[ Cura ] - Yosai
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Giocata di Corporazione
Giocata del 13/04/2020 dalle 15:18 alle 20:38 nella chat "Luogo Sconosciuto"
[Ospedale da campo] Passo dopo passo procedi per le vie dell’accampamento immerse nella nebbia. Cammini lasciando che siano gli altri a preoccuparsi di evitarti. Non ti sei mai preoccupato troppo della tua stazza e si vede. Li osservi. Operose formiche che si danno da fare a tenere in vita il loro formicaio immerso nella nebbia. Sarebbe anche il tuo formicaio. Graffi il suolo con le suole delle tue calzature ninja, diretto alla grossa tensostruttura che funge da ospedale da campo. Le leve inferiori le tieni coperte dall’ampio pantalone di un chimono nero. Con la stoffa che s’infila nelle rosse fasciature da combattimento che ti stringono la caviglia fin sotto al polpaccio, finendo a loro volta chiuse nelle calzature ninja che porti ai piedi. Anche la il torso, più simile al tronco di un albero, dalla caratteristica forma a V, è chiuso dentro la parte superiore del chimono, con le due falde lasciate tutto sommato abbastanza larghe da creare un’apertura che lascia intravedere la pelle tirata sui fasci muscolari dei pettorali e dell’addome bitorzoluto. Il collo taurino sostiene il solito volto affilato, dai tratti ben definiti, decorato dalle due cicatrici che graffiano la pelle, la prima corre perfettamente verticale dalla fronte allo zigomo sinistro salvando l’occhio, la seconda corre in orizzontale lungo la fronte. Lo sguardo blu, potente e imperioso, lo tieni fisso sulla sua meta, ignorando apparentemente ciò che succede intorno. Non lo giudichi abbastanza importante. Due grosse borse sotto agli occhi indicano che non hai dormito. Da ieri avverti fitte lancinanti che ti sconquassano il sistema nervoso irraggiandosi dalla schiena, ad ogni minimo movimento. Non hai dormito, ovviamente. Si è così anche aggiunta la notte passata alle precedenti notti insonni. Hai l’aria stanca, ma in nessun modo lasci che dal tuo movimento si intuisca il dolore che ti porti dietro. Lo sopporti, lasci che ti accompagni come un vecchio amico, sfoggiando sempre la versione migliore di te. Devi abbassarti con tutto il volto e la parte superiore del busto per poter superare l’ingresso dell’ospedale da campo. Lo ignori il tizio all’ingresso che ti guarda interrogativo. Arrivi direttamente al Desk provvisorio allestito per smistare dove c’è un tizio al quale, a pelle, saresti volentieri disposto ad assestargli la capocciata sul setto nasale che il suo tono e il suo sguardo sembrano implorare. Ma sei una persona civile in un ospedale in piena zona di guerra. Non importa a nessuno che non hai dormito, quindi stai calmo e non ti agitare <Devi farmi parlare con uno dei vostri luminari. Sto cercando Kaori-Sama> E con quale autorità? Quella della stazza e dei muscoli che spingono sotto la pelle tirandola all’inverosimile, quella dello sguardo rude e niente affatto amichevole con cui lo uccidi guardandolo. [Ospedale da campo] EDIT[Conoscenza del dolore] Invece di dare una mano all'Ospedale principale di Kiri oggi Kaori si trova nella tenda medica allestita poco fuori il Villaggio della Nebbia, all'interno dell'accampamento konohano. E' fra le più grandi presenti -eccezion fatta per quella dell'Hokage che risulta immensa a confronto delle altre- e risulta abbastanza carica di pazienti. Al momento non sembrano esserci urgenze gravi a necessitare di cure e questo porta la Hyuga ad essere piuttosto libera di supervisionare il lavoro dei suoi compagni medici meno esperti. Insegna, controlla, aiuta ma per ora non sembra essere richiesta per nessun incarico specifico. Si sistema lo chignon alto sulla testa così da avere quanto meno intralcio possibile dagli stessi e poi stringe leggermente il nodo del coprifronte legato attorno alla sua gola. Indossa comodissimi abiti da medico composti di un pantalone comodo e largo ma dall'elastico stretto che evidenzia la vita sottile ed un camice a maniche corte che nasconde malamente il seno generoso. Non ha armi con sé al di là del chakra che arde dentro sé come una fiamma inestinguibile né oggetti. Inspira a fondo ed espira sentendo persino lì dentro l'aria pesante e densa. Odia la nebbia e l'umidità di quel luogo. Sospira. E' proprio allora che sente, grazie al suo finissimo udito, il proprio nome venir chiamato. La voce è familiare ma non la ricollega immediatamente al volto del taijutser. Sollevando lieve un sopracciglio si muove verso l'ingresso della tenda dove scorge la figura imponente dell'altro, sorridendogli. < Yosai. > principia con voce tenue, tranquilla, mostrando un'espressione di pacato sollievo alla vista altrui. Non pare visibilmente ferito e a giudicare dall'assenza di sangue e fasciature mediche si direbbe in gran forma. < Va tutto bene? > gli chiederebbe con tono lieve fermandosi a circa un paio di metri da lui, guardando la sua figura massiccia con sguardo clinico e attento. < O volevi solo riferirmi qualcosa? > aggiungerebbe dopo poco con cordialità, distendendo solo allora le rosee in un sorriso pacato, sereno, che vorrebbe essere accogliente e gentile nei suoi riguardi. Ricorda il loro unico precedente incontra e l'ottima impressione ch'egli le ha fatto andando solo ora a notare un dettaglio importante mancare sull'altrui figura: niente coprifronte. Possibile ch'abbia fallito il suo esame? Improbabile, ritiene. Azrael lo ha preso come allievo e, in più, sa che ha partecipato ad una missione assieme a Katsu Seiun pochi giorni prima. Che l'abbia semplicemente smarrito? [ Chakra: on ] [Ospedale da campo] Effettivamente no, non lo porti il coprifronte. Hai ritenuto non fosse necessario visto che sostanzialmente non esci dalla tua tenda da dopo la missione. Chissà dove l’avrai tirato. In quella tenda non si trova mai niente. è cambiato il tuo abbigliamento dall’ultima volta. Sei un po' più serioso probabilmente. Hai avuto le tue esperienze. A cingerti la vita non c’è il drappo rosso con il coprifronte cucito sopra, ma una semplice cintura rossa che hai annodato più volte intorno alla vita e stretto in un nodo le cui falde lasci penzolare libere per una trentina di centimetri, scosse solo dai tuoi movimenti. Sposti quello sguardo stanco e arcigno su di lei, e istintivamente stendi le labbra sottili in un sorriso che ti snuda la dentatura perfetta. Sei solare. Sei raggiante. Ti fa piacere vederla, vero? Trovarla li è stato un colpo di fortuna anche perché il damerino davanti a te non sembrava molto disposto a dirti dove trovarla. <Kaori-sama!