Giocate Registrate

Giocate Disponibili
Calendario
Trame
Giocate Registrate

{ Mille volte sì }

Free

1
0
con Azrael, Kaori

16:16 Kaori:
 Sera. Sono passate ore da quando ha ricevuto quel messaggio da parte di Azrael, ore da quando ha saputo che è vivo, che sarebbe tornato. Ore interminabili che ha colmato il più possibile cercando qualcosa da fare. Ha informato Kaime del ritorno del figlio creduto scomparso, l'ha accompagnata a fare la spesa per la cena ed una volta rientrate in casa ha parlato un po' con lei mentre le ha dato una mano a riempire il borsone. Non ha molte cose da portar via: non possedeva nulla quando è uscita di prigione. Kaori le ha donato qualche abito, un pettine, uno spazzolino, insomma, tutti beni che ha utilizzato durante quei giorni di convivenza e che sono suoi di diritto. Tuttavia adesso la donna è al piano inferiore che finisce di cucinare mentre la Hyuga è nella sua stanza incapace di smettere di pensare. Siede sul bordo del suo letto col viso rivolto verso la finestra stringendo fra le dita affusolate il fazzoletto che Azrael le ha lasciato in dono durante uno dei loro incontri, le iniziali "A.K." incise sulla stoffa quasi a voler indicare la loro unione. Solo un caso, naturalmente, sono le lettere identificative con le quali Azrael era solito farsi chiamare prima di scoprire d'essere un Nara, quand'era ancora semplicemente Kazama; tuttavia a Kaori piace pensare, di tanto in tanto, che quelle semplici lettere possano essere solo loro. Hanno aspettato il suo ritorno per molto tempo decidendosi a non voler mangiare in attesa del suo arrivo. Tuttavia più l'ora si è fatta tarda più è giunta la consapevolezza che probabilmente il Dainin non sarebbe arrivato prima del mattino seguente, come aveva avvisato che sarebbe potuto succedere. Così, facendosi forza, le due hanno deciso di cenare e poi ritirarsi a letto per affrontare con rinnovate forze il giorno successivo. Kaime si è messa ai fornelli decisa a voler ugualmente preparare il suo ramen di manzo mentre la Hyuga è tornata in camera sua in attesa che fosse pronto. La donna le ha impedito di aiutarla a cucinare avendo ritrovato il vigore che l'ha sempre contraddistinta e le ha imposto di attendere la cena. Kaori quindi si è cambiata e ha optato per l'indossare qualcosa di semplice e comodo. Oltre alla biancheria -di un semplice nero uniforme-, ha indossato un maglione color panna piuttosto largo che le ricade morbido addosso lasciando scoperta la spalla sinistra. Esso discende lungo l'addome, i fianchi, arrivando a coprirle gran parte delle cosce e lasciando visibili dalle lunghe maniche le sole dita affusolate. I piedi sono scalzi, le gambe scoperte, i capelli legati in una morbida e molle treccia che le pende sulla spalla nuda. Non indossa il coprifronte, non ne ha motivo in casa, e ha ben in vista i sigilli dell'empatia e dell'hiraishin sulla nuca. Il tatuaggio sulla scapola, invece, è coperto dal maglione traforato. Siede sul bordo del letto con le gambe aggraziatamente chiuse, i piedi uniti sul pavimento, le mani abbandonate sul ventre a stringere con dolcezza quel fazzoletto bianco. Sul comodino accanto al letto è posto con gran cura il trenino di legno che Azrael le ha lasciato da custodire prima della sua partenza, accanto ai vari bigliettini che il Nara le ha lasciato e fatto recapitare durante il tempo che hanno vissuto assieme nelle settimane precedenti. Sospira, mestamente, stringendo le labbra. Sa già che non avrebbe chiuso occhio quella notte. Sa già che avrebbe atteso ad occhi spalancati il suo ritorno fino al mattino successivo e si prepara mentalmente a quella che sarebbe stata una lunga nottata in bianco.

