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con Azrael, Kouki

15:56 Azrael:
 Gli ultimi giorni sono stati un vero e proprio inferno. Segnati dalla tensione, dall’ira e dalla frustrazione, trascorsi il più possibile in quell’ala della casa, adibita unicamente per lui, per il suo sfogo fisico e mentale. Costruire ed abitare quella nuova casa gli ha permesso di organizzarsi in maniera tale che un intero piano dell’abitazione fosse strutturato con una palestra, una sala ove poter suonare, dipingere, disegnare e tatuare, una saletta ove allenarsi nelle arti puramente fisiche, in cui sono sistemate accuratamente tutte le sue armi e… una piccola riproduzione della sala delle torture che tanto gli è cara. Ha dovuto combattere un bel po’ con Kaori per riuscire ad avere uno spazio così vicino a quel che il suo lato più oscuro, ma nessuno meglio di lei può comprendere quanto possa essergli terapeutico e persino catartico in certi momenti. La promessa, chiaramente, è di non usarla se non in caso di estrema necessità, perlomeo non con vittime umane. Si è munito, perciò, di un manichino che in tutto e per tutto ricorda un essere umano di taglia ed età media, piuttosto generico. Esso siede sulla sedia in freddo ed asettico acciaio al centro di una stanza bianca, sul cui muro campeggiano siversi strumenti di tortura, dalle pinze alle tagliole, dai rasoi agli spilli, dagli elettrodi al necessario per ricreare una vera e propria piccola fornace. Ed è proprio lì, in quella stanza, che sta aspettando Kouki. Pensare che solo qualche anno prima i due risultavano diffidenti, profondamente simili, ma distanti. Le si presentò come compagno della madre, una sorta di sostituto per un padre che la Yakushi odiava ed odia con tutta se stessa ancora oggi. Di certo non un ruolo facile da ricoprire, ma pian piano i due hanno trovato una sintonia, hanno creato un legame che ora li vede indissolubili. La considera a tutti gli effetti sua figlia, tanto quanto lo sono Ken, Shiori e Seto e, proprio come per loro, se qualcuno dovesse sfiorarla o nuiocere in qualsiasi modo alla sua salute, il Nara rivolterebbe il globo per trovare il resposabile e fargli pentire d’esser nato. Ed ora si trova lì, appena fuori la porta della stanzetta, con indosso una maglietta nera, aderente e a maniche corte, un paio di jeans scuri e null’altro. Lo sguardo puntato in direzione delle scale ove si aspetta di veder comparire la sua bambina, pronta per la più normale delle giornate padre-figlia: una lezione su come torturare le persone. [ C on ]

16:17 Kouki:
 Questa volta non è tornata a Konoha per un saluto o per prendere qualcuna delle sue cose che le è indispensabile a Kusa, questa volta si trova qui, in questo luogo ma soprattutto in questa casa, per passare un pomeriggio insieme a suo padre Azrael. Ormai lo considera come tale dopo questi anni, in tutto e per tutto, soffocando il pessimo esempio che le fu dato ed affezionandosi a lui tanto da considerarlo uno dei suoi esempi e un’ancora di salvataggio. L’altra è sua mia madre Kaori ovviamente. In questi anni la giovane Yakushi è anche riuscita a superare quella sua infantile paura dell’abbandono e dell’essere messa da parte, riuscendo a non provare più nemmeno una briciola di quella inevitabile gelosia che i primi mesi l’aveva colta con l’arrivo dei gemelli. Non importa se non ha legami di sangue con loro… loro, tutti, sono la sua famiglia… dai suoi genitori a quelli che ormai considera come suoi fratelli. E’ una bella sensazione che la fa stare tranquilla e sicura, ma teme di perdere questa sua stabilità ora che è stata richiamata a pianta stabile a Kusa, per via dei Demoni. Ad ogni modo oggi non ci vuole pensare e ha tutta l’intenzione di godersi quel pomeriggio insieme ad Az. Si è vestita comoda: una canotta azzurra abbastanza morbida che mette in risalto quelle curve ormai accentuate, ora che è entrata nell’adolescenza, e un paio di pantaloni neri a pinocchietto, attillati ed