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Dall'odio nasce complicità

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con Furaya, Raoku

01:24 Raoku:
  [Volto Kyūdaime] Non è proprio riuscito a prendere sonno stanotte. Nel buio del proprio appartamento, Raoku è rimasto per ore con solo le mutande a cercare di lottare contro il caldo di quei primi giorni d'estate, eppure le palpebre - nonostante la stanchezza dovuta agli allenamenti in Accademia - non ne hanno voluto sapere di chiudersi e di accettare il dolce e morbido richiamo del cuscino. Così, dopo essersi stiracchiato per bene ed essersi vestito e legato il crine corvino, il diciassettenne è uscito di casa iniziando a passeggiare per il Villaggio senza una meta precisa, pensieroso e - seppur stanco - stranamente consapevole di essere vivo. Desideroso di respirare un po' di aria pulita, meno afosa rispetto a quella che pervade le vie del centro del Villaggio, si è quindi diretto laddove il suo sguardo per anni è stato - e lo è ancora oggi - irrimediabilmente attratto: il Monte dei Volti di Pietra. Senza frette particolari dunque, si è incamminato con decisione verso la scalinata che porta dalla zona residenziale e dai quartieri di Konoha fino alla cima del monte, laddove sul fianco di pietra della montagna sono scolpiti i nove volti dei reggenti della Foglia, gli Hokage. I capelli corvini del giovane - particolarmente ribelli tanto che nonostante l'acconciatura ben strestta alcune ciocche finiscono per fuoriuscirne dandogli un aspetto un po' confusionario e andandogli a contornare il volto - sono tenuti legati in una morbida e lunga coda sul retro della nuca. Indossa una canotta di rete a pelle sormontata da una tunica di un colore rosso sporco, un po' più cupo della classica tonalità base, legata in vita da una fusciacca ben stretta di colore nero (con lembo pendente sulla destra) cui è allacciato, sul fianco sinistro dell'Oshiba, un pratico porta-kunai e shuriken con triplo scomparto: di questi soltanto il primo è occupato da un paio di pugnali kunai che Raoku si sta impegnando a portare sempre con sè, anche per abituarsi ad uscire di casa munito di una qualche arma di difesa. La tunica, pur di tessuto leggero, riveste interamente le braccia del giovane che vedono le mani rivestite da un paio di guanti da shinobi di colore nero con una piccola placca metallica a protezione del dorso. Sotto il tessuto della tunica poi ha ben stretti, uno ad ogni braccio, i vambracci di cuoio a protezione proprio della parte culminante di entrambi gli arti. Pantaloni morbidi e pratici dal tessuto leggero di colore grigio cenere fasciano le gambe dell'aspirante shinobi fin sotto il ginocchio, mentre più in basso completano il suo outfit un paio di sandali da shinobi pratici e ben allacciati all'altezza delle caviglie. Giunto, dopo aver percorso la lunga scalinata, in prossimità del volto del Kyūdaime Hokage, andrebbe a raggiungere la punta della capigliatura dell'attuale capo-villaggio, che di fatto rappresenta un perfetto punto panoramico da cui poter godere di una vista mozzafiato sul Villaggio della Foglia. Una miriade di luci immerse nell'oscurità della notte che si spandono in tutta la vallata delimitata proprio dal Monte dei Volti e, dall'altro lato, dalle mura del Villaggio. Raoku si siede sulla pietra che caratterizza il volto del Kyūdaime, la gamba sinistra che si stenderebbe in avanti mentre la destra si fletterebbe in modo da tenere la suola del sandalo destro piantata a terra e il ginocchio, piegato, in alto, sul quale il giovane Oshiba poggerebbe mollemente il braccio destro. Rimane lì, a perdersi con le iridi verdi in quella distesa luminosa che è Konoha mentre la notte intorno al Villaggio e a lui è rischiarata soltanto da una luna tagliata a metà e in grado di rischiarare solo debolmente per ora il cielo notturno macchiato da nubi scure. I capelli del giovane vengono smossi piano da una bava di vento che concede però, come un toccasana, un leggero frescolino. Sospira Raoku, perdendosi forse nei pensieri di quella giornata che, in effetti, sembra aver lasciato qualche traccia su di lui. E riflettendo forse su quello che l'attende nell'imminente futuro dove, sempre più vicino, si fa il momento dell'esame per diventare un genin a tutti gli effetti. [Chakra: off][Equip.: guanti shinobi | Porta-kunai: 2/3, 0/3, 0/3 | Vambracci x2]

01:33 Furaya:
 Vuol respirare aria pura, potendo meglio osservar la notte stellata e coperta da ben pochi nubi. E' salita sin al Monte dei Volti. Si sarebbe voluta fermare alla scaletta, ma ha convenuto come dall'alto delle teste, il panorama sia migliore. Contrariamente a quanto pensato, quindi, s'incammina sulle teste. Ha una discreta agilità e non ha piovuto, motivo per il quale non sono neppure scivolose. Certo, deve stare attenta comunque, come chiunque, ma riesce agilmente a saltellare da una testa all'altra. Giunge sin a quella che raffigura l'Ottavo Hokage: Kuugo Gaito. < Continuo a non capire.. > Vocifera, con voce non troppo alta. < ..il motivo per il quale il suo volto non sia stato cancellato, disintegrato.. > E' parzialmente udibile nei dintorni, seppur sia all'oscuro della presenza di qualcun altro nel luogo. < ..o, semplicemente, sostituito da qualcun altro. > Uno qualunque. Anche Azrael, avendo coperto per qualche tempo il ruolo di Kage. Veste con un pantaloncino di colore nero, arrivante sino a metà cosce, con un paio di sandali ninja del medesimo colore, rinforzati metallicamente e raggiungenti la base delle ginocchia. A coprire l'addome, ha una di quelle maglie simili a delle reti che utilizzano i Ninja, con un lieve scollo a V, ma niente di veramente eclatante, anche perché se porta una terza di seno è un miracolo per lei. Sulle spalle, è poggiata anche la giacca nera tipica dei Jonin, con il simbolo relativo dietro la schiena. I capelli della giovane son raccolti in una coda di cavallo non molto alta, con il coprifronte posato sulla sommità del capo e legato tramite una cinghia in tessuto di colore grigio scuro. Attorno al collo, porta una fascia rossa, aderente allo stesso, memore d'una storia passata, assieme ad un altro pendaglio con il simbolo del Clan Uchiha. Contro il rispettivo fianco mancino, sorrette tramite una cintura nera attorno alla vita, son presenti due Katane: la prima ha un'elsa bianca e nera e pare in ottimo stato, nel proprio fodero; la seconda, invece, ha l'elsa sfilacciata ed è difficile interpretare di che colore realmente sia il tessuto che la compone. Agganciata attorno alla coscia destra, quindi dal lato opposto delle due Katane, vi è anche una Tasca Porta Kunai e Shuriken con un totale di nove Kunai avvelenati e con carta bomba. Sul gluteo dal medesimo lato, quasi fosse un'armeria vivente, v'è anche una Tasca Porta Oggetti con Tonici di Recupero Chakra, Coagulanti, Fili di Nylon e Fuda. Ulteriori Fuda sono sparsi per il corpo della giovane: due si trovano sui rispettivi polsi, nei quali ha sigillato la Falce e la Zanbato ( rispettivamente, destra e sinistra ed entrambe avvelenate ). Sul petto, infine, ve ne sono almeno un'altra decina, ovviamente nascosti dagli abiti in più parti; stessa cosa per il tatuaggio Anbu sulla spalla destra, coperto persino da una fascia bianca. La cicatrice attorno al collo è invece coperta dalla fascia rossa di proposito. Ha già fin troppe cicatrici. E' visibile solo quella sulla coscia destra, per circa un paio di centimetri in base al totale e alcune sparse per i bicipiti e gli avambracci. Il di lei Chakra è ovviamente già attivo. I capelli rosei svolazzano dietro la di lei schiena, lunghi sino a metà di essa. [ Chk On ]

01:51 Raoku:
  [Volto Kyūdaime] Perso in quello stato di (finalmente) recuperato benessere, a Raoku sembra veramente di essere in pace con il mondo. Eppure qualcosa ancora lo assilla, forse una qualche preoccupazione, o forse il particolare eccitamento di sapere di essere ormai vicino all'occasione di ottenere l'agognato coprifronte della Foglia. Fatto sta che, dopo essere rimasto per diversi minuti ad osservare dall'alto il Villaggio, si stiracchia tendendo all'indietro la schiena e, senza curarsi di soffocare uno sbadiglio piuttosto vistoso e rumoroso, si distende all'indentro poggiando la schiena direttamente sulla nuda roccia mentre lascia le gambe praticamente nella stessa posizione di prima. Lo sguardo limpido del diciassettenne si perde per qualche istante nelle tenebre del cielo notturno illuminato da quella luna a metà e dalle stelle di contorno al satellite, quindi senza nemmeno pensarci troppo abbassa le palpebre sulle iridi verdi e va a congiungere di fronte al petto le mani a comporre il sigillo della Capra. Inspirando a fondo ed espirando di conseguenza in maniera completa, andrebbe a cercare di liberare la mente da qualsiasi elemento esterno, spingendo la propria mente a focalizzarsi sull'energia interiore: un esercizio che ripete ormai costantemente, ogni volta che ne ha l'occasione, anche per allenarsi a gestire meglio il controllo del proprio chakra. Conseguentemente quindi andrebbe dapprima a focalizzare la propria energia mentale racchiudendola nell'immagine di una sfera rossa e palpitante con il proprio fulcro posizionato in corrispondenza della fronte; quindi, di pari passo, andrebbe a raccogliere la propria energia fisica in una corrispettiva sfera di colore azzurro, stavolta, all'altezza del proprio ventre. Qualora fosse riuscito senza troppi problemi a focalizzare questi due poli opposti di energia, la concentrazione del deshi andrebbe tutta ad imporre ad entrambi contemporaneamente un moto rotatorio e circolare intorno al proprio asse mediano, cercando di spingerli l'uno contro l'altro in quel movimento a turbine che, secondo le intenzioni di Raoku, dovrebbe portarli a fondersi proprio a metà strada, in corrispondenza del petto dove avrebbe composto con le mani il sigillo opportuno. In questo modo cercherebbe quindi di impastare il proprio chakra, spandendolo poi attraverso il keirakukei in tutto il proprio corpo, rivitalizzando mente e fisico in quello stato di benessere che il suo flusso può portare. Che ci sia riuscito o meno, al termine di quel tentativo avvertirebbe in maniera distinta la voce di qualcuno non troppo lontano da dove si trova lui, sdraiato e concentrato sul proprio io interiore. È ovviamente Furaya che, a circa una 20 metri da dove si trova Raoku, sta inveendo contro la testa di pietra dell'Ottavo. Sentendo un vociare, anche se non ne distingue fino in fondo le parole pur cogliendo il senso di una qualche lamentela, Raoku tenderebbe gli addominali sollevando nuovamente il busto verso il ginocchio destro piegato e volgerebbe nella direzione della Vomitalava il suo sguardo e con esso la sua attenzione. <Ehi, con chi ce l'hai? Una testa di pietra non può certo darti ragione, ti pare?> le direbbe, scorgendo nell'ombra i tratti della figura della donna. [Tentativo impasto Chakra][Chakra: 10/10][Equip.: come sopra][Turno: 4/4]

