Ninnananna
Free
Giocata del 24/04/2020 dalle 14:20 alle 18:12 nella chat "Foresta di Mangrovie"
[Indefinito/Foresta] Anche oggi la tempesta impervia su Kiri, il tempo non si sta rivelando per nulla clemente negli ultimi giorni, forse al pari di quanto lei abbia smesso di farsi rinchiudere in una gabbia dorata placcata di sentimenti e gentilezze nei suoi confronti, forse proprio questo è il motivo che la portata fino a quella zona paludosa della foresta di mangrovie. Al momento ha trovato, più o meno, riparo sotto ad un grosso albero dai rami spessi e le fronde popolate, l’acqua comunque filtra mentre lei se ne sta poggiata su una delle radici che riaffiorano in superfice abbastanza lontana dal livello dell’acqua. Si permette addirittura di starsene seduta, con la gamba sinistra piegata e poggiata al legno a lato mentre la destra ciondola sfiorando l’acqua dalla superficie in fermento per via delle gocce che la colpiscono ed ingrossano. La suola di gomma di quei calzari ninja neri sfiora quasi la palude, sfidando la natura stessa a fare di meglio, si prende gioca del livello dell’acqua, avvicinandosi ma comunque evitando di bagnarsi. Lo sguardo è rivolto proprio verso il basso, ad osservare come quel luogo si infuri e cerchi di toccarla, raggiungerla senza ancora riuscirci, gli occhi si fanno intravedere appena sotto al nero cappuccio del mantello indossato per proteggersi dalle condizioni avverse, i capelli neri ricadono in avanti, sopra al petto nascondendo forme e parte degli abiti, bagnandosi secondo dopo secondo, facendosi più neri se possibile e più spessi. La candida pelle visibile solo sulle gambe, praticamente nude visti i due profondi spacchi laterali della gonna che indossa, infatti il tessuto va a coprire giusto la parte a contatto con la radice e parte della gamba destra, la sinistra proprio a causa della posizione è completamente nuda, pelle di porcellana la sua, con l’occhio si può seguire la linea di ogni singolo muscolo, allenato quel tanto che le basta per correre velocemente. La mano destra sta poggiata al legno per reggere parte del peso del corpo ed evitare che finisca per sbilanciarsi, i fulmini illuminano a giorno il luogo altrimenti oscuro rivelando così all’improvviso la sua inquietante presenza. Quando i tuoi danno tregua una cantilena esce da quelle labbra chiare appena socchiuse nascoste dalle ombre, può suonare come una dolce ninnananna, non sta urlando anzi, quasi sussurra solo il vento conduce la sua voce lontano, la trascina permettendo alla natura di sovrastarla senza però svanire del tutto, la voce è abbastanza acuta in quel momento, alte le tonalità che sta raggiungendo mentre se ne resta lì in una paziente attesa. Osserva e sfida l’acqua, non sente il bisogno di urlare convinta che già la sola presenza, la postura e soprattutto il modo di fare siano abbastanza, sorride nascosta nel cappuccio tra una strofa e l’altra. Il mondo ha provato tante volte ad abbatterla, l’ha messa alla prova con la stessa prepotenza e con lo stesso astio che sta mostrando lei ora, è stata distrutta, ridotta a pezzi ed ora si sente finalmente risplendere o meglio si sente pervasa dal potere, dalla sua vera forza qualcosa che non è più disposta a nascondere, qualcosa che ha intenzione di rende parte integrante degli incubi di ogni ninja [chk on] Il Sole ormai questo sconosciuto. Ne ha un vago ricordo in quell’ultimo periodo passato a Konoha. Così lontano ormai, riposto in un loco disparato nella sua memoria. E’ coerente tuttavia con il suo nuovo essere. Il Demone nero e quel dono fattogli da parte di Zio Rasetsu. In un’anima morta, scura, di cui la purezza è esattamente il contrario di quello che è . Come potrebbe muoversi sotto il Sole ? La scenografia perfetta non potrebbe essere diversa da quella in cui si trova. Tempesta, quantità ingenti che cadono dal cielo infiltrandosi in quella fitta vegetazione macabra. Innumerevoli Mangrovie, essendo nella foresta. Immerso in quel luogo, ormai da parecchie ore. Indossa una maglia bianca e dei pantaloni neri stretti alle caviglie da una vistosa fasciatura. Al di sopra di tale vestiario, a nasconderlo, vi è una tunica avente un grosso cappuccio a coprire la sua testa e con il compito di proteggere gli occhiali da vista dalle gocce d’acqua. Per quanto possibile. I sandali avvolgono i piedi. Sotto la tunica il solito armamentario, insieme al coprifronte. Il tutto nascosto. Lo porta, infatti, legato in un nodo vicino alla tasca porta oggetti. Adagiato sul gluteo sinistro. Se ne sta lì, al riparo di una grossa Mangrovia in quel luogo che gli è ormai così tanto caro. Quel largo spiazzo ove lo Zio ha effettuato la sua trasformazione. Il suo nuovo posto preferito. Non vi è giorno in cui non vi si rechi a contemplare la vita, o meglio… la morte (?). Testa china così da permettere al cappuccio di aver maggior riparo sulla sua testa, il piede destro è posto con la pianta sulla corteccia di quell’albero. Ripostovi con una flessione a novanta gradi del ginocchio, sporgente in avanti. La gamba, gemella, è ben distesa a sorreggere il suo esile peso insieme alle spalle che scaricano quest’ultimo sul grosso tronco. E’ lì, appoggiato, con il rumore dell’acqua che sfiora le foglie in alto per poi cadere sulle pozze formatesi. Le pupille son diradate a dimostrare come il suo essere sovrappensiero. Ascolta la natura nel suo essere tempestosa. Melodiosa alle sue orecchie che ne catturano un qualcosa di musicale, appunto. La solitudine, così tanto disprezzata da molti, ma amata dal Kokketsu. E’ così cambiato da quel giorno. Dal giorno in cui quel cognome è diventato parte integrante e fondamentale del suo essere. [Equip. coscia sx: Shuriken (x2); Kunai (x2); Fuuda (x2) con tronchetto da sostituzione(x2) su cui incollate 2 carte bomba (x4) già attive; Equip. coscia dx: Fumogeno (x2); Carta bomba(x4); Fuuda (x2) con sigillato (1|Veleno Inibente)(2| Veleno composto speciale) (Chakra per liberarli: 0,5) Tasca portaoggetti: Filo di Nylon conduttore (x1) con attaccata carta bomba (x1); Tonico recupero Chakra (x1); Tonico curativo (x1); Tonico recupero Chakra speciale (x2); Fuuda libero (x2); Pennello e inchiostro] [Indefinito/Foresta] La tempesta imperversa sulla sua testa eppure non ha alcuna intenzione di cedere il passo, ne nota la poesia, passa del tempo a volersi innamorare di quel caos perfetto che è Kiri in quel momento. Una foresta paludosa e oscura, la pioggia che cade incessante, il vento che sferza le mangrovie e poi tuoni e fulmini a turbare il silenzio, è tutto così impreciso e imprevedibile da apparirle semplicemente come perfetto. Si lascia ispirare e alza appena la voce, socchiude ulteriormente le labbra così da permettere a quel suono che le nasce nell’addome di uscire con forza maggiore, continua con la cantilena come se volesse sedare la stessa natura. Non ci sono parole in ciò che fa, solo un suono modulato nello spettro e nelle note ma non nella sua essenza, proprio come la madre che cerca di far addormentare il figlio malato e sofferente, un gesto pieno di pietà e di dolcezza che eppure in quel momento stride ed è proprio quello l’obiettivo, chiede alla natura di fermarla, di costringerla e di sovrastarla sicura che non possa più accadere, determinata a combattere e far tremare persino quelle mangrovie, persino le nuvole e i fulmini, si prepara a calare la sua falce sul collo del mondo, spezzare gli equilibri e scatenare ciò in cui è cresciuta; la guerra. Oh non quella contro un semplice Dio che vuole rubare il chakra al mondo, no persino lui finirà per pentirsi d’essere apparso. Ciò che vuole è molto più semplice e forte: la paura, l’instabilità e il timore. Se si taglia la testa il serpente continuerò ad avere degli spasmi muscolari e cosa potrebbe mai succedere facendo la stessa cosa ad una società di guerrieri? Ci riflette, ci pensa ed osserva come il mondo intorno a lei le stia mostrando la chiara e semplice risposta, un piccolo gruppo di insetti cammina sulla radice su cui si trova lei, scappa disperatamente dall’acqua, dall’innalzarsi delle pozze della palude, cerca un riparo e la salvezza, eppure…. Il canto si interrompe all’improvviso mentre la sua mano si alza, sono piccoli esseri che seguono il primo nella fila, è così semplice allungare la sua mano candida verso di loro e concentrarsi sul suo flusso di chakra, le ci vuole poco per andarne a prenderne il totale controllo così da potersi permettere di andare a farlo confluire verso le ghiandole salivari, le sacche dove produce veleno. Arrivata qui si limiterebbe a bagnare il chakra, a lasciarlo a mollo il tempo necessario perché vada a sporcarsi, a tingersi del marcio del veleno, il tempo necessario per attivare correttamente quell’innata che ora riporterebbe semplicemente in circolo. A questo punto senza forza andrebbe a lasciare che il suo polpastrello sfiori l’esoscheletro di quell’insetto. Lo osserva contorcersi qualche secondo prima di morire, sorride e con un tono ancora più alto riprende a canticchiare quella ninnananna pietosa e gentile, sorride osservando il resto del gruppo muoversi disperato, non capire cosa può aver ucciso il capo, non capire dove andare, cercare di ristabilire una catena di comando, cercare di comprendere da dove arrivi il pericolo più grosso, l’acqua o quella grossa forma bianca che hanno sopra le loro teste? Sì perché la sua mano li protegge dalla pioggia, lasciandoli in quell’incertezza: li starà aiutando o catturando? Si gode la scena semplicemente cantando, senza avvedersi minimamente del genin, completamente disinteressata per ora, anche se ora si sta rendendo decisamente più udibile [chk on][arte del veleno liv 3-Tossico] Adora quel posto. Sia per il legame di avvenimenti sia per il suo essere così dispersivo. Gli permette di essere solo con se stesso. Il che, come già detto, è molto apprezzato dal Kokketsu. Ascolta quella musicalità della foresta, la pioggia che cade, il fruscio degl’alberi smossi dal vento. Fulmini che illuminano il cielo e tralasciano in lontananza il loro tonfo. Il Genin quasi muove la testa a tempo. Un tempo fittizio, immaginato nella sua mente. Il capo si scosta avanti-indietro danzando in quei piccoli movimenti. A vederlo da fuori sembrerebbe più un tic nervoso, seppure tale movenza sarebbe consequenziale alla musicalità della foresta. Tempesta in corso, dunque un ritmo incalzante, veloce, insistente. Da quando ha patito quel dolore. Da quando ha dovuto soffrire le pene dell’inferno per il controllo del sangue nero è diventato molto più attento alle piccole cose. Prima si lasciava scappare tutto addosso, i dettagli erano cose da mettere da parte, soltanto ciò che lo interessava direttamente era interessante per lui. Ora, invece, i dettagli sono il TUTTO. Non vi è giorno in cui non si ferma ad annusare un fiore, ove non si ferma ad ascoltare la musicalità della pioggia. Ove non si sofferma a vedere il colore del cielo, ove non contempla il mare e le stelle. Ci sono quegl’avvenimenti che cambiano le persone. Beh, la sua trasformazione lo ha cambiato nel profondo. Non solo nel suo sistema circolatorio, ma anche nell’animo. Il capo continua la sua danza, scosso dal tempo di quella melodia di Tempesta. Vi si concentra, vi è completamente immerso, così tanto da trovarne un ritmo al suo interno. Un’armonia. Così candida, così lenta. Antitetica all’incalzante ritmo di una tempesta < mh ? > aggrotta la fronte, notando come quelle due melodie sono effettivamente contrastanti. Una delle due, infatti, interferirebbe con l’altra. Non ritrova più quella musicalità. Qualcosa ha sovrastato ciò che stava ascoltando. Lo sguardo si scosta, seguendo un fisiologico riflesso, verso la provenienza di quel suono supplementare. Alla sua sinistra si avvedrebbe di una