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Angeli Decaduti.

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con Koichi, Itsuki

16:24 Itsuki:
  [Tendopoli > Porto] Una giornata come tante, oramai come tutte quelle che sii intercorrono senza che possa agrapparsi a quel disperato bisogno di dispensare il male, in ogni sua possibile forma, lì in quel Villaggio annebbiato e perennemente umido, nel quale per fortuna oggi pare stagliarsi un mesto sole che fa capolino tra la coltre vaporosa cche attanaglia tutta Kiri in maniera persistente. Corrotto nell'animo, corrotto e sempre più vicino, una virgola dopo l'altra, a quell'altra entità dentro di lui che oramai scalpita per venire allo scoperto, quel lui che allo stesso modo vive per il Caos, seppur si discosta non poco dalla personalità comunque più posata di Itsuki, che si ritroverebbe al limitare del porto, incaricato di svolgere una di quelle solite ronde che accetta senza troppi problemi, potendosi concedere un passeggiare solitario, privato, qualcosa che però oggi verrebbe sperimentato in prima persona da Eiji stesso, il quale attende con impazienza il fare dell'altro, che soffermatosi appunto sulla banchina, si concentrerebbe quanto basta per veicolare il Chakra verso la fenditura al centro del cervello, stimolandone i recettori e permeandoli con l'azurea energia, chiudendo gli occhi in quell'imminente cambiamento, ritrovando quella sensazione particolare nello scambiarsi di posto, nel mettere l'altro al timone, con i capelli -slegati e non posti in un'ordinata coda- che dal color dell'ebano andrebbero tingendosi di un candore che parte dall'attaccatura andando in fretta ad irradiare tutta la chioma, rendendola del color della neve, mentre gli occhi di lì a poco si schiuderebbero, sbocciando del nuovo colore violaceo che sancisce il suo differire nella personalità, l'avvenimento corretto di quello scambio, oramai sempre più pratico <{ Prego. }> direbbe ora Itsuki che si trova all'interno, tramite il loro legame mentale, ottenendo in tutta risposta un ridacchiare da parte di Eiji che porterebbe le mani guantate di nero verso l'attaccatura stessa dei capelli, ai lati del viso, portando indietro quelli lunghi mentre le dita si infilano tra le ciocche innevate, sollevando il capo, socchiudendo gli occhi in quell'ispirare al sapore di salsedine < Aaah, è sempre meraviglioso venire fuori. > ad alta voce, con quel rasseneramento, carismatico ed elegante in ogni suo fare teatrale, riportando le mani poi in tasca ai pantaloni neri, corredo di quel completo tra i tanti tutti uguali che indossa quotidianamente. Nessuna arma particolare, nessun equipaggiamento ne oggetti specifici, visto che gli basta a lui stesso essere l'arma, considerando il fatto che quel Porto non l'ha ancora scoperto personalmente, poco spinto dal voler conoscere ed esplorare un Villaggio del quale poco gli interessa, così come di tutto quello che ne concerne, l'allleanza ed annessi. Quindi riprenderebbe con il prprio incedere dirigendosi più avanti, verso il limitare dellla banchina, con un muoversi mai troppo rapido ne troppo lento, cadenzato e nobile nel proprio sfilare lungo quella passerella, come se ogni angolo di quel mondo fosse stato fatto su misura per lui, dedicatogli sin dall'alba dei tempi, dirigendosi ad osservare la scogliera contro il quale si infrangono le onde, ripetutamente, permanendo in un silenzio personale senza scorgere nessuno di paritcolare nei dintorni, prendendosi quella che sarà una lauta pausa dal proprio dovere di ronda. { Ck on - Innata Goryo - ck -1 pv -1 }

16:36 Koichi:
  [Pressi Banchina] Un firmamento sereno e sprovvisto di quelle danzanti nubi, permettendo ad un sole appena cocente di inoltrare i propri raggi dorati come una carezza, pronta ad investire chiunque, in quel territorio, disperdendosi in un accogliente abbraccio in ogni zona, sia quella più vicina che quella più distante dal plesso cittadino. Un tepore che accompagna e rasserena, invita dolcemente ad uscire, a poter passeggiare e beneficiare di quella temperatura sì fresca, ma non ghiacciante, da far rabbrividire. Un susseguirsi di passi leggeri, orme che si dipingono in un tracciato che gradualmente tende a distanziarsi dal dominio umano, dal suo tocco e dal suo verbo, per potersi inoltrare in zolle disperse, in terreni difficili da attraversare, con l'unico intento di evadere, di poter rientrare in una bolla di totale silenzio. Una zona che potesse risultare neutrale, abbastanza da farlo sentire a proprio agio, come se invidiasse, metro dopo metro, quella linea oltre la quale potrà disperdere quel respiro, appena trattenuto. Ghiotto di quella strana sensazione di benessere, al punto tale da spingere maggiormente sulle proprie capacità motorie, su quegli arti inferiori che s'accavallano ripidamente, lasciando che le braccia si muovano, quanto basta, per accompagnare l'intero moto. E' una questione effimera, minima, per lasciare che il processo avvenga: un tempo decisamente ristretto che potrebbe equivalere a quello di un paio di batter di ciglia, con quelle palpebre che si socchiudono e si riaprono un paio di volte, per testare nuovamente la propria preparazione. Stuzzica appena quelle due fonti, di natura opposta, affinché i ruscelli possano prendere vita: da una parte l'energia fisica, dettata dai muscoli che si contraggono e si rilassano; dall'altra parte quella psichica, alimentata dai ricordi e dalle esperienze, da qualcosa di decisamente più immateriale ma non per questo inconsistente. Flussi che scivolano dalla montagna fino alla valle, su quella bocca dello stomaco. Il plesso solare. Qui due cascate si concentrano in un unico recipiente, in un profondo bacino acquatico, permettendo alle due sfere di sfiorarsi, per poi collidere. Correnti che si amalgamano, come chimica si riuniscono in un solo elemento, ove particelle ne incontrano di simili, di natura attratte abbastanza da dar vita ad una fusione. Grezza nella sua qualità, in quanto non predisposta ad atti lenitivi, ma per permettere un risveglio di quelle attitudini, puramente fisiche. Un composto che si crea e sgorga all'esterno del proprio confine, superando il letto in cui si adagia, per circolare in ogni minima particella del proprio organismo. Come acqua santa che sul deserto si distende, si infiltra in una serie di diramazioni. Radici di una vitalità che sembra esser recuperata, inondato da quella linfa intrisa d'energia, che viene applicata nell'immediato, durante la propria proiezioni. <Uh.> Il torace che si sgonfia appena da quella quantità di ossigeno, espressa all'esterno mediante una debole apertura delle labbra, un foro minuscolo, per lasciare evidenziare il proprio tasso di vitalità, come un bambino che torna nuovamente a vivere, distendendo nuovamente quelle pupille. Ambra tonalità delle iridi che s'avvinghiano sugli elementi circostanti, su ogni edificio e su ogni conformazione naturale, prestando totalmente attenzione: ballano, danzano rapidamente in quella sclera candida, come se fosse geloso di ogni minimo elemento, pronto ad assorbire come una spugna tutto quel liquido, tutte quelle informazioni, in modo tale da esprimere col minimo sforzo, rasentando un basso consumo di energie, il miglior movimento, destreggiando l'intero corpo affinché sia fluido, nonostante la velocità intrapresa. Cura ogni minimo dettaglio, sfruttando invero le proprie applicazioni del chakra in modo tale da poter aderire, sotto necessità, ad alcune pareti verticali, ad oggetti utili per rimbalzare correttamente, accompagnando totalmente l'intercedere, almeno fin quando non avrà raggiunto un luogo piuttosto ambito dalla propria essenza, una molecola distante dal nucleo centrale, dove poter rallentare il passo, fino ad un totale arresto, tra quegli scogli, tra quei massi incredibilmente grandi, che sembrano sposare lungo il loro confine il diretto oceano. Non propriamente alla balia di quelle onde, di quegli schizzi, ma nei suoi stretti pressi, per potersi permettere il lusso di guadagnare di quella vista, mentre prenderebbe nuovamente rapporto con il proprio torace, che si ingrandisce e si sgonfia, dopo lo sforzo appena compiuto e terminato. Non sente il freddo, totalmente avvolto da quel pantalone color pece che fascia le gambe, senza impedirgli movimenti ampi e larghi, terminanti con alcuni bendaggi perlacei sulle caviglie. Superiormente una maglia dalle tonalità di un grigio chiaro, che non si incastra aderente con la propria corporatura, in quanto non atta ad una grossa muscolatura, ma piuttosto esile, decisamente sotto sviluppato sotto quel concetto, sotto quel punto di vista di forza. Minore anche ad un semplice essere umano, ma non per questo avverte decisamente un complesso di inferiorità. Assolutamente no. <Uh?> Ripiega appena il cranio verso sinistra, verso la banchina praticamente accanto, ad una debole distanza dalla propria posizione, quando dovrebbe riuscire ad avvertire un cambiamento così drastico di una figura maschile, potendo percepire quel cambiamento radicale senza l'ausilio di alcuni sigilli. Lo fisserebbe, per qualche secondo, prima che sia la curiosità a spingerlo praticamente, non tanto sospinto dalla necessità di custodire quel villaggio da potenziali ed eventuali minacce, ma avvertendo una scia differente, come un profumo che stuzzica appena le proprie narici, una calamita che attrae e non disperde. Dunque ripiega, avanzando ulteriormente, ripristinando le proprie gambe in quella sequenza, ad ampie falcate, fin quando non potrà rivelare con maggior efficienza la figura opposta, presentandosi ad una distanza di [7 metri circa], ponendosi praticamente a quello che potrebbe sembrare le [spalle altrui], ad [ore 12] rispetto alla propria posizione. <Tu...