02:06 Furaya:
 Non sa neanche lei il motivo per il quale ha avuto bisogno d'inveire contro il volto scavato nella roccia d'un uomo che non merita il perdono. Tuttavia, l'ha fatto e lo rifarebbe ancora. Fortuna vuole che non si fermi a fare altro, come sputargli addosso della Lava in grado di raggiungere i duemila gradi centigradi. Inspira profondamente, recuperando parte della propria calma, così da poter esser maggiormente incline a discorsi consoni ed adeguati, differenti dall'insultare qualcosa di completamente inanimato. Non s'accorge della presenza di Raoku, poiché attiva solamente il Chakra, senza far qualcosa che possa, in qualche modo, attirare l'attenzione della donna, la quale volge le spalle alla testa del Nono, per quanto ciò possa esser ritenuto irrispettoso. Vien colta lievemente alla sprovvista, girandosi rapidamente verso le proprie spalle, con la leva inferior manca spostata innanzi e la destra reclinata lievemente indietro. La schiena resta però dritta, con la mano destrorsa che va a fermarsi sull'impugnatura delle Katane. Scruta con attenzione la figura a circa una ventina di metri di distanza. Riesce a distinguerla bene, date le proprie capacità fisiche unite a quelle mentali, seppur non sappia chi sia né riesca a scorgerlo per bene in volto, dato il buio. < Non mi avrebbe dato ragione neppure in vita. > Asserisce, alzando il pié manco e abbattendolo, con grazia e delicatezza, proprio per non far presagir niente di malevolo, sul suolo dove poggia. < Mi era sorto soltanto un dubbio a proposito di questa testa, raffigurante un Traditore di Konoha. > La storia dovrebbero conoscerla tutti, a meno che non si sia arrivati a Konohagakure da poco. [ Chk On ]

02:23 Raoku:
  [Volto Kyūdaime] È chiaramente la voce di una donna, ma a quella distanza e immersa nell'oscurità non ne scorge perfettamente tutti i tratti per cui non la riconosce ancora come Furaya, una delle kunoichi più note in tutto il Villaggio: se fosse giorno la vedrebbe sicuramente molto bene, ma di notte riesce solo a distinguere in maniera abbastanza nitida la silhouette contornata dalle impugnature delle due katane. Per questo Raoku si alza in piedi facendo leva sul piede destro già poggiato saldamente a terra e, infilando mollemente le mani nelle tasche dei pantaloni, si avvicinerebbe al margine destro della testa di pietra del Kyūdaime mentre ascolta le parole della donna affidate alla notte dalla testa dell'Ottavo. <Lo conoscevi quando era in vita?> le chiede, mantenendo un tono di voce tale da permetterle di sentirlo distintamente pur posizionata su un'altra testa tra quelle intagliate nella roccia <era uno sporco traditore del Villaggio comunque, su questo credo che in pochi potrebbero darti torto> lui la storia la conosce bene, specialmente quella della ribellione che, in qualche modo, pur giovanissimo ha vissuto a caro prezzo sulla propria pelle. <Lui e il suo degno compagno, Ryota Nara> il disprezzo nella voce di Raoku è palpabile mentre si riferisce all'Ottavo così come nel pronunciare il nome del padre di Furaya (ovviamente nella totale ignoranza di chi sia la donna, non avendola distinta ancora bene). Percorrerebbe dunque con passi lenti e cadenzati, senza correre, circa una quindicina di metri prima di fermarsi ad osservare bene la sua interlocutrice. Solo allora il dubbio di conoscere, quantomeno per fama, quel volto lo coglierebbe in qualche modo in fallo. <Ehi...ma tu sei...> sembra accorgersi solo ora di averla potuta offendere in qualche modo, anche se la storia insegna che Furaya fu una netta oppositrice del padre <...non volevo offenderla, Furaya-sama> andrebbe a correggersi quindi, passando ad un registro più formale e chinando leggermente il capo all'indirizzo della consigliera <è solo che non riesco a perdonare chi ha tradito il Villaggio anni fa, mi dispiace> il tono ora appare contrito, eppure ugualmente sprezzante e determinato a non recedere su quel punto. [Chk On][Equip. come sopra][Turno 2/4]

02:37 Furaya:
 I due non si conoscono, seppur ella sia famosissima sia fuori che dentro il Villaggio. Per tal motivo, egli permane uno sconosciuto per la Gran Consigliera, la quale tenta di scrutarlo come meglio può, assottigliando anche le palpebre e cercando di metterlo a fuoco per poter almeno capir che faccia abbia. I contorni del volto non son precisi a causa della fioca luce. < Feci il mio Esame Genin sotto la sua supervisione. > Esplica, abbassando il volto per osservar il terreno, la testa in pietra sulla quale poggia ancora il proprio peso. < Non ero mai abbastanza, per lui. Anche quando combattei durante la Guerra di Suna per fermare ciò che lui stesso aveva scatenato. Anche quando andai a vederlo dietro le sbarre dove Konoha lo imprigionò. Non ero mai abbastanza. Non credeva nel benessere del Villaggio, non sperava in un paese florido e in una civiltà in piena pace, fuori dalle crisi. Volevo solo ricoprire un ruolo che non meritava, guadagnare ciò che di cui non aveva bisogno dalle oneste tasche dei concittadini. > Ma c'era un uomo, come fa notare Raoku, che lo supportava in tutto e per tutto. Lo stesso nome che vien da lui pronunciato dopo poco, quel nome che odia sentire, che le fa avvertire quell'orrendo bruciore dietro la schiena, tra le scapole, dove il marchio a fuoco vi resterà a vita. Inutile coprirlo, inutile farci qualsiasi cosa, se non incidersi a fuoco qualcos'altro. Ma il bruciore, il dolore.. non vuole riviverli. Ne avverte il disprezzo, nella voce. E' lo stesso che ha provato lei in tutto il periodo della Guerra contro suo padre? E' lo stesso che tuttora prova quando lo nomina a sua volta? E allora per qual motivo avverte una stretta allo stomaco, un peso sul petto e una morsa alla gola? Ryota l'ha distrutta fisicamente e mentalmente e, dopo anni, ancora la tormenta nel profondo. Non vi replica, infatti, alla di lui affermazione, perdendosi nei meandri dei propri pensieri fintantoché il ragazzo non opta per avvicinarsi ulteriormente alla di lei figura. La donna solleva gli occhi in sua direzione, sbattendo le palpebre un paio di volte or ch'è possibile metterlo a fuoco adeguatamente. < Io sono? > Non conclude la frase, per quanto come conclusione di essa si possa aspettare qualsiasi cosa. < Mh? > Il ragazzo la riconosce subito dopo, scusandosi per quanto asserito nei di lei confronti, seppur stessero sol parlando di persone che han causato la morte di tanta altra gente. < Pensi che qualcuno li abbia perdonati? > Ne consegue il silenzio, il tono piatto. Nient'altro necessita d'esser aggiunto, mentre china per un attimo il capo. [ Chk On ]

02:51 Raoku:
  [Volto Kyūdaime] Ignorava completamente di poter incontrare qualcuno, in quella notte in cui a tenerlo sveglio - oltre al caldo - erano le preoccupazioni e le aspettative per il suo futuro, di così tanto legato ai due personaggi nell'intera storia di Konohagakure no Sato che odia più di ogni altra cosa. Eppure eccola lì, Furaya, davanti a lui, distante ormai sì e no 5 metri circa, appena la distanza dal vertice dell'effigie di Hitomu a quella di Kuugo, l'Hokage traditore. La brezza leggera scuote nuovamente i lunghi capelli corvini del giovane mentre i suoi occhi verdi tornano a sollevarsi insieme al volto verso quello della venticinquenne. La scruta, valutandone in qualche modo la reazione, imprimendosi nella mente l'immagine di quella kunoichi divenuta una leggenda del Villaggio nonostante la giovane età: a pensare che ha solo 8 anni in più di lui, che ancora nemmeno ha raggiunto il traguardo del coprifronte, a Raoku verrebbe da sotterrarsi. Eppure in quel momento quello è un pensiero che nemmeno sfiora la sua testa. I suoi occhi verdi, contriti ma seri, profondi alla luce fioca della luna, sembrano scrutare a fondo i tratti del volto di Furaya, come a volerne ricercare qualcosa, come a voler ricreare dai suoi lineamenti quel volto che - diversamente da quello di Kuugo, raffigurato proprio su quel monte insieme agli altri Kage della Foglia - non ha mai conosciuto eppure sente di odiare in modo così viscerale. <No, non credo che sia possibile che uno di loro due riesca ad avere il perdono di qualcuno nel Villaggio> ammette, il tono freddo e pacato nonostante si possa notare quanto ribolla interiormente di disprezzo al solo pensiero di quei due traditori <ma nonostante tutto si trattava di suo padre, gran consigliera. Il mio odio non era certo rivolto a lei o alla sua famiglia, ma a lui come responsabile...> le labbra del giovane si serrano in una smorfia di disgusto, o forse di profondo dolore <...responsabile di tutto quanto...> nascosta dalla tasca, la mano destra andrebbe a serrarsi a pugno e al massimo Furaya potrà accorgersi della tensione del braccio del diciassettenne. Raoku non discosta comunque il suo sguardo dal volto della donna, lasciando che quell'attimo di silenzio scacci via l'imbarazzo e il dolore del ricordo. <Come mai è venuta qui stasera, Furaya-sama?> le chiede quindi, incuriosito in qualche modo di trovare un ninja del livello della Vomiatalava a gironzolare senza meta e senza scopo al pari suo, come se fosse impensabile visti gli impegni degli shinobi della Foglia (almeno nella sua concezione, forse ancora ingenua di quel tipo di lavoro ed impegno). [Chk On][Equip. come sopra]