figura. Indefinibile il volto coperto dal cappuccio del mantello. Gambe scoperte di una chiarezza simile alla sua. Vampiresca. Ponendo l’attenzione su di quella figura sarebbe inevitabile non percepire quella sua cantilena. Lenta, cadenzata. Le mani del Genin si alzerebbero al fronte del petto ove inizierebbero a sbattere l’una con l’altra in un qualcosa di simile ad un applauso. Seppur il suo intento sarebbe batterle al tempo della cantilena di lei, ormai completamente udibile. Un ghigno comparirebbe sul volto. Non si fermerebbe, lasciando che l’altra ascolti quel ritmo e si accorga di lui. I due non sono distanti, anzi sono molto vicini. Ma solo ora si accorgerebbero l’uno dell’altro. [Equip: lo stesso] [Indefinito/Foresta] Non è sola a quanto pare, mentre il suo canto riprende oltre alla pioggia si aggiunge anche uno sbattere di mani ritmico e cadenzato a tempo però con ciò che sta facendo lei. Ascolta appena quel suono continuando ancora con il semplice canto andando a voltarsi verso destra così da capire con chi ha l’onore di scambiare l’aria. Volta giusto il capo, quel tanto che le basta per inquadrarlo attraverso l’uso della vista periferica, per fare ciò estroflette il collo, assumendo una posizione sicuramente poco comoda, le labbra si inclinano sorridendo divertita da quella situazione, il suo volto non ha nulla di dolce e compassionevole anzi, risulta freddo illuminato da una luce sinistra e sadica. Gli occhi si puntano alla ricerca di quelli dell’altra figura, il destro azzurro come il ghiaccio, il sinistro rosso come il fuoco scoppiettante del villaggio che è appena andato distrutto e di cui si vogliono eliminare anche i resti. Sorride così in sua direzione qualche istante prima di limitarsi a raddrizzare la testa, rimane voltata verso di lui ma non più piegata in quella maniera così innaturale. La mano che prima si erigeva a protezione dall’acqua, ad ombrello e come misterioso e forse dio comprensivo su quella piccola famiglia di insetti in preda al panico ora cala, ha smesso di giocare con le loro vite, ha smetto di divertirsi a quanto pare un altro interessante intrattenimento è giunto. Il canto si interrompe mentre le vita di quei piccoli animali si spezzano grazie a veleno, in tutto questo non ha mai smesso di guardarlo, di osservarne e cogliere i dettagli che può vedere. Quelle gambe candida e pallide, gli occhiali e gli abiti, non c’è molto altro ma già quel viso giovane è abbastanza da stuzzicare il suo interesso <vieni pure qui> lo invita adesso, un semplice gesto del capo in direzione della radice su cui è posata lei, un muoversi veloce di quei capelli sfuggiti dal cappuccio, non smette di tenerlo d’occhio. Ciò che osserva è semplicemente ciò che può vedere, cerca di cogliere le sue sfumature per capire quanto pericoloso potrebbe o non potrebbe essere giocarci, proprio come l’incontro don il Kakuzu, si mostra spavalda quasi, non interessata alla sua stessa sicurezza arrivando al punto da volerli vicini eppure ci fa molta attenzione, dietro a quella fredda maschera si nasconde una mente calcolatrice, almeno per quanto riguarda la possibilità di essere rapita, torturata e poi abbandonata morente in un cassonetto. Questa però è un’altra storia. Silente attende, sorride appena lasciando ora le labbra chiuse, sono sottili ma non per questo invisibili, piegate poi come sono appaiono quasi affilare come se le bastassero quelle per uccidere, osservazione comunque non errata [chk on][arte del veleno liv 3-Tossico] Non si sofferma a quella movenza. Anzi. Alle mani che sbattono l’una contro l’altra aggiungerebbe quella movenza della testa. Avanti ed indietro. Al ritmo delle mani. Ama l’arte, lui stesso si reputa un’artista nella creazione dei suoi costrutti. Quel ghigno, precedentemente comparso si farebbe ancor più vistoso lasciando intravedere i canini pronunciati < HI HI HIHIH HIH > ride. Come suo solito. In quella risata particolare e per molti fastidiosa. Il collo si dimena sempre più, quasi ci prende gusto., ma ecco che gli arriva l’invito. La voce di lei in quel proferire interrompe la cantilena. Le mani del Genin rimangono appese, larghe e bloccate. < mh> lento le riporta sotto la tunica indossata. Non ci pensa due volte il Kokketsu. Il piede destro viene scostato dalla corteccia dando una leggera spinta. In tal modo la schiena e le spalle appoggiate fino a poco fa si distaccherebbero dal tronco. Il sandalo destro darebbe inizio una piccola marcia in direzione dell’altra. Dietro l’occhiale muoverebbe le iridi castane e cercare di squadrarne le fattezze per quanto concessogli. Quelle gambe bianche visibili nello spacco, e poi nell’ombra del cappuccio quegl’occhi. Non ne aveva mai visti di così prima. Ne è subito attratto. Non riuscirebbe a scostare l’attenzione da questi. Solcando la distanza tra loro, ora si dovrebbe trovare sotto il medesimo albero. Il frastuono della pioggia accompagnerebbe tutta la sua movenza < Canti bene .. HIHIHIH > socchiude le labbra lasciando trapelare di nuovo quella risata. Incontrollabile. Non è una mancanza di rispetto, ormai è diventata un vero e proprio tic della sua parlata. Quasi non riesce più a proferir niente senza lasciare andare al termine di ogni frase < mh > Permane in piedi, a meno di un metro da lei, non si siede ancora. Non perché abbia paura, anzi. Dopo aver sconfitto la morte crede di non aver paura più di niente. Probabilmente sbaglia (?). Ora i due sono abbastanza vicino da rivelare ogni loro lineamento e dettaglio non nascosto dai vestiari. La mandritta si alzerebbe per poggiarsi sul nasello dell’occhiale per spingerlo lievemente indietro, riposizionandolo. Silenzioso, seppur con quel ghigno in volto, attenderebbe. [Equip: lo stesso] [Indefinito/Foresta] Lo vuole attirare a sé, proprio come una donna e non più come la bambina che lo avrebbe raggiunto curiosa, no ora tesse la tela intorno