Un triplice incontro.
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Giocata del 24/03/2020 dalle 10:36 alle 15:55 nella chat "Parco"
[Parco] Il cielo sull’isola si è condito di grosse nuvole e se questo ha scoraggiato la maggior parte delle persone ad uscire, questo non è stato così per il giovane Kusano. Le sensazioni di adrenalina che l’accademia regala, insieme a quel brivido del nuovo, stanno pian piano lasciando spazio a una consapevolezza, la consapevolezza della difficoltà del percorso scelto, quello di diventare un ninja che agisce per il bene del proprio villaggio. L’abbigliamento che indossa è virtualmente semplice: un paio di sandali di colore nero, che sono aperti e lasciano trasparire le dita dei piedi, ai quali si accompagnano un paio di pantaloni del medesimo colore, da ginnastica e comodi, che fasciano le lunghe gambe del Kusano. La parte superiore, invece, è coperta da una semplice maglia a maniche corte che è anch’essa nera. Tutto l’abbigliamento cozza decisamente con i colori somatici: capelli color biondo platino, mossi e ribelli sul capo e un paio d’occhi azzurri dal taglio netto, che gli danno quella naturale espressione seria. Espressione seria che è rafforzata dai propri pensieri e dalle proprie preoccupazioni, che gli sono stampate in faccia, donandogli un’espressione scura e truce e un colorito ancora più biancastro di ciò che ha realmente. Sta camminando per le vie del parco, senza meta, virtualmente, le mani che sono nelle tasche dei pantaloni, lo sguardo che è perso in un punto davanti a lui che lui solo sembra vedere. [Parco] La nebbia finalmente sembra aver chiuso i battenti all'isola di Chomoku, lasciando però spazio alle nuvole. Pare proprio che il sole debba ancora aspettare il suo turno. In questa tarda mattinata per il giovane studente non sembrano esserci in atto programmi di allenamento, è questo è un bene vista l'enorme fatica fatta nei giorni scorsi. Ha inserito nuove pietre miliari nel suo percorso, che però sa essere ancora estremamente lungo. I suoi capelli neri sono anche oggi raccolti in una coda dietro la schiena, le iridi del medesimo colore puntano al parco dell'isola. Indossa un kimono grigio scuro senza alcun ornamento, pantaloni neri aderenti, sottoveste bianca sotto l'abito. Ai piedi i classici sandali di legno. Non ha con se alcun equipaggiamento particolare, anche se in futuro prevede di dotarsene visto che il suo stesso percorso accademico glielo richiederà. Procede a passo lento per le vie del parco, piedi che poggiano a ritmo costante suull'erba fresca e colma della rugiada mattutina. Non c'è molta gente a quest'ora, anche se dovrebbe riuscire a scorgere una figura non troppo in lontananza che cammina proprio verso di lui. Non riconosce inizialmente il compagno di studi, per il momento continua quindi a camminare in sua direzione con lo sguardo pronto a decifrarne l'identità man mano che si avvicina. [Parco] Sembra che il grigio sudario che riveste l’isola si sia semplicemente alzato, liberando la terra per andare a ricoprire il cielo. Lo osserva muoversi coprendo il sole, come se fosse una cosa viva. Per poi tornare ad abbassare lo sguardo sul mondo degli umani. Svetta su tutti i presenti, superando di una spanna anche il più alto. Le larghe spalle stondate si muovono, accompagnate dalle braccia, in maniera opposta alle leve inferiori. Stà correndo. Le gambe scolpite sono coperte dal nero, largo pantalone d’un kimono. Si immergono in rosse fasciature che iniziano all’altezza del polpaccio squadrato e si immergono in comode calzature. Il torso, spesso come quello d’un albero, è coperto da una canotta bianca senza maniche e con il collo alto fin sopra il suo pomo d’adamo, in tessuto tecnico, aderisce perfettamente alle forme dei muscoli che guizzano sotto di essa. Le braccia libere son decorate dai giochi di luci e ombre dei muscoli definiti e da spessi tratti nero-rossastri di inchiostro che si immergono nella maglia. Il collo taurino sostiene il volto affilato, dai lineamenti definiti, dal naso dritto. Incorniciato da una barba ispida, decorato da due cicatrici ben evidenti sul volto, due tagli dritti e precisi, una parte dalla parte sinistra della fronte e scende giù fin sotto lo zigomo, salvando l’occhio, l’altro invece percorre tutta la fronte in orizzontale, come il taglio sul coprifronte dei mukenin, ma sulla carne viva. Ad incorniciare il volto, folti capelli scuri, tenuti da un cipollotto di fortuna. Corre, ed è il modo che ha per pensare alla miriade di cose successe in così poco tempo. Due aloni scuri macchiano la pelle perfetta del volto, sotto agli occhi. Non ha dormito molto quella notte. Incubi terribili di cicatrici squarciate, e poi sogni di gloria sotto la guida severa