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{ Il vaso di pandora } - Mezze confessioni di mezzanotte.

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con Haran, Irou

16:12 Haran:
 Sentire che qualcuno era entrato in casa era stato davvero strano. Loro due non ricevevano mai visite, a stento esisteva qualcuno che sapesse che loro due -piccoli nessuno, vivessero lì, in quella casa. Dopo aver abbandonato l'orfanotrofio avevano trovato quella sistemazione grazie ai soldi raccimolati grazie a qualche missione fatta dopo la nomina a genin. E' una casa piccola, compatta, con poche pretese, ma Haran la adora. E' loro. Solo loro. La prima cosa che abbiano mai posseduto davvero in tutta la loro vita. Ed era una casa. Una casa vera. Una casa dove potevano stare alzati fin quando desideravano, dove potevano cucinare quello che volevano, dove poteva osservare il camino acceso finché non si fosse addormentata davanti a questo. E' il loro nido, il loro rifugio. E qualcuno aveva bussato alla loro porta. Il cuore di Haran le è balzato in gola non appena ha sentito Kaiba aprire al visitatore sconosciuto portandola ad agire d'istinto: le mani sono volate al petto a comporre il sigillo della Capra, la mente s'è svuotata in un istante nel ripetersi d'un esercizio già eseguito mille e mille volte. Nell'ovattata nebbia del nulla che regna nella sua mente, colori e scie luminose avrebbero preso a danzare rincorrendosi in correnti sfolgoranti fino a concentrarsi in punti diversi della sua stessa figura. Nella sua mente, proprio dietro la fronte, si sarebbe concentrata una nebulosa addensazione di polveri violacee a rappresentare le energie psichiche derivanti dalle esperienze vissute, dalle cose studiate ed imparate, da ogni esperimento mai fatto e che le abbia portato nuova conoscenza. Nel ventre, invece, si sarebbe riunita una galassia rossastra dall'unione di molteplici filamenti scarlatti risucchiati da muscoli e ossa, da qualunque allenamento il suo fisico abbia mai sopportato fino a quel momento. Solo a quel punto quelle due correnti variopinte si sarebbero mosse in un moto rotatorio discendente ed ascendente così da incontrarsi all'altezza della bocca dello stomaco e schiantarsi l'una nell'altra. Fuse, confuse, avrebbero preso a vorticare all'unisono fino a quando viola e rosso non fossero divenute la stessa cosa e in uno scintillio improvviso una nuova energia cerulea sarebbe comparsa andando ad esploderle dentro ed investirla da capo a piedi, donandole nuove forze e nuovi riflessi. La paura che potesse trattarsi di quel folle Uchiha che solo poche ore prima, la sera precedente, l'aveva traumatizzata l'aveva assalita e portata a correre verso la porta della propria stanza per scostarla, i suoi sensi acuiti dalla presunta presenza del chakra ora attivo nel suo corpo. Aveva intravisto dallo spiraglio apertosi la figura appena entrata: una figura ammantata di bianco, elegante, eterea e- triste. Non era l'Uchiha e questo era un bene. Ma... qualcosa nella sua aura richiamava l'attenzione di Haran mettendole paura. Era palese la somiglianza nella fisionomia dei due. Chiunque quello fosse doveva venire da dove veniva Kaiba. E se fosse venuto a riprenderlo? Se fosse stato un fratello ritrovato? Uno zio? Un amico venuto a recuperarlo? La ragazza non aveva potuto fare a meno di sentire il cuore cascarle in fondo allo stomaco, dolorosamente. La paura di ciò che quel visitatore avrebbe potuto portare nelle loro vite l'assale violenta portandola, d'istinto, a lasciare la propria stanza per muoversi in punta di piedi, silenziosamente, verso la cucina. Non si affaccia dalla porta, rimane rasente alla parete accanto con la schiena schiacciata contro il muro e l'orecchio premuto contro di questo così da tentare d'udire quanto proviene dalla camera accanto. E' difficile distinguere le parole quando il sangue che le scorre nelle vene produce un suono così assordante nelle sue orecchie, ma non demorde. Permane lì, immobile cercando di assorbire quanto più possibile ma i due parlano a bassa voce. Stringe i denti, preoccupata, spaventata per la terrificante idea di poter vedere Kaiba tornare alla sua vera casa senza di lei e deglutisce a vuoto con la nausea che le stringe la gola e il terrore di rimanere nuovamente sola a rimbombarle nelle orecchie. Non sente le prime parole, vorrebbe sporgersi, far capolino nella stanza e origliare ma non vuole nemmeno rubare a Kaiba qualcosa di *suo*. Se davvero quell'uomo ha a che fare con lui e col suo passato lei non può strapparglielo via per egoismo. E allora si preme contro il muro cerca di concentrarsi al massimo fino a quando una sola parola, da parte del visitatore non arriva al suo udito. "Padre". E le si sgranano gli occhi, il respiro si spezza e le mani volano a schiantarsi contro la bocca per soffocarne il respiro e imporsi il silenzio. Le tremano le gambe, il cuore, gli occhi. E la voce di Kaiba è sconvolta, è triste, è alterata e tutto questo può significare solo pessime notizie per lui. E per lei. Haran si ritrova paralizzata sul posto, bloccata a metà strada fra il desiderio di raggiungerlo e dargli forza e quello di non intromettersi in qualcosa di unicamente suo, in quell'unico legame che ancora in qualche modo lo collega al suo passato. Kaiba piange e Haran non sa cosa fare. Vorrebbe cacciare via quell'uomo che ha spezzato il fragile equilibrio che erano duramente riusciti a conquistarsi in tutti quegli anni. Vorrebbe proteggere il suo migliore amico, abbracciarlo e fulminare quell'uomo con tutta la pericolosità di cui è capace una misera genin come lei. Vorrebbe fare qualcosa per il suo compagno e coinquilino, qualcosa che possa restituirgli il sorriso solare ed ingenuo che ha sempre mostrato in ogni circostanza. Tanta è la preoccupazione che neppure fa caso al drastico abbassamento di temperatura in quella casa. Non si stringe nella enorme felpa blu scuro che ha addosso, una delle tante che ha rubato a Kaiba per proteggersi dal freddo che lui tanto ama. Rimane immobile con i corti capelli neri legati in due treccine ai lati del collo, piuttosto corte, e delle parigine calde e pesanti a coprirle le leve inferiori dalle cosce fino ai piedi altresì scalzi. Avverte d'improvviso un denso silenzio e la sensazione che quell'uomo non sia più lì. Non lo vede uscire, non lo vede andarsene, eppure sente dentro di sé che ci sono solo loro lì. Che tutto è di nuovo come sempre, come è sempre stato. Haran e Kaiba. Insieme. Contro il mondo. < Ehi. > la sua voce esce bassa, quasi incerta, mentre rimane da quella parte della parete della cucina accanto alla porta chiusa, lasciandosi scivolare a terra fino a sedersi con le gambe ritirate verso di sé, le ginocchia strette al petto ed il capo basso, il mento poggiato su di queste. Non sa cosa dire, non sa se dovrebbe raggiungerlo o se invece non dovrebbe lasciarlo solo come lei è voluta rimanere sola la sera precedente dopo essere tornata -sconvolta, dall'incontro con quel sadico bastardo. Nel dubbio si limita ad essere lì, a distanza, lasciando a Kaiba la scelta su cosa fare. Lei, dal canto suo, gli sarebbe rimasta vicina qualunque cosa avesse deciso di fare. [ Tentativo Impasto del Chakra ]

16:48 Irou:
 È tutto come sempre. Kaiba ha ancora indosso la sua felpa del colore dell’oceano a coprirgli l’esile busto, ha ancora i suoi pantaloni grigio scuro a fasciargli le gambe. I suoi capelli argentei sono ancora scompigliati sul capo, gli occhi ghiaccio sono ancora incastonati su quella pelle bianca come la neve. Il suo bastone è ancora in casa, assieme al fido orsacchiotto polare di peluche, Olaf. Ma quello che se ne sta rannicchiato lì, con il capo incassato tra le ginocchia e le braccia strette a cingere le gambe, sul gelido pavimento di quella cucina, non è lo stesso Kaiba. ha appena scoperto di poter utilizzare la propria innata, ha appena scoperto di avere una famiglia ben più ampia di quanto pensasse, ma gli è stato strappato via un pezzo del proprio cuore. Aveva una certezza nella vita, una sola. Che suo padre fosse vivo. Da qualche parte, magari disperso, ma vivo. E quell’uomo gliel’ha tolta. Ha spento tutte le speranze di un disilluso ragazzino incline a fare sempre pessime battute per far sorridere gli altri, per mantenere la serenità in chiunque lo circondi, anche quando manca in se stesso. E, così come era arrivato, quell’uomo se ne è andato, lasciandolo abbandonato a se stesso, in quella miserabile condizione. Il chakra Hyuton viene rilasciato, frantumandosi in migliaia di schegge di ghiaccio dentro il giovane Kori. Persino il chakra, da quella viva fiamma cerulea che brucia al centro del suo plesso solare si scinde, togliendogli la sensazione di benessere che il richiamo di quella energia gli ha sempre donato. E resta lì, a capo chino, gli occhi sbarrati, in preda allo choc. Haran è in stanza, sta dormendo, probabilmente l’ha svegliata col suo urlo, ma non è ancora uscita, quindi magari sta ancora dormendo e lui non è intenzionato a svegliarla. Resta nel più statico silenzio, trattenendo il fiato per via del bruciore al petto, alla gola, agli occhi. Un bruciore che non è abituato a provare e che lo sta significativamente provando. Potrebbe restare lì per minuti, ore, persino giorni e mesi interi, crogiolandosi nella disperazione e nello sbigottimento più totale. Dopo qualche tempo, però, una voce richiama la sua attenzione. Haran. Avrebbe bisogno di correre da lei, di abbracciarla, di sfogare tutto quel che sta provando, ma non riesce a muoversi. Mancano le forze nel suo piccolo corpo straziato dalla tristezza. Il sentire la voce della sua migliore amica, della persona a cui più tiene al mondo e, per come stanno le cose adesso, l’unica persona che costituisce davvero la sua famiglia lo porta ad abbassare le palpebre sugli occhi innaturalmente chiari, ancora rivolti al pavimento. Una serie di singhiozzi dal suono crescente gli scuotono la schiena, facendola sobbalzare con un ritmo profondamente irregolare, calde e lucenti lacrime gli sfuggono dalle palpebre, perdendosi sui suoi zigomi, tra le labbra, sul mento, sulle vesti e persino sul pavimento. Un fiume di lacrime che si riversa senza controllo alcuno, le mani si stringono sugli stinchi, incavando le unghie nella stoffa e nella carne sottostante, fino a graffiarla. Le emozioni trattenute con troppa fatica e troppo a lungo escono di getto, straripando come un fiume in esondazione da una diga oramai distrutta. Le rosee candide del giovane Kori si aprono per liberare, come aveva fatto anche poco prima dinanzi all’uomo che gli ha stravolto la vita, un acuto e forte urlo di tristezza, non una vera e propria parola viene formata in quell’alto strillare, ma semplici fonemi rassomiglianti ai rantoli di dolore di un uomo appena pugnalato al petto si susseguono, fino a ferirgli ulteriormente la gola. Ora che è certo che Haran non sta realmente dormendo, non ha più motivo di trattenere tutto ciò che lo stava lacerando dall’interno. Ed irrompe con una violenza inaudita, con quelle urla strazianti, con quell’irrigidirsi scostante della schiena, le spalle che si arcuano e che si riabbassano al ritmo dei singhiozzi, con le unghie che scavano all’interno della carne da sopra la stoffa. È distrutto, è disperato, è incapace di accettare quella realtà che ha per moltissimi anni negato a se stesso, senza neanche prenderla minimamente in considerazione. Eppure è così. È questa la ragione per cui non ha trovato i genitori in quel periodo interminabile di ricerca nella neve, è per quello che non sono mai venuti a Kusa per trovarlo, è per quello che nessuno ne ha mai più sentito parlare. Perché non ci sono più, perché non ci saranno mai più. Perché, semplicemente, sono morti. [ Chakra OFF ]