alle persone non usa più solo la presenza fisica per catturarle, per lei è praticamente tutto nuovo, sta imparando girono dopo giorno ad ascoltare il corpo e l’istinto non più trattenuta da stupide catene fatte di amore e affetto, sentimenti che non ha smesso di provare ha solo scelto di non ascoltare, solo Katsumi resta predominante nel suo cuore. Lo ascolta e sorride ancora in sua direzione <oh grazie> non che si possa dire che apprezzi o meno il complimento, semplicemente ne accetta le parole sa di non essere avvezza ai concertini. Non si muove e mentre si avvicina si costringe ad alzare appena il mento per poterlo osservare, da quella posizione il ragazzo sarà anche in grado di osservare il vestiario sotto quel mantello appena appuntato intorno al collo. Indossa semplicemente un corto corsetto di cuoio scuro e scollatura a cuore a fasciarle il seno il resto del petto e dell’addome sono completamente nudi, se non fosse per il nero tessuto che la copre dalla pioggia allora persino le spalle apparirebbero nel loro candore <siediti> e con queste parole andrebbe a sollevare la mano destra in sua direzione, il palmo aperto viene mostrato verso l’alto, come a volersi offrire per aiutarlo, un punto fisso e fermo sul quale reggersi mentre ci si siede <cosa ci fai qui con questo tempo?> domanda comunque, non si guarda la mano, vedrà dopo come agire, nel caso in cui lui decidesse di prendere quell’aiuto offerto. Lo sguardo resta puntato verso l’alto, il volto gelido ma dai tratti eleganti e decisi, è inquietante come la morte nei modi di fare muoversi ma se non fosse stata vittima della vita probabilmente sarebbe potuta essere considerata una bella ragazza, ad aiutare quell’idea quella frangetta nera che le richiude la pelle di porcellana in un quadretto, il nero dei ciuffi contrastato al bianco della pelle, neve e pece su di lei, bene e male le si disegnano intorno eppure basta osservare quegli occhi per capire da che parte propenda, quello sguardo non solo segnato dalle due iridi di differenti colori ma anche dalla totale assenza di compassione, da proprio l’idea di una capace di veder affogare un neonato senza per questo sentirsi sconvolta o mossa da chissà quale desiderio, se non forse quello di mettere fine alle sue sofferenze avvelenando. Quel momento per lei si sospende sia nel tempo che nello spazio, i fulmini attraversano ed illuminano il luogo dando loro nuove ombre e nuove luci su quei corpi, lo studia silente e distaccata attenta ai suoi gesti [chk on][arte del veleno liv 3-Tossico] La pioggia si fa più dolce, cessando lentamente di cadere. Ciò che permane ora a generare rumore sono solo quelle gocce adese alla vegetazione che per azione gravitazionaria si porterebbero a terra. < mh > Un rapido sguardo verrebbe lanciato in alto come a volersi accertare che la tempesta sia cessata < uffa > sentenzia semplicemente. Ormai vi aveva fatto l’orecchio. A quel suono perpetuo ed , ora , la sua assenza lo infastidisce. Riportando il capo verso il basso riposa lo sguardo sull’altra figura. Ne nota tutto il notabile, dal vestiario, alle forme scoperte. Non dice nulla, annuisce solamente alla richiesta di lei. Facendo avanti il piede destro ruoterebbe su quest’ultimo. Una progressiva flessione degli arti inferiori, poi gli permetterebbe di posare gli ischi su quella medesima radice di lei, prima rannicchiandosi e poi lasciandosi andare con il peso indietro. Non utilizza la mano offertagli da lei. Non è tipo da farlo, anzi. Raramente chiede ed usufruisce di aiuti. < aaaaa > un sospiro, sonoro e di sollievo, all’acquisizione di quella posizione. Seduto, ora , al fianco di lei. < è il mio posto preferito .. sono sempre qui .. > dice < .. HIHIHIHIH > accompagnando la solita risata. Quello è il suo posto. Quasi la sua casa. Il posto ove è quasi morto. Il posto ove è nato definitivamente. Ove ha acquisito il POTERE. Lo contempla, lo venera, come fosse un tempio. Da lì ha avuto inizio tutto per lui. La testa verrebbe ruotata alla sua sinistra posandosi sul volto di lei, alla ricerca di ulteriori informazioni nei suoi lineamenti. Ma sembra non averla mai vista < e tu … > continua < cosa ci fai qui ? Con le tue cantilene hai fatto smettere di piovere HIHIHIHIHI > una battuta, o almeno questo dovrebbe essere. Seppure la sua ironia è ben poco apprezzabile. E’ un tipo strambo, alquanto strano il Kokketsu. Fatto a modo suo e con modi di fare tutt’altro che consoni. [Equip: lo stesso] [Indefinito/Foresta] Lo osserva sedersi senza utilizzare la sua mano, senza saperlo lui ha appena scelto d’essere risparmiato, almeno per ora, ha appena segnato la sua strada tra i vivi e non tra i morti. La mano va semplicemente a socchiudersi lentamente, le dita che si piegano verso il palmo mentre torna ad abbassare il braccio, negli stessi istanti muove il mento e lo sguardo seguendo il movimento del ragazzo <preferito eh?> domanda guardandosi appena intorno e lasciando che lo sguardo vaghi qualche secondi sui dettagli che è in grado di cogliere, l’armonio della natura insieme a quella curvatura delle mangrovie come vecchi Yokai piegati ad osservare dei piccoli umani da mangiare, almeno questo è ciò che la sua mente richiama. Lei non è altro che uno di quegli spiriti malvagi, cammina sulla terra con il solo scopo di sconvolgerla, persino adesso davanti a quello sconosciuto si comporta allo stesso modo, lo osserva e studia così da comprendere come poterlo destabilizzare maggiormente. Durante il loro incontro la pioggia giunge al suo termine, pare che anche il cielo abbia terminato le lacrime esattamente come lei permettendole di alzare nuovamente la mano destra così da portarla sul cappuccio, lentamente andrebbe a sospingerlo indietro così da lasciare che scivoli e ricada lungo le sue spalle, mostrando i capelli neri infilati sotto al tessuto, lunghi e lisci dalla forma estremamente squadrata e geometrica, come tagliati con un occhio maniacale alla precisione, è bello come l’ordine di quel corpo si contrapponga invece al devasto che si mostra con l’innata Goryo, la precisione e perfezione di ora che contrastano con i traumi del passato <io sono qui per godermi questo momento> ammette semplicemente <prima di portare il caos a regnare in questo mondo> continua ancora, il tono non varia così come lo sguardo, non c’è alcuna variazione in lei durante il cambio di argomento <perché ti piace tanto?