Az
Free
Giocata del 10/05/2019 dalle 10:36 alle 20:09 nella chat "Luogo Sconosciuto"
Con un mugugno la ragazza arriccia il naso. Affonda il viso ancor più in profondità nel cuscino piumato mentre quel cinguettio insistente le trilla nelle orecchie. Si sente ancora molto assonnata, ma tutto sommato abbastanza bene. Apre un occhio fissando la finestra aperta nella stanza. Una brezza leggera soffia fievole nella camera sfiorandole il viso, i capelli scomposti, ed un uccellino assai vivace sosta tranquillo sul davanzale. Rimane per qualche attimo intontita a godersi quell'infinito attimo di pace e quiete prima di sentire qualcosa muoversi nel suo corpo. Un movimento estraneo e al tempo stesso dolcemente familiare che bussa -letteralmente- contro il suo ventre. < Mhhh. > brontola sospirando. Deve fare pipì. Di nuovo. Liberandosi di lenzuola e coperte, Kaori si rialza lentamente mettendosi a sedere sul bordo del letto. Uno sguardo verso il basso ed ecco quel grembo prominente nasconderle persino alla vista i piedi. Si sente enorme, ingombrante e-- felice. Si carezza lentamente la sommità del ventre rigonfio prima di mettersi in piedi e dirigersi a cosce strette verso il bagno. Quel bambino è sempre troppo esuberante! Deve aver preso la sua vescica per un giocattolo o un punching-ball... Si siede sulla ceramica pulita liberandosi con sollievo di tutto quel che può, ritornando ora con la mente ai pensieri che la sera precedente l'avevano indotta al sonno. Il pomeriggio del giorno prima, Kaori, era andata in ospedale per un controllo periodico. Azrael era in missione e doveva essere tornato piuttosto tardi visto che lei si era addormentata prima ancora ch'egli fosse a casa. In effetti, appena sveglia, non lo aveva visto a letto con lei... Rivestendosi dopo essersi data un'opportuna lavata, inizia a sentire il panico montarle addosso. "Azrael? Azrael?!" chiama preoccupata -tramite empatia- il fidanzato, i capelli ancora spettinati dal recente sonno, una mano portata d'istinto, protettivamente al ventre. Voleva davvero tanto parlargli il giorno prima, faccia a faccia, dirgli com'era andata, cosa aveva scoperto, ma la stanchezza della sua condizione aveva avuto la meglio e s'era addormentata senza riuscire ad attenderlo. Ma ora, appena sveglia, non riesce a capire se lui sia tornato o meno da lei e la sola idea la ricolma di orrore. Vestita con una semplice camicia da notte, rimane immobile nel bel mezzo del bagno, con una mano poggiata al lavandino e l'altra sul ventre, il tessuto morbido e liscio dell'abito a carezzarle il palmo, le braccia nude e scoperte, prive di maniche di alcun tipo. Sente il cuore batterle forte in petto, dei colpetti farsi quasi frenetici nel suo grembo, mentre col respiro mozzo, attende una qualsiasi risposta da parte del Nara. Inspira. Solleva. Espira. Abbassa. Ripeti, ancora ed ancora, per ore e ore di intenso allenamento. Azrael si trova sulla panca piana, con l’asciugamano bianca poggiato dietro la testa per impedirle di impattare sul piano duro, il torso privo di qualsivoglia copertura, le gambe avvolte i un paio dij pantaloni di tuta grigio scuro. Le dita sono strette attorno al manico di un grosso e pesante bilanciere, le braccia tese e gonfie per lo sforzo di tenere in alto quella massa di peso persino superiore alla propria. Un’altra ripetizione ed un’altra ancora, mentre le narici si gonfiano e sgonfiano al ritmo di un respiro perfettamente cadenzato, accompagnate dalle labbra a cui è assegnato il compito di buttare fiori l’aria. Ha perso il conto del tempo che ha passato nella sua stanzetta adibita a palestra, quella mattina. la sveglia ormai neanche gli serve più, il suo corpo sembra impostato per, in