elastici, che percorrono le sue gambe esili e delicate. Non è cresciuta più di tanto in questi anni, anzi proprio per niente, lasciandole ormai l’idea che più del metro e cinquanta non crescerà, risulta quindi sempre gracile e minuta, con quella sua pelle talmente bianca che quasi sembra trasparente, in alcuni punti addirittura si potrebbero intravedere le vene. Un viso ormai da ragazza, lineamenti delicati e fini, occhi gialli e magnetici, profondi, circondati da quel lieve trucco viola. Il tutto contornato dalla chioma, scura come l’ebano e per oggi raccolta in uno chignon alto, con solo un paio di ciocche a ricaderle ai lati del viso fin sopra le spalle. La frangia taglia gli occhi e li mette in risalto, mentre le labbra pallide sono distese in un lieve e placido sorriso. Espressione tranquilla mentre avanza lungo le scale della casa che per anni è stata anche sua, le sue cicatrici che le ricoprono l’intero corpo a parte il viso, e ormai conosciute anche al padre, sono visibili sulla sua pelle nuda e scoperta dai vestiti. Finalmente raggiunge la cima delle scale e lo sguardo ricerca con una certa impazienza la figura del Nara che si staglia fuori dalla porta della sua personale stanza. <Papà.> un sibilo perfettamente udibile dell’uomo, melodioso e ben sillabato, un cenno di saluto e gli si avvicina. <Eccomi, scusa il ritardo.> affretta il passo nell’arrivargli davanti, il viso ancor più radioso come mai nessun altro potrebbe vederla, perché solo con la sua famiglia sembra rilassarsi ed avere un atteggiamento più consono alla sua età. <E grazie per tutto questo, è davvero molto importante per me.> come lui, anche lei ha bisogno di quella specie di… terapia, per imparare a controllare un lato ben conosciuto di sé. [Chakra: On]

17:08 Azrael:
 Poco tempo trascorre prima che il Nara possa finalmente scorgere la silhouette di Kouki. Minuta, apparentemente gracile, ma non per questo debole. Sa perfettamente che la Yakushi è dotata di una forza per nulla indifferente, di una potenza invidiabile, frutto anche delle sofferenze che hanno tentato di buttarla giù, ma che hanno avuto l’unico scopo di rafforzarla. Persino quello che per primo ha sentito come suo padre, che l’ha delusa ed abbandonata, l’uomo che Azrael vorrebbe volentieri utilizzare come cavia in quella stessa stanza di fronte la quale si trova, è stato utile affinché ella diventasse più forte e assieme a lei anche il legame che i due hanno stretto. La piccola affretta il passo ed il Tessai le va incontro bruciando rapidamente un paio di metri, approfittando dello slancio per cingerla con le propria braccia e sollevarla, facendole fare un mezzo giro in aria, prima di riporla a terra nuovamente. < Ciao bambina mia. > Le sussurra, lasciando trapelare sia dal tono che dagli occhi una felicità che slo la vista di una delle sue fglie potrebbe dargli. Mai e poi mai avrebbe immaginato che l’amore di un padre potesse farlo sentire così energico. < E’ fondamentale che ognuno di noi sappia cosa fare per star bene e come farlo al meglio. > Le risponde, poi, considerando che il loro passatempo non è di certo considerato il migliore del mondo, ma è comunque un qualcsa che fa parte di loro, che li aiuta ad esorcizzare in un certo senso la crudeltà che, altrimenti, li avvelenerebbe e controllerebbe totalmente. Il Nara, inoltre, è assolutamente consapevole del fatto che ignorare una fondamentale parte di sé non equivale affatto a farla sparire, bensì porterà uicamente all’autodistruzione di se stessi, proprio come stava accadendo a lui in passato. La cosa migliore e più utile che può fare per la sua piccola Kouki è aiutarla ad incanalare quel che sente nella maniera meno dannosa per sé e pr gli altri. La mancina sosta sulla maniglia della porta, blindata in maniera tale da non far uscire eventuali suoni, atta ad insonorizzare per bene tutta la stanza dinanzi cui si trova. È pesante, ma per le capacità fisiche che il Tessai ha raggiunto sembra che sia alla stregua di una porta scorrevole in carta di riso. < Allora, come sta andando a Kusa? Non abbiamo avuto l’occasione di parlare di come ti trovi lì, se ti piace o anche solo cosa ne pensi di questa… insomma, di questo immenso casino legato ai demoni. > Domanda, infine, aprendo la porta per darle la possibilità di entrare e di consumare lì dentro i restanti convenevoli, prima di iniziare effettivamente qualcosa di più ‘pratico’. [ C on ]