> Scivola da quelle labbra, mentre sta cercando di aguzzare lo sguardo, di mantenere stabile il contatto, tentando di reclamare nuovo spazio nelle corde vocali, farle vibrare: <Chi.... sei?> Domanda che giungerebbe spontanea, oltremodo, dati i controlli in corso, ma invero si carica di un altro peso, come se improvvisamente solcasse una gravità differente nella propria gola, affaticato abbastanza da cercare di comprendere, metabolizzare, come sia tutto possibile. Rimane concentrato, con quelle braccia che oramai si riappropriano del proprio spazio sui corrispettivi fianchi, mentre il corpo del Chuunin è comunque adornato dal proprio equipaggiamento, minimo e potenzialmente spartano, ma sufficiente a rendergli un adeguato supporto, in caso di necessità. Ma tra quegli accessori, forse si evidenzia la placca metallica, lungo il proprio collo, su cui l'effige di Kusa viene a rispecchiarsi, facile identità che lo accomuna ad una pedina dell'immensa scacchiera militare di quel villaggio, seppur non d'origine. Si mantiene pronto, ad ogni evenienza, come se vi fosse improvvisamente una strana tensione nell'area circostante, un interesse palpabile, soprattutto dopo esser divenuto spettatore ed infine vittima di quel cambiamento decisamente drastico dell'estetica opposta. L'Alfiere si muove, ma rimane attento.[Chakra On][Equip.Scheda]

16:57 Itsuki:
  [Porto] Inspira ed espira, l'odore umido e salmasto che gli pervade i sensi, impossibilitato dallo sfuggire da quell'umidità perenne alla quale, forse, in minima parte, si starebbe vagamente abituando, o meglio, starebbe riuscendo ad accantonare sempre più più quel fastidio, per quanto la cosa risulti particolarmente difficile tutt'ora, tanto che la dritta andrebbe uscendo dalla tasca, andando ad afferrare una delle candide ciocche per sfregarla livemente con tre dita su cinque della mano, sfibrandola quanto basta per osservare il crine appesantito, concedendosi un'espressione di sufficienza e di sdegno allo stesso tempo, sospirando per il fatto del venire sempre costantemente ritrovato da quel fenomeno atmosferico ineluttabile, riportando poi la dritta in tasca, lasciando che le violacee si concentrino sulla vista tuttavia rilassante del mare in continuo movimento, della distesa salata che con un fare spumoso accarezza gli scogli, con un moto continuo ed incessante, una marea placida che fà da degno sottofondo alla situazione, concedendogli la possibilità di godere appiena del silenzio e della sfera personale della quale ci si potrebbe fregiare soltanto il luoghi simili, tanto distaccati dalla società. Una rapida occhiata anche alla struttura del faro stesso, andando a percorrere con noia il cemento che lo compone, che sorregge quel torrione illuminante tanto prezioso per le imbarcazioni ma comunque di poco conto per lui, un'osservare per prassi giusto per concedersi il ritaglio di un'immagine diversa dal solito, mentre il taglio degli occhi è affilato, piatto, seppur velato di un'espressione di sottofondo che ha un chè di malizioso, di irrriverente, sempre e comunque quando si tratta dell'altro che reggere le redini di quel corpo. E' quel pronome che di lì a poco andrebbe a destarlo, andando a volgere di un quarto il corpo verso l'origine di quella voce pacata, di quel tono non troppo distante ma allo stesso tempo lontano quanto basta per non giungere con quella placida irruenza lì in quel suo estranearsi privato, in quel suo riflettere su tutto e niente, permanendo con le mani in tasca, mentre i bianchi interminabili lo seguono, danzando in quel movimento minimo, riappoggiandosi sulle spalle e tornando in quella statica posizione, mossi solo ogni tanto dalla brezza marina che per forza di cose aleggia nel luogo < Mh? > una breve pausa, un mugolio appena apppena curioso in quel concedersi a sua volta di inclinare di quel paio di gradi la testa, cercando con lo sguardo avido di inquadrare la figura di lui, riscavando nella propria memoria ed in quella di Itsuki stesso, che da dentro andrebbe semplicemente ad attestre un cenno di diniego riguardo al conoscerlo o meno, risultando quindi un'estraneo per entrambi, un'estraneo che però, chiaramente roa come ora a propria insaputa, condivide il suo stesso sangue, per quanto per lui sia stato un dono, mentre l'altro probabilmente ci è nato, tecnicismi da lasciare al caso, per ora, visto che nessuno possa sapere più di quanto traspare, appurando il fatto che probabilmente lo avrebbe visto in quel mutare, in quel cambiare aspetto in maniera così drastica < Vuoi sapere chi sono io, o quello che c'era prima? > direbbe lui lasciando che un velato sorriso amaro e tinto di un fare lievemente diabolico, innato dentro di lui, vada dipingendosi sul volto dai lineamenti infinitamente androgini, permanendo in quell'ammettere che sono due, sempre che lui voglia e possa intendere, non potendo sapere di avere un Goryo davanti, a sua volta, senza gettarsi sin da subito nel decantare il proprio essere, in quel voler riportare a galla la storia, permanendo nel mezzo di quel voler rimaner misteriosamente celato e nelll'impulso egocentrico di rivelarsi sin da subito, lasciando che sia la situazione, a decretare il dipendere di quel suo modo di fare, volubile e malleabile, in base alla situazione o alla persona che ha davanti. {Goryo On}

17:55 Koichi:
  [Porto.] Un lento formicolio che prende forma e vita dalla zona lombare della schiena, in quel minuscolo lasso di tempo, lasciando che quel brivido possa percuotere l'estensione della colonna vertebrale, fino a disperdersi infine sulle spalle. Queste scrollano debolmente, sotto quell'impulso, in un minimo ma percettibile movimento, come se facesse ricadere quel peso, quella sensazione nelle proprie braccia, superando sia i gomiti che i polsi. Le dita arpeggiano nell'aria un paio di volte, a voler sentire la frescura di quel movimento, prima di serrare ambedue le mani in due pugni, non decisivi e serrati, ma sufficienti a far capire che la vitalità dell'Otiano abbia sfiorato anche quelle ultime sezioni, quelle lunghe estremità delle dita. La prima particolarità sotto cui andrà a porre la propria attenzione, visiva più che uditiva, è quel complesso di fili argentati che discendono dalla nuca opposta, in quella tenda che l'altro riesce a superare, scavalcare, come ostacolo, torcendo appena il busto in sua direzione, arrestando eventualmente lo spostamento. Cadrà invero sul viso, su quei lineamenti, tra cui la perla che si annida all'interno del bulbo oculare dell'avversa presenza. Quel violaceo che funziona come una trasmissione diretta, come se un ricordo si avviluppasse, un senso di nostalgia s'annidasse nella propria mente. Il cancello della propria mente avverte dunque una vibrazione, possente, come se qualcuno avesse tentato di spalancarlo, senza successo, mediante un calcio. Un prigioniero del subconscio maschile, una bestia feroce che ruggirebbe contro quelle sbarre invisibili. Un sigillo che detiene quell'ombra così immensa, dentro sé, quasi cosciente dell'ira che potrebbe scatenare da un momento all'altro, se il susseguirsi di eventi non risulta congeniale per l'altra identità. Una mina vagante, che viene cerchiata, limitata nel poter compiere quanti più danni possibili. <Mh.> Labbra che si riuniscono, si approcciano l'una contro l'altra, in un mugugno sommesso, represso, quando avverte quella domanda, che risulta determinante, una risposta che può essere fraintesa od interpretata in malo modo, ma sembra essere la chiave, quella giusta e corretta, la stessa che viene incastrata in quell'ingranaggio e voltata. Un clack, semplice, che permette alla porta interna di essere aperta, debolmente schiusa. <Chi siete....> Enuncia, quando una stilla del proprio chakra andrà ad esser rigettato, con pura violenza, all'interno del proprio cervello, risalendo fino a tracciare un percorso quasi sopito, dimenticato, che funge da ponte di collegamento per i due emisferi. Una cavità che viene coperta, sporcata con il proprio chakra, permettendo che i tratti azzurri del proprio crine e quelle palpebre vengono mutate. Muscoli che si contraggono appena, quasi come se non fosse più propriamente abituato a quella metamorfosi, permettendo al proprio codice genetico di esser rilasciato, sviluppato, in quell'evoluzione unica. Anche la propria chioma perde di consistenza, sia nella forma che nelle tonalità, avvicinandosi a quel candore semplice, mentre le iridi si materializzano in un'altra sfumatura: violacee e sottili specchi di un vetro decisamente più complesso ed arcaico. La voce si modella, intimando un sorrisetto decisamente più divertito, liberatorio, avvezzo a mostrare quella dentatura candida come la neve. <...voi due?> Una sincronia sulla frase che era in procinto di essere compiuta, mentre le braccia si distendono in due lati differenti, opposti, come se volessi stiracchiarsi appena e riprendere controllo di quel corpo, che andrebbe a saggiare in ogni sua articolazione. Capo che oscilla, spalle che ondeggiano, con i fianchi che seguono le varie torsioni del busto. <Quanto dannato tempo...