00:52 Furaya:
 Ancor sulla testa dell'ottavo e pessimo Hokage, ascolta il dir di Raoku, non molto distante. La domanda posta dalla donna riguardava il possibile perdono da parte dei cittadini nei confronti di Kuugo Gaito e Ryota Nara. Muove la testolina dai capelli rosei in un inizialmente tacito assenso. Chi oserebbe mai perdonare due esseri tanto spregevoli? Nessuno. Neppure lei, che reputava Ryota il suo grande ed unico eroe quand'era bambina, è riuscita a perdonargli anche la minima cosa. Ogni volta che crede che ciò sia possibile, si ricorda delle cicatrici che porterà sulla pelle - e nel cuore - per tutta la vita. < E come potrebbero? > Domanda con far retorico. < Dopo quel che hanno fatto, nessuno potrebbe mai perdonarli. Hanno distrutto le vite di innumerevoli persone. > Per non parlar di chi una vita non ce l'ha più. Scuote mestamente il capo alla spiegazione altrui, laddove le riferisce circa la direzione del suo odio. < ... > Stringe a sua volta le mani, le dita, formando i pugni. Irrigidisce la muscolatura d'ambedue gli arti superiori, assieme alla mascella. Non le piace parlare di suo padre, non adora particolarmente quando un simile discorso vien tirato fuori. E' più conosciuta come la Figlia di Ryota Nara che come la donna capace di sputare Lava, pur non essendo una Yoton purosangue. < Per anni, la gente ha pensato che io stessa sarei potuta diventare come lui, precludendomi il modo di dir la mia a riguardo. > Scandisce per bene parola dopo parola, piegando il capo lateralmente verso sinistra, rivolgendo infine il proprio sguardo alla volta dell'Oshiba. < Ciò non toglie che ha avuto quel che si meritava, come Kuugo. > Verso il quale or riabbassa lo sguardo l'istante necessario per odiarlo un minimo di più. < Mh? > Rialza il capo, riprendendosi dal torpore e dall'odio intramontabile che, lentamente, risale sin al cuore e al cervello. < Nessun motivo in particolare. > Si stringe nelle spalle, sollevandole ed abbassandole subito dopo. < Volevo prender aria e mi son trovata a raggiunger questa testa. > Spiega alla di lui volta, mantenendo un tipico tono pacato e attento, privo di eccessiva inflessione ed emozione. < Tu, invece? > Cerca di stender le labbra in un piccolo quanto innocente sorrisetto, di circostanza sicuramente, atto anche a smorzar la tensione che potrebbe essersi creata con le parole poc'anzi pronunciate da entrambi. [ Chk On ]

01:20 Raoku:
 La brezza leggera, quasi un alito di vento, concede evidentemente ad entrambi posti a quell'altezza sulla cima del monte un minimo di ristoro dalla calura estiva che ha invaso Konoha. Eppure, nonostante questo, nel cuore di Raoku sembra albergare il gelo più totale nutrito dalla propria rabbia che come vento di bora spira su ogni sentimento, annullando tutto quanto - persino la sua umanità - quando il pensiero del diciassettenne si orienta sul ricordo, nebuloso e ineffabile nella sua mente (all'epoca era poco più di un bambino, pronto appena ad affacciarsi al periodo adolescenziale ma con un passo ancora nell'infanzia), di Ryota Nara. Non abbassa lo sguardo, lo tiene fisso sul volto di Furaya, le iridi verdi che sembrano immobili ed impassibili mentre la pupilla freme di un dolore finora inespresso, la mascella che si contrae quando dalla propria bocca terminano di uscire le parole precedentemente pronunciate. La risposta della kunoichi leggendaria non si fanno attendere, andando a confermare l'impossibilità di perdonare i due storici traditori di Konoha. <Hanno distrutto la vita di mio padre e quella mia madre!> vomita fuori quelle parole come una scudisciata, non appena Furaya ha terminato la sua prima frase: non urla ma poco ci manca, le parole hanno abbandonato le profondità della propria gola con la violenza di un'eruzione vulcanica, rilasciando fumi di rabbia e lapilli di disprezzo <...e hanno rovinato la mia per tutti questi anni...> prosegue, a voce ora più bassa, in un tono che torna pacato e normale mentre tale non è la sua espressione, tirata e tesa nel tentativo di reprimere quel rabbioso dibattersi dentro di sé. La lascia parlare, ascoltando lo sfogo della donna riguardo l'idea della gente di vederla come figlia del traditore, eppure il fatto che la sua stessa figlia lo odi non gli sembra abbastanza, non sembra appagarlo nonostante il giovane deshi cerchi di mantenere il controllo delle proprie emozioni quanto meglio può, sforzandosi visibilmente. <Quel che si meritava...> ripete quelle parole, placando solo adesso quell'espressione ferina e rilassando la mandibola, i pugni che si rilasciano dallo stringersi e le dita che tornano a fendere l'aria notturna. Chiude gli occhi per un momento, sospirando e lasciando che quel venticello fievole gli riempia i polmoni con una nuova e profonda inspirazione. Riaprirebbe gli occhi soltanto dopo qualche breve istante, occhi quasi febbricitanti, come se tutta la rabbia di prima l'avesse adesso condensata unicamente nel suo sguardo: non balenano lacrime, le iridi di un verde intenso sembrano semplicemente colme di un risentimento più profondo di quanto si possa immaginare <...no....> il diniego di Raoku esce roco dalle sue labbra, così come le parole che seguono <no, non ha ricevuto quel che si meritava. Se si potesse uccidere qualcuno ogni giorno, ogni giorno un po' di più, prosciugando dal suo corpo ogni stilla di sangue ora dopo ora, per una vita intera. Quello si sarebbe meritato...> lo sguardo dell'Oshiba è fisso sul volto della donna a pochi metri da lui <...e avrei voluto infierire sul suo corpo io stesso, più e più volte, fino a provare talmente tanta pietà per lui da finirlo> e da come pronuncia quella parola - pietà - sembra proprio che una possibilità simile non sarebbe potuta accadere se non con estrema difficoltà. La sua successiva domanda, atta a cercare di distrarre la mente da quell'argomento che risveglia evidentemente in entrambi così tanto dolore e sofferenza, non raggiunge comunque l'esito sperato, almeno in parte. La donna infatti gli risponde blanda sulla sua scelta, chiedendogli poi di rimando il perché della sua presenza lì. <Mi piace vedere il Villaggio da quassù> ammette Raoku, voltandosi verso la distesa di luci perse nell'oscurità della vallata che rappresentano Konohagakure no Sato <e poi sono cresciuto avendo come mito Kyudaime-sama: rimanere ad osservare la Foglia da qui mi fa stare bene, in qualche modo che non so spiegare. Almeno per un poco...> ammette, inspirando un altro po' di quell'aria frizzanti portata dalla nottata a quell'altitudine. Lascia quindi passare qualche momento di silenzio, ascoltando eventuali parole aggiunte da Furaya sull'argomento che udirebbe rimanendo in un attento silenzio, forse un po' riflessivo e perso nei meandri della propria mente. Quindi, senza preannunciare niente, senza girarci troppo intorno <Furaya-sama, la prego, le chiedo di rispondermi con sincerità e di perdonarmi per porle questa domanda, ma devo sapere...> le mormorerebbe poi, voltandosi nuovamente verso di lei e avvicinandosi solo di un passo, così da raggiungere il limite della testa del Nono Hokage <...com'è stato affrontarlo ed ucciderlo?> glielo chiede così, a bruciapelo, gli occhi che cercano quelli della Vomitalava e che non celano la sua voglia - anzi no, necessità - di conoscere la sua risposta. [Chk: on][Chk: 10/10][Equip.: guanti shinobi | Porta-kunai: 2/3, 0/3, 0/3 | Vambracci x2]

01:56 Furaya:
 E' palese il disprezzo che Raoku prova nei confronti di Kuugo Gaito e Ryota Nara, ma ciò ch'egli non si è posto è: pensa d'esser l'unico? Crede che lei stessa non abbia sofferto? Pensa che soltanto a lui abbiano rovinato la vita? La muscolatura del braccio destrorso vien mantenuta più tesa, senza neppur accorgersene sta stringendo saldamente il pugno sin quasi a farsi sbiancar le nocche. Non lo osserva direttamente, sta cercando di calmare i bollenti spiriti, i quali non son totalmente demoni interiori, quanto l'Hijutsu Yoton che, in quanto secondaria e legata ad essa tramite del Sangue iniettato, non è del tutto stabile. Non è ancor giunta al livello di rottura, poiché son passati anni dall'evento, dallo scontro, dalla Guerra, dalle torture, dalle minacce, dalla quasi morte per mano del suo stesso genitore. < Insieme.. > Proferisce, mantenendo un tono di voce non troppo alto, volendo probabilmente costringere l'altro a tender l'orecchio e a sforzarsi d'ascoltar parola per parola quella della donna. < ..sia Kuugo che Ryota hanno distrutto la mia. Il secondo distrusse la vita della sua stessa moglie poiché, in quanto Uzumaki, sarebbe stata capace di diventare Jinchuuriki. > Rivela, anche perché quella storia è stata tramandata, non totalmente, ma abbastanza. Non è degna di restare nascosta, deve esser raccontata. Solleva il volto, volgendo le proprie iridi verso l'orizzonte notturno, laddove son visibili piccole lucine dalle abitazioni più lontane. < La uccise soltanto perché poteva minacciare i loro piani di conquista della Volpe a Nove Code. > Or sigillata nel corpo del Nono Hokage. < Fin quando non ho sviluppato la Kagemane.. > L'Innata Nara. < ..ero una minaccia a mia volta, ma non poteva saperlo finché non avessi tentato l'attivazione. > Che avviene dopo un certo limite di tempo, tendenzialmente al raggiungimento del grado Ninja di Genin. Sta rivivendo la propria storia, quella che per anni ha desiderato dimenticare. < E quando l'ha saputo, quando è riuscito a mettere assieme un esercito per attaccare il Villaggio, la prima cosa che ha fatto è stata quella di rapirmi. La seconda fu di incatenarmi. La terza fu di massacrarmi. > La voce s'incrina ed è costretta a socchiudere gli occhi, lasciando fuoriuscire ed entrare aria nei polmoni con lentezza, gonfiando e sgonfiando la cassa toracica. Non è qualcosa della quale adora parlare, ma innanzi alle parole pronunciate da Raoku lo trova fondamentalmente necessario. Hanno rovinato la vita di tutti, questo vuol fargli capire, ma al tempo stesso ciò che ha dovuto vivere lei è stato qualcosa di disastroso, distruttivo. Sgrana le palpebre, le cui iridi finora eran volte all'orizzonte e non direttamente all'Oshiba. Gira il collo in sua precisa direzione, socchiudendo altresì le labbra innanzi a quell'ammissione di cotanta violenza. < Ti ricordo che stai parlando di mio padre. > Nonostante tutto. Si rende conto di quel che ha appena pronunciato sol in un secondo momento. Il cuore batte ben più velocemente nel petto, deglutendo e sentendo la gola ardere. Perché ha detto una cosa simile? Per difenderlo? Le parole espresse da Raoku le han dato fastidio a tal punto da dover difendere... il suo carnefice? L'uomo che, per anni, le ha distrutto la vita? O, probabilmente, vuol soltanto che taccia. < Io son cresciuta con altri miti. > Sentenzia, calmandosi un poco conseguentemente, per quanto il cuore non diminuisca i battiti e non riesca a raggiungere la pace interiore che, con un paio di respiri ben assestati, solitamente, è in grado di avere. Il suo disturbo non è mai guarito del tutto, avendo evitato qualsiasi seduta o possibile intervento a livello psicologico. < ... > Lo scruta, lo osserva. Tace, mantenendo però le labbra socchiuse, non sapendo per qual motivo abbia dovuto incontrare un ragazzo così, sul Monte dei Volti di Pietra in piena notte. Che razza di domanda è quella che da egli vien posta? Perché porla, tra l'altro? Perché renderle la vita difficile più di quanto già non sia? Non gli risponde subito, non sa esattamente cosa dirgli. Boccheggia qualche istante, con le braccia abbassate lungo i fianchi e le gambe malferme. < Affrontarlo è stato difficile, ma andava fatto. > Come ogni cosa che vien data da fare ad un Ninja, qualsiasi sia il grado. Quivi, in verità, v'era una lotta interiore, una lotta familiare. < Ucciderlo è.. > Riabbassa lo sguardo, malinconica, verso il basso. < ..non è.. > Si corregge. < ..stato liberatorio come speravo. Ho sempre pensato che si sarebbe potuta dare una seconda chance a chiunque. Lui l'ha avuta, non l'ha sfruttata. Ho pianto. Non dalla felicità, neppure dalla tristezza. Ho pianto con la consapevolezza di esser orfana e che ciò sarebbe stato meglio per me. Giorni dopo la sua morte, sentivo ancor le sue parole risuonarmi nella testa, le sue mani attorno al collo quando mi compariva all'improvviso per vedere come stessi. Più che altro.. > Storce le labbra, intrecciando le dita tra di loro, in prossimità del ventre. < ..perché diamine mi fai queste domande? Non era uno sconosciuto. Io credevo in lui. Ucciderlo non mi è piaciuto, ma ero consapevole che sarebbe servito a metter fine alla sua era di terrore. > Le ultime parole son pronunciate con sgomento, invero, poiché non è fiera - in nessuna maniera - di quel che ha fatto, complici le parole che, in extremis, in punto di morte, suo padre - il suo Eroe d'infanzia - le ha rivolto prima di spirare. [ Chk On ]