di antichi eroi. Sposta lo sguardo verso destra, a guardare la grande quercia che si staglia proprio al centro del parco, dove per la prima volta ha visto il Dio. Assottiglia le labbra, pensoso, ma quando riporta le iridi del color dell’oceano davanti a lui c’è un ragazzino biondo platino immerso anche lui nei suoi pensieri, è Katsu. Cercherebbe di scartarlo al volo, ma dall’altra parte sta arrivando un bambino dai capelli scuri, Hotaka. Maledizione, sgrana lo sguardo <ATTENZIO…> pianta i piedi per terra tentando di inchiodare, ma è difficile frenare quella massa di muscoli, e se i due non faranno qualcosa, li travolgerà come una palla da bowling travolge i birilli. Stryke. [Parco] L’incedere del ragazzo è tranquillo e lento, quasi una nuvola che sembra fluttuare tra le genti che hanno deciso, malgrado i nuvoloni, di popolare il parco. Un ulteriore sospiro, quasi una nuvoletta di fiato, esce dalla bocca del ragazzo dai capelli biondo platino, che si libera del suo momento d’incantamento andando pigramente a fendere le genti con gli. Ivi riconosce Hotaka, con un inziale dubbio sulla sua identità. Muove pigramente verso il compagno di lezioni e solo allora si può accertare che sia veramente lui. Malgrado la stazza, Yosai non entra nelle attenzioni e nel campo visivo di Katsu, che rivolge l’attenzione al ragazzino. La mano mancina, dominante, va ad alzarsi con un lento movimento e ad agitarsi in aria. <HotakaPORC...> il tono inzialmente tranquillo, il volto che si apre tramite l’innalzamento degli angoli delle labbra in un sorriso che affila ancor di più il volto naturalmente serio. Espressione poi destinata a mutare con gli occhi che si spalancano nel vedere quella grossa montagna di muscoli che si para davanti a loro come un bulldozer e che minaccia di travolgerli. <ATTENTO!> è l’ennesimo ringhio che fuoriesce con maggior vigoria dalla voce bassa e in evoluzione dell’adolescente, diretto sia ad Hotaka, che a Yosai in avvicinamento. Dal canto suo, nel parlare, va a puntare i piedi per terra, con i quadricipiti che vanno ad abbassarsi e così segue il tronco che, con l’aiuto dell’addome, vorrebbe scaricare un quantitativo di potenza eguale al suo peso corporeo, così da concedersi una spinta verso la propria mancina che vuol essere lanciato come un colpo di mazzafionda, così da concedere spazio a Yosai per arrestarsi e contemporaneamente al proprio parlare di spostarsi lateralmente e mettersi a distanza di sicurezza, evitando danni. [Parco] Le giornate tranquille non sembrano proprio essere all'ordine del giorno su quest'isola. Una leggera brezza mattutina fa leggermente smuovere qualche ciuffo sulla fronte dei capelli del giovane Deshi, fortunatamente essendo questi legati riescono comunque a mantenere un certo decoro senza ricoprirgli completamente gli occhi. Proprio questi ultimi, aiutati dal lento avanzare dello studente, riescono finalmente a mettere a fuoco la figura del ragazzo che camminava nella sua direzione. E' Katsu, uno dei pochi conoscenti che si è fatto in questi frenetici giorni, con il quale ha seguito tutte le sue ultime lezioni accademiche. Si è sempre trovato bene con lui, ha un carattere che per certi versi è simile al suo per cui non gli è stato difficile farci conoscenza. Così molto tranquillamente alzerebbe il braccio destro, sventolando la mano aperta per rispondere all'unisono suo amichevole saluto < Buongiorno, Kats... > Si interrompe di colpo. Osservando anche la reazione del compagno di studi. Purtroppo infatti il suo campo visivo ormai non può non notare il giungere di una vera e propria montagna che sta letteralmente franando proprio verso di loro. Probabilmente il Deshi si sarebbe impressionato anche vedendolo da fermo, tra corporatura e cicatrici è facile presumere che quel figuro attiri spesso lo sguardo attonito di chi gli passa vicino. Tuttavia le attuali circostanze non gli danno il tempo materiale per elaborarne il volto, perchè se non fa qualcosa rischierebbe sicuramente di farsi male. Il chakra sarebbe senza ombra di dubbio molto di aiuto in questa situazione, sta di fatto che non è attivato al momento ed al suo livello non ha certo il tempo di richiamarlo. I muscoli degli arti inferiori del giovane quindi andrebbero a contrarsi di colpo, l'adrenalina viene rapidamente secreta in grandi quantità dalle surrenali per permettergli una risposta il più rapida possibile. Quindi il Deshi cercherebbe di spiccare un salto, aiutandosi ed equilibrandosi con le braccia, nella direzione opposta a quella di Katsu, così da aprire un varco all'enorme figuro che sta disperatamente tentando di frenare. [Parco] Due lunghe scie di terra e frammenti delle sue calzature vengono lasciate per terra. Le gambe scolpite sono piegate, il