> Borbotterebbe appena, recuperata totalmente il controllo totale su quel contenitore di entrambi, lasciando che la tensione dapprima percepita, assaggiata, si trasformi in altro, in una rapidità incredibile. C'è del divertimento in tutto ciò, come se qualcosa di meraviglioso fosse dinanzi ai propri occhi. Giocoso, come se avesse dinanzi un biglietto per il parco giochi della morte. Subdolo e con quei tratti malvagi, che pervade interamente l'ambiente. <Mi sembra che ci sia qualcosa di interessante qui, no?> Più tagliente dell'altro, seppur s'armi di maggiori parole e di una dinamicità che l'altro sembrava temporaneamente sprovvisto. Trova una composizione maggiore in quell'ambiente, osservandosi attorno, fugacemente, nell'atto di controllare se vi siano altre figure che potessero aver visto quello spettacolo, quella trasformazione. Poi rigetta nuovamente lo sguardo, intenso e bollente, su quello altrui, con una vivacità a priori: mancherebbe poco che iniziasse a saltellare, ma dopotutto è stata solo un'entità fin troppo tenuta prigioniera, se non fosse per quell'illusione in cui il duo era sommerso, fino a qualche tempo addietro. Silenzioso, mentre non sembra ancora smettere nei suoi semplici e rapidi movimenti, rimanendo pur sempre sul posto. Eccentrico, forse, ma decisamente interessato, come la controparte, sul duo opposto, su quello dinanzi. [Attivazione Innata Goryo II Stadio. | -2 Chakra.][Chakra On][Equip.Scheda]

18:39 Itsuki:
  [Porto] Insolito, quello che di li a poco diventerebbe una sorta di ritrovarsi con qualcuno di sconosciuto, mai visto prima, ma con il quale a quanto pare sembra che, volente o nolente, avrebbe intrecciato il filo rosso del proprio destino, in un modo o nell'altro, dato il legame di sangue che li unisce. Certo, è una questione più remota e distaccata quella di loro due, quelli dentro il corpo di Itsuki, ma ognuno ha i propri trascorsi e i propri doveri ai quali adempire, dunque, non è il caso di dinoccolarsi e di perdersi nelle minuzie che possano differirli, volendo piuttosto concentrarsi sulla prima parte del suo domandare, dopo quel breve suono a labbra serrate di lui, ritrovandosi dapprima ad inclinare un sopracciglio, perplesso quanto basta per far si che una lieve ruga espressiva gli corrughi la fronti, andando a trasformare quell'espressione di lì a poco in un pizzico di sorpresa e vaga ammirazione, sgranando quanto basta gli occhi e schiudendo le labbra in quello che sarebbe un sommesso e comprensivo < Oh.. > rivelatosi nei confronti di quello che casualmente sarebbe propro un Goryo a sua volta, un consanguineo del quale non avrebbe mai avuto traccia, qualcuno che non avrebbe mai conosciuto prima, sempre rimanendo lui da solo con se stesso e l'altro, Itsuki ed Eiji, Eiji ed Itsuki, sin dal princpio. Ah, tralasciando chiaramente la figura importante della Hanabutsuji per lui, ma quello è un racconto che non appartiene a questi momenti, quello è un qualcosa di impreciso ed allo stesso tempo ben definito, un'affresco distopico confuso e ricco di talmente tanti colori da risultar meravigliosamente disordinato. Si volta del tutto, andando a ruotar sul piede sinistro sollevando quantoo basta il destro in quel volger ora le spalle alla roboante distesta bluastra ed gli stessi scogli, osservando quel cambiamento di connotati, i colori che mutano e si fanno più scarichi, mentre gli occhi andrebbero a tingersi di un colore quanto più simile al suo, toanlità diverse di un viola che comunque di fondo è lo stesso colore, rispecchiandosi in quelle iridi, lasciando che un'espressione di gusto e sorpresa allo stesso tempo accompagni quel sorridere che nulla ha di positivo, accogliendo dunque quella domanda per rispondere portando la mancina fuori dalla tasca, i polpastrelli avvolti nel nero tessuto a puntarsi sul petto, tutti e cinque, un proclamarsi reale e che come sempre ha un che di altezzoso < Eiji ed Itsuki, Goryo Kagurakaza. > direbbe semplicemente, assottigliando lo sguardo in quel fiero presentarsi, quell'appellare entrambi con i loro cognomi, l'uno diretta derivazione dell'innata, l'altro invece un decantare ed un proclamare di una casata della lontana Oto, una nobiliarità di quelle più importanti tra le famiglie del Suono, il cognome di quello stesso Principe folle che tanto ha voluto portare il male, finendo per rimaner oppresso dal suo stesso tentativo, rifugiandosi in quell'ancora che lo tiene saldo al mondo quale Itsuki, ora al corrente delle verità svelate dallo stesso fu Jinchuuriki, ritrovandosi poi costretto a dire < Mi sento in dovere di interrogarvi pure su chi siate voi due.. > ed una breve pausa, mentre Itsuki stesso da dentro osserva con un che di curioso, stuzzicato nell'animo ma senza dir nulla di particolare, non essendosi mai effetivamente preparato ad un'eventuale incontro con un conclannato, un qualcosa che lo affascina e lo fa realizzare di non essere solo in quel condividere del proprio corpo, in quell'aver qualcun'altro all'interno, sempre presente, qualcuno su cui ora può contare più di prima, e viceversa < Una conversazione a quattro quando si è soltanto in due, se no nè interessante questo.. > direbbe lui lasciando che un lieve sogghignare vada a riempire l'aria, portando la mancina ora a scostarsi dal petto, vedendo di porla al fianco del viso, con le dita che andrebbero a rimettere al proprio posto ciocche desaturate dietro al proprio orecchiio, smosse dal vento all'odor di salsedine che, in quel posto privo di particolari strutture, risulta più libero ed irruento, andando a smuovere quel manto del color della neve come se fosse un vero e proprio lungo drappo, propendendo tutto da un lato, avvolgendo al figura di loro due in quel danzargli alle spalle, mentre il ragazzo permane silente, e lui allo stesso modo attenderebbe una risposta, curioso di apprendere di più su qualcuno di tanto distante ma allo stesso tempo così vicino, percependo quel deliziato borrbottare da parte di lui, quel lui chhe a quanto pare non ha avuto molto occasioni, almeno nel recente, per prendere il sopravvento con il consenso altrui, ritrovandosi quindi in grado di percepire tutto in prima persona, evitando di godere soltanto dei surrogati dell'animo del vero proprietario di quel corpo, potendo tastare tutto con il proprio essere, in prima linea. { Goryo On }

19:25 Koichi:
 E' un movimento incantato dopotutto, come se potesse provare la possibilità di porsi dinanzi ad uno specchio, ad un semplice frammento, in cui la propria identità si catapulta all'esterno, dinanzi a sé, notando quelle tonalità così simili alle proprie, oltre alla condivisione di un sangue malato, maledetto. Quel sangue che ha ricevuto per semplice dono o grazia, peso di un patto decisamente più profondo: ha dovuto firmare un contratto con un diavolo dalle cremisi iridi, per potersi permettere la possibilità di riprendere quella matita. La stessa che quest'oggi ha disegnato un percorso, un sentiero, lo stesso che ha permesso di intravedere un filo, nuovo, in quel groviglio. Aveva quasi abbandonato quell'idea, quel senso di appartenenza che da tanto tempo era scomparso, sopratutto dopo la scomparsa della propria luna, potenziale ed eventuale consorte, distrutta dal sogno di un folle omicida. Adirato, ha vagabondato per ulteriore tempo, prima di cedere la propria essenza in una prigione incantevole. Un profumo che l'ha destabilizzato, che l'ha intrattenuto altrove, fino a poco tempo addietro, poco più di una settimana, in cui si è risvegliato. Catapultato in una verità differente, distorta, come se il proprio corpo si fosse immobilizzato nel tempo, traslato in un'epoca non propria, totalmente nuova. Tutto ciò che c'era era divenuto grigio, una tonalità che non sembrava aspirare a nessun altro piacere. Per inerzia procedeva avanti, passo dopo passo, fin quando non ha incontrato chi ha dinanzi, che ha ravvivato quella curiosità, facendo esplodere una personalità incredibile repressa, sigillata. <Io sono Chikage.> Chiaro e diretto, totalmente illuminato dalla presentazione opposta, come se qualcosa avesse destato un debole curiosità, nell'avvertire un nome, una dinastia che avrebbe solleticato la conoscenza dell'altro. Dopotutto è nato, sorto da quella Oto, dunque quel nome riscuote un successo, un'attenzione che converge e si lascia notare dall'albino, che improvvisamente si rende immune al fonema, come se fosse troppo intento ad ascoltare le parole all'interno di sé. <E lui è Koichi.> Le mani che dunque scivolano verso una delle tasche presenti posteriormente, lungo la vita, in cui sembra estrarre un corpo nuovo, un oggetto dalla forma allungata: per chi lo potesse riconoscere, è un Kiseru. Detenuto con la mancina, si impegnerebbe nell'inserire una quantità minima, ma discreta, di tabacco, prelevato direttamente da uno dei migliori fornitori di Kusa, e si appresterebbe ad accendere mediante un fiammifero, minuscolo che verrà poi distorto nel nulla, cestinato abilmente. Intanto inspira, lasciando che il torace si gonfia, il petto si lascia evidenziare maggiormente, per permettere di assumere le prime quantità ed avvertire il suo sapore deciso e, dopo qualche secondo, esprimere all'esterno, in una coltre di fumo biancastra, pronta a dissolversi verso l'altro, opacizzandosi poco dopo. <Ah che goduria.