17:17 Azrael:
 Forse avrebbe dovuto tornar subito da Kaori. Certo, sarebbe stata una bella sorpresa tornare prima del previso, ma-- quanto sarebbe stato effettivamente utile? E' un medico, da lei dipendono le vite delle persone, dalla sua concentrazione può dipendere la morte di qualcuno. In più c'era stata quella strana richiesta di non intromettersi nel suo lavoro di Consigliera. Per chissà quale strano motivo. In più. motivo ancora più fondamentale: Ken e Ai. Li ha portati a casa, ha giocato con loro e ha creato delle copie per mettere a posto le proprie cose. E' stato bellissimo, meraviglioso condividere coi propri bambini un atto semplice come può essere il semplice disfare i bagagli e raccontare storie di vita passata. Ken è stato felicissimo di ascoltare avventure degli ANBU, del clan delle ombre. Per quanto sia stato tutto fantastico, però, ha provato molto il Nara, perlomeno sentimentalmente. Non essere trattato come padre da suo figlio lo logora nel profondo. L'ora si attarda, i bambini, stanchi per il viaggio, sono stati messi a letto e tenuti sott'occhio dalle copie del Nara. Lui, invece, finalmente può dedicarsi a quello per cui ha aspettato tutto il giorno incessantemente. Non si premura di avvertire la Hyuga del proprio arrivo, dato l'orario non pensa ci siano possibilità di disturbarla. Mezzo sigillo della capra al petto ed il chakra va prontamente a ricoprirlo in maniera uniforme, come una seconda pelle. Nell'altra mano stringe una bottiglia del sup miglior saké, anche questa viene ricoperta della stessa energia. La mente andrebbe a collegarsi al sigillo posto sulla nuca di Kaori, ovunque ella sia, e così, in un battito di ciglia, si ritroverebbe alle sue spalle. Indosso porta una semplice camicia bianca di lino. Leggera e comoda, da cui traspaiono le bende che coprono petto e bicipiti. Le gambe sono fasciate in un paio di pantaloni neri piuttosto aderenti, tenuti in vita da una cintura di cuoio. I piedi sono alloggiati in un paio di calzature in pelle nere, dal taglio classico. Non porta nessuna insegna consé, né guanti, né coprifronte, ulla che possa ricollegarlo al ruolo che occupa come Dainin della Foglia. Stasera è soltanto Azrael. < Buonasera, dolcezza. > La voce cupa, che arriverebbe ad interrompere il silenzio della camera, atta unicamente a sorprenderla, benché siano stati lontani solo poco tempo. < Ti sono mancato? > Le direbbe, con gli occhi scuri puntati su di lei. Rapito, ammirato, l'amore che le ha confessato e che prova in maniera incontrollata nei di lei confronti a brillargli nello sguardo come stelle nello scuro manto della notte più profonda. [ Dislocazione istantanea | Chakra ON ]

17:40 Kaori:
 Sospira. Di nuovo. Ormai ha perso il conto di quante volte -quella sera- si sia ritrovata a liberare un pesante sospiro nell'impaziente attesa del suo ritorno. Per assurdo si ritrova più tesa ora che ha ricevuto una conferma sul successo della sua 'spedizione' che non nei giorni precedenti quando non aveva idea di cosa gli fosse capitato. Era stata in pensiero, certo. Aveva dormito male, anche. Ma era riuscita a distrarsi col suo lavoro, con gli impegni in casa, con la piccola Kouki. Adesso invece, da quando ha ricevuto la grandiosa notizia, si ritrova incapace di fare qualunque cosa che non sia pensare a lui, a quando tornerà, a come si sarebbero rivisti, cosa le avrebbe detto. Sa che è vivo, sa che è salvo, che sarebbe tornato ma... perchè non è già qui? Perchè non si è dislocato da lei non appena libero dei suoi vincoli dall'Akatsuki? Sono passate ore ormai e la ragazza è sempre più convinta che non sarebbe riuscita a chiudere occhio fino a quando non l'avrebbe sentito di nuovo accanto a sé, anche solo mentalmente, anche solo attraverso il pensiero. La sua mente è in fibrillazione, i pensieri si affollano caotici accavallandosi in un marasma di idee e riflessioni che non hanno né inizio né fine, neppure una reale forma. Una continua esplosione di stelle e colori che le riempie il cervello mentre le dita tormentano quel povero fazzoletto in maniera nervosa e meccanica, sovrappensiero. Sospira mordendosi il labbro inferiore, il cuore a battere forte nel petto al pensiero di lui. Le manca. Le manca profondamente, in maniera viscerale dopo aver realmente temuto d'averlo perso. Vuole solamente rivederlo, stringerlo forte a sé, sapere che