busto è piegato il più possibile all’indietro. Per fortuna i due giovanotti sono in possesso di buoni riflessi e gli lasciano lo spazio di arrestarsi. Si raddrizza piano, in tutta la sua stazza. Lo sguardo oceanico ancora sgranato, gonfia l’ampio torace per poi schiudere le labbra sottili ed espirare <ufff> per un pelo. Il volto si abbassa, fino a cercare i due ostacoli che hanno avuto l’ardire di interrompere la sua corsa. Zaffiri lucenti d’un bagliore sinistro cercano i due, dettagli. Questo vuole. Sembrano agli antipodi quei due. Scuro uno, chiaro l’altro. Bene e male. Li studia quasi due giovani. Più giovani di lui sicuramente. Uno soprattutto <ci tenevate proprio a lasciarvi le penne…> mormora portando il dorso del polso sulla fronte, passandolo sulla cicatrice, per asciugare il sudore. In realtà il moro, Hotaka, stava giusto arrivando, ma ha avuto ben modo di notare come il buondo Katsu fosse li inchiodato a pensare a chissà cosa. Inarca un sopracciglio <mi domando quali pensieri siano stati così profondi da distogliere l’attenzione dal contesto> E un ninja non dovrebbe mai permettere all’attenzione di calare. per quanto il tono non sia chissà quanto giocoso, non è neanche severo, o di rimprovero. Da che pulpito potrebbe? Anche lui si è distratto d’altronde. È un tono di voce normale con qualcosa di musicale dentro che rivela che ha forse la metà degli anni che dimostra, solo detto da uno pieno di muscoli e cicatrici, potrebbe essere frainteso. Non si presenta, li studia, prima uno e poi l’altro. [Parco] Non fa in tempo a notare Hotaka che quell’enorme montagna minaccia di piombargli addosso. E lui scarta, la montagna arresta il proprio incedere e ben presto anche lui chiude gli occhi e l’espressione di terrore e sorpresa si ritrova a sciogliere la propria tensione a favore di una più distesa e di evidente sollievo sul proprio volto. Per primo inquadra Hotaka, per verificarne lo stato di salute, sostanzialmente. <Tutto bene?> che è un dire rivolto solo al ragazzino più piccolo e non a Yosai, che inquadra solo successivamente, così da udire le sue parole, che gli fanno alzare un sopracciglio, la faccia che esprime perfettamente il suo cipiglio abbastanza piccato, i tratti che si affilano in un’espressione di evidente severità. <Beh, è colpa di entrambi, non trovi?> il tono è leggermente piccato, ma lungi dall’essere infuriato o anche solo semplicemente arrabbiato. Solo spavento misto ad irritazione. <Noi eravamo distratti, ma anche tu ci hai visto all’ultimo> fa notare semplicemente, sbuffando e sospirando, riprendendo un proprio contegno. <I miei erano diretti altrove, se proprio vuoi saperlo> come se già di per sé non fosse palese. Altro sospiro, altro sbuffo. <Mi chiamo Katsu Tojima, comunque> presenta il proprio nome come buona educazione vuole e pretende all’incontro di due estranei. Volta quindi verso Hotaka, l’espressione che non muta significativamente, ma che si fa appena più tranquilla. <Come stai, Hotaka?> domanda, quindi, più colloquiale. [Parco] Come si suol dire, non si può mai stare tranquilli. Per essere così giovane ha mantenuto una certa freddezza, ed insieme a Katsu è riuscito seppur di poco ad evitare il pericolo imminente. E' quasi caduto a terra con quel balzo, ma perlomeno ha salvato la pelle. Inizialmente tuttavia non si è certo rilassato, dopotutto seppur il contesto farebbe pensare ad un un incidente non può fare a meno di provare un certo - seppur minimo - sospetto nei confronti dell'enorme figuro, insomma non può dare per scontato che abbia buone intenzioni. Lo sente parlare, la voce sembra meno minacciosa rispetto al resto ma il Deshi non ha intenzione di abbassare la guardia. Permane in una posa abbastanza rigida, come se pronto ad un nuovo scatto o balzo. < Tutto bene, grazie Katsu-kun... > Proferisce con tono che tutto sommato fa trasparire stranamente una certa calma. Continua a non spostare lo sguardo dal nuovo grosso arrivato. < Noi stavamo camminando e lei correndo, doveva prestare anche lei più attenzione! > Esclama nei confronti di Yosai, senza tuttavia essere troppo aggressivo. Non si presenta per il momento, non conosce ancora l'identità dell'astante e preferisce mantenere ancora per un po' una certa distanza. Permane immobile a fissarlo, tenendo alta la guardia, in attesa di eventuali repliche. [Parco] <Oh si, tutto bene, grazie> risponde istintivamente al sentire quella domanda, non lo comprende che non è diretta a lui <per fortuna siete riusciti a schivarmi> stende di nuovo le labbra in sorrisetto divertito, piegato verso lo zigomo sinistro. Ma il tono dell’affermazione dell’albino. Gli arriva come uno spiedo di ghiaccio sulla collottola. Lo sguardo quasi s’allarga. Se la sta prendendo con