> Da quanto tempo dopotutto non provava quell'ebbrezza? Quel senso di libertà, quel vento che ne accarezza le goti e ne smuove il crine bianco, con qualche ciocca che ricade anche dinanzi alla fronte, a coprirla amabilmente, accerchiando i lineamenti facciali. <Dovevamo aspettare un incontro simile, per poter uscire, eh?> Quasi come se non fosse totalmente soddisfatto di quel particolare, ma avanzando un tono decisamente graffiante, seppur totalmente ironico verso la propria controparte, all'interno di sé, siglato da quelle catene che lo imprigionano e da quella benda che copre parzialmente lo sguardo dell'altro. Imprigionato, come se fosse lo scotto da pagare, per chi ha tenuto così tanto tempo rinchiuso la stessa bestia. <Sicuramente non incontravo qualcun altro da un'infinità di tempo.> Ammetterebbe, armato di una sicurezza puramente disarmante, mentre si impregnerebbe di una nuova boccata, di quel tabacco che trascende l'organismo e viene riemerso all'esterno dopo qualche lungo secondo, quanto necessario per poterne sentire l'intensità all'interno di sé. <Ma dopotutto è anche vero che sono stato distante qualche anno.> Non se ne cura di esporre quei dettagli, quegli elementi, come una sorta di scuse, apparenti tali, per svincolare il fatto che non si siano incontrati fino in quel momento, come se la cosa potesse essere di secondo conto, ma abbastanza per esser fornita. Dunque proverebbe a compiere qualche passo, decisamente meno rigidi del suo predecessore, per poter ridurre le distanze, se gli fosse consentito a [3 metri], prima di bloccarsi di fronte, nello studiare l'avverso, nel contemplarlo con maggiore attenzione. <Sembri uno dannatamente pericoloso quanto divertente, sai?> Non ha peli sulla lingua lui, decisamente carico; dopotutto ha dormito per numeroso tempo ed ora è tempo di poter gestire qualche risorsa in più, soprattutto se dinanzi potrebbe avere un potenziale alleato. <Cosa fate qui, uccidete ragazzi, distruzione di interi villaggi oppure puntate anche voi alla salute di tutti ed alla pace eterna?> Chiaro, coinciso, probabilmente non ha seguito nessun libro o corso sullo studio, preferendo esser piuttosto esplicito, permettendosi di sfogarsi poi in una ricca e fragorosa risata, non per deridere, ma spinto dall'eccitazione: non solo è uscito, ma si trova un consanguineo dinanzi. Cosa potrebbe volere di più? <Ho la testa piena di Genin freschi di promozione che credono di aver avuto il potere necessario di piegare il mondo.> Ritorna improvvisamente più serio, su quelle parole, come se fossero note da manovrare con cura, pigiare con estrema attenzione. Socchiude, non totalmente, le palpebre, per poter inspirare ancora e promuovere altre minuscoli nubi. <Capitemi, mi sto annoiando.> Un pensiero decisamente motivato anche dal medico, il quale lascia presupporre una correzione. Doverosa. <Ci.> Sottolinea, seppur abbiano modi differenti di intravedere quella realtà, seppur alla fine il culmine sia sempre lo stesso. Lui non sembra solo attratto dal filo, ma sembra che voglia aggrappare quell'estremità e farlo roteare più volte lungo la propria mano. E' una possibilità ghiotta, non può farla fluire ora. <Quante cose son accadute qui, durante la nostra assenza?> Domande, continue e perpetue, che si avanzano, in una richiesta, come se l'altro non avesse mai avuto il coraggio di mostrare quelle mancanze, quei vuoti, che invece l'albino sta cercando di raccogliere, con maggior efficienza. Per quanto possano esser distanti su alcuni codici, alla fine sembrano sempre pronti ad aiutarsi a vicenda, per poter arginare le loro debolezze ed estremizzare invece i punti di forza. Un equilibrio che continua a porsi, a sostenersi, senza che l'ago della bilancia decada da qualche parte. Unione. [Innata Goryo II Stadio][Chakra On][Equip.Scheda]

20:06 Itsuki:
  [Porto] Diversi, quanto allo stesso tempo forse pericolosamente simili, così in quel cambio di connotati come probabilmente anche nell'animo, seppur con sfaccettature differenti. Percorsi differenti, ma che dopotutto propendono verso un che di malevolo, verso qualcosa che vien dipinto come il sottofondo, un brusio al quale non si può resistere, un qualcosa di immancanbile in quegli animi corrotti dalla vita, masticati e sputati lì sul ciglio della strada di quel lungo percorso che è la vita stessa, sino ad un attestare di un potere tanto grande da permettere di stravolgere le cose, di poter scegliere il proprio allineamento, senza lasciarsi condizionare dall'onore riverente che si debba mostrare ai villaggi, senza dover sottostare a quelle inezie che sono le regole e la moralità. Una presentazione che ha un chè di reciproco, uno specchio in quel dover dire due nomi, in quel dover presentare entrambe le entità per far sì che non vi siano segreti, o almeno non ve ne siano di palesi, tra di loro, annuendo con un fare mesto e profondo nell'andar a sentire quei due nomi, come a volerseli imprimere nella mente, come se li avesse marchiati a fuoco nella sua memoria, o meglio, nella loro. Osserverebbe il fare di lui che con un particolare oggetto dalla forma affusolata, allungata, andrebbe quindi riempiendola di un tabacco pregiato, mentre invece i Kagurakaza si paiono oramai avvezzi alle sigarette, banali ma ben più pratiche, un vizio ed un passatempo al quale per ora non si abbandonano, permanendo in quel sentire quanto abbia da offrire l'altro per stuzzicare l'attenzione, sentendo quell'odore della combustione, osservando la nuvola di fumo che si infrange verso l'alto, ritrovando quindi il piacere di lui in quel gesto tanto semplice quanto appagante, rispondendogli con un tono che ha un filo di saggio, seppur sembra quasi retorica la sua, in quel propender sempre verso il momento più propizio, che alla casualità o allo scandire quotidiano ripetuto < Meglio in momenti precisi e più intensi, che in molteplici sporadici. > un semplice dire onesto, per poi lasciar che dunque possa ritrovare allo stesso modo una similitudine nel suo dire, sospirando nel mentre che solleva brevemente le spalle, in un che di noncurante, come se non avesse mai voluto effettivamente ricercare qualcun'altro, come se secondo lui potevano bastare loro con quell'Innata e non vi sarebbe mai stato bisogno di preoccuparsi di eventuali consanguigni < Tu invece, anzi voi, siete i primi con il nostro stesso sangue.. > permettendo poi a lui di perdersi in quelli che sarebbero gli anni che rievoca con il proprio dire, andando semplicemente a perdersi anche lui brevi istanti nella memoria, nei loro trascorsi, chi su di una precisa via chi su di un'altra, separati in un bivio intersecato, ma allo stesso tempo ricco di percorsi paralleli, sino a giungere al nodo di svolta che li ha uniti, quel sigillo e dunque anche quello specifico incontro < Questioni in sospeso? > domanda lui vagamente incuriosito, lasciando che poi la distanza tra di loro si accordi, per quanto la superbia del fu Jinchuuriki non vada mai a smuoverlo per primo, a far si che sia lui ad avvicinarsi, viziato da un passato di nobiltà ed autorità assoluta, lui che ha sempre preteso che fossero gli altri a giungere al suo cospetto, mantenendo un retaggio di quei suoi modi di fare anche ora che si trova in un'altro corpo, andando poii a portare il palmo della mano a posarsi sul petto, come se dentro potrebbe sentir smuoversi qualcosa, il suo orgoglio che vien portato a galla, cercando di tenerlo a bada quasi con quello stesso gesto, incapace di resistere a malevoli complimenti < Aah, così mi lusinghi, sai? > direbbe ridacchiando, senza potersi esprimere più di tanto invec nei suoi confronti, non conoscendolo di preciso, presumendo che il suo nome, entrato nella storia, possa essere bastato per stuzzicare un che di diabolico in quei due provenienti da Oto, d''origine < Oh..? Il Caos, mio caro, il Caos ordinato e metodico è quello a cui aspiriamo... > e lo lascia poi discorrere in quel suo proclamarsi annoiato, in quel loro anzi, visto che a quanto pare sembra che il voler condividere la malvagità sia un concetto di base, un voler effettivamente avvicinarsi in quello che potrebbe diventare un'obbiettivo comune, seppur di preciso non avrebbe intenzione di sbilanciarsi sin troppo, non almeno fino a quando non incontrerà nuovamente la Doku, per poter stabilire delle solide fondamenta per i loro intenti < Le nuove leve, affascinanti boccioli del male.. Vanno solo indirizzati a dovere.. Voi invece a cosa aspirate? > curioso riportando l'altra mano in tasca assieme alla gemella, ritrovandosi costretto a cedere ad una curiosità, mentre allo stesso modo giunge una domanda da parte dell'altro, mentre lo sguardo di lui andrebbe a cercare di saggiare la duplicità d'animo, a vedere se possa ritrovare la possiblità di una possibile alleanza, al di fuori del lasciapassare di base che potrebbe essere il sangue condiviso, un qualcosa si di importante, ma che da solo non basta, decidendo di andare a rispondergli, mentre le violacee volgono verso il lato, non verso il faro ma oltre la bancina, ad osservare il cullare delle onde imperterrito < Diverse, seppur tutte di poco conto, siamo nel mezzo dell'ennesima guerra ed è addirittura comparsa un'alleanza che brama la pace.. Disgustoso.. > direbbe lui lasciando che i propri lineamenti vadano ad armarsi di quello stesso disgusto, di quella sensazione che gli storce i lineamenti in un chiaro sollevare dell'angolo sinistro dlella bocca, quasi stesse pensando ad una delle cose più insopportabili e fastidiose sulla faccia della terra, la misera ed utopica pace alla quale tutti agognano, qualcosa che potrebbe rivelarsi terribilmente noioso, se non ci fossero delle forse dedite a voler rovesciare quel concetto, a volerlo distruggere senza ritegno, seminando disperazione per tutte le terre Ninja. { Goryo on }

