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con Yosai, Yuukino

15:45 Yuukino:
  [Tenda Yuukino ≈ Letto] Una giornata uggiosa, come sempre. Una giornata in cui la pioggia pare essersi fermata ma non di certo l’umidità che s’innalza dal terreno rendendo pesanti gli abiti e sudanti le pelli. Yuukino si trova lì, nella sua tenda. Una tenda dal colore verde muschio, come tutte le tende. All’esterno un po’ sporca - qualche foglia appiccicata qua e là trasportata di sicuro dal vento. L’interno invece è piccolo - non più di 3 metri per altrettanti - seppure ben organizzato. Abbiamo un letto a brandina al lato opposto d’entrata. Alla sinistra di questo abbiamo un piccolo armadietto che potrebbe quasi sembrare un comò - in legno - ricoperto da un panno di seta dorata. Sopra ancora cianfrusaglie e trucchi della ‘Diva’. Al lato opposto, di fianco all’entrata, un armadio che copre tutta l’area all’interno del quale, molto probabilmente, ci sono tutti i suoi vestiti: chili e chili di tessuto appeso accuratamente. Tutto intorno invece ci sono delle lampade a olio, appese al soffitto, che si muovono lentamente illuminando il luogo e creando ombre ad ogni piccola oscillazione. Di fianco ad una di queste sta appeso un cuscino rosso di velluto con sopra appoggiato il coprifronte - motivo di vanto per quella giovane, almeno fino a poco fa. E poi abbiamo lei, la ‘padrona di casa’. Seduta sul letto. Piedi a terra nudi. Mani in grembo, si abbraccia - come chi ha freddo. Lo sguardo zaffiro che punta sul pavimento - in legno (chissà quanto sarà ‘costato’ avere quella tenda). E’ pulitissimo. Ci si potrebbe mangiare. Il bordo di quei occhi enormi è arrossato con alcune ombre e strisce nere: è evidente che abbia pianto, e non poco, e molto probabilmente ha passato il dorso della mano proprio su quei occhi rendendoli più sensibili e spalmando ovunque quel colore nero. I capelli sono racchiusi in quello che rimane di uno chignon sulla testa - uno chignon che sta pian piano cedendo sul lato sinistro. Le ciocche della frangia cadono dritte incorniciando il viso non più di porcellana, ma arrossato. Stanco. Avvilito. Dondola lentamente. Avanti e indietro, avanti e indietro. Gli occhi fissi lì. Su quelle righe tipiche del legno che disegnano forme vagamente familiari. Avanti e indietro. I rumori esterni sono ancor più attutiti. Non li sente. O forse sì. Non importa. Ai piedi del letto solo una bottiglia, rovesciata, di vino. Vuota. Il calice, qualora Yosai dovesse guardarsi in giro, è scivolato fin sotto ad una lampada, scheggiandosi. Non è ubriaca - forse lo è stata. Forse ha ‘festeggiato’ anche lei la sera prima. A modo suo. Il chakra è l’unica cosa ‘normale’ in quel caso. Scorre in lei. Forse attivato più per abitudine che per necessità. [Chakra ON]

16:12 Yosai:
 Ormai sei di casa anche nell’accampamento dell’erba, tra Katsu e la tua diva sei più lì che nel tuo. Ma oggi a maggior ragione devi esserci. Perché? per un mucchio di ragioni, tutte collegate a lei, l’amata. Ti ha mandato da solo alla festa. Hai anche provato ad aspettarla e se non avessi commesso l’errore di ubriacarti tipo al secondo bicchiere ti saresti preoccupato al punto da lasciare la festa. E invece no. Ti sei ripreso praticamente dopo pranzo, mezzo nudo, abbracciato ad un albero dai fiori rossi e con un mal di testa tale che hai vomitato. Il tempo di capire chi fossi e di ricordare che la Yuukino non ti ha raggiunto che un’insana preoccupazione ti ha assalito. Da lì hai barcollato fino alla tua tenda, una doccia veloce, una mela, tanto per non far sentire all’amata i tuoi orrendi brontolii dello stomaco, e sei partito con il cuore in gola. Sei vestito come di consueto. E probabilmente nella tua preoccupazione hai fatto anche in tempo a dispiacerti per non esserti fatto vedere in quel modo da lei. Alla fine è per lei che ti sei vestito da damerino, no? Ora le leve inferiori sono coperte dal classico pantalone d’un chimono, infilato dentro le fasciature da combattimento color rosso sangue infilate nei calzari ninja. Alla vita, sottile rispetto alle spalle stondate, il coprifronte della foglia cucito su una fascia rossa. A coprire il torso spesso e roccioso la canotta nera in tessuto tecnico, aderente come una seconda pelle ai muscoli che scattano sotto di essa ad ogni movimento, le spalle stondate e le braccia definite rimangono tranquille ai lati del corpo, ben distanziate dal tronco dallo spessore dei dorsali. Il collo taurino sostiene il viso affilato, dai tratti definiti, decorato da quelle cicatrici e dagli zaffiri incastonati nella roccia. Anche per te tutto il pacchetto di occhiaie, borse e occhi rossi. Capelli lasciati sciolti ad incorniciare il viso. Unico elemento di novità è una fasciatura medica che ti copre l’avambraccio destro nascondendo la pelle e i tatuaggi. Non è sporca di sangue, ma al di sotto le ferite non sono ancora guarite. Ma non ti importa adesso, perché giungi all’ingresso che ben conosci. La prima cosa che noti è che le lampade di Yuukino sono accese. Proiettando luce calda all’esterno. Bene. È li. Ti piazzi all’ingresso proiettando la tua ombra inconfondibile all’interno. Volto che scatta da una parte all’altra. Per controllare che non ci sia nessuno. Poi senza bussare, apri la porta e entri. Sgranando lo sguardo nel notare la figura della tua amata <Yuukino…?> domandi stupito. Che le è capitato?

16:27 Yuukino:
  [Tenda Yuukino ≈ Letto] I suoi zaffiri sono lì, puntati su quei piedi nudi. Freddi. Una sensazione che conosce molto bene, una sensazione che da ventiquattro ore a questa parte è tornata ad essere associata a qualcosa di estremamente tremendo. Se non altro, quel freddo, l’acqua. Se non altro ora ha capito il motivo per cui teme il mare, per cui teme di annegare. Per cui qualsiasi cosa che abbia a che fare con acque profonde agisce, per lei, come un pugno nello stomaco. Ma ora sono i suoi piedi il centro dell’attenzione. ‘Io sono G-40, un clone del famoso Sasuke Uchiha. Sono una guerriera. Sono nata dal sangue e porto con me il sangue. Il rosso che lo caratterizza è nel mio occhio, quell’occhio maledetto e benedetto che mi consentirà di portare all’inferno chiunque non sia degno di dimorare su questa terra. Sono io colei che ha potere su questo corpo, su di noi.’ Inspira. I polmoni si riempiono di ossigeno. La sinistra viene portata al volto lasciando che i polpastrelli si poggino sulla palpebra dello stesso occhio. ‘Ho freddo ai piedi, puoi coprirli almeno?’. Sta tremando. Quel contatto col freddo legno sta iniziando a farsi sempre più intenso. Le labbra sono serrate. Chiuse in una morsa. La mascella vibra, stremata da quel contatto così deciso. ‘Non possiamo stare qui impalate. Vai a cercare quella stronza’. Quel silenzio viene interrotto da un movimento esterno. Una voce. Una voce che riconosce molto bene e che potresbbe scovare fra mille: che ironia - anche quella voce sparirà da un giorno all’altro?. Alza lentamente il volto fino a portare lo sguardo su quella figura con quell’espressione tipica di chi non riconosce una persona ma lei sa bene di chi si tratti. ‘Sono esterrefatta. Ricomponiti. Non può sapere, non puoi dirgli di me. Non possiamo rischiare’. La testa di Yuukino inizia a muoversi lentamente; la scuote come se volesse dimenticare qualcosa prima di lasciare che dalle sue labbra esca un flebile <Sì?>. Si alza. Quasi di scatto. Inspira di nuovo sebbene l’aria non sia molto pulita. C’è puzza di alcol mischiato a profumo di rosa <Entra…> mormora. Indossa una semplice camicia da notte, in pizzo, lunga fino ai piedi. Le spalle scoperte. Il seno prosperoso che vorrebbe scoppiare e sgusciare fuori. Si volta. I zaffiri cercano quell’essenza rossa. <Vuoi del vino?> una domanda semplice. Non gli è corso in contro, stranamente. ‘Io non ce la posso fare, Yuukino. Dati una mossa. Vestiti. Non puoi farti vedere così. Ci sono anche io. Non puoi non considerarmi. Sono qui per portare all’inferno quella stronza che tu chiami MADRE’.

