanto. E al bottone dopo - è il medesimo strazio. Si sposta dalla base della gola all'inizio del petto, sfiorando con le unghie laccate di rosso - con i polpastrelli che bene o male, si presentano ruvidi. I rilievi delle cicatrici sono uno spiffero mesto di segreti, che oramai sono tutto meno che segreti. Le palpebre che la tenevano in quel limbo, in quel preludio, lo sfiorano piano mentre soffoca ogni male lì. Le fitte che le prendono la testa, la stringono in un pugno, e lasciano andar un fischio che la fa' vacillare. Le fa cedere piano il colpo sotto il peso del corpo. E allora poserebbe la fronte lì, immersa nella sua pelle, rubandogli l'ultimo ricordo per poterlo custodire. Le ciglia lo solleticano, umide, le labbra sfiorano quel che viene dopo. Il centro del petto. Se solo lui non la fermasse, imponendole il discorso, lei sfilerebbe con la mancina dal petto - lì dove rimaneva ferma fino a poco fa, infilandosi con medio ed anulare sotto il colletto della cravatta per tirarlo a lui. Come onde sul bagnasciuga, quel corpo - finirebbe per sfiatare sussurri di desiderio. Hai qualcosa da dirmi? Macina - in corsa come un treno, posando pigramente il ventre contro il suo, le cosce che lo sfiorano, lasciando che solo quella esterna si sollevi verso di lui, verso l'esterno della sua coscia. < sì, amore. > E come miele cola, con una lentezza straziante, lasciando che le dita della destra compino la loro marcia verso l'ombellico. Lente. Volutamente lente - nonostante l'impazienza sia una fedele e ben poco armoniosa amica. E la mancina che lo tiene sotto scacco. Suo, esattamente come ha detto lui. Che poi, lascia che quel momento sfili così leggero. Così dolce e suadente. Come se abbia voluto tesser attorno a lui la sua ragnatela e fare dell'amore di Itsuki, il suo ultimo, misero, pasto. < Ti amo. > Ecco, cos'ha da dirgli. Ecco l'ennesima bugia. L'ennesima, e che faresti meglio a madar giù. Sì sa, le medicine amare, vanno accompagnate con lo zucchero. E tutto l'astio. Tutta la paura che l'ha resa umana fino ad ora. Tutto l'odio che l'ha consumata. E l'amore che ha perduto. Finiscono per rimanere lì, sul tatami, mentre le labbra inseguono lo schiudersi della camicia - tracciano una linea sottile di saliva su cui il fiato arde, lo divora, lo rimarca. Sei mio. E lo sarai per sempre. [/sofferenze?]

02:03 Itsuki:
  [Tenda Kurona] E dopo quel bacio, intercorre nei confronti del suo dire nei confronti del Principe, volendo godere della spontaneità che ha con lei nessun'altro, volendo descrivere precisamente ognu istante di quei momenti trascorsi assieme a lei nella sua mente, andare ad imprimerli a caldo nella propria mente, concedendosi un sarcastico e divertito dire, nei confronti dell'altro < Ah, ma quello lo è sempre. > e ridacchia, concedendosi un'espressione divertita che snuda appena i denti andando a stringere gli occhi più del solito in quel sorridere che mai era appartenuto al suo volto e che solo in presenza della sua Dea ha diritto d'esistere, mentre la risposta del Kagurakaza, che di lì a poco farà per eclissarsi, sarebbe un tentativo di sdrammatizzate il dramma che c'è nell'aria <{ Ohi, io sono sempre qui eh. }> ma lo ignora il moro, lo ignora così come allo stesso tempo il fu Jinchuuriki decide di ignorare loro due, estraneandosi nella sua dimensione astrale, ineterea, lasciandoli da soli in preda al loro amoreggiare, mentre a quel bacio non possono che susseguirsi altri carezzevoli di lei, delicati, sordi ma allo stesso tempo ben percebili, che lo stuzzicano e titillano il suo animo, mentre i capelli sembrano drizzarsi lì sulla nuca, dove i brividi vanno descrivendo un percorso irregolare ed imprevedibile, ma piacevole, facendogli inarcare appena il collo indietro, sino a quando non tornerebbe con lo sguardo su di lei in quel rispondere che sì, ha qualcosa da dirgli, andando a sentire la parola subito seguente a quel monosillabo d'assenso, che già di suo basta per tingere gli zigomi di un rossore non da poco e addirittura schiude le labbra, senza andar ad immaginare il seguito. Ah, quelle due piccole e brevi parole, quelle che potrebbero forse sciogliere qualsiasi spessa coltre di ghiaccio