17:11 Haran:
 Pare interminabile quel momento di silenzio che intercorre fra il dire di Haran e la reazione di Kaiba. Un momento che si dilata e protrae infinito fra loro distorcendo spazio e tempo. La ragazza è tesa, nervosa e non sa cosa fare se non stringere le labbra e scavare nelle ginocchia con le unghie ben curate delle mani, le dita affusolate che a stento fuoriescono dalle maniche della felpa decisamente troppo grande e larga per lei essendo stata in origine del ragazzo dall'altra parte della parete. E' la prima volta, dacché ha memoria, che sente Kaiba sconvolto. La prima volta che lo abbia mai sentito piangere. Lui che ha sempre una battuta orribile per tutti, nell'ingenuo ed innocente tentativo di strappare una risata o persino uno sguardo esasperato da parte della ragazzina che ormai ha ben imparato a convivere con lui e quel suo bislacco senso dell'umorismo. Lui che ha sempre un sorriso da offrire, una speranza a cui aggrapparsi per non abbandonarsi allo sconforto ed alla tristezza. Adesso è solo. Adesso piange e i suoi singhiozzi arrivano attutiti ma sempre più forti alle orecchie della genin. Haran abbassa il capo quasi in segno di rispettoso silenzio e lascia che lui sfoghi il suo dolore abbattendo quei limiti e quei freni che fino a quel momento si è sempre imposto. Si impone di lasciargli tempo e modo per liberarsi di quella sofferenza, ma quando quell'urlo arriva straziante a lacerare la quiete della casa, la ragazza non può fare a meno di correre. Si alza rapida dal pavimento andando a ruotare il busto così da spalancare la porta all'istante. Lo vede subito a terra, tremante, in lacrime, con l'espressione più addolorata e struggente che gli abbia mai visto in volto in tutta la sua vita. Qualcosa dentro di lei si spezza, duole e sanguina portandola semplicemente a raggiungerlo e crollare in ginocchio davanti a lui per cercare di avvolgere le sue larghe spalle con le proprie braccia, un po' come era solita fare quando Kaiba era bambino e aveva un brutto sogno durante la notte o c'era un temporale e i tuoni gli sembravano i ringhi violenti di un mostro arrabbiato. Un tempo era facile avere l'impressione di poterlo proteggere. Era così piccolo e magro che lei riusciva facilmente ad avvolgerlo con le sue braccia sentendosi quasi capace di fargli scudo col proprio corpo. Adesso però, chissà come e chissà quando, Kaiba è cresciuto e le sue mani sono troppo piccole per poterlo difendere. Non di meno però andrebbero a tentare di aggirare le sue spalle per spingerlo contro di sé, contro il proprio petto, tentando di abbracciarlo con forza affondando il proprio viso sulla sua spalla mentre la destrorsa andrebbe a poggiarsi dietro il di lui capo nel tentativo di incastrarsi fra i suoi capelli e carezzarli piano, con dolcezza, in quel modo che ha sempre immaginato le mamme usassero coi propri bambini quando questi erano malati. Col cuore fremente e pesante, Haran si imiterebbe ad essere lì. Senza dire nulla, senza fare alcunché, si limiterebbe ad accogliere il dolore di Kaiba offrendogli la propria spalla per piangere, le proprie braccia come protezione e sostegno. E non avverte il freddo che tipicamente accompagna la pelle di lui, non questa volta. Avverte solo il bisogno di stringerlo più forte e di non lasciarlo cadere in pezzi sotto i propri occhi. Sente solo il bisogno di rimanergli accanto e di perdersi nella sensazione di un suo abbraccio. Quanti anni erano, ormai, che non si abbracciavano più? Non con quella naturalezza, almeno? Un tempo era la cosa più semplice e genuina del mondo, per loro. Dormivano persino abbracciati e tutto trovava il proprio ordine solo quando, di notte, si addormentavano insieme con le dita strette fra loro. Ed ora...? Adesso c'è una sottile tensione ad accompagnare ogni stretta, ogni timido contatto. Adesso condividono la casa, ogni pasto della giornata, persino il lavoro: eppure se solo casualmente dovessero sfiorarsi, tutto quanto crollerebbe e non resterebbe di loro che la timida e impacciata goffaggine di due bambini sperduti. [ Chakra: on ]

17:48 Irou:
 Per anni è stato intento a trattenere tutto quel che poteva farlo anche solo vagamente sentire male. Le prese in giro, la solitudine, i maltrattamenti, la mancanza di mamma e papà. Tutto nascosto dietro qualche freddura di dubbio gusto. Adesso, però, tutto sta uscendo fuori come un fiume in piena. No riuscirebbe a trattenersi neanche volendo. Ed è allora, nel momento più brutto della sua vita, che interviene l’unica persona che ha sempre costituito la sua luce. Haran. La sente avvicinarsi alle sue spalle, correre dietro di sé e cingerlo con le braccia. Così sottili le sue esili braccia, così piccole le sue mani, ma così forte e salda la sua presa attorno al proprio corpicino tremante. Ed i singhiozzi, lentamente, scemano di intensità, seppur senza farlo mai smettere di sussultare. < Ha-- > Un tentativo di chiamare il di lei nome, fallito a causa del bruciore alle corde vocali e alla gola. Per l’ennesimo singulto che gli spezza il fiato. Le gambe si abbassano, le ginocchia si posano al terreno per far da perno e permettergli di girarsi verso di lei, frontalmente, senza uscire da quell’abbraccio tanto caldo da riuscire a scioglierlo. Si solleva, ergendosi in tutta l’altezza di cui dispone da quella posizione inginocchiata. Le braccia si muovono, come istintivamente, ad avvolgere la figura della ragazza totalmente, quasi sovrastandola, data la differenza di stazza tra i due. Le lacrime continuano a fluire insistenti dai suoi occhi chiusi, il volto chino ed affondato tra il capo e la spalla di Haran, continuando a piangere, bagnandole quella porzione di corpo presa di mira dal proprio volto. < Haran… Haran… > Chiama il suo nome in una continua nenia, una richiesta di aiuto che non sembra voler terminare in alcun modo, ma che si sta via via placando. < Mi—mi ha detto che… non c’è più… > Parole sconnesse, che non spiegano effettivamente cosa è successo, ma che sono – attualmente – le uniche cose che il piccolo Kori riesce a pronunciare in quel momento di totale sconforto. < Non c’è più… non c’è più… > Prosegue, stringendo le proprie braccia attorno alla migliore amica di una vita. È così legato a lei che mai e poi mai si sognerebbe di chiudersi, di privarla della possibilità di leggergli dentro come fosse un libro aperto. Ma il cuore gli batte così forte nel petto, quando sono così vicini, così a contatto. È rassicurante sentire il sangue che gli scorre più rapido nelle vene, simile alla senazione del chakra che lo rinvigorisce, ma molto più naturale, più spontanea. Le mani di Kaiba sostano sulla schiena dell’Uchiha, al centro della curva che la sua colonna vertebrale crea, stando dritta. Lei è la sua famiglia. Deve proteggerla. Deve averla con sé, a qualunque costo, per sempre. [ Chakra OFF ]

18:35 Haran:
 Fa male. Fa dannatamente male sentire la voce di Kaiba spezzarsi, il pianto bruciargli la gola al punto da impedirgli di parlare. Fa male vedere quelle lacrime salate solcargli il volto, il sorriso svanire dalle sue labbra sostituito da quelle rosee tremanti e umide di pianto. Fa male sentire nelle orecchie l'eco stridente della sua sofferenza. Haran sente il cuore contrarsi, gli occhi bruciare e le sue braccia cercano ancor più convulsamente le spalle di lui per poterlo abbracciare con maggior forza. Kaiba si volta, si alza sulle ginocchia e si abbandona a quella stretta andando ad avvolgerla con le sue lunghe braccia. Si sente tirata contro il suo corpo, si sente totalmente avvolta e sormontata da lui quasi come fosse lei la bambina da consolare in quel caldo abbraccio. Ma non si distacca, non scivola via, anzi: lo stringe con maggior dolcezza, con maggior decisione, andando a poggiare il capo contro quello di lui quando lo sente affondare contro l'incavo fra il suo collo e la sua spalla. E' una sensazione strana quella che la avvolge: il desiderio di voler essere uno scudo per lui, pronto ad assorbire ed incassare il dolore che lo sta scuotendo si scontra con la sensazione di calore che la sua vicinanza le dona. Può avvertire distintamente la sensazione delle sue ciglia bagnate contro la pelle, dei suoi respiri tremanti contro la porzione di spalla scoperta dalla felpa. Può sentire il suo odore avvolgerla e circondarla in un modo che non sperimenta da anni. E andrebbe a cercare di massaggiargli la schiena lasciando scivolare la sua mano dalle scapole alla zona lombare in un ritmo lento e costante, rassicurante, che vorrebbe donargli conforto. La sua mano scorre lentamente, dolce contro la stoffa della sua felpa mentre l'altra rimane a contatto coi suoi capelli mentre può chiaramente sentire le mani di lui andare a tenerla stretta fermandosi lì, sulla sua schiena, in quel punto della colonna che sembra quasi sostenerla. La voce di lui esce rotta, disperata e Haran si sente schiaffeggiata ad ogni sillaba mentre si rende conto di non potere nulla contro il dolore che una simile perdita può aver causato in lui. E' questo che è successo, quindi? Per questo è stato nominato il padre di Kaiba? Haran non vuole ammettere ad alta voce di averci pensato in più di una occasione: se quell'uomo fosse stato vivo è possibile che in tutti quegli anni non lo avesse cercato? Da come Kaiba le aveva parlato di lui sembrava essere un padre affettuoso e nulla avrebbe potuto tenerlo lontano dal suo bambino così a lungo se non-- Non vuole pensarci e, espirando piano, va chiudendo a sua volta gli occhi per accogliere con forza la sofferenza del suo migliore amico. < Non... so cosa fare Kaiba. > ammette lei, alla fine, con voce bassa, un sussurro flebile al suo orecchio mentre lentamente riapre gli occhi con fare sconfitto. < Non ho mai avuto dei genitori e sapere che potrebbe essere successo loro qualcosa non mi sconvolgerebbe perché non ho alcun ricordo di loro. Non posso capire quello che senti questa volta... > mormora ancora, Haran, continuando a tenere stretto il corpo del ragazzo contro il proprio. < Ma posso immaginarlo, credo. > Deglutisce a vuoto ricordando il terrore cieco che l'aveva pervasa quando la sera precedente aveva visto Kaiba morire in quell'illusione. E al solo ricordo ritorna prepotente la paura di perderlo, la paura di poter vivere una vita senza più Kaiba al suo fianco, senza più le sue battute tristi, senza più la sua espressione assonnata di prima mattina mentre fanno colazione seduti al tavolo della cucina con i capelli scomposti e i piedi nudi sul pavimento gelido di casa a farle sentire freddo al posto suo. Le dita vanno stringendosi ancor più forte contro di lui, fra i suoi capelli bianchi, sulla sua schiena così ampia e forte. Il solo pensiero di perderlo le è insopportabile e le fa quasi mancare l'aria dai polmoni. < Non so dirti se passerà. Adesso farà male. E' normale. Ma posso affrontarlo con te. > gli mormora allora, all'orecchio, stringendo le labbra, sentendo il sangue scorrerle rapido nelle vene ed addensarsi quasi bruciante lungo le mani, le orecchie, le guance. < Insieme. > ribatte, poco dopo, con più decisione, senza la minima traccia di esitazione. [ Chakra: on ]

19:13 Irou:
 La sente. La sente così chiaramente. Attorno a sé, dentro di sé. La sente stringerlo, avvolgerlo e tenerlo affettuosamente legato al di lei petto. È così rassicurante, così… intimo. Talmente caloroso e dolce da cosentire alle di lui lacrime di smettere di fluire attraverso le palpebre. Smettono di scorrere, lasciando il viso di Kaiba e la spalla di Haran umidi del lascito di quello sfogo disperato. Tira su forte col naso, il giovane Kori, prima di poter riprendere un po’ di quel fiato che gli era stato mozzato in gola ed in petto. Le labbra si schiudono sulla pelle scoperta della ragazza, cercando di incamerare aria e di rilasciarla, senza mai spostarsi da quell’incavo così rassicurante da consentirgli di recuperare un po’ di lucidità. Le narici si riempiono del profumo della pelle della giovane, misto al proprio, rilasciato dalla felpa che lei ha indossato più e più volte, preferendo il calore di quelle vesti, seppur più larghe della sua taglia. < Haran… > Richiama il suo nome, dopo aver assimilato le sue parole, ma la voce è più calma, pacata, quasi assimilabile ad un lieve sussurro. Gli dà sicurezza, gli concede una forza che mai avrebbe pensato di avere tutto da solo. < Nemmeno io so cosa fare… > Le risponde, mantenendo sempre quella parlata sommessa e lenta, ma non più spezzata dai residui del pianto appena cessato. < Forse- forse avrei dovuto immaginarlo. In effetti i miei genitri sono partiti per la guerra. > Un sorriso piuttosto spento gli si dipinge sulle labbra, contro la pelle di Haran, decisamente più calda della propria. Soltanto ora sta razionalizzando l’accaduto, soltanto adesso si sta comportando come il ragazzo, il giovane uomo che oramai è diventato da un po’, mettendo da parte il bambino che, spaventato, ha rischiato la morte nella neve per trovarli ancora vivi. < Lo so persino io che in guerra si muore. > Ruoterebbe il capo, a questo punto, per incontrare con i propri occhi di ghiaccio quelli scuri di Haran, mantenendo sempre quel sorriso spento che, quelle iridi innaturalmente chiare, non le coinvolge per nulla. < Insomma, era un Kori. Tutte le mattine ci svegliamo freddi come un cadavere. > Una battuta uscita davvero, davvero male. Ma pur sempre una battuta. Ci sta provando, sta impiegando tutte le proprie forze per superare quel momento orribile nel solo modo che conosce, spinto dalle parole e dalla vicinanza dell’unica persona al mondo che abbia importanza per lui, adesso. < Possiamo affrontare tutto, come abbiamo sempre fatto. > La mano destra si sposta dalla schiena della ragazza per andare a coprire gli occhi ed asciugare l’ombra delle lacrime che gli inumidiscono ancora la pelle nivea, sollevando il busto per poter continuare a guardare Haran negli occhi da quella posizione frontale, sebbene siano ancora ingonocchiati a terra. < Il pavimento è gelido, preferisci se andiamo sul letto? So che il freddo non ti piace. > Anche la sinistra si leva dal di lei corpo per andare alla propria attaccatura dei capelli, sulla nuca, per grattare energicamente e scuotere la testa, nel tentativo di scacciare tutti i brutti pensieri, non troppo efficacemente, ma abbastanza per riuscire ad assumere un’espressione meno affranta. [ Chakra OFF ]