non sarebbe sparito più dalle sue braccia. E poi-- La voce roca del Nara si riverbera per la camera e Kaori, d'istinto, si rialza in piedi voltandosi verso l'interno della camera con il fazzoletto a rimanere prigioniero della destrorsa, lungo il fianco, le labbra schiuse, le iridi a scintillare immediate d'emozione e commozione nel posarsi sulla figura in ombra dello shinobi. La stanza è buia ma la luce lunare che filtra dalla finestra è sufficiente a risaltare i suoi lineamenti: il viso, i capelli ribelli, la camicia chiara, le scarpe lucide, la bottiglia nella sua mano. Kaori trattiene il respiro e prima che possa rendersene conto si è fiondata fra le sue braccia affondando il viso nell'incavo fra la spalla ed il collo, le mani a riunirsi fra loro dietro la sua nuca, i piedi nudi sollevati sulle punte nel tentativo di guadagnare quei centimetri sufficienti a raggiungere la sua nuca. < Azrael! > sussurra con forza, commossa, stringendolo forte a sé. "Era come se non potessi respirare senza di te..." formula la sua mente in risposta alla sua domanda mentre la sua voce non riesce a dire altro se non un basso: < Sei tornato. Sei tornato davvero. > mormora incredula, come se dirlo ad alta voce rendesse semplicemente il tutto più reale. < Ho avuto paura che fosse successo qualcosa dopo due giorni di silenzio! Altro che aspettarti altri tre anni... > mormora distaccandosi da lui e poggiando le mani sulle sue spalle, i piedi a poggiarsi sul pavimento con tutta la pianta, il tono che cerca di essere leggero celando la preoccupazione che per giorni l'aveva tenuta su. < Cos'è successo? E' tutto a posto? Dio, sarei impazzita ad aspettare domattina > Le parole escono come un fiume privo di argini, la paura che l'ha riempita fino a quel momento trova sfogo in quel dire nervoso, rapido che le impedisce di fermarsi. Ci sono mille altre domande che vorrebbe porre, mille altre cose che vorrebbe chiedere, ma si dà un freno, si impone di smetterla così da dar modo al ragazzo di prendere quanto meno fiato, di accomodarsi con calma dopo essere appena arrivato.

18:22 Azrael:
 Nell’istante in cui ha l’occasione di posar le proprie iridi buie sulla figura in penombra di Kaori- solo in quel momento riesce a riprendere davvero fiato, dopo giorni di assenza di respiro. Gonfia il petto, gli occhi si inumidiscono di stille di pura felicità. È lì. È lei. < Kao-- > Non fa in tempo a pronunciare completamente il suo nome che si ritrova ad accogliere la sua esile figura tra le braccia. La stringe forte a sé, le braccia a cingerle il torso, la bottiglia tenuta ben stretta nella destra, il palmo della mancina invece, se ne sta poggiato saldamente sulla sua schiena. Il cuore martella nel petto talmente forte da minacciare quasi di sfondare lo sterno, per ritrovare il proprio naturale alloggio accanto alla Hyuga. “Ti amo.” Questi sarebbero i suoi pensieri, null’altro a ripetersi nella propria mente. Non ha molto altro che vorrebbe comunicarle in maniera così immediata, nemmeno troppo volontaria. Inspira con forza, le narici a riempirsi del profumo inconfondibile della persona che gli è ancata più dell’ossigeno stesso, come si sta rendendo conto in maniera realmente concreta in questo momento. < Te l’avevo promesso. > Sussurra in risposta alle sue parole, a quel confermare che, sì, è tornato davvero. < Non è stato così male, gli ho parlato della mia decisione, ha accettato e mi ha mandato via. > Le spiega brevemente, racchiudendo tutto quello che è nei suoi ricordi, per quanto falsati dalle azioni dello stesso possessore del Rinnegan. < Sono qui, ora sono qui. Non andrò più via. > Le lascia spazio, lasciando le braccia molli lungo i fianchi, sollevando solo la bottiglia che regge nella destrorsa, abbozzando un piccolo sorriso appena accennato, che non mette nemmeno in risalto i denti, per quanto coinvolga gli occhi, sempre puntati su di lei. < Vogliamo andare di sotto? > Mormorerebbe, sebbene senza eccessiva convinzione < Oppure potremmo restare qui, brindare al mio ritorno e, non so… > Distoglie lo sguardo, mostrando un breve cenno di imbarazzo, i canini a lambire il labbro inferiore, la mancina a grattare debolmente la nuca all’attaccatura dei capelli. < …festeggiare? > Le domanda, in tono palesemente allusivo, una piccola nota divertita ad uscirgli dalle rosee appena schiuse, in una flebile risata.

