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Shogi - A te la mossa

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con Azrael, Kaori, Jin

16:08 Kaori:
 Finita la lezione, Kaori si è diretta al fianco del giovane Nara verso un posto tranquillo e silenzioso dove poter richiedere l'intervento di Azrael per quanto ha pensato di fare. Ritiene, infatti, che il Dainin sia la persona perfetta per affrontare col ragazzo una conversazione di carattere etico e morale sul sentirsi diviso a metà fra il dovere da ninja e le emozioni da uomo. Quanto ha vissuto con sua madre è un caso perfetto per la domanda che il ragazzino le ha posto, per esempio. Inoltre -lui che era un ANBU sebbene questo non sia di dominio pubblico - sente ancor più stretta la morsa della giustizia sul proprio animo. A passo pacato la giovane percorre le vie di Konoha ritrovandosi a salire la scalinata in ferro che, dalla base del monte, conduce alla sua cima, volgendo il capo alla volta del biondo. < Spero che la lezione non sia stata troppo noiosa. Il primo giorno è sempre il più pesante. Ma le prossime saranno più divertenti. > tenta di dire per smorzare il silenzio altresì teso fra loro. Il ragazzo si è dimostrato piuttosto promettente e non ha dubbi che anche Azrael potrà notare queste sue capacità da una semplice chiacchierata con lui. Si augura solamente di non contattarlo in un momento problematico: non desidera dargli fastidio o disturbarlo. Eccola dunque raggiungere la cima del monte con i lunghi capelli viola a ondeggiare al vento assieme ai bordi dell'haori bianco che le copre le spalle. Corsetto nero e pantaloni del medesimo colore completano la figura al di sotto, assieme ad una cintura color pece e stivali bui alti al ginocchio. Il coprifronte di Konoha è legato attorno alla gola mentre una tasca porta oggetti pende alla cintura dietro la schiena. < Allora, vediamo un po'... > mormora lei sorridendo assottigliando lo sguardo. "Azrael?" tenterebbe di inviargli quel messaggio mentale non sapendo se il Nara sia in ascolto oppure no. "Mi senti? Avrei bisogno di vederti, potresti raggiungermi? Un giovane Nara conosciuto durante una lezione in Accademia avrebbe delle domande alle quali penso saresti la persona perfetta per rispondere." aggiungerebbe sperando che l'altro sia in ascolto. [ Chakra: on ]

16:36 Jin:
 <Uff... Anche questa è fatta> Dice espirando il giovane Sanjuro. La lezione si conclude con una prova di abilità davvero magistrale. Riesce a nascondersi persino alla vista dal suo compagno di squadra, concentrato per percepire l'impercettibile. Soddisfatto della sua prova, è pronto per lo scambio di ruoli, quando la campanella tradisce l'entusiasmo e lo tronca, sancendo la fine della lezione. La sensei non tradisce la promessa fatta poco prima e invita il biondino a seguirla. Il giovane risponde con un sorriso di rimando e la segue senza battere ciglio. Non è mai stato così attivo. Segue la Hyuga in ogni orma del suo cammino, mantenendosi sempre leggermente alle sue spalle e premurandosi di non superarla per non mancarle di rispetto. Ha letto svariati libri sul galateo e non se ne vergogna. Usciti dall'accademia, il giovane si lascia guidare dalla donna senza aprire bocca. Si limita solo a pensare: "Chissà chi dovrò incontrare. Sarà un filosofo? Uno storico? Spero non sia troppo borioso." Ricolmo di speranze, il giovane non nota minimamente cosa lo circonda, ignorando addirittura il percorso compiuto. Mille pensieri gli affollano la testa ornata dai capelli biondo-cenere. L'unica azione che compie è quella di aggiustare il vestiario alla meno peggio, per non apparire disordinato a chiunque sia il futuro interlocutore. Aggiusta, passandovi sopra i palmi delle mani con forza, il gilet verde militare, per stirare le pieghe più grossolane. Esegue la stessa operazione per la maglia nera sottostante al gilet e, per quanto riguarda i pantaloni neri lunghi fin sotto al ginocchio, si limita ad alzarli per non lasciare scoperto il fondoschiena. Solo una volta finito di sistemare il look, continuando a camminare, riesce a capire dov'è arrivato, tramite il senso del tatto. Tocca infatti la ringhiera della scala in metallo che porta in cima al monte dei volti di pietra. "Cavoli! Abbiamo fatto tutta questa strada?" Dice fra sé e sé, sorpreso dell'attività fisica fatta, che forse supera tutta quella compiuta in una vita. Sale le scale seguendo il ritmo scandito dalle suole della sensei sul ferro della scalinata. A rompere il ritmo è proprio la voce della donna che, probabilmente imbarazzata dal silenzio che il giovane Nara sta mantenendo da un po' troppo, ormai, si trova costretta ad estrarre un argomento dal cilindro del più e del meno. Distratto dal volo pindarico sul futuro imminente, il giovane dai capelli biondi si volta verso la Hyuga, rivolgendole un sorriso quasi rassicurante. <Ma no! Non lo dica nemmeno per scherzo. È stato giusto un po' pesante l'accumulo di informazioni. Però il discorso che abbiamo iniziato e che ci ha portati qui, vale tutto il tempo speso...> Dice con un leggero fiatone, dovuto alla salita lungo la rampa di scale. Arrivano in cima dopo pochi secondi, giusto in tempo per permettergli di prendere un respiro e continuare il panegirico. <...A proposito, volevo ringraz...> Sente giusto un brusio provenire dalla donna, senza poter distinguere esattamente cosa stia dicendo. <Ha detto qualcosa?> chiede sornione il ragazzo, un po' incuriosito dal comportamento della donna, che sembra concentrarsi per un motivo ancora, a lui, ignoto.

16:54 Azrael:
 A casa sua, in questo omento, il Dainin delle ombre se ne sta a disegnare, scrivere, suonare il piano e qualunque altra attività che possa dar sfogo alla sua creatività ed estro. Ed ecco che una voce gli si insinua nella mente. Una voce che aspettava d’ascoltare, di cui ha frugato i pensieri per tutta la mattinata, senza mai invaderla con la propria, ma restando unicamente in contatto con lei, con la sua Musa ispiratrice. “Uh, Kaori. Non stavo assolutamente spiando.” Le risponde, tramite il sigillo dell’empatia che la Jonin ha impresso sulla nuca, che consente loro di poter stabilire una comunicazione unica, basata unicamente sulle reciproche menti. E lei gli parla di un ragazzino, una nuova promessa conosciuta in Accademia quella stessa mattina. Un vago sorriso gli aleggia sulle labbra, nell’atto di lasciar cadere il carboncino sulla carta bianca su cui sono vergate linee vaghe, che rappresentano un paesaggio tipico di Konoha: le Cascate dell’Epilogo. Ma quello è solo il suo disegno, la sua espressione artistica. La sua destinazione non è un luogo preciso, ma una persona in particolare. “Arrivo immediatamente.” Le comunica ancora, prima di sollevarsi, prendere il suo haori ed infilarlo sulle spalle e portare la mancina al petto nel mezzo sigillo della capra. Il proprio chakra, impastato e come sempre pronto a servire qualunque pensiero dello shinobi, andrebbe a fluire impetuoso lungo il keirakukei fino agli tsubo. Punti di fuga che verrebbero aperti per permettere alla cerulea energia vitale di ricoprirlo completamente. Ogni ansa, ogni piega ed ogni curva verrebbe ricoperta in maniera uniforme da quella patina etera. Prenderebbe un profondo sospiro, calando le palpebre sugli occhi d’onice per collegare il proprio cerebro a quel sigillo posto sulla sua Kaori, ovunque ella sia. Ed ecco che, con un semplice battito di ciglia, si ritroverebbe accanto a lei. Il folto crine corvino viene smosso dal vento, perfettamente spettinato come al solito, il volto diafano e ben curato riporta quell’accenno di barba triangolare a decorargli il mento. Il torso coperto da una camicia bianca in lino i cui primi due bottoni a partire dall’alto sono slacciati a lasciar intravedere le candide bende che gli stringono i pettorali e la parte alta dei bicipiti. Le gambe fasciate in un paio di pantaloni in tela neri, retti in vita da una cintura di cuoio la cui fibbia metallica riporta inciso il simbolo del clan a cui appartiene con tanto orgoglio e tanta fierezza. I piedi alloggiano in un paio di scarpe nere in pelle dal taglio classico, il cui tacchetto basso risuiona sulla pavimentazione di pietra. Sulle spalle è appoggiato il lungo haori nero i cui bordi ed i kanji – recanti il nome del Villaggio della Foglia – sono cuciti con una trama argentea. Gli occhi scuri si soffermerebbero immediatamente sulla figura della Hyuga, rivolgendole un ampio sorriso che snuda la candida dentatura e che resta stanziato sul di lui viso per qualche istante, prima di fargli prendere la parola < Eccomi qui. Scusami se ci ho messo tanto. > Allungherebbe la mancina per carezzarle la guancia, prima di lasciarla cadere mollemente lungo il fianco e rivolgersi al biondo che – naturalmente – avrà qualcosa da dire sul fatto di averlo visto comparire all’improvviso, dal nulla, come se si fosse teletrasportato. [ Dislocazione Istantanea | Chakra ON ]

17:20 Kaori:
 Sì, la prima lezione è sempre molto... "carica", può perfettamente comprendere quanto il ragazzo le riferisce, andando a sorridergli con tranquillità mentre un alito di brezza fresca le smuove la chioma. E' una bella giornata ed il sole caldo di questo principio d'estate viene di tanto in tanto coperto per pochi secondi da qualche nube passeggera che tiene in ombra parte delle strade. < Sì, è un inizio un po' pesante ma te la sei cavata bene. Non molti deshi sono promettenti come te. > rivela la ragazza rivolgendogli lo sguardo, distendendo appena le labbra in un sorriso incoraggiante. < Anche il ragazzo con cui ti sei esercitato, Ryosei, sembra piuttosto portato. > Sebbene paia avere qualche tipo di difficoltà di livello più intimo e personale che la ragazza non è riuscita esattamente a comprendere e/o identificare. Mentre lei va tentando di contattare Azrael, Sanjuro si interrompe osservandola con fare incuriosito portando Kaori a scuotere appena il capo. < No nulla, nulla. Cosa stavi dicendo? > gli domanda tranquilla udendo poco dopo la voce di Azrael riverberarsi per la propria mente, ritrovandosi d'improvviso a mostrare un nuovo sorriso ben più caldo e assorto sul volto, una espressione che probabilmente il giovane Sanjuro non saprà spiegarsi. "Ah no? Devo crederti?" persino i suoi pensieri ridacchiano nella mente del Nara, per poi attendere, semplicemente, il suo arrivo. E' contenta di sapere che l'altro è libero ed ha del tempo per lei e, soprattutto, è felice all'idea di poter fare questa piccola sorpresa al giovane biondino. Chissà che emozione deve essere per lui ritrovarsi, così d'improvviso, ad un metro scarso di distanza dal leggendario Azrael Nara. < Sta arrivando. > ridacchia Kaori osservando incuriosita il viso del ragazzo prima che, in uno sbuffo di vento, la figura del Dainin appaia silenziosa al suo fianco. Le iridi perlacee di lei ne ricercano immediate lo sguardo mentre il moro le offre quella carezza che le scalda i lineamenti del volto. < Meglio tardi che mai. Per fortuna Sanjuro-kun ha reso meno insopportabile la lunga attesa. > scherza riferendosi ai tempi eccezionalmente rapidi di movimento del Nara. Solo a questo punto tornerebbe ad apporre lo sguardo sul biondo per rivolgergli una espressione complice e d'intesa. < Bene. Eccoci qui. Azrael, lui è Sanjuro Nara, suppongo, a giudicare dai simboli sulla tua giacca. > osserva la ragazza puntando or ora le iridi sul logo Nara cucito sul suo giubbotto verde. < Sanjuro, lui è Azrael Nara. Beh, già sai. > ridacchia Kaori scuotendo appena il capo, ben conscia dell'attitudine di quest'ultimo a far vanto dei titoli che accompagnano solitamente le sue presentazioni. < Ed io penso che ora vi lascerò discutere. > aggiunge poco dopo stringendosi nelle spalle, alzandosi sulle punte per tentare di lasciare sulla guancia del Nara un piccolo bacio ricolmo di tenero affetto. < Trattalo bene, mh? > sorride a bassa voce tornando con le suole opportunamente sul suolo, rivolgendo infine al biondo un occhiolino divertito. < Se fa qualcosa di male vieni pure a farmi rapporto. > ridacchia, allegramente, per poi sollevare una mano ed agitarla in segno di saluto verso entrambi i ninja dell'ombra nel suo lento incedere verso i gradini inferiori della lunga scalinata. [ END. Sì. Alla seconda azione. MPF. ]

