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Giocata del 13/04/2020 dalle 15:35 alle 18:44 nella chat "Luogo Sconosciuto"
[Campo di Allenamento] Contratto nello sforzo di una capriola all’indietro, le gambe che gli tremano, i piedi nel fango, questo ragazzo tenterebbe di lanciare un kunai a bersaglio, un vecchio manichino da allenamento imbottito, piantato per storto nel terreno molle e disgustoso di questo accampamento ai margini di Kiri, appena visibile nella nebbia che da giorni ormai non abbandona i ninja del fuoco. Socchiude gli occhi appena per concentrare i suoi sforzi. Il suo corpo difficilmente risponde in modo lineare ai comandi che il giovane gli impartisce e, quando lo fa, alcune sue parti tremano, come ad esempio l’occhio sinistro, il quale al momento è colto da insistenti tic. Come gli diceva sempre l’unica persona che egli abbia amato: quando gli spiriti della casa cercano di confonderti le idee, tu svuota la mente, così non avranno niente di cui nutrirsi. E questo ragazzo ci prova, a svuotare la mente, ma non è scontato né facile. Ci prova e solo a tratti ci riesce. Non vede altro, non i combattenti veri, i veri ninja, quelli con il coprifronte che potrebbero star prendendosi gioco di lui, non eventuali passanti. Quello che conta, in questo momento, è far fronte alle sue mancanze per raggiungere il suo obiettivo, per superare se stesso e diventare forte davvero. Uscendo dalla propria tenda per iniziare l’allenamento mattutino Jigoro ha un grande sorriso stampato in faccia. Da quando è riuscito a sentire il chakra nel suo corpo crede che ora la strada per divenire un valoroso ninja sia tutta in discesa, oh sì, il più è fatto e poi è decisamente portato per questa roba, è evidente! Tra l’altro oggi la nebbia sembra quasi più rada ed è possibile scorgere qualche raggio di sole che timidamente scalda i ninja seduti qua e là per l’accampamento. Sarà pur vero che l’abito non fa il monaco ma i due kunai nuovi di zecca appena acquistati lo fanno sentire un vero guerriero, non tiene più lo sguardo basso, anzi, si guarda intorno studiando chi lo circonda con aria spavalda come se avesse qualcosa da raccontare e proprio mentre procede nella sua marcia piena di autocompiacenza scorge lui, sì, è proprio lui, il ragazzo con cui aveva allenato l’impasto del chakra. Jigoro alzò la mano per cercare di catturarne l’attenzione ma il ragazzo sembrava preso, si, si stava allenando e anche lui sembrava avere kunai nuovi di zecca. Beh non poteva di certo essere da meno a quel ragazzo di cui non ricordava il nome quindi corse immediatamente verso di lui: <Ehy… Ehy, ciao!> esclamo curioso di vedere cosa avrebbe fatto il suo nuovo compagno una volta averlo notato. [Campo di Allenamento] Il kunai non va a bersaglio, ovviamente, ma questa volta ci è andato vicino. Vede la lama sfiorare la spalla del manichino, il muscolo contratto della spalla assorbire la tensione del lancio, l’altra spalla scuotersi come se si dovesse liberare di un insetto inesistente. Respira profondamente, riprende coscienza di ciò che c’è intorno, lentamente cammina verso l’oggetto d’allenamento per raccogliere l’arma che s’è conficcata nel fango. Questo ragazzo si piega, la prende e sospira. È in quel momento che tra la nebbia, emerge la figura di Jigoro, che lui non sa chiamarsi Jigoro, ma che semplicemente riconosce come l’allievo della scorsa lezione. Ecco che istintivamente l’entusiasmo eccessivo, il calore che sprigiona l’altro gli infonde una sgradevole sensazione, come un brivido, come se una notte terribile e priva di luna fosse interamente entrata in lui. Prima abbassa lo sguardo. Poi pensa che sta lottando per diventare quello che sta diventando. E