> domanda poi continuando e cambiando nuovamente discorso, un dettaglio quello della distruzione che non è così importante da necessitare una pausa, tutto non è altro che il susseguirsi di eventi casuali, la natura stessa non è portatrice di incertezze a caos, il suo risveglio è stato altrettanto casuale, una sera come tante, una riunione come altre e dei ninja qualsiasi le hanno aperto gli hanno, hanno fatto cadere quel primo mattoncino del domino che poi pian piano è andato ad abbattere tutto il muro che aveva intorno ai suoi stessi occhi, la necessità di farsi amare d’essere accettata che per così tanto tempo ha vinto sulla sua primaria pulsione, ha nascosto la sua vera natura troppo a lungo e ora non prova nemmeno a mentire davanti ad uno sconosciuto, quel ragazzo potrebbe essere chiunque persino un anbu pronto ad ucciderla eppure non cambierebbe le sue parole o l’importanza di quel discorso[chk on][arte del veleno liv 3-Tossico] Il Kokketsu è un tipo strano. Ma non fesso. Anzi. Solitamente si diverte a manipolare le persone, ciò che maggiormente gli piace fare è acquisire informazioni per il semplice gusto di farlo. Le reputa più preziose del denaro. Ed è per questo che ogni singola persona che incontra cerca di conoscerla. La conoscenza, porta a dialogo ed il dialogo ad informazioni. Questo è esattamente quello che sta facendo. Seduto ora lì, al fianco della Doku. Le ginocchia vengono rannicchiate, avvicinandole l’una all’altra e messe poco lontane dal petto mentre le spalle si butterebbero indietro sorrette dagli arti superiori che si poggerebbero sul terreno acquoso . La testa, così, incastonata sarebbe alzata al cielo. In questo movimento il cappuccio scivolerebbe via. Scendendo al di sotto del collo e scoprendo completamente il suo volto. I capelli castani bagnati solo in quel ciuffo anteriore che fuoriusciva dal copricapo. Gli occhi dello stesso colore ora nettamente visibili. E per ultimi tutti i suoi lineamenti giovanili. Ciò che potrebbe notare la Doku adesso, con maggiore visibilità, sarebbe la carnagione chiara. Chiarissima del Genin. Tipica di un cadavere. Ove ogni vena superficiale è ben visibile, gonfia e scura, essendo piena di quel sangue nero impiantatogli. Questa particolarità sarebbe dovuta al fatto che il Kokketsu è più simile ad un vampiro che ad un essere umano. Proprio per la sua immortalità, probabilmente. < mh ? > Nel mentre noterebbe l’altra che toglie il cappuccio. Ora entrambi sono scoperti . Immediatamente cercherebbe di incrociare il sguardo di lei per avvedersi di quegl’occhi. Li ricercherebbe dopo averli solo intravisti nell’ombra. Pura curiosità artistica e di chi non aveva mai visto un’eterocromia in vita sua. Non direbbe nulla a riguardo, si limiterebbe a fissarli qualora li incrociasse < il caos … > ripete quella parola portando la mandritta ad afferrare gli occhiali nell’asta, poco distante dalle tempio. Togliendoli dalla loro posizione. La sua vista non ne sarebbe danneggiata, d’altronde con la sua trasformazione la sua miopia è scomparsa. L’indossare quell’oggetto è solo frutto dell’abitudine < adoro il caos HIHIHIHIHIHIHIHIHI > scoppia in quella risata senza sopprimerla questa volta. Divertito da quella parole. Lui che è un demone, immortale e che dovrà vivere la sua esistenza in questo mondo monotono. Come potrebbe non amarlo? < beh , questo posto è un tempio per me. Qui .. > si riporta con la schiena dritta scostando anche il braccio sinistro dal terreno ed afferrando sotto la tunica la maglia bianca, asciutta. Qui vi avvicinerebbe gli occhiali iniziando ad asciugare le lenti dalle gocce di pioggia < qui sono rinato .. HIHIHIHIHIHIH > gli occhi si fessurizzano in quella risata. Non sa se l’altra lo prenderà per pazzo, neanche gli interessa, in realtà. [Equip: lo stesso] [Indefinito/Foresta] Il ragazzo continua con quel discorso, scopre il suo stesso vico così da permetterle di studiarne i tratti seppur rimanendo sempre con quell’espressione distaccata, la maschera di un teatrante inesperto, il personaggio secondario di una storia, un modo di rilassare i muscoli del volto che le permette di non lasciar mai passare i suoi pensieri più reconditi, solo le labbra incurvate appena e maliziose lasciano che sia visibile una sorta di inquietudine di fondo che caratterizza il suo corpo, i suoi modi di fare e di muoversi, quei capelli così neri da essere più scuri della notte stessi. Intorno a loro in questo momento solo le ultime gocce che cadono dalle foglie delle mangrovie e poi il silenzio, non c’è alcun animale che canta o accoglie il ritorno della nebbia, non ci sono forme di vita che si fan sentire, solo lo scorrere del tempo scandito da quell’acqua che cade nelle pozze, dall’odore quasi stagnate che pian piano si fa spazio in quella palude eppure non c’è luogo migliore per descrivere un animo come il suo o quell’incontro, così strano da riuscire a creare poesia persino in una palude, in bilico su una radice di mangrovia, da un lato la semplice conoscenza dall’altro qualcosa di più, un gioco che potrebbe sfociare in ben altro mentre si prende tutto il tempo che reputa necessario per comprenderlo. Il ginocchio sinistro viene flesso così da far spazio ulteriormente al ragazzo, l’angolo che si disegna tra coscia e polpaccio è ora inferiore ai 45 gradi mentre lei lo osserva e sorride senza proferire parola, ne ascolta solamente le parole, non rapita ma sicuramente interessata tanto che mentre il kokketsu parla le sue labbra si tendono ulteriormente, quell’espressione sempre più sbagliata e malevola sul suo volto, divertita e piacevolmente allettata da quel che sente. Non può sapere se fidarsi di lui, non sa nemmeno da dove arrivi, non avendo ancora abbassato lo sguardo vero il fianco del ragazzo da quando ha smesso di piovere <ti piace eh?