19:47 Haran:
 E schiude le rosee avvertendo un brivido risalirle la schiena. Sente il respiro di Kaiba sul collo, le sue lacrime fermarsi sulla sua pelle ed il suo fiato andare a regolarizzarsi un po' per volta. Il pianto s'arresta e tutto ciò che rimane sono i loro corpi abbracciati, stretti in quell'atto di vicinanza ed unione che li ha sempre accompagnati. Il cuore di Haran batte forte, galoppa, così come il sangue le imperversa nelle tempie, nelle vene. E tutto assume quasi una sfumatura rossastra attorno a sé mentre quasi le sembra di sentire il battito del cuore riverberarsi per la gola. No. No, non può succedere ora. Non vuole. Stringe gli occhi ricacciando indietro quella sensazione, quella specie di bruciore alle iridi che ha avvertito per la prima volta solo la sera precedente. Cerca di arrestare quell'alone rossastro che vortica nella sua visuale respirando a fondo, ma il battito del suo cuore sembra pompare quelle sfumature colorate sempre più prepotenti dinnanzi alla propria vista. La voce di Kaiba, per fortuna, la richiama alla realtà facendo ritrarre quelle lingue scarlatte dal suo sguardo e le solleva sotto la felpa la pelle d'oca. Haran boccheggia: perchè accidenti fa così? Ha solo detto il suo nome! Eppure- quanto bene può suonare quella semplice parola sulle sue labbra? La sua voce è calda, bassa, appena arrochita dal recente pianto, ma più stabile. Neppure lui sa cosa fare e cerca di riprendersi gettando il tutto verso lo scherzo andando a distaccarsi appena da quell'abbraccio per cercare lo sguardo di lei. Le loro iridi s'incontrano, i loro occhi si riflettono gli uni negli altri e la ragazza nota quell'espressione spenta sul suo volto in un istante. Cerca di essere forte, ancora, come sempre, andando a proporre una battuta venuta fuori davvero davvero male. Haran schiude le rosee trattenendo il respiro e mostra solo più tardi una espressione dispiaciuta e malinconica all'amico. < Kaiba... > il suo nome esce così, d'istinto, in un sussurro che rimane sospeso nel nulla, incapace di far seguire a quella parola qualunque altro dire. Vorrebbe dirgli che non deve sforzarsi di ridere, che non deve riprendersi in fretta. Può permettersi di elaborare il lutto per tutto il tempo di cui ha bisogno. Ma le parole non vengono fuori e rimane semplicemente lì ad osservarlo con la voce dissolta nel nulla. Il ragazzo scioglie l'abbraccio andando ad asciugarsi le lacrime e questo porta Haran a ritrarre le braccia a sua volta dalle sue spalle, timidamente, sentendosi improvvisamente in imbarazzo, a disagio, con ancora il calore del corpo di lui addosso, quasi avesse indelebilmente marchiato la sua pelle con delle scie di fuoco azzurro. Rimangono inginocchiati l'uno dinnanzi all'altro, in silenzio, fino a quando le parole di lui non vanno a spezzare quella quiete assordante. Haran boccheggia per un istante, presa alla sprovvista all'idea di stendersi accanto a lui come erano soliti fare da bambini e sente il sangue pulsarle violentemente nelle tempie, gli occhi bruciare, contrarsi e nuove lingue scarlatte danzarle dinnanzi allo sguardo. Haran scosta il viso rapidamente abbassando il capo, strofinandosi gli occhi con le mani per nascondere quel fenomeno alla vista altrui; non è il momento per dirgli quello che è successo, non è il momento di spiegargli cosa è accaduto la sera precedente. Adesso deve soltanto prendersi cura di lui e cercare di fermare quei dannati occhi che continuano a pulsarle nelle orbite. Kaiba avrebbe visto per un istante le iridi di lei schiarirsi fino a divenire rossastre per una frazione di secondo, qualcosa di nero vorticare attorno alle sue pupille come una specie di distorsione poco chiara che Haran sembra essere stata decisa a nascondere. < Uh- Certo. Solo... se mi prometti che cerchi di riposare un po'. > commenta la ragazza con la testa abbassata, non volendo rialzare il viso per timore che lui possa scorgere nei suoi occhi quella nuova verità che neppure lei è ancora sicura di voler accettare. Deglutirebbe, quindi, tentando di alzarsi, con il capo storto e chino nel chiaro tentativo di non fronteggiare lo sguardo dell'amico, mentre cerca di ricacciare indietro quelle sfumature rosse e nere che adesso le mostrano ogni cosa con estrema nitidezza e- lentezza. Un fenomeno che non sa controllare, con cui non vuole -ancora, avere a che fare e che vorrebbe annullare, ricacciare via, ma senza sapere come. Agitata, tesa, nervosa, le sembra quasi che la sua agitazione non faccia altro che nutrire quei maledettissimi occhi. [ Chakra: on ]

10:16 Irou:
 Inginocchiati su quel pavimento, faccia a faccia, gli tornano in mente le immagini di una Haran ed un Kaiba molto più piccoli, costretti a parlare sottovoce per non palesare la loro presenza, sul freddo pavimento dell’orfanotrofio. Il loro primo incontro, quando ancora non sapevano i nomi l’uno dell’altra, ma già sapevano che sarebbero stati insieme per sempre, amici per la vita. Ora sono cresciuti, la vita li ha temprati, sono dei ninja del Villaggio di Kusa, da cui – spesso – dipendono delle vite e la sicurezza dell’Erba stessa. Haran pronuncia il suo nome, quasi on una punta di rammarico, di compassione nei confronti del Kori che sta cercando tanto aspramente di fare l’uomo maturo, consapevole e cresciuto che non è. In quel momento è quel bambino spaventato dai mostri, che tenta di nascondere dietro la cavalleria il suo bisogno di dormire in compagnia di qualcuno per sentirsi sicuro. A differenza di quella volta, però, lei non lo sta guardando negli occhi. Perché non solleva lo sguardo? Ma, soprattutto, perché gli manca così tanto poter incrociare gli occhi nei suoi? La proposta di andare a letto viene accettata, a patto che il Kori riposi un po’, ma nessuno ei due si muove. Il giovane Genin ha bisogno di capire perché la sua migliore amica non lo sta neanche guardando in faccia. Dallo sguardo offuscato dal pianto e da dietro gli occhiali non nota fin da subito le sfumature scarlatte che le decorano lo sguardo, ma se anche le avesse notate, on sarebbe comunque stato in grado di trarre soluzioni logiche e coerenti con la situazione. La mancina si alzerebbe, cercando di poggiarsi sulla guancia della ragazza che ha di fronte, carezzandole debolmente lo zigomo col pollice. Magari questo le farà alzare lo sguardo, incontrando l’espressione addolcita e rapita del ragazzo dal crine argenteo, ma non è questo il suo principale obiettivo. Non appena ne avrebbe l’occasione la mano sul suo viso, dapprima lenta e misurata in quel tocco gentile, si fa malandrina e rapida nell’atto di sfilarle – se lei non lo impedisse – gli occhiali dal suo viso. Celermente andrebbe a rialzarsi, facendo scattare le leve inferiori in una carsa che, per lui, sarebbe velocissima, ma che – in realtà – sarebbe rallentata dall’assenza del chakra. Scapperebbe nella stanza da cui è uscita Haran, quella in cui era convinto stesse dormendo, per poi farsi trovare, qualora lei lo seguisse, seduto sul bordo del letto, inforcando gli occhiali e notando come, all’improvviso, tutto il ondo inizi a sembrargli diverso, sfocato, dai contorni privi di un contrasto etto con lo sfondo. Gli occhi chiari si sgranerebbero fino a diventare due grandi sfere di ghiaccio, prima di esclamare, totalmente dimentico di quanto gli stesse accadendo poco prima, con convinzione, divertimento ed una buona dose di stupore < Oooooh! Vedo il mondo in 3D! > [ Chakra OFF ]

10:49 Haran:
 Si sente nervosa. Sente il corpo teso, gli occhi pulsare, il sangue ribollire nelle vene. Perchè? Perchè sta succedendo tutto così, in questo modo? Perchè tutto assieme? La sera precedente qualcuno la tortura per scoprire se lei sia o non sia una 'vera Uchiha', oggi quell'uomo rivela a Kaiba della morte di suo padre. Ed ora quei maledettissimi occhi -che fino a quel momento non l'avevano mai disturbata- sembrano voler a tutti i costi palesarsi senza che lei sappia come controllarne il potere. Le dà fastidio. No, letteralmente, le dà il panico. Non ha potuto ancora metabolizzare ogni cosa, il ricordo di aver visto Kaiba morire l'ha tormentata per tutta la notte e non è riuscita a pensare lucidamente a quanto sia accaduto. E adesso lui è lì, può ancora sentire il calore del suo abbraccio addosso, la sensazione dei suoi respiri sul collo e il cuore le fa male alla sola realizzazione di quel momento e gli occhi le bruciano terribilmente. Cerca di fermarli, di interrompere quel processo ma non vuole neppure che Kaiba se ne accorga. E poi- quella mano la sfiora. La sua mente si svuota in un istante quando le dita di Kaiba cercano il suo volto. Le labbra si schiudono e il cuore si immobilizza nel petto mentre quasi si sente sciogliere le gambe. Non può fare a meno di rialzare il viso per cercare il suo sguardo, con le iridi nere che pulsano e il sangue che corre rapido nel suo cuore. Si sente come bloccata in un eterno momento di stasi mentre il pollice di lui scivola lento sul suo zigomo in un tocco così gentile da inviarle mille brividi dentro. L'osserva confusa, persa, col respiro mozzato e gli occhi che in un istante non dolgono più. L'espressione di lui è più gentile, dolce, calma.. e in un istante ritorna l'espressione furbetta e malandrina di sempre quando inaspettatamente va a sfilarle gli occhiali per alzarsi e correre via, frantumando quel momento così- etereo spezzando quell'attimo di stasi nella quale Haran pareva bloccata. Il cuore torna a pompare rapidamente il sangue nel corpo, i pensieri si riavviano violenti e ingarbugliati e il chakra le esplode dentro e andrebbe a raggiungere i suoi occhi con forza in una corsa rapida e precisa che ne riempie gli occhi. Le iridi si sfumano di rosso, la tomoe rotea rapida attorno alla pupilla e dunque si stabilizza in orbita mentre Haran, presa dalla rapidità del momento, si alza di scatto a sua volta col cuore in gola e la nostalgia della sensazione delle sue dita sul viso. < Kaaaaaaaaibaaaaa! > lo chiama voltandosi e correndo verso la propria stanza, senza neppure accorgersi di vedere tutto estremamente chiaramente anche senza occhiali. Non bada al fatto che gli occhi non pulsano più, né al fatto che tutto è così meravigliosamente nitido anche senza luci accese. < Ridammeli! Dammi subito gli occhiali! > Si ritrova nella propria stanza a raggiungere l'amico seduto sul suo letto per tentare di sfilargli gli occhiali dal viso e rimetterli all'istante, imbarazzata, neppure lei sa da cosa, col cuore in tumulto e il viso in fiamme lì dove poco prima la mano di Kaiba l'aveva sfiorata. < Sai che non ci vedo senza... > borbotterebbe allora qualora fosse riuscita a recuperarli e indossarli, lo sguardo a tornare ora basso mentre realizza in questo esatto istante di avere Kaiba seduto sul proprio letto, nella sua stanza, per la prima volta dopo anni di amicizia e convivenza. [ Sharingan I ] [ Chakra: -1 ]

