Dolci, pantofole e occhi
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Giocata del 01/10/2019 dalle 21:00 alle 23:09 nella chat "Centro di Konoha Saccheggiato"
[>Chiosco Yakisoba] Allora, mettiamo le cose in chiaro. La cucina di Ichiraku è la migliore che abbia mai mangiato - tuttavia, una dieta a base di solo ramen sarebbe un po' da matti. Quindi, sta sera, dopo aver deciso che no, non avrebbe cucinato, ha optato per del yakisoba, che è tanto che non ne mangia. E' stata fuori, durante il pomeriggio, per svolgere alcune commissioni, di conseguenza tornare a casa per poi uscire non avrebbe senso. Gironzola per il centro, cercando di ricordarsi la strada e muoversi in direzione del Chiosco conosciuto. Si presenta, ai passanti, come quella che è: una ragazzetta di circa quattordici anni, bassina e minuta, e dai lineamenti ancora acerbi. I capelli, di un marrone scuro e dal taglio corto, le circondano disordinatamente il volto, che presenta un simpatico naso all'insù e un dolce sorriso. Gli occhioni, grandi e curiosi, sono grigi, il grigio delle tempeste per intenderci. E' vestita il più comodamente possibile, come suo solito, fatta eccezione per i legnosi sandali tradizionali - questi sono un vizio. Una tuta grigia le fascia le gambe, larga, che va a restringersi in un elastico all'altezza delle caviglie. Indossa una felpa rossa dotata cappuccio, nell'eventualità in cui dovesse iniziare a piovere, ma che adesso le sobbalza sulle spalle mentre cammina. Nella tasca dei pantaloni, i soldi che le serviranno per consumare il suo pasto. Quando finalmente arriva al Chiosco, entra, facendo un cordiale inchino di saluto ai presenti, ma soprattutto al cuoco, per poi andare a prendere posto al bancone. Sceglie uno degli sgabelli centrali, saltandoci sopra con tranquillità, per poi rivolgersi al cuoco. <Una porzione di yakisoba con gamberi, per favore> chiede cordialmente, senza mancare di rivolgergli il solito sorriso. L'estate finalmente è finita, presto dovrà mettersi in viaggio verso il summit dei Kage e altrettanto presto tornerà in Accademia per la sua terza lezione. Appoggia i gomiti sul bancone e aspetta che le venga servita la sua cena, il viso rilassato, la mente leggera. Tra le mani tiene un libro aperto e mentre legge cammina per la strada del villaggio incurante dei passanti, ci penseranno loro a schivare quel… bambino. Si, pur essendo una femminuccia si presenta, si comporta e parla di sé come se fosse un maschio, quindi non è mai sorto nessun dubbio nel considerarlo tale. Il bambino è alto un metro e quarantacinque centimetri ed è estremamente magro, colpito da una grave magrezza in relazione all’altezza e all’età che ha. E’ albino, ciò significa che ha dei capelli bianchi, corti e spettinati, con dei fermargli rossi a tenergli fermo il ciuffo davanti al viso. Gli occhi sono scarlatti e spalancati al mondo con quel fare inquietante solo perché non sbatte le palpebre molto spesso e ha sempre quella perenne aria sorridente, con le labbra ampiamente intente in un sorriso che va da orecchio a orecchio. Indossa una camicetta azzurrina a maniche corta, un paio di pantaloncini neri con le bretelle a reggerli e un gilet sempre nero sopra la camicia, il tutto accompagnato da un papillon rosso. Ai piedi dovrebbe avere dei sandali, dato che si è deciso che le pantofole le deve tenere a casa, ma non si è ancora abituato ad essi quindi li ha lasciato a casa e va in giro scalzo. Il suo fratellone non l’avrà mai vista sulla questione pantofole. Il viso niveo presenta delle suture rosse sotto l’occhio dentro e sotto il labbro inferiore della bocca, e questi ricami nella pelle partono anche da appena sotto al mento percorrendo l’intera gola giù fin oltre il colletto e fermandosi a livello dello stomaco. Ci sono altre suture rosse ricamate nella pelle ma nascoste dai vestiti, mentre visibili ci sono anche quelle che avvolgono il braccio destro in una spirale fino al polso, dorso della mano compresa, e tre anelli ricamati sul dito medio. <Ahahaha!!