17:38 Kouki:
 Non manca da tanto da casa, eppure sente la nostalgia della sua famiglia come un peso sul petto. Vorrebbe stare sempre con loro, vorrebbe condividere con loro ogni singolo momento… ma ha i suoi doveri e come ninja di Kusa, purtroppo, non può più stare in maniera fissa in quella casa. Le dispiace, soprattutto perché verso Kusa non ha mai sentito chissà quale legame… nemmeno per Konoha in effetti, ma per la sua famiglia si. Fortuna che a Kusa c’è il suo Demone a farla sentire un po’ a casa. L’abbraccio di Azrael viene accolto ben volentieri, assurdo come la ragazza si sia trattenuta da qualsiasi gesto solo perché manca da casa da un po’ di giorni… come se avesse paura che il distacco possa fare ancora più male così. Non le importa comunque, perché non appena sente le braccia forti e sicure di suo padre abbracciarla e sollevarla da terra per farle compiere quel mezzo giro, ogni paranoia svanisce. Si sente solo sciocca per aver temuto di fare lei il primo passo. Gli occhi della Yakushi si chiudono, il viso si rilassa in un’espressione talmente rilassata che nessuno mai potrebbe vederla in tal modo… il sorriso è carico di affetto e gioia, e va a ricambiare la stretta con le sue braccia esili, ma forti. Si stringerebbe a lui con le braccia al collo e la fronte che andrebbe a posarsi per qualche attimo contro il suo petto, prima di compiere ovviamente quel mezzo giro e ritornare a terra. Addirittura la giovane si lascia sfuggire una flebile risata, genuina, specchio della sua felicità. Loro la tengono umana. <E’ proprio vero. Spero davvero di riuscire a trovare maggior stabilità in questo modo… soprattutto ora, sarebbe davvero utile.> pronuncia con un tono un po’ grave e distante, su di lei quell’ombra legata al fatto di essere lontana. Osserva suo padre, ma non dice ancora nulla e sposta lo sguardo sulla porta, volendo forse attendere di essere all’interno della stanza per poter dire qualsiasi altra cosa, per un fattore di comodità, per non perdersi qualche parola o reazione. <Solo manichini.> sussurra mentre Azrael apre la porta blindata e pesante con estrema facilità. Come è giusto che sia, poi, lì dentro ci dovrebbe essere solo un manichino, sperare di avere per le mani chissà chi sarebbe sinceramente troppo nella casa dove vivono… e dove ci sono anche i bambini. Non che per lei sia mai stato un problema, ma in questi anni ha anche iniziato a capire come un bambino dovrebbe crescere al meglio, e ha imparato che simili cose stanno nella colonnina delle cose da non conoscere/fare alla tenera età di tre anni. Dunque entrerebbe prima all’interno della stanza, senza inoltrarsi troppo per dare spazio anche all’uomo di entrare e chiudere la porta, e quindi lo guarderebbe… con una smorfia insoddisfatta. <Kusa… bhe, non ho mai sentito nessun particolare legame con essa. Per nessun villaggio in realtà, al massimo mi sento legata al mio Clan e alla mia famiglia, e sapervi qui mentre io sono là non solo mi da’ fastidio, ma non mi fa stare nemmeno bene.> sospira. <Vorrei stare sempre con voi in realtà… ma per fortuna almeno a Kusa ho…> si blocca ed arrossisce di colpo, un noto rossore dato il biancore della sua pelle. Non ha mai parlato in maniera palese di Rasetsu con i suoi genitori, forse nemmeno ha mai affrontato l’argomento, ma stava parlando talmente a ruota libera da quanto si sente rilassata ora che la cosa le stava per sfuggire. No, non sa affrontare un simile argomento, ancora non lo ha imparato. <Comunque ecco…! Quello che temo è che stando a Kusa, lontano da voi, io possa perdere tutto quello che ho… come dire… trovato stando qui in questi anni, e quindi temendo di tornare a come ero un tempo, spero davvero che quello che mi insegnerai possa essermi utile.