11:27 Irou:
 Resta seduto sul letto, rapito dalla nuova visione che gli occhiali della ragazza gli danno del mondo. Una visione poco chiara, per uno che non ha mai avuto problemi alla vista. Un fastidio non indifferente gli raggiunge il centro degli occhi e della fronte, frutto della fatica del sistema visivo ad abituarsi a quella nuova prospettiva, che lo portano a sbattere rapidamente le palpebre, accentuando ancora di più la sensazione di capogiro causata dagli occhiali non suoi, di una gradazione che non si confà a quella che, solitamente, il suo cervello non è abituata a processare. Ed è un istante prima che una mano glieli sifili dal volto e che il Kori possa tornare a vedere chiaramente. Le mani vanno al viso, chiuse a pugno, intente a sfregarsi gli occhi òeggermente irritati. Ricadono, poi, mollemente sul materasso per inquadrare quel che ha di fronte. Haran, giunta rapidissima in quella stanza, bella come sempre, nella rabbia che riserva solo a lui, al suo ennesimo scherzetto giocoso. Un’irritazione dolce, che i due conoscono bene perché comune solo ed unicamente al loro rapporto. Ma v’è qualcosa di diverso, che immediatamente calamita tutte le attenzioni del ragazzo. < Ha- Haran…? > Pronuncerebbe il di lei nome in tono interrogativo, xhinando il busto in avanti per osservarla meglio, per notare quel dettaglio che la ragazza sta cercando disperatamente di celare. Le sue gambe l’hanno portata in quella stanza con una precisione ed una rapidità che, normalmente, non avrebbe potuto esibire con la èrivazione dello strumento che le migliora la vista. Ed il merito deve essere di quella diversità così presente e palese nei suoi occhi. Le iridi non sono più scure. Non sono più nere. Un rosso acceso le colora, le invade, e quella piccola virgola nera le gravita attorno alla pupilla. Gli occhi del Kori si fanno grandi di stupore, le rosee si schiudono a causa della grande sorpresa. L’indice della destra punterebbe verso il viso, ora abbassato, di Haran, mentre Kaiba boccheggerebbe, senza saper bene cosa dire e prendendosi qualche attimo per richiamare alla mente i ricordi riguardanti quel particolare tipo di doujutsu. Deve averlo visto da qualche parte, si ricorda di averlo visto da qualche parte. o quantomeno di averne letto. Si concentrerebbe ancora ed ancora, finché il suo dito non comincerebbe a tremare per lo sforzo mentale, finché… < Ah! Quello deve essere il byakugan! > Smetterebbe di tremare, oramai certo di aver svelato l’arcano segreto che si cela dietro quegli occhi < Quindi tu devi essere… una Seiun! > Concluderebbe, il nostri fantastico investigatore dell’Erba. Convinto di essere arrivato alla soluzione si alzerebbe, per avanzare qualche timido passo verso di lei ed andare nuovamente con le mani al di lei viso, stavolta in maniera più cauta, consentendole di studiare ogni suo gesto prima che possa effettivamente compierlo. < Posso? > Direbbe, poggiando indice e medio di entrambe le mani sulle stecche laterali degli occhiali. Se avesse avuto il permesso andrebbe a sfilarli piano, per voltarsi ed appoggiarli sul comodino accanto al letto di Haran. A quel punto incatenerebbe le iridi alle sue, ora così diverse, ma ugualmente belle per il semplice fatto che… sono sue. [ Chakra OFF ]

11:50 Haran:
 Sente chiaramente la nota interrogativa nella voce di Kaiba. Quel tono indice del fatto che c'è qualcosa che non va, che non riconosce. Haran tiene il capo ancor più basso stringendo nervosamente i pugni lungo i fianchi. Si morde il labbro inferiore, nervosamente, sapendo di non avercela fatta. Kaiba deve aver notato qualcosa ed ora dovrà spiegargli tutto. Non che volesse tenerglielo nascosto, non c'è niente al mondo che a lui non direbbe. Ma- cosa dovrebbe dirgli? Come può raccontargli cosa ha vissuto solo la sera precedente? Come può rivelargli di averlo visto morire? Che il terrore per quella visione ha riportato a galla quel potere così terrificante? Come potrebbe essere una bella notizia l'appartenere ad un clan il cui potere evidentemente deriva dalla paura? E poi, insomma, storicamente non è che gli Uchiha siano mai stati così fortunati: basti considerare che la stessa Haran ha iniziato la sua vita già senza genitori. Un bel preludio a quello che il futuro può riservarle. Quasi vorrebbe farsi piccola piccola sul posto, lei quando sente lo sguardo di Kaiba scivolare sul suo viso, sulle iridi che fremono dietro quelle lenti che, per la prima volta, sembrano quasi darle fastidio. E poi la sua voce la raggiunge e spezza quel momento di profonda serietà a causa della sciocchezza appena espressa. La ragazza solleva il viso di scatto per fissarlo con una espressione rassegnata e giocosamente sconfortata, quasi come volesse esprimere silenziosamente un palese "Ma sei serio?". < Ma l'esame teorico tu com'è che l'hai passato, me lo spieghi? > borbotterebbe lei celando una risata leggera, sfottendo amichevolmente il compagno di una vita. Tuttavia il momento è ancora piuttosto delicato e persino Kaiba lo comprende tanto che, questa volta, le sue dita si fanno esitanti quando cercano di avvicinarsi al suo volto. Haran sente il cuore tremare di nuovo al vedere la distanza venir meno fra loro e segue il movimento di quelle mani quasi con timore, sbattendo rapidamente le cigli come se ne avesse paura. Schiude le labbra quando le dita di Kaiba si soffermano sulle stecche dei suoi occhiali e quindi annuisce, in silenzio, quando l'altro le chiede il permesso di toglierglieli. Chiude gli occhi nel momento in cui l'altro va a sfilarli con cura e li riapre solo quando sente il flebile suono delle lenti che poggiano contro il comodino. Le palpebre s'alzano tremanti, timidamente, portandola a puntare lo sguardo in quello altrui quasi col timore di apparire diversa ai suoi occhi. < E'-- successo ieri sera. > rivela, alla fine, deglutendo, ripensando a come la notte precedente sia tornata a casa di corsa, col fiato rotto e le lacrime secche sulle gote. Appena ha visto Kaiba in casa si è sentita le gambe molli e, trattenendo un urlo si è fiondata in camera sua sbattendo la porta, senza dire una sola parola. Avrebbe voluto correre da lui a stringerlo forte ma sapere che non sarebbe mai riuscita a spiegargli cos'era appena successo l'aveva portata a voler rimanere da sola. < Un uomo mi ha intrappolata in un genjutsu e-- > Rivede sotto gli occhi l'espressione spenta di Kaiba mentre la prega di mettersi al riparo, mentre il sangue esce a fiotti dal suo addome squarciato, mentre le risate li circondano facendo risuonare attorno a loro sbeffeggi e acido scherno. < --lo Sharingan si è manifestato. > deglutisce scegliendo di glissare sul contenuto di quella illusione giocherellando nervosamente con gli orli delle maniche della sua felpa, abbassando ora lo sguardo incapace di mentirgli guardandolo dritto negli occhi. < Ha detto che... sono una Uchiha. Voleva che andassi con lui. > rivela lei sentendo montarle dentro il disgusto per quella figura, l'odio per quell'uomo che aveva così impunemente sputato su ciò che Kaiba ha sempre rappresentato per lei. [ Sharingan I ] [ Chakra: -2 ]

12:44 Irou:
 Dall’espressione sconfortata di Haran il giovane Kori può ben intuire che no, quello non è un byakugan e lei non è una Seiun. La motivazione coincide con la risposta alla domanda che la ragazza gli ha, più che giustamente, posto riguardo il suo esame teorico, passato con l’aiuto dei Kami. < Ho copiato da te! Sei la persona più intelligente che io conosca… > Il tono si abbassa assieme allo sguardo, colpevole di aver barato, ma consapevole e sicuro del complimento che ha rivolto alla sua migliore amica. Lei è sempre stata la parte razionale dei due. Lui è il braccio, quello che segue i piani, non che li ordisce. Quello a cui piace combinare guai ed essere incredibilmente grato quando Haran li risolve e, poi, gli rivolge un affettuoso rimprovero, da cui il Kori riesce sempre a distrarla con una pessima freddura o col suo enorme sorriso solare ed ingenuo. Gli occhiali vengono sfilati, così che Kaiba possa osservare da vicino il vivo colore di quelle iridi rosse, studiare nel dettaglio quella piccola particella nera che viaggia attorno alla pupilla seguendo un percorso ben definito. Non è spaventato, non è inorridito o disgustato. Fosse tornata senza occhi, quella sarebbe stata comunque la sua Haran. Nessun dettaglio, che siano le orride cicatrici di un Kakuzu, il calore di una Yoton o qualsivoglia modifica al di lei corpo gli avrebbe causato una qualsivoglia reazione che si discosti dall’affetto che prova per lei. E vorrebbe dirglielo, vorrebbe renderla partecipe di quanto sia importante nnella sua vita, anche in quel momento di lutto e disperazione che sta, con tutte le sue forze, ricacciando indietro per permettersi di essere forte, ma quel che la ragazza gli dice, successivamente, lo colpisce come uno schiaffo in pieno volto. Le iridi azzurre si sgranano, la pupilla si restringe ed il sangue gli corre furiosamente nelle vene, fino a fargli pulsare le tempie. Le mani verrebbero serrate in due pugni chiusi, la mascella si serra lasciando intravedere i denti candidi in una smoria di rabbia che non gli si addice particolarmente, ma che – in questo momento – è l’emozione che predomina il suo animo, altrimenti calmo e spensierato. Un uomo l’ha messa in un illusione e lei è tornata sconvolta a casa, chiudendosi in camera sino al momento in cui non è arrivato quell’infausto visitatore. La voce è gelida, secca, ricolma di odio. Un tono che mai ha dovuto adottare, che non ha rivolto neanche ai bulli che giornalmente li schernivano, preferendo sempre mantenere un atteggiamento più vivace, seppur nel tntativo di proteggere Haran mettendo a rischio anche il proprio corpo. < Ti ha fatto del male? > Le domanderebbe, notando – con un certo fastidio – la mancanza di contatto visivo tra i due. Ed è allora che, prima che lei possa rispondergli, che la mancina si alzerebbe di nuovo per cercare il suo viso, ma non in una carezza gentile, questa volta. Cercherebbe di poggiarle le dita sotto il mento, spingendo verso l’alto perché lei lo guardi dritto negli occhi, in quello sguardo che, forse per la prima volta, rispecchia il colore glaciale delle iridi anche nell’espressività. < Haran, cazzo. > Le parole scorrerebbero liberamente dalle rosee chiare del Genin, senza che possano passare per il filtro del raziocinio < Se ti ha fatto del male io lo uccido. > Non è mai stato così serio, mai stato così arrabbiato. Forse per il momento in cui è giunta quella notizia, forse per i sensi di colpa nati dal semplice fatto di non essersi accorto delle condizioni in cui la ragazza versava, al suo rientro a casa la sera prima, in un orario più tardo del solito. Ma è la pura verità. Sarebbe in grado di ammazzare chiunque dovesse anche solo tentare di farle del male. Lei è la sua Haran. La sua migliore amica. La sua famiglia. Tutto ciò che gli resta e nessuno potrà mai portargliela via. [ Chakra OFF ]

15:27 Haran:
 Il sangue affluisce alle gote tingendole di un rosso sbiadito mentre in un gesto istintivo Haran va sistemandosi gli occhiali sul viso spingendoli più su tramite una leggera spinta del dito indice sull'archetto nasale che unisce le due lenti. Si schiarisce la voce cercando di dissimulare la contentezza scaturita da quelle parole, la lusinga che egli le ha rivolto e che per lei ha enorme significato. < Beh-- sei stato fortunato che non ti hanno scoperto. > distoglie lo sguardo con quell'espressione felice che ha sempre in volto quando Kaiba riesce ad ammansirla con qualche complimento gettato nel bel mezzo del discorso quasi senza che lei se ne rendesse conto. E' proprio più forte di lei: non ce la fa ad essere dura con lui. Ogni sua apparente rispostaccia è in realtà intrisa di tenero affetto ed entrambi sanno che Haran non è mai davvero seria quando rimbrotta l'amico per via di qualche sua pessima battuta o di qualche azione inopportuna. Ad occhi esterni potrebbe apparire insopportabile e saccente, ma Kaiba la conosce e sa che quello è semplicemente il rapporto che hanno costruito nel tempo, quello che solamente due anime legate nel profondo possono mantenere così naturalmente, perchè sanno cosa l'altro pensa anche senza aver bisogno delle parole. E proprio in virtù di questo la ragazza comprende quanto Kaiba sia mortalmente serio nel momento in cui la sua voce esce così ferma e gelida dalle sue labbra. Non lo ha mai sentito parlare così. Mai. Ed è una sorpresa strana per lei scoprire ancora un nuovo lato di Kaiba dopo tutti quegli anni trascorsi assieme, una sorpresa che la porta a non opporre resistenza quando le dita di lui le impongono di sollevare il viso per incontrare il suo sguardo. Haran lo osserva, lo guarda e studia i lineamenti del suo viso adesso così nuovi sotto il proprio sguardo. Sia per via della capacità visiva estremamente migliorata grazie allo Sharingan, sia per via di quell'espressione inedita sul volto del Kori. Quello sguardo solitamente scherzoso e giocoso si rivela essere adesso serio come non lo ha mai visto, affilato, tagliente, dai contorni definiti e ben precisi. Le iridi sono fredde e chiarissime come due gocce di ghiaccio incastonate nelle sue orbite mentre le sue dita permangono immobili sotto il suo mento, impedendole di sfuggire ancora dal proprio sguardo. E Haran, semplicemente, non può sfuggirgli. Non può nascondersi da lui, dalla sua presenza, da quelle parole che la avvolgono come un manto caldo andando quasi a far sfumare il contatto solitamente freddo della pelle di Kaiba con la propria. L'idea che lui possa avvicinarsi a quel folle porta la ragazza a sgranare le iridi in un istante e schiudere le labbra d'istinto, andando a muovere un passo soltanto verso di lui per portare le mani sui suoi bicipiti e scavare nel tessuto della sua felpa con le dita. < No! > esclama, improvvisamente, senza alcun tipo di controllo, guardandolo preoccupata negli occhi. < Stagli lontano! Lui-- è un pazzo! Non voglio che ti si avvicini, non voglio che tu lo incontri! Non senza di me, *mai* senza di me. > aggiunge immediatamente dopo con timore, col cuore che le martella nel petto e lo Sharingan a brillare quasi sanguigno nei suoi occhi, al solo pensiero che Kaiba potrebbe incontrare l'uomo che nei pensieri della ragazza ha voluto rappresentare la sua morte in modo tanto atroce e realistico. Un uomo che vorrebbe averla dalla propria parte allontanandola da lui... < Io- Io sto bene, davvero. Gli ho detto di no e sono andata via, lasciamocelo alle spalle. Non devi cercarlo, okay? > e nella palese ansia che riempie il suo tono e la sua voce è evidente la richiesta di una promessa. La supplica di non andare a cercare un folle che già una volta, lei ha creduto, glielo aveva portato via. [ Sharingan I ] [ Chakra: -3 ]