16:49 Yosai:
 La osservi. Osservi quel rossore, quelle borse, inspiri l’odore denso di rosa. Ma c’è altro. C’è il vino. Perché c’è il vino? Lasci che lo sguardo blu tempestoso corra intorno a te. Nello spazio, alla ricerca di ciò che presto trovi. La bottiglia di vino, vuota, e un calice scheggiato poco più in là. Rotolato via. Ha bevuto. Ha bevuto da sola la sera della festa. E quell’accoglienza… un brivido di freddo ti assale. Che sta succedendo? Lo sguardo stranito di nuovo la inchioda, cerchi il suo. Non è un’espressione adirata la tua, non potrebbe mai esserlo. Ma lei potrà riconoscere quello sguardo che ti guarda dentro. A ciò che più nascondi, come se potesse vederlo. In realtà altro non vedi che la tua donna in uno stato pessimo. E cosa puoi fare? Come ogni volta che sei con lei le parole ti vengono a mancare e quelle tre parole messe in croce che lei riesce a tirare fuori quasi ti straniscono <del vino?> non resti li fermo, impalato. Per fortuna almeno il fidanzato provi a farlo al meglio, compi qualche passo verso di lei. Sei alto al punto che per entrare ti sei dovuto abbassare, ma se la tenda, come ogni tenda, è a cono o a prisma, la parte centrale della tenda dovrebbe consentirti di star dritto in tutta la tua statura. In uno spazio di tre metri per tre tu ci stai stretto. Ed è un piacere stare stretto a lei, ma questo comporta anche il fatto che non dovrebbe volertici più di qualche passo per raggiungerla. <Yuukino> la chiami ancora. Come fossi convinto che lei ti abbia guardato, ma non ti abbia visto, che ti abbia sentito, ma che non ti stia ascoltando. Il tono con cui la chiami è poco più di un sussurro intimo e musicale, reso concreto dal fresco pino selvatico che ti accompagna, e da uno sguardo che, anche se stanco, è colpo di ciò che provi per lei. Accompagneresti quella parola da un gesto semplice se lei te lo consentisse. Un gesto che per voi è scontato ma che ora, per qualche motivo, hai quasi paura a fare. Una carezza sul braccio, sollevando la tua mancina, quindi sul di lei braccio destro. Una carezza che come tutte le cose che provengono da te non sarà delicata come un petalo di rosa, ma presente, e soprattutto, come sempre, rovente per via dell’eccessivo calore che porti in corpo. Passeresti la mano dalla spalla giù fino alla mano <sei gelida…> e non solo nei modi. Ha freddo. Lo senti. <veni qua> Non è un ordine, ovviamente. Il tono nono lo lascia pensare. Allarghi le braccia, possenti. Sei, a meno di mezzo metro da lei. Ma non ti muovi. Aspetti di capire se lei lo voglia quell’abbraccio. Vuoi scaldarla, prima di tutto. In ogni senso <Cos'hai, Yuukino?> mormoreresti al suo indirizzo solo qualora lei avesse accettato il tuo abbraccio, avvolgendole tutto il corpo con le calde, solide braccia. Ripeti il suo nome, con un dolce sussurro.

17:12 Yuukino:
  [Tenda Yuukino ≈ Letto] ‘Io ho terribilmente freddo. Questa camicia è davvero l’unica cosa che posso indossare? Questi disegni, questi ghirigori stupidi, non coprono. Se a questo aggiungiamo l’umidità schifosa che circonda questo posto non mi stupisco. Non mi stupisco di battere i denti, di sentire ogni folata di vento superare la tenda ed anche se l’aria non mi colpisce in pieno sento comunque che necessiterei di qualcosa di caldo. Vino? Non di nuovo. Non mi piace. Mi fa perdere il contatto con la realtà ogni volta che lo bevo. Dopo il primo bicchiere sento perdere le dita, come se iniziassero a vivere una vita propria, come se non mi considerassero più. Come se ogni mio ordine lo sentissero ma sempre dopo, come una eco.’ Si gira e rigira su se stessa. Non ha la benché minima idea di dove si trovi la bottiglia di vino né tantomeno ricorda l’abbia già vuotata la sera prima e che rimarrebbe amaramente delusa qualora la trovasse in quel momento. Sembra un’anima in pena che cerca il suo posto. Sembra una spettatrice che è arrivata tardi a teatro - lo spettacolo è già iniziato e lei è lì, alla ricerca di un posto libero, mentre tutti le intimano di spostarsi, ma non lo trova. Quindi si guarda intorno, frenetica. Avrà perso qualcosa? ‘Non ho più voglia di cercare quella maledetta bottiglia. Ho troppo freddo. Non mi basterà un calice per porre fine a questi brividi. Li sento come si muovono lungo la mia schiena. Ecco. Pure le mani stanno tremano, le vedo eh. Guardale come si muovono. Sembra chi di qui a poco un attacco epilettico mi stia per prendere’. <Non c’è…> cosa non c’è? Oh, sì, il vino. Sembra triste. Come se fosse la cosa più importante da offrire a Yosai in quel momento. Gli occhi, al centro dei quali abbiamo ancora quei zaffiri, un po’ spenti, incastonati, diventano tutt’un tratto lucidi <Non ho del vino per te…> dice con un tono della voce smorzato, come se le parole si annodassero in gola prima di essere sputate fuori a riempire il vuoto che li separa, un vuoto che via via si fa meno ampio con ogni passo dell’altro che avanza. Lei si volta. Per la prima volta gli occhi si posano davvero su di lui. Lo osserva come se fosse nuda e fosse stata sorpresa a pianificare chissà quale diavoleria. ‘Non posso farmi vedere così. Guardami. Sembra che abbia passato la notte in bianco a bere vino e piangere - ah, ecco… l’ho proprio fatto. Ma ora perché sento il bisogno di quel abbraccio. Perché quelle braccia, aperte, in quel modo, mi fanno venir voglia di buttarmi addosso a lui. Quello non è LUI. Dov’è LUI?’. Pochi attimi <Ho freddo…> si giustifica. Per questo motivo è gelida: chi l’avrebbe mai detto!? Fa un passo in direzione del konohiano ma tentenna. Come se al posto del pavimento ci fossero dei pali e lei dovesse camminare su di essi pena cadere nell’oblio, lì, sotto di loro. <Yosai…> ‘Cos’è questa cosa che sento? Perché sento il mio cuore battere così forte? Perché non ho più potere sul mio corpo?’. Si getta così fra le braccia dell’amato. Senza rifletterci, come se fosse la cosa più normale da fare ora. All’improvviso caldo. Una vampata che la copre. La guancia va a conficcarsi fra i pettorali di lui, lì, da qualche parte non lontano dal cuore. Trema, trema come una foglia durante una tempesta. Come una foglia che non vuole lasciarsi andare; che si aggrappa al proprio ramo nonostante la violenza che la investe. Le braccia cercando di avvolgere, per quanto possibile, Yosai. Non riusciranno mai ad afferrarsi ma il caldo che si propaga anche in esse sembra non bastare per fermare quel tremolio. Ogni muscolo trema, all’unisono. <Io…> mormora ‘Non posso dirglielo. Non devo dirglielo. Sta zitta! Zitta!’ <Io…> [Chakra ON]