18:00 Jin:
 Si crogiola nei complimenti della sensei, beandosi nella speranza che non lo dica a tutti gli allievi. <La ringrazio, Kaori-Sama. Faccio quel che posso.> Dice in un motto di falsa modestia. È andato bene e lo sa. Non vuole apparire troppo spavaldo per non incappare nella seccatura di un'eventuale ramanzina tipica delle persone che ricoprono quel ruolo. Non è sicuro che la Hyuga sia avvezza a ramanzine e simili, in realtà. La vede diversa da ogni tipologia di sensei mai immaginata. Molto più materna, quantomeno dal poco che ha potuto ammirare. Poco dopo è come se si alienasse un po', concentrandosi su qualcosa di esterno al luogo. La vede sorridere sognante, senza un apparente motivo. <Sta bene?> Chiede il giovane, sempre più preoccupato dallo strano comportamento della donna. D'un tratto, qualcosa sembra sconvolgersi. Una folata di vento improvvisa porta il giovane Sanjuro a coprirsi il volto con l'avambraccio destro, per evitare infiltrazioni di polvere nei seni nasali o nei dotti lacrimali. La folata di vento, lascia repentinamente spazio ad un'atmosfera calma, decisamente innaturale, che consente al giovane di abbassare nuovamente il braccio destro lungo il corpo. Ciò che si presenta alla sua vista ha del paranormale. D'altronde, ha poc'anzi visto smaterializzarsi un kunai in una semplice nuvoletta di fumo. Davanti a lui, accanto alla Hyuga, è apparsa una figura maschile, alta, ma ancora poco visibile a causa dell'incredulità del biondino, portato a sgranare gli occhi sorpreso. Man mano che il tempo scorre, dopo pochi secondi, la visione della figura diventa sempre più definita. E ciò che gli si para davanti lo lascia sempre più in stato di shock. Se la vista non lo inganna, l'uomo che si trova di fronte è Azrael Nara! Lo riconosce dalle inconfondibili fattezze. Sanjuro resta pietrificato per qualche secondo, alla visione di quel potentissimo ninja a circa un metro da lui. In questo momento, nemmeno il suo alto Q.I. è in grado di suggerirgli alternative diverse e meno epiche, come ad esempio uno scherzo ordito ad arte, con un utilizzatore molto abile nella tecnica della trasformazione. Non gli interessa, anche quando dovesse trattarsi di uno scherzo ordito a regola d'arte, vuole cascarci. Shockato sia dalla figura, sia dal modo in cui è apparsa, il giovane si limita semplicemente a proferire delle timide parole. <Az...Rael-S...Sama?> Proferisce, squadrando l'uomo nella sua interezza. È conscio che fissare le persone non sia esattamente il migliore dei comportamenti del galateo ninja - nemmeno di quelli normali, in realtà - ma il timore che quell'uomo incute e l'autorevolezza della sua espressione, non gli permettono di fare altrimenti. L'unica cosa che gli permette di staccare gli occhi dalla figura dell'uomo, è proprio la fibbia della cintura di questo, esattamente recante il simbolo del clan Nara, quello che lui porta ricamato sul taschino destro del gilet verde militare. Deglutisce nervosamente, spostando lo sguardo dal taschino destro del suo gilet alla fibbia della cintura dell'uomo. Non ha dubbi, è proprio lo stesso simbolo. Quel gilet è appartenuto al nonno materno mai conosciuto, di cui non conosce nemmeno l'identità. L'uomo si espone immediatamente verso la Hyuga, mutando la sua espressione seria in una quasi solare, alla visione della donna, per poi scusarsi del "ritardo" e carezzarle il volto. "Oh, eccoci arrivati nel mondo dei grandi" commenta sarcasticamente tra sé e sé il giovane deshi. La donna passa alle presentazioni formali, introducendo i due. Beh, in realtà introduce solo il biondo. Azrael Nara non ha bisogno di introduzione alcuna. <S-s-sono Sanjuro. Poterla conoscere è un onore.> Dice il giovane, portando lo sguardo da terra ad Azrael e poi a Kaori, cercando una sorta di conforto. La Hyuga, in tutta risposta, afferma di voler lasciare soli i due Nara a parlare. Sanjuro vorrebbe fermarla, vorrebbe chiederle di restare più di ogni altra cosa. Ha un leggero timore reverenziale verso quell'uomo, che può essere placato dall'animo gentile della donna, dalla quale è visibilmente attratto. Congedandosi con un leggero umorismo, ricevendo in risposta un sorriso nervoso da parte del biondo giovane, la donna si allontana scendendo per la scalinata. <Come dicevo, Azrael-Sama, per me è un onore poterla conoscere. Quando Kaori-Sama mi ha detto che avrei potuto discutere sui miei dubbi sulla dualità Ninja-Uomo con una persona adatta, non avrei mai pensato di...> Si ferma, preoccupato di star sproloquiando. Preferisce fermarsi e attendere una risposta dal suo speciale interlocutore. Ne approfitta per tornare quanto più possibile in sé, prendendo un profondo respiro.

18:46 Azrael:
 Viaggia con lo sguardo attorno a sé per qualche breve istante. Una delle cose negative, quasi collaterali, della Dislocazione è che no hai mai idea di dove si troverà il sigillo che stai raggiungendo. In questo caso, con sua immensa sorpresa e gioia, si è trovato in uno dei suoi posti preferiti: il Monte dei Volti di pietra. Tutta Konoha fa loro da sfondo da infiniti metri di distanza, il cielo azzurro, screziato unicamente da qualche nuvola passeggera che, per ora, non minaccia pioggia solca le loro teste lasciando che una leggera brezza fresca li avvolga e li coccoli. E poi c’è Kaori. La sua Kaori che va presentandogli il nuovo acquisto del Villaggio della Foglia, oltre che a dargli quell’affettuoso bacio sulla guancia che il Dainin accoglie ben volentieri. < Mi fai arrivare fin qui e poi vai via? > Pronuncia in tono scherzoso, ridendo sommessamente quando la Hyuga annuncia il proprio congedo ad entrabi. < Non preoccuparti, non gli farò del male. Ho lasciato la frusta a casa. > Annuncia, più per mettere ulteriore ansia nel cuore del Deshi che si ritrova – dopo poco – da solo con lui, sia per fare una semplice battuta di spirito. Attende che la Jonin discenda la scaletta per tornare con le iridi buie sulla figura dell’allievo. Non sembra un Nara, con i capelli e gli occhi ben più chiari di quelli che ha potuto vedere ella propria linea di sangue, ma il simbolo del clan cucito sul taschino parla piuttosto chiaro. Serio in viso ascolta quell’iniziale balbettio di Sanjuro che scandisce il di lui nome dilatandolo ben più del dovuto, per poi attaccare a parlare con la tipica fretta di chi è a disagio o, comunque, fortemente nervoso. < Sanjuro. > Tenterebbe di richiamarne l’attenzione, scandendo il suo nome con voce calma, ma al contempo ferma e decisa. < Io sono Azrael Nara. > Principia in sua direzione, incurvando l’angolo sinistro delle labbra in un mezzo sorriso < Dainin della Foglia, figlio di Khalux Nara e Consigliere della Foglia. > Termina la sua presentazione in maniera più che ufficiale, tendendo la mano destra al biondo, in modo che possa stringergliela, se preferisce. < Ma questo lo sai già, suppongo. Ad ogni modo, puoi chiamarmi Azrael o Az, senza troppi convenevoli. > Lo informa, benhé l’essere riconosciuto lo porti sempre a gonfiare il petto d’orgoglio, esibendo quel sorrisetto tronfio e che a molti potrebbe parere arrogante.< Non amo la falsa modestia, sia chiaro. Sono il più potente uomo e ninja con cui tu abbia mai avuto l’occasione di parlare. E tu mi sembri uno dei più promettenti allievi che abbia incontrato in recenti anni. Se Kaori ti ha portato da me vuol dire che hai qualcosa di interessante da offrire. > Glissa, per il momento, su quanto riguarda il sualismo tra uomo e shinobi, ha intenzione di arrivarci in seguito, prima però ha interesse nel mettere Sanjuro a proprio agio. < Vieni con me, mettiamoci comodi. > E si volterebbe, qualora il deshi avesse mostrato l’intenzione di seguirlo, per raggiungere un albero posto vicino al ciglio del Monte, dal quale tutto il paesaggio di Konoha s’apre sotto di loro. Lì si siederebbe a gambe incrociate, attendendo che anche l’allievo faccia qualunque cosa gli occorra per stare più comodo. < Parlami di te, giovane Sanjuro. Ti ascolto. > Termina a questo punto, fissando lo sguardo cupo e serio su di lui, saggiandone ogni espressione e tentando di prevedere ogni parola ch’egli avrà intenzione di pronunciare. [ Chakra ON ]

20:07 Jin:
 Tra i due ninja esperti c'è una complicità in grado di infrangere ogni differenza gerarchica, riducendo a zero ogni preconcetto tipico del mondo ninja. Guardandoli, il giovane Sanjuro non può fare a meno di pensare a quanto una donna, quella giusta, possa migliorare un uomo, facendogli scoprire nuovi lati del proprio carattere, sconosciuti magari all'uomo stesso. I due scherzano prima che la kunoichi si allontani, il tutto rilassa anche il biondo deshi, che si lascia andare ad un sorriso visibilmente sollevato. L'espressione rilassata dura ben poco, però. È subito sostituita da una mimica facciale impossibile da confondere. Difatti, non appena il Dainin sposta il suo sguardo dalla jonin al deshi, quest'ultimo, realizzando di essere solo con quell'uomo dallo sguardo così penetrante, che lo scruta e lo analizza quasi come se fosse una cavia da laboratorio. Durante il suo sproloquio, il giovane viene interrotto dalla voce del Dainin, al quale basta semplicemente pronunciare il nome del biondo studente, per farlo smettere di parlare. Il tono dell'uomo è deciso, ma al contempo pacato, quasi rassicurante. Si presenta come una persona qualsiasi, premurandosi di definire esattamente le differenze tra lui e i ninja normali. Nel farlo, tende la mano destra al giovane che, dopo un primo momento di esitazione, accoglie la stretta di mano, tentando di essere deciso e fermo nel gesto. Ha letto da qualche parte le regole per una stretta di mano da vero uomo. Mentre il velo di falsa modestia che avvolge le persone normali viene totalmente squarciato dalle parole di Azrael, che approfitta per sottolineare anche le abilità del giovane Sanjuro, che sembra essere uno studente promettente, a detta della sensei. Onorato da quanto sentito, il giovane si limita a sorridere, grattandosi la nuca con la mano sinistra. Sta pian piano prendendo coscienza di ciò che accade e quella che prima era paura, adesso è puro rispetto per quell'uomo tanto forte da essere conosciuto da chiunque abbia una minima finestra aperta sul mondo. E in quel momento, quell'uomo così importante per la società, gli consente di chiamarlo semplicemente "Az". Il giovane Sanjuro quasi trema al pensiero di questo privilegio, ma riesce a ricomporsi e a ritrovare sufficienti energie interiori per pronunciare qualche parola. <D'accordo, Az!> Dice sorridendo nel modo più candido e sincero possibile. È davvero felice in questo momento. Si sente importante e considerato. Il Dainin invita il biondo Nara a seguirlo, trovando chiaramente una risposta affermativa immediata da parte del giovane, che lo segue verso l'albero posto sul ciglio del monte. Solo allora Sanjuro si rende conto di quanto il panorama sia bello, da quel punto di vista. Realizza ora di non essere mai salito sul monte dei volti di pietra a causa dell'elevata distanza che separa la sua casa da quella imponente meraviglia naturale. Si ferma per qualche minuto ad assaporare il paesaggio, condito da una leggera brezza che gli accarezza le braccia, il collo e i polpacci scoperti. Il giovane deshi si siede con le gambe penzolanti nel vuoto del precipizio, continuando a godersi quella vista meravigliosa. Viene riportato alla realtà nuovamente dalla voce calma e decisa di Az, che gli chiede di raccontarsi. L'espressione del giovane muta brevemente da un viso felice e speranzoso a uno leggermente scocciato, per poi ricomporsi subito, conscio del fatto che probabilmente questa cosa non sfuggirà agli occhi attenti del dainin che lo scrutano sin da quando si è magicamente materializzato accanto a Kaori. La realtà è che non ama parlare molto di sé. Non perché abbia chissà quale scheletro nell'armadio. È che si annoia proprio. Gli sembra di non aver nulla di interessante da dire. Non vuole perdere l'occasione di poter parlare con un ninja di quella caratura, però. Pertanto, sdraiandosi con le mani incrociate dietro la testa e i polpacci ancora penzolanti dal ciglio della montagna, inizia a raccontarsi con voce flemmatica, mentre sposta lo sguardo dalle foglie dell'albero soprastante al volto del dainin. Il tono di voce diventa più flemmatico rispetto al momento delle presentazioni. <Sono Sanjuro. Sono nato in questo villaggio, nonostante sia cresciuto in un piccolo villaggio poco fuori dalla foglia...> Prende un bel respiro e, sospirando con un velo di amarezza, continua. <...La mia nascita non fu esattamente un momento felice. Mia madre morì di parto, pertanto non ebbi la fortuna di conoscerla. Fui allattato da una balia e cresciuto da mio padre, unico parente che conosco, ma che sono quasi certo non faccia Nara, di cognome. E non serve un documento che lo attesti. Basterebbe sentire come ragiona. Diciamo che non brilla, ecco.> Sorride beffardo il ragazzo, stando attento ad ogni reazione del dainin ad ogni singola parola. Dopo il motto di spirito, è il momento di prendere un altro bel respiro, chiudendo gli occhi e lasciando andare le corde vocali. <Ho avuto un'infanzia tranquilla, tutto sommato. Non aver conosciuto mia madre mi ha evitato il dolore di perderla in un secondo momento, dopotutto.> Chiaro autoconvincimento. Non è stato facile vedersi passare davanti famigliole felici composte da tutti i membri, mentre suo padre lo ignorava, per la maggior parte del tempo, ritenendolo forse la causa della morte della moglie. <Beh, in realtà...> Ennesimo sospiro amaro,prima di deglutire e iniziare nuovamente a parlare. <...Mi sarebbe piaciuto incontrarla. Non ho nemmeno idea di come si chiami. Mio padre non l'ha più nominata e l'unica cosa che ho di lei è questo gilet appartenuto a suo padre. E sono venuto a saperlo frugando in soffitta, per conto mio.> A sottolineare, per l'ennesima volta, quanto il padre fosse assente nella vita di suo figlio. <Come dicevo, l'infanzia è comunque trascorsa tranquilla. Il problema è arrivato durante l'adolescenza...> Socchiude un occhio per guardare i raggi del sole filtrati dalle foglie. Sole che viene coperto dalle nuvole poco dopo. Non piove ancora, però. Il racconto è quasi al termine, pertanto il giovane non si lascia intimorire da qualche nuvola e, riprendendo fiato, tuona nuovamente con fermezza. <...Mio padre ha conosciuto una donna e voleva sposarla ad ogni costo. Lei non voleva marmocchi in casa ed io ho deciso di combinargliele di ogni. Ero un ragazzino.> Non proprio, si parla di qualche anno prima, però almeno questo preferisce tenerlo nascosto.
<Mio padre, pur di sposarsi quella tizia, capendo l'inconciliabilità della presenza di entrambi in casa, scelse lei. Mi iscrisse in accademia e pagò una piccola casetta cadente per mandarmici a vivere da solo. Dopo la lezione di oggi, se posso permettermi la mancanza di rispetto verso di lui, sono felice sia andata così. È giusto che sia felice. Com'è giusto che lo sia anch'io.> Sorride sornione al dainin, mascherando la lieve malinconia che lo assale quando parla della sua casa di nascita. Pronto a concludere la sua presentazione, essendosi accorto di aver parlato più del dovuto, il giovane cerca di tagliar corto, prendendo un breve respiro. <Che dire oltre. Amo giocare a shogi, mangiare e leggere. E... sì, anche la conoscenza ninja mi affascina. Non so se nelle mie vene scorra del sangue Nara, Az. A dire il vero, attualmente so ben poco.> Solleva la schiena, restando poggiato a terra tramite le punte dei gomiti. Sorride di cuore al dainin. Ha ormai abbattuto molte barriere. Si sente più tranquillo, seppur mai abbastanza. <So che probabilmente ho parlato troppo. Che seccatura, eh?> Sorride nuovamente, per poi riassumere la postura sdraiata assunta precedentemente. Lo incuriosisce molto ciò che il Dainin avrà da dire sul suo conto. <Immagino lei abbia più cose da dire rispetto a me. Mi sembra giusto ricambiare l'ascolto.> Chiude gli occhi, riportando le mani dietro la nuca, in attesa di una risposta - speranzoso di riceverla positiva - da parte del dainin.