16:43 Irou:
 Si staglia dinanzi a lei, in tutta la sua altezza, col capo chino verso il basso, con gli occhi puntati nello Sharingan di Haran. Non v’è ombra del suo solito modo spensierato di vivere, ma unicamente una furia controllata, non cieca, ma assolutamente razionale. Non aveva intenzione di addentrarsi nella magione Uchiha per andare a cercare un uomo di cui non conosce né il volto né il nome, sarebbe stato stupido, ma ha tutta l’intenzione di vendicare quel torto subito dalla sua migliore amica. Il pensiero che qualcuno possa aver mosso contro di lei un qualunque attacco, che sia esso verbale, fisico o addirittura illusorio, gli fa ribollire il sangue. Una sensazione del tutto nuova, che lo porta a sentir vivo e preponderante il desiderio di proteggerla. Anche da piccolo, al loro primo incontro, si era offerto di prendere a colpi di Bo le donne che lavoravano nell’orfanotrofio ed i bambini che rendevano Haran così triste e taciturna, ma stavolta è diverso. Questa volta è un Kaiba più grande, più sicuro, con maggiori potenzialità. E senza nulla da perdere. Non gli è rimasto nulla, se non lei. L’unica certezza che aveva, quella di avere ancora una famiglia, gli è stata strappata via, portandolo ad affrntare la dura realtà, non edulcorata da qualche pessima freddura o dalla convinzione che quel bastone di rametti intrecciati sia, invece, una spada leggendaria. Se prima pensava che Haran fosse la sua unica amica, ora è convinto che Haran sia l’unica certezza nella sua vita. Il suo unico faro, la sua spiaggia sicura, il suo tutto. E non vuole perderla, non può perderla. Permarrebbe serio, solleverebbe il pollice per posarlo sulle labbra schiuse di Haran, nell’atto di terminare il proprio dire, così preoccupata del fatto che il Kori possa compiere qualche stupidaggine e restarne ferito. Vi poggerebbe sopra il polpastrello, tastando la consistenza di quelle calde rosee sotto la propria mano gelida. Non v’è malizia in quel gesto, non vuole di certo essere allusivo, lui che di questo argomento sa poco e nulla, ma l’istinto gli suggerisce che quello è un modo per rassicurarla. Preme leggermente, per impedirle di interromperlo in quel che sta per dire, dopo averle rivolto un sorriso piccolo, dolce, sicuro. Un sorriso che coinvolge anche gli occhi che brillano di quelle mille sfumature che vanno dal candido bianco al gelido azzurro. < Non preoccuparti. Non andrò da nessuna parte. > Le assicurerebbe, come assecondando quella tacita promessa che lei stessa gli ha richiesto poco prima. < Ma se pensi che quell’uomo sia pazzo, non hai idea di come impazzirei io, se qualcuno ti facesse del male. > Il sorriso si allargherebbe, a questo punto, mostrando un sorriso smagliante e sincero, stavolta più tipico del piccolo Kaiba < Tu sei… l’unica famiglia che ho. Non sono riuscito a proteggere la mia famiglia una volta, ma vorrei riuscirci con te. > Terminerebbe, lasciando che quella rabbia fluisca via dal suo corpo, per lasciare un’espressione più gioviale e rassicurante, ma meno infantile di quanto potesse essere prima. Sembrerebbe quasi esserci un nuovo equilibrio sul suo volto, un equilibrio a metà tra il bambino e l’uomo, dovuto al trauma appena passato e dal timore che le sue disattenzione possano aver influito negativamente sullo stato fisico ed emotivo della sua migliore amica. A quel punto ritirerebbe il pollice, per poterle permettere di parlare nuovamente senza ostacoli di sorta, seguendo questo movimento con uno della mano stessa che verrebbe lasciata cadere mollemente lungo il fianco, lasciando la presa sul mento di Haran, piuttosto sicuro che, ora, lei continuerà a guardarlo negli occhi. < Ma un giorno lo andremo a prendere, oh se lo andremo a prendere. E gli farò il culo della stessa forma dello Sharingan. > Queste sarebbero le di lui ultime parole, prima di ridacchiare sommessamente, per quel che ha appena detto che, spera, possa tirar su di morale anche la sua Haran. [ Chakra OFF ]

10:54 Haran:
 La sua voce si ferma. Haran sgrana appena le iridi mentre il respiro si spezza e la voce sfuma nel silenzio della stanza. Il pomeriggio si fa inoltrato, dalla sua finestra giunge una luce dorata dovuta alla discesa del sole verso l'orizzonte sempre più prossimo. Un alito di brezza smuove le tende chiare dell'unica finestra nella stanza posta accanto al letto dalle lenzuola leggermente smosse e sgualcite. Un paio di candele accese emanano un odore dolce e stucchevole che penetra le pareti della camera mentre i due amici di una vita permangono immobili l'uno davanti all'altra ad un passo dal letto della ragazza. Haran è immobile, osserva Kaiba negli occhi incapace di distogliere da lui il proprio sguardo; avverte la pressione del suo dito sulle labbra quasi come se vi stesse premendo contro un macigno. Il suo tocco è delicato, gentile, caldo eppure è come se lei non possa opporvi resistenza. Le sue rosee permangono schiuse sotto quel contatto inaspettato ed il suo cuore trema nel petto. Può avvertire le dita di Kaiba sul suo viso bruciarle la pelle come fuoco vivo. Può sentire il contatto con la sua mano sotto il mento, il pollice a saggiare la consistenza di quelle labbra non particolarmente carnose, sottili, ma sfumate di un rosa brillante. E le trema il respiro contro il suo polpastrello nel rendersi conto di quanto siano effettivamente vicini. Di quanto le piaccia quella vicinanza e di quanto, al tempo stesso, ne sia spaventata. Kaiba. Il Kaiba che ha avuto accanto per tutta la vita, il Kaiba che la fa sempre disperare con le sue battute tristi e le deduzioni logiche fallimentari. Il Kaiba col quale ha condiviso l'infanzia, l'adolescenza e quel loro scoprirsi -pian piano, uomo e donna. Il Kaiba che ha abbracciato di notte per scacciare via un incubo violento, il Kaiba che avrebbe preso a bastonate chiunque l'avesse schernita in orfanotrofio. Hanno vissuto fianco a fianco da sempre, ogni genere di esperienza, eppure perchè adesso tutto sembra essere strano? Perchè le riesce così difficile rimanere a specchiarsi nei suoi occhi? Quasi si sente mancare il fiato nel momento in cui lui le intima in silenzio tramite quel semplice gesto, quel contatto che riscopre una intimità nuova e diversa fra loro, che non avevano mai sperimentato prima. E poi Kaiba sorride e in quel sorriso Haran ritrova in parte l'amico di sempre, quell'eterno bambino dal cuore grande che ora cerca di rassicurarla dal timore che gli accada qualcosa di male. Le dita di Haran si stringono inconsapevolmente attorno al tessuto della sua felpa, sulle sue braccia, quasi a voler spasmodicamente ricercare un maggior contatto con lui e vanno a lasciar la presa solo dopo qualche istante per risalire lungo il suo corpo ed agganciarsi dietro la sua nuca. Al sentire le successive parole del Kori, infatti, la genin andrebbe a stringere le labbra fra loro per poi tentare di bruciare la distanza da lui con un ultimo piccolo passo ed abbandonare il viso contro la sua spalla, le braccia a circondare il suo corpo per far sì che le mani s'intreccino dietro la sua nuca, a sfiorare le punte sottili dei suoi capelli d'argento. Vorrebbe abbracciarlo e al tempo stesso abbandonarsi a lui, alla presenza dell'unica persona che per lei conta nella sua vita. L'unico appoggio, l'unica ragione per cui ogni giorno ha senso di essere vissuto. E vorrebbe non lasciarlo andare mai più e vorrebbe stringerlo ancora più forte fin quasi a fondersi a lui per essere sicura che niente li avrebbe mai separati. E vorrebbe che ogni cosa attorno a loro svanisse e che null'altro restasse se non il calore del corpo di Kaiba e la sensazione del suo respiro che s'infrange al suo orecchio. < Ti ho visto. > direbbe Haran, d'un tratto, con la voce soffocata dalla felpa di lui. < Ti ho visto morire in quell'illusione. > rivelerebbe la ragazza stringendo le dita con forza contro l'altra mano, dietro il collo del genin se lui l'avesse lasciata libera di stringerlo a sé. < Ho creduto di averti perso per sempre... E non posso... > la voce s'incrina spezzandosi mentre lei sentirebbe le labbra tremare, le lacrime ricacciate, lo Sharingan a fremere nelle sue iridi, instabile, fino a sfumare via lasciando tornare il suo sguardo quello di sempre. < Non potrei sopportarlo. Tu sei l'unica famiglia che abbia mai avuto. > la stretta attorno alle sue spalle si farebbe più stretta, il viso affonderebbe ancor più contro l'incavo fra la spalla ed il collo di Kaiba mentre cercherebbe quasi di nascondersi in quel piccolo cantuccio, rifugiandosi fra le braccia dell'unica persona che per lei ha sempre contato. < Anche da piccola... non mi serviva una mamma o un papà se c'eri tu. > Ed è forse la prima volta che trova il coraggio di dirlo davvero, ad alta voce. Di dirlo a lui. E' una verità che è sempre rimasta sospesa fra loro, che è sempre rimasta silente e sottintesa ma che soltanto adesso trova la sua via di fuga tramite la voce soffocata della genin. Ed è bello e liberatorio e terrificante riuscirci. Rivelare quel pensiero pressante che come un dogma guida ogni suo passo. E la rende felice riconoscere nella serietà nuova e mai vista di Kaiba il suo sorriso familiare ed innocente in quel tentativo di rallegrarla e tirarla su, che la porta un istante più tardi a scostarsi da lui per guardarlo negli occhi e dare in un sorriso divertito, innocente, timido, di quelli che sul viso di lei si vedono così raramente e solo in presenza dello stesso Kori. < Io lo tengo fermo e tu glielo congeli? > domanderebbe lei, ironicamente, strizzando ora gli occhi nel tornare a notare come senza Sharingan la sua vista non sia poi così perfetta in mancanza dei suoi fidati amici occhiali. [ Chakra: on ]

10:12 Irou:
 Assurda. Quella situazione è, semplicemente, assurda. Il giovane ed ingenuo Kori non comprende. Non comprende perché il suo corpo ha preso a muoversi così, istintivamente, verso di lei. Non comprende perché sente così forte e predominante il desiderio di starle vicino. Haran. La stessa Haran che ha sempre tentato di far sorridere con qualche brutta battuta. Il cui sorriso, proprio perché molto raro, gli è sempre sembrato il tesoro più prezioso da poter ammirare. La stessa Haran con cui ha diviso intere notti, abbracciati sotto le coperte, per vegliare uno sul sonno dell’altra. La conosce da una vita, hanno vissuto quella stessa vita insieme, inseparabili. Ed anche adesso si sente come attratto da una calamita dal campo magnetico irresistibile, ma è… strano. È strano il modo in cui la consistenza delle sue labbra gli risulti così piacevole al tocco. È strano il modo in cui il cuore pompa forte il sangue nelle vene. È strano il modo in cui il fiato gli si mozza in gola, faticando ad uscire dalle labbra appena schiuse, il modo in cui la sua voce sembra così melodiosa e dolce al proprio udito, i brividi che percepisce man mano che restano in quella posizione, l’uno di fronte all’altra. Cosa sta succedendo? Cosa gli sta succedendo? Ed è in un momento preciso che tutte le convinzioni, il fare sicuro di Kaiba, tutta quella serietà, tutto viene meno. Le mani di Haran gli si allacciano alla nuca, sfiorando il crine argenteo. Le iridi glaciali si fanno più grandi, la pupilla si dilata per la sorpresa di quel gesto ed un solo pensiero si fa spazio nella mente del Kori. Un pensiero scomodo, che non riesce a processare correttamente. Sta per baciarmi. Oh mio Dio, sta per baciarmi. No, non lo farebbe mai. Dovrei baciarla io. Baciala, Kaiba. fatti forza e baciala. Questi sono, a grandi linee gli impulsi che a mente del Genin gli manda a gran voce, impulsi che lo portano a restare immobile, rigido e statuario mentre l’Uchiha gli si abbandona contro, con la testa appoggiata tra collo e spalla. Lo ha visto morire. In quell’illusione Kaiba non era altro che un essere privo di vita, rimosso dalla vita di Haran per sempre. Ma, come lei stessa gli ha confermato, era solo un’illusione. < Sono qui. > Sussurrerebbe tra le labbra che fanno fatica a lasciar scivolare l’aria e la voce al di fuori, con la bocca e la gola secche e aride per l’emozione innominabile che sta provando a tenerla tra le braccia. Braccia che automaticamente si muovono per avvolgerla completamente, cingendole i fianchi le palpebre si socchiuderebbero, incapaci di restare sollevate sugli occhi in un tale momento di tensione. < Sei tutto ciò che mi resta. Tutto ciò che ho sempre avuto. > Le direbbe, ancora. Se fosse stato in un momento più giocoso e goliardico ci avrebbe tenuto a precisare che, assieme a lei, ha sempre avuto la compagnia anche di Olaf e del suo bastone intrecciato, che non sa più se credere spada leggendaria oppure no. Ma, adesso che si sta lasciando prendere da un attimo di serietà e di lucidità, ha dovuto ammettere, senza ombra di dubbio, che lei e lei soltanto gli è stata vicina in ogni fase della sua vita. Ogni giorno, ogni notte. Ed anche ora, nel momento più brutto della sua vita. Quando, poi, lei si allontana, a Kaiba pare di poter prendere nuovamente fiato. Gonfierebbe il petto, per poi fare l’errore più grosso che potesse fare. Guardarla negli occhi. In quelle iridi, ora tornate normali, vede una Haran diversa. Senza un motivo specifico, gli pare di aver davanti un angelo. Un qualcosa di tanto bello da essere ultraterreno. < Sai… > Principierebbe, boccheggiando vanamente alla ricerca d’aria < ...i tuoi occhi sono ancora più belli senza occhiali. > Non sa neanche perché l’ha detto, ma questa è decisamente la goccia che fa traboccare il vaso della psiche del Kori che, adesso, tenterebbe di guardare ovunque i quella stanza, tranne che verso Haran. < Fa—fa veramente caldo qui. Devono sicuramente essere le candele. Non—non ho mai capito perché le tieni lì. Insomma, so che ti piace il fuoco, ma sono davvero davvero calde. Le spegni durante la notte, vero? Potrebbero incendiare la camera, poi la casa, poi Olaf, poi me e te, poi tutta Kusa… e basta, perché il Paese del Fuoco arde già di proprio, credo. > Una serie di parole che giungerebbero senza un vero e proprio filo conduttore, accompagnate da uno sconclusionato muoversi del capo di Kaiba prima verso destra e poi verso sinistra, scandagliando le pareti della stanza senza porvi effettivamente attenzione. [ Chakra OFF ]