02:36 Raoku:
 Non è il solo, lo sa bene e le parole di Furaya glielo ricordano con forza. Non è il solo che ha sofferto per quanto provocato dai due traditori della Foglia con la loro guerra al Villaggio, con l'aver scatenato il loro esercito di mukenin contro le mura della loro stessa patria. Eppure, ogni volta che quel particolare ricordo gli riaffiora alla memoria, non sembra riuscire a pensare agli altri, alle altre vittime, agli altri soprusi, alle altre cicatrici lasciate, sia fisiche che psichiche. Non ci riesce, e questo Furaya quasi sembra non capirlo. O forse lo capisce fin troppo bene, ma è stata in grado di fare quel passo che lui ancora non riesce a compiere. Sentire le atrocità compiute da Kuugo e poi da Ryota non lo aiutano, anche se la storia di Furaya non può non colpirlo. Anziché placare quella luce furibonda e latente nel suo sguardo però, quel racconta pare renderla ancora più gelida. E quando lei gli ricorda che sta parlando di suo padre, la mascella dell'Oshiba si serra, le labbra si muovono senza che lui le comandi neppure. <...e mi creda, Furaya-sama, mi dispiace veramente tanto che fosse suo padre. Se davvero le ha fatto quello che mi ha raccontato> un'espressione di disgusto (per Ryota) misto a compassione (per lei) ombreggia per un istante il volto del diciassettenne <...se verso la propria figlia è riuscito a spingersi a tanto, allora riesco sempre meno a vederlo come un padre, come uno shinobi, quanto più come una bestia immonda>. No, non attenua il suo tono nei confronti del traditore. Cala il carico da undici, se possibile. La breve parentesi sul perché siano lì decade, sospinta dal dolore e dal rancore di entrambi ai margini di una discussione che, con quella domanda a bruciapelo di Raoku, tende vertiginosamente e pericolosamente al macabro. L'Oshiba ascolta con un'attenzione che potrebbe apparire quasi maniacale, rigidamente immobile e fisso nel suo sguardo sul volto della Vomitalava, le parole pronunciate dalla donna. Ne assorbe il contenuto, evidentemente intento a cercare di comprendere il dolore di dover far fronte ad un simile dovere nei confronti del Villaggio. Solo quando lei gli pone quella logica domanda, chiedendogli spiegazione dei suoi quesiti, del perché il deshi abbia voluto rivangare un'episodio che l'ha evidentemente segnata, Raoku abbasserebbe per un momento lo sguardo a terra, prendendosi alcuni secondi di silenzio, come per riflettere o forse per assorbire appieno quanto appena udito. <Sa, Furaya-sama, ho sognato ogni notte, fin da quando avevo appena dodici anni, di poter dare io stesso il colpo di grazia a Ryota Nara. Per anni di notte ho sperato che suo padre vivesse ancora e di avere la forza di spezzarlo con le mie mani> i pugni tornano a stringersi per un istante, il tessuto dei guanti da shinobi sfrigola appena prima che le dita tornino a distendersi <ho vissuto questi ultimi anni come in un incubo costante. Ogni volta che chiudevo gli occhi mi ritrovavo davanti il corpo di mio padre: è stato carbonizzato, lo sa?> alza ora lo sguardo verso di lei, le iridi verdi colme di un orrore che evidentemente ancora è presente in lui <non riesco a dimenticarmi l'odore: giorno dopo giorno sento che i ricordi più vecchi su mio padre si affievoliscono, eppure l'odore che emanava quando hanno chiesto a me e a mia madre di riconoscerlo non riesco a togliermelo dalla mente...> non serve descriverlo, nè sembra che abbia intenzione di farlo. <Ma non è questa la cosa peggiore...ogni giorno> prosegue, le parole che sgorgano sempre con maggiore facilità <non appena il sole sorgeva, vedevo mia madre stare peggio> le racconta, il tono che si fa più raschioso eppure carico di una melanconia che non ha niente a che vedere con la rabbia di prima <l'ho vista cercare di scacciare lontano da sé la propria famiglia, il proprio clan, quel legame che la segnava come Nara e che non poteva più sopportare...> Furaya, che prima ignorava questo dato, potrà facilmente capire che sì, la madre del ragazzo che ha davanti evidentemente fa parte del suo stesso clan <l'ho vista morire ogni giorno di più, mi sono preso per anni cura di qualcosa ben peggiore di un cadavere. Mentirei se le dicessi che non sono mai arrivato al punto di chiedermi come sarebbe stato porre fine alle sue sofferenze, vergognandomi subito dopo di aver anche solo pensato ad una cosa simile. Mi sono sentito marcio, impotente di fronte alla sofferenza che vivevo. Non riuscivo a realizzare niente, sopravvivevo soltanto: ho covato il desiderio di diventare un ninja come mio padre, di votare la mia esistenza al Villaggio come ha fatto lui, ma ci sono riuscito solo quando mio nonno si è ripreso sua figlia, iscrivendomi all'Accademia probabilmente con il solo obiettivo che io diventassi uno shinobi e tornassi nel clan, prendendo il posto di mia madre> gli esce un sorriso mesto adesso, una parodia di un sorriso vero <mi chiede perché le ho posto quella domanda, Furaya-sama? Perché volevo conoscere gli ultimi istanti dell'uomo che ha cancellato la mia famiglia senza che neppure ne conoscessi il volto. E perché volevo capire cosa significa, per una volta, fare la cosa giusta al di là di ogni sofferenza> sembra rilassato ora, quasi rasserenato anche se non c'è soddisfazione sul volto di Raoku, quasi una sorta di comprensione nei confronti della donna <mio padre ha fatto la sua stessa scelta: non ha ucciso di certo Ryota Nara, è morto miseramente contro uno dei mukenin del suo esercito lungo le mura del Villaggio. Però credeva che il bene superiore del Villaggio dovesse sempre essere al primo posto per uno shinobi. Volevo solo capire da lei se davvero ne è valsa la pena, se morire così lasciando tanta sofferenza dietro di sé non è vano, nonostante tutto...> la voce del ragazzo si spezza, non sembra in grado di aggiungere altro. [Chk: on][Chk: 10/10][Equip. come sopra]

03:38 Furaya:
 Ciò che è riuscita a comprendere da quanto pronunciato finora da Raoku è il più profondo disprezzo che prova nei confronti di Ryota e Kuugo. Il problema è che non è il primo, non è l'ultimo e, specialmente, prima di ogni altra cosa, non è il solo a muovere simili sentimenti. < Ciò che ti ho raccontato è solo un granello di sabbia. > In soldoni: non è niente. Mancano così tanti dettagli, così tante parti da raccontare, così tanti aneddoti che soltanto lei, nei meandri dei suoi ricordi rammenta. Le di lui dita attorno alla gola, quando si presentava all'improvviso per spaventarla, per ricordarle ( come se il marchio a fuoco sulla achiena non bastasse ) che era di sua proprietà. Non ha citato le frustate, le cicatrici profonde sul ventre, sulle braccia, sulla schiena. Non gli ha riferito delle torture psicologiche, delle parole pronunciatole con le quali le ha fatto capire che non vale nulla. Sol alla fine, in punto di morte e quasi prendendola in giro, le ha rivolto le parole che qualunque figlia vorrebbe sentirsi dire dal proprio padre: esser fieri di lei. Quasi come se avesse voluto far passare tutto similmente ad un allenamento intensivo. Lo chiamò "papà" sol quando la punta della Katana ne trafisse il cuore. Si riscuote dal torpore dei ricordi, dall'odore ferroso del sangue che le invade le narici, immaginando, ricordando quel che successe quasi quattro anni prima. < Era un Mukenin; nient'altro. Un uomo ambizioso e forte, il quale non era mai sazio di ciò che aveva. Non so perché sia arrivato a far tanto, non capisco quale sia stato l'evento scatenante nella sua vita. > L'evento che lo ha reso il mostro che è stato. < Neanch'io, nel pieno delle mie facoltà fisiche.. > Quelle mentali le erano state praticamente distrutte da giorni di torture. < ..son riuscita a batterlo da solo. Tu non hai idea di quanto potere avesse accumulato e di quanto egli fosse forte. Da sola, non ero in grado di tenergli testa. Per quanto lo si possa disprezzare ed odiare.. > Fa spallucce, continuando ad osservar l'orizzonte del Villaggio, il quale è totalmente immerso nel silenzio notturno, contornato dal lieto frinir dei grilli. < ..va anche ricordata la sua forza, la sua tempra in battaglia. In quanto Nara, la sua intelligenza era fuori dal comune ed elaborava strategie come se niente fosse. > Lo sta elogiando, probabilmente, ma sol per i meriti che davvero gli vanno accreditati, nonostante le cattiverie instillate e commesse. < Io ricordo la mia pelle che brucia. Lo scudiscio delle fruste. Le minacce di morte. > La voce si incrina di nuovo ed inspira profondamente. Rilascia aria dalle labbra, nel tentativo di controllare il proprio respiro ed i battiti cardiaci. Parlare di Ryota, come sempre, le causa effetti fastidiosi, relativi al suo disturbo da stress post traumatico. Ascolta, senza interferire in alcun modo, nel racconto di Raoku e della madre. < Mi ricorda tanto mia madre e la sua vita negli ultimi anni. Ero ancora una bambina quando Ryota si finse morto, iniziando la sua crociata e la ricerca, per dieci anni, di fedeli Alleati con cui prendersi la Foglia. Mia madre ne era distrutta, credo lo amasse più di quanto lui meritasse davvero. > Il tono è malinconico, piegando le gambe affinché possa poggiar le natiche sulla sommità del capo di Kuugo. < Quando si finse morto lo fece in grande stile: Kuugo e Ryota inscenarono una battaglia che finì con l'uccisione di Ryota. Visto già allora come Mukenin, mia madre venne estraniata dalla vita del Clan, poiché già non era una Nara. > Il tutto per esser stata la moglie di un Mostro. < Cadde in depressione, si ammalò o così si pensò fosse andata. Ero piccola, non capivo, ma non fu una morte naturale. Come ti ho accennato prima, uccise persino sua moglie pur di esser sicuro che nessun Uzumaki fosse così vicino a lui. > C'è da chiedersi se non l'avesse sposata proprio per tener d'occhio una Uzumaki. < Quindi, penso io possa capirti più di tutti. Mi ha tolto mia madre, mi ha tolto un'infanzia. Non posso chiederti scusa a nome suo né lo farò. Io non sono lui e non chiedo perdono per i suoi peccati. Ciò che posso dirti è che, se ho accettato la mia nomina a Capo Clan, è perché voglio ristabilire il giusto ordine delle cose, sistemando laddove Ryota ha rivoltato tutto. > Gira or il capo in sua direzione alla fine del racconto, capendone or il senso. < Beh, sappi che nel Quartiere, tu e tua madre siete i benvenuti. > Se vorranno tornare. Non sa cos'altro aggiungere ad un contesto simile. Non sa dove precisamente andare a parare per non sembrare cinica. < Quando l'ho avuto davanti, in fin di vita, l'Hokage lasciò decidere a me l'esito della battaglia. Kuugo, la prima volta, venne imprigionato nel Carcere di Kusa e riuscì a fuggire. Per quanto Kuugo fosse battibile, Ryota era la mente dietro ogni piano, ogni congettura. Metterlo dietro le sbarre non avrebbe significato la fine della Guerra, ma soltanto una momentanea pausa. Gli avrei dato un'ultima chance solo perché ho il suo stesso sangue, ma mi son bastati due secondi, guardandolo negli occhi, per capire che non la meritava. Ripeto, non ne vado fiera, ma andava fatto. Questa stessa Katana ne porta ancora le cicatrici. > Sfiora con la mancina mano la Katana con l'elsa sfilacciata e arrugginita. [ Chk On ]