17:36 Yosai:
 La osservi lo sguardo lentamente si allarga, lo stupore si fa largo lentamente come la paura di lei nel non trovare la bottiglia. Sale, lo stupore, come sale la frenesia della tua amata. Lei non si muove così. Passi lo sguardo sul suo corpo. Te la godi, si, certo, ma non c’è godimento nel vedere quelle forme poco coperte quando vedi la frenesia farsi largo su di lei. Resti fermo ad osservarla, come se lei stessa ti stesse mostrando, senza volerlo le cicatrici di qualcosa di terribile, un brivido di spavento ti passa lungo l’ampia schiena. Cosa può esserle capitato da sconvolgerla così tanto? Lei, sempre attenta ai modi, lei sempre posata nei gesti. Perché ora va nel panico per… per del vino? <Yuukino…> il tono è un richiamo che ha la fermezza dell’uomo che sei, ma è colmo di necessità, come il bambino che hai dentro. Perché non ti considera. Perché il vino? Non hai risposte. Se non un sorriso <non ti preoccupare> le mormori, tentando di essere più rassicurante possibile e spingendo nel profondo del tuo animo la tua preoccupazione, per non fargliela vedere. Ricambi lo sguardo di lei, e come se potessi leggere i suoi pensieri, la osservi proprio come non vuole essere osservata. Perché tu l’hai vista in tutti i modi. Perché tu sai di potere. E perché non ti importa di nulla in questo momento, se non del suo bene. Quando lei esprime a parole quel bisogno ruggisci dentro, incazzandoti con te stesso per non soccorrerla. Ma resti fermo, irrigidendo solo i muscoli che scattano come serpi di carne sotto la pelle. Non ti muovi. Deve essere lei. Devi capire se sei il ben venuto o meno. Mai resteresti nella sua tenda, se lei non ti volesse. Quel nome che lei piano sussurra ti scuote l’anima facendoti salire un groppo in gola <hei..> non ce la fai più a trattenerti e bruci la distanza nello stesso momento in cui lei decide di rompere gli induci, con il risultato che il tuo abbraccio risulta più irruento del normale, anche per te, che inchiodi, rischiando di arretrare, ma non lo fai. Non cederesti mai in un momento di bisogno della persona alla quale più tieni <eccomi> mormori. Il bracco destro, fasciato, va a cingerla all’altezza del seno, accogliendo però nell’abbraccio anche le braccia fredde e nude di lei. La mano infatti si ferma intorno al braccio opposto, quasi a contatto col seno così leggermente coperto. L’altro braccio, il mancino, invece è semiflesso, con la mano, rovente e solida, a tenere il capo delicato di lei, con il pollice ad accarezzare la guancia di lei. <sono qui> un lieve sussurro che per qualche strana benedizione riesci a non trasformare in pianto <sono qui per te> Ogni tocco che le rivolgi, è rovente. Anche dagli indumenti emerge un calore quasi insano, ma che è sempre stato tipico di ciò che sei, e adesso quel calore è tutto per lei. La stringi, ti prendi la sua gelida pelle, la accarezzi, scaldandola. Le baci ripetutamente il capo. Non vuoi altro che stringerla. È tutto per te, Yuukino. Rovente. Innamorato. Preoccupato da morire. Tuo mentre ti stringe. <per te> mormori ancora tra un bacio e l'altro. Ripetute volte, come una nenia.

17:53 Yuukino:
  [Tenda Yuukino ≈ Letto] ‘Cos’è questo calore improvviso che mi avvolge? Lo sento mentre mi copre come se fosse un mantello. Mi avvolge completamente. Sento il braccio nerboruto che mi avvolge la schiena, la attraversa tutta seguendo quella che è la mia naturale posizione fin quasi a sfiorarmi il seno prosperoso. E l’altra? L’altra mi passa sempre dietro arrivando a toccare il mio viso che fino a ieri era perfetto, liscio. Ora è pieno di khol e lacrime asciugate dall’aria che m’avvolge.’ E’ lì che lo afferra come se fosse l’ultimo baluardo prima di cadere nel totale obblio. Affonda le dita nella schiena di lui come se stesse scivolando in un profondo burrone, come di chi ha paura di cadere da un momento all’altro. Le sue parole giungono fino alla parte sua più profonda, fino all’animo. Lo toccano, con una gentilezza parimenti opposta alla forza del suo fisico. Si lascia andare. ‘Mi sembra di non sentire più le mie gambe. Stanno cedendo? Nella mia mente il ricordo di ieri mi sembra quasi un sogno. Ma forse ho sognato. Forse è tutto un sogno. Mi affido al chakra che ho in me per non cadere, mi scorre nelle gambe nella sua forza più travolgente donandomi nuova elasticità ai muscoli dei polpacci.’ Vorrebbe non staccarsi più da quel contatto. Vorrebbe sentirlo parlare per giorni, mesi, anni. Inspira profondamente mentre gli occhi, asciutti, riescono ancora a produrre due lacrime che scivolano tagliando in due le guance. Due rivoli che si fermano nelle vesti di lui asciugandosi quasi subito. <Yosai…> mormora. ‘Non posso stare in questo stato, ho da fare. Devo muovermi. Devo riprendermi.’ Come un fulmine un pensiero taglia di netto la sua mente. L’attraversa in un bagliore istantaneo. Stacca leggermente il viso da quel petto, dove ha trovato rifugio per quei pochi secondi. Cerca lo sguardo di lui alzando il mento <Il lago… mia madre…> parole. Parole che non hanno senso. Cerca di trovare in sé la forza di creare un collegamento. ‘Zitta. Zitta. Non posso rivelare la mia esistenza. Non posso lasciarmi andare. Devo rimanere celata, per sempre. Devo agire nell’oscurità e muovermi con cautela. Eppure di lui sento di fidarmi - così come mi ero fidata del mio sensei. Due voci profondamente diverse ma che risuonano in me con la stessa intensità e producendo le medesime vibrazioni. Un sentimento forte che mi assale. Amore. Sarà questo? E’ così che viene chiamato, di solito.’ <Io…> l’attenzione torna su sé. <Io non sono…> un nodo le stringe la gola come se per qualche istante le mancasse il respiro. <Io non sono chi…> ripete le stesse parole. E di nuovo si blocca. Le dita afferrano con forza la schiena di lui mentre gli occhi zaffiro zampillano. Lo cercano. ‘Dove sei, Yosai? Guardami sono qui, indifesa. Nella peggiore delle mie performance. Io, che credevo di essere una principessa ora sono solo carne - carne da macello.’ <…sono un mostro> mormora infine. Sputa quelle parole come se fossero rimaste dentro la gola per troppo a lungo. [Chakra ON]