nel cuore di chiunque, se pronunciate dalla persona giusta. E lui, l'amore non ha ami saputo cosa sia, l'affetto materno tantomeno e lei, lei è stata invece in grado di farglieli provare entrambi, da tempo addietro sino ad ora, dove quel preciso susseguirsi delle due, vanno quasi ad inumidirgli gli occhi, in quello che sarebbe lo sperimentare della prima volta assoluta, della commozione. Gli si torce lo stomaco il cuore sembra esplodere e ricomporsi ogni volta in maniera diversa per poi esplodere di nuovo, in un ciclo che si ripeterebbe infinite volte in brevissimi istanti. Se solo non fosse una bugia, reale nel suo profondo, ma atta solo a mascherare la vera risposta che dovrebbe degnare la sua domanda < Io.. A-anche io ti amo. > e no, non è un titubare dovuto all'incertezza, è il peso di quelle semplici parole che andrebbero a pesare come il più dolce dei macigni, come se un'intera montagna di zucchero gli si fosse sgretolata addosso, una frana, una valanga di sentimenti positivi, qualcosa che inevitabilmente, verrà tradotto in odio e sofferenza, quando tutto sarà finito, mentre di bottone in bottone, si ritrova oramai a petto nudo e la mano di lui accompagna quel dire, posandosi in concomitanza con le parole sul viso di lei, per poi abbandonarsi all'inevitabile, insomma, quello a cui entrambi avrebbero resistito, quella che sarebbe, all'insaputa del Goryo, l'ultima notte di passione, dove lei avrebbe diritto alla prima vera e propria mossa, come la più dolce delle battaglie - per lui - ma allo stesso tempo terribilmeente amara, per lei. { ck on }

02:26 Kurona:
 Come il canto dell'usignolo quell'amore - le esce dalle labbra con una dedizione disarmante. Come lo sguardo divien tagliole - riverberando di quelle parole che gli ha regalato come il bacio del traditore - le ricostruisce nella sua testa additandosi come una bugiarda. Non è propriamente ne una bugia, ne una verità. E' un rapporto arcano, quello dell'amore - e fino ad ora, lo aveva visto bene solamente indosso all'uomo che ha sposato. Yukio. Ed ora sussurrarlo a qualcun'altro è strano, quasi falso e sporco. Quasi si sentisse la pelle colar sudiciume per aver infangato qualcosa che un tempo, aveva ritenuto sacro. Intoccabile. Qualcosa per cui ha tirato fuori gli artigli e le zanne ed ha sbranato, feroce e volgare, come il nostro Itsuki non può nemmeno immaginare. Eppure - c'è qualcosa di nuovo, tra queste pareti traballanti. E come la luce delle lanterne rosse ronza, sotto uno spiffero di vento, lei issa il capo ad adagiarsi in queste tinte traballanti. Dove il rumor dei prati appena fuori Kiri, è un ottimo compagno di nottate. Il cantar dei grilli. L'ululare del vento che sbatte contro il tessuto e ne crea un panciotto che sembra volerli inglobare e chiudere lì, per sempre probabilmente. Per un attimo tutto sembra fermarsi - e quel cuore stanco e massacrato - finisce per tamburellare con una lentezza inesorabile: Queste parole, te le potevi risparmiare. Potevi lasciarlo andare così, con la bocca sapida e il petto vuoto. Ma alla fin dei conti, che le rimane da perdere ? Le labbra scivolano, distruggono fila rigide in un sorriso migio che vuol andare in contro a quell'emozione. </se reagisci così, non te lo dirò mai più/> Quale sarcasmo migliore, se non quello che capirai troppo tardi? E lo sussurra, spingendo piano la punta del naso contro la sua per spingerlo a sorridere ancora. Ed ancora. Che questo sorriso, questo momento, non tramonti mai in questi orizzonti. E le ciocche d'ebano sul suo viso, tra i capelli che ora tornano a spalmarsi sul tatami in fiori di cotone. Andrebbe a coglier le guance tra i palmi - arrestrando quel correre verso una meta che hanno sempre tempo /e fretta/ di consumare. Ed oggi la centellina. Sacra. I pollici tenterebbero di sfiorargli le gote, delicati. < Mi fai una promessa? > A dire il vero, la via del ninja è impervia ebbra d'ostacoli, ed anche se riuscisse a vivere un'altro anno - così, come una nullità - potrebbe morire combattendo. Le parole che s'assestano sulle labbra, così come le spalle tornano ritte, ad adagiarsi dentro la giacca che ora giace alle sue spalle, a terra, avvolgendola ancora - come può. < Ricordatelo l'amore, Itsuki. > Quando lei sarà svanita. Quando il mondo sarà mutato. E quando i colori, che prima parevano sfavillanti, ora si fanno grigio-neri. Abbandonandosi all'odio. < Odiare il mondo è terribilmente facile. Amare, ancora, anche se a proprio modo. E' per i coraggiosi. E se mai succederà qualcosa - magari in missione - magari in qualche operazione particolamente complicata per le mie capacità ---- ricordati di amare.