11:15 Raoku:
  [Testa Kyūdaime] Le iridi verdi del giovane si sbarrano a sentire che quello che Furaya gli ha raccontato è soltanto un granello di sabbia rispetto alle atrocità e alle sevizie commesse nei confronti della sua stessa figlia da Ryota: Raoku non osa davvero immaginare a cosa si riferisca la Vomitalava, o forse non vuole immaginarselo per non tracimare definitivamente nel disgusto che prova al pensiero di quel traditore. E già il disprezzo mostrato per quello shinobi è tanto - forse pure troppo per certi versi - da parte del diciassettenne. La sente parlare della forza del padre, la sente sostenere che, nonostante fosse un mukenin disprezzabile per aver voltato le spalle alla Foglia e anzi aver tentato di distruggerla e impossessarsene, era comunque da elogiare per quelle caratteristiche che ne hanno caratterizzato l'essere shinobi indipendentemente dalle scelte compiute. Raoku, a sentirle pronunciare quelle parole, non può che scuotere vigorosamente il capo, evidentemente contrario a quanto gli è stato appena detto. <Secondo lei quindi è possibile scindere la forza e le abilità di uno shinobi dalle decisioni che ne caratterizzano la vita? Decisioni che hanno ripercussioni così drastiche su centinaia e centinaia di altre persone, tra cui molti innocenti?> appare chiaro, già dal tono duro che utilizza il giovane nonché dall'espressione ferma e ferrea che assume, come la pensi Raoku in merito <uno shinobi non può prescindere dalle scelte che compie: utilizzare le proprie abilità per proteggere il Villaggio e chi non può farlo da solo, oppure sfruttare la propria forza in nome della distruzione e dell'ambizione personale. Per quanto mi riguarda> e sottolineerebbe il suo dire sollevando il braccio destro e puntando il pollice contro il proprio petto <non posso non apprezzare e considerare un eroe un ninja mediocre, lontano dall'essere uno shinobi dalla forza e dalle capacità leggendarie, ma che non esita di fronte alla morte se questa è in nome di ciò che ama e che è importante salvaguardare per la collettività del Villaggio> tornerebbe ad abbassare il braccio, l'espressione che si ammorbidirebbe <per questo sono cresciuto con il mito di eroi come Kyūdaime-sama, di Azrael-sama e anche di lei, Furaya-sama: shinobi che pur disponendo di un potere enorme, sono stati in grado di intraprendere la strada giusta e di fare la differenza. Mi piacerebbe un giorno essere come voi> conclude, i capelli corvini appena smossi dal venticello estivo che porta appena un accenno di frescura a quella nottata. Il racconto di quello che è accaduto a lui, intanto, pare toccare in qualche modo nel profondo anche Furaya che prende a condividere con lui la triste storia di sua madre. Parola dopo parola, la Vomitalava potrebbe scorgere - se prestasse particolare attenzione - qualcosa smuoversi nello sguardo di Raoku, forse una qualche commozione derivata dal confronto similare tra la depressione affrontata dalle due donne di cui si è parlato e si sta parlando. O forse dalla consapevolezza che, almeno su questo punto, Furaya possa capire sul serio - o comunque avvicinarsi a farlo - quanto pesante è stato il sacrificio di Raoku negli anni della sua adolescenza. <Mia madre è già tornata nel quartiere, anche se penso che per come era ridotta non se ne sia nemmeno resa conto> ammette mestamente l'Oshiba, gli occhi ora leggermente velati (anche se nessuna lacrima sembra vergare il suo volto) che si spostano dal volto di Furaya nuovamente verso la distesa di luci che compone il Villaggio sotto di loro <il giorno del mio diciassettesimo compleanno, mio nonno è venuto a prenderla e l'ha portata nella loro residenza, lasciandomi il foglio di iscrizione all'Accademia. Credo> ammette, lasciandosi sfuggire un sorrisetto ironico <che l'abbia fatto perché spera che lo possa deludere meno di mia madre: lei non è mai riuscita a gestire la propria ombra come una vera Nara, forse lui adesso pensa che possa riuscire io dove lei ha fallito> sospira, le spalle che si abbassano come se reggessero un qualche peso, mentre torna a voltarsi verso Furaya che gli racconta quegli ultimi atti in cui ha preso la decisione di uccidere il padre. I suoi occhi cadono inevitabilmente sulla katana di cui si parla, notandone con facilità l'elsa sfilacciata e arrugginita. <Nonostante quello che le ha fatto, non riesce ancora a liberarsi completamente di lui, non è vero?> non c'è disprezzo nè rabbia adesso nella voce di Raoku, soltanto una tenue comprensione e forse un pizzico di compassione. [Chk: on][Chk: 10/10][Equip.: guanti shinobi | Porta-kunai: 2/3, 0/3, 0/3 | Vambracci x2]

11:53 Furaya:
 Fraintendimento. La prima causa di litigi, diverbi e discussioni nell'intero globo. Scuote a sua volta il capo, altrettanto energicamente. < Non credo tu abbia compreso in pieno le mie parole. Non lo sto elogiando. > Non come pensa lui, quantomeno. Volge, infatti, il proprio capo in sua direzione, cercandone lo sguardo per quanto sia notte e non vi sia tanta luce sul Monte. < Ho soltanto detto che era un uomo intelligente e caparbio, ma che non per questo doveva essere graziato od elogiato. Per nessuna ragione al mondo, Ryota meriterebbe un trattamento di siffatta misura. > Torna a guardar verso l'orizzonte, sedutasi or sul capo di Kuugo Gaito ed osservando il mondo dall'alto. Sotto di loro, son visibili l'Accademia e la Magione dell'Hokage, ma attualmente non si sporge, poiché correrebbe il rischio di perdere l'equilibrio. Non è esattamente il posto migliore in cui recarsi di notte, senza attivar tra l'altro il Rilascio del Chakra sotto le piante dei piedi. La lieve brezza le smuove i capelli rosei, i quali vengono a loro volta spostati con l'ausilio della dritta. < Tuttavia, non si può dire che non sia stato un avversario ostico. Lui, come Kuugo. > Il quale è, però, caduto prima della mente malvagia che ha ordito il piano. < Essere Ninja vuol dire usare le proprie arti, le proprie doti al servizio del Villaggio, qualsiasi sia la Missione, qualsiasi sia la motivazione. Il primo compito resta quello di difendere la propria casa, la quale è casa anche di molte altre persone. > Il tono poc'anzi usato resta comunque vacuo, piatto, senza nessuna particolare modifica in esso che possa lasciar presagire la presenza di qualche sentimento, positivo o negativo che sia. Quel che è di facile comprensione, è che non ama parlare né di sui padre né del suo fedele alleato. In soldoni, l'ultima Guerra non è esattamente l'argomento del quale preferisce parlare innanzi a chiunque, non soltanto davanti ad uno sconosciuto o neo-conosciuto Deshi della Foglia. < L'importante è non correre. Tutti riusciranno a coltivare e a raggiungere i propri obiettivi, ma soltanto con l'impegno del quale necessiteranno anno dopo anno, giorno dopo giorno. > Inspira, socchiudendo le palpebre, cercando di incamerare, assieme all'ossigeno inspirato, anche la calma interiore della quale necessita obbligatoriamente. Lo Yoton, se lasciato allo sbando, pregno e carico di violente emozioni, è distruttivo e, per quanto non le dispiacerebbe sciogliere la testa di Kuugo sulla quale or si trova, è ancor mentalmente stabile e sa che non è esattamente la cosa giusta da fare. < Però, son felice della presenza di alcuni giovani Deshi che voglion proseguire ciò che è stato fatto dagli altri. Superarli, non emulandoli, diventando più forti. > Muove la testolina in un accenno positivo, annuendogli. < Beh, perché non onorare questa scelta? Non vederla come una forzatura, ma magari a tua mamma farà piacere la via che hai scelto. Forse, come dici tu, tuo nonno lo ha fatto per questo preciso motivo. > Cerca di essere a propria volta positiva, per quanto ciò non avvenga sempre in questo modo ed ella stessa sia spesso presa di mira dalla negatività albergante in ognuno di noi. La Katana vien lasciata stare, pendente ancor al fianco della donna. < La sto sistemando. Gliela lasciai sulla tomba per anni, credendo che, se me la fossi tenuta, dopo averlo infilzato ed ucciso con questa, sarebbe tornato a tormentarmi. Credo fosse superfluo perché, nonostante ciò, seppur sia morto e sepolto, a farmi visita è tornato regolarmente. > Lei, d'altro canto, ha semplicemente smesso di andare a trovarlo nell'istante in cui ha recuperato la sua arma e se ne è andata. < Quando mi guardo allo specchio, vedo i suoi occhi. Quando torno a casa e percorro il corridoio della Magione, la sua foto mi tormenta. Quando chiudo gli occhi, mi rendo conto che, probabilmente, il legame che mi unisce a lui non si è mai dissolto del tutto. > Sentenzia, in merito alla domanda da egli posta, alla quale cerca di dare la giusta e sincera risposta. [ Chk On ]