lui? Davvero? No, ovviamente no, ha ragione, eri sovrappensiero anche tu. La voce della ragione nella sua testa viene zittita immediatamente dall’istinto, quell’inesorabile forza di volontà che va sempre avanti, senza mediazioni. Ignorando gli ostacoli. Lo sguardo che pianta sul volto del biondo Katsu lampeggia di quell’ira che per un attimo lo invade. Lo scruta, non trova coprifronte. Limite supremo e massimo dell’autorità, cosa che più di tutte risente. Di colpo arriva anche la vocetta dell’altro, che probabilmente avrà poco più della metà degli anni del gigante sfregiato <fino a prova contraria> mormora sommesso serrando i pugni <il biondino qui se ne stava imbambolato in mezzo al viale> lo indica pure, con il grosso indice. Parla ad Hotaka. Di nuovo lo sguardo saetta verso il biondo prima, e verso il moro poi. Si raddrizza un poco, lasciando scorrere il silenzio <mi state proponendo uno scontro di allenamento per vedere chi ha ragione, vero?> sta decisamente reagendo male. <Sono Yosai> mormora netto, presentandosi anche lui. Mostra addirittura rispetto, chinando leggermente il capo verso il biondo. Si rispettano sempre gli avversari. Ma poi perché dovrebbero essere avversari? Saetta con lo sguardo verso il piccolo moro <mmh> sembra quasi stia pensando a qualcosa da dire in contrapposizione, ma non la trova. In compenso è il biondo a fornirgli lo stimolo <ecco> pensieri altrove, ecco loro erano distratti si, gli ha dato ragione… si ma… ci pensa un attimo. Anche lui era distratto effettivamente. Il lampo d’ira pare leggermente attenuarsi, dando respiro alla ragione <sono giorni… complicati> sembra ammettere. Non si capisce bene con chi stia parlando in realtà, forse a se stesso <e non mi sento pronto> arriva a confessare. Uno strano gigante. Senza ombra di dubbio. [Parco] Osserva Hotaka in quelle sue risposte che gli fanno di nuovo arricciare gli angoli delle labbra. Annuisce con un cenno del capo, visibilmente d’accordo col compagno di lezioni. E poi arriva la reazione alle parole del gigante. Non alza un sopracciglio, ma mantiene una sorta di contegno, di andar contro al proprio istinto di attaccar briga. Ha bisogno di un sospiro, ad ogni modo, per intimarsi di calmarsi. Sente poi la sfida lanciata da Yosai e intimamente un fuoco si accende, che si riflette in fuoco che gli lampeggia negli occhi color del cielo terso. Digrigna i denti. Apre la bocca e poi un lampo fulmina la mente, un dubbio. <Sei un ninja?> domanda, quindi, assottigliando quegli occhi dal taglio già netto di per sé. Lo studia e ne ricerca eventuali segni di copricapi o elementi affini che possano testimoniarne il grado, senza preoccuparsi dell’eventuale invadenza. <Accettiamo la sfida, comunque. Solo che non qui e non ora. Vero Hotaka?> chiede il sostegno del compagno. <… E ovviamente non in due contro uno> completa, precisando a denti digrignati. L’ira e l’indole attaccabrighe ed avventuriera, comunque, fanno da padrone. Ira che è destinata a scemare e a mutare in sorpresa quando il gigante fa quella confessione ad alta voce. Spalanca gli occhi e un grande punto interrogativo gli si disegna in faccia. <… Per cosa non ti senti pronto, Yosai?> domanda, quindi, adesso curioso, sebbene l’adrenalina e la rabbia siano ancora annidate lì, da qualche parte, pronte ad esplodere. E’ comunque la curiosità che fuoriesce. [Parco] La situazione si evolve molto rapidamente. Permane sempre sull'attenti, iridi occupate a scrutare esclusivamente il nuovo arrivato, di Katsu ha già ragione di fidarsi. Le frasi del gigante gli paiono contraddittorie, e gli fanno provare emozioni diversificate in successione. Inizialmente è quasi provocatorio, e questo fa schizzare ancora più in alto i livelli ematici di noradrenalina, con tutti gli effetti che ne conseguono: la gittata e il battito cardiaco aumentano, il sangue scorre più rapidamente a livello degli alveoli polmonari, il respiro si fa leggermente più affannoso. Ecco che il sistema nervoso autonomo entra in funzione, e si presenta interiormente il solito quesito fisiologico: simpatico o parasimpatico? Combatti o fuggi?. Poi però Yosai si presenta, quasi rispettoso, in totale controtedenza e questo fa calmare lievemente il Deshi. Non abbassa la guardia, si intende, ma ormai tanto vale presentarsi visto che anche l'energumeno lo ha fatto. < Mi chiamo Hotaka Kimura... > Sentezia deciso, cercando però il più possibile di non mostrarsi agitato. < Facciamo che abbiamo sbagliato tutti, così cambiamo discorso? > Prova ad essere conciliante, dopotutto non ha ancora informazioni su Yosai e visto il suo aspetto non può che temere un eventuale scontro con lui senza di esse. < Certo Katsu-kun, anche se ammetto che mi piacerebbe fare qualche altra lezione prima di