> spiega con poche e semplici parole, sperando di riprendersi da quel rossore e quello scivolone che stava per fare. La questione demoni poi… che dire? Scuote la testa, sospira fa spallucce. <La trovo una scocciatura al momento, proprio perché per questo sono stata richiamata a Kusa.> insomma pensa alla sua di situazione, dopo tutto è sempre stata un po’ egoista la Yakushi. <A livello più generale? Non riesco a capire come si possano essere liberati. E’ successo qualcosa? Si tratta di un evento o è opera di qualcuno? Se così fosse, perché? E come hanno fatto a perderne le tracce?> non sono tanto piccoli come demoni. <Insomma la loro traccia di chakra dovrebbe essere così potente da poter essere individuata. A meno che qualcuno non stia agendo in proposito per tenerli celati, ma non penso… perché vorrebbe dire che li avrebbe tutti sotto il suo controllo e a quest’ora saremmo già fregati, no?> come al solito non riesce a frenare la sua mente logica e desiderosa di conoscere ogni minimo particolare di quello che accade. Prende il problema e lo taglia a fettine, cercando di analizzarlo con i suoi mezzi e le sole sue misere conoscenze in materia di demoni. Scuote la testa con forza. <Ma a parte questo… tu come stai? E la mamma? I gemelli?> ritrova un sorriso più sereno e cerca di deviare verso la fine il discorso verso l’uomo e la sua famiglia. [Chakra: On]

18:13 Azrael:
 Resta silente ad ascoltare tutto ciò che la ragazza ha da dire in proposito sia alla sua permanenza a Kusa, sia alla questione che vede protagonisti i Cercoeri. Non si lascia certamente sfuggire quella parte di discorso che la Yakushi tenta goffamente di celare, ma non batte ciglio al riguardo, almeno finché la giovane ha cose da dirgli. Entra nella stanza, richiudendo la porta alle loro spalle con una semplicità disarmante, senza neanche generare troppo rumore. All’interno, oltre ad ogni tipo di attrezzatura atta alla tortura, compresi veleni e vari tipi di aidi, conservati in un angolo e tutti perfettamente etichettati, con il loro relativo antidoto di fianco, vi è un manichino che in tutto e per tutto pare essere una persona reale. Rivestita in quella che sembra davvero essere pelle umana, è dotato di unghie a mani e piedi, vestiti, una dentatura e persino degli occhi incredibilmente realistici. Sebbene la Yakushi non possa ancora saperlo, all’interno di quel manichino vi è un artificiale sistema di vene e arterie incredibilmente preciso in cui scorre un liquido chimicamente prodotto in maniera tale da essere del tutto simile al sangue umano per consistenza, colore e persino odore. Le uniche cose che differenziano quella bambola da un normale essere umano è la totale assenza di espressioni e la mappatura di sistema circolatorio e nervi disegnato con inchiostro nero su tutto il corpo, persino sotto i vestiti. Non un tronco di legno come lo si potrebbe trovare ai campi d’addestramento, insomma. Sembra in tutto e per tutto la riproduzione fedele di un essere umano, con tanto di organi interni, vene, muscoli ed ossa, riprodotti il più fedelmente possibile o presi direttamente da corpi morti, come nel caso dei denti ad esempio. Esso giace ammanettato per polsi e caviglie sulla sedia di acciaio, con la testa riversa sulla spalla sinistra. Una volta che la ragazzina ha finito di parlare il Tessai si umetta lievemente le labbra, mettendo anzitutto in chiaro un punto preciso. < Non lo faccio quasi mai perché abbiamo un accordo, ma posso leggerti nella mente, Kouki. Sei proprio sicura di voler tentare di nascondermi qualcosa? > La frase è pronunciata a metà tra la minaccia e lo scherzo. In fondo la Yakushi avrà sicuramente avuto modo di comprendere quanto il Nara sappia essere protettivo e possessivo, specie