condizioni normali, alzarsi alle sei del mattino per allenarsi e cominciare la propria giornata con il giusto quantitativo di ore dedicate a se stesso. Quel che no sa è quanto tempo è passato da quel momento, in cui ha preferito lasciar riposare la futura moglie per andare ad allenarsi. All’improvviso, però, una scossa gli risale la schiena fino a scuotergli il cervello, portando la voce di Kaori a diffondersi in tutto il cranio, portandolo a sgranare gli occhi scuri e a lanciare – letteralmente – il bilanciere a terra, generando un fortissimo tonfo e persino un leggero tremolio della struttura. Si alza in fretta, incurante del bruciore dei muscoli che sono stati appena posti ad uno sforzo immane, le gambe lo portano ben presto fuorij da quella stanzetta per poi attraverare il corridoio e precipitarsi nella propria stanza, laddove ha lasciato qualche ora prima la donna che lo ha chiamato in maniera così allarmata. Si presenta in qualche istante all’uscio, osservando all’interno la stanza < Che succede?! > La voce è colma di paura, preoccupazione ed apprensione nei riguardi della donna che non solo lo sposerà a breve, ma che porta in grembo la sua progenie. < Kaori… > Mormora, improvvisamente meno agitato nel momento in cui le iridi buie si posano sulla donna in uscita dal bagno, apparentemente illesa. Le spalle, dapprima tese, si abbassano ed il petto riprende a muoversi al ritmo del fiatone figlio di fatica e preoccupazione < … va tutto bene, vero? Mi hai fatto venire un infarto. > Le dice, prima dij avanzare qualche passo nella stanza e sedersi al bordo del letto, senza mai staccarle gli occhi di dosso con quel misto di venerazione e amore che oramai è di consetudine ogni volta che ha la possibilità di guardare la sua amata Kaori. [ C on ] Una frazione di secondo, questo è il tempo che intercorre fra il suo disperato richiamo mentale nei riguardi del futuro marito ed il rimbombo distante di qualcosa che, dal piano di sotto, sembra indicare lo schianto di un oggetto assai pesante contro il pavimento. Il semplice suono sembra quasi calmarla facendole intuire che deve essere stato causato proprio dal Nara, essendosi verificato esattamente dopo il suo brevissimo attimo di panico. La ragazza esce dal bagno connesso alla camera tenendosi una mano sul pancione mentre il Dainin si mostra nel giro di pochi istanti sull'uscio della camera. Il suo busto è sudato, i capelli scompigliati come sempre, un asciugamano bianco gli circonda il collo pendendo slacciato sul petto. La donna espira lentamente, profondamente sollevata, nel vederlo avanzare nella camera e sentendosi al contempo colpevole per averlo fatto evidentemente preoccupare senza motivo. < Ehi... sì, sì, sto bene. > conferma la donna avvicinandosi all'altro quand'egli si lascia cadere sul letto, al limitare, fermandosi davanti a lui per scostargli una ciocca di capelli dal viso con una tenera ed amorevole carezza. < E' che ieri sera non ti ho sentito né visto ritornare e quando mi sono svegliata ero da sola e avevo paura ti fosse successo qualcosa. > spiega la donna con voce bassa, un vago tono di scuse nella voce mentre un sorriso gentile le nasce sulle rosee. L'osserva con occhi ricolmi d'amore, d'affetto, di bisogno. Sfiora piano la sua tempia con le dita, lo zigomo alto, la guancia, con il palmo della mano mentre il tempo par quasi arrestarsi durante quello sguardo. < Com'è andata ieri? Va tutto bene? > si premura d'informarsi la donna sentendosi molto più calma ora che l'altro è lì con lei, il cuore non più agitato e nervoso nel petto, ma placido e sereno in quel suo battito forte e regolare. E proprio mentre tutto questo accade, ecco che la porta s'aprirebbe di