battermi con lui > Accenna ad un sorriso, sdrammatizzando. Rimane poi immobile, forse più rilassato, in attesa delle risposte che Yosai potrebbe dare al parigrado. Finito il turbine di emozioni per il momento, vediamo verso quale verso si sposteranno tra qualche minuto. [Parco] Si sofferma sullo sguardo di Katsu, ne osserva la reazione. Un brivido di piacere gli passa lungo la schiena. È un’altra persona istintiva. E non bisogna mettere due persone istintive insieme. Due forze inesorabili portano al caso. Da domanda gli fa contrarre le braccia fino ai pugni che si stringono. I muscoli guizzano come serpenti sotto la pelle quando vengono attivati, le vene scorrono come autostrade di sangue, spinte all’esterno dall’acciaio dei muscoli. <non ancora> mormora fra i denti. Si prenderà quello che gli spetta e andrà per la sua strada. Quando il biondo pronuncia quella prima parola, accettando la sfida istintivamente il gigante flette un poco gli arti che scattano pronti. Stà per usarli come trampolino per avventarsi sull’altro, quando l’altro si premura di specificare che non vuole battersi ora. Ha senso effettivamente. Sono le parole di Hotaka a distolgono l’attenzione dal biondo per concentrarsi sul moro. Ascolta le parole di lui, evidentemente il più assennato dei tre, nonostante la giovane età. <mh, si> scende a compromessi <va bene> si, quasi pensoso un altro attimo. Torna sul biondo <me lo segno> gli schiocca uno sguardo. Una promessa, si sfideranno. Di nuovo la vocina di Hotaka s’infila nel cervello di lui. L’ultimo dire gli scatena una risata fragorosa <Non ti preoccupare ragazzo, sono un allievo anche io> certo lui le ha finite le lezioni, ma questo non sarebbe utile a distendere gli animi focosi dei due <bene, tre allievi al parco> potrebbe essere il titolo di una serie televisiva, le parole del biondo Katsu lo portano di nuovo a guardarlo <l’avrete sentito no? Quest’isola è stata attaccata più volte da..> come definirlo? <un essere> è la parola migliore che trova. E il volto s’adombra finche un sommesso e prolungato, cupo brontolino non investe l’udito di tutti. Alza un avambraccio per portare la mano allo stomaco <ho fame> sembra giusto avvisare il mondo di questa importantissima cosa. [Parco] Gli fuma il cervello. E lo si può vedere perché la carnagione chiarissima diventa appena più rosea, soprattutto all’altezza del volto, che lo fa sembrare una rapa dai capelli platino, più o meno. Digrigna i denti, aspettando le risposte di Yosai, ma è il piccolo Hotaka che prende la parola e provvede a spegnere gli animi. Non parla, comunque, se non per ultimo, quando Hotaka provvede a quella soluzione che mette d’accordo i due allievi. E’ lui l’ultimo a rifletterci sopra e a spegnere il tutto con un laconico:<Sta bene> seguito da uno sbuffo che butta fuori tensione ed adrenalina accumulata. Lo sguardo saetta quindi contro Yosai e lui annuisce pure per tutta risposta. <Anche io> fa eco all’Akimichi nel suo raccogliere la sfida, lo sguardo che si affila in un sorriso di gusto che muta anche in sollievo quando lui elenca il suo grado d’apprendimento all’accademia ninja. E poi ci riflette pure un attimo. <Possiamo fare così. Siamo tre. E tu..> indica Yosai. <… Devi sfidare entrambi. Ci potremmo sfidare in un uno contro uno, a giorni alterni, per darti modo di recuperare e il terzo, quello che resta fuori, fa l’arbitro. Lo scontro finisce quando uno dei due non può, più combattere, si arrende oppure quando l’arbitro lo decide. Può andare?> domanda, tentando di stabilire le regole per quel futuro combattimento. <… Per il “quando”… Beh, potremmo fare quando tutti e tre avremo finito le lezioni all’accademia> va a proporre ancora, snocciolando, con profonda determinazione tutte quelle proposte. Il parlare è calmo, ma estremamente determinato. <Hotaka?> chiede il parere anche del piccoletto al suo fianco. E poi lo sguardo torna serio sul capo del biondo, quando Yosai tira in ballo la difficile situazione in cui si trovano. Annuisce col capo, appena più grave. <Sì, l’ho sentito… pensa che io sono scappato di casa per venire qui. Se lo sa mia madre che non siamo al sicuro, minimo mi ammazza> scandisce. Ma nel nominare la donna si può notare benissimo che grossi pensieri, come nuvoloni neri, si annidano gradualmente e con sempre maggiore gravità, sul volto del biondo e lo portano ad ignorare anche l’ultima frase di Yosai. [Parco] Sebbene inizialmente le cose parrebbero per qualche attimo precipitare, finalmente alla fine gli animi paiono distendersi. Il picco di emozioni si è verificato quando istintivamente Yosai - per qualche attimo - stava per fiondarsi su Katsu, ma complice anche l'abilità dissuasiva del giovane Deshi una apparente tregua sembra essersi instaurata