18:45 Kaori:
 Si stringe a lui ad occhi chiusi. Il capo contro la sua spalla, le braccia strette attorno la sua nuca, il corpo premuto contro il suo. E' davvero Azrael. E' a casa. Con lei. Per lei. Può concretamente sentirlo sotto le dita, può avvertire l'odore della sua pelle, il calore della sua carne. Può sentire le sue braccia andare a stringerla con lo stesso trasporto, la sua mente rivolgerle quell'unico pensiero che le fa mancare un battito e il respiro. Le ha già detto di amarla prima, la sera in cui le ha rivelato che sarebbe partito, e la situazione aveva in parte smorzato il devastante effetto di quelle parole. La notizia della possibilità di perderlo l'aveva travolta e sconquassata al punto che quando quella confessione è arrivata la ragazza se n'è sentita avvolta in maniera confusa, mentre amore e terrore si scontravano e confondevano dentro di lei al pensiero di poterlo perdere per sempre. Adesso, però, nella quiete della sicurezza di averlo finalmente tutto per sé, quelle parole hanno la potenza di un uragano e la Hyuga si ritrova a boccheggiare stordita fra le sue braccia, totalmente investita dal peso e dall'enormità di quel dire. "Ti amo." pensa in risposta senza quasi rendersene conto, i suoi sentimenti a formare parole silenziose che vorrebbe urlare a squarciagola. "Ti amo. Ti amo. Ti amo". una cantilena che si ripete come un mantra fra i suoi pensieri mentre la stretta s'allenta appena e le parole dei due vanno finalmente a trovar voce. Kaori sorride quando lui le conferma d'essere tornato e quasi strabuzza gli occhi al sentire di quanto sia stato semplice per l'altro affrontare quella conversazione col Rikudo. < Oh. > sbatte rapidamente le palpebre presa totalmente in contropiede. < Cioè, è magnifico ovviamente. Solo... > dà in una risata nervosa mentre scuote la testa. < Avevamo così paura che potesse impedirtelo che non avevamo pensato al fatto che potesse andare tutto bene. > osserva lei sentendosi improvvisamente leggera, frastornata persino da quel mix sensoriale che la sta travolgendo. Azrael è lì e non sarebbe più andato via. Glielo dice, glielo ripete, vuole che Kaori sappia che non l'avrebbe più perso e la Hyuga si illumina come una bambina mostrando un sorriso ricolmo di calore e luce, annuendo lentamente come se ancora non riesca perfettamente ad accettare quanto siano stati fortunati. < Sono state le ore più lunghe della mia vita... > mormora lei sentendosi improvvisamente libera di un peso enorme svanito dal suo petto. < Non so perchè ma è stato più difficile aspettarti oggi che nei giorni scorsi. > rivela con innocente sincerità grattandosi la fronte, sentendosi piccola e quasi sciocca sotto il suo sguardo. E poi le parole di Azrael arrivano e quella proposta la fa sorridere ed illuminare di viva gioia rendendole allettante la prospettiva di passare con lui la serata nella stanza ma-- < NO! > esclama di getto cambiando improvvisamente espressione nel ricordarsi che, di sotto, c'è effettivamente qualcun altro che attende da ore il ritorno del ragazzo. Il panico pervade la ragazza assieme alla colpa d'essersi dimenticata della donna e, immediatamente, cerca di pensare a qualunque cosa non abbia a che fare con lei. "Nella vecchia fattoria ia ia o..." Si ripete mentalmente la prima canzoncina che le passa per la testa così da concentrare tutti i suoi pensieri su questa invece che sulla sua preoccupazione principale, rendendosi conto di quanto brusco e scortese possa essere apparso