> domanda appena mentre la gamba destra ora lascerebbe il limitare dell’acqua per piegarsi e portarsi verso il legno così da permettere di alzare appena le natiche dalla radice. Non può fidarsi ciecamente ma è come il gatto che stuzzica il topo prima di mangiarlo cercando di capire se lo preferisce come cibo o come passatempo. Mentre va a fa questo il busto viene spostato verso Rio, in avanti e piegato così da poter scavalcare il su stesso ginocchio sinistro, come a gattoni si allunga in sua direzione, senza smettere di fissarlo nei suoi occhi <ti piacerebbe rinascere ancora?> una domanda molto semplice posta con il volto che ora vorrebbe essersi avvicinato al suo, sussurra per evitare di infastidire le orecchie dell’altro visto che se ora non si fosse allontano dovrebbe essere ad un palmo dal suo naso[chk on][arte del veleno liv 3-Tossico] Qualche raggio solare inizia penetrare tra le nuvole e oltrepassando anche la folta vegetazione filtrante della foresta. La mano destra mantiene quella presa sull’asta dell’occhiale lasciandolo vicino allo sterno, poco sotto il mento. Qui la mano sinistra ha precedentemente preso la maglia per tirarla e portarla ad avvolgere le lenti. Le asciuga con poca dedizione e pochissima attenzione. Lo sguardo sarebbe volto alla figura della Doku, infatti. Nel mentre il pollice sinistro continua in quelle movenze circolari. Finito con la prima lenta non gli resterebbe che scostare di poco l’occhiale per eseguire la stessa operazione anche sulla gemella. Le loro voci, ora, sono così udibili, distinte. Vuoi per la vicinanza e vuoi per l’essere cessata quella tempesta. Il Kokketsu è un tipo strambo spesso viene guardato con sguardi storti e giudicato per il suo modo di dare, ma lui semplicemente se ne fotte. Ha il suo modo di essere, il suo modo di fare e non cambierà mai. Per nessuno. Trova divertenti le piccole cose, quelle cose che molti neanche noterebbero. Parliamoci chiaro, però, tutte le rotelle (?) non sono al loro posto. Però perché giudicarlo? Perché credersi migliori di lui. Non lo sopporta. < Sisisisi, mi piace , mi piace .. HIHIHIHI > se la ride iniziando a parlare in maniera veloce e ripetitiva. La mandritta viene riportata vicino alla tempia, così da riposizionare l’occhiale nel posto a lui adibito. Tra orecchie e naso. Nel frattempo l’altra inizia la sua movenza, che mette e non poco a disagio il Genin. Quella vicinanza. Lui che solitamente viene sempre allontanato. < .. Ri – Ri nascere ancora ? … > non crede sia possibile. Anzi. Già ha rischiato una volta di morire per rinascere… Il collo viene retratto insieme al busto allontanandosi e creando nuovo spazio tra loro due. Il braccio destro si allunga indietro posandosi sul terreno paludoso così da non perdere l’equilibrio < metaforicamente sì, mi piacerebbe HIHIHIHIH > chiarisce. Non vuole rinascere di nuovo fisicamente. Dopo tutte quelle pene che ha dovuto sopportare per la sua trasformazione < ma .. ma , perché fai così ? > chiede curioso. Cosa diavolo vuole quella ragazza? [Equip: lo stesso] [Indefinito/Foresta] Lo osserva allontanarsi, ritrarsi, nota la mano portata nella terra paludosa per non cadere, la diverte. Quel semplice movimento la diverte, lei che è pericolosa da toccare e che per questo adora donare il suo veleno, adora mettere subito le cose in chiaro, instillare il dubbio e destabilizzare, aver trovato in lui una reazione simile le piace. La mano sinistra si poggia e diventa il perno su cui regge tutto il peso del corpo fato che la destra ora vorrebbe alzarsi nuovamente, avvicinarsi al volto del ragazzo senza però toccarlo <sto giocando> replica semplicemente lei che ora andrebbe ad aprire il palmo, non lo tocca ancora, lui sarà in grado di percepire la vicinanza della sua pelle calda, potrà sentire la sensazione sulla sua guancia ma lei non o tocca, tende l’indice così da avvicinarlo è una questione di millimetri nulla di più <ti sei mai avvicinato tanto alla morte da poter vedere attraverso?> domanda semplicemente, stazionando in quella posizione, i capelli ricadono davanti alle spalle, per via della gravità scivolano in avanti <vorresti seguirmi e guardare come le tue azioni possono cambiare il mondo?> domanda senza ancora esplicitare quella possibile futura alleanza, tasta il terreno cerca di comprendere buttandola ora solo come un’idea passeggera. Non lo tocca ma quasi minaccia di farlo, i muscoli del suo braccio sono tesi proprio per esercitare sul corpo il massimo controllo, contratti per non correre il rischio di andare a toccarlo e avvelenarlo senza avere una risposta <ti piacerebbe far rinascere questo mondo?