scatto, rivelando un volto tenero e tondo, circondato da folte ciocche nere assai simili a quelle dell'uomo seduto dinnanzi alla Hyuga. Il bambino fa capolino dalla porta, la manina paffuta a strofinarsi contro gli occhietti ancora assonnati mentre libera uno sbadiglio assai pieno e ricco. "E' esploso qualcosa?" domanda con vocina impastata il piccolo portando la donna a voltarsi per guardarlo. Le sembra di sentire il cuore riempirsi di amore fin quasi ad esplodere. Il semplice vedere Ken così piccolo e vulnerabile, innocente, sulla soglia della loro camera da letto le fa venir voglia di piangere e abbracciarlo fino a stritolarlo. --Dannati ormoni! < Buongiorno Ken > lo saluterebbe quindi Kaori con tono dolce girandosi verso di lui, dando momentaneamente le spalle ad Azrael seduto sul letto. < Credo che papà abbia fatto cadere il bilanciere a terra. > sorride la donna rivolgendo solo a quel punto al fidanzato uno sguardo scherzosamente contrariato. < Che maldestro! > scherza, ancora, scoprendo la dentatura candida in un sorriso divertito e- spensierato. È incredibile pensare quanto tempo sia passato. Inizialmente Kaori era poco più che una bambina, era una giovane promessa dell’Accademia di Konoha e, in effetti, lo stesso Azrael era giovane. All’epoca, addirittura, non era la maschera del Sadico il suo simbolo, ma lo stesso anello che appartenne ad Itachi Uchiha nel suo ruolo nell’Organizzazione Alba. All’epca gli era sembrata mollto bella, certo, ma prima ancora che questo gli era parsa molto interessante, gli era parso di beneficiare dell’ingenuità e della serenità di una giovanissima ragazza che lo idolatrava come idolo, che gli chiese se destino comune di ogni ninja di alto rango quello di accumulare malinconia nel proprio sguardo. E, strano a dirsi, proprio quella domanda diradò per qualche istante le cupe nebbie nelle buie iridi dell’uomo. Stesse buie iridi che ripercorrono lentamente i tratti della Hyuga ed il suo profilo. Le gambe toniche, parzialmente scoperte dalla camicia da notte, il ventre che – naturalmente – non è piatto come era solito vedere il Dainin, ma che racchiude l’essenza stessa della vita che i due hanno generato e che, per questo motivo, non può che rendere il Nara assolutamente contento di vederlo così tondo e pieno, il petto ancor più tornito del solito ed il viso radioso, illuminato dalla gioia di vederlo fare il proprio ingresso in camera così in breve tempo. persino coij capelli sarmigliati, con la bocca ancora impastata e con le palpebre pesanti Azrael la trova perfetta, meravigliosa in ogni suo dettaglio. È Kaori, è la sua Kaori. Le sottili rosee dell’uomo si incurvano in un sorriso piccolo, ma incontrollabile, che gli sorge spontaneo sul viso al pensare a tutto quel tempo trascorso, a tutti quegli avvenimenti e a dove sono arrivati adesso. il corpo ancora contratto dall’esercizio si abbandona sul bordo del materasso e la Hyuga gli si avvicina con una leggiadria che porta il Nara a schiudere le labbra e a guardarla senza alcuna possibilità di distogliere lo le iridi d’onice da quell’angelica figura. < Kaori-- > Ripete nuovamente il di lei nome, sollevando lo sguardo sulle iridi di perla della donna che ama, che sarà sua moglie, lasciando che la sua sottile mano si faccia strada sul proprio viso, tra le ciocche corvini della sua chioma ribelle. Il pensiero della missione gli era totalmente sfuggito, per quanto fosse avvenuta meno di dodici ore prima. Avere l’onore, quasi la benedizione, di poter ricevere quelle carezze, di poterla guardare dal basso e di vedere quello sguardo ricambiato lo porta a ricordare solo sprazzi di quanto accaduto la sera prima. La convocazione in extremis per fermare un gruppo