18:16 Azrael:
 Finché Kaori è ancora lì non fa altro che calamitare tutta l’attenzione del Dainin. L’espressione seria che terrebbe in qualunque altra occasione sfuma in un ammorbidirsi dei tratti dello shinobi dell’ombra per quei brevi attimi in cui la Hyuga è stata con loro, ma quando lei s’avvia verso la scalinata metallica che la condurrà nuovamente nel centro di Konoha, la concentrazione del Nara torna sull’allievo per incontrare il suo sorriso sollevato. Pare, senza ombra di dubbio, più tranquillo, visibimente più rilassato e meno teso di quanto non fosse allo scoprire che l’uomo con cui avrebbe dovuto parlare è una leggenda per il Villaggio, ma ancor di più per il clan. Ma dura non più di qualche istante. I tratti del suo viso tornano piuttosto neutrali, consapevole della situazione che sta vivendo, ma non più così teso. Accetta di buon grado la stretta di mando, dandole una certa consistenza, un certo vigore che viene particolarmente apprezzato da parte di Azrael che, di rimando, avvolge le falangi affusolate attorno al dorso della mano altrui, per compiere un impercettibile movimento verticale, tenendole ben salde fino al momento in cui non la lasca cadere elegantemente lungo il fianco. Ed in poco tempo entrambi si trovano seduti su uno dei punti più alti di Konoha. Sotto di loro, a svariati metri di distanza, si apre il meraviglioso paesaggio della Fogia. La Magione dell’Hokage che troneggia sullo stuolo di case ed uffici che lo attornia, piccole come formiche si notano le persone che rendono Konoha viva e pulsante, pregna di quella consueta allegria che l’ha resa famosa. Ma poco al di sotto della loro attuale posizione c’è ciò che rende ancor più evocativo il posto in cui sono alloggiati. Scolpiti nel Monte vi sono i volti di coloro i quali hanno reso grande il Villaggio, governandolo e trainandolo oltre ogni ostacolo, oltre anche al volto di un uomo che ha sì regnato su Konoha, ma per i propri biechi scopi. Un uomo che, come i libri di storia riportano, è stato ucciso proprio i quel luogo, dalla mano dello stesso Dainin: Kuugo Gaito. Se ne sta lì, scolpito in mezzo agli altri, a ricordare come il popolo è insorto contro un governatore ingiusto, abbattendolo e rovesciandolo con la Volontà del Fuoco. Molti sono i pensieri ed i ricordi che si affollano nell’agile mente del Nara più adulto, il cui sguardo scuro si perde all’orizzonte rimembrando quel glorioso giorno in cui ha potuto porre fine alla vita di quel traditore, rimembrando anche e proprie origini, legate a quello che fu il Settimo Hokage, suo padre. La voce del biondo lo raggiunge, oltre che la sua posa rilassata in quell’angolino ombroso e pieno di pace e tranquillità. Volta il capo di profilo, guardandolo con quella porzione di campo visivo che quella posa gli offre e presta attenzione al suo dire senza mai interromperlo, ma rendendosi partecipe ed ascoltatore attivo annuendo ritmicamente ad ogni pausa che l’allievo prende nel suo discorso. L’espressione particolarmente annoiata alla richiesta del Nara più anziano di raccontarsi viene colta, ma non commentata in alcun modo. Semplicemente Azrael si ritrova ad assimilare la sensazione di noia e fastidio provata dall’allievo, degna di ogni Nara che si rispetti. Al principio del racconto del biondo il Dainin si ritrova a condividere con Sanjuro la flemmatica calma del suo tono, ammorbidendo i tratti del viso nell’espressione più rilassata che potrebbe esibire. Si volta nuovamente guardando all’orizzonte, restando sempre ben attento a quanto il giovane ha da proferire, e ruota le spalle all’indietro, lasciando scivolare le maniche del lungo haori per tutta la lunghezza della schiena ben dritta. Lo abbandona al suolo, restando unicamente con la camicia ed i pantaloni, mantenendo un aspetto ben più informale di quello che gli conferiva priva il mantello, tipico dei Kage. La mancina corre alla tasca dei pantaloni, estraendone un pacchetto di sigarette, un accendino ed un posacenere tascabile. Il pollice scorrerebbe sul filtro di una di quelle, per raccoglierlo con le rosee ed accenderlo in un unico e fluido gesto. Vorrebbe chiedere anche al deshi se ne gradisce una, ma non ha alcuna intenzione di interromperlo, un po’ per buona educazione, un po’ per il coinvolgimento che prova nell’avvertire ciò che egli ha da raccontare. Lascia semplicemente il paccetto e tutto il resto dell’armamentario accanto a sé, tra la propria gamba e quella del ragazzo, in modo che possa disporne come meglio crede. Si ritrova a ridacchiare, con le labbra strette attorno al filtro della sigaretta accesa, quando il ragazzo fa quella battuta sul quoziente intellettivo del padre, per poi tornare in religioso silenzio per farlo finire di parlare, col leggero soffio del fumo che esce ad ogni tiro dalle labbra a far da suono prodotto dal Dainin. E alla fine, arriva. La domanda, la richiesta di ascoltare quel che Azrael ha da dire su di sé. Più che contento di poter ricambiare quelle confessioni ben più intime di quanto ci si aspetterebbe da due persone che si sono appena conosciute, prende un profondo respiro e sorride accomodante e comprensivo. < Non hai affatto parlato troppo, anzi. > Comincerebbe a rispondergli, dando la sicurezza d’esser stato ascoltato ed apprezzato fino all’ultimo fonema emesso. < Anche se nessuna delle cose che mi hai detto erano, effettivamente, quelle che avrei voluto sentire. Mi hai parlato di quel che ti è successo nella vita, ma non di te. Chi sei ora, cosa vuoi essere domani o fra trent’anni. Cose di questo genere, ma ci arriveremo. > snuda i denti candidi in un sorriso radioso e gioviale, strizzandogli l’occhio sinistro in un amichevole e complice occhiolino, un po’ come quelli che è solita rivolgere Kaori. < Della mia vita cosa posso dirti, vediamo… > Una breve pausa sancita dall’atto di far cadere la cenere combusta nel posacenere tascabile rotondo, la cui sommità reca l’incisione dell’effige dei Nara. < Ho avuto una vita piuttosto turbolenta. Alla mia nascita non avevo idea di chi fossero i miei genitori, che mi hanno lasciato ancora in fasce alla coppia che mi ha cresciuto. Considero la mia madre adottiva la mia unica e vera madre, mentre suo marito, beh-- > Le labbra mutano in una piccola cuva, non proprio un sorriso, ma la mimica che più esprime malinconia e delusione. < --non era molto favorevole all’avermi in casa. E non mi ha reso la vita facile. Diciamo che ha tentato di picchiarmi fino alla morte in varie occasioni finché mia madre non ha deciso di intervenire e salvarmi, condannandosi poi all’ergastolo per omicidio. > Lo sguardo s’abbassa, puntando ad una porzione vuota di terreno nel ricordare quel momento così carico di tristezza e rammarico nella sua infanzia, ma immediatamente si risolleva, portandosi nuovamente sulla figura del biondo. < Da allora sono cresciuto da solo, combattendo per un tozzo di pane e, non ti nego, per il piacere di farlo. Mi sono scoperto bravo, portato per l’azione e questo mi ha portato a spingermi troppo in là, contro troppi avversari le cui capacità superavano le mie. Un ninja mi ha salvato e mi ha mostrato quello che sapeva fare, quello che avrei potuto fare anche io, se mi fossi iscritto all’Accademia, invece di rubare al mercato e prendere a pugni altri piccoli senzatetto come me. > Conclude, quasi sarcastico in quel suo ultimo dire che lo fa gioire di sincero orgoglio al pensiero di essersi rialzato ed essere diventato l’uomo che è adesso, tutto da solo. < Più avanti nella mia vita ho scoperto l’identità dei miei genitori biologii, Khalux Nara e sua moglie Jun, ma lei era—diciamo libertina, mh? > Ridacchia di quel suo accurato tentativo di affibbiarle nomignoli più coloriti. In fondo è pur sempre la donna che ha causato la morte di Khalux, che lo ha abbandonato e poi lo ha costretto ad un rapporto carnale che ha generato addirittura un bambino. Ma questi dettagli, data la loro complessità, sono ben nascosti dietro quella battuta di spirito. < Ho protetto Konoha per anni, Hitomu è il mio migliore amico e quando è diventato Kage sono stato più che contento di servirlo e combattere al suo fianco, ma—dopo un po’ il Villaggio ha iniziato a farsi stretto. Le leggi, le regole, la vita da ninja mi hanno portato all’esasperazione e ho dovuto allontanarmi, seguire un’altra strada che mi ha portato, alla fine, a tornare qui. Al servizio del mio Villaggio. > Termina questo breve riassunto della sua vita che sì, manca di dettagli fondamentali, ma che bene o male – almeno così spera – potrà dare un quadro generale all’allievo. Il filtro, ormai consumato, della sigaretta viene gettato all’interno dell’apposito alloggio, per evitare di sporcare il paesaggio, prima che il Nara possa effettivamente concludere il proprio dire con qualche altro importante accenno di sé. < Qui ora ho due figli ed una donna che vorrei sposare. > Scuote debolmente il capo al pensiero di sé al proprio matrimonio. Chi lo conosce, o ha anche solo sentito parlare vagamente di lui, sa perfettamente che di donne Azrael ne ha avuti a milioni, il che rende questa sua affermazioni piuttosto ironica. < E questo è quanto, più o meno. Anche io adoro giocare a shogi, sarà interessante fare qualche partita assieme, se ti va. Ma prima—vorrei tu mi dicessi di te quel che realmente vorrei sapere. > E resterebbe silente, a questo punto, per poter dare modo a Sanjuro di guardarsi dentro e tirar fuori qualche informazione davvero interessante, di quelle che non si possono reperire con qualche indagine, ma che risiedono unicamente nell’animo di coloro i quali scelgono di intraprendere la via dei Ninja. [ Chakra ON ]