> se la ride di gusto ad alta voce mentre legge quelle pagine, e si prende una pausa dalla lettura solo quando arriva a destinazione, ovvero al chiosco di yakisoba. <Aaah… bene!> chiude il libro ed entra al chiosco dirigendosi al bancone e mirando ad uno sgabello che è esattamente al fianco di una ragazza che è lì da chissà quanto. Poggia il libro sul bancone, è completamente nero con la copertina semi rigida, e poi con un paio di saltelli riesce a salire su di esso, reggendosi al bancone con le mani. <Buonasera vecchio!> saluta alzando una mano e con euforia continua ordinando. <Yakisoba con uova e pollo!> fatta la sua ordinazione ridacchia e appoggia il mento sulle mani a coppa sorrette dai gomiti che si puntano sul bancone, inclina la testa per osservare Rin. <EHI! CIAO!> le urla praticamente nelle orecchie squillando tutto il suo entusiasmo. <Mangi sola? Cosa hai ordinato?> non si fa gli affari suoi, non ha problemi nel relazionarsi con gli altri, il problema è il come ma non gli importa. [Chiosco Yakisoba] La nostra piccola Tin Tin è spesso sola, spesso con le mani in mano, ma ancora più spesso con la testa fra le nuvole. Lo specifichiamo poiché, quando il bambino poggerà il libro sul bancone, lei non se ne accorgerà. Con una mano a reggersi il viso e l'altro braccio rilassato sul ripiano, sembra farsi cullare dagli odori che riempiono il chiosco, forse fantasticando su ciò che mangerà a breve. Lo stomaco brontola, si lamenta un po' - ed è più che lecito. Comunque, fra le nuvole non ci sta ancora per molto, dato che il bambino nel frattempo si è anche seduto, ha ordinato la sua cena, e l'ha notata. Il suo tono squillante la fa sobbalzare, istintivamente spalanca gli occhi, si volta di scatto, e adesso lo inquadra. La prima cosa che nota sono, ovviamente, gli occhi scarlatti, spalancati anche questi, e poi, l'entusiasmo che già le aveva tuonato nei timpani, a irradiargli il viso. Le domanda se mangia da sola, e cosa ha ordinato, e ci mette qualche altro attimo per riprendersi. L'espressione, da sorpresa, si modifica: le labbra schiuse si uniscono in un sorriso cordiale e quasi divertito mentre le mani vengono portate a poggiare sulle cosce. <Ciao anche a te!> replica, intanto, rimarcando il sorriso <Si, ceno da sola. Ho ordinato del yakisoba ai gamberi> educata come al solito, non manca di rispondere senza alcun problema alle sue domande, e nel frattempo non smette di guardarlo - non è un guardare insistente, assolutamente. Solo, nel parlargli lo sguardo non si sposta dal suo, cosa che adesso la porta a notare le cuciture sulla pelle diafana. E' una strana curiosità quella che prova, il capo che si inclina, ma no, non dice nulla. Sarebbe scortese, si dice. In ogni caso, è tranquilla a proprio agio. E' abituata a stare da sola, si, ma è sempre bello trovare compagnia. Il bambino sembra davvero euforico, estroverso, di sicuro non si tratterà di un incontro noioso - si capisce. Il cibo, finalmente, arriva, ed è con un leggero e formale inchino che ringrazia il cuoco. <Arigatou> gli rivolge anche. Le mani vanno a spezzare le bacchette, poi sembra ragionarsi su, e fermarsi. Si volta in sua direzione, senza mai perdere quell'espressione rilassata <Però, se ti va, potremmo mangiare insieme!