di prigionieri fuggiti, la conoscenza del team che gli si doveva affiancare, ma che erano spaventati all’idea di lavorare con un ninja del suo calibro e poi il sangue, gli insulti dei nemici e la rabbia che ne è conseguita, finché dei nemici non era rimasto più nulla, troppo testardi per farsi riportare in carcere. I suoi occhi, tuttavia, non sono pieni di quelle tragedie e di quelle oscenità, ma unicamete di lei, del futuro che avranno da ivere assieme come marito e moglie, come padre e madre della vita che la Hyuga ancora porta in grembo. < Io—ho completato la missione. > Una risposta rapida e sbrigativa, certo, ma dalla cui intonazione traspare tutto l’affetto e tutta la venerazione che prova nei di lei confronti, portandolo a proseguire in maniera assente, rapita. < Alcuni criminali avevano fatto evadere dei loro amici dalla prigione, si erano rifugiati nei pressi di Shukosato, io ho saputo della missione e della mia partecipazione qualche ora prima della partenza, perché tra i criminali c’era un mukenin di grado S. erano da portare in patria vivi o morti, ma di non lasciarne nessuno libero e così ho fatto. > Il suo stesso modo di parlare è diverso dal solito. Chi lo conosce si sarebbe aspettato qualche parola di rabbia nei confronti dei mukenin, qualche dettaglio in più sul combattimento, persino del sadico piacere nel narrare del modo in cui quei criminali ora tappezzano la parete montuosa di Shukosato, magari qualche elogio al proprio operato e di come quegli individui malvagi non gli sono sfuggiti, ma la storia che ha raccontato è un’altra. Un resoconto pacato, quasi a mostrare un certo rispetto per le vite spezzate, sebbene appartenenti a criminali che Azrael detesta anche solo in quanto tali. < Quando sono tornato-- > Lo sguardo gli si illumina, il sorriso gli torna sul volto diafano nel descrivere la parte della serata che davvero lo ha coinvolto sentimentalmente: il ritorno a casa. < --mi sono tolto le scarpe, mi sono lavato e mi sono messo a letto accanto a te. dormivi già da un po’, probabilmente, e non ho avuto cuore di svegliarti. Sembravi un angelo. Il mio piccolo angelo. > Le mani, dal bordo del letto, si sposterebbero verso i suoi fianchi, leggermente più larghi per accogliere la gravidanza in atto, e vi si poggerebbero delicatamente, ma con decisione. Il viso si abbassa, puntando ora il nero pece dei suoi occhi sul pancione coperto unicamente dalla sottile vestaglia. < In fondo… adesso devi dormire per due persone, no? > Un dolce sussurro, quello che ha dato voce alle sue ultime parole, prima che le labbra si premano leggermente proprio là dove sta crescendo il loro futuro principino o la loro principessina. Un bacio leggero, ma carico di intenzioni. Un bacio atto a toccare non solo Kaori, ma anche la creatura ch’ella porta in grembo. < Ti amo. Vi amo entrambi. > Le palpebre si chiudono rapidamente sugli occhi, cercando di occultarne la temporanea lucidità, che però viene brutalmente interrotta nel momento in cui la porta si spalanca e fa il proprio ingresso in camera il piccolo Ken. Ancora mezzo addormentato, leggermente infastidito dall’essere stato svegliato. Prontamente, quasi in contemporanea alla Hyuga che si volta per rassicurare il figlio del Dainin, egli si alza per superarla il altezza e risalire con le mani sino a poggiargliele sulle spalle, accompagnate dalla testa che s’affaccia accanto alla testa della Jonin, rivolgendole uno sguardo fintamente offeso alle di lei accuse di aver fatto cadere quel dannato bilanciere. < Devi sapere, Ken-- > Alza leggermente la voce, scuotendo appena appena il capo < Devi sapere che Kaori ha la brutta abitudine di farmi spaventare e di farmi pensare che lei sia