> Esclami drizzandoti in tutta la tua altezza per poi chinare piano il capoccione ornato dai capelli scurissimi dai riflessi color rubino sanguigno. Segno di profondo rispetto che hai sempre nutrito verso di lei. Ascolti le sue domande, istintivamente si preoccupa <benissimo> menti, ma riesci a farlo solo perché sopporti il dolore. Non si deve preoccupare. È importante per te non far preoccupare le persone a cui tieni, no? Certo che lo è <io… mi chiedevo se per caso avevate qualche secondo libero…> sei titubante, dubbioso. Ti vergogni. Perché? Perche non sei degno di rubare tempo ad una personalità così importante. Sei solo un genin. Lei probabilmente ha sulle spalle ogni unghia incarnita dell’accampamento. Non sei molto convinto in effetti <volevo scambiare due chiacchiere e…> tutto bene, quando però un ninja medico entra di corsa con tanto di mascherina sul viso e ti urta proprio sulla schiena. Non ti sposta. Non potrebbe, è lui a finire sbalzato, ma istintivamente ogni tuo muscolo si irrigidisce, stringi i denti e assottigli lo sguardo blu in una chiara espressione di dolore <tsk> mormori lasciando schioccare la lingua sul palato. Forse qualcosa che non va c’è [Conoscenza del dolore] Il repentino mutare delle espressioni dell'altro porta Kaori a sentire un tuffo al cuore. L'idea di poter in qualche modo cambiare così tanto l'umore di qualcuno alla sola comparsa non è di poco conto per lei, a prescindere dal grado che il soggetto in questione ricopre all'interno del Villaggio. Anche se si fosse trattato di un idraulico avrebbe probabilmente sentito lo stesso moto di commossa riconoscenza. Forse, a dirla tutta, il fatto che si tratti proprio del ragazzone che ha incontrato al mercato qualche tempo prima la ravviva di più, ma non diciamolo troppo in giro. Sorride a sua volta, d'istinto, di una tenera gratitudine che le colora le iridi color perla di palpabile contentezza. Lo vede voltarsi rapidamente verso di sé senza prestare troppa attenzione all'infermiere dietro il banco che si occupa di tenere sotto controllo la situazione all'interno della tenda da un punto di vista organizzativo e logistico. Yosai sembra star bene e parrebbe voler scambiare qualche parola con la Dainin portando la giovane ad annuire elegante. < Sì, certo. Oggi per fortuna la situazione sembra meno caotica del solito. > chiosa Kaori con vago sollievo nel tono. I feriti sono comunque presenti ma non sembrano esserci casi gravi di vita e di morte. Oggi, sembra, il Dio non ha ancora mandato nessuno a seminare il caos fra loro. Che anche i finti dei riposino il settimo giorno? < Seguimi pure da questa-- > direbbe poco dopo la sua richiesta di dialogare fermandosi al notare l'istintiva reazione dell'omone a quel leggero urto con un collega medico appena entrato nella tenda. Considerata la mole massiccia dell'altro si sarebbe pensato che non avrebbe nemmeno dovuto far caso a quel contatto così leggero eppure il suo viso sembra congestionarsi improvvisamente come se avesse ricevuto una scossa. La sua muscolatura si fa rigida e i rigonfiamenti dei bicipiti sembrano quasi esplodere sotto le maniche del kimono che porta indosso. < --Benissimo eh? > commenterebbe Kaori inarcando un sopracciglio con fare consapevole. < Dai, andiamo. > aggiunge soltanto incitando l'altro a seguirla con un semplice cenno della testa. La tenda non è labirintica né particolarmente grande, ma può portarlo verso il fondo in un'ala che concederebbe ai due un minimo di riservatezza. Dei lettini d'emergenza sarebbero stati approntati e varie sedie disposte qua e là accanto a tavoli e tavolini che fungono da sostegno per lo strumentario medico d'emergenza. La Hyuga raggiungerebbe il fondo estremo della tenda e si accomoderebbe su una sedia indicando all'altro, con un cenno della destrorsa, di prender posto dove più avrebbe preferito. < Prima che tu mi dica qualsiasi cosa ho due domande, però. > principia la donna accavallando le gambe ed osservando il gigante con il capo reclinato leggermente all'indietro per poterlo meglio osservare. < Cosa è successo alla tua schiena e dov'è il tuo coprifronte. > Parrebbero domande ma, semplicemente, non lo sono. Non ha bisogno di chiedere per sapere che c'è qualcosa che non va al suo dorso -troppo esperta per ignorare quel sussulto seguito ad un breve urto nemmeno troppo forte sulla zona, né per essere certa che l'altro non sia lo stesso deshi incerto che aveva incontrato l'ultima volta alla vigilia del suo esame genin. [ Chakra: on ] [Ospedale da campo] Stava filando per il meglio, il tuo piano, eppure è bastato tanto poco per mandarlo in frantumi. Lei si acciglia, e ha ragione. Alla fine non sei così tanto capace di gestirlo, quel dolore. Non puoi far altro che disegnarti un’espressione colpevole sul viso e annuire. Rilassi un attimo i muscoli. Mentre cammini con lei affianco, come è stato poco prima del tuo esame. Adesso siete in guerra, in un ospedale da campo. Quante cose sono successe dal tuo esame genin? Forse troppe. Vorresti averla a tua disposizione per un giorno intero, per poterle raccontare e piangere con lei, ma non puoi lasci ondeggiare le braccia definite, coperte dalle larghe maniche del chimono a nascondere la pelle, fuoriescono solo i polsi e le mani, cinte anche loro da fasciature da combattimento che le coprono dalla prima falange delle dita fino ad inerpicarsi nella manica. E chi lo sa dove arrivano. La segui finché lei non ci segue. Li non vi ascolterà nessuno. Li sei tranquillo con lei. Annuisci a quelle due domande che sembrano ordini. Ti senti obbligato a rispondere <vedete… ieri ero in missione. Io, Tenshi-Chan e…Onosuke> lo ringhi via l’ultimo nome. Che mai ti avrà fatto? Stara a lei scoprirlo. <dovevamo dare il cambio ad una squadra di genin di pattuglia. Li abbiamo trovati morti. È arrivato dalla via che porta alle mura un carretto di viveri che è stato attaccato dalle copie del dio. Abbiamo avvertito il nostro chuunin di riferimento tramite la ricetrasmittente trovata su uno dei cadaveri e abbiamo trattenuto le copie finchè non sono arrivati i rinforzi. Abbiamo quindi portato il carro con i rifornimenti all’interno delle mura.