> lo incalza con le domande, il tono continua a sussurrare come a volerlo catturare con la voce proprio come all’inizio di quell’incontro. Attende godendo della tensione di quel momento stesso, lei così abituata a togliere la vita sta iniziando ad apprezzarne il momento che precede il veleno, i suoi gesti sono volutamente enigmatici, non si rivela mentre studia cosa producono i suoi movimenti, sa già cosa accadrà se dovesse toccarlo, lo ha visto tante volte ma adesso è altro che sta facendo. Il solo che filtra tra le nuvole e gli alberi le da un’apparenza ancora più macabra e tetra, un corpo di porcellana con due occhi così freddi da sembrare di vetro, magra ma non esageratamente, mostra di avere il pieno possesso e controllo di quel che fa, è sicura di sé stessa. Cammina sulla terra come se la possedesse nella sua interessa, lei un demone nato per maledizione, lei un’assassina istruita presto a quest’arte, lei un fantasma del passato torturato ed ora una nuova identità. Continua a rinascere, lo fa sin dalla prima volta che ha preso coscienza di sé stessa, nasconde le luci lasciando che le ombre si estendano e giorno dopo giorno presta attenzione a diverse questioni ritrovandosi catturata ed interessata dalle cose più disparate, una vita fatta di dolore e disperazione che viene rivalutata in un necessario pagamento per il potere, quel potere che ora è pronta a far calare sul mondo intero, si sono dimenticati di lei ed è pronta a far capire che grande errore è stato[chk on][arte del veleno liv 3-Tossico] Quante volte si è trovato a manipolare le persone. A giocarci, sfruttando la sua apparente stupidità come un vantaggio. Ora, invece, si trova in una situazione diametralmente opposta. La Doku accorcia nuovamente le distanze. Lui retratto indietro con busto e testa. La mano sinistra posata nel liquido della palude e braccio ed avambraccio tesi al massimo da quella muscolatura intrinseca ed estrinseca nel tentativo di sorreggere il peso del suo tronco. Vede la mano di lei avvicinarsi. Quell’indice che si fa sempre più vicino alla guancia. Nota un qualcosa. Nota come la temperatura sulla sua guancia di inizi ad elevare facendogli percepire un calore. La guancia si riscalda tanto quanto l’indice si avvicina < mh ? > mugugna cercando di retrarsi ulteriormente ma perdendo il controllo del suo peso < caz*** .. esclama ritrovandosi scivolato completamente a terra. Cade, semplicemente, oltre quella radice ove era seduto. Facendosi sempre più indietro ha perso l’appoggio. In tal modo inoltre dovrebbe aver ristabilito una distanza di sicurezza dalla Doku, seppur involontariamente < HIHIHIHIHIHIHIHIHIHIHIHIHI > una risata, acuta , riecheggierebbe nella foresta. Divertito, ride a crepapelle della sua stessa caduta. Goffa, molto goffa. < mi sono avvicinato tanto alla morte ? HIHIHIHIHIHIHIHI > quel ridere viene incrementato dalle parole proferite da lei. Le trova così spassose da perdere il controllo < io ho sconfitto la morte. E come puoi sconfiggerla senza vederla ? HAHAHAHA > la bocca si spalanca. Ha perso il controllo, ancora una volta. Lentamente, ruoterebbe sul fianco destro per portarsi in posizione eretta. La mano si poggia e fa forza sul terreno mentre le leve inferiori lo aiutano ad estendersi < cambiare il mondo ? > bofonchia, mentre sbatte le mani contro i vestiti nel tentativo di pulirli < rinascere il mondo ? > chiede in una domanda retorica, facendosi di nuovo avanti, verso quella radice ove era seduto prima. < prima mi parli di voler fare regnare il caos in questo mondo e poi vuoi farlo rinascere? > chiede dubbioso. Non crede di aver bene capito cosa vuole. Non riesce il Kokketsu a collegare i due voleri. Non riesce a capire le intenzioni della Doku. Non riesce a fare quel collegamento che gli farebbe capire il tutto. Non è un ragazzo sveglio, e così lo dimostra. Rimane ancora lì, in piedi, poco dietro la radice anche se sembra intenzionato a volersi risedere ignaro del pericolo di una nuova vicinanza con la ragazza. [Equip: lo stesso] [Indefinito/Foresta] Quei suoi gesti, quella provocazione quel godersi l’istante prima del veleno, il continuare a trascinare la tensione sono abbastanza per lo sconosciuto ed è per questo che le basta avvicinarsi per vederlo ritrarsi fino a cadere. Lei semplicemente non ride, solo lo osserva e lasciandolo nell’eventuale imbarazzo del momento andrebbe a modificare la sua posizione così da non dover più stare a gattoni e non dover sovraccaricare il polso e la mano sinistra insomma; tornerebbe in una posizione consona. Per compiere questi movimenti il braccio destro si abbasserebbe lasciando immutata la mano con il palmo aperta, si sposta così da poter andare a sentire la radice sotto di lei, il tatto che le comunica l’umidità di quel legno, il peso del corpo viene nuovamente spostato e redistribuito tra entrambe le braccia ora, si isserebbe sulle braccia così da poter poi spostare il peso del corpo indietro e finire per tornare ad appoggiare semplicemente il sedere. Fatto questo ovviamente fingendo poca attenzione andrebbe alla gonna, che per sua conformazione rischia di mostrare dettagli decisamente troppo intimo, per questo le mani velocemente andrebbero a sistemarle i lembi di tessuto lasciando le cosce in bella vista ma nulla in più rispetto a prima, entrambe le gambe adesso sfiorano la pozza sotto di lei <questo mondo deve rinascere del caos> specifica dunque in quel momento, solo quelle parole prima di un lungo silenzio. Ha smesso di guardarlo qualche istante in cui prende un profondo respiro <ma se mi seguirai capirai> aggiunge dopo una lunga pausa. A questo punto flette le ginocchia così da portarsi con i piedi sul legno, su di essi si issa sforzando addominali e dorsali per mantenere l’equilibrio ed eccola quindi ergersi in piedi davanti al ragazzo a terre. Solo adesso che è in piedi si volta a fissarlo <come ti chiami?