in pericolo. E se lei dovesse essere in pericolo io potrei capovolgere il mondo intero per raggiungerla. > Una dichiarazione d’amore, più che una vera e propria arringa difensiva. Una dichiarazione d’amore di cui, diciamoci la verità, a Ken non importa poi molto, a lui interessa solo di essere stato svegliato. “Se non dormo abbastanza mi verranno le rughe.” Risponde il bambino, piccato, ma comunque non arrabbiato con nessuno dei due innamorati che gli stanno di fronte, anzi. Lo sguardo, gemello di quello del Dainin, si rivolge subito in direziomne della Hyuga, dubbioso ed interrogativo. “Non—non eri in pericolo? Cioè, era solo uno scherzo?” Le chiede, preoccupato, con gli occhietti assonnati che, a quella richiesta, non possono che andare anche al pancione della donna, temendo naturalmente che questo pericolo possa aver a che fare con il suo stato interessante. Vederlo così genuinamente preoccupato per Kaori, che non è stata una figura materna nella crescita di Ken, porta Azrael a sollevare le sopracciglia in un’espressione sorpresa e subito dopo in un sorriso compiaciuto, rivolto ad una Hyuga che altro non ha da fare, se non rassicurare i dubbi del bambino. [ C on ] A volte Kaori si ritrova a perdersi per alcuni istanti nell'osservare i lineamenti dell'uomo che ha accanto. Si perde nella forma degli zigomi, nella linea che forma la sua mandibola, nel mento coperto di un triangolino di barba ben curata. Si perde nelle onde dei suoi capelli sottili, neri come la notte, nel pallore candido della nivea cute, nell'oscurità delle iridi che sovente son ferme ad osservarla. Riflette silente sulla familiarità di quei tratti a lei ormai cari e sul come questi non siano realmente cambiati dal primo momento in cui i propri occhi han potuto incontrarli direttamente. Quel primo giorno, Azrael, si presentava esattamente come si presenta ogni giorno: abiti neri, ben curati, capelli spettinati, barbetta ispida e lingua biforcuta. Alto, slanciato, con quelle mani ampie e dalle dita affusolate che col tempo Kaori ha imparato ad amare. Al tempo, però, per l'allora ragazzina, Azrael era un mito venuto fuori direttamente dalla Leggenda. Era un eroe di guerra di cui Konoha non avrebbe mai perduto il ricordo, un nome che chiunque -per strada, avrebbe conosciuto e riconosciuto. Per lei non era tanto un uomo quanto un'aspirazione che, in carne ed ossa, si muoveva sotto i suoi occhi onorandola con la sua sola presenza. Ancora oggi le sembra di ricordare quelle sensazioni. Quel senso di timor riverenziale che aveva provato nel riconoscere il celebre "Azrael Nara", quell'emozione che le strisciava sotto pelle rendendola nervosa, tesa, incapace di respirare a modo. Le sembra quasi di rivivere quel senso di impotenza davanti ad una simile potenza, quella consapevolezza d'essere niente in confronto ad una simile Leggenda. E a quelle sensazioni si mischiano e confondono i sentimenti che il tempo ha portato a crescere e maturare, quelle emozioni che la sua sola voce è ad oggi capace di scatenare. All'onore di avere accanto il figlio di Khalux Nara si unisce il privilegio d'esser amica, confidente e amante di Azrael Nara. Non il mito, non l'eroe. L'uomo. L'uomo con le sue forze e debolezze, con i suoi vizi e le virtù. L'uomo che tutto sa di lei, che ogni giorno la sostiene ed incoraggia, supporta e sopporta. E sorride, timidamente, perdendosi in queste considerazioni, osservando la bellezza di lui, dei suoi tratti, del suo sguardo, incastrata in un attimo infinito di tempo ove passato e presente s'incontrano e confondono divenendo eterno. Le labbra le si distendono appena mentre queste riflessioni si dilatano e contraggono nella sua mente all'udire la voce di