12:32 Raoku:
  [Testa Kyūdaime] Evidentemente ha frainteso le parole di Furaya, forse addirittura sospinto dall'odio che si ritrova inevitabilmente a provare nei confronti di Ryota. La Vomitalava comunque si spiega con calma e maggiore chiarezza, e stavolta Raoku non sembra aver niente da obiettare alle sue parole. Soprattutto quando lei gli espone - sebbene usi un tono apatico, quasi privo di qualsivoglia emozione - la propria idea di ciò che significa essere un ninja: un'ideale molto simile del resto a quello del giovane deshi. Le parole seguenti della Vomitalava strappano invece un vero e proprio sorriso al diciassettenne. <Non so se riuscirò mai a raggiungere anche lontanamente il vostro livello, Furaya-sama. Non sono il tipo abituato a vivere di illusioni> le risponde, rinfrancato però visibilmente dalle parole della consigliera della Foglia. Chinandosi piano, per non esporsi troppo dal margine della testa del Nono, andrebbe a sedersi sul bordo della scultura di pietra lasciando le gambe spenzolare nel vuoto - dal ginocchio in giù - tra i due crani dell'Ottavo e del Nono <sarei sinceramente già soddisfatto di servire il Villaggio con il vostro stesso spirito di sacrificio e di avere il coraggio un giorno di compiere le scelte più giuste, indipendentemente dal loro prezzo> solleva il capo, gli occhi che si perdono per un momento nell'oscurità del cielo puntellato dalle stelle e sferzato unicamente dalla luminosità di quella luna a metà <Mio padre ha sempre cercato di insegnarmi fin da piccolo che uno shinobi non va valutato unicamente dal numero di tecniche che conosce o dalle abilità che mostra di avere, ma dalla consapevolezza che ha dei propri limiti e dalla caparbietà di restare al proprio posto nonostante tutto> le racconta con voce ora pacata, dimentica quasi del dolore e della sofferenza espressa in precedenza, quando l'argomento era quello spinoso e doloroso della guerra <non avrei mai pensato che dicesse sul serio, che avrebbe mantenuto davvero fede a quelle parole>. Torna ad osservare Furaya, visibilmente anche un po' sorpreso da quell'invito a provare ad assecondare la volontà del nonno di vederlo un giorno entrare ufficialmente nel clan <non ci ho mai pensato, Furaya-sama. Ho sempre visto il clan Nara prima come coloro che hanno forzato e sempre messo in difficoltà mia madre per quelle che la sua famiglia riteneva come inadeguatezze, poi come il clan di origine di Ryota> e non serve spiegare di nuovo che quello, certo, non è stato un punto a favore del clan di suo nonno. Al sentirla parlare di sua madre però, l'espressione del giovane si addolcisce, i tratti marcati del volto del diciassettenne paiono quasi ammorbidirsi per un momento, quasi volessero esprimere quella faccia adolescenziale che solitamente sembra aver perso in modo definitivo, forse anche per via di quello che ha passato negli ultimi anni <Lei pensa che mia madre possa esserne contenta, Furaya-sama? Che potrebbe esserne fiera in qualche modo?> il labbro inferiore viene morsicato appena dagli incisivi superiori: un tic quasi inconscio per l'Oshiba, che rilasciandolo si concederebbe un sospiro quasi rassegnato <devo ammettere che la curiosità di capire l'universo del clan di mia madre ce l'ho sempre avuta. Lei non ne ha mai voluto parlare, ha sempre cercato di farmi conoscere il meno possibile anche i suoi genitori e il resto della sua famiglia. Non mi ha nemmeno mai portato, credo, nei quartieri dei Nara> non che lui ricordi almeno, forse è accaduto negli anni in cui lui era troppo piccolo per averne memoria comunque <non so se ne sarei capace però, magari finirei per essere l'ennesima delusione, uno shinobi incapace di controllare la propria ombra come è accaduto a lei> un dubbio legittimo, soprattutto se si pensa che lui conosce ben poco della cultura e delle tecniche dei Nara. Furaya intanto risponde alla sua domanda relativa alla katana del padre, spiegandogli la storia del perché, dalla tomba del traditore, sia finita nuovamente nelle sue mani. E rivelandogli che quel legame, lei, davvero non può reciderlo. <Non posso dire di capire del tutto come si sente, Furaya-sama> ammette, dopo essersi preso alcuni secondi per riflettere sulle parole della donna di cui scorge il volto e lo sguardo illuminati dalla luce lunare <ma credo che abbia dato più volte prova al Villaggio che anche se è inevitabilmente legata al suo nome e non può farci niente, è riuscita a superare l'oscurità di cui suo padre si è macchiato> mantiene le iridi verdi su di lei, le labbra che si aprono in un sorriso sincero <so che magari per lei le parole di un semplice deshi non contano poi così tanto, ma per me lei non rappresenta affatto la figlia di Ryota Nara. Per quanto mi riguarda è un esempio da seguire: è stata in grado di farsi carico di una sofferenza che nessuno della Foglia avrebbe potuto comprendere e l'ha fatto per il bene di tutti> pronuncia questa sentenza con sicurezza e una determinazione tipica forse di chi è ancora troppo ingenuo nei suoi ideali, o forse di chi è saldamente fermo nelle proprie convinzioni. [Chk On][Equip come sopra]

13:18 Furaya:
 Ai sentimenti d'odio verso suo padre lei ci è avvezza, quasi affezionata. Crede che, senza di essi, possa diventare una persona vuota come lo era tanto tempo prima. Ciò che la lega a Ryota, a ben vedere, a voler esser positivi, potrebbe essere proprio questo. L'odio. È cresciuta con il disprezzo verso Kuugo, tramutandosi in odio nudo e crudo quando ha scoperto la verità. È una consapevolezza, la quale non la lascia comunque ancora in pace. < Quando ho deciso di seguire la strada del Ninja, neanch'io pensavo che sarei arrivata ad essere la Gran Consigliera oppure il Capo Clan dei Nara. > È altresì conscia di come il secondo ruolo spetterebbe di diritto ad Azrael, ma non mette da parte l'orgoglio. Ha espressamente dichiarato che farà rivivere il Clan, iniziando con il rimuovere leggi insulse e fuori dal comune, istituite da un uomo spregevole che non aveva nessun rispetto per la vita umana. < Lo speravo. Speravo che un giorno sarei potuta arrivare in alta, ma non mi costellavo di illusioni o sogni. Facevo in modo che quel che facevo venisse fatto al massimo delle mie capacità, volente o nolente. Stringevo i denti innanzi al dolore, non chinavo mai il capo e sfruttavo le mie risorse per salvare la squadra in missione o per abbattere il nemico. Ci sono state perdite, ci saranno sempre. > Spiega alla di lui volta, piegando appena il capo verso la spalla destrorsa. Nota come egli vada sedendosi, ma non dice niente a tal proposito, neanche un avviso, un possibile "stai attento". Non è sua madre e crede vivamente che non abbia bisogno del suo aiuto. Il tono usato resta comunque atono, seppur spieghi nei minimi dettagli il suo ruolo ricoperto sino ad ora con unico obiettivo quello di fargli capire che tutto è possibile. < Mi ci sono voluti anni, ma è naturale. Non è da un giorno all'altro che si migliora e ci si fa un nome. C'è chi se lo fa nel proprio sangue versato, chi invece in quello dei nemici. Chi, ancora, in quello degli innocenti. Io, dal mio canto, ho ucciso, ma era dovuto. Non ho mai ucciso per diletto e mi piace pensare che una persona debba sempre avere una seconda possibilità. > Come gli ha fatto comprendere anche prima, con parole diverse. < È esattamente come diceva tuo padre, infatti. Non bisogna definirsi dalle tecniche possedute, ma dalla caparbietà e dalla voglia di fare. Anche un Deshi potrebbe far tanto per il Villaggio, se solo volesse. > Ne conviene a sua volta con le parole pronunciate dal genitore altrui. < In ogni Clan, ci sono le pecore nere. > Sentenzia, stringendosi nelle spalle. < Nel caso del Clan Nara, sin quando v'era Ryota al comando, coloro i quali non riuscivano ad attivare l'innata venivano cacciati dal Quartiere. Una regola che, fortunatamente, non sussiste oltre. Non sarebbe mai dovuta essere approvata. Tuttavia, è la nostra Famiglia. Inoltre, l'odio per un ex membro del Clan, per un Traditore ormai sepolto, non dovrebbe adesso condizionare le tue scelte. > Non deve lasciarsi trascinare da simili sentimenti, da qualcosa di antico e passato. < Penso proprio di sì. Potrebbe esser un modo per risollevarle il morale. Non ci hai mai pensato? Le parli dei tuoi miglioramenti? > Solleva nuovamente il capo e glissa sul di lui volto, sul quale ne ricerca chissà quale mimica facciale od emozione. Non sa neppure lei cosa voglia in questo momento. < È tuo diritto conoscere la storia del tuo Clan, se lo vuoi. E quando sarà il momento adatto, tenterai anche l'attivazione della tua Hijutsu. Non è detto che, perché tua madre non l'abbia attivata, tu non possa essere l'eccezione. > La pensa in questo modo, cercando sempre di essere positiva in ambiti come questi. Ci prova, ovviamente, per quanto le è possibile esserlo. La sua vita non ha sempre avuto risvolti molto positivi. < Credo che nessuno possa capire realmente come mi sento. Ognuno ha un suo modo di vedere e sentire le cose. > Le di lui ultime parole, invece, la lasciano praticamente esterrefatta. Lei convive con la sicurezza che la gente, quando la guarda, vi rivede Ryota Nara in lei, poiché i lineamenti del volto e gli occhi azzurri son praticamente identici a quelli che lui copriva con un paio di occhialini tondi. Non sa cosa dire e apre e chiude le labbra senza trovare il giusto termine o la frase corretta. Gira il capo verso l'orizzonte, come se non volesse adesso farsi vedere in volto. In gola, il groppo si fa insistente, fastidioso, doloroso. Le lacrime affiorano, ma ella le ritira in dentro, a costo di farsi ulteriormente male, purché non vedano la luce e non possano farsi vedere. Non piangerà, per quanto sia felice di aver sentito dire una frase del genere, non lo farà. Non davanti a lui. Ha una figura da mantenere, come sempre è stato. < ..grazie. > L'unica vera parola che può e riesce a pronunciare è quest'ultima, mentre chiude le palpebre e scuote appena il capo, come a volersi riprendere dalla situazione nella quale ora verte. Quel che spesso non comprende è come piangere possa essere una grandissima soluzione alla maggior parte dei mali, pur di sfogarsi quel minimo. [ Chk On ]