> afferma, inclinando il capo di lato, e ripone le bacchette al lato del piatto. Aspetterà che anche lui venga servito, prima di cominciare a mangiare - lo stomaco non ne è entusiasta, ma si sa, le abitudini sono dure a morire. Anche se lei ci mette un po’ a notarlo, lui non si schioda dalla sua posizione e continua a fissarla con sguardo insistente e il sorriso onnipresente. Quando la nota sobbalzare non riesce a trattenersi dal ridere ed è talmente gioioso che inizia anche a sgambettare. <Ahaha! Che buffa!> commenta magari senza rispetto ma quel che pensa dice, non ha filtri ne freni, così si sente anche lui a suo agio, libero di essere come gli pare. La ragazza ricambia infine il saluto con un bel sorriso e il bambino ribadisce il suo agitando una manina. <Oh, gamberi! Io non ne vado matto, preferisco la carne con la pasta!> esclama parlando di gusti personali e poggia le mani sul bancone mettendosi dritto con la schiena, non che in questo modo possa sembrare più alto, ma quel movimento gli permette di far scricchiolare appena la schiena in due o tre scrocchi che gli danno sollievo. <Aaah…!> sospira, poi si sporge verso il bancone per vedere al di là e mugugna. Nota che viene servita prima la ragazza e imbroncia un po’ il viso, ma almeno ci arriva a capire che lei avrà ordinato prima di lui, non gli rimane che rimettersi a fissarla con insistenza e quel sorriso che rende il volto inquietante. <Tu indossi le pantofole solo a casa, vero?> domanda all’improvviso senza che abbia alcun senso logico quel quesito, fortuna che la ragazza decide di aspettarlo per mangiare, proponendo una bella cena insieme. <Oh! Fantastico!> un po’ di chiacchiere non gli dispiacciono. <Mi piacciono i tuoi occhi sai? Sanno di pioggia! Che fai nella vita? Come ti chiami? Vieni spesso qui?> ondeggia avanti e indietro continuando a fissarla e rimanendo in attesa del suo ordine che per fortuna arriva poco dopo, ma lui non ringrazia, prende solo le bacchette tra le mani pronto a mangiare. <Cosa ne pensi delle Carpe Koi? Io penso che siano meravigliose! Adoro le Carpe Koi, penso che non ci sia animale più nobile di quello! Credo che a loro piacerebbero i tuoi occhi, perché sanno di pioggia, e la pioggia è acqua e loro vivono nell’acqua!> rimane con le bacchette alzate a fissarla, tutto sorridente e gli occhi grandi grandi pronti ad ingoiare l’intera figura della ragazza. <Mangiamo??> affonda le bacchette negli spaghetti, pronto a iniziare. [Chiosco Yakisoba] La risata del bambino, e il commento, riguardo il suo essere sobbalzata, potrebbe sembrare scortese a occhi esterni - ma non a lei. Infatti, quando lui ride e sgambetta, Rin ne è immediatamente contagiata. Il viso si colora di impacciataggine, e alla fine la risata le sfugge dalle labbra, in coro con quella altrui. Shutsun esprime il suo parere sui gamberi e le confida di preferire la carne, lei ci riflette qualche secondo, poi risponde <A me piace tutto, sono capace di mangiare qualsiasi cosa> ammette. Non sembra eh, ma è una golosona, e le è stato insegnato di non lasciare mai nulla durante i pasti. Poi, le buone maniere in generale implicano anche il non lamentarsi della cucina altrui, o dei singoli i piatti, cosa che l'ha portata ad assaggiare tutto, senza mai pentirsene. E menomale. La domanda improvvisa del bambino la lascia un attimo interdetta, ma non tarda a rispondere <Beh, si> adesso è curiosa <Perché me lo chiedi?> ed eccolo entusiasmarsi ancora al gesto della deishi. Ascolta le sue parole con attenzione, cercando di restare al passo con il discorso, ma le domande sono tante, lui si muove in continuazione, e la nostra Senjuu è molto tarda. Quindi il flusso del dire altrui continuerebbe indisturbato, visto che non ha trovato il tempo di elaborare le risposte e dirle. Viene servito, e quindi è il momento di mangiare. Unisce le mani all'altezza dello sterno, pronunciando un veloce <Itadakimasu!