lui sussurrare il suo nome. La sua voce è pura seta che scivola su quelle sillabe fino a carezzare il suo cuore. Il suo sguardo è una calda giornata estiva ed il suo sorriso un soffio di piacevole brezza. Gli ultimi accenni di sonnolenza abbandonano le palpebre della Hyuga, le spalle non più pesanti ma molli e tutto ciò che resta sono loro due ed un intenso senso di complicità ed appartenenza. Si chiede se anche lui, talvolta, si ritrovi a fare gli stessi pensieri guardandola. Se osservandola si ritrovi mai a ricordare la ragazzina che aveva conosciuto un tempo, al chiosco di Ichiraku, alla vigilia del suo esame per il diploma da Genin. Per quanto riguarda lei, suppone, il cambiamento portato dal tempo è assai più evidente. Non solo per il ventre assai più ampio e sporgente, non solo per il petto rigonfio, ma per l'espressione sul suo viso fattasi più profonda, i suoi lineamenti più marcati, la sua altezza appena maggiore. Lei si sente cambiata e sa che per chiunque l'abbia conosciuta anni prima il cambiamento è evidente anche -e forse più- di quello fisico. Ma anche Azrael, in verità, è assai cambiato da quando per lei non era altro che un nome nato dal mito. E' cresciuto e maturato in maniera sorprendente, giorno dopo giorno, senza far rumore. E' stata una metamorfosi lenta, cauta, che l'ha avvolto pian piano in un abbraccio doloroso e premuroso al tempo stesso. Paure e consapevolezze lo hanno messo spalle al muro portandolo a doverle affrontare faccia a faccia con coraggio e forza. E a poco a poco quel bozzolo che l'aveva rinchiuso e intrappolato si è aperto liberando la sua via, le ali che ora -nere, gli permettono di spiccare liberamente il volo. Il suo angelo... Ascolta la sua voce, il modo in cui le racconta della sua missione e in cui la rassicura sulla natura di quanto aveva fatto la sera precedente. Non si sofferma sui dettagli della missione, sul resoconto di quel che ha fatto e che ha inflitto. Non è lì per raccontarle quante vite ha infranto, ma sol per condividere con lei informazioni sulla sua posizione e sul tempo trascorso distante da lei. Lo può perfettamente immaginare, sorridendo, rientrare in camera nel buio della notte, un'ombra tra le ombre, nel più totale silenzio. Sfilarsi le calzature, i vestiti, lavarsi via di dosso il sangue ormai secco della battaglia prima di distendersi accanto a lei già abbondantemente assopita. Può perfettamente vederlo, nella sua mente, abbracciarla nel sonno e rimirarla per lunghi istanti prima d'assopirsi a sua volta, pronto però a svegliarsi al minimo cenno di bisogno. < Potevi svegliarmi. > mormora la ragazza con dolcezza, lasciando l'altro libero di far salire le proprie mani fino ai di lei fianchi, adesso ben più larghi di quanto non siano mai stati in tutta la sua vita. A volte teme quasi che le sue nuove fattezze possano essere orrende agli occhi del Nara, che toccarla possa per lui essere poco piacevole ora che il suo corpo è cambiato e non è più snello come una volta; tuttavia il pensiero che il suo corpo si sia adattato ad accogliere il frutto del loro amore la rende più tranquilla. Non sta appassendo: sta solo abbracciando e proteggendo ciò che insieme hanno creato. Le parole che successivamente sfuggono dalle labbra del Nara la portano poi a trattenere per un istante il fiato. Ecco. Adesso sarebbe proprio l'occasione perfetta per intavolare il discorso che avrebbe voluto uscire la sera precedente. Boccheggiando per un attimo sente il viso di Azrael avvicinarsi al suo ventre per porvi un tenero bacio, una dimostrazione d'affetto che le smuove il cuore facendole bruciare gli occhi solo per un momento. < Ecco... a tal proposito... > inizierebbe col dire la donna