verso le donne della sua famiglia, ragion per cui dovrà fare attenzione a non farlo preoccupare troppo. < Per quanto riguarda il resto posso dirti che il luogo dove ti trovi non conta. Le terre ninja sembrano sconfinate, ma posso dirti che ne ho visitato gran parte e so come arrivare ovunque in un battito di ciglia. Siamo sempre con te, in qualunque momento e ovunque tu sia, basta che lo desideri e saremo lì, Demoni o non Demoni. > Tenta di tranquillizzarla, facendo anche forza e leva sul fatto che, oramai, egli è la cosa più vicina ad un Dio che il mondo conosca e che non vi sia distanza che non sia in grado di coprire, anche se politicamente dovesse essere precluso lo spostarsi tra Villaggi. < Non è da noi che è dipesa la tua crescita, sei cresciuta tu e di certo non sarà un paese di distanza a toglierti i progressi che hai fatto, non temere. > Per quanto riguarda il discorso dei Cercoteri, invece, anch’egli ha pensato e ripensato agli stessi interrogativi che la Yaushi si è posta e gli sta ponendo indirettamente, per cui non deve neanche pensarci molto prima di rispondere. < Quando ero soltanto un chuunin ho combattuto per difendere il Villaggio dalla Volpe a nove code e siamo riusciti a respingerla con l’aiuto di Yukio, che l’ha praticamente sconfitta da solo. E io sono sopravvissuto, pur non essendo forte neanche un decimo di quanto lo sono ora. Se ci trovassimo a fronteggiare anche tre demoni in una volta sola saremo in grado di respingerli facilmente, con il giusto impegno secondo i miei calcoli non dovremmo fare eccessiva fatica neanche se tutti e otto dovessero affrontarci in contemporanea. Quel che mi preoccupa è l’inefficienza con cui l’argomento è stato trattato in questi anni, senza che ne sapessimo nulla. > Non si sbottona troppo su quanto effettivamente la cosa lo abbia scosso, ma gli si legge chiaramente in viso che la cosa lo riempie di collera, al punto tale da portarlo a distogliere lo sguardo e socchiudere gli occhi per respirare profondamente e calmarsi. < Sciogliere un sigillo, inoltre, non richiede tutta questa potenza. Se è stata opera di qualcuno è probabilmente ininfluente da un punto di vista di potenziale minaccia. Eventuali risposte dovrebbero venire da Hotsuma Oboro, ma sono sicuro che se piombassi nella sua Magione in questo momento non sarebbe per parlare, ma per affogarlo nel mare di Kiri, quindi per il momento attendo che le notizie vengano da altri. > E’ mortalmente serio mentre parla della sua volontà di esercitare violenza sul Mizukage, ma sa di poter pronunciare queste parole perché è in presenza di qulcuno di cui si fida ciecamente. Poi, cercando di calmare i propri nervi, tace ed attende eventuali risposte da parte della figlia. [ C on ]

18:41 Kouki:
 In un primo momento ha l’impressione di non trovarsi di fronte a un manichino, tanto che si trova costretta ad osservarlo per qualche attimo in più assottigliando lo sguardo e cercare di capire se sia appunto un manichino… oppure un uomo svenuto sul quale è stato tatuato il sistema nervoso e circolatorio, non le sembrerebbe nemmeno tanto inusuale, per lei, da fare. Tuttavia è quasi certa che sia un manichino, si. Dubita che sua madre Kaori gli avrebbe permesso di tenere incatenato un uomo nella loro casa. Apprezza però quella ricercata similitudine con un corpo umano, tanto che le verrebbe voglia persino di toccarlo per saggiarne la consistenza. Sarà gommoso? Oppure quella è pelle? Che sia sintetica o vera. Inclina il capo leggermente da un lato, incuriosita, ma non si lascia sfuggire le parole dell’uomo, parole che giustamente la riportano alla realtà con quella specie di minaccia scherzosa che le fa battere un po’ troppo forte il cuore con un velo di preoccupazione. Fissa suo padre con il rossore che si accende man mano sulle gote, e con un evidente sguardo sperduto di chi non ha la minima idea di come affrontare un argomento e nemmeno da come disincastrarsi da esso. E’ buffa quell’espressione sul suo volto, soprattutto perché non sembra essersi mai vista fino ad ora. <I-insomma sono cose mie…! Cose da ragazza!