20:33 Jin:
 La stretta di mano infonde una strana energia al biondo, che si sente come pervaso da una scossa elettrica di impulso ciclico. È quasi dispiaciuto quando le mani dei due si separano per andare ad assumere la posizione che la gravità attribuisce loro. Il dainin sembra dapprima immerso nei suoi pensieri, ma torna subito attento ad ascoltare con una certa dedizione ciò che il deshi ha da dire su di sé. Il giovane Nara è quasi sorpreso dalla disponibilità all'ascolto di quell'uomo, che partecipa silenziosamente al monologo esistenziale di quella nullità, quantomeno se evidenziata la loro distanza in termini di scala gerarchica. Durante l'ascolto, forse per mantenere la concentrazione, forse per placare i nervi sempre più in tensione ad ogni parola aggiunta a quello sproloquio, il dainin si accende una sigaretta, offrendo tacitamente la possibilità anche al giovane deshi di favorire dal pacchetto. Il biondo si limita ad osservare il pacchetto e, inarcando le estremità della bocca verso l'alto, a formare un sorriso spontaneo, si volta verso il dainin scuotendo la testa, rifiutando educatamente l'offerta. Il tutto mentre ancora continua a parlare di sé. Una volta terminato il lungo monologo introduttivo e introspettivo, il giovane deshi viene colpito dalla risposta del dainin, leggermente scontento della risposta ricevuta, in quanto desideroso di conoscere di più sulla volontà del deshi, piuttosto che il suo passato. Il giovane, rivolgendo lo sguardo sornione al dainin, si limita a sorridere e glissare solo per qualche minuto sulla richiesta del dainin, consentendo a quest'ultimo di introdurre la propria pedina all'interno della scacchiera immaginaria che lo studente ha in mente in quel preciso istante. Il sorriso sereno del giovane viene ulteriormente ravvivato dal comportamento - ormai meno distaccato, ma non per questo meno autorevole - del dainin, che si lancia addirittura in un occhiolino simile a quello che la sensei Hyuga si era concessa a lezione, seppur visibilmente meno carico di amore materno. E sarebbe strano se lo fosse, in effetti. Il dainin parte a raccontare la propria storia. Il deshi, quasi stupito dal cambio di espressione del ninja adulto, decide di concedersi - probabilmente per allentare la propria tensione interiore, dovuta ad una profonda capacità di immedesimarsi nel volto incupito dell'uomo - qualcosa che non ha mai provato prima d'ora. Lascia scivolare la mano destra verso il pacchetto di sigarette, senza impugnarlo, ma limitandosi ad estrarne una facendola semplicemente scivolare fuori. Preso l'accendino posto accanto al pacchetto con la mancina, porta entrambi alla bocca e, con un rapido scatto, accende la sua prima sigaretta. È visibilmente inesperto, ma ha letto nei libri e sentito da molte persone, che le sigarette hanno il potere di allentare la tensione delle persone che le fumano. Pensa da sempre che le dipendenze siano una cosa da deboli, ma gli è bastato entrare mezza suola di scarpa nel territorio dei grandi per capire che le dipendenze sono parte di ciò che riesce ad alleviare le sofferenze degli umani, dando quel senso fittizio di appagamento così effimero che, per raggiungerlo, ti obbliga a fumare un'altra sigaretta, assumere un'altra pasticca, sniffare altra polvere o semplicemente mangiare altra cioccolata. Tira la sua prima boccata di fumo con una profonda aspirazione. Quando lo sente arrivare nei polmoni ed espandersi, non può che trattenere qualche colpo di tosse per paura di interrompere il racconto che sta ascoltando con un'attenzione quasi maniacale, seppur apparentemente distratto dal fumo che esce violentemente dalle narici ad ogni colpo di tosse soffocato. <Chiedo scusa. Non fumo, di solito> direbbe, qualora il dainin dovesse interrompere il proprio monologo. Si rivede molto in quel racconto, soprattutto in un padre - seppur adottivo - violento e menefreghista. Mentre lo ascolta in silenzio, avendo preso rapidamente confidenza con la sigaretta, ne aspira il fumo e, senza trattenerlo troppo nei polmoni, lo emette poco dopo. Ha appena confermato empiricamente le proprietà rilassanti della sigaretta. Durante il racconto non discosta lo sguardo dal volto del dainin, che muta repentinamente durante tutta l'esposizione. L'amarezza che il suo volto assume nel parlare del padre putativo e di come questi sia finito per opera della moglie - madre adottiva di Azrael - è talmente palpabile che si trasferisce quasi totalmente sul viso del deshi, specialmente quando questi, seguendo attentamente lo sguardo del dainin, osserva la stessa porzione di suolo vuoto, riuscendo quasi a percepire la desolazione che l'uomo adulto sta provando nel raccontare queste cose. La fierezza che il giovane Nara nota nello sguardo del Nara adulto quando questi parla di come sia stato praticamente salvato dalla strada da un ninja, riaccende una fiamma nell'animo del biondo, che sorride a mezza bocca, avendo l'altra mezza tesa a reggere la sigaretta tra le labbra. Già che c'è, tira un altra boccata di fumo che espelle prontamente dalle narici, senza muovere un muscolo dalla posizione attuale. Al commento sarcastico sulla madre naturale, il giovane Nara si trova a sorridere visibilmente imbarazzato. È quello l'unico momento nel quale distoglierebbe lo sguardo dal volto del dainin, andandolo a posare su un punto posto più vicino nel suo campo visivo. Per la prima volta sfuggirebbe allo sguardo attento del dainin. D'altronde, per quanto una persona possa scherzarci su, il biondo sa bene che non è carino ridere di qualcosa che potrebbe causare dolore a una persona. Per quanto ne sa, il sarcasmo adoperato nel descrivere la madre, potrebbe semplicemente essere utile a mascherare una profonda vergogna. Non lo biasimerebbe, se così fosse. Lo sguardo si posa nuovamente sul volto del dainin, che parla del suo rapporto con l'hokage. Non può fare a meno di sorridere quando pensa a due persone così potenti e di spicco a prendere il tè insieme o giocare a rubamazzo. Ciò che lo incuriosisce maggiormente è la parte di discorso nella quale il dainin si è mantenuto più vago. "Quindi si è allontanato dal villaggio. Perché?" Pensa, assumendo un'aria assorta, rapidamente mascherata da un'espressione neutra, accompagnata da un movimento ondulatorio del capo dall'alto verso il basso, come a voler annuire. Al solo udire del matrimonio, immaginando come futura sposa la sensei Kaori, ogni muscolo facciale del biondo allievo si distende a formare un'espressione intenerita che non riesce ad essere nascosta in alcun modo. La visione dell'abito bianco su quella donna così materna, capace anche di rendere un uomo, apparentemente cupo e chiuso, così affabile e docile. L'allievo sa, in cuor suo, che quella donna merita di essere felice. In primis perché proprio grazie a lei è stato in grado di incontrare una delle più grandi leggende della foglia, che non si sarebbe altrimenti palesato a un normalissimo deshi. Prende un'altra boccata di fumo mentre ascolta la richiesta del Nara adulto, con la quale questi termina la propria introduzione. Sulla faccia del giovane Nara si dipinge lo stesso sorriso sornione poc'anzi represso per consentire al dainin di esprimersi. Adesso è pronto a parlare. Accortosi della cartina eccessivamente consumata, il giovane Nara provvede immediatamente a scaricare la cenere nel portacenere recante il simbolo dei Nara, che precedentemente non aveva notato. <È proprio orgoglioso del suo clan, Az-Sama. È uno dei motivi per i quali la ammiro.> Dice sorridendo direttamente al dainin, provando a cercarne lo sguardo. Porta la sigaretta, ancora accesa e a metà della sua corsa, alla bocca, cingendola aggraziatamente tra le labbra. Un'altra boccata e si sente pronto a svelare il mirabolante piano. La scacchiera da shogi che ha immaginato sta per essere condivisa con l'adulto. <Az-Sama, per me questo confronto con lei ha la stessa valenza della più importante partita a Shogi della vita di un giocatore.> Si ferma, assumendo uno sguardo sottile e furbo, che si posa nuovamente sul simbolo Nara nel portacenere. Dopo un breve respiro, deglutisce e continua, con tono pacato, senza mostrare alcuna esitazione. <Pertanto, una partita di Shogi tanto importante non inizierebbe mai con un attacco diretto senza la minima strategia.> Si volta verso l'alto, ad osservare nuovamente le fronde dell'albero soprastante. Proverebbe quindi a scostare lo sguardo dal contatto oculare fino ad allora ricercato con il dainin. Chiuderebbe allora gli occhi, lasciandosi trasportare dal rumore lontano del villaggio, accompagnato dal fruscio delle foglie mosse dal vento. <E fino ad ora, questa è stata una partita a specchio. Quando i due avversari devono studiarsi, eseguono mosse speculari, di bassa entità. Sto sprecando fiato. Sono certo che sappia già dove voglio andare a parare.> Sorriderebbe, pertanto, ad occhi chiusi, con le mani incrociate dietro la nuca. La sigaretta tra le labbra si è ormai consumata. Si premura di gettarla nel contenitore con la mancina, imitando il gesto del dainin. Nel farlo, si alzerebbe dalla posizione sdraiata e tornerebbe a cercare il volto del dainin, per poi continuare il discorso, accompagnandolo a un sorriso sincero. <La nostra partita è iniziata specularmente, raccontandoci le rispettive storie. Raccontare il passato è una mossa molto difensiva. Il passato non può essere cancellato, né riscritto. Ciò che è già accaduto, che sia giusto o sbagliato, resta tale.> Ha quasi assunto un tono saggio. Scandisce ogni singola parola, cercando di inserire in quel discorso tutta la flemma e la favella che lo contraddistinguono. <Raccontare gli ideali, i sogni, i progetti, le speranze e qualsiasi cosa possa riguardare il futuro, può compromettere la vita di una persona. Il futuro è da scrivere e non può essere previsto, né programmato. Raccontarsi il futuro equivale a compiere la mossa decisiva che può portare un uomo a vincere o... cadere rovinosamente.> Riassumerebbe allora la posizione supina precedentemente tenuta. <Ha giocato specularmente con me, raccontandomi la sua storia, trattandomi come un adulto. Sarò io a fare la mossa decisiva. A lei il giudizio sulla vittoria o la sconfitta.> Conscio di star prendendo un po' troppa libertà, il giovane deshi si ricomporrebbe, assumendo un'espressione più serena, da giovane scanzonato quale - in realtà - è. <A dire il vero, non mi sono mai aspettato nulla dalla vita. Lo dico con sincerità. Sono sempre stato bravo a cavarmela in ogni situazione sfruttando la mia intelligenza. Pensavo, fino a stamattina, di poter tirare avanti sfruttandola, senza un vero progetto di vita.> Sul volto gli si stampa un sorriso amaro. La realtà è che ciò che adesso avverte è una sensazione nuova, come se una nuova fiamma avesse appiccato un incendio sui rampicanti dell'apatia che lo costringono al suolo, rendendogli difficile lo spiccare il volo. È impaurito e, al contempo, affascinato da questa nuova sensazione. <E se dico fino a stamattina, c'è un motivo. La sensei Kaori-sama ha introdotto alcuni concetti basilari del mondo ninja. Niente di particolare, roba che sapevo già. Il modo in cui si è interessata alla classe e a me, mi ha colpito. Avrebbe potuto ignorarmi, invece mi ha portato da lei. Non voglio tradire le aspettative di chi mi reputa valido, riconoscendo il valore che so di avere.> Finendo di dirlo, si lascia scappare un sorriso che andrebbe poi a cercare anche sul volto del dainin, voltandosi verso di lui. <Nemmeno a me piace la falsa modestia.> Scoppia in una fragorosa risata, sperando di coinvolgere il ninja nel suo momento di ilarità. <Ciò che voglio dire è che non so cosa sarò domani, né tantomeno tra trent'anni. So che mi piacerebbe vedere qualcuno soddisfatto di me. Qualcuno che mi ringrazi per non averlo deluso o che, semplicemente, mi dia una pacca sulla spalla.> Lo sguardo si intenerisce leggermente, gli occhi si inumidiscono giusto lievemente più del normale, consentendo ad una lacrima di scivolare dall'occhio sinistro lungo la corrispondente tempia, per poi insediarsi nell'orecchio. <E no, non cerco l'approvazione degli altri. Cerco solo di sentirmi parte di un tutto. E sono consapevole che restando a poltrire o giocare a shogi la cosa non potrà verificarsi. Solo, non ho ricevuto ancora la giusta spinta.> Si asciuga il solco umido tracciato dalla lacrima precedentemente caduta con la spallina sinistra del gilet, inarcando la testa a raggiungerla. <Non sono come i miei compagni di classe, tutti sicuri di diventare ninja e con ottimi propositi per il futuro. Non so quale sia la mia strada. So solo che, come ho letto in svariati libri, la soluzione giusta quando ci si perde è chiedere la giusta strada a chi è del posto. Capirà sicuramente cosa intendo.> Concluso il sicuro monologo sulle speranze per il futuro, il giovane si alzerebbe rapidamente, sedendosi al suolo, incrociando le gambe e ponendosi di fronte al dainin, rendendo la scena simile ad una partita di shogi, con l'unica differenza che consiste nell'assenza della scacchiera. Giusto un dettaglio, no? <A lei la mossa, Az-Sama.> Sorride di cuore il giovane, che ha deciso di aprire totalmente il cuore all'uomo, consapevole del fatto che un'occasione simile potrebbe non ripresentarsi più. È stato capace di razionalizzare la scena ed esporsi in modo sicuro, senza esitare, tentando di mostrare la tanto decantata intelligenza con i fatti, piuttosto che con le semplici parole.

10:48 Azrael:
 Gli occhi scuri del Nara, quelle due gemme d’onice incastonate nel volto diafano e rilassato, non si scostano mai dal viso di Sanjuro. C’è qualcosa in quell’allievo che calamita le attenzioni del Dainin. Normalmente avrebbe studiato in maniera superficiale l’atteggiamento, ascoltato le parole e se ne sarebbe scoperto annoiato, trovandosi a dar conto a tutt’altro, magari al panorama o all’ennesima sigaretta o si sarebbe messo addirittura a comunicare mentalmente con la sua Kaori. Ma no, non è quello il caso. Quel deshi è interessannte. Un libro di cui ha scorto l’introduzione e che lo sta invogliando alla lettura pagina dopo pagina, parola dopo parola ed espressione dopo espressione. Ed anche l’allievo non pare da meno. Anch’egli mantiene lo sguardo penetrante dello shinobi delle ombre, tenendo sempre reazioni ed azioni profondamente educate – anche questa una delle cose che sta colpendo Azrael in maniera del tutto nuova e sorprendente, trovando questa qualità estremamente rara nelle persone che ha il dovere di incontrare durante le sue giornate – ma al tempo stesso non lasciando che l’educazione stessa renda quella conversazione artefatta o falsa. L’unico momento in cui gli occhi del Deshi si allontanano da sé è a quella battuta sulla madre. Non può che esserne profondamente incuriosito. Perché lo ha fatto? Questa è la domanda che è sempre solito porsi, qualunque reazione veda nell’interlocutore del momento. La cosa che lo sconvolge è, ancora, che anch’egli avrebbe fatto lo stesso. Non avrebbe neanche lui osato far battute su un argomento sconosciuto e potenzialmente delicato. E sorride, sorride di gusto nello scorgere il biondo approcciarsi alla prima sigaretta, come se stesse facedo un altro piccolo passo nel mondo degli adulti, tossendo via incertezze ed infantilità assieme al fumo che non è riuscito ad aspirare. Sente quasi come involontario il bisogno di frapporsi alle sue parole, per dargli qualche superficiale consiglio, ma che gli sfugge dalle labbra quasi come automatico, come fosse la semplice espressione della propria voglia di guidarlo in quel che fa. < Non aspirare così tanto. > Principia, notando già come l’allievo migliora nel successivo tiro dal cilindretto di tabacco < Ecco, così. Non trattarlo come fosse un agente esterno che interrompe la normale attività dei tuoi polmoni, rendi ogni boccata il più naturale possibile. > Queste le poche e semplici parole, atte a rendere quella sua prima sigaretta il più piacevole possibile. È sbagliato, forse, il fatto che questa sia la prima lezione che gli sta impartendo, ma quello che ha dinanzi non è un bambino da riproverare e, se anche lo fosse, Azrael non è né un padre né tantomeno un fratello maggiore. Ogni scelta compiuta da un essere umano non andrebbe intralciata, se non inficiasse la libertà altrui, ma andrebbe semplicemente guidata in maniera che risulti il più autentica possibile, per favorire un giudizio più attento, quando arriva il momento di scegliere cosa fare della propria stessa esistenza. In questo caso, se quella è la sua ultima sigaretta o la prima di una lunga serie. Sembra sciocco, ma c’è un significato in tutto, anche in quel semplice dar di getto un aiuto al giovane Nara. Permane, dunque, fermo e silenzioso nell’ascoltarlo, rispondendo ad ogni suo sorriso con uno di rimando, che coinvolge bocca ed occhi, illuminando quelle iridi scure di scintille di felicità, approvazione ed interesse. Ride, persino, quando il suo della risata altrui gli dà l’incipit per cominciare a far risuonare la propria nell’aria. Il riferimento che Sanjuro fa alla fierezza che il Dainin mostra nell’appartenere al clan che li accomuna, nel portare quel cognome che, con le sue sole quattro lettere, è una cornucopia di storie e tradizioni antichissime, lo porta ad esprimersi ancor di più in un’espressione sorridente e gioviale < Avrei tanti motivi per non esserlo. Mia madre era una Nara allo stesso modo in cui lo siamo io e te, ad esempio. Ma ho anche tutti i motivi per essere orgoglioso del nome che porto, basti pensare a mio padre. In tutta sincerità, però, ti dico che lo sono unicamente per me stesso. Perché, nonostante i miei natali, sono stato io ed io soltanto a far brillare il mio cognome di luce propria. Non ne sarei così soddisfatto, altrimenti. > Il concetto, poi, che il ragazzo, così giovane ed inesperto, esprime è tremendamente coinvolgente per il Nara, per motivi che l’allievo non può neanche ancora immaginare. Al punto tale da catturarlo totalmente, da farsi scoprire assorto in un’espressione pensierosa, ma allo stesso tempo serena. Una partita a Shogi, in cui i due si ritrovano a far da protagonisti, ognuno con le proprie strategie e quella del Dainin non è molto complessa o ardua da comprendere a chi ha sufficiente intelletto da cogliere le sfumature che, tutte insieme, compongono la sfaccettata figura dell’uomo che ha di fronte. Lascia che qualche denso attimo di silenzio cali tra i due, che ora si trovano a fronteggiarsi anche fisicamente, oltre che in un incontro mentale dai risvolti inaspettati ed imprevedibili anche dalla più agile ed allenata delle menti. Ed Azrael si ritrova ad incurvare le rosee ed annuire impercettibilmente col capo, prendendo solo a quel punto la parola. < Ho giocato molte partite nella mia vita. > Il ricordo di quei tre anni passati in coma, intrappolato nella propria mente a giocare infinite partite con se stesso lo assalgono come un’onda di emozioni travolgenti, che – tuttavia – non lo scuotono affatto, ma gli scivola addosso in un armonioso insieme di gocce che gli imperlano l’animo. < Abbastanza da comprendere che l’avversario più arduo da battere è il nostro stesso riflesso. Ho giocato quella partita ed ho vinto, per questo sono qui, adesso. > Piuttosto criptico nel proprio dire, se ne rende conto, ma si rende conto anche che non può scoprire tutte le proprie carte, ma che deve lasciarle coperte dinanzi al deshi, in maniera che egli stesso possa scegliere quale voltare e di quale scoprire il contenuto celato. < E pensavo che quela fosse la partita della mia vita, la più importante. Mi ritrovo a comprendere adesso che non è così. Che per quanto tu possa arrivare in alto c’è sempre un nuovo avversario capace di farti provare il brivido della sfida e della competizione. > Un complimento implicito rivolto all’allievo che gli sta permettendo di mettersi nuovamente in gioco. < E sì, le prime mosse sono sempre a specchio, sempre atte a scoprire le capacità e le strategie della persona seduta dall’altra parte della scacchiera. Penso, tuttavia, che ogni buon giocatore deve avere un asso nella manica, la mossa che sorprende l’avversario, che lo porta allo “scacco matto”. > Una breve pausa, mentre le palpebre si socchiudono brevemente sullo sguardo sinceramente felice. Riapre poi gli occhi, puntando a quelli altrui nel muovere le sue pedine e mostrargli quella mossa. Quella che, spera, lo sorprenderà e con cui sarà egli stesso a decidere se ha intenzione di vincere o di lasciarsi andare alla mediocrità. < Voglio che tu sia il mio allievo. Essere il tuo maestro, la figura da non deludere e che sarà sempre pronta a darti quella pacca sulla spalla, se lo meriterai. Se hai intenzione, davvero, di ricevere quella spinta, anche se dovesse buttarti in un precipizio di cui non vedi la fine. > E permarrebbe nel più totale silenzio adesso, chinando il capo verso la spalla sinistra, attendendo una sua risposta, la sua mossa. Quel che gli sta offrendo è di intraprendere una strada difficile, sì, ma non da solo. Mai da solo. Si sta offrendo di lanciarsi anch’egli in qualunque burrone al suo fianco, perché egli possa avere il giusto stimolo ad andare avanti. Perché, da quel che è riuscito a capire, hanno condiviso l’infausto destino di crescersi da soli, di non aver mai qualcuno a guidare i loro passi ed è un qualcosa che Azrael stesso non ha mai avuto l’occasione di provare, a cui non ha mai potuto porre rimedio per se stesso, ma che – come si evince anche dalla determinazione che brilla fiera negli occhi d’ombra – ha intenzione di fare con lui e per lui. [ Chakra ON ]