> Forse è un discorso complicato per la mente di Itsuki - tanto avvezza alla distruzione, da disconoscere i sentimenti che non siano quelli accesi da Kurona stessa. Le mani che circondano il viso calano, carezzano le guance. Il collo. I capelli che gli scanserebbe di lato - per scoprirgli la guancia destra e poterla sfiorare fino al padiglione dell'orecchio. Insegue le sue dita ricalcando il silenzio e modellandolo, a suo piacimento, per impartirgli una lezione importante. Alla fine, è stata anche la sua sensei. < Non diventare mai. Il mostro. Che loro pensano tu sia. > Stupiscili. Apprezza. Ama. Sì uomo fragile all'arte ed alle commedie. Votati a ciò che è bello. Vai oltre alle belle parole ed alla educazione. Cosa può insegnare una geisha, nel momento in cui ha realizzato che la propria vita sta finendo? "Ama la bellezza, sempre." [ck off]

02:52 Itsuki:
  [Tenda Kurona] La malinconia del momento pare mischiarsi al sentimento che inperturbabile diventa il protagonista di quell'atmosfera, seppur la di lei consapevolezza nel proprio dire, nel suo essere alle batttue finali, è qualcosa di straziante, tantopiù se non condiviso, se tenuto gelosamente tra sè e sè. Un breve ridacchiare, che si perde apppena uscendo giusto un soffio dalle narici che paiono sbuffare una figurativa nuvoletta d'amore stesso, in quel ricevere le parole di lei che suonano infinitamente dolci, seppur nascondono un dolore che lei cela sin troppo bene, una crudeltà che avrà senso d'esistere solo più avanti < Devo solo abituarmici. > ma non potrai farlo, non potrai sentire nuovamente quelle due parole poste metodicamente l'una dopo l'altra. Tutto sembrerà dunque vano, tutto sembrerà solo l'ennesima presa in giro della vita, del fato, tutto crollerà come un castello di carte costruito con troppa ambizione ma poca precisione di fondo, eppure lui non lo immagina, lui non può saperlo, perso nella bambagia tinta di sfuamture calde nella quale i sentimenti lo hanno avvolto, contrapponendosi in quell'amare con il proprio provar gusto nella sofferenza altrui ed a tutte le sfaccettature che il male possa assumere. Quasi una sorta di bipolarità, no anzi, un vero e proprio essere qualcun altro in sua presenza. Si sente poi afferrar dolcemente in viso, no anzi, sente quel cingere delle sue guancie, di quei candidi lineamenti androgini ne troppo affilati ne troppo morbidi, risultando nuovamente con le labbra schiuse ed un sottile velo di perplessità, andando a lasciarsi cogliere lievemente impreparato in quel di lei domandargli un promettere, un qualcosa che lì per lì, stona quasi con il momento che dovrebbero andare a consumare, un rimandare di qualcosa che entrambi vogliono, ma che nell'essere l'ultimo, occorre una premessa ed una promessa, miste all'intenzione di voler gustare e memorizzare ogni istante da parte della Kokketsu < Mh? > è semplice quel breve mugolio perplessso, inclinerebbe di un grado o due la testa di lato mentre l'espressione si fa lievemente sorpresa e permane con le labbra lievemente serrate, in quel sentire le di lei parole, cariche di saggezza, a volerlo mettere in guardia a sua insaputa, forse una frase alla quale si aggrapperà disperatamente e con tutte le sue forze in quel tentar di resistere, ma sappiamo tutti, che così come rapidamente si è infiammato, bruciando come mai in vita sua, si spegnerà altrettanto in fretta. Eppure, ci proverà, anche se per ora, al solo immaginare la sua vita senza di lei, il di lei fallire in missione, non potrebbe far altro che tentare di porre un dito sulle labbra di lei, ma non prima di andare ad intimargli il fatto di non diventare un mostro, di non abbandonarsi all'odio e tutto il resto, volendo posare quindi l'indice