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La sfortuna vien mangiando

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con Hayate, Araki

23:35 Araki:
  [strada Principale - Panca] A coloro che a prima vista lo guardano, par sempre un ragazzo dall'aspetto… piuttosto equivoco. In mezzo alla folla non è di un’individuo che si nota affatto, nonostante gli abiti rigorosamente neri possano contraddire questa affermazione. Nero e il lungo cappotto che gli taglia le ginocchia e nere sono le scarpe, come i pantaloni del resto e i suoi lunghi capelli, capelli che a stento riesce a tenere sotto controllo, periodicamente sistemandoli dietro le orecchie. Gli occhi sono tuttavia quella caratteristica che potrebbero definirlo assai bizzarro, per non dire inquietante, almeno a chi non ha intenzione di andare oltre le apparenze. Alcuni si accontentano di ammirare la copertina. Occhi scuri così penetranti che quando incrocia gli sguardi dei passanti, un brivido gelido può correre lungo la loro schiena. <…> in silenzio se ne resta, seduto su di una panca a lato di una delle strade principali, illuminata dalle numerose lampade che segnano il cammino ai viandanti notturni. Contempla il cielo notturno e il centro cittadino senza pensieri (o magari no). Un’ombra più che una persona.

23:36 Hayate:
  [Strada Principale] La sua dose odierna di allenamenti può dirsi conclusa oramai, come testimonia il suo panino sulla mano destra. Non esattamente ciò che preferisce, ma per una cena veloce può andar bene anche la carne macinata dell'hamburger. Andavano piuttosto di moda nella sua classe di Deshi all'Accademia, sebbene nulla sia come il ramen, o il sushi. <Sushi...> Ripete, pur addentando il panino. <Perdonami se ti ho tradito!> Con la bocca piena. Cammina con la sua solita tuta nera dalle strisce celesti lungo le maniche della giacca, il coprifronte sistemato al centro della fronte, con la fascia azzurra - dello stesso colore degli occhi - incastonata nei capelli corvini. Continua a mangiare, camminare e parlare insieme, chiaramente da solo. <Devo decidermi a comprare dei vestiti!> Esclama. <Se dovessi rovinarmi questa tuta cosa farei? Non posso proprio...> E infatti, un pezzo di carne si stacca dal panino, quasi avendo vita autonoma, per rotolare lungo la giacca della tuta, macchiandola con la salsa. <... Non ci posso credere. Dannato gufo!> E si ferma, basito. Si guarda intorno, incerto se accusare se stesso per la sfiga procuratasi o se invece indagare altrove. Poche persone si aggirano per strade. Sguardi stanchi ed assonnati, gente che corre a casa, nessun bambino con facce normali, eccetto... <Tu! Mi guardavi?> Domanda a quello che sembra essere un ragazzino seduto. Guarda i suoi occhi, con il proprio sopracciglio sinistro che si alza perplesso. <Strano è strano.> Sussurra a se stesso, impercettibilmente.

23:45 Araki:
  [strada Principale - Panca] I suoi occhi seguono i passanti, alcuni si muovono verso le loro dimore, stanchi, mentre altri in silenzio passeggiano a proprio agio avvolti dall’abbraccio tenebroso della notte. In silenzio lo studente riflette su molti argomenti, fra i quali i suoi progetti futuri. Lo fa un po’ per abitudine e un po’ per… paranoia personale. Ognuno ha le proprie caratteristiche, pianificare in maniera metodica è quelle di Akira. Costantemente a confabulare e a creare stratagemmi. Poi però qualcosa di insolito accade che spezza il suo flusso di pensieri. Raramente qualcuno gli rivolge la parola, questa pare essere una di quelle fortunate (o sfortunate, dipende dai punti di vista) occasioni in cui capita. Non muove un muscolo tranne per quelle dense iridi nere che vanno immediatamente a squadrare il nuovo interlocutore. Una semplice analisi del suo abbigliamento lo aiuta a farsi un’idea preliminare di chi abbia di fronte. <…> un momento di silenzio precede la sua risposta <… dovrei avere un motivo particolare per farlo?> quei vortici neri che chiama occhi analizzano il ragazzo dalla testa ai piedi, cercando di trovare altri dettagli che possano aiutarlo a concludere un’analisi più scrupolosa del genin. Non aggiunge altro al momento.