18:26 Yosai:
 Dove cerca salvezza dal baratro, affondando le dita, troverà roccia, solida e forte a sostenerla. Potrà sentirne le forme, le tue. E tu non ti sposti, non gemi. Non ti tiri indietro. Eppure non è una stretta piacevole. Perché no? Perché non è la passione ne il sentimento a dettarla. O meglio un sentimento si, ma non quello che di solito ti è destinato. È la paura. E questo ti spaventa. Continui a ripetere quel sussurro percependo sempre più complicato spinger fuori la voce. Ma lo fai. È il tuo compito adesso. Così come spingi il pollice su e giù sulla guancia di lei in una continua instancabile carezza, mentre le altre dita avvolgono la mascella, il collo, qualsiasi parte del suo corpo. Resti li, stringi quella gelida, delicata morbidezza. Un contatto che di solito desterebbe i te i peggiori istinti animali, adesso non c’è altro che calore per lei. C’è solo ciò di cui percepisci lei abbia bisogno. Nel frattempo la culli anche con il lento, cadensato, profondo, rassicurante battito del tuo cuore rallentato, il cui suono poderoso è ampliato dall’enorme cassa toracica contro la quale lei, silenziosamente, piange, mentre tu silenziosamente muori. Cosa può esserle successo? Di colpo il tuo cuore manca un battito. E se le avessero fatto qualcosa. Un sordo cieco, infinito furore inizia a montare in te ma di colpo, come se nulla fosse, svanisce. La tua amata ti ha chiamato. <sono qui> le rispondi. Ti controlla. L’ha sempre fatto. Le quattro successive parole ti gettano nello scompiglio più totale. “lago”? “madre”? Cosa diavolo le può mai esser successo? Cerchi di ripensare alle volte in cui lei ti ha parlato dei suoi genitori. Due ninja medici? La madre si… forse? Hai dei ricordi troppo confusi schiudi le labbra per far domande, ma è lei che continua, e si blocca, e ci riprova, e si blocca di nuovo. Ti affonda le dita in quella che se al tatto è percepita come roccia, in realtà è pelle. Tu irrigidisci i muscoli, ma resti li a sostenerla. E quando lei si separa cercando i tuoi occhi tu la lasci fare, accompagnando quel cesto e modificando il tuo, porti infatti entrambi gli avambracci a sollevarsi, le mani a coppa tenterebbero di cingere il volto di lei, accogliendolo nei palmi caldi, anche se uno coperto da bende mediche. I pollici passano sotto gli occhi, ad asciugare le lacrime. Ti avvicini. Vorresti baciarla con tutto te stesso, ma sai che gesti di passione in questi casi sono poco graditi. O almeno questo pensi. Vuoi farla annegare nelle tue calde, dolci acque tempestose. <hei! Hei hei!> ne richiami l’attenzione. La guardi negli occhi. Hai solo quelli davanti, e lo stesso per lei. zaffiri incastonati nella porcellana, ciò che vedi, zaffiri incastonati nella roccia sfregiata, ciò che dovrebbe veder lei. E d’istinto, senza pensarci, le accarezzi il naso con il tuo. Il gesto più tenero che ti possa venire in mente. Tutto questo sempre qualora lei lo permettesse ovviamente. Le ultime tre parole sono una pugnalata al cuore. Ti distanzi leggermente mentre quello sguardo che le regali si fa quasi terrorizzato. Non da lei, ovviamente, ma da come lei si consideri <un mostro?> non capisci, semplicemente non capisci <Sei la donna più dolce che conosca, Yuukino, che sta succedendo?> tradisci un una stilla, solo una goccia della paura che stai tentando di controllare. Ma le parole tra di loro sono più un ostacolo che altro. E tu devi aiutarla. Di colpo, in maniera repentina. Tenti di prendere in mano la situazione. La mano destra tenterebbe di scorrere dalla sua guancia fino a dietro la nuca, a sostenere il capo. Pieghi verso di lei al punto da poggiare la fronte sulla sua, il naso contro il suo, gli occhi chiusi. Null’altro. La mano sinistra, grande, aperta. Viaggia delicata cercandola. Con quale tocco? Cerchi appoggiare la mano sul ventre di lei, con le dita lunghe, rivolte verso il basso che quasi s’avventurano in zone proibite, ma il palmo sarebbe proprio sul plesso solare. Spalancata. <puoi farmi vedere, se preferisci> sussurri con la fronte premuta contro quella di lei mentre inspessisci un poco il tocco sul ventre <usa il chakra al posto delle parole, non mi difenderò. Ma fammi vedere cosa è successo> e stavolta sono i tuoi occhi a gonfiarsi di lacrime, sotto le palpebre chiuse <ti prego, fammi capire che è successo> un sussurro spezzato. Il riferimento è ovvio. Sarebbe mai ipotizzabile un genjutsu che gli ti palesi la situazione? non puoi saperlo. Puoi solo sperare di aiutarla nel modo migliore possibile.

18:53 Yuukino:
  [Tenda Yuukino ≈ Letto] ‘Sono tra le braccia possenti di una persona che percepisco essermi vicina. Lo sento. Potrei sbagliarmi. Mi sono sbagliata già una volta, in passato — ma non posso non tentare di nuovo. Ho bisogno di farlo. Sento le sue mani attorno a me che mi proteggono e nulla di tutto ciò che si trova là fuori potrebbe mai farmi del male. Nulla. E non solo perché c’è lui ma perché io sono G-40. Io posseggo lo Sharingan. Io posseggo il sangue negli occhi.’ Il suo battito cardiaco la culla. Lo sente risuonare come se un monaco stesse battendo a ritmo cadenzato un gong. Stranamente quel suono la calma o perlomeno abbassa lo stato di frenesia in cui è entrata. Una paura che rimane lì, di sottofondo, ma plasmata in maniera da essere più innocua garantendole la possibilità di prendere maggiore consapevolezza di sé stessa. ‘Non capisce, certo che non capisce. Non ho modo di spiegarmi: come potrei fare. Come potrei essere certa che mi capirà. Ma lo farò: sarà così che comprenderò — sarà così che capirò se davvero mi vorrà stare accanto nonostante io sia questa. Semplicemente un esperimento che tutti credevano fallito.’ Sente la vicinanza dell’altro, il naso che sfiora il proprio. La fronte che tocca la propria. Lei dal canto suo riporta le proprie mani davanti, poggiandole sui pettorali del uomo mentre col dorso può già sfiorare il proprio seno. ‘Certo che non capisce. Mi reputa dolce. Io. Dolce. Forse per un periodo, illusa. Illusa di essere una principessa. Illusa di essere nata in una famiglia normale, illusa di condurre una vita normale. Una vita senza sofferenze particolari. Una vita illusa di essere Yuukino Nakamura. Invece sono G-40, Yuukino, Uchiha.’ Sente la mano di lui portarsi al plesso solare. ‘Ho capito. Vuole che usi il mio chakra’ e lo sa bene che questo faciliterebbe di molto il processo <V…va bene> risponde lei. Un sussurro. Ma non ha bisogno di urlare — sa bene che lui la sentirà vista la vicinanza. ‘Lo sento il chakra che scorre in me. Raggiunge ogni punto del mio corpo, irrora ogni arti ed ogni fibra che mi compone. Non c’è alcuna cellula che non venga attraversato da questa forza devastante. Devo solo concentrarmi, portare la mia attenzione proprio lì, dove sento la sua mano calda. Devo lasciare che ella mi guidi per fargli capire, per mostrargli. La mia voce non è in grado ma lui sì, il mio chakra può’ . L’attenzione è rivolta proprio lì, in quel vortice. Con la forza che le rimane, nonostante una notte piena di incubi e vino, tenta di liberare quel vortice, che fuoriesca da sé attraverso gli tsubo e, qualora l’altro non opponesse resistenza, come le ha detto, cercherebbe di convogliare quell’aura azzurra nella mente, intrufolandosi nel suo cervello, raggiungendo le sinapsi e le varie terminazioni nervose. Qualora fosse riuscita si avvallerebbe delle conoscenze che ha in materia di Genjutsu per prima riproducendo una eco, indistinta <Yuukino> direbbe quella voce. ‘Oh come conosce bene la tua voce padre, sensei.’ E’ proprio lui, colui che l’ha allenata. Colui che l’ha cresciuta, l’unico a non considerarla solo un esperimento. Una voce che per Yosai potrebbe non essere nulla ma per lei è tutto. Con la stessa veemenza cercherebbe ora di materializzare un luogo diverso. La tenda inizierebbe ad assumere le sembianze di una stanza fredda. Un letto su una parete, un armadio su quella opposta con una scrivania di fianco. Non ci sono finestre ma solo una porta con una piccola finestra. Una luce esce da lì. La porta si spalanca. “Sei un mostro!” — “Sei imperfetta” — “Scendi dal piedistallo”. Voci di bambini che si sovrappongono. Qualora lui non opponesse resistenza e lei riuscisse a mantenere quel contatto ecco che la stanza tutt’un tratto andrebbe a scomparire. Ora ai loro piedi il lago di Oto. Yosai dovrebbe solo vederlo e sentirne il rumore leggero di acque che si muovono lentamente. Non ha modo di sconvolgerne il tatto. Al bordo del lago un uomo, con gli occhi rossi. Dentro, incastonate delle tomoe ma da quella distanza non sono visibili. In acqua, in loro prossimità una bambina. ‘Sono proprio io. Guardami. Con quei capelli corti, sporchi e pieni di polvere. La mia tuta nera con quei pantaloni e maglietta così grezzi: lo vedo che la mia pelle ha racimolato un po’ di ferite, di irritazioni. Ma, cosa succede?”. L’immagine diventa confusa. Yuukino, in preda a quei sentimenti perde un po’ il controllo delle immagini. All’improvviso i due, abbracciati, sembrerebbero investiti da acqua. Tanta acqua. Una mano. Ed ora di nuovo la scena vista come da fuori. L’uomo preme la testa della bambina sott’acqua. Lei si dimena. Cerca di staccarsi, di svincolarsi a quella presa. Poi più nulla. L’uomo galleggia all’improvviso. ‘Non ricordo bene cosa sia successo, cosa mi è successo’. Loro tornano ad essere lì, in tenda. Nessuna immagine più. Solo una voce, di donna, che sembra rimbombare nella tenda <Ma è una bambina, maledizione! Non doveva essere solo? ancellale la memoria, farò in modo che non sappia mai nulla!>. ‘Intanto la rabbia mi assale. La sento che mi divora. Mi brucia gli occhi. E’ tutta convogliata lì. Tutto il chakra che ho usato per mostrare queste immagini lo ha abbandonato. Nulla più è addosso a lui. E’ tutto nei miei occhi. Lo sento. Ho paura. Brucia.’ E qualora lui tornasse a guardare la mora potrebbe notare che non ci sono più due zaffiri incastonati in mezzo a quella porcellana, bensì due rubini. Ed una tomoe che gira su un cerchio nero, dentro la pupilla, assente. [Tentativo: Sconvoglimento di 2 sensi | Tentativo: Sharingan a 1 tomoe] [Chakra: 17/25]