12:28 Koichi:
 La mancina mano che saggia ancora delicatamente l'estremità opposta a quella che si impronta verso le proprie labbra, le quali sfiorano appena il bocchino, quanto sufficiente per non essere infastidito da quell'oggetto, quello strumento capace di ardere il tabacco, permettendo l'inspirazione di quella sostanza, per poi versarla all'esterno, come se fosse necessario cambiare l'ossigeno che alberga nel proprio corpo. Come un corpo appena nato, che si lascia cullare da quei vizi, da quei minuscoli piaceri che non provava da incredibile tempo, di prima persona, permettendo alle proprie sensazioni di fiorire, come un nuovo prodotto, come un nuovo incanto che si innalza dinanzi ai propri occhi. Quel lato curioso che si evince, che sporca i lineamenti facciali, che si contraggono a fasi alterne, come se la tranquillità non fosse un concetto a lui affine, non gli appartiene minimamente, tale da non confondere la sua concentrazione e la serietà con cui agisce, la quale si mostra fedelmente, in caso di pura necessità. Ma se prima di quel concetto, può gustarsi del legger brio, perché esentarsi da ciò? Perché rinnovare una rinuncia a cui si è sottratto per troppo tempo? Ecco difatti il suo sorso di vita, che si concretizza in quella semplice arte, in quel fumo che lo alberga e poi esprime correttamente, facendo ripiegare le labbra in un piccolo e minuscolo foro. Esprime quella coltre biancastra, lasciando che possa dirigersi sempre verso l'alto per non incrociare od infastidire l'opposto, permettendo alla brezza marina di raccogliere quel peso e dissolverlo, alleviandolo in maniera lieta e decisamente silenziosa. <Oh.> Un vocalizzo, debole e secco, non affatto prolungato. <Sicuramente le entrate in scena in grande stile potrebbero risultare divertenti.> Ammetterebbe, con un filo di voce, delicato, lasciando che la nuca dondoli appena a destra ed a sinistra, come se ne gongolasse semplicemente dall'idea, di quel modo di comparire ad effetto. <Però era da davvero...> Un respiro, minuscolo. <Davvero.> Ne imprime un maggior peso, una profondità che risuona di debole colpevolezza, incurante di esprimere realmente l'artefice di ciò. <....Tempo.> Ricongiunge infine la frase, dopo quell'inciso, potenzialmente necessario. Quasi avido nell'incendiare al momento, notabile di come le labbra si imprimono doverosamente ed il torace si allarga, aumenta della sua capienza, per un breve lasso di tempo. Sembra quasi che collezioni quel fiato, prezioso ed intoccabile, prima di esternarlo, con profondità e decisione. <Posso comprendere...> La voce assume un briciolo di serietà, utile per approfondire il tentativo personale. <...che forse non avete neanche provato a cercare altri simili.> Dopotutto quel gene è qualcosa di sporadico, estremamente raro. <Ma forse avete sentito dell'Anteiku, a Kusa.> Una supposizione, mera e dedita informazione, di dove potrebbero aver ottenuto altre informazioni, di dove potevano incontrare altri simili. <Questo sangue...> E, nel contempo, la mano destra, libera da qualsiasi impegno, sembra sollevarsi dal corrispettivo fianco per potersi librare lentamente in aria, aperta e con le dita distese, con la facciata che si rivolge verso il firmamento pronto all'imbrunire. Sembra sorreggere metaforicamente qualcosa, di una certa rilevanza, dato la tematica che affronta. <è un dono che viene concesso decisamente a pochi, perché pochi ne possono sopportare la sua esistenza.> Riferito con buone probabilità all'incontro del proprio subconscio, che in taluni si dimostra esser anche opposto al proprio, ma non per questo deleterio. C'è chi si abbraccia, chi diventa ladro dell'identità. Non a tutti accade la fortuna di trovare un equilibrio, tra il bianco ed il nero, tra il niente ed il tutto. <Ma posso assicurarvi che quei pochi che riescono a destreggiarlo sono da definire creature speciali, differenti da ogni stirpe.> Un vanto, un orgoglio che lo stesso albino sposerebbe, mentre la mano, dapprima eretta, verrebbe chiusa in maniera quasi trionfante, di chi ha superato l'ostacolo e possa guardare il passato, le proprie spalle, con soddisfazione. Dunque l'arto superiore decade nuovamente, stanco di mostrarsi, in quanto le energie attinte vengono converse interamente sul gemello, che ancora detengono il Kiseru. <Ed in quanto tali, è nostro compito attingere a questa fonte e possibilmente evidenziarlo, chi alla luce della luna e chi all'oscurità del sole.> Enigmatico nel suo enunciare, ma con una chiave di lettura quasi scontata, affidando nell'altro un'attitudine capace di svelare l'arcano e farsi seguire in quel discorso, in quell'intricato percorso, in cui è giunto fino ad ora. Quasi uno sfogo per il Chuunin dopotutto, che potrà permettersi di concedere indizi, stracci di fogli, per farsi comprendere da chi effettivamente ritiene degno, per lo stesso sangue condiviso, per le apparenze che si mostrano, in attesa di nuovi sviluppi. Il passo che viene nuovamente pronunciato, avanzato, con una semplicità immane, come due calamite che si attirano, non logorato dall'intenzione avversa di rimanere fermo ed immobile nella propria posizione; dopotutto ha riscontrato già una vittoria, al ripiegar del busto altrui, quando richiamato. L'otiano ha riuscito ad attirare un'attenzione tale da potersi permettere quel volto, quell'incrocio, e sembra essere sufficiente al momento. Come un serpente striscerebbe con eleganza, provando a ridurre nuovamente le distanza, in una traiettoria che non sembra effettivamente rettilinea, ma sbilanciandola appena in obliquo, in modo tale che i corpi possano distaccarsi tra loro da circa [1 metro], irrompendo dunque nello spazio vitale dell'altro. Si sente fortunato abbastanza da permettersi tale lusso, tale concessione, permettendo di porre l'opposto ad [ore 2], dunque debolmente alla propria destra. Sarà l'occhio di quel versante che prova ad intersecarsi profondamente in quell'opposto, in quel contrasto di viola, che improvvisamente si frantuma e si ricava uno spettro di tonalità differenti. C'è intensità in quella breccia visiva, ma nulla di aggressivo. Non vi è lacerazione alcuna, ma quasi sfiora la pupilla con la propria, in una confidenza maggiore. Le proprie parole come un tesoro prezioso, come un invito ad applicarsi maggiormente. Come espresso precedentemente, questa volta non si limiterà a cogliere quel filo scarlatto, ma vorrà strattonarlo a sufficienza affinché il sangue cremisi possa far avvertire la comunione delle due menti e delle quattro personalità. Un gioco doppio e multiplo, in cui la posta si incrementa maggiormente, in quel continuo addentrarsi. Scava e si viene scavati, ci si copre e si spoglia, dinanzi al consanguineo. Una realtà nuova, ma non per questo temuta; approcciata, con attenzione e con le punte dei piedi. <Abbiamo dormito.> Snocciola definitivamente quella curiosità avanzata, espressa con poca importanza nella questione, come se si dimostrasse futile; oltremodo è l'uso del termine a rendere scenica la risposta, in quanto non si lascia nessun piacere a riguardo, non è stato un riposo ristoratore, ma s'avverte un brivido di fastidio in quella risposta. Come costretti, come se fossero stati sigillati in una morsa decisamente dura da liberarsi, rompendo il cancello di quella prigione solo pochi giorni addietro. Sorvola ultimamente sulle lusinghe, beandosi di aver individuato un ego decisamente smisurato, tale da poterlo sfamare ancora con le proprie parole. Briciole, ma sicuramente abbastanza essenziali, da cui l'altro si ciba tutt'ora. I padiglioni auricolari poi sembrano fremere, nell'avvertire quell'obiettivo, quell'arcaico romanticismo dietro il proprio obiettivo, in quella finalità di intenzioni siglate e professate. Ne coglie la sfumatura, con un debole ripiegare delle labbra, come se la stessa sentenza fosse cosa assai gradita a Chikage. Quest'ultimo impregna nuovamente l'aria con un nuovo sbuffo, con una nuova nube di fumo grigiastra, notando come, gradualmente, la quantità raccolta ed esercitata sia sempre maggiore, reclamando maggior combustione. Egoista. <Più che boccioli del male, preferirei convertirli in pedine di un'immensa scacchiera.> Teso più sull'animo da giocatore che di fioraio. <Ogni pezzo dopotutto ha un suo peso, un suo valore ed una personale capacità di spostamento.> Sicuramente si avviluppa ad un gioco molto simile agli scacchi o qualcosa di simile. <Eppure ognuno di essi può ribaltare l'intera situazione, con l'evoluzione, se abbracciati dal...> Non trova il termine adeguato, stroncato da quell'assenza. Passerà un secondo, probabilmente duo, prima che le meningi possano esprimere il concetto giusto, ambito e tanto ricercato. <...giusto abbraccio.