fra i tre ragazzi, tutti e tre allievi. Soprassede sulla sfida lanciata nei confronti del biondo studente, chi lo sa magari potrebbero sfidarsi tutti e tre in futuro, infatti Katsu ha preso la palla al balzo. < Anche tu allievo? > Chiede istintivamente, curioso, sorpreso in quanto il suo aspetto esteriore certo non lo lasciava immaginare. Ascolta poi la proposta di Katsu riguardo il futuro allenamento < Certo per me va bene.. > Esclama, anche se è il più piccolo dei tre non intende certo essere da meno. Si stiracchiia poi leggermente la schiena, volgendosi al nuovo conosciuto < Ho saputo che ci sono stati dei problemi, ma non so i dettagli.. > Continua, ora tutto il sospetto che aveva in precedenza è stato sostituito da un'insana curiosità < Un essere?..> Chiede nei confronti dell'enorme allievo, preso da un forte interesse. [Parco] Lo sguardo oceanico di nuovo si alterna tra i due. Si sofferma sulle parole del biondo Katsu, che parla utilizzando il plurale, quasi parlando anche per il moro Hotaka. Ascolta la proposta fino alla fine e risponde pronto, perentorio, subito dopo la fine della frase di lui <può andare> acconsente aggiungendo una scrollata delle grosse spalle stondate e tatuate <vi aspetterò> infila l’angolo sinistro delle labbra nello zigomo con un ghigno. Anche il moro Hotaka acconsente. Ci sarà da divertirsi. Ascolta le successive parole del biondo. Lo osserva rabbuiarsi al pensiero. Si sforza di non pensare alla sua di famiglia. Lo osserva, fatica a trovare le parole per tirarlo su. Incapace di esprimere le proprie emozioni a parole, come sempre. Ricorre quindi a un gesto, chiude la mancina in pugno, lo carica appena e porta a colpire l’altro. O almeno ci prova. Non è un cazzotto che fa male, è una cosa amichevole, per quanto data con l’irruenza e la forza tipiche del gigante <hei, non siamo in pericolo> commenta il dire di lui <ci sono ninja fortissimi e famosissimi con noi a proteggerci> commenta piano <non siamo in pericolo> cerca di rincuorare <non siamo all’altezza> ecco, questo no <ma lo vedremo schiattare, quel pagliaccio> annuisce, convincendo se stesso prima degli altri. Alla domanda del moro Hotaka si volta verso di lui <è un tizio, completamente bianco> descrive <è uscito da un buco nel cielo, che si è richiuso dietro di lui. Parla di cose come il fatto che abbiamo rubato il chakra alla sua stirpe e altre castronerie da psicopatico> non si risparmia gli insulti, perché dovrebbe? Lo odia, glie lo si legge negli occhi [Parco] L’interesse, più masochistico che altro, è puntato su Yosai. Sente la sua conferma ed annuisce, tutto contento. E sente anche la conferma di Hotaka, che lo fa sorridere di gusto. <Molto bene, allora> scandisce, l’aria determinata, terminando, di fatto, quella questione. Ma va a silenziare, rabbuiandosi e perdendosi un po’ nei propri pensieri, pensieri che sembrano voler volare via quando Yosai dice che non sono all’altezza. Il volto biancastro viene sporcato da un cipiglio decisamente più determinato dei precedenti. E se li guarda entrambi, ora. <No, non lo siamo. E non so di quale villaggio siete, ma non ha importanza. Penso che tutti noi abbiamo scelto di diventare ninja per qualche motivo. Ed è per questo che dobbiamo riuscirci. Per questo dobbiamo passare quei maledetti esami e diventare dei ninja. Dobbiamo diventare forti, così da poter essere d’aiuto, anche solo in minima parte, agli altri ninja> è determinato e maledettamente serio nel proprio parlare, ora, tanto che stringe i pugni e digrigna i denti. <Non siamo pronti? Bene, diventiamolo, alleniamoci> guarda sia Hotaka che Yosai, in attesa del loro parere. Ci pensa un attimo, quindi, silenzia, lo sguardo determinato e volta verso Yosai. <Sì, tanto mi ammazza comunque come torno a casa. Per qualche strana ragione mia madre odia tutto quello che è legato ai ninja> scrolla le spalle e sbuffa leggermente. [Parco] Essere shinobi, o aspiranti tali, per forza di cose fa entrare in una miriade di situazioni nuove, nelle quali non si può far la parte di semplici spettatori non paganti. Aumentano le responsabilità, aumentano i doveri, e di conseguenza i rischi. Gli onori? Beh quelli stentano, ma è nella natura stessa della parola ninja agire nell'ombra. Le braccia del Deshi permangono ora lungo i rispettivi fianchi, distese. Le intenzioni di Yosai oramai si rivelano buone ai suoi occhi, non si mette quindi in allerta per il suo fare pseudo aggressivo nei confronti del biondo. Annuisce quindi alla sfida ormai programmata, in effetti non vede l'ora di poter il prima possibile testare sul campo le sue capacità che sono via via in evoluzione continua. Cerca di metabolizzare tutte le informazioni che gli vengono fornite dall'energumeno, in effetti il