13:04 Jin:
 Notare il volto attento del dainin infonde, nel giovane Nara, una nuova linfa per continuare il suo racconto in tranquillità, avendo la consapevolezza di essere ascoltato. Si sente trattato come un adulto, per la prima volta. E ne ottiene la conferma quando, avviatosi verso la strada del fumo, non viene né fermato, né rimproverato. Viene semplicemente guidato dal dainin, che gli spiega minuziosamente come agire per gustare al meglio una sigaretta. Quella lezione sul fumo, vista da occhi esterni - poco allenati ad analizzare le situazioni, ma subito pronti ad esprimersi nella smorfia del disprezzo - potrebbe scatenare, nell'animo di un eventuale terzo spettatore, delle aspre critiche verso il ninja adulto, che starebbe indirizzando il giovane Nara verso la strada del vizio. Quegli occhi perbenisti, appartenenti probabilmente a persone intellettualmente inferiori ai due, sarebbero prontamente ignorati o, addirittura, diventerebbero oggetto dello scherno dei due Nara. Tra di loro è tutto chiaro, senza aver bisogno di dirsi nulla. Quell'insegnamento sulla sigaretta rappresenta una dimostrazione totale dell'accettazione del libero arbitrio del giovane Nara, che vede un comportamento paterno in quel gesto così spontaneo. Forse addirittura superiore al paterno. Capita spesso che i padri cerchino di costringere i figli a seguire le decisioni che loro prendono, tarpando le ali alla progenie, ponendo fine alla loro libertà sul nascere. Azrael, in tutto ciò, permette al giovane Nara di sentirsi libero e, conseguentemente, adulto. Il biondo lo osserva con gli occhi sgranati ricolmi di stupore e gioia, mentre l'ombroso Nara gli impartisce quelle lezioni in modo così naturale. Si limiterebbe pertanto ad accennare un semplice e timido <Grazie.> accompagnando, all'emissione del suono, qualche nuvoletta di fumo grigio di sigaretta. All'osservazione del deshi sulla fierezza che il dainin mostra per il cognome che porta, quest'ultimo risponde un po' cripticamente all'inizio. L'avversione del dainin verso la madre è palpabile e lo sguardo perplesso del deshi, che questi rivolgerebbe prontamente al dainin, tentando di catturare l'attenzione dei suoi occhi, come a chiedere tacitamente più informazioni, senza risultare troppo indiscreto. Al sentire la parte successiva del discorso, lo sguardo perplesso muta rapidamente in un'espressione distesa d'ammirazione. Il ricordo del padre e di sé stesso per motivare l'orgoglio dell'appartenenza al clan Nara scuotono la psiche del biondo giovane, che sente tutta la soddisfazione di quell'uomo nell'assistere a ciò che è diventato nel tempo. Lo sguardo d'ammirazione scatta spontaneo dagli occhi del giovane, che quasi non riesce a staccarlo dal volto del dainin. Rendendosi conto che guardare con ammirazione, una volta superata una certa soglia di tempo, risulta molesto, sposta lo sguardo nuovamente sul posacenere Nara e, di seguito, sul simbolo ricamato sul suo taschino destro. Nonostante l'abbia visto più volte, è ancora incapace di credere pienamente alla possibilità che nel suo codice genetico possa essere nascosto del materiale in comune con quel ninja così potente e leggendario. Lui che ha sempre creduto d'essere destinato alla sopravvivenza, ad arrangiarsi, non può fare a meno di rimuginare su questo fatto. È soddisfatto nel notare come lo sguardo coinvolto del Nara adulto lo segua durante la sua spiegazione sulla partita mentale a Shogi. Sente di star parlando, forse per la prima volta, con una persona in grado di comprendere appieno i suoi processi mentali, le sue fisime e il senso dietro ognuno dei suoi gesti. Al termine del monologo sulla partita a Shogi, il dainin mantiene il silenzio per qualche istante. In questo frangente, il biondo si lascia andare ad un gesto che forse tradisce leggermente la calma apparente avuta fino a quel momento. Picchietta, infatti, ritmicamente con indice, medio e anulare della mano destra, sul ginocchio corrispondente, piegato verso l'esterno. L'attesa della mossa, in quella 'partita', rende l'atmosfera leggermente più elettrica. Il ritmico tamburellare delle falangi sul ginocchio si interrompe bruscamente al suono della voce di Azrael, pronto ad eseguire la propria mossa. Il preambolo che enuncia si dimostra fin troppo criptico, al punto da stampare, sul volto del biondo deshi, un'altra volta quell'espressione ingenuamente perplessa, come a voler chiedere informazioni senza richiesta diretta. Tiene molto al proprio galateo e non si perdonerebbe il risultare maleducato od indiscreto agli occhi di Azrael. Sarà lui, qualora dovesse intendere la sete di informazioni del biondo, a rivelargliele nella misura che più preferisce. Potrà anche decidere di notare la richiesta taciuta, ma ignorarla. Il biondo non proverà risentimento per quel rifiuto. Non potrebbe provarlo per una persona di quella caratura che si mostra così interessata a lui. Il complimento mossogli dal dainin, genera nel giovane una vampata di calore che spinge il sangue ad irrorargli il viso. Arrossisce come una scolaretta e se ne vergogna, ma non può non dare il peso giusto a quel complimento. Con un groppo in gola, nel tentativo di soffocare il pianto, si limita ad annuire e sorridere mostrando gratitudine per il complimento poc'anzi ricevuto. Nel frattempo, la sensazione di formicolio quasi doloroso che va dall'attaccatura del naso fino alla base, tra le due narici, si fa sempre più incisiva. Forse per il turbinio di emozioni di quella giornata, il giovane Nara sente che il pianto è alle porte. Vorrebbe che il cervello prevalesse sulle emozioni, ma è ancora un ragazzo, dopotutto. Non gli si può chiedere uno sforzo così grande, per quanto alla portata del suo intelletto. Sente il discorso del dainin combaciare esattamente con quelli che sono i suoi pensieri e la sensazione di bruciore al naso si fa sempre più forte, mentre il groppo che ha in gola quasi non gli permette di deglutire. Quando l'adulto nomina lo 'scacco matto' fermando il suo discorso, il cuore di Sanjuro accelera considerevolmente il battito, rendendo quasi possibile notarlo dall'esterno. Sa che qualcosa sta per accadere, ma non sa cosa, esattamente. Ed è così che, dopo qualche secondo, la mossa dello scacco matto viene eseguita magistralmente dal dainin. È lui stesso a volerlo come proprio allievo. Gli chiede di diventarlo in un modo tanto paterno e autorevole, che il giovane non può fare a meno di crollare. Come un pancreas che resiste fino all'ultimo secernendo insulina in eccesso si stanca e causa il diabete; la resistenza del giovane al pianto crolla nell'udire quelle parole colme di speranza, di fiducia e di approvazione. Si lascia andare ad un copioso pianto di felicità estrema. Sentirsi così preso in considerazione da una persona di quella caratura lo ha sconvolto in modo del tutto positivo. Tenterebbe di asciugarsi le lacrime alla meno peggio, passando l'avambraccio destro sulla parte di volto sottostante agli occhi. Nuove lacrime scendono lungo le gote fino ad infiltrarsi ai lati della bocca. Passa la lingua intorno alle labbra e, assaporando quelle lacrime salate, placando i singhiozzi del pianto con un profondo respiro, riesce a dire solamente poche parole. <Io la ringrazio, Az-Sama. La ringrazio di vero cuore.> Direbbe prima di abbandonarsi a un nuovo singhiozzo del pianto. Riprende un bel respiro tentando nuovamente di calmare il riflesso involontario. Questa volta ci riesce in modo più efficace. <Mi ha mostrato l'alternativa ad una vita sbagliata. Non ho alcuna intenzione di rifiutarla. E se dovessimo affrontare qualsiasi seccatura, il pensiero di affrontarla insieme e concludere la giornata con una partita a Shogi, mi guiderà in ogni momento. È una promessa da uomo a uomo.> Passerebbe allora nuovamente l'avambraccio destro sul volto e, concluso il discorso, tenderebbe la mano destra al dainin. Il suo sguardo, misto tra l'incredulo e il radioso, viene spostato, tramite gli occhi color smeraldo lucenti per via delle lacrime poc'anzi versate, a cercare lo sguardo buio del Nara adulto. Ha smesso di piangere e adesso vuole comportarsi da uomo, cercando la stretta di mano. <Mi impegnerò al massimo, anche se dovesse rivelarsi una rottura.> Dice ridendo con energia, forse per mascherare quel volto rigato dalle lacrime. È questo il momento della sua rinascita?

19:27 Azrael:
 Quel che ha notato fino ad ora nel Deshi è particolarmente interessante. Educazione, interesse, curiosità, pigrizia, volontà e desiderio di rivalsa. Legge in lui la stessa voglia di primeggiare e di farsi valere di quello che era un giovane Azrael, non appena giunto alla conclusione che sarebbe diventato uno shinobi, che avrebbe protetto Konoha ed i suoi abitanti. Ancora non sapeva cosa avrebbe incontrato sul proprio cammino e non gli importava minimamente. Era stato salvato più e più e più volte, al costo della perdita di numerosi affetti. La sua madre adottiva, prima di tutto, che ha sacrificato la propria libertà per quasi vent’anni per salvare la vita al proprio bambino. Poi quel ninja di cui nemmeno conosce il nome, che si erse fieramente su un ragazzino pestato a sangue, porgendogli la mano affinché potesse raccoglierla e rialzarsi. Quel misterioso shinobi ha avuto un ruolo determinante nella sua vita e, benché non siano giunte domande in merito, il Dainin sente di dover celebrare la sua memoria, tramandando all’allievo ciò che ha compiuto. < Quel Ninja, l’uomo che mi ha iniziato all’accademia, che mi ha dato la possibilità di essere quel che sono adesso… > Principia, interrompendo il silenzio tra di loro, parlandone in tono basso, tranquillo, pieno di tutta la solennità che uno shinobi come lui avrebbe meritato. < Non conosco nemmeno il suo nome, a stento mi ricordo il suo volto. Ma ricordo perfettamente come mi ha fatto sentire. Vedere i raggi del Sole rifrangersi sulla placca del suo coprifronte, mentre con poche semplici parole scacciava i teppistelli che stavano per strapparmi a questo mondo mi hanno reso nuovo. > Sbuffa dalle narici, in un risolino malinconico e distante. Volge lo sguardo all’orizzonte, nell’enormità del mondo che si apre sotto, sopra ed intorno a loro. < Non è più di questa vita. Io ed un altro shinobi eravamo incaricati di salvare un uomo rapito da un mukenin—era lui e mi guardava dall’alto di una croce, appeso per chissà quale rituale di cui era vittima sacrificale. > Torna ora con lo sguardo sul Deshi, un’ombra di rammarico a coprirgli il volto diafano e dapprima sereno e rilassato < Il mio compagno di team fu troppo avventato ed un suo jutsu gli recise la gola. Mi guardò negli occhi mentre l’anima sfuggiva dal suo corpo. Ma mi ha riconosciuto. Ha visto ciò che ero diventato prima di andarsene e—ed era felice. > La mancina sistema una ciocca corvina dietro l’orecchio corrispondente, mentre le di lui rosee si aprono in un mesto sorriso sollevato, rassegnato a quel che è accaduto, ma di certo felice delle conseguenze che quell’incontro ha avuto. < Ho quasi ucciso il mio compagno, quella volta. Lo ricordo bene. E ricordo anche di essere riuscito a controllarmi e a fermarmi. Quello che non so è se sono contento di non averlo fatto, in tutta sincerità. > Termina questo breve aneddoto, notando con profonda sorpresa il rossore che si impadronisce del volto del biondo e, successivamente, gli occhi smeraldini rilucere di un pianto di commozione. Si aspettava che quella richiesta avrebbe emozionato l’allievo, certo, chi mai potrebbe restare indifferente dinanzi a tale richiesta fatta da un uomo che ha scritto la storia della Foglia. Quel che non si sarebbe mai aspettato è di veder scoppiare Sanjuro in una tale espressione di pura e sincera felicità. Il Nara più adulto solleva le sopracciglia in un moto di sorpresa, per poi ammorbidire i tratti facciali in una mimica intenerita, di certo non degna dell’uomo che fa della tortura la propria arte. Come un padre col proprio figlio, come un fratello maggiore in presenza del più piccolo, intento a gioire del primo successo della sua vita. Snuda i denti bianchi, mettendo in mostra la cura che ha del proprio smagliante sorriso ed i canini leggermente più affilati del normale. Trasparente ed affettuoso in quell’espressione, tanto da allungare la mancina verso il volto altrui, quand’egli vi avrà passato l’avambraccio per asciugare sommariamente le stille di commozione, per completare l’opera con una tenera carezza del pollice sullo zigomo destro del biondo. < Un vero uomo mantiene sempre le promesse, ricordalo. > Gli sussurra, abbassando la sinistra per sollevare la mano opposta a stringere quella del ragazzo, nella seconda stretta di mano della giornata, stavolta molto più significativa e pregna di emozioni. Stringerebbe nuovamente le falangi attorno il dorso di quella del biondo con una rinnovata determinazione. La lascerebbe poi, dopo averla scossa leggermente verso l’alto e verso il basso, per giusto un paio di volte, prima di riportare la mano a poggiarsi sul proprio ginocchio. Rilascia poi una risata, a quella battuta finale da parte di Sanjuro, atta ad esorcizzare il pianto appena scemato.< Sarà di sicuro una rottura. Non sono un Sensei particolarmente affabile. In più occasioni ti pentirai di non aver chiesto a Kaori di farle da allievo. > Pronuncia a metà tra il divertito ed il sincero. In fondo non è propriamente uno scherzo, sa perfettamente di non essere un tipo di persona dal carattere semplice, un uomo con cui è particolarmente difficile trattare ed avere a che fare in generale. Ma le sue parole non si fermano, ha un po’ di curiosità da parte dell’allievo da soddisfare, per quanto questo potrà – almeno in parte – fargli cambiare idea. < Avrai certamente letto sui libri di storia dell’operato di mio padre. Da Settimo Hokage riportò Konoha alla pace e alla prosperità, dando nuova speranza e forza al popolo della Foglia. Aveva una moglie, Jun Nara-- > Si ferma a questo punto, prendendo un profondo respiro al semplice nominare la donna che lo ha generato e che gli ha dato infiniti dispiaceri durante tutta la sua vita, benché si siano incontrati una volta soltando, per lo meno in veste ufficiale. < Lei permise l’ingresso a Konoha dell’allora capo dell’Akatsuki, Shin. > Un leggero fremere dell’occhio sinistro e dei muscoli che, sullo stesso lato del viso, attorniano il naso del Dainin, lo costringono a prendere un’altra brevissima pausa dal proprio dire. < Lui portò conflitto e distruzione. E uccise mio padre. Jun mi abbandonò nella Foresta della Morte, dove fui trovato dai miei genitori adottivi. Ma quel che fece non si fermò lì. > Scuote leggermente il capo, ripensando a quella serie di ricordi che riaffiorano violenti e lo costringono a densi attimi di silenzio e razionalizzazione della rabbia che quella donna gli causa. < È tornata a Konoha sotto altre vesti, per incontrarmi e—fare con me quel che la sua mente malata desiderava. > E termina quel doloroso aneddoto, sperando che il Deshi abbia ben inteso quello a cui il Nara più esperto vorrebbe arrivare. Uno stupro, in sostanza. Un rapporto incestuoso di cui Azrael era vittima inconsapevole. Non è un’informazione di dominio pubblico, ma certamente il Dainin non si fa problemi a raccontarlo. È talmente fiero della fine che egli stesso ha fatto fare a quella donna che qualcuno potrebbe risultarne quasi inquietato. < Quando l’ho scoperto, quando ho saputo di quel che lei aveva fatto a Konoha e a me, generando addirittura una vita—non sono riuscito a trattenermi dal porre fine alla sua. > Freddo e quasi apatico nel pronunciare quelle parole. Stringe la mancina a pugno, sul proprio ginocchio, quasi a volersi godere nuovamente la sensazione degli ultimi respiri della donna, della traditrice, di quella che – a conti fatti – non è mai stata sua madre. Lo sguardo cupo ed indecifrabile non lascia mai le iridi di smeraldo del ragazzo, come a volerne saggiare le reazioni. Potrebbe, chissà, rivalutare la figura dell’uomo che ha sempre creduto giusto, leggendario, quasi divino. Scoprendo il gelido assassino che vi si nasconde dietro, che ha posto fine a più vite di quelle che ha salvato, forse. < Ho bisogno che tu sappia di me queste cose, se davvero vuoi stare sotto la mia ala. Che tu sappia che io non sono le gesta che hai letto nei libri. Non sono le parole che hai sentito nei vicoletti di Konoha. Non sono un Dio. Sono soltanto—un uomo. > Un sorrisetto sghembo si fa largo sulle sue rosee. Di certo, se Sanjuro aveva delle domande in merito alla relazione Ninja-Umano, queste parole potranno suscitare il suo interesse ed essere uno spunto di interessante riflessione. < Umano, troppo umano. > Mormora, infine, lasciando che sia lui a trarre le somme di quella confessione, di tutta quella conversazione, in modo che possa rendersi conto da sé che quella scelta potrebbe cambiarlo, fargli vivere alcune delle emozioni più forti mai provate, ma allo stesso tempo porlo oltre un confine dal quale non v’è ritorno. [ Chakra ON ]