> le racconti tutto il più brevemente possibile, hai paura di disturbarla, si vede. Provi ancora soggezione ad intrattenerti con persone di questo rango. Non puoi farci niente <ecco… nello scontro…> come glie lo spieghi? Non puoi. Ti afferri la manica sinistra con la mano destra, in questo modo lasci scorrere il braccio nel tessuto della manica finchè non emerge dallo scollo sul petto. Ma stessa cosa fai con l’altra manica, lasciando così cadere la parte superiore del chimono che rimane appesa solo per la cintura. La pelle tirata all’inverosimile sui muscoli definiti rivela gli allenamenti estenuanti che non smetti di praticare. Le fasciature sulle mani arrivano fin sotto al gomito, coprendo per intero l’avambraccio definito. È la prima volta che le riveli il tuo corpo. I muscoli sembrano guizzare ad ogni singolo movimento, grosse vene solcano i bicipiti e le spalle, autostrade di sangue spinte contro la pelle dalle fibre muscolari. Sul pettorale sinistro campeggia la testa della grossa aquila tatuata sul tuo corpo. Le ali sono spiegate sulle braccia ma, lei potrà vederlo, il becco è cancellato da una grossa cicatrice che parte proprio dal pettorale sinistro e attraversa, tutto il torso, fino a fermarsi sul fianco destro. Una cicatrice enorme, larga anche cinque centimetri nella parte centrale, che deturpa la perfezione che cerci costantemente di raggiungere. Non ti curi di tutto questo, semplicemente ti volti, mostrandole il maestoso corpo dell’aquila che copre tutta la schiena, sagomata dai grossi muscoli lombari, dorsali, dalle scapole e dal trapezio. Sembri un puzzle di carne assemblato e tenuto insieme dalla pelle. Il corpo di quell’aquila però è visibilmente lacerato. Brandelli di pelle priva di colore campeggiano sulla parte superiore della schiena, come se fosse stato danneggiato e curato. Nella parte inferiore della schiena invece, dove i due muscoli lombari formano due grossi rigonfiamenti con lo spacco in mezzo a protezione della spina dorsale, campeggia una grossa chiazza violacea. L’occhio esperto di un medico potrà intuire che l’Akimichi ha ricevuto un colpo alle spalle dritto alla colonna vertebrale. Un colpo potente che probabilmente non ha incrinato nessun tipo di osso, ma sicuramente ha coinvolto qualcuno dei fasci nervosi che ricopre la colonna. La zona è gonfia e il colore non lascia presagire niente di nuovo. <una di quelle copie bastarde mi ha preso alle spalle> con disprezzo lo dici. Che atto vile. Le dai la schiena ora, e per farle vedere meglio la ferita pieghi le ginocchia fino a trovarti in ginocchio, davanti a lei, di spalle rispetto a lei. Le offri i tuoi punti deboli? Si, perché ti fidi. Fai in modo che possa osservarti meglio. <il coprifronte è rimasto in tenda, Kaori-sama> dici la verità, è giusto così <Non era prevista questa uscita ma… non posso più rimandarla> ammetti lei non può vederlo, ma il tuo volto stanco s’appesantisce, mentre abbassi lo sguardo <cerco di portare il coprifronte solo quando esco dall’accampamento….> non hai un buon rapporto con quel pezzo di metallo. No.[conoscenza del dolore] Non è duro il tono quando lascia intendere di aver smascherato la sua menzogna, ma fermo. Non è un rimprovero, semplicemente trova inutile riempire l'aria fra loro di menzogne o mezze verità. Percepisce la tensione altrui, quel suo timor riverenziale che la lusinga e rasserena assieme. Yosai è una delle persone più educate e genuine che abbia incontrato in recenti anni e se inizialmente sarebbe parso buffo pensare di collegare una simile spontaneità a quella montagna di muscoli, adesso le appare semplicemente naturale. Non chiosa altro Kaori, non finché non raggiungono l'angolo più distante ed isolato possibile della tenda. Qui pone all'altro due condizioni prima di concedergli di parlarle e questi non esita poi troppo prima di capitolare alle sue richieste. Abbassa lievemente le sopracciglia nel notare quel leggero--fastidio? tingere la voce di Yosai al nominare l'Aburame. < Devo immaginare che non andiate molto d'accordo? > chiosa calma la donna trattenendo malamente, in verità, un leggero sorriso. Non aggiunge altro nell'immediato, però, lasciando libero il taijutser di raccontare l'episodio in questione ascoltando attentamente ogni singolo fonema. Annuisce lentamente, interessata, immagazzinando ogni parola nella propria mente con attenzione fin quando il ragazzo non tace andando, semplicemente, a spogliarsi. Rivela il proprio busto tornito, la muscolatura perfettamente allenata apparentemente uscita dalle pagine di un manuale di anatomia, senza scatenare alcun tipo di imbarazzo di sorta in nessuno dei due; egli pare essere perfettamente a suo agio nel mostrare la pelle nuda, le forme eleganti di quell'aquila che danza sulla sua carne, e Kaori -dal canto suo- mostra esattamente la stessa cosa. Rimane tranquilla, perfettamente posata, senza arrossire né distogliere lo sguardo: è un medico ed una madre, di pettorali scoperti ne ha visti abbastanza per una vita intera per potersi imbarazzare adesso come una ragazzina. Non comprende bene cosa voglia mostrarle: la cicatrice che distorce il becco dell'aquila è sicuramente importante ma altrettanto palesemente vecchia e ormai rimarginata. Solo quando lo vede voltarsi donandole le spalle realizza il punto di tutta quella situazione. Yosai si inginocchia così da permettere all'altra un'analisi più comoda, alla propria altezza, e le lascia modo di scrutare la sua schiena sfregiata da una vecchia bruciatura guarita ed un ematoma non indifferente a mezza lunghezza. Una chiazza viola sicuramente dolente al tatto s'apre per un bel pezzo di schiena rivelando così alla donna la spiegazione al quesito numero uno. < Mhh. Vedo. > osserva la donna sciogliendo ora l'intreccio delle gambe