10:48 Haran:
 E in un altro momento, forse, sarebbe stato tutto estremamente strano e imbarazzante. In un'altra circostanza Haran sarebbe stata rigida come un palo lì, stretta a Kaiba come se fosse l'ancora che la tiene a galla in una vita troppo travolgente e caotica per essere vissuta da soli. Si sarebbe sentita intimidita, imbarazzata da quell'intimità un po' troppo accentuata tra loro: e sì che si conoscono da una vita e che insieme hanno vissuto di tutto, ma ora il tempo è passato, i bambini sono cresciuti ed entrambi sanno che ora sono un uomo ed una donna. E per quanto amici, per quanto vicini, ci sono distanze che non dovrebbero essere superate, vero? Ci sono distanze che hanno dei significati e vicinanze che parlano più di mille parole. E forse è proprio per questo che Haran decide di fregarsene e si abbandona alle braccia di Kaiba. Forse è proprio perchè non ha parole da offrire che lascia al proprio abbraccio il compito di rivelargli quanto profondamente abbia bisogno di lui. E si abbandona alla sensazione dei capelli di lui che le solleticano le mani, il suo petto che sembra perfettamente combaciare al proprio e le sue braccia che vanno a cingerla per i fianchi con una sicurezza ed una complementarità che par quasi innata. Tutto sembra essere al proprio posto per un solo infinito istante ed Haran chiude gli occhi inspirando a fondo il profumo della sua pelle misto all'odore delle candele che riempie la stanza. Si lascia andare alla consapevolezza di averlo lì accanto a sé, di saperlo vivo. Cerca di bearsi di quella sensazione per scacciare il ricordo di quell'orribile incubo. Cerca di stringerlo forte a sé così che nessuno possa portarglielo via per fargli del male. Cerca di abbandonarsi a lui perchè è questo che la fa stare bene: Kaiba. E null'altro. E la sua voce va a confortarla, glielo ricorda, le ripete che lui è lì e la sua voce è un sussurro che le riverbera sottopelle miriadi di brividi scintillanti. I due si rivelano quell'indicibile verità e il cuore di Haran le scoppia nel petto ed in un solo secondo si rende conto di quanto sta succedendo. Sono nella sua camera, stretti l'un l'altro come non è mai successo prima. Le mani di Kaiba le stringono la schiena, le sue sono sulla sua nuca ad impedirgli di scivolare via. I loro volti sono vicini, impossibilmente vicini, con le gote a contatto ed i capelli a solleticare la loro pelle in un contrasto di nero e bianco. E le labbra di lei si schiudono e gli occhi si riaprono e quasi sente il battito cardiaco andare a pressare contro il petto di lui, rimbombarle nelle vene, nelle orecchie, nelle tempie, nella gola. Si sente sprofondare e volare assieme con il suo volto che lentamente si distacca dal suo cantuccio sicuro per cercare lo sguardo chiarissimo e sincero di Kaiba. Si perde silenziosamente, innocentemente in quelle iridi celesti che non le avrebbero mai mentito e, per un istante soltanto, si ritrova a pensare che- potrebbe baciarla. Adesso, in quel momento. Così vicini, stretti l'uno nelle braccia dell'altra, occhi negli occhi, la luce del tramonto a filtrare dalla finestra alle loro spalle. Sarebbe stato... plausibile, no? E il respiro quasi si ferma in un tacito moto d'aspettativa che, ancor più, va chiudendole lo stomaco quando la voce di Kaiba le carezza l'udito con quelle ultime parole. Haran boccheggia, sbatte le ciglia scure una, due, tre volte mentre le gote si imporporano timide e le dita si fanno nervose contro la nuca di Kaiba prima che la realizzazione lo colpisca. In un istante è come se l'incantesimo venisse spezzato e i loro occhi cambierebbero obiettivo. Il vetro viene infranto, il tempo torna a scorrere e loro sono nuovamente Haran e Kaiba, amici di una vita. La ragazza ritira all'istante le braccia dalle spalle dell'altro e, sentendosi le mani improvvisamente sudate, andrebbe a stringere le dita al petto nervosamente con lo sguardo che si sforzerebbe di andare a cercare i propri occhiali. < M-m-ma che dici, eh? M-mi prendi in giro? > balbetterebbe, intimidita, nervosamente, sentendosi una completa idiota per aver anche solo pensato all'altro in una situazione che non sia una delle loro solite scenette bizzarre. < Lo sai che n-non ci vedo senza. A proposito, dove sono? Non vedo! > nervosa muove le mani a scatti girando il capo di qua e di là senza essere capace di guardarlo ancora, quasi temendo di poter riprovare quella sensazione nello stomaco, nel cuore. Lui è Kaiba, il suo migliore amico, tutto qui. E' meglio così. Ed anche lui sembra essere improvvisamente a disagio per quanto successo, improvvisamente impacciato, nervoso, con quel suo modo di parlare a macchinetta che lei sa appartenere ai suoi momenti di imbarazzo. < Ma che dici? Mica il Paese del Fuoco va a fuoco! Sarebbe scomodo visto che lì c'è il Villaggio della Foglia, no? > ritira fuori quel tono saccente e da maestrina che gli rivolge sempre quando dice qualche sciocchezza e quindi lo supera per andare a buttarsi sul letto e stendersi sull'estremità opposta di questo in posizione fetale, col viso rivolto non verso la finestra ma verso l'altra piazza disponibile del talamo. Le ginocchia sarebbero tenute alte, le mani abbandonate sulle lenzuola accanto al petto, mentre le gote di lei sarebbero violentemente arrossate e il suo sguardo puntato a fissare un forellino nella coperta. < C-comunque... puoi- dormire qui se vuoi. > mormorerebbe lei schiarendosi la voce, con il tono basso e sottile di chi sta rivelando una preziosa e segreta confidenza. Sa che l'altro in questo momento sta soffrendo. Sa che sta nascondendo il suo dolore come ha sempre fatto e proprio come è sempre successo quando erano piccoli, lei è lì per dormire al suo fianco e non lasciarlo solo, pronta a tenergli la mano durante la notte nel tentativo forse vano di aiutarlo a combattere i suoi incubi. [ Chakra: on ]

11:43 Irou:
 È un momento estremamente delicato. Un momento che li vede incredibilmente a disagio. Occhi negli occhi. Con troppi punti del loro corpo a contatto a ricordar loro che non sono più due bambini. Il pensiero di baciarla, di allungarsi di qualche centimetro, bruciare le distanze che li separano e tastare la consistenza delle sue labbra che ha potuto sfiorare col pollice in un bacio… No, non è possibile. Non può. Lei è Haran, è la sua migliore amica. I migliori amici non pensano di baciarsi, no? No si sentono a disagio in un abbraccio o in una stretta di mano. Non può essere possibile, no. Deve dipendere dalla questione della differenza delle temperature tra le pelli dei due. Quando poi i due si staccano si esibiscono in una rara prova di disagio allo stato puro. < N-non ti prendo in giro. Era solo… solo un complimento. > Tenta quasi di giustificarsi, sebbene non ve ne sia eccessivo bisogno. Le lascia spazio, lascia che lei si sistemi distesa sul letto e che gli dia il permesso per dormire insieme. È un gesto consueto, che hanno fatto mille e mille volte quando erano più piccoli e questa cosa rassicura il giovane Kaiba, che si ritrova, semplicemente a sfilarsi la felpa in un unico movimento fluido, abbandonandola ai piedi del letto. < Dormire! > Esclamerebbe, rimasto a torso nudo. Da quello di potrebbe evincere davvero che è cambiato, cresciuto. Il torso non è particolarmente gonfio, ma presenta una muscolatura definita, tonica, dovuta semplicemente alla sua iperattività che lo porta ogni giorno a correre e saltellare ovunque vada, sollevare pesi per dare una mano ad Haran a portare le cose in casa, allenarsi col proprio bastone, per tenersi pronto a quando sarebbe diventato un’arma leggendaria. Insomma, un fisico alto, slanciao, magro, privo di cicatrici od imperfezioni di sorta. Una distesa di pelle nivea e accuratamente distesa sulle linee muscolari. Non sente alcun tipo di disagio nell’essersi tolto la felpa, non sta pensando a nessuno scenario malizioso. Ma di notte ha caldo. Non è colpa sua. E Haran lo ha già visto diverse volte a petto nudo, quando erano in orfanotrofio. Perché dovrebbe esserci un problema. Prima di distendersi accanto a lei, comunque, andrebbe ad indicarle il comodino su cui, prima, aveva poggiato gli occhiali. < Sono qui, non preoccuparti. Non te li congelo mica! > Anche se… Ok, ha appena deciso che imparerà a padroneggiare la propria innata per congelarle gli occhiali. Ma questa sarà un’altra storia. Il tono con cui le ha parlato è canzonatorio, la perfetta risposta a quell’aria da maestrina con cui l’Uchiha lo ha corretto riguardo il Paese del Fuoco. < Io continuo a pensare che vada a fuoco davvero. Magari le foglie sono ignifughe… > Borbotterebbe, andando a prendere solo adesso posto accanto a lei, alle sue spalle, aderendo col petto alla sua schiena, data la mancanza di spazio e la stazza del Kori. Il pensiero gli suggerirebbe di poggiarle le mani sui fianchi, di stringerla a sé, anche più del solito. Il corpo, tuttavia, non risponde. Si ritrova a star rigido nella sua posizione, senza possibilità di muovere un muscolo, persino di respirare. Non sa perché, non lo capisce, ma—è così diverso, star stesi a letto con Haran, adesso. [ Chakra OFF ]