23:56 Hayate:
  [Strada Principale] Osserva il ragazzo avvicinandosi ulteriormente, fermandosi a pochi passi da lui. Con la destra stringe ciò che resta del suo panino, sopravvissuto ai morsi e alla caduta a valanga sulla sua tuta. <Un motivo particolare?!> Domanda, ancora indeciso se sia stato lui a gufare o meno. <Non lo so: volevi il mio panino? Hai fame? O sei geloso della mia tuta?> Poi, rendendosi conto che anche lui veste del medesimo colore, si corregge: <Forse delle mie strisce celesti?> E stringe gli occhi, trasformandoli in due fessure appena visibili. <Ma la vera domanda è: porti sfortuna?> E nel farlo si avvicinerebbe ulteriormente, chinandosi su di lui, così che gli occhi celesti si possano incontrare a pochi centimetri soltanto da quelli del Deshi. A separarli, ora, nemmeno un metro di distanza. Lo osserva in silenzio, sospettoso e guardingo. Simile a un gatto che scruta il proprio avversario: manca solo che inizi a miagolare e ad arruffare il pelo. Solo, quasi a voler smorzare la tensione - ma senza in realtà volerlo per davvero, è solo la fame a muoverlo - addenta un altro pezzo del panino, e masticando, continua a guardarlo, con aria che vorrebbe essere minacciosa, ma forse con scarso effetto considerata la carne che si aggira nella sua bocca. <Ch shee?> Domanda, incomprensibilmente, con la bocca ancora piena. <Sh uu eemicco?> Difficile che l'altro capisca qualcosa: solo i suoi occhi parlerebbero, minacciosi. Almeno quelli.

00:06 Araki:
  [Strada Principale - Panca] Oserebbe pensare che si tratti di uno strano individuo, se non fosse che la Foglia è zeppa di personaggi del genere, eccentrici e colorati. Le dense iridi nere osservano ancora il ragazzo e il suo bizzarro modo di fare e di dialogare con gli estranei, specialmente nel cuore della notte. <…Non ho fame. Non sono geloso della tua tuta.> breve pausa <…tanto meno delle tue strisce celesti.> conclude al momento, soffermandosi a riflettere se lui porti sfortuna, così da poter offrire la risposta più razionale possibile. <Si.> risponde in fine, mandando al diavolo la ragione abbracciando così l’irrazionalità e le sue misteriose vie di manifestarsi. <A coloro che si avvicinano troppo a me spettano sette giorni di sventura. L’ultima volta che un estraneo si ma toccato è sparito nel nulla.> mente, ovviamente, senza però alterare in alcun modo la sua espressione o il tono di voce. <Sono un nemico del destino, portatore di sventure e malocchi.>

00:20 Hayate:
  [Strada Principale] <...> Indietreggia per raddoppiare la distanza, senza aggiungere nessun commento per qualche secondo, soppesando le parole del se dicente iettatore. <Definisci "troppo", prima di tutto.> In qualche modo, gli viene in mente il primo e unico incontro avuto con Raido, che tentò di spacciarsi per un indovino. Sorride all'idea di averci quasi creduto. Poi, sollevando il busto e riacquisendo la posizione eretta, addenterebbe l'ultimo pezzo di panino, prima di continuare con la bocca piena e rivelando a tratti quello che sembra essere un tritacarne ambulante. <Uu emicco dee dssschtino?> E di nuovo inarcherebbe il sopracciglio, sempre più perplesso. E infastidito anche. Non dal ragazzo, ma da un pezzo di carne incastratasi proprio tra gli incisivi. <Sshhparito nel nulla?> E dentro di se inizia ad elaborare un piano, elaborando un ghigno beffardo. Se solo avesse impastato il chakra prima... ah, allora sì che sarebbe sparito. <Come ti chiami, nemico del destino?> Le parole escono confuse e distorte, non tanto per il panino, quanto per i movimenti della lingua che cerca insistentemente di liberare gli incisivi dalla carne incastratasi. Gli hamburger non potranno mai competere con il sushi. E' praticamente accertato. Non che vi sia mai stato il dubbio nella sua mente. O meglio, il dubbio alberga spesso nei suoi pensieri, ma non QUEL dubbio. Forse. Incrocia le braccia, continuando a giocherellare con la lingua tra i denti.

00:27 Araki:
  [Strada Principale - Panca] <…> un breve momento di silenzio <…non quantificare troppo. Dipende tutto dalla forza mentale delle persone. Per alcuni è un centimetro, per altri un metro.> non si rende partecipe di queste cose, molto spesso opta per il silenzio e l’osservare lo svolgimento dei fatti senza troppi problemi, facendosi così custode di quante più informazioni possibili. Decide cosi di non rispondere alle altre domande del ragazzo, lasciando che sia la sua immaginazione a colmare le lacune. <…> non si presenterebbe ad altri, ma un genin potrebbe tornargli utile in futuro, una buona fonte di informazioni per quanto bizzarra possa essere. <Araki.> pronuncia il suo nome, accompagnando il tutto con un cenno della mano volto a essere un saluto.