che non può permettere alle difficoltà che egli ha sviluppato con le altre persone di ostacolarlo. Un ninja di certo non abbassa lo sguardo davanti a un suo pari, non se lo può permettere. Perciò solleva il capo, e di nuovo viene colto dal suo occhiolino nervoso, che si chiude involontariamente, una, due volte. Sente di doversi difendere, in qualche modo, e sa che in quel poco di cattiveria che ha scoperto rendere le cose più semplici, in quel poco di difese che gli permettono di imporre una distanza c’è la chiave del successo di questa operazione: banale e scontata per gli altri, difficile per lui. < Tu > Dice con un filo di voce, sprezzante, nascondendo una mano che trema lievemente, quella che tiene il kunai, e rimanendo fermo, per quanto gli è possibile < Sei ancora qui? > Aggiunge, e la cattiveria comincia a lavorare in lui come un ingranaggio che mano a mano si muove con sempre maggiore facilità < Che c’è, non hai sentito il sensei? Diventerai carne da macello. > A quelle parole la tensione sui muscoli delle guance che tenevano gli angoli della bocca sollevati in un sorriso si rilassarono e lentamente le labbra tornarono a coprire i denti, in contemporanea il braccio sollevato scese lentamente. <Ehy, non c’è bisogno di essere così scontrosi, poi il Sensei l’ha detto a entrambi>. Certo che è strano sto tipo, non smette di ripetere la sua mente, ma d’altronde questo è e questo ci teniamo. Di colpo Jigoro rivolse le pupille al cielo come per afferrare un pensiero che lo avrebbe potuto tirare fuori da questa situazione imbarazzante, ah, eccolo!! Come se nulla fosse successo le sue mani iniziarono a rovistare nella bisacca che teneva lungo il fianco destro e più cercava più involontariamente avvicinava lo zaino al viso fino a quando quasi non ci entrò dentro con il naso. <Dove diavolo l’ho messa… ah eccola!!> Lasciò cadere la bisacca a penzoloni, con un nuovo sorriso da ebete stampato in faccia e il braccio destro steso in avanti verso l’altro ragazzo con uno strano rotolo di carta in mano. <Guarda, il sensei mi ha dato questa pergamena dove sono scritte le tecniche che dobbiamo esercitare, magari se ci alleniamo insieme eviteremo di essere ammazzati subito, che ne dici?> [Campo di Allenamento] Il kunai torna nuovamente alla cintola della veste, completamente macchiata di sangue. Ma io non ho paura di morire; è questo ciò che questo ragazzo pensa alle parole dell’altro allievo. Distoglie lo sguardo, adesso che ha dimostrato di poterlo sostenere può anche rilassarsi un momento, non deve per forza guardare per tutto il tempo quell’idiota, pensa. Si concentra su qualcosa che vola nella nebbia, sarà una gabbianella, qui vicino al mare, oppure qualcosa di più grosso, non riesce a capirlo. Muove un po’ il piede nella fanghiglia per scavare una buca, finché l’altro non attira la sua attenzione: qualcosa che gli è stato dato dal sensei, ecco una cosa che gli interessa. < Fa vedere. > Dice, e quando l’altro allievo allunga la pergamena proverebbe a sfilargliela dalle mani senza far troppo caso alla delicatezza. Di nuovo, allora, lo guarderebbe, con l’occhio sinistro che si agita tra una chiusura e l’altra, delle venuzze rosse e leggermente gonfie sulla sclera, la fatica di vivere con il tuo corpo che ogni attimo ti dichiara un assedio. La aprirebbe, per scrutarne il contenuto. < Questa è roba da mocciosi > direbbe. < Credi davvero che basteranno per salvarti la pellaccia? > E nonostante questo, devono pur partire da qualcosa, sennò l’esame non lo passano. Per questo motivo, dopo aver letto e memorizzato qualcosa, rilancerebbe la pergamena in direzione dell’altro, per poi comporre il sigillo della pecora. [Campo di Allenamento] *sangue=fango