quel rifiuto alle orecchie dell'ignaro ragazzo. < Cioè, sì, vorrei. Ovviamente. > chiarisce lei col cuore che le martella in petto, le mani che gesticolano e l'espressione nevrotica. < Lo sai che vorrei. Eheh. > ridacchia nervosamente arrossendo da capo a piedi, sentendosi quasi nuda sotto i suoi occhi sebbene indossi un maglione grande abbastanza da coprire tutto ciò che è necessario coprire per amor di decenza. < Ma... eh, sai. La cena! Cioè, è pronto di sotto. E' proprio pronto. Tu... > si blocca umettandosi le labbra, schiarendosi la voce, mentre con passo incerto si dirige verso la porta attenta a non perdere di vista la figura del Nara. < Tu resta qua eh? Io... io preparo di giù e- e ti chiamo. Cioè. Dammi un attimo. Sai, il disordine, una tigre per casa, cose... > Parla a macchinetta, rapidamente, palesemente nervosa mentre nella sua testa continua a ripetere quella sciocca canzoncina nel disperato tentativo di non smascherarsi proprio sul finale. Solo a quel punto, se Azrael le avesse concesso di andare, Kaori si sarebbe ritrovata ad uscire richiudendosi la porta alle spalle per scendere di sotto di gran fretta e raggiungere quasi cadendo la cucina. < E' arrivato! > esordirebbe praticamente senza voce sulla soglia della stanza. < E' qui! Di sopra! Sta per scendere! > mormora con enfasi, gesticolando, alla volta di una Kaime intenta ad assaggiare il brodo nella pentola. La notizia la lascia impietrita per un istante prima che di mano le cada, a causa della sorpresa, il piattino d'assaggio che va inevitabilmente a rompersi in terra in uno scroscio di cocci e frammenti.

19:37 Azrael:
 Cosa sta accadendo? Da quando è così palese nel dichiarare i propri sentimenti ad una ragazza che, all’effettivo, non è la sua ragazza? Eppure sarebbe un crimine, una bestialità, una vera e propria ingiustizia, se quelle parole non fossero state comunicate in quell’istante. Non avrebbe potuto in alcun modo trattenere quel giuramento, quell’affermazione, quella dichiarazione d’amore. È giusto, è naturale ed è il modo in cui le cose devono andare tra loro due. Se l’erano già confessato, la sera in cui – poche sere prima – stavano dicendosi addio tra lacrime e terrore. Ed ora, invece? Ora non c’è paura. Non c’è urgenza di salutarsi. Non cì+ nulla se non il confessarsi di due persone che si amano. Nulla di più bello, nulla di più vero. E nulla di più istintivo sarebbe adesso, per il Nara, risponderle ancora con un bacio, un altro ed un altro ancora. Dimenticarsi della cena e del saké, della paura e del terrore, di tutto quel che c’è attorno a loro ed unirsi in quel momento. A quanto pare, purtroppo per lui, Kaori non è della stessa idea. Ed Azrael resta di sasso, a quel secco e brusco rifiuto. < N-no? > Boccheggia, domandandole in maniera silente la motivazione di quel monosillabo giunto così inaspettatamente. Sgrana gli occhi, le iridi scure a mostrare chiari cenni di dispiacere ed un po’ di delusione. In maniera involontaria andrebbe a cercare nella psiche altrui qualche risposta, una giustificazione, un motivo che abbia generato quella reazione e quel che trova lo lascia ancora più allibito. “Eh?” Penserebbe, rispondendo a quella demenziale canzoncina, ripetuta infinite volte dalla Hyuga. Il sopracciglio destro si alzerebbe, le labbra corrucciate ed il capo a piegarsi sulla sinistra, con una gradazione che porterebbe l’orecchio quasi rasente alla spalla corrispondente. Dire che sia un’espressione perplessa sarebbe un