14:04 Raoku:
  [Testa Kyūdaime] Ascolta con attenzione estrema le parole di Furaya, quasi come un allievo tenderebbe a fare con quelle di un sensei particolarmente saggio e avveduto intento a spiegare i fondamenti del proprio nindō. L'odio verso Ryota pare quasi accantonato in questo momento, dopo averlo manifestato in tutta la sua pienezza: quasi lo sfogo di rabbia e dolore di prima fosse stato un modo come per esorcizzarlo definitivamente dai loro animi, o perlomeno da quello di Raoku. Almeno per quella sera, almeno così sembra. Lo sguardo dell'Oshiba segue rapito le movenze delle labbra di Furaya, i tratti del suo volto, l'intensità dei di lei occhi azzurri - che forse gli apparirebbero addirittura più scuri in quella luce soffusa della luna attorniata dall'oscurità della notte - mentre la Vomitalava gli spiega, da kunoichi che ha vissuto tali esperienze da renderla una ninja dalla fama leggendaria nel Villaggio, quella che è stata la filosofia che l'ha guidata nel suo cammino. Seduto così com'è, sul bordo della testa del Nono Hokage, appare davvero come un discepolo in attenta venerazione del proprio maestro. <Non saprei proprio in che modo rendermi utile, al momento> ammette Raoku, che per non interromperla ha aspettato che lei terminasse quel discorso sull'essere ninja e sulle scelte da fare, terminando con l'affermazione che anche un deshi potrebbe fare molto per il Villaggio <a giorni potrei dovermi sottoporre all'esame per il coprifronte, e ancora non ho la più pallida idea di quello che voglio diventare davvero, fino a dove ho intenzione di spingermi e soprattutto fino a che punto potranno mai arrivare le mie capacità> le rivela, la schiena che si distenderebbe leggermente all'indietro inclinandosi sorretta dalle braccia che, con i palmi ben piantati sulla roccia, fungerebbero da sostegno a tutto il busto <ho conosciuto ragazzi in Accademia che sembrano sapere già quale sarà il loro cammino nel mondo degli shinobi, che sono già pienamente consapevoli del loro posto fin da quando otterranno il grado di genin. Io, francamente> sospira <non lo so proprio, non riesco a nutrire un'ambizione vera e propria. Fino a poche settimane fa, non avrei neppure mai immaginato di poter studiare per diventare un ninja, e da che ricordo è il mio sogno è sempre stato questo, niente di più> ammette, per poi puntare nuovamente lo sguardo sul volto di Furaya <e se poi mi rivelassi un fallimento nel mio stesso credo, se non fossi in grado di assumermi quelle scelte e quelle responsabilità che mi sono prefissato come esempio?> è un dubbio questo che evidentemente lo attanaglia, anche se la domanda potrebbe pure apparire retorica: non lo è affatto, e la pausa che ne segue lo evidenzia, come se attendesse una risposta che chiarisca queste ombre che gli guastano i pensieri. Torna poi ad ascoltarla quando parla del clan, del tentativo che secondo lei dovrebbe fare per inserirsi nella cerchia dei Nara. <Parlarle?> mormora poi, quando lei gli chiede del suo attuale rapporto con la madre. A Raoku sfugge una risatina un po' mesta <non l'ho più vista, Furaya sama. Non ho ancora messo piede nei quartieri dei Nara, men che meno nella residenza dei miei nonni materni dove sta lei adesso> le rivela, lo sguardo che si abbassa un po' adesso, fissando il vuoto con un'espressione forse un po' colpevole dipinta in volto <non ne vado fiero, ma ho paura di rivederla, di vedere la preoccupazione sul suo volto nell'apprendere che ho davvero intrapreso questa strada da cui lei ha sempre tentato di trascinarmi lontano> per preoccupazione che finisse ucciso come il padre, perlopiù, ma questo non lo dice e forse nemmeno lo sa, dato che il motivo principale per cui non ha frequentato l'Accademia è stato per il dover accudirla durante il suo deperimento fisico e psicologico. Si prende qualche secondo di pausa, come riflettendo su quello che realmente prova nei riguardi della madre <la verità, Furaya-sama, e me ne vergogno, è che per la prima volta in tutti questi anni mi sento libero. E temo che se dovessi rivederla e non fossi pronti, finirei nuovamente per cederle la mia stessa libertà come ho fatto da quando è morto mio padre> dà voce finalmente a quello che è un incubo recondito, un timore vibrante che alberga in lui e, evidentemente, lo fa pure stare piuttosto male. Non è lui però a piangere, bensì a sfiorare le lacrime è Furaya nel sentire le parole che lui le dice quando si torna a parlare del legame tra lei e Ryota: parole pronunciate con quella determinazione forse tipica degli ingenui ed idealisti, ma che proprio per questo non presentano dubbi sulla loro sincerità. Lui la osserva, avendo rialzato lo sguardo su di lei e mantenendo le iridi ferme sul suo volto, e non può non notare come qualcosa nei suoi tratti cambi: non può certo conoscere i suoi pensieri e ciò che la smuove in quei momenti, vede soltanto la Vomitalava chiudere gli occhi, scuotere il capo come in un cenno di diniego, mormorare quel semplice "grazie" in risposta alle sue affermazioni. <Non deve nemmeno pensarci, Furaya-sama> replica Raoku, muovendo leggermente il capo da una parte e dall'altra in un retorico diniego atto a sottolineare le proprie parole <non può davvero immaginare l'onore che è stato per me potere incontrarla qui, questa sera. Non avrei mai neppure immaginato di potermi aprire con lei in questo modo...> ammette, ripensando a quanto in effetti le ha rivelato di se stesso e della sua storia. [Chk on][Equp. come sopra]

14:45 Furaya:
 Silente, continua ad ascoltare ciò che Raoku pronuncia alla di lei volta. < E se lo scoprissi con l'esame Genin e la tua promozione? > Propone, seppur non sia una domanda così pregna di significato come le altre poste e alle quali ha risposto sino a questo momento. < Inizialmente, segui l'Accademia perché te lo hanno imposto oppure perché è l'unica via che conosci con la quale proseguire la tua via. Altri, invece, hanno la consapevolezza di voler diventar qualcuno un giorno ma, al tempo stesso, non è detto che loro riescano. > Non sempre avere le idee ben chiare vuol dire riuscire in quel preciso contesto. < Anche chi non ha un sogno fisso in mente, non sa cosa fare ancora della sua vita, avrà probabilmente soltanto bisogno di una spinta in più. > Può essere e, come durante tutto questo discorso, vuol provare ad essere propositiva e sicura di quel che dice, almeno su queste precise dinamiche. Lo lascia parlare fintantoché sarà necessario, senza interromperlo per nessun motivo. Ogni singola parola viene ascoltata e memorizzata dalla giovane Nara, la quale si sta già facendo una presunta idea su quel che gli dovrà rispondere e su cosa esattamente dire. Anche quando passa da un argomento come l'Accademia e l'Esame Genin alla visita che potrebbe fare alla madre, ella tace. Aspetta soltanto che possa dirle tutto quel che ha da tirar fuori, per poter far un discorso unico e rivolto al totale. < Ascolta.. > Inizia, cercandone or l'attenzione diretta assieme allo sguardo. Vuol esser chiara, concisa e diretta al tempo stesso. < ..perché non torni al Quartiere Nara? Perché non leggi o non ti fai raccontare la storia del nostro Clan? Torna al Quartiere Nara con me, sotto la mia ala, come mio Allievo. > La sua proposta è esattamente questa: chiedergli di seguirla come Allievo. Ogni Consigliere, a detta dell'Hokage, dovrebbe averne almeno uno e, finora, non ha trovato nessuno veramente degno di poter esser seguito o che, quantomeno, abbia sviluppato in lei una necessità simile, pur di non lasciarlo scappare. Necessita di qualcuno che lo segua, che lo aiuti, specialmente se ambedue hanno gli stessi pensieri, il modo di vedere le cose e, specialmente, probabilmente il punto più cruciale e fondamentale, provano lo stesso odio viscerale per qualcuno che ha distrutto le loro vita sin da quando erano soltanto dei bambini. Si sente molto vicina a Raoku, in questo momento, per via dei sentimenti, delle parole che entrambi si sono scambiati, aprendosi l'uno alla volta dell'altra, come se si conoscessero da una vita. < Non devi sentirti in colpa per qualcosa che non avresti saputo affrontare. Tuttavia, prima o poi, il passato torna e si mescola al presente. Prima di poter proseguire oltre ed andare verso il futuro, devi per forza valicare questo ostacolo, affrontandolo. Medesima cosa per tua madre. Non credo ti odi né che possa provare del rancore verso di te, ma non è un bene neppure rompere il legame, il rapporto che vi univa. Ha cercato di difenderti, in qualche modo, tenendoti all'oscuro della storia del Clan e del resto. > Come da egli specificato sino ad ora, lungo tutto il discorso che ambedue hanno tenuto. < Finora, non ho mai proposto a qualcuno di diventare mio Allievo. Forse ad un'altra singola persona, ma non ha mai funzionato e quella persona ormai è andata via. Sei l'unico con il quale io sia riuscita ad aprirmi senza conoscerti, a parlarti a fondo di quello che dentro sento, quando finora neppure con i miei amici più fidati v'ero riuscita. Penso che sia un legame da non lasciar andare, che possa ancor svilupparsi. E tu, d'altronde, sei un Nara che non ha mai visto il Quartiere. Torniamoci assieme, anche adesso se ti va. > Non distoglie neppure per un secondo gli occhi dal di lui volto, aspettando soltanto una possibile risposta da parte di questi che possa esser questa positiva o negativa. Non le importa. Lei ha semplicemente avanzato una richiesta che, spera, possa venir accolta. Altro da dire non ha, motivo per il quale tace, inspirando lentamente. Il cuore aumenta lievemente i battiti, ma esternamente appare perfettamente calma. [ Chk On ]