> prima di voltarsi nuovamente verso di lui. Non può fare a meno di tenere quel sorriso impacciato, nel parlare. <Mi chiamo Rin, sono un'aspirante kunoichi e no, non vengo spesso qui> partiamo dall'inizio. Si imbroncia pensierosa per qualche attimo, poi ricomincia a parlare <Le carpe koi le trovo molto interessanti. E poi, sono davvero coraggiose!> afferma, annuendo anche <Se non sbaglio, koi dovrebbe significare...> attimo di pausa <...amicizia, si, qualcosa del genere> torna con lo sguardo sullo scarlatto altrui. L'impacciataggine si amplifica, sembra quasi arrossire <Davvero ti piacciono i miei occhi?> il tono sottile colorato dalla timidezza, uno sbuffo divertito all'inizio del dire, il sorriso che permane. Non le avevano mai detto qualcosa del genere. Soltanto adesso, che è riuscita a rispondere a tutto, andrebbe a prendere le bacchette ed acchiappare gli spaghetti, per portarsene un bel boccone alla bocca e iniziare a mangiare di gusto. Quando avrà masticato e mandato giù, si volterà nuovamente in sua direzione <Tu invece? Come ti chiami?> Espressione stupita e la bocca che si apre lasciandolo incredulo, ma non si sa per cosa esattamente. <Io vado matto per i dolci! Ne mangerei a badilate! Per il resto sono molto selettivo con il cibo, ci sono molte cose che non mi piacciono.> ridacchia felice che anche la ragazza sia una persona di buon umore, che si lascia andare a risate e sorrisi, è sempre bello parlare con persone del genere. Lui non sta mai fermo, è incapace di stare zitto e buono per un tempo troppo lungo, quindi continua a sgambettare e a cambiare posizione molto frequentemente. <Perché io AMO le mie pantofole!> esclama allargando le braccia anche se al momento gira scalzo. <Uscivo sempre con quelle, avevo solo quelle in realtà! Ma il fratellone mi ha detto che non si può, che si usano solo per casa, quindi le ho lasciate a casa!> crea un cerchio col dito indice e pollice della mano destra e lo mette davanti all’occhio destro per vedere attraverso e osservare Rin attraverso quell’improvvisato monocolo. <Ma le mie ciabatte hanno scelto me, e abbiamo un legame di affetto molto profondo! Lasciarle a casa mi dispiace, io non mi trovo bene a camminare senza di loro! Il fratellone mi ha detto di prendere altro, e ho preso dei sandali… ma non mi ci trovo quindi cammino scalzo!> non smette di parlare è impossibile. <Oggi a lezione mi sono tolto i sandali e li ho lanciati in aula, è stata una liberazione! Ahahahah!> forse ora riesce a stare un po’ zitto, è arrivata la cena e quando si inizia a mangiare lui non aspetta oltre e inizia ad abbuffarsi come se non mangiasse da settimane. <OOOH! Ma è suuuuper buono!!!> urla a bocca piena, mastica velocemente e ingoia. <Uh, RIN!> urla il suo nome come se gli avesse ricordato qualcosa ma nulla, è solo esaltato. Preferisce mangiare altre bocconi mentre lei parla così da portarsi avanti quando sarà il suo turno di rispondere a tutto quello che gli viene detto. Sgrana gli occhi allegro e colpito da quello che sente. <Lo sono! Sono coraggiosissime, sai che nuotano contro corrente, risalgono il fiume e sconfiggono un sacco di difficoltà! Poi quando arrivano in cima si trasformano in Dragoni! Un giorno diventerò anche io un Dragone! Perché sono una Carpa.> e se lo dice lui c’è da crederci, nel frattempo mangia ancora tutto tronfio e soddisfatto. <Koi significa Amore, me lo ha detto Ninfea.