sentendo il cuore batterle forte, l'emozione farle tremare la voce mentre inizia a chiedersi come possa dirgli quello che ha scoperto solo il giorno precedente. < Ieri sono andata in Ospedale per l'ecografia di controllo, ricordi? > principia la donna umettandosi le labbra, decidendo di partire -com'è ovvio- dall'inizio di tutto. Ma ad interrompere il suo racconto ed i suoi sforzi, ecco arrivare il piccolo Ken. Spaventato (o infastidito?) dal rumore causato dalla caduta del bilanciere, va nella camera del suo papà per capire cosa sia successo con ancora gli occhioni colmi di sonno e i capelli scomposti. Un piccolo Azrael in miniatura. Il Nara stesso, all'entrata del figlio, si alza per poi piegarsi appena addosso alla fidanzata così da poggiare il viso sulla sua spalla e guardare il bambino con affetto. Kaori ride appena della risposta data dal Dainin andando a rivolgergli una espressione intenerita quando questi termina il suo dire. In momenti come questo le sembra ancora impossibile pensare che lui l'abbia scelta. Che sia al suo fianco, che la ami esattamente come lei ama lui. Torna a rivolgere a Ken la sua attenzione quando lo sente parlare e all'udire le sue prime parole si ritrova a sorridere nel notare l'estrema somiglianza caratteriale fra i due. Tuttavia è quanto le dice poco dopo che la sorprende. Il piccolo sembra preoccupato che Kaori fosse effettivamente in pericolo, in maniera tanto spontanea e genuina da toccarle il cuore. < Oh-- > boccheggia la donna per un solo secondo andando quindi a tendere di poco le braccia per indicare al piccolo di raggiungerla. < No, Ken, non ero in pericolo. > lo rassicura Kaori cercando -se lui si fosse avvicinato- di andare a poggiare le proprie mani sulle sue spalle, con dolcezza. < Solo che non avevo sentito tuo padre tornare dalla missione ieri e mi ero preoccupata che fosse successo qualcosa. > spiega la ragazza per far capire al piccolo che non c'è assolutamente nulla di cui doversi preoccupare. < Va tutto bene, davvero. > aggiunge poi con tono dolce, affettuoso, cercando di chinarsi appena appena -per quanto le sia possibile date le sue attuali condizioni fisiche- per guardare il bambino negli occhi. < Scusa se ti abbiamo svegliato tesoro. La prossima volta faremo più attenzione. Per farmi perdonare oggi potrei cucinare qualcosa di buono a tua scelta. Tipo... una torta? > azzarda lei inclinando appena il capo con fare incuriosito, il sorriso ben largo sulle sue rosee chiuse. A volte ha difficoltà a sapere come rivolgersi a Ken. Per quanto sia figlio del suo futuro marito è anche figlio adottivo di un'altra donna e questo la porta a non poter superare certi limiti nel loro rapporto. Non vuole che l'altro pensi che lei voglia sostituire la figura di sua madre, vuole che sia totalmente libero di pensare a lei nei termini che preferisce ed adattarsi a questi di conseguenza. Ma è estremamente difficile, in momenti come questi, non trattarlo come quello che avrebbe potuto essere in altre circostanze: un figlio. < Che ne dici? > conclude, alla fine, rimettendosi ben dritta in piedi e attendendo, sorridendo, una risposta da parte del piccolo Nara. Prima che il figlio del Dainin possa interromperli, quel che la Jonin dice porta Azrael a drizzare le orecchie. < A proposito di cosa, di preciso…? > Le domanda, la voce dubbiosa e lo sguardo immediatamente molto più preoccupato nel momento in cui il discorso viene collegato al controllo ginecologico del giornok precedente. < Sì, lo so, avevo intenzione di venire con te prima che i miei piani cambiassero per via della missione. Che cos-- > Ma in quel momento l’interruzione impedisce al discorso di proseguire, lasciando l’Anbu in silenzio in un