15:42 Raoku:
  [Testa Kyūdaime] Furaya si dimostra molto più saggia di quello che i suoi 25 anni potrebbero lasciare intendere: è una donna giovane, eppure quello che ha vissuto e le esperienza che ha coltivato come figlia disillusa e come kunoichi, capo-clan e poi consigliera della Foglia l'hanno portata ad avere una maturità degna di un Sannin. Le perplessità, i dubbi che Raoku le esprime riguardo le nubi che vede sul proprio cammino ora che si accinge a compiere l'esame da genin lei le spazza via, rasserenando il suo orizzonte, con la naturalezza di chi forse l'ha compreso più a fondo di quel che è dato sapere. Non gli fornisce certezze vaghe e fumose che poi potrebbero trasformarsi rapidamente in illusioni, semplicemente spazza via quelle paure che rischiavano di compromettere la visuale del diciassettenne verso l'orizzonte che gli si para davanti con il coprifronte: un orizzonte forse addirittura più vasto di quel che si immagina, e proprio per questo tutto da scoprire anche e a maggior ragione se adesso non ha le idee chiare sul suo futuro. <...> Raoku rimane praticamente folgorato da questo suo dire, che gli fornisce un punto di vista diametralmente differente rispetto a quello intorno al quale in questi ultimi giorni sembrano essersi arrovellati i suoi pensieri come un intrico di fili intorcigliato: ma, come in ogni buona matassa, basta trovarne il bandolo e tirare per sciogliere il nodo. <...non l'avevo mai vista in questo modo, pensando più alle prospettive che ai limiti di non avere un piano predefinito per il mio futuro> non fatica ad ammetterlo, dopo che lei ha terminato di parlare. È chiaro ed ormai evidente che, in maniera del tutto inconscia, sia scattato qualcosa nell'animo dell'Oshiba: senza neppure rendersene conto, stanno parlando da diverso tempo lì, seduti l'uno davanti all'altra alla sola luce di metà luna, lui conoscendola inizialmente soltanto di fama, lei ignorando addirittura il nome del ragazzo dai capelli corvini che si ritrova di fronte. Non sa cos'è e neppure se lo chiede, semplicemente - e senza accorgersene, senza soffermarcisi neppure a riflettere - avverte come naturale il potersi aprire con lei. Non con la gran consigliera di Konoha, non con la kunoichi leggendaria che ha ucciso Ryota Nara, non con la temuta Vomitalava capoclan dei Nara. Con Furaya Nara in quanto persona che, di pari passo, si è aperta con lui, mostrandogli un aspetto che - nell'immaginario mitologico in cui ha sempre posto individui come lei, Azrael e il Nono Hokage - ignorava completamente: la fragilità, e la determinazione di fare di questa fragilità interiore il proprio punto di forza, il motore del proprio credo ninja. Ecco perché gli sorge spontaneo anche parlarle della madre, delle sue paure di rivederla, di affrontare quel clan che a lungo ha visto come un'ombra sul destino della progenitrice, del padre e di tutta la sua famiglia, quel clan che ha visto più come una chimera da temere e tenere a bada che come una famiglia pronta ad accoglierlo. Anche per questo le parole di Furaya e quella sua proposta di diventare suo allievo lo colgono completamente alla sprovvista, sorprendendolo come un pugno alla bocca dello stomaco in grado di mozzarti il fiato. Rimane in silenzio Raoku, la ascolta, assimila ogni sua parola: gli occhi verdi, sbarrati dallo stupore, sono fissi sul volto della consigliera della Foglia che intanto si pronuncia dapprima tornando sul rapporto tra lui, la madre e il clan, e poi sul perché gli ha presentato quell'offerta a dir poco allettante per non dire unica nel suo genere. E la testimonia lei stessa l'unicità della cosa, assicurandogli di non aver mai chiesto a nessuno - se non una rara e a quanto pare poco fortunata eccezione - di fare quel passo e porsi sotto la sua ala. Difficile descrivere il tumulto di sensazioni che in quel momento invadono l'Oshiba: lo stupore la fa certamente da padrone, spandendosi anche alle labbra che si dischiudono senza emettere alcun suono, probabilmente solo a caccia di un refolo d'aria, prima di richiudersi, riscoprendosi completamente secche ed asciutte, la saliva ormai un raro ricordo addensato in un groppo in gola impossibile da mandare nè giù nè tantomeno su, ma bloccato all'altezza del pomo d'Adamo che risulta incollato alla trachea. Un brivido leggero gli percorre la schiena accaldata e le braccia, e non è legato per niente alla bava di brezza che spira lieve come un refolo sul Villaggio: è più intenso, più intimo, come una vibrazione impercettibile ma pungente sotto pelle. Lo stomaco ridotto ad un pugnetto, il diaframma non più pervenuto e i polmoni che quasi in uno spasmo continuano silenti ed ignorati il loro lavoro di areazione alle cellule del suo corpo, Raoku non risponde subito alla Vomitalava. Misto all'emozione preponderante, alla sorpresa e alla voglia di accettare senza battere ciglio, c'è forse anche la paura di deludere le aspettative, il terrore di non essere pronto a quell'incontro con la madre e con il clan, la necessità di capire se questo è davvero il suo destino, se può rappresentare la strada da percorrere nel suo cammino nel mondo degli shinobi. Si prende alcuni secondi, lasciando permanere un denso silenzio tra di loro. Infine un sorriso increspa le sue labbra, gli occhi si abbassano. Ritira le gambe al di sopra del bordo, fa perno sui palmi delle proprie mani e lentamente torna ad ergersi in piedi, stando ben attento a dove posiziona le proprie suole onde evitare un capitombolo fatale giù dal dirupo. <Questa sua offerta mi onora più di ogni altra cosa al mondo> si pronuncia infine, la voce che nonostante i suoi tentativi di contenersi tradisce le vibranti emozioni, talvolta pure contrastanti, che sembrano sconvolgergli l'animo in questo momento. Il cuore batte a mille nel petto del diciassettenne, se non fosse contenuto nella cassa toracica probabilmente avrebbe già attraversato tutta la Regione del Fuoco per i balzi da circense che sta compiendo. <Però...> prosegue Raoku, tenendo lo sguardo basso, come a voler riflettere ancora un istante sulle parole che sta per pronunciare <...non tornerò con lei nei quartieri dei Nara stanotte. Non mi fraintenda: qui, stasera, mi ha offerto qualcosa che non mi aspettavo e che, sinceramente, non so ancora se meritare. Non può veramente capire cosa stia provando in questo momento, nemmeno riesco ad immaginare di spiegarglielo> le confida, il sorriso che si allarga ancora un altro poco, un accenno ulteriore che inarca verso l'alto le rosee del diciassettenne mentre le palpebre si chiudono, come se assaporasse quell'istante <prima di poter accettare consapevolmente la mano che mi sta tendendo, voglio riuscire a capire io stesso se davvero valgo un simile onore. Come mi ha detto lei stessa, forse lo capirò mettendomi alla prova e adesso ne ho l'opportunità affrontando l'esame da genin> inspira profondamente, alzando adesso il volto sulla kunoichi di fronte a lui, le iridi verdi che tornerebbero a fissare, con la stessa determinazione con cui le ha esposto la sua ammirazione poco prima, gli occhi azzurri della consigliera <il mio nome è Raoku Oshiba e verrò da lei, nei quartieri dei Nara, solo dopo aver conquistato il mio coprifronte ed essere diventato in tutto e per tutto uno shinobi, pronto ad intraprendere il mio cammino in questo mondo> le assicura, la voce che non sembra incrinarsi seppur, sottesa, si senta ancora la commozione per quell'attestazione di stima e vicinanza ricevuta dalla donna <fino ad allora, le chiedo soltanto di aspettarmi e di ricordarsi il mio nome...> le sorriderebbe adesso, senza scostare lo sguardo dai suoi occhi, per poi eseguire un breve inchino nei suoi riguardi <...verrò presto a cercarla, Furaya-sensei...>. Definendola tale - e lasciandole intendere forse, se saprà coglierlo, molto più di quanto è stato capace di esprimerle con il proprio parlato - si volterebbe e di gran lena si allontanerebbe verso la scalinata diretto probabilmente verso casa. Anche se è abbastanza certo che difficilmente riuscirà a riprendere sonno, e che il motivo stavolta non sarà attribuibile all'afa di Konoha. [END]

16:54 Furaya:
 In silenzio. La lieve brezza notturna ne smuove ancor gli abiti e i capelli rosei, lunghi sino a metà schiena. La investe, ne carezza il volto e tanto basta per farla rasserenare quel minimo per proseguire nella discussione attuale con l'Oshiba. O con il Nara. Questo, ovviamente, sta a lui. Le sensazioni, il tumulto delle stesse, vien avvertito anche dalla donna, dentro il suo petto. Non sa se sarà in grado di farlo, però ha dovuto, ha voluto chiedere e proporglielo. Ambedue restano in un silenzio tombale, interrotto dal frinire dei grilli nei dintorni, dai pochi e piccoli rumori della notte, ma niente di veramente fastidioso o che arrechi loro fastidio. Non pronuncia altro verbo fintantoché l'altro non le rivolgerà un consenso o un diniego. < S-Senti se- > Inizia a parlare, ma l'altro la interrompe cominciando a sua volta a farlo. Permane con le labbra socchiuse, non sapendo esattamente cosa fare. E se non accettasse? Eppure proprio lei, poco fa durante tutto questo dialogo, ha cercato d'esser quanto più propositiva e positiva del solito. In verità, quel che dice non sempre vien portato a compimento, non sempre vien seguito da lei stessa. Cerca di dare aiuto agli altri, senza mai pensare prima a se stessa e a come possa stare. E' negativa di suo, nel suo io personale, per quanto invece cerchi sempre d'esser l'opposto con gli altri, pur di non far pesare loro la propria condizione. Solleva ed aggrotta le sopracciglia verso il centro della fronte, poiché le di lui affermazioni, inizialmente, le danno esattamente un sentore negativo. Contrariamente a quanto pensato fino a questo momento, il ragazzo le fa sol capire che non è questo il momento esatto. Infine, non fa altro che muovere il capo in un gesto affermativo, annuendo alla di lui volta. Acconsente, praticamente, a tutto ciò che il ragazzo le sta proponendo. < Ci sto! > Esclama con un sorriso ben più genuino che si fa spazio sul di lei volto, allargando gli angoli delle labbra e mostrando anche i perfetti denti bianchi, ben allineati. < Ti aspetterò al Quartiere Nara non appena avrai avuto il tuo Coprifronte. > Sentenzia, muovendo la testolina nuovamente, convinta di quel che dice e di ciò che ha sentito venir pronunciato da quegli. Si rialza a sua volta in piedi, piegando le gambe e raddrizzandole nel ritrovar la giusta posizione. < Abbiamo un patto, allora. > Gli sorride, osservandolo andare via. < Non tardare e buona fortuna con il tuo esame. Dimostra loro cosa sai fare! > Un incentivo, un modo come un altro per far il tifo per il ragazzo. Sommariamente, da una discussione nata con il disprezzo, è uscito fuori un accordo interessante e piacevole da ambo le parti. La Consigliera è decisamente contenta di aver fatto una simile proposta all'Oshiba, motivo per il quale resterà ancor lì a respirar l'aria pura e pulita della notte, prima di dirigersi a propria volta verso la dimora che la ospita, nel Quartiere Nara. [ END ]

Sul Monte dei Volti, Furaya e Raoku s'incontrano per caso. Lei inveisce contro la testa dell'Ottavo, sicura di come non dovrebbe star più lì, mentre lui è lì per osservar Konoha dall'alto. Ne nasce una discussione piuttosto accesa su Ryota Nara e Kuugo Gaito, la quale termina con un proposta particolare da parte della Consigliera: chiede all'Oshiba di diventare suo Allievo.