12:45 Jin:
 Ciò che riesce a percepire mentre il dainin parla dell’uomo che lo ha salvato dalla morte per pestaggio, è la profonda ammirazione che il ninja leggendario nutre per quell’uomo ormai passato a miglior vita. È stupito da come un ninja tanto potente possa rifarsi a ricordi così lontani provando ancora le emozioni legate a quei momenti. Ascolta ogni parola, curandosi di non interromperlo nemmeno per un attimo. La conclusione della storia dell’uomo, che vede il pallido volto del dainin tingersi di un mesto rammarico; causa lo stupore del deshi, che cerca lo sguardo del dainin spostando gli smeraldini occhi in cerca delle buie iridi dell’uomo. Nel caso in cui riesca ad incrociarne lo sguardo, gli lancerebbe un’espressione rassicurante, quasi di comprensione. Capisce il suo rammarico, la rabbia verso il compagno che, qualora fosse riuscito a controllarsi, avrebbe potuto evitare lo spargimento del sangue tanto caro ad Azrael. Ciò che accade durante il momento di pura tenerezza tra i due, lascia il deshi positivamente sbigottito. Sentire la mano sicura di quell’uomo sfiorargli la gota destra, asciugando le restanti lacrime che gli rigano il volto, gli fa sgranare gli occhi, incredulo dell’accaduto. L’espressione così rassicurante dell’uomo; quel sorriso così paterno, scatenano nel giovane allievo un turbinio di emozioni molto variegate: dalla paura dell’ignoto al profondo senso di riverenza e gratitudine verso l’uomo, passando per un forte scombussolamento derivato da quella istintiva coccola mai ricevuta prima d’ora. Lo sguardo del deshi, ancora lucido, si riempie di un rinnovato entusiasmo quando il Nara adulto gli sussurra quell’insegnamento all’orecchio. Si limita, pertanto, ad annuire, mentre un candido sorriso gli si stampa sul volto. Ha intenzione di mantenere la promessa appena fatta, costi quel che costi. Il tutto si concretizza in quella stretta di mano, ancor più significativa della precedente, nonché visibilmente più energica, quantomeno da parte del deshi, che vi riversa all’interno tutto l’entusiasmo provato durante l’incontro magico con il nuovo e prestigiosissimo maestro. Ride di gusto alla battuta del sensei, che sembra però non scherzare del tutto. Al biondo deshi non importa. Lui non fa promesse. Non ne ha mai fatte prima d’ora. Le ha sempre reputate una seccatura, perché non avrebbe potuto far altro che mantenerle. Non ha intenzione di farsi impaurire minimamente da quella considerazione, perché questa volta ha promesso di seguirlo a qualsiasi condizione. Non verrà meno alla parola data, a costo di incappare nella più grande seccatura della sua vita. Il Dainin riprende la parola poco dopo, introducendo nuovamente la storia del padre, settimo Kage della foglia. Il Nara biondo ha letto più volte di quella leggendaria figura sui libri di storia che era solito leggere. La figura di Khalux Nara è spesso associata a un florido periodo di pace per il villaggio della foglia, dovuto al tipo di governo illuminato che solo un intelletto sopraffino come quello di un Nara potrebbe instaurare. Lo sguardo ricolmo d’orgoglio del dainin al solo nominare il padre naturale va pian piano spegnendosi, al nominare la madre. Il giovane deshi comprende quasi immediatamente il perché. L’espressione dell’allievo va pian piano incupendosi, seguendo quella del maestro, al progredire del racconto. Sa che le azioni commesse dalla donna sono spregevoli. Una sensazione quasi di dolore interiore pervade il corpo dello studente ad ogni pausa presa dal dainin durante il racconto. Le espressioni che l’adulto assume sono più eloquenti delle parole stesse. Quel leggero spasmo muscolare alla palpebra sinistra, segno di profondo nervosismo, non viene trascurato dallo sguardo attento del biondo, che esamina ogni gesto con massima considerazione di ciò che potrebbe celare. Si limita a seguire il discorso mostrandosi sempre più interessato a ciò che il maestro narra. Sente che la mente dell’uomo sta entrando sempre più in contatto con la sua, eliminando pian piano filtri, barriere e qualsiasi cosa possa distanziare i due. Al momento di narrare della morte del padre, il dainin si lascia andare a un commiserevole scuotimento del capo, probabilmente dovuto a una rabbia non ancora del tutto metabolizzata per il fatto. Il climax del racconto si raggiunge quando il dainin racconta dell’ultima malefatta della madre, senza scostare minimamente lo sguardo dal deshi, che lo sostiene seppur con una certa fatica. Non è lo sguardo amorevole visto in precedenza, ma non potrebbe aspettarsi altro, per un racconto come quello. Quando lo shinobi adulto resta sul vago, asserendo che la madre avrebbe fatto ‘ciò che la sua mente malata desiderava’, il deshi dai capelli cinerei avverte una sensazione di inquietudine pervadergli il corpo, trovando il suo epicentro esattamente sul plesso solare, luogo dapprima sollecitato per l’impasto del chakra e sede di scarico di ogni sensazione sgradevole legata ai nervi. La cosiddetta morsa allo stomaco. Non ha ancora ben capito a cosa l’uomo si riferisca, probabilmente perché la sua mente, tendenzialmente buona, non potrebbe mai ordire un piano tanto perverso. Solo con ciò che il dainin aggiunge poco dopo, i tasselli vanno a completare l’inquietante puzzle poc’anzi solo teorizzato. L’allievo accoglie la notizia dello stupro subito dal maestro restando pietrificato. Sgrana gli occhi incredulo. Non ha mai pensato potesse esistere un tale livello di perversione e crudeltà nel mondo. Quella donna era il male incarnato. Capace di generare una vita da una violenza. Forse uno dei peggiori crimini a livello umano. Al limite del disgusto, il giovane ancora stupito dal racconto, si ricompone abbastanza rapidamente, sentendosi quasi sollevato al sol sentire di come Azrael avesse posto fine alla vita della megera. Non si può definire felice, ma avverte quel senso di rivalsa provato dal maestro che, seppur impassibile nello sguardo - che mantiene fisso ad osservare le verdi iridi del giovane, il quale lo ricambia con lo sguardo leggermente velato di rabbia riflessa verso quella donna - stringe il pugno sinistro. Un gesto, forse inconsapevole, atto a richiamare la memoria fisica di quel momento. Lo sguardo del deshi discosta, per la prima volta dopo un lungo lasso di tempo, da quello del Nara adulto, quando questi, terminata la storia, si riferisce al biondino, probabilmente cercando di sondare la sua reazione alle parole che pronuncia, scandendo il tutto con cura. Si dipinge come ciò che è, un uomo con pregi e difetti, allontanando da sé l’aura da divinità che l’opinione pubblica gli continua a cucire addosso. Quello che lancia allo studente è un avviso. Camminando insieme al dainin, non potrà più voltarsi indietro. Decidendo di stargli accanto, dovrà essere pronto ad affrontare qualsiasi cosa, ma soprattutto sé stesso, così come l’uomo adulto ha fatto in più occasioni. Il più grande nemico di un uomo, probabilmente, è il suo riflesso. Questo emerge dal racconto di Azrael, ora più che mai umano agli occhi dell’allievo. Sarà proprio quest’ultimo a rompere il silenzio con un sorriso, mentre rivolge lo sguardo ad una porzione di terreno vuota, in basso a destra del suo campo visivo. <Se pensa che bastino le pagine di un libro o qualche voce di corridoio a formare il mio pensiero, dovrà imparare a conoscermi meglio.> Continua a sorridere, mentre alza il capo lentamente, spostando lo sguardo dal suolo agli occhi del dainin. Gli occhi del biondo assumono un’espressione rassicurante. Non lo giudicherebbe mai. Nessuna persona intelligente giudicherebbe mai un’altra persona per una qualsiasi azione. Tantomeno lui giudicherebbe quell’uomo verso il quale prova un forte senso di empatia. <Il motivo per cui ho chiesto a Kaori-Sama di parlarmi del dualismo uomo-ninja è proprio perché ho sempre pensato che le due cose non fossero separate. Non esiste il ninja senza l’uomo, né l’uomo senza il ninja. Non ho mai chiesto di parlare con una divinità. Non me ne faccio nulla di racconti gloriosi, gesta eroiche e applausi della gente. Voglio capire il più possibile l’essere umano e non potrei farlo con una divinità al mio fianco.> Il sorriso si fa sempre più rassicurante, mentre prende un profondo respiro. Il tono della voce sicuro non lascia trasparire la minima esitazione. Il giovane ha come compiuto una metamorfosi dall’inizio dell’incontro fino a quel punto. La partita di Shogi è sempre più nel vivo dell’azione, tra i due e, una volta presa confidenza, i due avversari si lanciano in mosse ben più incisive, senza timore alcuno. <Le sembrerà strano, Az-Sama, ma sono ancor più convinto di accettare la sua offerta e diventare suo allievo. Sento di poter crescere come persona, oltre che come ninja, al suo fianco. > Gli occhi del giovane si inumidiscono nuovamente, ma questa volta non si abbandona al pianto, resta composto e prende soltanto un rapido respiro. <E poi, che seccatura essere una divinità. Tutti si aspettano la perfezione e basta sbagliare di poco che sono tutti pronti a puntare il dito. È proprio una noia. Essere umani è decisamente meno opprimente, come status.> Si lascia andare ad una nuova risata di cuore. Cerca di smorzare la tensione del discorso precedente come meglio può. Non mente quando dice di voler diventare suo allievo, soprattutto adesso che ne ha visto le varie sfaccettature. Quell’uomo può insegnargli la vita, cosa che vale più di qualsiasi tecnica ninja.