13:47 Haran:
 Un complimento. Quando mai si erano fatti complimenti, loro? Prese in giro, sfottò, scherzi, di quelli ne hanno fatti a bizzeffe! Ma complimenti..? Erano sempre rimasti sospesi fra loro, come considerazioni che non c'era bisogno di esternare a parole quando per loro bastava un semplice sguardo. Forse è proprio per la mancata esperienza in questo specifico ambito che adesso sembra tutto così- intenso. Le parole di Kaiba scatenano un brivido delizioso lungo la schiena di Haran che si ritrova ad arrossire violentemente guardando il pavimento improvvisamente così interessante. < G-grazie. > mormora timidamente, semplicemente, mordendosi il labbro inferiore in un gesto incontrollato e spontaneo, prima di andare a rifugiarsi sulle lenzuola quasi più per scappare da quella strana e imbarazzante conversazione che per vero bisogno di dormire. Il ragazzo accoglie l'idea allegramente e quasi senza pensarci su si sfila la felpa rimanendo a petto nudo davanti a lei. < C-c-che...! > esclama lei balzando a sedere con il viso imporporato e le labbra tremanti. Haran non vede bene, ha bisogno degli occhiali, ma nonostante i pochi gradi può perfettamente intuire le insenature del corpo di lui. Il modo in cui la clavicola si dilunga fino alle spalle larghe, il candore della sua pelle sicuramente calda e liscia, la forma degli addominali non troppo scolpiti ma che discendono in una specie di fascia verticale fino all'ombelico e poi più giù in una via sempre più stretta e a punta che termina oltre i pantaloni. La ragazza balbetta, sente il fiato rompersi, il sangue ribollire e le orecchie andare a fuoco. Nel panico di quella visione si ributta sulle lenzuola voltandosi di modo tale da dargli le spalle, come per voler fuggire all'imbarazzante condizione di avere sotto gli occhi il suo fisico semi nudo. Sono stati bambini insieme, sono cresciuti insieme, vivono insieme e di momenti come questo ne hanno vissuti a bizzeffe. Ma è la prima volta che Haran lo trova realmente, incredibilmente bello. E' la prima volta che si rende conto della crescita di Kaiba, del suo non essere più bambino, ma dell'ampiezza del suo petto accogliente. E' la prima volta che realizza quanto morbida è la sua pelle al tatto e che si chiede come debba essere sfiorargli la zona sopra il cuore. E' la prima volta che la vicinanza di lui le manda impulsi quasi dolorosi al cervello, che la fa ribollire dall'interno facendole bruciare il sangue nelle vene. E non sa come gestire questa sensazione, non sa come controllarsi senza che lui si renda conto di quanto tutto sia così diverso oggi. Ma non vuole scappare, vuole rimanergli accanto, ma non vuole che nulla cambi. Ha paura. Genuinamente, sinceramente paura. Kaiba è tutto ciò che ha. Il suo migliore amico, la sua famiglia, la sua speranza. La costante che ha sempre guidato ogni suo passo e non può perderlo, non ce la farebbe. Così riesce a fare la sola cosa che in questo momento le sembra possibile: scappare. Si volta dandogli le spalle, avvertendo il letto muoversi sotto di sé nel momento in cui lui ci si adagia. Le sembra di avvertire il calore del suo corpo irradiarsi da dietro di sé, la tensione di quell'aspettativa che li avvolge. L'avrebbe stretta a sé? Sarebbero rimasti ben separati durante la notte? Non lo sa. Kaiba cerca di rimanere tranquillo, scherza ancora sulle sue assurde supposizioni circa la situazione nel Paese del Fuoco e Haran si sente pervasa da profonda tristezza. Immagina soltanto quanto l'altro debba star soffrendo in questo momento e ammira profondamente la sua capacità di ignorare il dolore. Tuttavia, al tempo stesso, vorrebbe che non si sentisse costretto a nasconderlo, a soffocarlo. E questo la porta a prendere una decisione. Si fa seria tutta d'un tratto e, lentamente, ruota col corpo così da trovarsi davanti a lui, viso a viso, petto contro petto. Ne cercherebbe gli occhi tentando di assottigliare appena lo sguardo per vederlo più nitidamente e quindi tenterebbe di andare a portare una mano al suo viso per lasciarci una semplice e lenta carezza. Un lieve sfiorar di guancia con il suo pollice per tentare di dargli forza. < Ehi Kaiba... > mormorerebbe lei a bassa voce, qualunque traccia di scherzo o imbarazzo a fluir via dalle sue labbra, lasciandola seria dinnanzi al Kori. < ...puoi piangere, se vuoi. Io resto qui. > gli direbbe, semplicemente, guardandolo negli occhi, non aggiungendo altro. Vuole solo che lui sappia che non è solo e che lei sarebbe rimasta al suo fianco in questo momento così difficile per donargli tutta la forza che l'altro potrebbe voler cercare in lei. [ Chakra: on ]

19:10 Irou:
 Disteso lì, sul letto con lei, è estremamente difficile capire cosa sta accadendo. In fondo, sono solo due amici che si stanno preparando a dormire assieme. Come hanno fatto tante volte. E allora perché? Perché sente il bisogno di restare su quel letto con lei per sempre? Di tenerla stretta a sé^ perché sente il cuore mancare un battito ad ogni respiro che Haran emesse, facendolo vibrare di un’emozione di cui non conosce il nome e l’entità? Non sa bene la risposta a tutte queste domande che si affacciano nella sua mente, può solo assecondare quell’impulso di stare vicino a lei. Alla sua Haran. E quella situazione ha un pericolosissimo tracollo nel momento in cui è l’Uchiha a fare un’altra mossa. Gli si rigira tra le braccia, fino a potergli permettere di specchiarsi nelle di lei iridi scure. Di sentire il petto nudo contro il suo. Schiude le labbra, boccheggiando a vuoto, senza riuscire a trovare aria da immettere nei polmoni, nella gola e nella bocca. La sua mano gli accarezza il volto, le iridi si sgranano, mentre una serie infinita di scintille calde si riverbera da quel tocco gentile fino al centro della sua anima. E, per la prima volta, il calore non gli da fastidio. È rigenerante, è benefico, è necessario. Persino la sua voce suona come la più armonica delle melodie alle orecchie del Kori. Il suo nome viene pronunciato in una maniera così dolce da fargli vibrare le corde del cuore, da fargli desiderare di sentirlo ancora ed ancora ed ancora. < Haran… > Risponderebbe, istintivamente, in un soffio appena udibile, che forma l’unica parola che gli invade la mente in quel momento, incapace di pensare ad altro. Non vuole soffermarsi su altro che su di lei. Perché, forse, quel che potrebbe partorire la sua mente fa troppo male per essere affrontato adesso, forse perché Haran è l’unica cosa e persona che conti per lui. E non solo attualmente, ma da sempre. Il cervello gli si spegne per qualche frazione di secondo, dimenticando qualunque battuta brutta o orrida freddura che potrebbe celarvisi ed è il corpo a far da padrone a quel momento. La mancina segue, come dinanzi ad uno specchio, il movimenti di quella dell’Uchiha, andando a sfiorarle il viso con la medesima tenerezza che sta riscontrando sulla propria pelle. Il pollice disegnerebbe dei piccoli cerchi sulla sua guancia, il palmo si poserebbe lungo la linea della mascella. < Il mio papà diceva sempre di avere la mia mamma e me a cui badare. E aveva un sacco di soldati che dipendevano da lui. Per questo era sempre felice e sorridente, così da poter influenzare anche loro e noi. > Le labbra si incurverebbero in un sorriso mesto, ma carico di tutto l’affetto che quella confidenza, quel ricordo rievocato, gli suscita fin nel profondo. < E per questo io non voglio piangere più, anche se sono triste. Perché io… voglio prendermi cura di te e non voglio influenzarti con la mia tristezza, ma solo con la gioia. > Un pensiero semplice, di quelli che potrebbero sovvenire ad un bambino, ma che Kaiba sente il bisogno di esprimere, di condividere con lei. Il capo verrebbe mosso in avanti, fino a tentare di far combaciare la propria fronte con quella di Haran, in un contatto che lo farebbe sentire, ora più che mai, unito a lei in tutta la sua interezza. In un gesto che, mai come ora, sarebbe incredibilmente intimo. < Avevo sei anni quando ho deciso di impegnarmi per farti felice, ma non per questo l’ho dimenticato o ho intenzione di smettere. > La voce si abbasserebbe ancora, tanto da fargli credere di non star effettivamente pronunciando alcunché. < Però… grazie. > Concluderebbe, infine, puntando lo sguardo di ghiaccio – sebbene solo per il colore – in quello di Haran, nel tentativo di esprimere tutta la sincerità ed innocenza che lei stessa vide in quel primo incontro all’orfanotrofio e che, da quel momento, non ha mai lasciato il suo sguardo agli occhi di Haran. [ Chakra OFF ]

19:47 Haran:
 Termina la sua parabola discendente, il sole, svanendo silenziosamente dietro l'orizzonte. Dalla finestra non filtra che qualche alito di brezza gentile mentre il buio della sera ingloba ogni angolo della stanza. Persino le candele, sfiorate dal fresco tocco dell'aria serale, si spengono levando verso l'esterno poche volute di fumo grigiastro e gli ultimi resti di quell'odore dolce e penetrante. In questa notte estiva Haran rimane timidamente stesa ad osservare il suo migliore amico dinnanzi a sé. Non osserva la pelle nuda del suo petto, delle sue spalle larghe o del suo busto allenato, si limita a concentrarsi sul suo volto, sulle iridi chiarissime simili al colore del ghiaccio. Osserva i giochi di luce ed ombra che quei capelli d'argento sembrano fare con i radi raggi lunari che filtrano dalla finestra e saggia la consistenza della pelle del suo volto sotto le dita, carezzando una guancia con fare timido ed inesperto, seguendo semplicemente ciò che l'istinto le dice di fare. Proteggerlo. Confortarlo. Sfiorarlo. Kaiba pronuncia il suo nome ed il cuore nel petto della genin s'arresta portandola ad immobilizzarsi di getto. Le sue dita cessano di carezzare il suo viso, le labbra si schiudono e come cristallizzata avverte il contatto della mano del Kori sul proprio volto. Il suo palmo accogliere il suo viso piccolo, ovale, il suo pollice scivolare sulla sua guancia liscia e pallida. Ogni tocco è come puro fuoco che le si scatena dentro ed è un fuoco che non nuoce, non duole, ma che anzi rigenera e scintilla e avvolge. Lascia che lui la carezzi, incapace di fare altrettanto, con la mano rimasta immobile sul suo viso e ascolta la sua voce bassa scivolare verso di lei in quello scambio di confidenze notturne. Kaiba le ha parlato spesso del suo papà, ma Haran sa che in questa particolare occasione, queste parole hanno un significato ancora diverso: più speciale. Adesso il genin sa che quell'uomo non sarebbe tornato, che è morto e tutto ciò che gli resta sono quei ricordi annebbiati dal tempo. Ricordi di cui ora le fa dono perchè lei è Haran e non gli farebbe mai e poi mai del male. < Kaiba... > le parole del ragazzo sono una carezza ancora più concreta di quelle liberate dal tocco delle sue dita sul viso, la dolcezza di quel discorso è un balsamo che le smuove l'anima portandola a vedere per la prima volta l'altro sotto una luce totalmente diversa. Kaiba si avvicina e Haran sente il cuore martellarle in gola, il petto quasi dolere, a contatto con quello spoglio di lui. La mano che ha sul suo viso freme appena mentre le loro fronti si sfiorano andando a poggiarsi l'una contro l'altra. Vicini. Inaspettatamente vicini. E nonostante la sua vista sia così debole e affaticata, può chiaramente vedere i tratti del suo viso, la forma dei suoi occhi, il colore iridescente che non è mai stato propriamente azzurro. Una fusione di celeste, grigio e argento che ha sempre trovato indescrivibilmente bella. Si perde in quello sguardo, si perde in quella mescolanza di sfumature Haran sentendosi prigioniera dei suoi occhi, sentendo la sua voce scivolare come una piuma sulla sua pelle, fino al suo orecchio. Il tono è basso, quasi inudibile nel silenzio della notte. Ma lei lo sente. Non c'è modo al mondo in cui potrebbe non accorgersi di una sua parola, una sua battuta, un suo sguardo. Lui è Kaiba. Il- suo Kaiba. E la promessa che si sono fatti quel giorno costituisce per Haran una sorta di principio. La sua vita è iniziata quella notte, in orfanotrofio, quasi dieci anni prima. La sua vita è iniziata con quel patto, con quell'accordo, tanto tempo fa. "Amici". E quel pensiero libera in lei una sensazione strada di bruciore allo stomaco. E' quasi dolorosa, quasi amara sebbene la renda profondamente felice. Non comprende perchè né, in questo momento, le importa in alcun modo. Nulla ha importanza in questo istante tranne Kaiba. Tranne le loro mani sul viso, le loro fronti a contatto. Niente conta se non quella vicinanza mai sperimentata prima e la sensazione del suo respiro che le s'infrange contro la pelle. Ed è bello, ed è strano ed è inspiegabilmente-- giusto. E senza rendersene conto, senza neppure volerlo davvero, Haran si muove. Il suo viso osa, meccanicamente, spinto da chissà quale folle istinto, e s'avvicina. Non riflette, non ragiona, non pensa. La sua mente è ovattata e leggera, priva di qualsiasi tipo di pensiero logico. Paure, preoccupazioni, timori: ogni cosa è meravigliosamente lontana e tutto ciò che resta, tutto ciò che rimane, è semplicemente il desiderio che quel momento non finisca. Che duri per sempre. E prima di rendersene conto... Haran si ritroverebbe a sentire le sue labbra sulle proprie. Prima di saperlo si ritroverebbe ad occhi chiusi, abbandonata a quel bacio che non si sarebbe mai aspettata, che non avrebbe mai atteso. Perchè lui è sempre stato Kaiba, il bambino da proteggere durante le notti di tempesta. Il piccolo orfanello che sparava battute che nessuno sopportava. Il ragazzo dal cuore d'oro e l'entusiasmo infantile. L'altra parte di lei, la più pura. La più bella. [ Chakra: on ]