19:25 Yosai:
 Qual è quel sentimento che ti porta a volerti sottoporre di tua spontanea volontà all’arte che più sai ledere la tua mente? Che ti spinge a lasciarti manipolare e sconvolgere i sensi senza opporti, anzi, chiedendo a lei di farlo? L’ultima volta che sei finito dentro un genjutsu è stato un paio di settimane fa e da allora non vedi più il tuo riflesso allo specchio. E questo lei lo sa, a lei lo hai detto. Le hai raccontato di quando sei diventato cacciatore e non più preda, e quanto ti è costato. È per questo che ha provveduto almeno a nascondere specchi e quant’altro alla tua vista quando sa che siete insieme. Eppure sei li, a chiederle di farti ciò che non lasceresti mai ti venisse fatto da nessuno. Ma da lei sì. Potrà mai capirlo… apprezzarlo fino in fondo? Non ti importa. Non sei con lei per l’apprezzamento. Lei non può sapere se menti o no finchè non proverà ad entrarti in testa. Li si accorgerà che non hai difese. Senza il chakra impastato sei una persona normale. Lei ha percepito la tua mente forte, la tua resistenza. L’ha sentita, adesso non c’è niente. Ha agio, lei, di farti tutto quello che vuole. E così ti sconvolge. Ti sconvolge l’udito, ti sconvolge la vista, e tu vedi cose, e senti cose. Tieni quella mano premuta contro il suo basso ventre. Come ogni tuo tocco non delicato ma non nocivo. Solo irruento e rovente. È quel tuo avambraccio scolpito a far da ponte per il chakra. O almeno ti piace immaginarlo così, ed è per questo che tieni quella mano li, su quel tessuto tanto e delicato da sentire la pelle al di sotto. Ma la cosa che più riesce a sconvolgerti lei con quel genjutsu, sono le emozioni. Riconosci quella bambina da quegli occhi stupendi, ne vivi la tragedia. Ne vedi il cambiamento, la perdita, il dono oculare. Vedi suo padre. Il suo vero padre. Non è perfetta l’illusione. Ma lei è molto instabile ora, e lo capisci, e non ti tiri indietro, vai a fondo, scavi dentro di lei, il dolore inizia presto a lacerarti il cuore al punto che inizi a premere con le dita sul ventre di lei. Mentre irrigidisci la mascella, e premi forte la tua fronte contro la sua. Hai gli occhi chiusi, ma d’improvviso due lacrime scendono veloci e violente rigandoti il viso e finendo a bagnarle il collo e a scendere sulla sua pelle. E poi altre due. Stai piangendo. Stai piangendo perché la capisci. Stai piangendo per lei. Oh quanto profondo è ciò che provi per lei. Non lo saprai mai, ma piangi perche comprendi lo sconvolgimento. Poi di colpo tutto finisce e tu d’istinto fai un mezzo passo indietro, spalancando gli occhi. C’è terrore nei tuoi occhi, e lei potrebbe pensare che hai paura di lei, eppure quella mano resta a toccarle il ventre liscio <G 40…> mormori cercando i suoi zaffiri, e trovando invece i suoi rubini <tu… sei Uchiha.> un sibilo <tu sei Uchiha> come se te ne stessi convincendo. Eppure perché l’immagine della Diva Yuukino non muore? Le dita sul ventre si accartocciano tra di loro stringendosi in pugno e incastrando tra le dita la camicia da notte sottile di lei. La tiri a te, lentamente ma inesorabilmente, deformando quel vestito e forse anche snudandola più del necessario, ma non le guardi le curve. La guardi negli occhi. La inchiodi con quelle tue iridi di tempesta <ti vedo…> G 40. Parla con te, ti ha visto, ti ha conosciuto e ti riconosce come una parte della donna che non ti lascerà distruggere in quel modo. Ammiri la bellezza di quegli occhi mentre lentamente continui a tirarla a te fino a sentire il contatto delle sue forme contro di te, solido e rovente <Tu sei Yuukino Uchiha> di nuovo con sorpresa, come se stesse conoscendo una nuova donna. E di nuovo la mano che non la sta tirando cercherebbe contatto con quello splendido viso <Mi raccontavi, tempo fa, di percepire un vuoto> e nel frattempo la mano che stringe la veste di nuovo s’allenterebbe, per tornare carezza sul ventre <qui, nel ventre, e che non sapevi cosa fosse> la osservi, perso in quelle iridi di sangue <è questo? È G 40?> un clone. Esistono davvero, quindi? Si, e tu hai davanti il più bello.