> non le riesce di parlare a bassa voce come sempre, quel leggero acuto lascia trapelare tutto il suo disagio, così come la voce leggermente tremolante. Non saprebbe nemmeno come potrebbe mai vendicarsi se suo padre le leggesse davvero nel pensiero violando il loro accordo… e lei si sta anche impegnando per non torcere nemmeno un capello agli abitanti di Konoha. Non che abbia chissà quali progetti di distruzione, è solo che ogni tanto nelle sue giornate no le danno fastidio anche i sassi. Per fortuna che gli argomenti sui quali può deviare sono seri, così che possa distogliere lo sguardo per portarlo a vagare per la stanza e compiere qualche passo verso il manichino ammanettato alla sedia in metallo. <Mi sento meglio… anche se solo un po’.> commenta accennando un sorriso, anche se continua a fissare il manichino. <So che ci siete sempre, ma mi mancherete comunque. E per quanto riguarda la mia paura… bhe, è più simile a una paranoia, ma appunto io oscillo tra due lati estremi del mio carattere. A Kusa è come se coltivassi di più quello… negativo, mentre qui quello positivo, ecco.> si volta nuovamente verso l’uomo. <Per questo tutto quello che mi dirai oggi mi sarà utile. Per equilibrarmi meglio.> in seguito regna il suo religioso silenzio mentre Azrael le narra e le spiega il suo punto di vista riguardo alla liberazione dei demoni. Un aneddoto che lascia davvero molte speranze, conscia che se qualche demone dovesse attaccare, esistono comunque figure di alto livello che potrebbero facilmente tenere testa. L’Hasukage, ovviamente, e l’Hokage, sua madre, suo padre, l’ex-Hokage… insomma sono personaggi più che potenti, in effetti queste parole la tranquillizzano e non poco. <Hai ragione. E’ probabile che ora, essendoci più figure potenti come voi, un attacco dei demoni potrebbe essere respinto relativamente in maniera facile. E se ci fosse qualcuno che li ha liberati… potrebbe essere ininfluente si, se il sigillo è facile da sciogliere, ma non è da dare per scontato. Potrebbe anche essere qualcuno di potente, no?> se il sigillo è semplice, non vuol dire che chi potrebbe averlo sciolto lo sia altrettanto. Almeno per come la vede lei. Non può però fare a meno di sorridere nel leggere la reazione di suo padre quando si parla del Kage di Kiri, lo comprende. <C’è stata un po’ di… incompetenza.> spera di aver trovato il termine giusto per esprimersi. <Innanzitutto l’aver taciuto una notizia così importante per chissà quanto tempo, come dei bambini che dopo una marachella cercano di risolverla da soli prima di chiamare l’adulto.> la fa sorridere una simile similitudine. <Insomma… ci dovrebbe essere fiducia e comunicazione. E sono stati minati entrambi questi fattori a parer mio. Inoltre è stato pessimo il momento scelto per comunicarlo… per niente logico scatenare il panico in questo modo.> non riesce a comprendere la ragione e la logica che ci sono state dietro a tutte queste scelte, se mai ci sono state. Scuote appena la testa, socchiude gli occhi e torna a guardare il manichino, riprendendo la parola solo dopo un lungo silenzio. <Comunque state tutti bene, si?> si ammorbidisce appena lo sguardo e poi non riesce più a trattenere quel desiderio… si volta verso suo padre con un enorme sorriso, raggiante. <Posso toccarlo?> domanda finalmente speranzosa, vuole toccare quel manichino e sentire al tatto come sia, è più forte di lei. [Chakra: On]

19:42 Azrael:
 Il discorso che riguard le ‘cose da ragazze’ non è di difficile comprensione per il Nara. È sempre stato abituato a percepire le emozioni di chi ha intorno, leggergli le espressioni, empatizzare. E Kouki è talmente poco abituata a provare imbarazzo che le si legge chiaro in volto quel che sta cercando di tenere nascosto. Tuttavia per Azrael una promessa è una promessa, è quanto di più sacro vi sia per lui, ragion per cui non s’azzarda ad entrare nella sua mente, né ad approfondire il discorso che, sa perfettamente, non saprebbe in alcun modo come gestire. < Non mi farò gli affari tuoi, ma sono tuo padre e ci siamo promessi di essere sinceri l’uno con l’altra. Se hai bisogno di qualcosa riguardo queste cose da donne sentiti libera di farlo, è una cosa che è perfettamente normale. Da parte mia posso soltanto dirti che se dovessi venire a sapere che qualcuno, chiunque, ti tratti in maniera non adeguata… potrei staccargli i denti e farmici una collana, per dire. > E’ un po’ macabro, ma è comunque il suo modo di dirle che tiene a lei e che le vuole bene. Il discorso, poi, devia su altro. Su opinioni assolutamente condivise riguardo l’inadempienza dei vertici dell’alleanza e riguardo l’eventuale potenza dei nemici che potrebbero un giorno trovarsi ad affrontare. < Potrebbe essere un nemico potente, indubbiamente. Ma non più di me, per cui me ne preoccupo il giusto. Fallo anche tu, tesoro. Hotsuma ha fatto molti più danni di quelli che potrebbero fare i Demoni comportandosi da totale inetto ed incompetente quale è. > Termina, piuttosto caustico e nervoso al riguardo. < Scegli tu quali lati di te nutrire, non di certo il luogo in cui ti trovi, Kouki. Ricordalo. > E con questo conclude quanto c’è da dire riguardo la sua permanenza a Kusa. La comprende perfettamente, comprende perfettamente il concetto di sentirsi divisi tra due lati della stessa medaglia, bene e male e sa quanto questa cosa non gestita possa far del male, ma sa anche – e ne è la prova vivente – che tutto può essere domato, che può portare un individuo ad elevarsi al di sopra degli altri. Non risponde direttamente alla domanda riguardo il manichino postagli dalla Yakushi, ma le annuisce silenziosamente, autorizzandola a toccare quel manichino che pare in tutto e per tutto un essere umano. La superficie è soffice, ma pone resistenza al tocco. Solo la temperatura non è quella di un essere vivente, non essendo stato in grado di imitare le capacità del sangue umano di scaldare il corpo nella maniera adeguata. < Ora… per iniziare devo dirti che quello che sto per insegnarti non è bello e non deve essere fatto a cuor leggero. Diciamo che ogni volta che ti troverai nella situazione di torturare qualcuno ti fermerai a pensare se anche io lo farei, se approverei i tuoi gesti essendo dietro di te. quando ti sarai data una risposta, lo farai. Almeno per i primi tempi dovrà essere così, mh? > Le dice, avvicinandosi alla sedia metallica e di conseguenza anche alla figlia. Se lei avesse accettato quella piccola quanto importante proposta allora proseguirebbe con la spiegazione. < La tortura non è mai fine a se stessa. Deve sempre avere un obiettivo. Il più semplice è quello di ottenere informazioni. E devij anche imparare che non è mai unicamente un espediente fisico. Tutti sono in grado di infliggere dolore, ma non tuutti sono in grado di scatenare il terrore. Puoi torturare qualcuno anche senza sfiorarlo. Per questo dovrai sempre stare attenta a quel che la vittima dice, fa, dovrai sempre essere un minimo informata su che tipo di persona è e fare quel che devi con calma, lasciandogli assaporare e provare le cose ancor prima che tu le faccia. > Per il momento si arresta, cercando di comprendere se la ragazza ha capito ciò ch’egli vuole comunicarle. [ C on ]

20:10 Kouki:
 La giovane Yakushi sa che può fidarsi dell’uomo, ormai ne ha avuto largamente prova in questi anni. Al contrario di qualcun altro verso il quale serba ancora rancore. Azrael in un qualche modo è comunque riuscito a farla fidare di qualcuno, un concetto che per la ragazza, anni fa, sembrava assolutamente irrecuperabile. Lui non leggerà nella sua mente, ma si pone comunque come eventuale confidente per quelle che lei ha chiamato cose da ragazze. Si vergogna anche al solo rendersi conto di aver detto sul serio una cosa simile… ad ogni modo non è tanto sicura di voler parlare con lui di certe cose, forse sarebbe più adatta sua madre? Non lo sa, non ne ha la minima idea, ma se lui le dice che può parlarne anche con lui, allora vuol dire che non ci sono problemi. Sembra rilassarsi in maniera anche palese, tanto che lascia andare un sospiro ed annuisce, parlando in maniera meno concitata. <Tranquillo, papà, non c’è niente che non vada al momento. Vengo tratta in maniera… più che adeguata.