> Il sorriso si allinea maggiormente, come una scintilla vibrasse nei propri occhi, un'attrazione che illumina ed incoraggia il fuoco nei propri occhi. Una fiammella che da semplice tepore torna in vita, come se le parole dell'altro fossero state minuscolo soffio per una brace sopita. Arde, per qualche secondo, in quella stretta convinzione, aggrappandosi terribilmente al termine di giusto. Chi può definire quell'attributo, dopotutto? Visioni differenti, relativamente diverse e potenzialmente vicine, al punto di rasentare un significato decisamente più intrinseco, una linea decisamente complessa da contemplare e delineare. Ma se loro fossero le matite di quel disegno? Se loro potessero esprimere cosa lo sia e cosa no, potrebbero divenire giudici di una realtà tanto distorta quanto ordinata. Un trono che viene offerto come visione, un'illusione che potrà baciare la figura doppia di Itsuki. Un sogno, un seggio che potrebbe esser conservato per chi è stato definito speciale, diverso. <Noi?> Quella domanda sull'aspirazione, come se per un attimo smettesse di alimentare gli avversi e tocchi spogliarsi, sciogliersi a quella richiesta. <Una goccia di potere.> Risponde come una sentenza, come un fulmine a ciel sereno, ambendo ad uno dei primi ricordi da quando è divenuto vittima di quella maledizione, di quella trasfusione. <Non voglio un nettare diluito con acqua, solo per vantarmene della sua quantità.> La deduzione che viene spiegata, scomposta nelle sue parti minori, come se avesse particolare cura di non essere frainteso, non ora. <La qualità, la raffinatezza, l'estratto corposo ed intrinseco di una singola goccia.> Un'ambizione talmente distorta quanto quella avanzata dalla controparte, probabilmente. <Sai...> Fluisce, elegantemente in quel rintocco verbale, in cui prenderà nuovo ossigeno, non per il fumo, ma per deliziare le corde vocali di un nuovo fremito, di una ricca vibrazione. <Il Chaos produce quel Potere.> Primo dogma. <Il potere rende il Chaos.> Ecco il secondo, quello che chiude il ciclo, unico ed ineluttabile. Inscindibile, come parti bivalenti di un atomo. Suggerisce un'interpretazione, in cui lo stare vicini, lo star in quel modo, possa essere pregno di una collaborazione decisamente nutriente, non solo per l'altro, ma anche per se stesso. Un senso di bisogno che può accorparsi, ma tale da non diventare soffocante, fastidioso. Probabilmente abituati nel conciliare le personalità con l'alter ego, sono potenzialmente più tendenti a scivolare sulle varie divergenze che un accordo può procreare. Dove c'è il guadagno dell'uno, c'è dell'altro. Condivisione, unica. La ferita ed il sorriso, il sangue ed il sacrificio. Un peso che potrebbero sostenere anche singolarmente, lo riconosce in quell'esprimersi, ma cosa negherebbe in loro quella possibilità? Perché rinunciare a qualcosa di così ghiotto, da scegliere una strada più tortuosa da affrontare, maggiormente di quella che potrebbero trovarsi in coppia. Perché il loro destino non è affatto semplice, così emarginati dal contesto, così distanti dal dominio umano e dalla sua razza. Un senso di appartenenza che può unirli maggiormente, che possa collegarli su un piano in cui nessuno mai si è pronunciato, fino a quel frangente. Fino a quel frammento di tempo, in cui tutto sembra rallentarsi e lo spazio attorno a loro sciogliersi in una landa desolata di colori spenti e senza vita. Spezza il ritmo, incastrandosi in una bolla in cui potrebbero uscire entrambi vincitori, senza doversi scontrare, senza dover perdere la propria identità. Dopotutto non effettuano ciò con la propria metà? Forse con loro si è obbligati, vincolati, dato il gene, ma qui invece c'è la volontà. La stessa di poter rivoluzionare un mondo, di cambiare le sorti di un intero ecosistema. Una decisione che potrebbe trovare apertura a primordiali dubbi, incomprensioni, ma ben cosciente di come il voglio possa diventare posso, così l'inverso. <Itsuki.> Richiamerebbe con un sussurro, mentre la mancina mano viene debolmente richiamata verso la propria bocca, verso le proprie labbra. <Eiji.> Perché il richiamo sia totale, mentre la mascella si scopre, per evidenziare la dentatura candida, quanto basta per permettere di mordersi il pollice sinistro e causare una ferita lievissima, quanto basta per potersi permettere una debolissima fuoriuscita di sangue. Lo stesso inchiostro scuro, che li rende così simili, dopotutto. E' così che la destra mano ritorna, vicina alla gemella, quasi in suo soccorso, in un richiamo silenzioso, permettendo al dito leso, contagiato da quel fluido dal sapore ferroso, di imbrattare il palmo dell'opposta, nel delineare un semplice ed unico kanji, con le sue linee, premendo quanto basta il polpastrello affinché possa venire un ideogramma curato, nei limiti del possibile. <Giochiamo....> Così la destra si muoverebbe lentamente, quasi gelosa nell'evidenziare la scritta posta, viaggiando nell'aria con il dorso rivolto agli occhi altrui. Un muro di carne, dietro cui si celerebbe la parola prescelta dalla coppia offerente. Sono istanti in cui passano lentamente, mentre l'altro potrà analizzare quel verbo, proferito con lentezza. Come se fossero dei bambini, come se questi possano avere una capacità ulteriore. Il fiato che sembra quasi inibirsi, in quel momento, in cui l'arto destro è teso, almeno quanto basta, per potersi permettere di frapporsi fra i due corpi, cercando di raggiungere l'esatta metà. Parità, un concetto che trasuda anche dalla posizione della mano, fin dove arriva, come se non potesse inoltrarsi oltre. C'è un rispetto, silenzioso ma avvertibile. Dunque la mano destra, con un movimento decisamente lento, quasi ad innalzare la tensione del momento, mostra ed evidenzia quel simbolo tracciato dal sangue proprio. Il medico cosa ha disegnato? L'unica parola che potrebbe interessarlo, lo stesso concetto che sembra averli seguiti fino ad ora. Sangue? Forse sarebbe stata una seconda possibilità, ma non sufficiente. Perché non è sufficiente condividerlo, essere detentori di un potere così immenso. Lì c'è scritto: destino! Come se potesse essere semplice disegnarlo lì per poterci giocare, a portata della propria mano, ma questa attende, questa pretende. Sembra ricercare un patto che viola le stesse esistenze, sopratutto quando l'offerta viene completata: <....insieme?> Una domanda, non un'affermazione, nonostante le parole consumate. Non chiede un sottoposto e né un superiore, ma qualcuno con cui condividere quell'intrattenimento, come due volti della stessa medaglia, due entità che camminano accanto. Spalle contro spalle, dinanzi alla realtà. Fianco contro fianco, affinché nessun ostacolo possa risultare abbastanza sostanzioso da rallentarli. Fratellanza. Qualcosa che si può decidere però, permettendo di esser rifiutato. Un momento che non contempla una terza scelta od un rimandare. Si è posto totalmente in quella stretta, in quel sangue c'è la propria essenza e la propria determinazione. Un legame. Chi ha espresso dopotutto che possono risultare sbagliati questi? Chi ha detto che quello significa perdersi se stessi e mostrare debolezza? Nessuno. Ed il praticante medico glielo sta proponendo questa sera, pronti ad un nuovo risveglio. Inaspettato, sicuramente, ma ha compreso che questa era la scelta giusta, ponderata in una frazione di secondi. Dopotutto l'albino è così: drastico, ma non per questo poco efficiente. Se dovrà subire, lo farà con chi ritiene idoneo, quasi conquistato da quello sguardo così vicino al proprio. Rasentano gli animi, pronti ad unirsi in qualcosa di più. Un progetto, un desiderio unico. Come due infanti che siglano una promessa, marchiati da quel composto. Neanche sottolinea l'intenzione di ricevere un simile trattamento, se dovesse congiungersi, volendo unire i due liquidi in uno solo: puramente scontato quanto banale, forse. Ma comunque apprezzato, semmai lo volesse fare. Una questione di equazione, in cui concentrano le proprie forze ed energie. E chissà se l'altro non vorrà applicare una seconda parola da unire alla propria, anche differente dal contesto proposto. C'è un sorriso leggero che si compone nel proprio volto, provando a guardarlo direttamente, senza cedere. No, non ora. Patto, fra due angeli dal piumaggio oscuro. Diavoli, di una realtà che non attende altro il loro sussurro. Unione. [Innata Goryo II Stadio][Chakra On][Equip.Scheda]

13:56 Itsuki:
  [Banchina] Scivola ordunque, nel mentre di que conversare, riempiendo spazi di silenzio chiaramente muto, la mano destra verso la tasca dei pantaloni, accompagnando al gesto lo sguardo dei colori d'ametista, che purpuree seguono il gesto lento di quell'estrarre un più modesto e semplice pacchetto di sigarette, meno appariscente ma comunque di ottima fattura, più semplice e pratico quasi a voler sminuire la figura elegante di lui, come se ci debba essere un contrappeso a cercare di abbassare quel tasso sin troppo elevato del suo carisma, teatrale, padrone di un palco che lo segue ovunque lui vada, diabolico ma allo stesso tempo divino, trascendente nei suoi modi di fare, senza il minimo sforzo, senza doversi impegnare, seguendo semplicemente la natura del proprio essere, andando quindi con la mancina, resa nera dal tessuto come la gemella, a far sì che possa estrarne una ed allo stesso modo estrarre l'accendino che spesso - fino a quando c'è spazio - vien affiancato dai cilindretti ordinati di carta, cotone e tabacco, portando la prima alle labbra dopo quell'estrarre fluido, sembra quasi acqua il suo muoversi seppur sia sempre stato affine al fuoco del Due code, un misto di irruenza ed eleganza che si mischia perfettamente in quell'ormai non riuusciri a togliere dalla testa il fatto di essere stato al pari di una divinità, Tessai o meno che fù, il suo ego è stato abbastanza per elevarlo a tale, assieme all'odio stesso che lo ha consumato, ma quelli sono solo minuzie, dettagli inutili. Scatta la fiamma e va quindi illumninando e bruciando il tondino iniziale di tabacco, quel cerchietto che si tinge di un'ardente arancione, la prima boccata è sempre quella più intensa e sentita, per andar ad accendere come si deve il tutto, lasciando poi esalare il fumo per quindi rispondere < Beh... bisogna pur sempre avere la possiblità di entrare in grande stile, altrimenti si rischia solo di fare un buco nell'accqua.. > visto chee le situazioni possono essere più o meno favorevoli, a volte approcci discreti sono l'ideale, altre volte bisogna attestare la propria presenza con il solo comparire in un qualche luogo, socchiudendo lo sguarod per un'altro tiro ancora, abbassando poi il braccio con la mancina che la regge, il pacchetto riposto da qualche secondo mendiante la dritta, lasciando cadere ia cenere lì sulla banchina, che verrà fatta rotolare via dalla brezza, in quel tocchetto che andrà disperdendosi qua e là < E.. Come mai questa lunga prigionia? Bisogna imparare a condividere assieme, mi stupisce tu non abbia voluto provare a prevalere.. > occhi vuola che si scostano di nuovo per il mare, voltandosi poi per quindi andare a poggiarsi con il bacino su un presunto muretto atto ad evitare che la gente sscivoli sfracellandosi sugli scogli, gamba destra che si porta davanti alla dritta e braccio destro che si poggia sul ventre, andando a far da sostegno al gemello, con il gomito che si punta lasciando che la mano armeggi con il fumante palliativo, svettando all'altezza della spalla, relativamente distante dal viso. No, non ci è mai stato all'Anteiku e ne ha solo sentito parlare, luogo probablimente di ritrovo e un'eventuale casa per la loro famiglia, se così la si vuole definire, ma il suo srollare delle spalle e l'espressione di sufficienza basterebbero a quel semplice aggiungere di < Mh, noi ci siamo sempre bastati a vicenda. > semplcie e conciso, di rado si dilunga più del dovuto, dipende sempre dalle circostanze, e quella boriosa aria marina lo rilassa in maniera insolita, se non fosse per l'umidità più che fastidiosa, al quale cercherebbe di non farci caso, rispondendo poi al successivo dire < Ah, per me è sempre e solo stato uno spreco, il Chakra del Bijuu sopprimeva le cellule, ma.. Sono lieto di poterlo sperimentare ora. > e piega la testa di lato giusto di un paio di gradi, sollevando lo sguardo verso l'alto, vedendo di andare a pensare quanto basta al passato, al potere di un tempo, abbandonandosi alla nostalgia mentre l'altro continua nel suo parlato, lo sente, ma non lo ascolta di preciso, le parole giungono alla sua mente ma vengono elaborate e processate lentamente, visto che l'egoista Principe metterebbe - quasi - sempre sè stesso al primo posto, ogni qualvolta che lo desideri, lasciando quindi degli istanti di silenzio < Per noi è un mezzo per perseguire il nostro scopo, non siamo dediti a nessuno, ne al Villaggio, ne tantomento al Clan. > spiriti liberi, indomiti, quello all'interno per un semplice mancato senso di appartenenza, l'altro sin troppo condizionato dall'indole felina, selvaggia, sviluppata negli anni passato al fianco del suo più fido compagno. Ritorna con lo sguardo viola su di lui, ritornando quindi a degnarlo di una totale attenzione che in quella sua superbia aleggia da un pensiero all'altro, da se stesso al proprio interlocutore, senza preoccuparsi minimamente di eventuali pensamenti da parte di chiunque gli stia parlando < Ahn.. Pedoni, Alfieri, Torri, Cavalli, Regine.. Io sarò di nuovo Re, e non mi preccuperò particolarmente di chi guarderò dall'altro, trane chi si mostrerà degno di fiducia.. > per quanto poi andrà ad annuire riguardo il fatto che se sospinti nella giusta maniera, i giovini, privi di particolari intenzioni proprie, mossi dalle volontà del villaggio, siano semplicemente da indirizzare sul giusto cammino, procedendo verso il prossimo dire < Il Caos è un'arma a doppio taglio, rischia di renderti ebbro con le sue sfumature e sfaccettature, bisogna saperlo.. Gestire. > alluddendo al fatto che lui lo sa bene, indubbiamente, gli è bastato fallire una volta e venir soppresso dal suo stesso Odio, ma anche questi sono semplici dettagli. Giunge poi il suo azzannarsi delicato del dito, quella domanda, ridacchia lui in risposta riaddrizzando la testa, andando a circoscrivere un semicerchio all'indietro, volendo distendere i muscoli del collo per poi quindi denotar un certo deliziarsi nel veder comunque un porsi così.. Insolito, probabilmente vicino al loro modo di essere, ma comunque entrabi schivi e selettivi come pochi nel loro avere a che fare con gli altri, insomma < Uh, non ho più tempo per giocare ma.. Potrem divertirci assieme, se capiterà l'occasione. > e poi nulla permane, attende continuando a fumare, puntando gli occhi sulla sigaretta che va e viene dalla bocca, con un fare pigro e lento, come u felino perennemente annoiato.

15:00 Koichi:
 Una coltre di fumo biancastro che si incrocia con quello opposto, tra la sigaretta dell'opposto ed il proprio Kiseru, il quale permette al duo di nascondersi, di velarsi, dietro a quei lunghi corposi respiri, dipinti di un grigiore chiaro, quelle nubi che spariscono con facilità. <Siamo stati rinchiusi in un sonno forzato, abbiamo detenuto più problemi di quelli che si possono evincere con un semplice riemergere.> Rilascia un altro frammento, permettendo che ogni ricordo legato a quel pernottamento non desiderato risulti essere una cicatrice non totalmente richiusa, ma comunque avvertita e mostrata. <Ma alla fine siamo nati nuovamente, ci siamo risvegliati.> Decisamente dopo troppo tempo, anni sono scorsi intanto, legandosi ad una realtà che non considera neanche più sua, sciogliendo quell'intreccio, sciogliendo abilmente quel senso di appartenenza che l'aveva dapprima contraddistinto. Emarginato, come un figlio lontano dai propri genitori. Libero di scivolare, di scoprire l'esterno, senza che qualcuno possa rintracciare il percorso fino ad ora. Un'incognita nuova, saggia ed al contempo divertente da imprimere nel contesto. <Il proprio essere speciali scinde da ogni vago sentimento di appartenenza.> Dopotutto quel sangue è un collante, ma dipende anche come attinto, come utilizzato e maneggiato. Ignaro delle capacità altrui, di quel chakra demoniaco che albergava in una delle due personalità, lasciandosi confondere debolmente, come una tenue nebbia nella propria mente. Eppure cerca di oltrepassare, di mostrarsi oltre. <Permettimi...> Quasi con dedizione, mentre affonda quella lama verbale, che risuona di cortesia ma al contempo di eleganza. <...di scivolare con te, insieme, su quella scacchiera.> Un respiro debole, flebile. <Non ho al momento necessità di avere un titolo di cui sfregiarmi, mi basterà detenere ciò che voglio e poterlo disporre in ogni evenienza.> Le palpebre si allargano appena, come se avvenisse un vago sentore, un ricordo che lo lede e si comunica verbalmente. <Non ho intenzione di usarlo contro chi ritengo degno di questo...> Osserva la propria mano, ancora tesa verso l'opposto, mentre l'altro trova maggior appoggio in quel muretto, in quel limite e confine del ponte. <...Patto.> Eppure storcerebbe appena le labbra, come un evidente segno di insoddisfazione. Non è abbastanza per definire quanto stia ponendo, per far comprendere la pesantezza di quella mano che ancora rimane lì, si erige, pronta ad esser raccolta. <Per questo che sto affidando tale esperienza per poterlo gestire, mentre potresti far lo stesso per il Potere.> Come se svolgessero due lavori, totalmente complementari. <Quello...> Quasi avesse timore nel chiamarlo nuovamente. <...rende liberi e schiavi al contempo un'entità, offuscando il senso di volontà.> Qualcosa che forse per l'albino risulta essere un compito decisamente più personale, sospinto da una forte determinazione nel voler rotolare in avanti, come un motore che avanza anche per pura inerzia e mai si arresta nel percorso. <L'occasione non si attende, l'occasione viene creata.> Non farà cadere nuovamente la matita, non questa volta, ma volendo stringere quanto più possibile. <Ti aiuterò a scoprire il vero divertimento...> La mano viene nuovamente sospinta, quasi rialzata, per rinnovare l'interesse, per reclamare attenzione. <Se vorrai.> Perché lui l'ha già espresso, mentre i tratti inizierebbero a spegnersi, a sopirsi, permettendo alla figura di cambiare colore: quel crine tornare azzurri, così come le iridi sporcarsi d'ambra. <Inganniamo questo tempo e questo spazio, noi quattro.> Quasi nell'evincere totalmente un contributo, totale, da parte propria, evidenziando la voce del praticante medico. La sera inizierà a farsi tardi, permettendo ai due corpi di rimanere ancora lì, per poco, prima che le loro essenze possano dividersi, allontanarsi appena, quasi coscienti che ora qualcosa è mutato, nei loro animi. C'è un filo di cambiamento, che bussa alla porta. Toc Toc? [Chakra On][Equip.Scheda][End?]