19:52 Yuukino:
  [Tenda Yuukino ≈ Letto] ‘Perché mi hai costretta ad incatenarti nella cosa che più ti spaventa? Perché hai voluto soffrire di nuovo per vedermi soffrire? Non comprendo. Forse mai riuscirò a comprendere questo lato nichilista dell’essere umano che vuole cerca la sofferenza tramite la sofferenza. Che vuole avvertire quel senso di impotenza e paura paralizzare ogni muscolo. Tu sei qui di fronte a me, grande, enorme. Hai una tale forza da poter spostare monti, da poter muovere i mari eppure mi chiedi di intrufolarmi nella tua mente, come un ladro, di notte, a rubarti la speranza che io sia Yuukino, la dea, la divina. Mi chiedi di mettermi a nudo e mostrarmi a te per quello che in realtà sono: una provetta. Non ho una madre, non ho un padre. Ho uno scienziato che ha unito dei cromosomi dai quali sono nata dentro una provetta. Non sono cresciuta nella pancia di un essere umano ma tra mura fredde di vetro, dentro liquido amniotico artificiale.’ La mano di lui la sente, ancora lì appoggiata in quel contatto che le permette di essere consapevole di trovarsi di fronte a Yosai, il suo Yosai. Quel uomo che è riuscito ad aprirsi una strada, a far breccia nel suo cuore. Il chakra si è ritirato, è rientrato nel corpo di chi lo possiede lasciando che quell’illusione si sciolga come neve al sole. Ora invece è convogliato in quei occhi — ‘i miei occhi, gli occhi del sangue. Gli occhi creati per soggiogare le menti deboli, per incutere timore, per portare distruzione. Gli occhi della sofferenza. Eh sì perché non li avrei se non avessi perso l’unica figura di riferimento della mia infanzia ma è ancor più spaventoso pensare che un giorno, la loro forza dirompente, possa essere aumentata da un episodio altrettanto intenso. Io bramo il sangue di colei che ha ucciso l’unica persona che mi abbia mai voluto bene veramente… fino ad ora’. Perché sì, si rende conto che quel sogno non può essere una menzogna. Lo sa perché nei suoi occhi ora c’è quella tomoe. Non c’è modo di sfuggire a quella realtà. ‘Lacrime, calde, sono quelle che attraversano il mio viso eppure credevo di non averne più o forse, non sono le mie. Mi rigano il volto, una volta, due — è proprio quello che sono. Portatrice di sofferenza. E lo sto dimostrando ora a me stessa e all’unico altro uomo che mi abbia mai desiderata, in questa vita.’ Quelle parole poi arrivano come un dardo scoccato da mani esperte e colpiscono dritto al cuore. ‘Sì, io sono Uchiha.’ Non l’ha scelto eppure è lì. <Sì Yosai> riesce solo a mormorare. Le sopracciglia si incrinano abbassandosi sul lato esterno nel viso. ‘Il vestito improvvisamente mi sta stretto. Sento qualcosa che lo sta tirando a sé, una forza che riconosco benissimo. Quelle dita che l’avvolgono le conosco perfettamente. E’ lui. E’ lui che mi sta parlando. Sta parlando proprio con me. E io sono qui, impietrita da tutto quanto e vorrei urlare. Urlare forte.’. Lei, dal canto suo. Rimane ferma per qualche attimo prima di iniziare a carezzargli il pettorale. Quei occhi rossi puntati in quelli di lui. ‘Non vedo alcun chakra in quel corpo di fronte a me. Nulla scorre. I suoi movimenti però sono rallentati, posso percepirli quasi un attimo prima che avvengano. Mi sorprendo ed il mio viso non cela quanto mi sta accadendo. I miei occhi si spalancano come se avessi appena visto la mia morte. Si ricorda. Di quel vuoto. Ma io non sono un vuoto. Io sono G-40, io sono colei che brama sangue, sono colei che è nata dal sangue di Sasuke Uchiha’. Yuukino non riesce a distogliere lo sguardo dall’uomo come se fosse lui a possedere quell’abilità oculare. Quei occhi che da fuori risultano magnetici, che attirano ed intrappolano come un ragno fa con la sua ragnatela quando ha necessità di catturare una mosca per cibarsene. <Io sono G-40, Yuukino… e ho paura> afferma lei. La concentrazione torna su quella mano, sulla propria pancia. Le da sicurezza, al conforta. E’ come se lui potesse dirle di essere presente. <La vedi?> domanda, ironica. Quegli occhi sono magnetici. <La mia condanna? L’essere stata generata…> si blocca. ‘Dillo. Non ho paura. Sono nata da una provetta, sono nata da un gene modificato. Ma esisto.’ <…io non sono un essere umano>. Paura. Un brivido corre lungo la schiena <Sono un mostro. Un mostro che finge di essere umana. E tu?> lo guarda. Lo fissa. Cerca di coglierne i movimenti prima ancora che essi vengano compiuti <Non hai paura di me?> eccola, la reale domanda. [Sharingan attivo][Chakra: 16/25]

10:34 Yosai:
 Continui a tirarla a te con lenta inesorabilità piegando il gomito all’indietro. Finchè non senti le sue forme soffici e abbondanti toccarti e premere contro di te. Solo allora lasci il tessuto sgualcito, solo quando hai azzerato la distanza, che non deve mai essere tra di voi. Non godi di quella vista. Non adesso. Perche il tuo sguardo tempestoso, blu profondo, è piantato in quello di lei. Irresistibilmente attratto da quei rubini incastonati nella porcellana. Da quella tomoe che è il segno della pura potenza. È una donna nuova quella che hai davanti, eppure è la donna che già conosci, che ha deciso di camminare al tuo fianco come tu al suo. Quello sguardo le dona la fierezza che sembrava aver perso, la nobiltà innata e inconsapevole di chi appartiene ad una delle famiglie più antiche del mondo ninja. La ammiri, e non c’è altro se non ammirazione pura nel tuo sguardo. Non sai di essere più lento, più prevedibile. Non ti importa. Forse è anche perché sei senza chakra, nudo davanti a lei che percepisci così tanto il carisma naturale che emana. Ma non è un problema. Alzi lentamente gli avambracci in un gesto che ti dovrebbe portare, qualora lei lo permettesse, ad infilare le mani nello spazio tra le braccia e il busto di lei, a cercare la sinuosa curva dei fianchi. Ed è lì che in caso andresti a poggiare le mani roventi. Perché? perché adori quella curva, e perché questo dovrebbe consentirti di farle sentire il tuo abbraccio, ma nello stesso tempo di guardarla negli occhi, nuovi, sanguigni, potenti. Accogli le sue parole senza fiatare, ma senza contemporaneamente indietreggiare di un passo. Non rispondi subito, dopo essere stato investito da quella vera, reale domanda. Quella che soggiace a tutto il discorso. Nemmeno allora parli. Lunghissimi attimi di silenzio asci che corrano. Silenzio per guardarla, silenzio per accarezzarla. Silenzio per ammirarla. Silenzio e basta. Come se ti piacesse tenerla sulle spine. Ma ovviamente non è questo. <io vedo Yuukino Uchiha, non solo G40, non solo Yuukino Nakamura> commenti staccando ora la mano sinistra dai suoi fianchi, ammesso che ci siano davvero arrivate, per tentare un’altra piccolezza, un semplice andare a giocare con quei ciuffi di capelli di ei che, più corti del resto, le incorniciano il viso, creando un delizioso vedo-non vedo con gli occhi. Ma adesso tu vuoi vedere tutto. <a Yuukino Uchiha, G40 ha donato la consapevolezza delle proprie origini, la fierezza di chi appartiene alla miglior famiglia di ninja esistente, e un potere smisurato> buttalo via… ma non è finita, espiri gonfiando la cassa toracica che preme contro di lei. il tuo volto è flesso verso il basso, cerchi sempre i suoi occhi. Come una droga. <a Yuukino Uchiha, Yuukino Nakamura ha donato la passione per l’eleganza, per l’estetica, per i libri, per le lampade ad olio, per la skincare… o come diavolo si chiama> sorridi con tutta la dolcezza di cui sei capace <per gli dei le ha donato una bellezza e una sensualità che mi hanno quasi ucciso> ce lo ricordiamo che ad un certo punto del loro rapporto tu hai perso tanto sangue dal naso da quasi restarci secco? <le ha donato la passione per i libri. Un istinto da crocerossina che ha permesso a me. Flagellato dalla timidezza, di avvicinarmi a lei> la guardi, e di colpo, dopo un’ultima carezza, quel sorriso dolce ti muore sul viso, sostituito da un baleno di ira funesta <maledetto sia chi ha impedito che queste due persone potessero conoscersi e convivere insieme. Maledetto sia chi ha osato sopprimere una parte di te…> oh se la pagherà. Inspiri ed espiri dal naso, come un toro, cercando la calma che ti serve per continuare il discorso <Il compito più arduo che ti attende, Yuukino Uchiha… è di far conoscere queste due persone, per diventare la miglior versione possibile di loro due insieme> le sorridi <come il chakra, con l’energia psichica e quella fisica> un esempio pratico aiuta. Un lungo attimo di pausa ancora, guardandola <io non ho paura di te, Yuukino Uchiha.> sei perentorio. Granitico, ineluttabile in quella sentenza che deve restare chiara. Non distogli lo sguardo, non v’è paura. <Qualsiasi sia il tuo obbiettivo, tu mi avrai al tuo fianco, pronto a dare tutto per aiutarti a realizzarlo> Qualsiasi. È una parola importante, perché trascende il bene e il male. Qualsiasi è una parola estrema. Non è tiepida. È rovente come te. Può bruciare. E tu sembri avere accettato le conseguenze di tutto questo. Ti avvicineresti, se lei te lo consentisse, fino a portare la guancia a sfiorare lo zigomo, e le labbra a sfiorare l’orecchio <Qualsiasi> rimarchi quella parola spingendola in un sussurro quasi senza voce, solo un rovente respiro spinto nel suo cervello. Non ti fermeranno le montagne. Non ti fermerà nessuno. Solo lei ha questo potere.