e sporgendosi sulla sedia così da avvicinarsi ancor di più al ragazzo. Poggia le mani sulla sua pelle ai lati della contusione così da osservarne meglio il colorito e l'estensione. < Dovrebbe crearti difficoltà a camminare a giudicare dalla posizione e da quanto ti ha fatto male al solo contatto. > suppone lei sollevando poi lo sguardo per portarlo, ammirato sulla nuca dell'altro. < Persino io non mi ero accorta che qualcosa non andasse finché non ti hanno sfiorato. > La sua voce è evidentemente impressionata da quella rivelazione. < Ti fa onore il tuo riuscire a sopportare tanto bene il dolore, davvero, ma non dovresti portarlo segretamente con te, soffrendo, se puoi risolverlo. > aggiunge con maggior morbidezza, quasi con il tono amorevole di una madre che rimprovera il figlio per materna preoccupazione. < Comunque se mi dai pochi minuti posso sistemare tutto. > chiede, tacitamente, il permesso a proseguire ritrovandosi solo a consenso ottenuto a distaccare le mani dalla sua schiena per portarle a circa una decina di centimetri di distanza dalla contusione. Concentrandosi sul chakra che scorre ceruleo in lei, la Hyuga, andrebbe a ricercare una comunione profonda con questo visualizzando nella propria mente la presenza delle energie fisiche in quel fiume di potere che le fluisce sotto pelle. Una volta individuate andrebbe a forzarne il corso fino a spingerle lungo le braccia, i polsi, le mani, finendo per farle fuoriuscire dagli tsubo presenti fino ad avvolgere i propri palmi di un alone verdastro e benefico. Tenendo le mani al di sopra della schiena di Yosai, sempre alla distanza sopra citata, lascerebbe fluire il chakra medico fino ad avvolgere la zona offesa lasciando modo ai tessuti danneggiati di rigenerarsi attutendo il dolore che dovrebbe pulsare fastidioso sottopelle. Ascolta poi la seconda parte del suo discorso e ode nelle sue parole, nel suo tono, una sorta di ombra che la porta a non rispondere immediatamente. Inspira ed espira lentamente, a suo agio, lasciando cadere fra loro un silenzio denso e pesante, non dissimile all'aria caratteristica di quel Villaggio. < Cosa ti tormenta? > domanda, alla fine, dopo un lungo attimo di quiete. La sua voce è morbida, di miele, ma ferma. < Ti sento in difficoltà, Yosai. Ti vedo diverso dal nostro ultimo incontro. Come se fossi invecchiato di anni nel giro di pochi giorni. > spiega il proprio punto di vista Kaori osservando la schiena curva dell'altro, ripensando alla sua figura improvvisamente più sicura e--pesante. Come se un pesante fardello gravasse sulle ampie spalle accompagnandolo sinistro, facendolo sprofondare nel terreno un po' di più ad ogni passo. < E' solo la guerra? > chiosa, delicatamente, affinando ancor di più il tono della voce, accorta. Non desidera essere indiscreta, né metterlo in difficoltà. Vuole, se possibile, potergli essere solamente d'aiuto e sostegno. [ Mani Terapeutiche: PS 78 + 17 = 95 ] [ Chakra: -18 ] [Ospedale da campo] Ti picca il primo dire della Hyuga, vero? Certo che si. Stringi appena la mascella <devo ancora capirlo se quel tipo mi piace o no> eccola lì, la tua solita irruenza <intanto lui e i suoi stupidi insetti mi hanno tolto il piacere di vendicarmi sul pezzo di fango che mi ha colpito alle spalle. Appena lo becco devo chiedergli spiegazioni> ti si stende davanti agli occhi blu il velo dei ricordi e ti rivedi li a scattare contro la copia atterrata dagli insetti dell’Anbu, pronto a schiacciargli la faccia a morte, e ricordi quegli insetti murare il tuo colpo. No, proprio non hai apprezzato quell’intromissione. <In realtà non ho nulla contro di lui…> ammetti in tono un po' più ponderato < è stato anche un buon compagno di squadra> addirittura un complimento? Beh sai essere obbiettivo quando serve <abbiamo però due idee molto diversi sulla cieca obbedienza agli ordini> commenta. E non è difficile anche per uno stolto capire le due posizioni, visto che uno fa parte di una squadra d’elite scelta proprio per la loro capacità di mantenere freddezza e aderenza agli ordini e tu preferisci invece girare senza coprifronte. <ma rispetto le sue posizioni. Le porta avanti con profonda convinzione e questo merita rispetto, a mio avviso> certo che lo merita, non è mica detto che chiunque la debba pensare come te. Che poi, diciamocela tutta, un buon ninja la pensa come l’Aburame, non come te, questo è sicuro. Volti il capo e la parte superiore delle spalle quando lei si complimenta come te, per donarle almeno il profilo del tuo volto, dipinto in un ghigno compiaciuto <Vi ringrazio, Kaori-Sama, gli allenamenti ai quali mi sto sottoponendo dalla promozione genin in poi sono volti proprio ad abituarmi alla presenza del dolore. Se il nemico percepisse che i propri colpi sono andati a segno la mia sconfitta si avvicinerebbe sempre di più.>Mantieni quel ghigno <Io invece ai miei nemici sembrerò indistruttibile> Hai già visto espressioni sbigottite e frustrate. <Questo metterà il mio avversario sotto pressione, perché dovrà trovare un punto debole che non c’è, o che lui non vede, e questo andrà a mio vantaggio> sei freddo quando parli dei combattimenti. Sei nato per quella dimensione che si genera tra due avversari che si scontrano, lo sai e si vede. Perfettamente a tuo agio, non ti senti sotto pressione nello sfidare qualcuno. Non pressione negativa almeno. Annuisci anche quando lei ti chiede il permesso di alleviarti il dolore. Addolcisci quel ghigno facendolo diventare un solare sorriso <certamente> mormori <vi ringrazio Kaori-sama> certo che la ringrazi. Sarai anche bravo a sopportare il dolore ma non hai dormito stanotte. Ad uccidere quel sorriso sulle tue labbra ci pensano le successive parole di lei. Le ascolti, percepisci le cicatrici mai guarite riaprirsi e tornare a sanguinare. Torni a guardare davanti a te, nascondendo a lei i tuoi occhi blu <Azrael-Sama mi ha spedito qui con l’avanguardia di Konoha> cominci a raccontare. <La sera del nostro arrivo, mentre allestivamo l’accampamento mi è stata recapitata una lettera da mio padre> Come puoi spiegarle l’importanza di quel messaggio? Ci devi riuscire però. Continui a parlare ma la voce ti si fa più