> domanda alla fine andando semplicemente a fare quei passi necessari per raggiungerlo, si muove molto lentamente, i fianchi ondeggiano mentre sperimenta quella nuova cosa che si chiama “essere consapevole del proprio corpo” sta imparando anche lei e quelli è come se fossero i suoi primi passi in una nuova sé stessa. Lenta e controllata avanza e si avvicina come la morte, nel senso che nulla potrebbe fermarla al momento, i capelli liberi ondeggiano sulla sua schiena, il ventre si mostra forse un po’ troppo piatto. Ondeggia e continua quel suo incedere, lo guarda dall’alto in basso, proprio come poco prima aveva osservato quel gruppo di insetti uccisi senza alcuna esitazione per il solo gusto di vederli in preda al caos. [chk on][arte del veleno liv 3-Tossico] Se ne sta lì in piedi. Il piede destro viene alzato e posato sulla radice ove era seduto precedentemente. Il ginocchio, quindi, sporge leggermente avanti < mh > ciò che più colpisce il Kokketsu di quella ragazza non è la sua eterocromia, non i suoi lineamenti e tantomeno i suoi atteggiamenti. Bensì quanto è apatica al dire del Genin. Quest’ultimo ha più volte detto di aver sconfitto la morte, tra l’altro senza mentire. Ma lei nulla, non replica. Fa domande e continua a farle andando avanti per la sua strada. Testarda, forse. Non la conosce, ma senza dubbio c’è qualcosa in lei che lo attrae. Non fisicamente, ma a livello caratteriale. Nel suo modo di fare e soprattutto, di parlare. Spalanca gli occhi all’udire le sue parole. Collega finalmente il caos alla rinascita del mondo. Ora tutto, o forse niente, sarebbe chiaro al Kokketsu < questo mondo è fin troppo noioso … > dice < il caos è divertente HIHIHIHIHIHIH > se la ride. D’altronde a lui interessa solo quello. Il DIVERTIMENTO. Non ha vendette aperte, non ha compiti malvagi da eseguire. Ma certamente ora come ora, si annoia < seguirti ? > la mandritta si porta sotto il mento a delineare il suo pensare < mmmm > seguirla ? e dove? E poi chi è lei ? Così tante domande dovrebbe porre, ma il Genin non è tipo. Per niente. Il giorno della sua trasformazione l’ha ottenuta proferendo solamente una parola. Quella necessaria. Tutto il resto è superfluo < io potrei seguirti, sai ? HIHIHIHIH > ride divertito dal fatto che solo un folle risponderebbe in quel modo < basta che ci sia la giusta quantità di CAOS e soprattutto di DIVERTIMENTO , HIHIHIHI > è un pazzo. Ormai deve essere chiaro alla Doku chi si trova di fronte < mh ? > il pollice si alza e porta in direzione del suo petto incicandolo < io sono Rio, Akari .. > sogghigna < Kokketsu .. e tu ? > aggiunge per ultimo per nuovo cognome . Spesso lo tralascia, ancora non ci si abitua. La osserva, poi, avvicinarsi in quelle movenze . Gli occhi sono ben attenti, la fissa cercando imperterrito quegl’occhi che così tanto lo attraggono, silente la fissa. Manipolato, lui che si crede un manipolatore. [Equip: lo stesso] [Indefinito/Foresta] Lei è la morte ed è forse arrogandosi questo titolo che non reagisce alle sue parole o forse è ancora perché se non fosse stato per i goryo ora lei sarebbe effettivamente nell’aldilà, forse ancora è quel piccolo fatto di aver dato la propria anima alle farfalle dell’Ade, insomma diciamo che ciò che cela nel silenzio è molto, va al punto e chiede solo ciò che al momento le interessa ed apprezza che a quanto pare anche l’altro agisca nella stessa maniera <Rio> annuisce come a voler far capire che proverà a tenerlo a mente <allora stai pronto, verrò da te quando sarà il momento di divertirci> utilizza le sue stesse parole, con agilità ora vorrebbe solo flettere le gambe così da poter poi fare un balzo verso destra e passare ad un’altra radice, non ha alcuna intenzione di sporcare la sua gonna all’interno della palude e del fango, figurarsi. Per questo continua a cercare posti rialzarti e non proprio asciutti ma sicuramente con meno melma <chiamami Medusa per ora> difenderà il clan sì ma non al punto da privarsi della sua stessa identità, il mondo dovrà sapere chi è e cosa sta facendo, dovranno riflettere su ciò che è successo. Il mondo intero dovrà tronare a ricordarsi di Medusa e di ciò che la hanno fatto , tremando ancora di più per via dei sensi di colpa e della consapevolezza che lei non si fermerà mai. Con queste parole si limiterebbe a muoversi agilmente tra le radici così da andarsene, la notizia di aver incontrato un Kokketsu le fa salire un misto tra curiosità e sensi di colpa, forse non è carino andare a cercare alleati proprio tra coloro che sono più vicini a Yukio ma d’altro canto è proprio questo dettaglio a rendere intrigante la cosa, se avrà Rio dalla sua, un conclannato, lui non potrà mai voltare lo sguardo, sarà costretto a riconoscerla e ad ammettere. La domanda da porsi è solo se si limiterà a guardarla o cercherà di fermarla perché in quel caso potrebbe non finire molto bene per lei. O meglio per chiunque dato che poi la gestite voi una maledetta farfallina dell’Ade Kimi? Sarebbe persino peggio di ora considerando che avrebbe l’effettivo accesso ad entrambi i mondi [end] Lui, l’immortale, il demone si ritrova ad aver a che fare ancora una volta con la morte ma soprattutto con il cambiamento. La monotonia è tutto ciò che odia il Kokketsu. Dopo aver sconfitto la Morte stessa non gli resta che provare ad avare nuovi stimoli, nuove sfide, nuovi modi per divertirsi. Poi, parliamoci chiaro, quel potere acquisito dovrà pur sfoggiarlo in qualcosa. La proposto della Doku è intrigante. Seguirla, non si sa verso dove, si sa soltanto a quale scopo. E questo già gli basta. < sai dove trovarmi !!! > replica allargando le braccia come a voler indicare il luogo presidiato fino ad ora. D’altronde glielo ha detto che quello è il suo tempio. Il posto ove ogni giorni si reca. Sarà facile per lei trovarlo, qualora lo cercasse. < Ok .. Medusa .. HIHIHIHIH > se la ride ripetendo quel nome. Certo che non lo scorderà poi così facilmente. Non sa bene cosa dovrà fare, ma sa per certo che ci sarà da divertersi al fianco di quella ragazza. Silenziosa, ma decisamente folle. Probabilmente dietro quel silenzio c’è più follia di quella che traspare dai discorsi del Kokketsu. La osserva, muoversi per poi andarsene. Il genin non attenderebbe oltre, scostando quel piede destro precedentemente posto sulla radice si volterebbe lasciandosi cadere proprio nella stessa postazione di prima. Si siede lì, tornando ad immergersi nella natura seppur con una musicalità completamente diversa. Molto più silenziosa, molto più pacata. La mente vaga, seppur rimarrebbe fissa sui suoi occhi. Il dettaglio che maggiormente lo ha colpito di quella ragazza. Mille pensieri, ma tutti riguardanti quell’incontro. [Equip: lo stesso] [End]