eufemismo. < Kaori, che accidenti sta succedendo qui? > Chiederebbe in sua direzione, lil tono decisamente interrogativo, prima che lei stessa possa correggersi, dando quella che – a conti fatti – suona evidentemente come una scusa. < L-la cena? Chi se ne frega della cena, io… > Farebbe un passo verso di lei. “Volevo solo che- insomma, io, tu…” Persino i propri pensieri balbettano, uscendo quanto più insicuri siano mai stati nella propria mente. No, decisamente essere rifiutato non è una cosa a cui è abituato. Certamente non dalla donna che gli ha appena detto che lo ama. C’è qualcosa sotto, c’è evidentemente qualcosa sotto. < Non- non troverò un uomo mezzo nudo nascosto sotto un tavolo, vero? > Domanderebbe, senza reale rabbia o altro da comunicare, ma unicamente curiosità nei confronti di quel che sta per accadere. Resta lì, la lascia scendere e—semplicemente si lascia andare a terr, a gambe incrociate e con le dita della mancina immerse tra le volute dei capelli corvini. < Sono felice anche io di rivederti, tesoro. > Sbuffa, ormai da solo in quella camera. Forse la prospettiva di restare con Akendo non era così sbagliata, insomma. Ripone la bottiglia a terra ed aspetta, aspetta che lei lo richiami per questa fantomatica cena di cui al Nara, a dirla tutta, non importa per niente. Tuttavia, un rumore lo mette in allarme. Un qualcosa che si infrange al suolo. Immediatamente alza il capo, appoggia le piante dei piedi e delle mani sul pavimento per darsi la spinta a rialzarsi e, saltando tutti gli ostacoli presenti nel tragitto tra la fonte del rumore e la sua posizione attuale, scatta fuori dalla camera, bruciando la distanza che lo divide da ciò che lo ha messo così all’erta. Rapido come se fosse in una missione di livello S, giungerebbe in cucina, il respiro affannato più dalla situazione che dalla corsa in sé. < Kaori, che cos-- > Proverebbe a dire, prima di rendersi conto di cosa ci sia nella cucina. Prima di comprendere *chi* sia nella cucina. A casa di Kaori. Con Kaori. Lì, davanti a lui. < Mamma? > Le palpebre a sbattere rapidamente sugli occhi, nel tentativo di comprendere se quella è la realtà, un’illusione o solo un sogno. Ma no, sua madre è ancora lì. E sta cucinando il ramen di manzo. Inala con forza il profumo proveniente dal pentolone ricolmo di brodo e, nell’attimo stesso in cui quel familiare profumo gli si fa più chiaro in mente, gli occhi inizierebbero a rilucere di lacrime scintillanti. Le mani inizierebbero a tremare incontrollabilmente, scosse da un’emozione a cui non saprebbe nemmeno dare un nome specifico. Involontariamente andrebbe a guardarsi l’interno del polso sinistro, la manica a scivolare lungo la pelle diafana per scoprire i contorni del nome della donna che ha dinanzi a sé. Rialzerebbe lo sguardo verso di lei, immobile, tremante, il cuore a battere talmente forte da essere udibile a tutti i presenti tranne lo stesso Nara, le cui orecchie fischiano e bruciano per l’afflusso di sangue ed il battere incessante che gli rimbomba in testa. Le iridi nero pece ricolme di lacrime andrebbero a cercare quelle perlacee di Kaori. < S-se è uno s-scherzo… > Sibilerebbe, privo di voce e con la bocca arida per la situazione < …i-insomma, non è divertente. > Prenderebbe a saettare con lo sguardo tra le due figure, incapace di dire altro o anche solo di pensarlo. La destra andrebbe a pizzicare con forza l’avambraccio opposto, magari se è un genjutsu o un sogno, quello basterà a rendergli la situazione più chiara.