profonda. Ti stai aprendo, le stai permettendo di scendere nella tua anima. E hai paura di questo <Io venni cacciato dalla mia famiglia all’età di dodici anni. Sono stato lontano dal villaggio per otto anni> questo non l’hai raccontato la prima volta. <Non sono stato un bravo figlio> mormori reprimendo una fitta di dolore <Sono tornato con l’idea di prendermi il coprifronte e dimostrare a mio padre che mi merito il cognome Akimichi> eccolo il breve antefatto <La notte stessa mi sono recato da mio padre e…> irrigidisci la mascella, scosso da un fremito percepibile anche da lei <Quella sera ho contemporaneamente scoperto che sono stato adottato, conosciuto il mio vero padre e assistito alla morte di quello che pensavo fosse mio padre per mano del…> non ce la fai a continuare. Ti devi concentrare per reprimere le lacrime che ti annebbiano la vista, non vuoi che scendano. Non davanti ad una persona che stimi così tanto. Lasci passare lunghi secondi, finchè non riesci a ricacciarle indietro. Non sei più un allievo, sei un Ninja ora <Sono stato generato dal Demone Rosso…> spingi fuori quella frase con lo sguardo sgranato, puntato sul vuoto. Non vedi cos’hai davanti, vedi quello che è successo quella sera, per l’ennesima volta, come ogni volta che si riapre quella ferita <Quella sera ho riportato sulle spalle la prima vittima di Konoha a Kiri… l’uomo che ho sempre chiamato padre> ed è per questo che ancora adesso hai tenuto il suo cognome. Perche ti senti figlio suo. Non farebbe invecchiare chiunque questa cosa? Forse si. <…> schiudi le labbra, vorresti continuare a parlare ma esiti. Ti vergogni di come ti stai comportando, anche se dovresti essere fiero di aver tenuto un tono normale e di non aver pianto, gonfi il grosso torace ed espelli un profondo sospiro dal naso. Come se il tocco lenitivo di lei ti stesse curando l’anima <Chiedo scusa, Kaori-sama> è successo da poco. Per questo non riesci a parlarne con la giusta normalità. Ammesso ci sia una normalità giusta. Non riesce totalmente a trattenere una risata, Kaori, quando l'Akimichi va parlando di Onosuke. Spiega dapprima il motivo per cui non parla felicemente di lui e poi la ragione dietro le loro differenze. Solo infine ammette che per quanto siano dissimili riesca comunque a stimarlo come ninja. Alla donna par quasi di vedere litigare due fratelli e di dover tenerli fermi per le spalle onde evitare che finiscano col colpirsi. Il pensiero vola ai suoi piccolini, a Shiori e Seto che dovrebbero star riposando tranquilli a casa delle loro nonne, al sicuro. Una fitta di nostalgia la colpisce in pieno petto facendole sentire ancor più profondamente la mancanza dei suoi bambini. < Ahhh. Una questione di principio quindi. > riassume alla fine la donna cercando di non pensare troppo ai figli per poter continuare a concentrarsi sulla conversazione in corso. Magari avrebbe chiesto ad Azrael, più tardi, di dislocarla a Konoha per un po' così da poter rivedere i gemelli anche solo per mezz'ora. < Onosuke è--diligente. > chiosa con voce calma ripensando al loro primo incontro, al modo in cui il ragazzo mascherato le abbia parlato della sua convinta necessità di mettersi a servizio del Villaggio pronto a fare qualsiasi cosa serva e gli venga chiesto di fare. < Devo quindi immaginare che tu sia un ribelle? > sorride leggermente Kaori quasi stuzzicando il ragazzone davanti a sé prima di procedere alla visita medica vera e propria. < Allora non sei tutto muscoli. C'è anche della materia grigia qui dentro. > scherza lei sporgendosi appena oltre la spalla del ragazzo, il tono più leggero, gentile, mentre lui si china davanti a sé spiegando il fulcro dei suoi allenamenti. Una idea di base inattaccabile, ineccepibile, che dimostra la determinazione incrollabile dello stesso genin. Non appena Yosai autorizza Kaori a procedere con la medicazione, la Hyuga si mette all'opera andando quindi a sfruttare il proprio chakra medico per alleviare il dolore alla schiena del ninja. L'ematoma rientra rapidamente andando a schiarirsi nel giro di pochi secondi man mano che i capillari si rinsaldano ed il sangue perduto viene riassorbito e rigenerato come avrebbe dovuto essere in origine. Il chakra medico continua a scorrere dalle mani della Hyuga fino alla pelle resistente del taijutser andando a lenire il suo dolore fino a farlo dissolvere tramite una sensazione di piacevole tepore. Solo allora, mentre la cura giunge a termine e la donna rilascia il flusso di chakra fino ad interromperlo Yosai prende a raccontarle cosa gli sia accaduto. Kaori lo ascolta in silenzio, attenta, scrutando composta la sua nuca senza però fissarla insistentemente. Ascolta il suo racconto, conserva ogni confidenza fino a schiudere appena le labbra quando il giovane le rivela l'identità del genitore. Avverte il peso di quella confessione come fosse un dolore personale e rispetta quel momento di difficoltà rimanendo in silenzio fintanto che l'altro non arriva a riprendere il controllo. Sente quella scusa finale giungere di troppo e, smuovendo le palpebre un paio di volte soltanto, schiude le rosee a liberare un'unica parola. < Kaori. > chiosa leggera, sottile, in un sussurro intimo. < Basta Kaori. > specifica con la medesima pacatezza, inspirando lenta dalle narici sottili prima di riprendere la parola. < Il giorno in cui mio padre è morto è stato quasi ugualmente traumatico. > rivela dopo un lungo attimo di pausa, ancora seduta alle spalle dell'altro con le mani che ora si posano delicate sulle proprie cosce, la sinistra sopra la destra. < Ero una chuunin ed ero stata rapita da una ninja estremamente potente che sembrava dare la caccia agli Hyuga. > riassume sbrigativamente le parti superflue del racconto. Non per mancanza di fiducia nei riguardi del taijutser quanto più per obbligo nei riguardi del proprio clan. < Ad incastrarmi era stato mio padre, la persona di cui più mi fidavo al mondo. > Un sorriso amaro affiora sulle rosee della Dainin mentre, malinconica, abbassa di poco il capo. < Lo odiai pensando che mi avesse tradito, che avesse tradito tutti. E poi scoprii che era stato controllato come un burattino fino a quel momento. Privato della