giovane dai capelli neri non sapeva praticamente nessun dettaglio < Questo è vero, di sicuro siamo più al sicuro qui, ci sono praticamente tutti > Sentenzia con tono mite rispondendo a Yosai, molto preso poi dalle sue successive parole < Incredibile.. > E' giovane, e sentire per la prima volta cosa è capace di fare quella creatura di sicuro non può che stupirlo. < Esatto Katsu-kun, si per ora non siamo all'altezza, ma dobbiamo fare in modo di esserlo al più presto! > Esclama rinforzando le parole del parigrado, con più carica rispetto al solito, piegando il braccio destro e chiudendo la mano in un pugno, contraendo poi il bicipite. Non ha paura, ma certo gli rincresce non poter essere d'aiuto in questa situazione. Di solito non si sbilancia più di tanto, ma questo argomento sembra averlo per certi versi stimolato parecchio. Annuisce alle ultime frasi del biondo che parla della sua famiglia, non lo biasima di certo. < Purtroppo ora devo andare.. > In effetti il suo tempo libero è scaduto, anche lui in effetti ha una famiglia di cui deve tener conto. < E' stato un piacere rivederti > Sentenzia rivolto a Katsu, sguardo che poi si posa sul nuovo studente conosciuto < Ed è stato interessante conoscerti, Yoshi-san! > Parole dette con sincerità, interessante è l'aggettivo più adatto in effetti. < Ci vediamo presto! > Conclude, rivolto ad entrambi, girando le spalle e tornando sui suoi passi, diretto verso la sua dimora. Allenamenti, conoscenze, nuove informazioni: queste giornate stanno davvero giovando al giovane Deshi, ansioso sempre di più di ampliare le proprie abilità. [OFF: Uscita ] [Parco] Iridi oceaniche che saettano dall’no all’altro di nuovo. Hanno volti giovani che lasciano emergere le loro emozioni. Emozioni che condivide e che gli fanno gonfiare l’ampio petto dall’orgoglio. Non è il solo al quale quella sensazione di impotenza davanti allo sguardo del fantomatico Dio ha dato fastidio. Non è il solo a voler far qualcosa a riguardo. Annuisce al dire del biondo, niente di più. Il suo esame incombe, un brivido di nuovo lungo la schiena enorme. È elettrizzato. Non vede l’ora. La preoccupazione è ben lontana dall’assalirlo. È un pro forma quell’esame. Lui è pronto. Sa di esserlo perché glie l’hanno detto. Se l’è sentito dire da vere e proprie legende diverse. <ciao Hota-kun> è più grande di loro, e non solo fisicamente, quindi con loro utilizza i diminutivi. Mantiene lo sguardo sull’altro, sul biondo. Sorride. <beh, quando vuoi> ammette allargando le braccia nerborute. <è solo tramite l’allenamento e la difficoltà che si cresce> torna a guardarlo <io sarò la tua difficoltà.> e cresceranno insieme, magari. Quelle parole sulla madre gli fanno assottigliare le labbra e morire il sorriso sul volto <non la biasimo> ammette <non ha tutti i torti> parla in tono grave, profondo, sposta o sguardo dall’altro e muove i passi che gli servono per uscire dal sentiero e finire sull’erba, sperando di essere seguito <tu perché hai scelto questa vita?> chiede poco dopo, ancora senza guardarlo ma portando il naso verso il cielo. <io sono di Konoha comunque>. Giusto, era arrivata al suo cervello quella velata osservazione dell’altro ma non aveva risposto. [Parco] Sente le parole di Hotaka ed annuisce a più riprese, ma senza tuttavia aggiungere nulla. Sorride vedendo la carica del ragazzino ed annuisce ancora a più riprese. <Ciao Hotaka> lo saluta ed agita una manina, osservandolo andar via. Si concentra quindi sulla montagna Yosai, verso il quale si volta a sentirne le parole. E quando questo parla di difficoltà il sorriso gli si spande sulle labbra, decisamente determinato e contento allo stesso tempo. <Ed io sarò la tua. Non pensare che mi darò per vinto solo perché sei alto e grosso> va a scandire, un cipiglio determinato che gli sporca e gli affila il volto, l’adrenalina che vien pompata al solo pensiero. <Ci aiuteremo a vicenda> va a proferire ancora una volta, rimarcando la determinazione con la quale proferisce quelle parole. E poi torna ad udire le ultime parle di Yosai. E lo lascia parlare, non risponde subito. <No, non capisci. Lei ha… una sorta di ossessione per il mondo dei ninja. E’ come se… li odiasse o li schifasse tutti i ninja, mi spiego? Ma… beh, non so il perché. A volte ho la sensazione che… boh… che anche lei fosse una ninja, ma magari mi sbaglio di grosso…> ci pensa e scrolla le spalle. Fa silenzio per un paio di secondi, mentre va a riprender fiato, il faccino affilato e pensoso. <Comunque ho scelto questa vita perché ne sono sempre stato appassionato. Fin da piccolo. Mia madre non mi ha mai permesso di sapere nulla sul mondo del ninja, mi voleva allontanare, ma… ho seguito la mia strada e sono scappato. E’… una sensazione sottopelle, mi spiego? Mi