11:03 Yuukino:
 ‘Avrei potuto avere la mia rivincita allora, quando le acque di quel lago schifoso bagnavano le mie vesti, i miei capelli. Quando la polvere si era scuola in un gesto fatale. Un gesto che avrei potuto scoprire essere la mia salvezza. Avrei potuto crescere in mezzo a loro, dimostrando di possedere lo Sharingan. Avrei potuto elevarmi e soggiogare chi mi stava attorno spazzando via chi si sarebbe posto fra me ed il mio obiettivo come si fa con le foglie d’autunno cadute di fronte alla propria abitazione. Ed invece sono stata cancellata — mi è stato tolto qualcosa di prezioso: la mia memoria. Sono cresciuta credendo che il mondo non conoscesse sofferenza, ritenendo che il male non può che avere una sola sfumatura ed ora eccomi qui, consapevole di quante sfumature esso abbia.’ Non oppone resistenza a quelle braccia che si posano sui propri fianchi. Ne ascolta il movimento, lo ascolta con la pelle da sotto il raso che viene riscaldata, accolta fra quelle mani forgiate dal destino e da mille consapevolezze. Il silenzio cade tra i due come una goccia d’acqua, l’ultima, alla fine della tempesta. L’ultimo messaggero delle nuvole che hanno smesso di piangere la propria distanza da madre terra. Una stasi quasi perfetta se non fosse per le fiammelle sparse per la tenda che, sospinte dall’aria, creano ombre sempre nuove sulle pareti. Lei porta le proprie mani sulle spalle di lui — pronta a lasciarsi salvare, pronta a salvare sé stessa da quel incubo diventato realtà. Da quella realtà deturpata da un incubo in un cerchio del destino crudele. Le parole di lui colpiscono come un sasso. ‘Io sono Yuukino. Io sono anche G-40. Io sono io. Me stessa. Quella che vedi di fronte ai tuoi occhi. Io mi riconosco per quella che sono — un esperimento riuscito di ricreare quest’abilità oculare e questa immane sofferenza. Io sono tutto ciò che potevo essere nulla di più, nulla di meno.’ Il chakra smette d’improvviso di irrorare quei occhi color rubino. Si spengono. D’un tratto quel volto torna ad essere illuminato da due zaffiri, gemelli. Cerca gli altri nei quali si riconosce e sa di trovare sé stessa. Lo fissa. In quei occhi può addirittura vedere sé stessa — o è forse un’illusione? Le sembra di percepire i bordi dei propri capelli, la luce, che sbatte contro il suo corpo infrangendosi come onde sulle rocce di una spiaggia frastagliata. <Yosai> cercherebbe quindi la sua attenzione, lasciando che egli giochi con i propri capelli, che crei quella gestualità che sembra insignificante ma che racchiude in sé una voglia di conoscenza? Una voglia di essere vicini? ‘Eppure i nostri corpi si toccano. Sento il tuo addome premuto contro di me. Sento il mio seno adeguarsi alla forma del tuo torace. E anche laddove avessi la forza di scappare, poggiare i talloni a terra e fuggire, non lo farei.’ <Io so chi sono…> mormora. Una sentenza che cade giù come una spada pronta a sancire una nuova legge con la forza <Io sono G-40, io sono Yuukino.> lo sguardo si addolcisce tutt’un tratto. Un leggero sorriso si poggia sulle sue labbra che paiono disegnate da abili mani d’artista. <Ma io non ho una madre, non ho un padre. Ho avuto qualcuno che mi ha voluto bene, sì, ma viveva in una menzogna. Credeva che io fossi un essere umano come tutti, d’altronde> chiosa, tranquilla, con una lucidità quasi disarmante. <Io non ho paura di G-40 perché io sono lei. Io sono me stessa… ma> e si blocca. Cerca le giuste parole <Io sono un prodotto di laboratorio…> l’ha detto. Come se quello fosse il suo più grande difetto. L’essere come un oggetto creato dalle abili mani di un essere umano. <Non ti fa paura sapere di stringere a te il frutto di uno studio scientifico? Ciò che non è stato creato per volontà divina ma terrena?> gli domanda cercando negli occhi di lui la risposta. ‘Te ne sono grata. Io stessa mi chiedo ancora chi sia ma io sono me stessa. Proprio come il chakra, proprio come dici tu io sono ciò che voglio essere. Io posso essere ciò che desidero ma tu? Tu cosa vuoi per te, con me?’. Una promessa. ‘Pronto a qualsiasi cosa? Questo non mi sembra vero. Quelle parole stanno echeggiando nella mia testa, rimbalzando sul cranio come a voler rimanere impresse senza alcuna intenzione di sgattaiolare via.’ <Non so cosa succederà. So di non essere l’unica Uchiha ma non credo ci siano altri… come me> ‘Sono un clone. Sarebbe disumano venire a sapere che ci siano esseri mostruosi come me, là fuori’ <La tua promessa come tutto ciò che hai visto sarà il nostro sigillo. Nessuno deve sapere>. ‘All’improvviso con un balzo sul posto e usando le spalle di Yosai come punto d’appoggio, mi porto in punta di piedi spostando il viso in modo da guardare alle sue spalle verso l’entrata. Qualcosa sembra farmi paura: potrei sembrare paranoica. Potrei avere lo sguardo di un malato mentale che vede pericoli ovunque ma tu devi sapere prima di giudicarmi, prima di spaventarti di quella che sono. <Ho paura che mia ma… lei> ‘Non la posso chiamare madre, non dopo quello che m’ha fatto’ <Abbia capito. Ho paura sappia che io… so>. Torna su di lui. Gli occhi diventano lucidi mentre lo guarda <Perdonami…> direbbe infine, con le ultime parole che sembrano morirle in gola <Avrei voluto per te qualcosa di sereno… di felice.>

11:30 Yosai:
 Di nuovo ti chiama, di nuovo rispondi con gli occhi. Nient’altro ti serve, riportandoti frontalmente a lei perché lei possa vedere quanto attento sei a lei. la avvolgi con lo sguardo come fai ogni volta che la vedi con le braccia. È uno sguardo acquatico e profondo, ma forse è l’unica acqua che lei non deve temere, che sa in un certo senso cullarla. La ascolti, ascolti quella consapevolezza venir fuori. Si sta ricostruendo, stà legando due persone che hanno vissuto separate per la volontà di una donna che per crudeltà o per mera incapacità di comprensione, ha preferito annullare una delle due. Quale violenza hai subito, dolce Yuukino. Solo lei può capirlo, tuo compito è fare in modo che ne esca più forte. Aiutarla dove cade, spronarla dove serve, amarla quando lo chiede. e per questo sei li. <e perché dovrebbe farmi paura tutto questo?> le chiedi, cerchi di capire. <la creazione, la nascita, è solo il primo istante di una vita intera. Tu non solo quella provetta. Sei anche tutto quello che ti è successo dopo. Sei le scelte che hai fatto per arrivare fino ad ora, qui, con me> accenni solo un sorriso <sei tutte queste cose e sarai in futuro l’insieme di tutte le scelte che hai fatto in precedenza> non distogli lo sguardo da lei, facendo sentire appena più vivo il tocco sul suo fianco soffice <non rinnegare una parte di te per l’altra, quando puoi essere meravigliosamente tutto> un essere completo. Questo vedi in lei. quando di colpo la vedi in un lampo di paura, la osservi protrarsi verso le tue spalle, ha bisogno di essere tranquillizzata. Sei li per questo e agisci, allungando di nuovo la mano destra verso il suo viso tenteresti di distoglierlo dall’ingresso della tenda per riportarlo su di te, prendendo il mento delicato tra indice e pollice <hei> la richiami, con un tono leggermente più alto dei mormorii che vi state scambiando <sei con me. Non hai bisogno di aver paura> le ricordi <nessuno saprà. Te lo giuro. Ma tu ricordati che sei un’Uchiha> la guardi negli occhi, ammirando di nuovo quel maestoso sharingan <non sei fatta per avere paura> come non lo sei tu. Le sorridi <Accetta un consiglio e poi fanne quello che credi> torni a mormorare <ora che il tuo passato è completo, concentrati sul futuro. Allenati, cresci ancora, scegli il tuo obbiettivo e perseguilo. Le difficoltà che incontrerai ti permetteranno di capire molto di te> come sempre. <le difficoltà fanno crescere sempre>. Le sorridi, lasciandole andare il viso <cos’hai intenzione di fare in futuro? Quali sono i tuoi progetti?> le chiede. A parte un bel magno caldo, s’intende.