11:55 Irou:
 La luce del tramonto che viene lentamente a mancare, lasciando spazio ai primi raggi di luna e alla sera. La pallida luce del Satellite si rigrange conttro i caelli argentei di Kaiba, ma allo stesso modo schiariscono e rilucono sui corvini di Haran. Le candele si spengono, lasciando leggere volute di fumo profumato, facendo calare l’oscurità sulla stanza e sui due migliori amici. Le loro fronti a contatto, le voci sottili, atte a non rovinare o spezzare l’atmosfera del momento. Ognuno pronuncia il nome dell’altro come rapito, affascinato, in una maniera tale da non rimandare assolutamente al loro rapporto puramente amichevole. Kaiba e Haran vivono l’uno per l’altra da sempre. Convivono e condividono ogni momento assieme, ogni attimo che passano lontani è come se fossero divisi a metà, incompleti. E ogni attimo vissuto assieme è come un balsamo che lenisce ogni ferita, ogni tristezza. Le risate, le battute, i rimproveri scherzosi, i sorrisi e le lacrime, ognuna di queste cose, che hanno sempre condiviso l’uno con l’altra, li hanno portati lì, su quel letto, più vicini che mai. Un’aspettativa sospesa riempie la stanza, un gesto che potrebbe essere semplice, telefonato già da un po’, ma che non arrivava, fino a quel momento. La ragazza gli si avvicina e a Kaiba si ferma il cuore nel petto, gli occhi si sgranano tentando di capire se quel che sta vivendo è la realtà o un sogno, un genjutsu magari. Ma è quando le di lei labbra sfiorano le proprie che tutto prende a girare al contrario, in maniera totalmente differente a quella consueta. Il tempo parrebbe fermarsi, gli occhi si chiuderebbero di scatto ed il corpo si rilasserebbe completamente. Sembra tutto così dannatamente giusto, sembra che tutto stia andando così come doveva andare da tempo ormai. E qualcosa nel piccolo Kori si spezza. Si rompe per rimarginarsi e giungere a nuova vita. Una fiamma sopita che, in quel contatto, comincia a divampare feroce. Non ha mai desiderato nient’altro più che quel bacio e non se ne era mai accorto davvero. Solo nel momento in cui esso è arrivato lo ha portato al totale annichilimento di quell’ingenuità che l’aveva sempre vista come una semplice amica. La mano che prima era sul viso della ragazza scivolerebbe rapida sulla sua nuca, stringendosi tra le ciocche di capelli corvini con forza e decisione, il corpo prenderebbe uno slancio che lo porterebbe a spingerla con la schiena contro il materasso, per ritrovarsi sopra di lei. Non distaccherebbe mai le labbra da quelle di Haran, anzi, essere prenderebbero a cercare un maggiore contatto schiudendosi, quasi tentando di incamerare l’ossigeno necessario alla vita in quel contatto. Piccoli schiocchi, brevissimi morsi, un leggero respiro affannato e rotto si libererebbe dalle rosee schiuse del Kori. Non ha la più pallida idea di come si baci, ma l’istinto lo pirta a non pensare, a svuotare totalmente la mente per lasciar spazio all’istinto. Un istinto che gli dice solamente di volerne di più, di desiderarne ancora. Proseguirebbe in quel contatto, in quel troneggiare sul corpo di Haran per diversi istanti che paiono interminabili, sino al rendersi conto, effettivamente, di quel che sta succedendo. E la consapevolezza lo colpirebbe come uno schiaffo in pieno volto, portando a staccarsi in maniera piuttosto repentina dal viso di Haran, con le labbra gonfie ed umide, il respiro corto e gli occhi lucidi d’emozione. Le braccia sarebbero ai lati della sua testa, per sorreggersi su di lei senza gravare eccessivamente col proprio peso ed il volto sarebbe ancora paurosamente vicino a quello dell’Uchiha, quasi fino a lasciare che le punte dei loro nasi si tocchino. < Ha- Haran… > Boccheggerebbe, privo di un vero e proprio concetto da esprimere, data la confusione che quel momento ha appena generato. Perché, in fondo, Haran è sempre stata la sua parte razionale, la persona di cui si fida di più, la bambina che gli ha dato un vero e proprio motivo per continuare a vivere. È pur sempre la sua migliore amica… o no? [ Chakra OFF ]

12:33 Haran:
 Tutto si tramuta in una giostra di emozioni in un istante. Ogni cosa svanisce attorno e nulla ha più importanza se non l'essere qui, in questo momento. Haran e Kaiba, l'uno fra le braccia dell'altra, com'è sempre stato, come avrebbe sempre dovuto essere. Quel bacio dapprima timido e appena accennato, si tramuta in un istante in qualcosa di profondo, di diverso: voluto. Le dita di Haran si smuovono appena sulla guancia di Kaiba, quasi come a voler saggiare con più convinzione la sensazione della sua pelle sotto le dita prima di sentire le labbra di lui farsi curiose. Decise. Sente la sua mano scivolare dal viso alla sua nuca per incastrarsi deliziosamente ai suoi capelli neri in una presa che le fa fremere l'anima. Sorpresa schiude le rosee a sua volta senza però ritrarsi, ricambiando quel bacio con eguale bisogno, con eguale impazienza e curiosità. Kaiba. Il suo Kaiba. Da quanto tempo, dentro sé, provava questa urgenza? Da quanto tempo, ai suoi occhi, il suo migliore amico era diventato un uomo? Perchè non si era mai razionalmente accorta di quello che avevano sempre condiviso? Lui era sempre stato il suo migliore amico, quell'ingenuotto spensierato che amava fare battute tristi per il solo gusto di vederla esasperata o di strapparle un sorriso quando la battuta non si rivelava poi così pessima. Era sempre stato quel bambino spaventato dai tuoni che nascondeva la sua paura dietro il desiderio di difenderla. Ed ora? Adesso Kaiba cos'è? Kaiba è dolce. E' premuroso. La persona che la conosce di più al mondo. L'unica che si accorgerebbe mai della sua assenza. L'unica che metterebbe a ferro e fuoco la città se solo le fosse accaduto qualcosa. Kaiba è la parte migliore di lei, è tutto ciò che conta nella sua vita. Ed ora-- la sta baciando. E Haran sente il petto bruciare, il cuore esplodere mentre goffamente rilascia un ansimo rotto contro la sua bocca, lasciando che -d'un tratto, Kaiba la faccia distendere per sistemarsi sopra di lei. Ed è quello. E' quel momento, è quel gesto che porta Haran a sgranare gli occhi e trattenere il fiato. E' quello il momento che spezza un equilibrio antico di anni. Lo vede meravigliosamente bello troneggiare su di lei con il suo petto esposto, scoperto, delineato nell'oscurità dai candidi raggi lunari. Sente quei baci ripetersi teneri e caldi e curiosi, con le sue labbra prigioniere dei suoi denti, dei suoi respiri, incapace di fermarsi ora che finalmente lui è lì, facendola sentire liquida e molle. Tutto però diventa troppo e quasi vorrebbe scappare, decisamente travolta e sconvolta da quel momento, incapace di accettare il mutare del loro rapporto nel giro di un istante proprio sotto quella circostanza. Cosa ha appena fatto? Kaiba era sensibile, fragile e lei ne ha approfittato. Gli ha rubato un bacio solo perchè tutto sembrava perfetto, perchè non aveva saputo resistere al desiderio di farlo, ma così facendo aveva preso vantaggio di un attimo di debolezza della persona per lei più importante al mondo. Una parte di lei vorrebbe rimanere lì, sotto il suo corpo a godersi quei timidi ed inesperti baci affrettati per tutta la notte, sorridere magari contro le sue labbra nel realizzare cosa fosse appena successo, ma un'altra parte di lei vorrebbe fuggire terrorizzata all'idea di aver appena rovinato ogni cosa. E se una volta calmatosi, ripresosi, Kaiba le avesse detto che in realtà non voleva? Che non avrebbero dovuto? Che lei è sua amica? Il pensiero le mozza il fiato dalla gola mentre il Kori si scosta nervosamente sciogliendo quell'ultimo bacio che le fa esplodere dentro il bisogno di piangere. Improvvisamente, in un istante, Haran capitola sotto la ovvia verità che si è sempre portata dietro. Kaiba non è solo un suo amico. Kaiba è l'aria che respira. Kaiba è l'energia che ogni giorno permette al suo cuore di battere. E lei ha bisogno di lui. La sua mano si ritira lentamente dal suo volto chiudendosi a pugno contro il proprio petto mentre, guardandolo timidamente, distoglierebbe nervosamente lo sguardo dal suo viso stringendo le labbra fra loro, impacciatamente. < Do-Dovremmo dormire. Abbiamo una missione domani. > mormorerebbe a bassa voce sentendo ancora sulle labbra gonfie e calde il sapore di quelle di lui, il fantasma di quel contatto che già le manca come l'aria. [ Chakra: on ]

12:12 Irou:
 Da troppo, troppo tempo stava attendendo quel momento. Non ne aveva neanche idea, non sapeva quanto quel bacio potesse essere atteso, eppuce è sempre stato così. Haran è sempre stata il suo unico porto sicuro, l’unica cosa che contava e che ha sempre contato. Non sta pensando al fatto che tutto potrebbe andare male. Non sta pensando che tutto quel che sta accadendo possa rovunare l’amicizia di una vita. Semplicemente, non sta pensando. In quel bacio c’è della magia. In quel bacio c’è tutto quel che Kaiba potrebbe mai desiderare. E vorrebbe dirglielo, vorrebbe confessare alla sua migliore amica quel che ha nel uore, ma lei è la prima a parlare. Si mostra nel panico, si mostra spaventata ed il giovane Kori non capisce bene il perché. Forse ha sbagliato qualcosa? Forse lei non voleva unirsi in quel tanto agognato bacio? Forse le ha fatto schifo? Le sopracciglia del denin si corrucciano, gli occhi si stringono e le labbra tremano in u’espressione ametà tra il timore e la tristezza. Tutta la sicurezza che aveva mostrato in quello slancio d’impulso, tutta la spavalderia che aveva mostrato nel mettersi su di lei, posizione di cui solo ora si sta avvedendo, sparisce immediatamente scontrandosi con quella richiesta improvvisa di andare a dormire. Le braccia tremano, tese per reggere il proprio peso e lo sguardo si allontana dal viso dell’Uchiha. Si dà una leggera spinta per rimettersi sul fianco, con la stessa espressione di un cucciolo che è stato appena bastonato. La voce bassa, un sottile soffio, quasi sofferente < V-va bene. Buonanotte Haran… > Direbbe, incapace di comunicare altro alla ragazza che, con quella richiesta, gli ha fatto dolere il petto come se gli avesse dato una coltellata. Si volterebbe dall’altra parte, dandole la schiena, per non farle vedere che – in realtà – i suoi occhi non si chiuderanno per tutta la notte. Il sonno non lo coglierà per neanche un istante di quelle ore che li separano dal mattino. Non con quel gravoso peso sul petto, non senza poter abbracciare la sua Haran nel sonno. Non così, non stanotte. [ se end ]

12:27 Haran:
 Lo sente scostarsi, lo sente tornare al suo posto sul letto accanto a sé, voltarsi di spalle esattamente come si ritrova a fare lei, in posizione fetale come per volersi tenere il più stretta possibile su se stessa per non cadere in frantumi. La sua voce è un sussurro ma a differenza di quelli che i due si sono scambiati per tutta la sera fino a quel momento, questo è un mormorio triste, spento, che le spezza il cuore. Sente le labbra tremare, gli occhi bruciare mentre le lacrime vanno ad innalzare un velo sfocato dinnanzi alle proprie iridi scure. Fa male. Fa maledettamente male. E si morde le le rosee, le stringe, perchè non può permettersi di liberare neppure un singhiozzo: non con Kaiba accanto a sé, non con il rischio che possa sentirla piangere, che possa farlo sentire colpevole di qualcosa che invece dipende da lei soltanto. Da quanto tempo lo desiderava? Da quanto tempo tratteneva il bisogno di farlo? Di sentire il sapore delle labbra del suo migliore amico sulle proprie? Per quanto tempo è stata innamorata di lui senza ammetterlo neppure a se stessa? Perchè, insomma, come potrebbe negarlo adesso? Ora che il suo cuore sta cadendo in mille piccolissimi pezzi al solo timore di averlo perduto per sempre? Ora che, nella tristezza, non riesce comunque a far altro che non sia pensare alla sensazione delle labbra di Kaiba sulla sua pelle? Dei suoi respiri che si perdono nella sua bocca, della sua mano fra i capelli, il suo corpo che troneggia sopra il proprio? Non sono più bambini, non sono più così innocenti. Haran e Kaiba sono cresciuti, insieme, e con loro il loro rapporto. Un rapporto che chissà come e chissà quando adesso ad Haran non basta più. Un rapporto che fa male e che non vorrebbe comunque perdere perchè preferirebbe rimanere la sua migliore amica d'infanzia piuttosto che diventare un ricordo del suo esser bambino. E chiude gli occhi lasciando scivolare le lacrime lungo le gote mentre la destrorsa salirebbe al viso così che i suoi denti si chiudano sulla propria pelle. Soffoca contro il dorso della mano i singhiozzi, trattiene il pianto e piange immobile la sua paura. E vorrebbe voltarsi, vorrebbe cercare le sue braccia, il suo petto, per piangere contro la sua pelle bianca, ma non può. Non può perchè ha agito d'istinto. Non può perchè ha scoperchiato un vaso che per troppi anni ha contenuto segreti inconfessabili e che ora sono venuti fuori solo a metà. Non può perchè lui è il suo migliore amico e lei l'ha ferito e adesso merita, quanto meno, di non doversi preoccupare per lei. E sarebbe passata così, la notte, un singhiozzo trattenuto dopo l'altro: distesa sul fianco con gli occhi aperti e le lacrime a smettere via via di scorrere dai suoi occhi man mano che la stanchezza va annichilendo i suoi sensi. [END]

Dopo la visita del Kori che ha dato a Kaiba la notizia della morte di suo padre e della sua appartenenza al clan kiriano, Haran raggiunge l'amico per confortarlo.

GODETEVELA.
QUESTA ROLE E' TUTTO.

Shippateli con noi, grazie.