15:46 Itsuki:
  [Banchina] Si incontrano dunque in quel salir verso il cielo illuminato da un sole che risulta sempre flebile tra quell'umidità, si incontrano e si scontrano i fumi dei due, andando a mescolarsi mentre le di lui decantate parole, erudito nel dire e per nulla misero, mai banale, fanno da sottofono a quel suo pensare e riflettere, riguardo a quel gesto, alla mano tesa marchiata con quel sangue con specifici ideogrammi, portando ora la mano destra che regge la sigaretta, con indice e medio, verso il viso, più vicina, senza voler fumare, andando semplicemente con l'anulare a porre un sordo tichettio sul proprio labbro inferiore, serrate le sue mentre lo ascolta, andando a commentare riguardo al loro risveglio, al tempo trascorso da dormienti, rispondendo con onestà ed un fare mesto < Ne sono lieto. > socchiude gli occhi e appena lascia che si dipinga un sorriso compiaciuto, quasi a congratularsi con lui, traendo un'altro tiro dalla sigaretta che volge verso la metà, mentre il mare continua a fare da sottofondo, la spuma si posa sugli scogli, le onde si infrangono e tutto si ripete, senza remora, così come lo scorrere del tempo incessante, impossibile da fermare. Roteano le iridi violacee in quel riflettere sul suo dire, mentre la mano destra torna ad aleggiare dove era prima, all'alteza della spalla, con la punta delle sigaretta verso l'esterno ed il polso piegato allo stesso modo in quella direzione, quasi ad inclinare verso il basso il tizzone ardente, che rilascia sottili fili di fumo verso l'altroo che danzano in quel riflettere, probabilmente essendosi sempre considerato speciale - a differenza di Itsuki che solo ora ha potuto ritrovare un'esclusività nel suo essere un fautore del Caos - forte ed in grado di cavarsela da sè, non si è mai sentito costretto senza bandiera alcuna; Amava Oto, e sempre l'amerà, ma il suo ruolo di capovillaggio è stato più un volersi opporre ai doveri del ruolo di Kage, per quanto potesse essere uno tra i più idonei, e come non è rimasto legato alla Yakuza tempi orsono, e poi tantomeno ai Kami Kashin.. Beh, non si sarebbe mai definito effettivamente legato a nulla di particolare, tutti ruoli intrapesi per gusto personale, se non forse l'essere legato in maniera indissolubile ad Hanabi stessa, ma.. Questa è un'altra storia, e non vuole ricordarla proprio ora, straziato abbastanza dal pensiero della Uchiha oramai considerata dispersa per le terre ninja, a quanto avrebbe potuto comprendere, per quanto non si sia dedicato a cercarla, non ancora. Ci pensa, andando a valutare il fatto oltre all'esere semplicemente legati dal sangue, osservandolo ora nuovamente, cercando di denotaer una possibile utilità in lui, in quel suo piano più grande, talmente grande da non avere dei bordi ben definiti, schivo e selettivo - come detto prima - in una qualsiasi possibile alleanza, nel definirsi compagno di pochi, giusti individui, prendendosi in quel riflettere con un breve stuzzicare dell'interno del labbro inferiore, preso dai denti, che si increspa appena in quel pensare vedendo poi di rispondere, dunque < Nella scacchiera che ho in mente.. Potremo ritrovarci di casella in casella, dopotutto.. > notando una determinazione in quel dire di lui, sembra quasi ardente ed allo stesso tempo in un certo senso disperato dal fatto di non poter mettere il proprio potere in atto, di non poter fare un qualcosa di preciso, del non avere uno scopo ben definito come Itsuki stesso al seguit della sua vendetta, lasciando che quindi spazio al pensiero di poter donargli un frammento di quel suo volere, come il prezioso regalo da aprte del Principe che era e che tornerà ad essere, quasi a volerlo render un cavaliere di una tavola rotonda che più non esiste, che forse non è mai esistita, semplie metafora in quel suo pensare a chi voler avere al proprio fianco, iniziando a concedersi un'occhi di rugardo per lui che intanto continua a parlare, seppur lui riflette in silenzio < ... > scostandosi dal muretto per andar quindi a riergersi in piedi, osservando di nuovo la mano tesa, permanendo in quell'espressione di dubbio seppur lentamente il dubbio verrebbe lavato via dalle sue parole, annuendo ben due volte con la testa tanto manforte a quelle sue parole riguardo il potere, per quanto la concezione personale di ognuno sia diversa e relativa, non ora il momento di mettersi a discutere filosoficamente a riguardo < Mh mh. > e se non gli dice che ha ragione, lo fa chiaramente intendere, seppur ora è concentrato, deve prendere una scelta e deve farlo relativamente in frett,a non gli piace far aspettare le persone in momenti simili, quando potrebbe essere messa in dubbio la sua capacità decisoniale, andando poi a trarre un sospiro, seppur non uno di quelli di sconforto, anzi, uno di quei sospiri rilassati nell'aver trovato effettivamente una conferma al proprio esser perplesso, al proprio rimuginare < D'accordo.. > direbbe quindi andando a spostare la sigaretta nella sua sinistra, portando la dritta verso il viso, andando ad afferrare con i denti, come di suo solito in quel volersi togliere un guanto con quel misto di irriverenza e malizia, insensati in quel momento ma impossibili da mettere da parte, vedendo di tirare indietro la mano che quindi si sfila il guanto, afferrandolo con la dritta per poi metterlo quindi all'interno della giacca con un semplice gesto, vedendo di allungare la mano verso la loro dritta, guardandolo precisamente negli occhi ora, lasciando che la sigaretta continui a fumare da sola, perdendosi in quell'aria salmastra, concedendogli un semplice ridacchiare, pensando più ad Itsuki che a se stesso, iin quel promettere un divertirsi, seppur vi sarebbe poco effettivamente da poter offrire a qualcuno che ha avuto trascorsi tumultuosi, disparati, che ha vissuto di tutto e di più insomma < Oh... Io sono difficile da intrattenere, ma Itsuki invece... si lascia entusiasmare facilmente, in certe situazioni.. > non và a specificare, mentre l'altro da dentro pone semplicemente un ridacchiare a sua volta, che segue un piccolo sbufffo antecedente, come se voglia ammettersi e no nammettersi allo stesso tempo quel suo squilibrio mentale che lentamente va diivagando, spandendosi come una macchia nella sua mentre, con una rapidità per nulla lesta, lenta, progressiva < Ho già ingannato la morte, ma il tempo.. Sarà una nuova sfida, allora.. > e con quelle parole vedrebbe di avvicinarsi alla mano di lui, andando a stringerla e a saldare quella presa tanto quanto basta per voler trasferire quegli ideogrammi di sangue nero sul proprio palmo, come a voler condividere il sugellare di quel patto, intento a dargli una possiblità, a renderlo possibilmente partecipe dei danni che verranno in futuro, della rovina, della distruzione, e delle varei forme che più assumre il Caos, vedendo poi dunque di distanziarsi e, con la leggiadria con la quale è arrivato, salutare con un cenno della mano marchiata dal sangue < Allora, a presto.. > direbbe senza ulteriori perdite di tempo, dedito a fare altro, a raggiungere altri frammenti del suo percorso, altri punti della sua lista delle cose da fare, vedendo di allontanarsi dal luogo assieme a quegli ultimi tiri della sigaretta, lasciando scie di fumo sottili dietro di lui, a decorarne il passaggio. {end}

Tanto rispetto per chi leggerà la giocata, che seppur non vanta di sei azioni [se non ho contato male] è il possibile inizio di una serie di sciagurati eventi.

#InstaGoryo #Sangue #Destino #Chaos #Potere