12:47 Azrael:
 Il proprio verbiare prosegue ininterrotto, gli occhi scri non lasciano mai la figura del giovane studente che assimila tutto ciò che il Dainin ha da dirgli senza mai interromperlo od intromettersi in alcun modo nel suo parlare. Un racconto che verrebbe terminato con l’ovvio, un ovvio che il Nara sente, comunque, di dover specificare < Di quanto ti ho raccontato non devi far parola con nessuno. Come se ciò che ho detto non fosse stato nemmeno rivolto a te. > Pronuncia calmo, prima di mettersi in ascolto di quanto Sanjuro ha da riferirgli. Si mostra sicuro, quasi più maturo di quando, poco tempo prima, ha semplicemente balbettato il nome del Dainin. Sembra pronto, sembra pronto alla più importante partita della sua vita. Pronto a non vvere più come semplice spettatore della vita, ma deciso ad essere protagonista ed attivo sceneggiatore. Azrael non può che accogliere quella volontà con un sorriso di complicità e soddisfazione, che snuda ancora una volta i denti candidi in un’espressione sincera e coinvolta. E poi—si alza. Si sollev dalla sua posizione, senza però lasciar intendere che la conversazione sia conclusa o che lui voglia avviarsi alla scalinata in ferro che lo porterebbe ai piedi del Monte, anzi. Comincia a muovere qualche lento passo attorno al Deshi, riprendendo la parola immediatamente dopo di lui. Ha pensato più e più volte al parallelismo che intercorre tra uomo e ninja. Egli stesso si è trovato più e più volte a dover scegliere quale delle due parti avrebbe dovuto avere la meglio, prima di giungere alla conclusione che la risposta è: nessuna ed entrambe al contempo. E sente, ora più che mai, di dover rendere partecipe qualcun altro delle sue riflessioni e delle conclusioni che ne ha tratto. < Vedii, Sanjuro… uno sciocco potrebbe pensare che dobbiamo essere trattati in modo diverso. Serviti e riveriti come esseri superiori ed, al tempo stesso, redarguiti e puniti quando ci dimostriamo inevitabilmente indegni di tale onore. > Parla, parla e parla ancora, certo del fatto che il biondo lo starà seguendo con occhi ed orecchie, se non addirittura si fosse alzato, ma che mai si sarebbe allontanato dalla propria posizione. < E tutto questo perché? Perché siamo Ninja. > Scuote il capo, liberando dalle narici un sonoro sbuffo di scherno nelle persone che hanno suscitato in lui quelle riflessioni, che si sono mostrate deluse quando l’uomo ha preso il sopravvento sullo shinobi, non comprendendo quanto fosse necessario ed inevitabile. < E allora io mi chiedo: un Ninja non ha occhi? Un Ninja non ha mai, organi, misure, dimensione, sensi, affetti, passioni? Non mangia lo stesso cibo? Non viene ferito dalle stesse armi? Non è succube degli stessi disastri? > Ed ancora continua, senza apporre troppe pause, la propria serie di domande retoriche, continuando ad aggirare la figura del Deshi, muovendo teatralmente la mancina a rafforzare il concetto che sta cercando di esprimere < Non guarisce allo stesso modo? Non sente caldo o freddo, nelle stesse estati e negli stessi inverni, nel medesimo modo di ogni altro uomo? > Non gli pare un concetto difficile, eppure – per molti – pare esserlo. Sembra che sia troppo difficile comprendere le ragioni per cui un ninja soffre anche più di un altro comune essere umano, perché ha sulle spalle il peso e la responsabilità di tenere al sicuro tutti gli altri, oltre che se stesso. < Se ci ferisci, non sanguiniamo? Se ci fai il solletico, noi non ridiamo? E se ci avvelenate, noi non muoriamo? > Solo adesso si prende una breve pausa in quello che è, a tutti gli effetti, un monologo. Un dar voce ai propri soliloqui interiori, per essere ascoltato da qualcuno che, almeno così spera, possa comprenderlo a pieno. < E se tutto questo è vero, se siamo in tutto e per tutto esseri umani, abbiamo lo stesso diritto di piangere, provare rabbia, vendicarci e risanare ai torti ed alle cattiverie che ci vengono rivolte. > Questo è quel che ha compreso, dopo tutti questi anni in cui il Ninja ha avuto la meglio sull’uomo che è Azrael Nara. < Ho ucciso la donna che amavo, in nome di tutto questo. Non sono state le mie mani a strapparle l’anima dal corpo, ma l’ho portata agli ANBU, quando le sue azioni si sono messe contro la Konoha che avevo giurato di proteggere. Ho lasciato in carcere mia madre, perché la giustizia aveva sancito la sua condanna e io non sentivo di dovermi opporre. La verità è che… > Abbozza un sorriso a mezza bocca, trattenendo un leggero risolino che si manifesta solo come un leggero tremare del petto < La verità è che per essere Ninja dobbiamo curarci prima del nostro essere uomini. Ragionare e renderci conto di cosa possiamo fare, di dove possiamo spingerci, in modo da mantenere sempre la sanità e l’equilibrio necessari a compiere le nostre missioni ed eseguire le nostre tecniche senza annullarci o peggio, senza divenire traditori. > E questo è quanto. Questa la fine del lungo discorso che lo porterebbe, alla fine, a trovarsi di profilo nei confronti di Sanjuro, verso cui ruoterebbe il capo per guardarlo con un radioso e sereno sorriso. < Ci sono altre cose che ci differenziano da tutti gli altri, però. Possiamo fare l’impossibile, se solo lo desideriamo abbastanza. Ed io spero, con tutto me stesso, che tu abbia abbastanza volontà in te da-- > Una breve pausa, atta ad aizzare ed accendere la curiosità del giovane Nara prima che Azrael allunghi verso di lui la mancina ed applichi abbastanza pressione da, letteralmente, lanciarlo giù dal dirupo, lungo il costone di roccia del Monte dei Volti < --volare, ad esempio. > [ Chakra ON ]

10:51 Jin:
 Si limita ad annuire alla richiesta del dainin di non fare parola di quanto appena narrato. Non lo avrebbe fatto comunque, comprendendo la gravità e l'intimità del racconto di Azrael, che si è completamente messo a nudo scoprendo la propria personalità, quantomeno in parte. Lo sguardo fiero e il sorriso del Nara adulto all'udire il discorso del biondo giovane, infonde nuova sicurezza in quest'ultimo, che continua il suo breve intervento atto a spiegare perché reputa il dainin la giusta figura da seguire. Terminato il discorso, in un attimo di silenzio, il dainin fa' per alzarsi. Leggermente perplesso dall'azione, il deshi lo segue specularmente, pensando che l'adulto stia muovendo i primi passi verso la chiusura della conversazione. Così, invece, non è. Il dainin, infatti, si limita a camminare intorno al deshi, descrivendo dei semicerchi frontali al biondo, ripassando più volte sulla stessa semicirconferenza. Il biondo non può far altro che star fermo sul posto e seguire con la testa i movimenti quasi ipnotici dell'uomo, che prende parola immediatamente, iniziando un profondo discorso di analisi sul dualismo uomo-ninja, argomento di profondo interesse per il deshi, che ricorda solo in quel momento di essere lì proprio per quella domanda posta alla sensei Kaori. Nel lasso di tempo trascorso a parlare con l'uomo di ogni argomento possibile, ha dimenticato il vero motivo che lo ha portato lì. Segue i movimenti ripetitivi del dainin ascoltando attentamente il suo discorso, con un'espressione estasiata, degna di un fedele in preghiera all'altare. Sa che l'uomo con cui sta parlando, dato il profondo intelletto e le molteplici esperienze vissute, è il migliore con cui possa fare un discorso tanto complesso. Continua a mantenere lo sguardo concentrato sul labiale dell'uomo, quasi a non voler perdere nemmeno la più piccola emissione d'aria dall'orifizio buccale dell'uomo. Ad ogni breve pausa dell'uomo, lo sguardo di Sanjuro si fa più bramoso di nuova conoscenza. Per il giovane, Azrael rappresenta un pozzo di conoscenza nel quale, calato il secchio più volte, il livello dell'acqua si alza, piuttosto che abbassarsi. L'unico cambio di espressione del biondo si verifica quando l'uomo parla delle proprie esperienze in quanto ninja. Quando Azrael parla di come ha condotto la donna che amava, probabilmente fuorilegge, dagli Anbu o della decisione di non opporsi alla condanna della madre, l'espressione del deshi si illumina. No, non di felicità. Grazie all'uomo, a quel suo ultimo intervento così razionale, il ninja dalla chioma aurea comprende l'essenza di ciò che vuol dire essere un ninja. Realizza anche che, data la sua capacità di ragionare e mantenere lucido il pensiero, la carriera da ninja potrebbe fare per lui, soprattutto se accompagnato a un ninja di quel calibro. Questa rinnovata volontà accende una fiamma di entusiasmo sul volto del giovane, che con voce tremante dall'emozione e ricolma di coinvolgimento per il monologo appena udito, si limita ad esclamare semplicemente <Grazie, Az-Sama!>. Si zittisce repentino quando nota che il dainin non ha terminato il suo dire. Si scuserebbe a quel punto con un cenno della mano destra, portandola in alto aperta fino a raggiungere l'altezza del proprio volto, mostrando il palmo al dainin che, terminato l'ultimo concetto sulla volontà ninja con una frase in sospetto, riceve dal deshi uno sguardo leggermente intontito. Non si spiega il perché di quella pausa. L'uomo intanto si ferma davanti al biondo, dandogli il profilo sinistro, per poi ruotare il candido volto verso di lui. Ciò che accade dopo è quanto di più strano l'allievo potesse immaginare. Dopo tutto il pomeriggio passato a parlare insieme, stabilendo un legame che pensava profondo, quasi padre-figlio, si ritrova a cadere giù da un dirupo alto svariati metri. Non riesce a contarlo e non credo che si possa biasimare. Ha gli occhi sgranati mentre sente il vuoto sotto ai piedi. Non urla nemmeno. Il fischio del vento a quella velocità di caduta si mesce alla impazzita frequenza cardiaca in una melodia della morte fatta di fiati e tamburi. È proprio durante la caduta che si sente tradito dall'uomo. Qualcuno che è stato capace di risvegliarlo dall'ombra di apatia che lo ha sempre circondato e lo tradisce subito dopo, tentando di ucciderlo. Lui, nella sua innocenza, non ha mai pensato potesse accadere, restando immobile sul ciglio del precipizio, protetto da quella figura paterna che mai ha avuto la fortuna di trovare. Tutte queste scene poco prima vissute gli passano per la mente come fotogrammi veloci, dissolvendosi pian piano. Sente i sensi abbandonarlo, il sangue raggiungergli la testa in una rapida vampata di calore al cranio. Sta per perdere conoscenza. Fa solo in tempo a muovere il capo verso il suolo dove è destinato ad impattare rovinosamente. Vorrebbe richiamare il chakra nel disperato tentativo di sopravvivere alla caduta, ma non ha ancora imparato a farlo senza concentrarsi profondamente. Ciò che gli resta da fare è chiudere gli occhi, mentre numerose lacrime gli scappano via dai dotti lacrimali, venendo presto portate via dal forte attrito dell'aria. Non è triste perché sta per morire, è troppo razionale per quello. È più intristito per tutto ciò che ha provato prima del fatidico momento. E adesso, poco prima di completare la caduta, pensa che sarebbe stato meglio morire nell'apatia, piuttosto che assaporare la vita per un attimo, legami e speranze comprese. Chiude gli occhi, aspettando la propria fine. Buio.

10:52 Azrael:
 Ed ecco che il discorso termina nella più totale concentrazione da parte del biondo che lo segue ammirato e con la stessa devozione che un fedele dovrebbe alla propria divinità. Vedere il modo in cui, con poche semplici parole e qualche arguta riflessione, è riuscito ad accendere una scintilla di vita su quelle ceneri di apatia che l’allievo porta con sé da tutta la vita, beh, è una sensazione rinvigorente, che quasi dà assuefazione. Vuole che stia con lui, vuole vedere quel fuoco ardere e divampare radendo al suolo ogni minima incertezza, lasciando soltanto un Ninja risorto come fenice dalla cenere. Un Ninja in grado di renderlo fiero ed orgoglioso, magari un giorno anche in grado di prendere il suo posto, di portare alto il nome del clan che Khalux e Shikamaru prima di lui hanno reso grande e prospero. Ma poi la nota, quella sensazione di stupore, sorpresa e delusione dipingersi negli occhi di smeraldo dell’allievo, mentre s’avvia ad una caduta di innumerevoli metri, forse più di quanti il Deshi ne abbia mai percorso in vita volontariamente. Una caduta infinita, che porterebbe anche il più promettente degli shinobi alla morte certa. Ma non è questo che Azrael vuole fare, non è tra le braccia del Tristo che vuole abbandonare il giovane Sanjuro, appena iniziato alla vita. Si volta, ruotando il busto in modo da essere frontale al precipizio in cui ha poc’anzi lasciato cadere lo studente, senza nemmeno troppa forza. Le braccia s’aprono, totalmente distese ai rispettivi lati e gli occhi si chiudono sulle iridi d’onice del Sadico. Il petto si gonfia di un profondo respiro che gli allarga le narici, mentre le labbra si incurvano in un sorriso soddisfatto e, quasi, arrogante. Un passo viene mosso in avanti, il piede sinistro a fluttuare nel vuoto, portando l’asse di Azrael quasi vicino alla consapevole caduta. < Scatto matto, Sanjuro. > Sussurra, riaprendo gli occhi e lasciandosi cadere in avanti, in un mezzo avvitamento che lo porta a trovarsi perfettamente perpendicolare al terreno su cui entrambi potrebbero schiantarsi senza possibilità di scampo. Le braccia si uniscono al busto, in maniera da favorire l’annullamento dell’attrito con l’aria, favorendogli una velocità maggiore a quella che ha imposto all’allievo poco prima. Può ancora vederlo, notare – quasi come se gli leggesse nel pensiero – tutta la vita che gli passa davanti, la delusione di essere stato tradito dalla figura a cui ha dimostrato solo poco prima il suo cuore, la sua mente e la sua anima. L’aria gli sferza il crine corvino, gli pizzica la pelle, mentre i profili dei volti dei defunti Hokage passano a far da sfondo, permettendo al Dainin di calcolare esattamente la metratura percorsa in caduta. Si avvicinano e si avvicinano le due figure, quella del Dainin mossa dal maggior controllo avuto in volo e dalla spinta che si è dato quando era all’orlo del precipizio, fino a portarli quasi uno accanto all’altro. Ne nota gli occhi chiusi, le lacrime che gli sfuggono via dagli occhi occlusi dalle palpebre, andando a colpire come proiettili perlacei l’aria attorno a loro, disperdendosi in essa in una scia quasi cristallina. < La vita non si affronta ad occhi chiusi, Sanjuro! > Gli urla, sperando che questo basti a fargli notare che Azrael è lì accato a lui, cadendo allo stesso modo, sottoposti alla stessa legge di gravità a cui ogni corpo materale deve sottostare. < Se davvero vuoi che ti insegni a volare, dammi la mano. > La voce un po’ più bassa, ora, ma ugualmente udibile nel circondario. Le mani si uniscono al petto, giunte come in preghiera per qualche istante, assicurandosi solo dopo che avrà compiuto il sigillo della scimmia, che lo studente gli stia prestando attenzione. Allunga la mancina, porgendola al ragazzo dal biondo crine mosso e disperso dal vento. Attenderebbe che questo raccolga il suo implicito invito e, solo in quel momento, il suo chakra andrebbe a fluire rapido ed impetuoso nel corpo, invadendo il keirakukei in sottilissimi ruscelli cerulei che andrebbero a riversarsi verso tutti i punti di fuga del corpo. Tali tsubo verrebbero aperti all’unisono, consentendo all’energia vitale di ogni Ninja di cospargere il proprio essere dalla punta dei capelli a quella dei piedi, permeando in maniera uniforme ed esemplare ogni singola ansa formata da muscoli e vestiti. Passerebbe, dunque, a ricoprire il braccio che lo collega alla promessa del clan delle ombre, passando per quella stretta tra le mani di entrambi – se essa fosse avvenuta – per ricoprire anche il giovane Deshi allo stesso modo. Non potrà vederlo, ma potrebbe sentirsi avvolgere dalla calma e placida energia del Dainin, che lo abbraccerebbe come ogni padre dovrebbe fare col proprio figlio, come il padre di nessuno dei due Nara ha mai voluto o potuto fare. Chiuderebbe gli occhi, a questo punto, lo shinobi delle ombre, andando ad immaginare proprio l’albero sotto cui si sono riparati all’inizio di quella conversazione. Ne delineerebbe il tronco ed i rami, le fronde smosse dal vento che soffia sull’altura del Monte da cui stanno precipitando. La mente passerebbe, poi, ad aprire tutta l’immagine mentale creata per formare il pavimento di pietra che circonda quella breve oasi di vegetazione, fino a formare il panorama che, da lì, si apre su tutta Konoha. E così, in un semplice battito di ciglia, i due si ritroverebbero proprio nel posto che Azrael ha pensato e ricreato nella propria psiche. In piedi, uno di fronte all’altro. Non più vento violento a colpire le loro figure in caduta, ma una morbida brezza che li avvolge e li coccola. L’ombra dell’albero che ricopre le loro, tutto il Villaggio della Foglia ai loro piedi che fa da spettatore a quanto è stato appena compiuto. Un attimo e tutto è finito. Non più la nera morte ad attenderli, ma solo l’inizio di una nuova Vita. [ Dislocazione Istantanea Superiore – Chakra ON ]