> accenna un sorriso che vorrebbe essere rassicurante, ma le vien fuori un mezzo sogghigno che viene prontamente soffocato, e lei si volta verso il manichino, nascondendo quell’espressione che stava diventando quasi maliziosa. Insomma, non sono cose che sente di poter condividere con suo padre. Ma proprio no. Maledice per quel momento il suo Demone e passa oltre. <In effetti… hai ragione.> sembra realizzare qualcosa mentre torna a guardarlo. <Nessuno potrebbe essere più forte di te.> lo afferma con molta naturalezza, e in questo momento la giovane si rende conto di essere perfettamente al sicuro. Che tutti sono al sicuro. E’ così semplice come risposta che non sa perché non c’è arrivata prima… e dunque si perde ancora un po’ in quei pensieri prima di essere nuovamente riportata a questo momento presente. <Mm… non sempre è una scelta, il luogo, le persone che ti circondano, ci influenzano. Ed è vero che sta a noi non cedere a tali influenze, non lo nego… ma c’è anche altro che non sempre si riesce a scegliere…> una brevissima pausa, scuote la testa. <Ma non fa niente, non importa.> non le sembra il caso di parlarne ora, è un argomento che andrebbe ad intaccare il Clan Yakushi e ciò che sente ed avverte dentro di sé, e per il momento lei si trova lì per imparare qualcosa di utile e nuovo. Non vuole appesantire ulteriormente il pomeriggio. Il sorriso torna lieve e appena riceve il via libera per poter toccare il manichino, ecco che la giovane si avvicinerebbe ancora di più, stando frontale ad esso. Allungherebbe una mano e inizierebbe a palpare la pelle del fantoccio, scoprendone la consistenza al tatto. <Wow.> mormora appena in un sibilo. <Sembra pelle vera, l’hai riprodotta molto bene.> in effetti fa la sua figura, poi continuerebbe con quella sua esplorazione osservandone e toccandone le unghie, le dita, andrebbe a disturbare gli occhi ma senza fare danni, le labbra, i denti, tutti quei piccoli particolari che messi insieme lo rendono così vero. <Mh.> mugugna nell’ascoltare quella premessa che la porta a posare il suo sguardo incerto su di lei. <Credo di aver capito.> e già va a discostarsi in maniera enorme da quello che faceva insieme a Otsuki. Che faceva Mirako, ma ormai sono un’unica entità, sempre lei era. <Okay… niente cuor leggero, non si fa per divertimento o soddisfazione personale.> si morde appena il labbro inferiore. <Se necessario. Uhm… però se io volessi torturare qualcuno per vendetta, mi verrebbe da pensare che tu saresti d’accordo.> solleva un sopracciglio nel guardarlo, attendendo una sua risposta in merito prima di proseguire. <Quindi dovrai essere molto specifico nel descrivermi e dirmi cosa faresti tu. E quando lo faresti.> vuole avere tutto preciso nella sua testa, nessun dubbio, nessuna lacuna. E anche le prossime parole si discostano almeno un po’ da quello che faceva ai tempi in quei laboratori, di certo quando si divertiva a far soffrire il prossimo non lo faceva con cognizione di causa, era solo un infliggere dolore e serviva anche a soddisfare la sua curiosità, fine. <Mi interessa particolarmente questa parte del terrore psicologico. Fino ad adesso mi sono sempre grezzamente fermata alla parte dell’infliggere dolore per soddisfazione personale, per vedere il sangue, sentirne l’odore… o sentire le urla.> siano esse animali o umane, non importa. <Ora invece devo portare queste mie pulsioni verso altro… avere un obiettivo.> si ferma un attimo, dubbiosa. <In che senso fargli assaporare le cose prima che io le faccia?> domanda e poi tace, lasciando a lui la parola. [Chakra: On]