sua coscienza e libertà era stato usando da quella persona per arrivare a me. > Inspira a fondo fino a riempire i polmoni riuscendo però in qualche modo a rimanere stabile nel tono. Il dolore è sempre presente, di sottofondo, ma col tempo ha imparato a dominarlo ed accettarlo così da non soccombere più al suo potere. < Quando provò a proteggermi e ribellarsi fu ucciso all'istante. Un kunai alla gola, un taglio netto. Si dissanguò fra le mie braccia in pochi istanti. > Il ricordo di quel momento rivive sotto le sue palpebre spingendola a riaprire gli occhi all'istante. < So che sapere tutto questo non riporterà indietro tuo padre e non renderà più facile sopportarne la mancanza ma-- > si ferma un istante andando a risollevare ora il capo per tornare a fissare il capo di Yosai, ch'egli sia ancora voltato di spalle oppure no. < --volevo tu sapessi che posso capire il tuo dolore. Che se dovesse essere troppo, puoi affidarlo a me, un po'. > si offre di farsi carico di quella sofferenza, di condividere con lui il peso di quel tormento. < E voglio che tu sappia che scoprire chi ti ha dato la vita non cambia quello che penso di te. Non è il tuo sangue a determinare chi sei ma le tue scelte. > prosegue subito dopo con tono più fermo, più convinto, assottigliando leggermente lo sguardo con fierezza. < Spero che scoprire la verità non cambierà nemmeno quello che *tu* pensi di te stesso. > [ Mani Terapeutiche: PS 95 + 17 = 100 ] [ Chakra: -2 (-20) ] [Ospedale da campo] Ascolti quelle parole, di nuovo ti volti a guardarla, anche se solo con la coda dell’occhio affilato, di profilo <certo che è una questione di principio!> e per cosa varrebbe la pena discutere, se non per le questioni di principio? Sei tutto strano, e vai bene così, forse. Annuisci vigorosamente al dire di lei sull’Aburame. Lo definiresti volentieri una macchina, ma non sarebbe carino effettivamente, così ti trattieni, ma quando lei si spinge in supposizioni su di te sgrani lo sguardo e t’arresti di botto <Cos..ribelle? No!> Si, e lo sai. <è che ho la mia bussola morale e non accetto di eseguire ordini che non condivido> bravo, sei riuscito a passare per egoista con la puzza sotto al naso convinto di essere sempre nel giusto, correggi il tiro <Ho parlato di queste cose anche con Azrael-sama…> ammetti <io mi rendo conto che se tutti quanti pensassero come me sarebbe il caos ma…> gonfi di nuovo il torace, espirando dal naso come un toro, cerca di calmarti, <io sarò l’eccezione che conferma la regola> comodo così. Il racconto di lei ti investe come un tornado. Anche lei si snuda, si apre con te, ti concede se stessa. E che puoi fare tu? Puoi fare quello che ha fatto lei, ascoltare quella triste storia, conservarla dentro di te, come un prezioso tesoro, custodirai il tuo fardello come lei costudirà il tuo. Resti in silenzio fino alla fine, per poi voltarti di nuovo, torcendo la spina dorsale come un serpente per guardarla con la coda dell’occhio <Ti ringrazio per avermi raccontato queste cose, Kaori, mi aiuta sentirtelo dire> la chiami per nome, perché te lo ha chiesto lei. Perché ti ha chiesto di considerarla come la donna che hai davanti, come la figlia privata del padre, come la donna privata della libertà, con le sue fragilità e i suoi difetti, fai fatica a trattarla come una tua pari, quel racconto ai tuoi occhi la eleva ancora di più. Ma ti sforzi perché te lo ha chiesto. <Mi piacerebbe poter essere considerato allo stesso modo da te, allora, qualora dovessi averne bisogno> le tendi virtualmente un abbraccio. Cerchi di farle sentire che quel legame lo senti, adesso. Ascolti il suo ultimo dire. Annuisci. <Non mi sento meno Akimichi perché ho scoperto di essere adottato, e non mi sento più vicino al Demone Rosso perché ho scoperto che mi ha dato i natali> ti limiti a spiegare, è freddo il tuo tono. Sei Yosai Akimichi, e sai di esserlo. <Gli dimostrerò che ha sbagliato a tenermi in vita> ringhi. Se ne pentirà e come. Credi nelle tue capacità, quello che è successo non ti ha cambiato. I tuoi allenamenti stanno forgiando l’uomo che un giorno sarà pronto per quel confronto. <è che…> ti mordi il labbro inferiore. Non è tutto quello che hai da dire…<credo di aver fatto un incubo> hai un tono dubbioso, come se non sapessi se raccontare o no <Credo di aver sognato di essere tornato sul luogo in cui è successo e… ho incontrato una persona, credo, e… ho rivissuto molte e molte volte la scena ma…> come spiegarlo <io ero il Demone Rosso> la vomiti quella frase come se ti stesse soffocando, ti volti a guardarla, hai di nuovo gli occhi gonfi di lacrime <Quando mi sono svegliato avevo questo in mano> infili la grossa mano sinistra avvolta dalla fasciatura da combattimento nella tasca sinistra nascosta tra le pieghe del pantalone del Kimono, estrae un ciondolo a forma di testa di cane sorretto da una catenina. È il simbolo dei cacciatori di taglie, ma non lo sai, o forse lo sai ma non lo ricordi <e poi..> non è finita? No, perché non te ne accorgi ma una lacrima ti scorre sul viso. Una sola, carica e densa <da quando mi sono svegliato quando mi guardo allo specchio vedo riflessa un’immagine diversa dalla mia… l’immagine del demone rosso…> [vedi scheda]. La guardi, hai lo sguardo stanco, quasi supplichevole <Posso chiedere se per caso qui in ospedale avete qualcosa per aiutarmi a dormire?