> ma non gli piace questa traduzione infatti il tono si è fatto di colpo cupo e distante e lo sguardo carico di tristezza, dura un secondo poi torna come prima come se nulla fosse successo. <Certo! Mi piacciono così tanto che potrei staccarteli e tenermeli in un vasetto accanto al comodino, così che io possa vederli tutti i giorni e tutte le notti, quando voglio!> esclama pieno di brio, osservandola con quegli occhi scarlatti grandi, grandi e il sorriso ampio, i denti in mostra, poi ride. Ha detto una cosa molto macabra e non si capisce se stia dicendo sul serio oppure no, per lui del resto è tutto un gioco. <Io mi chiamo Tsushunko Koi!> non lo sa pronunciare il suo nome, lo storpia sempre e non si sofferma mai a cercare di pronunciarlo bene. <Koi l’ho scelto io come cognome, come le Carpe Koi! Ah… anche io studio in accademia per diventare ninja, sai? Oggi ho fatto la seconda lezione, tu a che punto sei? Sei brava? Ti piace? Come mai hai deciso di fare il ninja?> la sommerge di domande e solo dopo ritorna finalmente a mangiare, ma senza distogliere lo sguardo da lei. [Chiosco Yakisoba] Ride, nel vedere l'espressione di lui <Tutti amano i dolci! Qual è il tuo preferito?> gli chiede cortese, ed anche lei è parecchio contenta. Il pensiero va alla Piccola Hyuga, per un attimo, che ad occhio e croce dovrebbe avere la stessa età del bambino che ha davanti, ma la differenza fra i due è abissale. Certo, quelle cuciture non sono normali, e si tratta pur sempre di un bambino che gira da solo, ma lui è energico, entusiasta, e rumoroso. Tutte caratteristiche che alla nostra Rin piacciono molto. Lo ascolta con attenzione, ridacchiando quando parla delle pantofole e allarga le braccia nel dire espressamente di amarle. <Beh, sono comode da indossare dopotutto> commenta, poi sgrana leggermente gli occhi <Le hai... lanciate? In aula?> sembra incredula - decisamente incredula. Per una come lei, rigidamente impostata nelle regole e nelle buone maniere, sembra una scena al limite dell'assurdo. Prima è uno sbuffo divertito, ma si trasforma in una risata piena, calda, di stomaco. <Hai lanciato le pantofole in aula?> chiede ancora, senza riuscire a smettere di ridere <E il Sensei? Dai, racconta!> è curiosa, è divertita, è rilassata. Ridere così tanto fa male alle guance, ma la rende leggera, ancora più leggera, sempre più leggera. Qualsiasi fossero le sue preoccupazioni prima di entrare nel Chiosco, adesso sono talmente lontane da non riuscire nemmeno a sfiorarla. E' una bella sensazione. Ecco che si parla delle carpe koi, lui allude al loro diventare dragoni, e la deishi - dopo aver finito di ridere, e ricominciato a mangiare - non può fare a meno di ricordarsi di quando suo padre le aveva raccontato una storia del genere. Il ricordo è dolce e tenue, la riscalda. Manda giù il boccone, quindi inclina il capo di lato nel guardare il bambino <Ninfea?> chiede, trovandolo un appellativo alquanto curioso. Più la conversazione va avanti più le domande aumentano, incredibile. Qui si prende una piega alquanto strana: lui allude allo staccarle gli occhi per metterseli sul comodino, a quanto le piacciono, e qui resta di nuovo un attimo perplessa. Si perde dentro lo sguardo scarlatto di lui, e ignora il brivido che le percorre la schiena <Ma a me gli occhi servono> afferma, portandosi una mano alla nuca, e ridacchia. Non riesce a dire altro a riguardo, non ha davvero idea di come si dovrebbe rispondere a qualcosa del genere. Ascolta la sua presentazione, e le confida di aver appena finito la sua seconda lezione in Accademia <Anche tu sei un aspirante shinobi?