16:08 Jin:
 Continua a volteggiare nell’aere, il biondo Sanjuro che, sospeso nel limbo tra il conscio e l’inconscio, si estranea quasi dal proprio corpo. La paura di morire è capace di far compiere agli esseri umani cose incredibili. Si vede cadere da quell’impressionante altezza. I volti dei kage, nella loro marmorea imperscrutabilità, osservano la scena. Al deshi piace immaginare che, qualora anche uno solo dei nove fosse presente, si precipiterebbe a salvarlo. Magari proprio Khalux Nara, che avrebbe poi fatto seguire il salvataggio ad una bella lavata di capo per Azrael. Nonostante tutto, osservandosi dall’esterno con la profonda razionalità che lo contraddistingue, superato l’impatto iniziale e la primordiale paura della morte, facendosi scudo con la rassegnazione ad una fine che sembra ormai prossima, lui non odia quell’uomo. La metà sinistra e la destra del suo cervello sono stranamente in accordo. Non si può odiare qualcuno verso il quale ci si è scoperti tanto. Non immediatamente, almeno. Il cervello umano è bizzarro. Può metterci un secondo ad amare, ma per odiare c’è bisogno di un assestamento, di metabolizzare perché si odia una determinata persona. L’odio è un sentimento più razionale dell’amore. Amore che, seppur filiale, ha per un momento provato verso quell’uomo. Forse lo prova tutt’ora. Il buio degli occhi serrati, intervallato da qualche fotogramma istantaneo, permette al biondo di scorgere il terreno sempre più vicino. Non sa perché apra gli occhi di tanto in tanto. Forse è la curiosità di vedere come morirà; forse si tratta semplicemente di non arrendersi all’idea di morire da codardo, rifugiandosi nel buio, come quando da bambino si nascondeva sotto il letto per evitare le botte del padre. Le parole di Azrael lo hanno cambiato, anche adesso che si avvia verso il mesto finale della propria vita, a causa proprio del maestro. Anche adesso, che dovrebbe rinnegare tutto ciò che quella conversazione gli ha permesso di comprendere, lui continua a farne tesoro, custodendo il tutto gelosamente nella tasca più interna del proprio intelletto. È proprio nel momento più introspettivo dell’apparentemente infinita caduta che il giovane viene riportato al mondo dal suono familiare di una voce. Sorride, prima ancora di aprire gli occhi e voltarsi alla propria destra. Ha riconosciuto la voce, sicura e tonante, di Azrael. Il ninja leggendario si trova proprio accanto a lui, cadendo esattamente alla stessa velocità. Gli urla di aprire gli occhi. Con la fedeltà che solo un allievo esemplare può mostrare verso il proprio maestro, il giovane deshi non si fa ripetere due volte il monito. Apre di scatto gli occhi, mantenendoli questa volta aperti. I precedenti fotogrammi si uniscono nella pellicola degli ultimi momenti di vita. Paradossalmente, nonostante la situazione attuale sia la stessa e la caduta proceda inesorabile, trascinando i due corpi umani verso la superficie terrestre, pronta a rappresentare il traguardo finale, il biondo è visibilmente tranquillo. Avere accanto l’uomo verso il quale nutre quel profondo senso di stima, mai sentito prima d’ora, lo rende sereno. Quasi dimentica che la situazione è stata creata dal dainin stesso, che poc’anzi lo ha spinto giù dal dirupo. E nonostante tutto, non è sorpreso di vederlo lì accanto a lui. Forse, in cuor suo, non ha mai smesso di credere in ciò che ha vissuto poco prima. Ha continuato a credere nella buonafede dell’adulto, nel suo profondo. È proprio quando questi lo invita a dargli la la mano che, con tutti i muscoli tremolanti per il forte attrito, il deshi obbedisce senza esitare. Sa che qualcosa è in serbo per lui. E forse sente che non è questo il suo giorno. Aggrappatosi alla mano sinistra di Azrael con la sua destra, il biondo osserva attentamente il volto concentrato del dainin. Viene poi colto da un’improvvisa sensazione di sollievo, che spazza via anche quegli ultimi residui di paura. Da quella stretta di mano sente sprigionarsi una sicurezza tale da fargli tenere ben aperti gli occhi, seppur invasi da quel fortissimo vento d’attrito. Gli occhi gli si tingono di rosso sangue. Tutti i capillari sono ben visibili, in rilievo, sulla candida cornea. In una situazione normale, avrebbe avvertito il dolore e li avrebbe chiusi di scatto. In quella situazione, pervaso da quella profonda energia infonditrice di serenità, incapace di avvertire quel dolore per un breve lasso di tempo, preferisce vedere ciò che sta accadendo intorno a lui. Il suolo è sempre più vicino, tanto da distinguere le fronde dei verdi alberi smosse dalla leggera brezza tipica di quel momento del giorno. Dal suo punto di vista l’immagine è terrificante. Il suolo continua inesorabile a farsi più nitido alla sua vista, ad una velocità impressionante, mentre il vento continua a fischiargli nelle orecchie. Riesce quasi a scorgere le venature dei vecchi tronchi degli alberi saldatisi negli anni al terreno, tanto è arrivato vicino al suolo. D’un tratto, totalmente all’improvviso, un forte lampo di luce lo costringe a chiudere gli occhi per un istante. Ciò che trova alla riapertura lo scombussola e non poco: il tutto è tornato normale. I due sono uno di fronte all’altro, proprio come prima della caduta. Non si spiega come questo sia possibile, nemmeno mettendo al lavoro la totalità della materia grigia, assumendo un’espressione a metà tra il disgustato e il concentrato. Il fischio del vento continua ad essere pienamente udibile, seppur sempre più fioco, di contro ad un vento effettivo che, in quella posizione, non è nulla più che una semplice brezza. L’iride smeraldina, contornata da molteplici capillari vermigli, si posa sul dainin. Gli occhi, seppur semichiusi, a causa del dolore provocato dall’apertura in caduta, non smettono di visualizzare l’immagine di quel terreno sempre più vicino, pronto a disintegrarlo all’impatto. L’improvviso spostamento di zona durante la caduta non ha permesso al suo cervello di abituarsi alla nuova situazione tranquilla. Questo si traduce nell’espressione nauseata e nei conati di vomito trattenuti a stento, per non perdere del tutto la dignità di fronte all’uomo. Seduto a terra, con il ginocchio destro sollevato e il corrispondente braccio adagiatovi sopra, il giovane riesce soltanto a pronunciare poche parole, osservando attentamente il volto del dainin, con quello sguardo da talpa alla prima vista del sole. <P-p-erché?> La voce tremante e sussurrata del giovane lascia intendere quanta fatica stia facendo a trattenere il vomito. Si limita a distendere entrambe le gambe e accasciarsi al suolo con gli occhi chiusi, portando le mani incrociate dietro la testa. Cerca di far passare quei forti capogiri artigianalmente, prendendo respiri profondi che gli gonfiano visibilmente il diaframma, espirando poi con la bocca, lentamente. Non è abituato al teletrasporto e fatica a credere di poterci fare l’abitudine tanto presto. Si limiterebbe a sollevare la mano destra da quella posizione di incrocio dietro la testa, per poi alzare il pollice, confermando di essere cosciente e in grado di ascoltare la spiegazione. In seguito, esorterebbe il ninja adulto a spiegarsi aprendo tutta la mano e ruotando il polso più volte. Vuole sentire una spiegazione e, ancor di più, sentirsi rassicurato dalla voce di Azrael, verso il quale, eccetto in un primo momento, non ha mai nutrito vero risentimento per l’accaduto.

16:26 Azrael:
 Oramai quella tecnica è uno degli unici modi in cui si sposta il Dainin. È più che abituato al repentino cambio di prospettiva, di atmosfera, i conati di vomito sono solo un lontano ricordo dei suoi primi tentativi di attuare quel jutsu. Senza dubbio alcuno, ovviamente, il deshi non è dello stesso avviso, non è pronto ad una serie di emozioni così forte conclusasi con quel cambio di locazione così rapido ed improvviso. Si contorce, il suo giovane viso, in una serie di espressioni disgustate, conati trattenuti, respiri atti a non rigettare tutto il contenuto dello stomaco. Il Nara adulto si trova a sorridere di riflesso, comprensivo ed intenerito da quella scena che un po’ gli ricorda il se stesso del passato, dopo i primi viaggi fatti con Yukio da una zona all’altra dei grandi paesi ninja. < Tieni gli occhi chiusi per un po’ e governa la tua mente in modo da slegarla dalla confusione dell’esserti dislocato. Ti aiuterà. > Un consiglio che, al tempo adeguato, ha sortito ottimi effetti sullo stomaco dello stesso Azrael, provato strenuamente dallo stesso malessere. Alla domanda dello studente, balbettata e biascicata in modo da non essere interrotta dall’ennesimo rigetto gastrico, andrebbe a porre entrambe le mani dietro la nuca, intrecciando tra loro le dita e permettendo ai palmi di formare un perfetto alloggio per il proprio capo, rivolto verso l’alto nell’atto di rimirare gli sprazzi di nuvole che solcano il cielo terso di Konoha. < Perché potevo. > Una risposta da subito non chiarissima, ma data con voce decisa e tranquilla al tempo stesso, tipica di chi conosce esattamente il peso di quanto sta proferendo ed il suo più recondito significato. < Perché sapevo fosse in mio potere lanciarmi al tuo fianco e salvarci entrambi. La morte e la delusione aspetta ogni ninja dietro l’angolo, tutti i giorni. Solo chi è consapevole delle proprie capacità è in grado di sfuggirvi. E perché volevo ti fidassi di me. Perché avevo bisogno della certezza che avresti aperto gli occhi e mi avresti teso la mano, qualunque fosse il pericolo e la situazione ad incombere su di te. > Termina, dunque, allungando la mancina per dare una pacca sulla schiena di Sanjuro, nel preciso spazio attorno alle scapole. Un po’ per comunicargli anche fisicamente il proprio apprezzamento, un po’ per rendergli più ardua l’impresa di trattenere i conati, da bravo Sadico qual è. E solo a questo punto andrebbe a rilasciare le braccia mollemente lungo i fianchi, avviandosi a grandi falcate verso la metallica scalinata per la discesa dal Monte. La conversazione è finita, il loro incontro ha dato i suoi frutti ed Azrael non ha più null’altro da dire al deshi se non un gioviale < Alla prossima partita, ragazzino. > [ se end ]

17:18 Jin:
 Il forte bruciore all'esofago rende difficile la deglutizione. Con sforzo, una piccola aliquota di saliva, riesce a passare per il tubo digerente, mitigando un po' la sensazione sgradevole. Il vento calmo gli carezza il volto, rendendo il forte scombussolamento iniziale, pian piano più sopportabile. Apre gli occhi per richiuderli poco dopo. La luce solare gli arreca un forte fastidio, in quello stadio. Per non parlare del rossore tanto acceso dei suoi occhi, che continuano a lacrimare, probabilmente per mantenere l'omeostasi e recuperare il giusto grado di umidità della cornea. Le lacrime, né di gioia, né di dolore, gli scendono sul volto, accarezzandogli la pelle ancora contratta in espressioni di tensione, depositandosi nelle rughe che quelle smorfie gli provocano. Le parole di Azrael, focalizzate ad aiutarlo nella ripresa di uno stato quantomeno non prossimo allo svenimento, piombano improvvise al timpano del giovane, che le recepisce leggermente confuse, ma ne coglie il messaggio. Visualizza all'interno della propria mente il luogo in cui è sdraiato. Tramite l'immagine fittizia generata dalla propria coscienza, è quasi in grado di afferrare un pugno del terriccio presente nel suolo e saggiarne la granulosità. Tramite il fruscio delle fronde dell'albero che ha accanto riesce ad avere un'immagine piuttosto dettagliata anche del cormo vegetale e dell'ombra che riesce a proiettare proprio sul giovane stesso. Figurandosi la posizione dell'albero e dell'ombra che esso proietta, è in grado di determinare la posizione del sole, seppur approssimativamente. La strategia, adesso che la mente ha ricostruito tutto l'ambiente, è quella di ruotare leggermente il capo verso la posizione opposta a quella del sole e tentare di aprire gli occhi, così da non traumatizzarli con una luce troppo forte, seppur filtrata dalle fronde degli alberi. Ruoterebbe, pertanto, il capo nella direzione desiderata, aprendo successivamente gli occhi. Nonostante il bruciore gastrico, dovuto alla risalita dei succhi gastrici, il senso della vista si è ristabilito completamente, permettendogli di tenere gli occhi aperti, seppur doloranti. Si volta, con gli occhi visibilmente sforzati dal gesto dell'aprirsi, verso il maestro, con sguardo interrogativo. La risposta 'perché potevo' è chiaramente insufficiente a giustificare un gesto simile. L'adulto non fa attendere una spiegazione più dettagliata che lascia interdetto il giovane, capace di sgranare gli occhi sorpreso anche in quello stato. Solleva la schiena, sedendosi sul suolo. Lo sguardo rimane fisso sul dainin che continua a spiegare. Si limita a sorridere per quanto il gesto sia stato estremo. <Non faccio mai promesse, proprio perché mi scoccia mantenerle. E se non le faccio, è perché morirei per mantenerle.> Tuona con voce sicura il giovane, che vede il dainin avvicinarsi e dargli una pacca sulla schiena, che non fa altro che coadiuvare il reflusso gastrico, aggiungendo nuovo bruciore all'esofago già malridotto. Chiude gli occhi in un'espressione di dolore per quel bruciore interno, quanto basta per notare la figura del dainin già giunta alle scale metalliche per discendere il monte. Si congeda con una sfida al prossimo match. Il deshi la accoglierà sempre e comunque, sperando che questa volta non sia in pericolo la propria vita. Andato via il maestro, al biondo non resta che riaccasciarsi con la schiena al suolo, chiudendo gli occhi. Dormirà lì, protetto dalle materne fronde del grande albero, prima di avviarsi a casa barcollando. [END]

La divina provvidenza, altresì conosciuta come Kaori Hyuga, porta il giovane Sanjuro da Azrael, per discutere con lui di alcune questioni sorte alla sua prima lezione. Ma, già che il Dainin ama fare le cose semplici e per nulla traumatiche, gli domanda di divenire suo allievo e tenta di ucciderlo. Poi lo salva, eh.