> sei in ginocchio davanti a lei, quasi la supplichi. Sei stanco. Si vede. Non lo sai che quell’incontro è avvenuto davvero, che il sonno non c’entra niente. che qualcuno sta giocando con la tua mente. Vuoi solo che tutto questo finisca. Dormire senza rivedere quel volto diabolico. Senza rivivere il terrore che hai provato. Ride divertita, di cuore, a quella prima esclamazione Kaori andando a coprire le rosee con il dorso della manca. Trova adorabile la spontaneità del ragazzone e finisce con l'esaurire quel breve riso in un'espressione tranquilla, leggera, che si riflette nelle iridi oceaniche dell'altro. < Ahhh, questo testosterone! > esclama divertita andando a richiamare una battuta ricorrente nella sua relazione con Azrael. Yosai ovviamente non può saperlo ma non è rilevante ora. Ascolta le sue parole, quel suo aprirsi a lei dal punto di vista del suo nindo ammorbidendo involontariamente i tratti alla semplice menzione del marito. Le basta sentir nominare il suo nome per illuminarsi e tornare ad essere, almeno per un secondo, la ragazzina impaurita del suo esame genin in attesa della sua enorme ciotola di ramen bollente. < Lo comprendo Yosai. > gli dice alla fine con le labbra distese in un sorriso caldo, cordiale, *vivo*. < Sei un ninja, non una macchina. Possiamo limitarci agli ordini fino ad un certo punto. Non possiamo annullare noi stessi in maniera assoluta. > chiosa lei, tranquilla, andando lentamente a ricomporsi, a tornare più composta e posata. < Nemmeno io sono totalmente fredda e imparziale in missione. Azrael--beh, lo avrai conosciuto abbastanza da sapere che è più simile a te di quanto non lo sia io. > ridacchia stringendosi nelle spalle. Quel breve attimo di leggerezza termina fin troppo presto, però. Questo termina quando i due si aprono e rivelano a vicenda mostrando lati di sé fra i più complessi e sensibili. Kaori gli fa dono della propria esperienza sicura di potersi fidare di lui e sorride mestamente quando lui la ringrazia. Non chiosa, non si muove, semplicemente annuisce lieve col capo accettando il suo ringraziamento. < Ti terrò sicuramente in considerazione. > assicura la donna con voce delicata, bassa, molto più di quella usata fino a quel momento. Senza quasi volerlo intenzionalmente cerca di adattare il tono di voce al solo ed unico ascolto del ragazzo. E' sollevata dalla sicurezza di Yosai: il fatto che egli non abbia rivalutato se stesso dopo aver scoperto delle sue origini è indice di grande forza morale e di spirito e Kaori se ne sente fiera. < Aggrappati sempre a questa certezza, Yosai. Anche se in futuro dovessi vacillare. > Sa che è facile cadere nel vortice del dubbio, sa che una rivelazione simile può essere pericolosa in un momento sbagliato. Vuole che Yosai non dubiti mai, che non dimentichi mai la sicurezza con cui in questo momento si riconosce come Yosai Akimichi, degno figlio di suo padre. Tuttavia quanto le racconta successivamente porta la donna a scrutarlo con espressione attenta. Lui le parla di un incubo ma quando tira fuori dalla tasca quel ciondolo la Hyuga si ritrova a schiudere le labbra quasi stregata dalla visione di quell'oggetto. Un incubo non ti lascia regali, solo paure. Ne scruta la forma, il disegno e viene riportata indietro nel tempo: aveva visto quello stesso cimelio al collo di Sakura Hyuga anni prima e da lei scoprì che si trattava del simbolo di un determinato gruppo di persone. < E' il simbolo dei cacciatori di taglie. > chiosa a voce bassa sollevando solo dopo lo sguardo portandolo nuovamente sul viso del taijutser. < Ricordi chi te lo ha dato nel sogno? > domanda, deglutendo, non sapendo chi possa avere interesse in lui. Una parte di sé non esclude l'idea che possa essere stato lo stesso Demone Rosso: possibile che abbia sfidato suo figlio a trovarlo e affrontarlo? Un qualcosa di malato ma non totalmente sconclusionato, no? Yosai tuttavia non ha finito e quando continua porta Kaori ad osservarlo con uno sguardo carico di comprensione. < E' possibile che si tratti di stress post traumatico. > chiosa la ragazza con voce gentile, accomodante, andando solo a quel punto a tentare d'allungare un dito per asciugare la lacrima che, salata, solca il suo volto. < La tua mente potrebbe star cercando di fare i conti con quanto successo. Di accettare questa informazione. > spiega con parole e termini semplici, elementari, andando poi ad annuire con un sorriso rassicurante sulle labbra. < Sì. Posso darti delle pillole. Ti sconsiglio un uso prolungato perché alla lunga il corpo si abitua e non potrai più farne a meno ma per un paio di notti possono andar bene. > replica Kaori andando solo a quel punto ad alzarsi e recuperare dai tavoli vicini i farmaci in questione. Cerca fra vari kit medici fino a che non trova quel che cerca tornando poi da Yosai porgendogli il flaconcino. < Ti direi di riposare qui perché sembri aver bisogno di dormire il prima possibile ma come vedi lo spazio è limitato. > dice come mortificata la Hyuga indicando i pochi giacigli approntati alla buona per le emergenze. < Riesci a tornare alla tenda da solo? > domanda, impensierita, osservando ora l'altro con premura. Può solo immaginare in che condizioni sia la sua mente ora, soprattutto alla luce di quanto l'altro le ha appena rivelato. Vorrebbe non lasciarlo dormire da solo, affiancarlo a qualcuno di cui possa fidarsi, ma non sa se l'altro sarebbe favorevole all'idea. [ Chakra: -20 ] [Ospedale da campo] Ti volti di scatto, quando senti quel sospiro, schiudi le labbra, arcigno lo sguardo “Testosterone un cazzo!” no, non lo dici, ti avrà concesso l’intimità, ma è pur sempre una dainin del villaggio! Statti zitto. Anche perché il dire di lei successivo ti da ragione. Annuisci in sua direzione, su tutto <Si, l’ho notato> che Azrael-sama ti somiglia? Si. Lui sarà stato sicuramente troppo orgoglioso per raccontare alla moglie che per la prima volta il sadico ha subito anche lui un esame da parte di una persona da lui scelta per vedere se era compatibile con te. E non sarai tu a rivelarglielo. Perché dovresti. Annuisci solo una volta quando ti senti dire che sarai tenuto in considerazione, le regali il sorriso più luminoso che trovi <ho le spalle larghe> diavolo se è vero, l’avrà notato lei. E diventeranno sempre più grandi. Ascolti quel consiglio, l’espressione solare lentamente muta in determinata. <Ho poche certezze. Forse anche meno dei ragazzini miei parigrado, Kaori> parli piano, ma con feroce sicurezza, e mentre lo fai pianti il piede mancino per terra con un tonfo, e su questo fai leva issando la tua montagna di muscoli compositi e tirati sotto la pelle sottile. Ti volti fino ad averla completamente di fronte. Non ti importa d’essere a torso nudo. Non hai di che vergognarti d’altronde. Con gesti sinuosi che smuovono tutte le catene cinetiche dei muscoli come serpenti sotto la pelle, infili di nuovo il braccio sinistro nel chimono <Non ho un villaggio da voler proteggere, ne un grande ideale che mi guida…> stai