11:47 Yuukino:
 ‘Rimango sorpresa e affascinata. La spiegazione che mi viene data da questo uomo, così semplice ma allo stesso tempo complesso, riesce a trovare una soluzione a tutto questo trambusto. Riesce a spiegare il dono della vita meglio di chi, in precedenza, mi chiamava figlia. Finalmente mi sembra di capire, di capire il senso della vita. Potrebbe essere che io mi faccia illudere da questo ma è logico. E’ logico giungere ad una conclusione del genere. Io non sono ciò che ero prima di nascere ma ciò che sono diventata ora. Era questo il mio destino: arrivare fin qui separata da Yuukino ma ora siamo insieme, un tutt’uno. A da lei non mi voglio più separare perché io sono lei tanto quanto lei è me e tutto questo grazie a lui. Lascio che la sua mano mi guidi e riverso ora queste iridi blu in quelle sue. Così uguali alle mie: bruciano con la stessa intensità ma con una maturità che a me stava sfuggendo di mano.’ Lo sguardo di Yuukino si addolcisce. Quelle parole le hanno toccato il più profondo dell’animo risvegliando in lei quelle speranze e paure che l’hanno guidata durante tutto quel sonno dell’altra sé. Certo, in due probabilmente le cose avrebbe avuto un altro corso. Forse ora non sarebbe solo una Genin dell’Erba ma qualcosa in più — tant’è. Le cose sono andate così e non c’è modo di cambiare il passato ma guardare verso il futuro. Un senso di orgoglio pervade tutto il suo corpo mentre porta le mani, qualora l’altro glielo consenta, sul viso d’egli. ‘Com’è caldo. Non credo di essermi mai accorta di quanto calore emanasse, prima d’ora. E non solo perché fino a qualche istante fa stavo tremando dal freddo. Lo sento come se un’epifania mi avesse fatto riscoprire la felicità che ritrovo in questi piccoli dettagli. Come se scoprissi quest’uomo per la prima volta seppure il suo viso mi sia famigliare, come pochi al mondo. Voglio potermi fidare, voglio fidarmi.’ <Hai ragione, Yosai> sentenzia mentre cercherebbe di carezzargli il volto col dorso della sinistra. ‘Mi lascio trasportare da lui, da quella mano che mi distoglie da qualsiasi paura ma deve sapere. Non può ignorarmi’ <Fingerò di non sapere nulla ma potrei essere costretta….> ‘a uccidere quella cagna. Oh bene bene. Finalmente tiriamo fuori la grinta. Non vedo l’ora di vedere il sangue uscire dalle budella di quell’essere. Vedere la sua gola tranciata in due, la testa che rotola via con gli occhi ancora terrorizzati da questo potere che avvolge i miei occhi, da quest’arte sanguinaria, dal doujutsu della sofferenza e del dolore.’ Una luce attraversa quelle iridi blu. Come un presagio, come un fascio di eventi futuri che si scontrano col presente e riflettono la loro dinamicità. La kusana scuote leggermente il capo come a rimuovere quel pensiero e tornare a concentrarsi sul presente, su ciò che ora ha di fronte e sulle parole che egli le regala con quella tranquillità. Lascia che l’ultima sua domanda affondi le proprie unghie nella carne del più remoto dei suoi pensieri. ‘Sto riflettendo. Non so se voglio prima la mia vendetta o capire meglio chi io sia. Qual è l’obiettivo che è stato pensato per me e se questo possa avere un qualche legame con quella che sono diventata ora’. <Voglio andare all’accampamento Uchiha. Voglio scoprire se ci sono altri… come me> dice lei mentre porta l’altra mano, al petto, poggiandola sul seno <Ma più di tutto>. Breve pausa. ‘Perché mi batte così forte il cuore? Perché non posso fermare questo senso di impotenza su questo fuoco che divampa in me?’ <Voglio essere al tuo fianco>.

12:19 Yosai:
 La osservi sciogliersi nella dolcezza, arrivare a comprendere il tuo ragionamento, cercare di farlo proprio. E ricambi quella dolcezza. Questo è uno sforzo che deve fare da sola, ma il fatto che l’abbia compreso non fa altro che aumentare l’orgoglio e la stima che provi per lei. Che grande, terribile ninja diventerà. Quella visione ti balena negli occhi suscitandoti un brivido di profondo piacere. Non rispondi subito. La lasci finire. Annuisci a quelle risposte <Mi sembra un’ottima idea> le sorridi <chiedi, documentati, leggi… fai quello che ti viene meglio> le sorridi. <Sono sicuro che l’accampamento Uchiha sia molto più conforme ai tuoi standard igienici> sono o non sono i ninja più elitari che esistano? L’ultima frase ti scoglie. In un impeto di passione e sentimento che non riesci a reprimere tenti di avvolgerla in un abbraccio completo, sollevandola un poco <ci sarò. Ci aiuteremo a vicenda. Realizzeremo i nostri obbiettivi insieme. Qualunque essi siano> tu il tuo ce l’hai ben chiaro in testa, e lo vedi riflesso nello specchio ogni volta che ti guardi, ma farai di tutto per aiutarla a capire il suo. Manterresti, qualora lei avesse consentito l’abbraccio, la testa piegata insieme alla parte superiore del busto, nell’incavo del collo. Sorridi stendendo le labbra sulla pelle di lei, potrà sentirlo <Adesso andiamo a farci un bagno caldo> un sussurro rovente sulla pelle del collo accompagnato da un bacio umido sulla pelle tenteresti di muovere un piccolissimo passo in avanti, facendola indietreggiare verso il letto, tra le tue braccia <poi, dopo esserci dati una bella messa a posto andiamo a scegliere una missione che faremo insieme> un altro sussurro, un altro bacio rovente, salendo verso l’orecchio <e poi andrai a vedere l’accampamento dei ninja del ventaglio> il ventaglio uchiha, ovviamente. L’ultimo bacio sarebbe un famelico ma in alcun modo nocivo mordicchiamento del lobo. Il passo successivo, se lei lo consentisse, dovrebbe sbilanciarli entrambi al punto da farli cadere sul letto. Ma non sarà una caduta rovinosa. Non sarà un problema per te sostenerla e adagiarla semplicemente sul letto, distanziandole un poco da te che hai comunque puntato un ginocchio e un braccio sul materasso per non schiacciarla <ma prima… se vorrai, potrò strapparti a mor…> è sempre Yuukino. Attento a come ti muovi <sfilarti delicatamente, piegare e mettere a posto questa bellissima veste e scaldarti…meglio> un ghigno ferino che non lascia spazio all’immaginazione mentre resti lì, sopra di lei ma senza toccarla, piantato con ginocchio e braccio. Il volto tanto vicino al suo che i nasi si sfiorano. I tuoi capelli rosso scurissimo le piovono addosso. Ma non te ne curi. La guardi negli occhi, lasciandole leggere tutto quello che provi per lei.[END] 

Yosai va ad incontrare Yuukino in tenda dopo che questa non si è presentata al matrimonio. E' così che la trova distrutta e ben presto scoprirà il motivo: è una Uchiha, un clone.

Nascono così nuovi propositi eppure G-40 ha in mente qualcosa di terribile per sé stessa.

//Grazie per la giocata sublime.