> chiede, adesso più che prima con interesse nel tono di voce <Anche io ho fatto le prime due lezioni... magari la prossima volta ci ritroviamo nella stessa aula> ipotizza, rivolgendosi un sorriso. Quindi, torna col viso sul piatto, e continua <I miei genitori erano shinobi> si stringe nelle spalle <quindi l'ho sempre vista come una cosa scontata. E poi, quando sarò un ninja, potrò diventare forte, e proteggere tutti quanti> prende un altro boccone, e dopo aver ingoiato gli chiede <Tu invece? Come mai hai deciso di diventare un ninja?> [Chiosco Yakisoba] EDIT <Hai lanciato i sandali in aula?> Gli viene posta una domanda davvero difficile, più difficile di qualsiasi domanda che potrebbero fargli a lezione. <Quale dolce… a me piacciono tutti.> guarda in alto, guarda a destra e a sinistra, poi osserva il suo pianto corrucciato. <Dolce preferito… forse i dango! Nella lezione di oggi mi sono trasformato in quello!> ci sarà una ragione se ha scelto proprio quel dolce, forse sono i suoi preferiti. <Però devo dire che li amo tuuuutti!> mangia qualche altro boccone e rimane un po’ scontenta nell’ascoltare le sue parole tanto che deglutisce e scuote la testa, solleva poi il dito indice destro come a riprenderla. <Non si tratta del fatto che sono comode. Abbiamo un legame di profondo affetto! Sono le mie uniche amiche!> più parla più dice cose assai strane e poco comprensibili, non proprio normale per un bambino ma forse è solo che ha troppa fantasia. <Si, ho lanciato i sandali perché non riuscivo a sopportarli!> esclama e ride a quel ricordo ancora fresco. <Non preso nessuno in testa… e la sensei è stata molto pacata in realtà! Mi ha detto di fare attenzione la prossima volta, perché non sono solo in classe… bha! Scemenze!> scuote la mano. <E poi… bhe… ha detto che se qualcun altro voleva togliersi le scarpe, allora poteva farlo, così qualcuno lo ha fatto e insomma…> fa spallucce. <Mi ha dato l’impressione di non essere allontanato come un pazzo, ecco!> anche se pazzo lo è in realtà, ma il gesto della sensei si vede che in fondo gli ha fatto piacere. <Però ammettiamolo almeno alleno gli altri a migliorare i riflessi per schivare i miei sandali e le mie palline di carta!> si è capito che in classe non è propriamente un bravo bambino, sempre in movimento, sempre a dover dire o fare qualcosa. Anche lui ride nel sentire Rin fare la stessa cosa, lieto di essere così divertente questa sera, e le piace è un po’ come Ninfea, anche se totalmente diverse. <Ninfea è… come si chiamava…> glie lo aveva detto il nome, si, ma ora non lo ricorda. <Capelli rosa, occhi azzurri! Ninja! Lei vuole cambiare il villaggio e queste altre cose qui, ha accettato di legarsi a me, sai? Di condividere TUTTO con me, soprattutto il dolore! E io non vedo l’ora di rivederla.> esclama veramente euforico, non sta nella pelle per quello che si sono promessi. <Si farà cucire la pelle con un filo rosa, da me, proprio come i miei, ma i miei sono rossi.> ondeggia ancora avanti e indietro, tenendosi con una mano al bancone e con l’altra tiene le bacchette continuando a mangiare. Mastica e la osserva, sorride, ridacchia, le osserva gli occhi. <Ti servono… e a cosa? Per vedere? Uhm… posso toccarli?? Solo toccarli!> sgambetta più velocemente, poi viene attratto da altre precise parole. <Erano ninja? Ora no?> storce appena la bocca e si titilla la cucitura sotto il labbro con la lingua. <Mmm… sempre tutti presi da questo spirito di protezione, sembrate invasati!> ride di gusto e poi smette di colpo con l’ultima domanda. Nel giro di un secondo il bambino sembra spegnersi. <Ho decido di diventare ninja per proteggermi. Diventerò un Dragone e nessuno mi farà più del male e io… avrò un tavolo da gioco più grande.> silenzio, non ride, non sorride, riprende solamente a mangiare.