sulle di lei labbra, delicatamente < Non dire queste cose, io sarò lì a proteggerti. Non ci sarà nemmeno il rischio, che diventi un mostro. > ma se solo sapesse. Oh, se solo potesse sapere che non ha modo, nessun misero modo per proteggerla da un male contro il quale nulla si può fare, allora lì sarebbe un tentare di afferrare quella promessa con tutto se stesso, di farla sua, anche se per ora rimandano il piacere e cercando dunque di consolidare un patto. Ci proverà, ma non lo promette ora, sarà costretto a ripensare a queste parole quando sarà, ed allora comprenderà, ma non oggi, non con il fatto di base che non immagina nulla, sin troppo brava lei a nascondere e tenere da parte questo malessere, che porterà più male che altro, quando esploderà all'apice della sofferenza che può causare, non troppo distante - sfortunatamente - dai giorni d'oggi.{ ck on }

19:22 Kurona:
 Non è forse come sprofondare tra i granelli di zucchero? E' prematuro, non falso. Prematuro come è stato questo incontrarsi. Come il corrodersi della materia grigia nella mente di Kurona che persino ora - le cede piccole e forti scosse di dolore che mantiene strette tra i denti. Le dita come noi tra quei granelli di cui avevamo parlato; sfilano tra ciocche nere scegliendo quali di queste dovrebbe o meno torturare - rigirare con minuzia attorno all'indice ricreando un ricordo che probabilmente tra qualche tempo tornerà ad accarezzargli la mente, le guancie, l'anima. E la verità che in fondo in fondo, vorrebbe augurargli di amare ancora dopo la sua dipartita. E probabilmente Itsuki lo farà. Probabilmente all'inizio odierà, poi con in trascorrer del tempo, apprenderà la ragiore indiscussa di questa maestra toccata dalle dita ineluttabili del tempo. Le labbra di Kurona si schiudono sotto le sue parole, neanche avesse il desiderio innato di ammonirlo - di avvertirlo quanto poco lui possa fare sotto l'insindacabile verdetto della vita. Siamo tutti pedine su una scacchiera che ci permette di ambire al controllo dove il controllo è in balia del fato. La fallace scelta decisionale. La credenta di esser fautori di presente, passato e futuro. Le ciglia cadono, sfiorano la pietà nel volerlo comprendere alla fin dei conti. Il tenere al securo. La sicurezza di poter stringer le briglie degli eventi. Ed un sorriso sorge, mattutino. Lascia che si scaldi tutto il gelo delle sue parole - finendo per inseguire il suo respiro, come se un filamento la volesse ricollegarla alla sua bocca. Come attirata. Con ogni microparticella del suo corpo. La mano che stirava il nodo di quella cravatta lentamente scivola verso il basso portandosi dietro il drappo nero - lasciandolo privo di camicia e accessori. Allora si spande - con le dita che si aprono a far capolino sulla spalla. < Non permetterò che sia un altro a salvarmi. Non importa chi sia. Non sono in grado di dovere la mia vita a qualcuno. Soprattutto ad un uomo. > Non è più proprietà di un Hamanachi da molto tempo - e l'orgoglio le sporca le labbra in modo tanto peccaminoso, elevandola a qualcosa di ben sopra alla geiko che è stata; elevandola a pioniera della bellezza e dell'arte nipponica, stringendo tra le dita la sacralità del narciso e l'ostico seppuku dei generali asiatici. E i petali di rosa finiscono per scombinare i suoi soffocando ogni probabile futuro discorso. Basta parlare. Basta pensare. Basta andare oltre. [ck off][end]

Il male di Kurona progredisce velocemente - purtroppo. Nel mattino oltre aver fatto delle visite all'ospedale di Kiri, viene sollevata dalla missione di scorta che le era stata affidata.
E mentre è impegnata a scriver poche parole destinate ad Itsuki, un giorno, si rende conto che lo stato confusionale impostogli dalla presenza di un bambino (Hanae) è dovuto al risveglio di ricordi borderline tra il piacevole e spaventosi. La richiesta alle sue Maiko(png) è di ricostruire gli ultimi spostamenti di Katsumi, ma queste glielo negano confessando di aver smesso di seguire Katsumi oramai molto tempo fa'.

Il discorso decade quando torna Itsuki, il tentativo è quello di prepararlo ad una probabile dipartita, senza aver però abbastanza coraggio da confessarlo a voce alta.