piacerebbe aiutare il mio villaggio e le persone attivamente, con delle capacità. Proteggere la mia gente, come i grandi ninja fanno qui. E’ per questo che sono scappato di casa, contro il parere di tutta la mia famiglia> scandisce. E’ fiero nel parlare, una fiamma gli ravviva gli occhi e le parole trascinando con particolare passione i flussi di pensiero del ragazzo. <… Io invece sono di Kusa> risponde infine. [Parco] Annuisce al dire di lui <no, non ti darai per vinto perché sono alto e grosso> scuote il capo. Non è per quello che l’altro si darà per vinto. Si, è convinto di sé, non ci si può far nulla. Nell’ascoltare le frasi del biondo Katsu assottiglia lo sguardo sotto al cielo, gonfiando di nuovo il torace ed espirando forte dal naso, come un toro. Eccolo li, ecco cos’è che li separa, l’inconsapevolezza dell’uno, la profonda consapevolezza dell’altro. L’incoscienza dell’uno, la coscienza dell’altro. Emerge nella differenza di esperienze, nella differenza d’età. Nella differenza di difficoltà superate. La fiamma che arde nei loro occhi è la stessa e lui l’ha percepita. L’ha condivisa con lui, ma le ragioni il vissuto sono radicalmente diverse aspetta che l’altro finisca e lascia un preoccupante silenzio prima di iniziare <non dare per scontato che quello che pensa tua mamma sia falso del tutto> rimane con lo sguardo al cielo <questo che stiamo vivendo è il periodo migliore, abbiamo gli occhi di tutti su di noi, impariamo e mostriamo le nostre capacità…> lenti respiri, cadenzato il discorso <siamo i pupilli del villaggio> qualunque esso sia <poi diventeremo guerrieri, probabilmente finiremo a morire da qualche parte, giovani e senza nessuno> rimane immobile <possiamo solo sperare di riuscire a fare qualcosa di buono con quello che ci è stato insegnato> che non è scontato, molti muoiono prima. Basterebbe un’incontro in solitaria con il Dio e loro non esisterebbero più. Ancora silenzio, attende, quasi stesse ponderando. Dritto come un albero <tornerai a casa prima o poi?> chiede poco dopo. [Parco] Percepisce l’allusione dell’altro e lo accompagna in quella frase con un sorrisetto affilato e determinato. Ma è il suo turno di chiudersi in un silenzio pieno di pensieri, ora, che si annidano nel cervello e si riflettono sulla faccia come nuvoloni neri di proporzioni bibliche. Sente il parlare di Yosai, ma non lo interrompe in quel suo dire così assennato e preso. Ma se lo guarda, assottigliando lo sguardo. <… Non l’avevo mai vista sotto questo punto di vista, sai?> confessa, lo sguardo che si perde oltre Yusai, in un punto indefinito nel vuoto che par guardare per qualche secondo. <… Ma anche se dovesse essere così, saremo morti per difendere qualcuno. Anche se le nostre capacità serviranno a salvare una vita sola, andrà bene. Anche se moriremo provandoci e facendo il nostro dovere andrà bene> esterna un pensiero con la massima calma, ora, sebbene la determinazione e quel fuoco che gli arde negli occhi sia palese e percepibile. E poi lo guarda di nuovo, alla fine e sospira. <La verità è che mi sento in colpa per essermene andato. Ma mi tarpavano le ali. Io ho sempre voluto diventare un ninja. Sempre. Anche se quello che mia madre dice o non dice è giusto. Ho dovuto farlo e sì, tornerò. E sì, tornerò. Tornerò con il copricapo sulla fronte, mi prenderò probabilmente l’arrabbiatura o la delusione o l’indifferenza di mia madre, di mio padre e della mia sorellina, se necessario> scandisce, animato nel tono mentre ricerca lo sguardo del gigante col suo. <Ora devo andare, Yosai. E’ stato bello parlare con te> va a scandire, in un sorrisetto determinato. E sì, si allontanerà. [Exit] [Parco] Solo quando l’altro comincia a rispondere stacca lo sguardo dal cielo per posarlo sul Deshi. Lo ascolta, tenendo lo sguardo su di lui fino alla fine del suo discorso. E in tutta risposta si limita ad annuire <l’importante è che tu la veda in questo modo, prima di decidere, e se poi deciderai comunque, ne sarai uscito più sicuro> commenta semplicemente in tono fermo tenendo lo sguardo negli occhi di lui, almeno finchè l’altro non si conceda. Annuisce di nuovo nell’ascoltare il saluto <la prossima volta non parlerò> oh no, la prossima volta attaccherà. Ma gli rivolge comunque un sorriso affilato, per poi tornare a guardare il cielo. Ecco quello che odia del mondo ninja. Bambini troppo giovani per essere consci fino in fondo della scelta che fanno, prendono il coprifronte per poi trovarsi in un mondo che non comprendono. È stato un bene aspettare ad iniziare questo percorso. Ogni volta che ci pensa non può che giungere a questa conclusione. Resterebbe lì ancora un po' a guardare il cielo, prima di dirigersi a cercare del cibo. Ha bisogno di parlarne con qualcuno.[END]