descrivendo un ninja monco… o forse no? <…ma so molto bene chi sono, come esco dalle situazioni di difficoltà e chi sono le persone a cui tengo> mentre elenchi sollevi prima l’indice della mano destra lungo e grosso, poi il medio e poi l’anulare. I tuoi tre principi. Ascolti poi mentre ti viene disvelato il simbolo incatenato da quel ciondolo. Ti fai asciugare quella lacrima sgranando piano lo sguardo. Due linee sottili e rosse ti si disegnano sugli zigomi. Imbarazzato. Non dovevi piangere. Debole. Sposti istintivamente lo sguardo blu, irruento e imperioso, su quel pezzo di ferro. <quindi sono diventato cacciatore di taglie> è una domanda? Dal tono non si direbbe. Ma ti lampeggiano gli occhi blu appena lo scopri. Cosa vorrà dire? Lo guardi, quel ciondolo, e mentre lo guardi ti balenano davanti squarci di immagini, una scogliera, una cappa scura <aveva gli occhi neri, e viola…mi ha chiesto se avessi mai ucciso… ho risposto di no.> e poi hai cominciato a farlo, a trasformarti nel demone rosso. A uccidere tuo padre. Un brivido ti scuote profondamente. Non ricordi molti dettagli, ma ripensare a quella notte ti provoca fitte di mal di testa prepotenti. <c’era.. la musica> Le tempie iniziano a pulsare al punto che devi assottigliare lo sguardo, che per un attimo s’offusca <scusami, Kaori, faccio fatica a ricordare> sembri più stanco. Non le racconti che hai rotto tutti gli specchi della tenda, che ultimamente hai chiesto tutti i turni di notte disponibili. Non è il caso che si preoccupi oltre. Ha già fatto tanto per te <Ti ringrazio per aver lenito le mie ferite ed aver ascoltato il mio sfogo> chini il capo e le spalle in gesto di profondo rispetto. Allunghi la mano destra, libera dal ciondolo per prendere il flaconcino. <Grazie… davvero> di nuovo un profondo inchino. Sei monotono, ma come potresti sdebitarti? Non puoi. Non puoi ringraziarla più di così <approfitterò per chiudere occhio un paio d’ore prima del turno di guardia. Se le cose non dovessero migliorare… spero di trovarti ancora con qualche minuto libero> Serri i denti, li stringi. Ti vergogni. Si vede. Non puoi essere così dipendente dagli altri. Eppure non riesci più a guardarti allo specchio senza vedere la tua nemesi. E il profondo terrore che provi nel guardarti riflesso allo specchio, quello non sai come fronteggiarlo. Abbassi lo sguardo per la vergogna. <Hai, posso tornare, non ho intenzione di essere d’intralcio, spero anzi di non averti sottratto troppo a lungo ai tuoi doveri> inizi a prenderci la mano, con la confidenza. Le regali un altro sorriso, un po' più timido forse. Hanno ragione a chiamarti il gigante buono. Cala la sera fuori dalla tenda e nel mentre Yosai regala altre briciole di sé alla Dainin. Questa volta le rivela le sue certezze mentre, rialzandosi in piedi, si riveste senza soffrire questa volta alcun tipo di dolore. La contusione è guarita, il suo corpo risanato ma è la mente che, silenziosamente, par essere crepata in più punti in maniera sottile. Sorride comprensiva la donna alle sue parole andando infine ad annuire al suo discorso. < E' molto più di quanto pensi, invece. > chiosa lei delicatamente, convinta nel profondo di quel dire. < Molti non possono contare su altrettante certezze, anche ninja molto più grandi ed esperti di te. > gli confida ripensando a Raido che professava principi a cui non ha mai realmente dato corda, a Mekura che per tutta la vita è parsa brancolare alla ricerca di una approvazione che non ha mai trovato: la propria. Ripensa ad Harumi che non sapeva chi fosse e che l'ha scoperto pian piano, ripensa a Kouki che non sapeva neppure di chi potersi fidare. Il pensiero dell'evoluzione e della crescita della sua bambina dal loro primo incontro a quel momento la riempie di tacita gioia. Lascia quindi che Yosai termini di rivestirsi prima di arrivare a comprendere cosa quel simbolo nella sua tasca stava a significare. Kaori espira flebilmente dalle rosee schiuse, vagamente confusa. < Non posso esserne certa. Ma sembra proprio di sì. > Non sa se qualcuno gli ha lasciato quel ciondolo come criptico pro memoria, come suggerimento o segnale o se, effettivamente, gliel'abbiano lasciato in segno di appartenenza: a questo soltanto Yosai può trovar risposta e lo sanno entrambi. Tuttavia ricordare è difficile per lui. Fa palesemente fatica nel tornare indietro a quell'incubo, le sue parole non rivelano poi molto, ma Kaori sceglie alla fine di frenarlo con un morbido e quasi materno < Ssshhh >. Gli sorride con dolcezza, premurosa, andando a scuotere il capo quando l'altro si scusa. < Non preoccuparti. Col tempo forse ricorderai. La cosa importante adesso è che tu riesca a riprenderti. La deprivazione del sonno può essere molto pericolosa. > gli dice mentre gli tende il flaconcino ch'egli prende grato dalle sue mani. < No, hai bisogno di dormire più a lungo. A giudicare da quelle occhiaie non dormi da almeno due giorni, due ore non basteranno a ristabilire i ritmi del tuo corpo. Mi occuperò io di cambiare il tuo turno di ronda, non preoccuparti. > lo rassicura con tono serio, professionale, guardandolo decisa negli occhi. < Cerca di riposare Yosai e, se non riuscirai a dormire, vieni pure alla mia tenda. Sono sicura che Azrael non avrà da ridire in proposito. > lo avvisa tranquilla, sicura, andando poi ad annuire quanto il taijutser la rassicura sul poter tornare da solo alla propria tenda. < Va bene. Allora vai pure a riposare Yosai e poi parleremo di nuovo un'altra volta. > gli sorride, dolcemente, unendo le mani davanti a sé all'altezza del basso ventre. < No, affatto. Anzi mi ha fatto piacere rivederti e conoscerti un po'. > ammette, sincera, beandosi del sorrido che l'altro le dona. < Adesso vai. Voglio saperti ben riposato domani, intesi? > Sa che non è una scelta altrui ma cerca di smorzare un po' la tensione. Lo congeda così, tranquilla, con un sorriso ed uno sguardo carico d'affetto. Segue la sua schiena con lo sguardo mentre s'allontana dalla tenda chiedendosi, silenziosamente, se avrebbe dovuto dirgli che in quei giorni è stato richiesto ai ninja più alti in grado della Foglia di andare alla ricerca del Demone Rosso della Foglia. [ END ]