umore tacito e piuttosto riflessivo, lasciando spazio alla scena tra il piccolo Ken e la madre del figlio che sta, invece, per arrivare. Ken, in effetti. È esattamente come suo padre alla sua età. Non particolarmente alto, snello e dal fisico scattante, dalla spiccata intelligenza tanto quanto spiccata la loro pigrizia. Amante de sonno, con le labbra sempre aperte in questo o quello sbadiglio, sempre apparentemente infastidito, ma al contempo prontok a mostrare il proprio vero io sensibile ed esremamente empatico. Gli occhi scuri e profondi, i capelli scompigliati , lucidi e corvini completano il quadro di quello che è sia suo fratello che suo figlio. Si avvicina alla Hyuga non appena viene invitato, improvvisamente attento a quel che lei ha da dirgli. Annuisce ogni volta che acquisisce un nuovo concetto da parte della Jonin riguardo il padre e le stessa. “Io l’ho sentito tornare! Era pieno di armi e… mi ha svegliato. Come al solito. Grazie papà.” Per quanto le sue parole siano pungenti e piccate, voltandosi in direzione del padre gli rivolge un sorriso dispettoso e anche piuttosto divertito. Il senso dell’umorismo della famiglia di Azrael Nara è peculiare e molto riconoscibile. “Ma sono felice che sia tutto ok. E per la torta…accetto volentieri.” Persino la galanteria è la stessa dell’uomo che sta cingendo le spalle della Hyuga. “Con la crema.” Aggiunge, sorridendo candidamente alla donna che si è abbassata per guardarlo negli occhi. “E… la panna.” Prosegue, poi, dando persino qualche pausa qui e lì, come se si aspettasse che Kaori prenda mentalmente appunti. “Fragole. Ci voglio anche le fragole. Solo sopra, però, non nella crema.” Pare che la lista di direttive sia conclusa, sotto gli occhi di un incredulo e divertitissimo Azrael che aspetta solo una risposta da parte della Hyuga che chissà come reagirà a questo Ken così esigente. Il bambino si ferma, torna serio per un istante, poi senza dir nulla cinge i fianchi della donna per abbracciarla posando la testolina sul pancione in un abbraccio totalmente inaspettato. “E voglio anche che non ti metti in periolo, cioè, io… tu vuoi bene a papà e io ne voglio a te e… e…” Non la guarda in faccia, se ne sta abbracciato a lei con gli occhietti chiusi. “E sei una brava mamma… con me e col fratellino nel pancione.” Le labbra del Dainin si dischiudono, gli occhi sbarrati seguono Ken mentre, dette le sue ultime parole, lacia adare la Hyuga e corre via dalla stanza per raggiungere la propria cameretta, lasciando i futuri sposi da soli. Le mani del Nara cercherebbero nuovamente i fianchi della futura moglie per invogliarla a girarsi, dato il discorso che ancora hanno da finire, oltre che per parlare di quanto appena avvenuto che, in un clima di incertezza sul ruolo che Kaori stessa occupa nelle vite di Ken e Ai, getta non poca luce e speranza. < Vogliamo sederci? > La voce è piatta, calma, ma priva di quel trasporto espresso in precedenza. Il volto del nara, oramai Kaori lo saprà bene, può risultare indecifrabile quando l’uomo ha intenzione di mascherarre quel che sta provando. Sia per bisogno che per deformazione professionale, avendo militato per lungo tempo tra le fila degli Anbu. Qualora la donna accettasse il suo invito lui la seguirebbe, sedendosi accanto alla donna che ama e fissandola con gli occhi carichi di aspettativa, indagatori, quasi insistenti, più simile ad uno Yami che sta interrogando un prigioniero che ad un Azrael a letto con la sua futura moglie. < Allora? > Non aggiunge altro. Vuole sapere se c’è qualche problema, se qualcosa non va, vuole avere tutto sotto controllo. Ne ha bisogno, è piuttosto chiaro, ma ancora più chiaro è che ha bisogno che Kaori stia bene. [ C on ]