12:25 Kaori:
 La canzoncina. La canzoncina. Se si concentra sul testo di quello stupido motivetto non pensa ad altro, questa è una cosa che ha scoperto casualmente durante le ultime notti passate praticamente in bianco. A dire il vero è da parecchio che non fa una dormita come si deve. Fra i mille pensieri circa il suo voler liberare la donna di prigione prima e la paura di aver perso Azrael per sempre dopo, la ragazza non ha più avuto una notte di sonno decente da più di una settimana. Nel tentativo di addormentarsi senza pensare a nulla si è ritrovata a scoprire che concentrarsi sul testo di una canzone le impediva di pensare ad altro e così sfrutta ora questa scoperta per impedire che il nome di Kaime risuoni nella sua mente sapendo che Azrael potrebbe leggerlo chiaramente come su un libro. Il ragazzo è palesemente perplesso per non dire deluso della reazione di Kaori la quale si sente enormemente in colpa per il brusco modo in cui ha dovuto rifiutarlo. < Ma niente, niente, davvero. > cerca di calmarlo con un sorriso tesissimo sulle labbra e le mani ad agitarsi per aria nel tentativo di tenerlo buono sul posto. Sente i pensieri di Azrael comunicare con lei assieme alle parole che invece sorgono dalle sue rosee e diviene improvvisamente difficile pensare ancora alla canzone. "Quante bestie ha zio Uchiha..." < Ma sì, certo, naturalmente. Solo... solo... dopo, eh? > balbetta lei con la concentrazione messa sempre più a dura prova prima di sentirsi quasi raggelare il sangue al sentire il successivo dire da parte del ragazzo che proprio non sa più cosa aspettarsi da quella situazione. < NO! > esclama di nuovo la ragazza questa volta paonazza, imbarazzata e quasi oltraggiata dal pensiero, rendendosi perfettamente conto di quanto debba apparir sospetta in questo momento, vicina all'orlo del panico la pensiero di star rischiando di mandare all'aria la sorpresa migliore che avrebbe mai potuto organizzare per il Nara con una pessima prova di imbrogliare. La ragazza comunque riesce ad andare di sotto senza che il Dainin la segua ma non mette bene in conto il fatto che la sua notizia potrebbe causare alla donna una sorta di breve stato di shock. Il piattino cade, si rompe e Kaime si riscuote osservando la ragazza con gli occhi colmi di lacrime. "Qui...? E' proprio qui?" domanda speranzosa, incredula, prima che -nel giro di un istante- la figura del ragazzo appaia sulla soglia proprio di fronte a lei, Kaori defilata lateralmente contro la cucina con una espressione colpevole sul volto. Insomma, la sorpresa non è esattamente andata come progettato ma... sicuramente è riuscita. Azrael è allibito, sconvolto e osserva la madre con espressione incredula ritrovandosi a posare lo sguardo sul tatuaggio al polso che, Kaori sa, porta il nome della donna. Le labbra di lei si ritrovano a contrarsi in un sorrisetto commosso che le illumina anche gli occhi. Le mani si uniscono all'altezza della bocca mentre la donna fissa il figlio trattenendo scintillanti lacrime di commozione. "Azrael..." mormora senza voce, felice, mentre il ragazzo prende a balbettare quelle parole che portano la Hyuga ad intenerirsi nel profondo. < Nessuno scherzo. > conferma in un sussurro morbido, dolce, lasciando scivolare via le mani dal viso e portandole lungo i fianchi, il volto a scivolare sulla figura di Kaime. < Beh? Non lo abbracci? > domanda quasi giocosamente rivolgendole una occhiata incoraggiante, spingendo la donna a dare in un verso esasperato e arrendevole. Questa si fionderebbe fra le braccia del figlio per stringerlo forte a sé, incapace di trattenere la gioia e la felicità di quel momento. "Il mio bambino. Il mio Azrael." ripete in un sussurro dolce e commosso al suo orecchio, incredula di averlo davvero lì, con sé, fra le sue braccia. Kaori si allontana di qualche passo per lasciare ai due lo spazio che meritano, limitandosi ad inclinare il capo verso la spalla sinistra e quindi aggiungere poche parole. < Puoi tornare a casa, Kaime. Segnerò Azrael come tuo tutore provvisorio alla Magione. > inizia col dire alla donna per poi rivolgersi al Nara. < Ogni settimana ha un appuntamento con uno psicologo che seguirà i suoi progressi nel ritorno in società ed alla vita di tutti i giorni. Lui manderà periodicamente dei rapporti in Consiglio per informarci degli sviluppi fatti da tua madre e ci informerà quando sarà pronta a venir completamente reintegrata in comunità. Fino ad allora dovrà andare ogni settimana, per un'ora, ad una seduta con lui e avrà il coprifuoco serale fino alle nove, le undici nel weekend. Ma per il resto... beh, è a casa. > si stringe nelle spalle con semplicità, le iridi puntate in quelle di lui mentre nella sua mente la canzoncina ha finalmente fine e l'unica parola che ha spazio nei propri pensieri è un entusiastico e commosso "Sorpresa". Kaime si separerebbe dall'abbraccio andando allora a schiarirsi la voce, asciugandosi nuovamente gli occhi con i dorsi delle mani. "Oh via via, ci sarà tempo per parlare di queste formalità più tardi. Adesso via, devo finire di cucinare. E' quasi pronto." dice con la voce un po' impastata dal recente pianto tornando ai fornelli. "Kaori, cara, potresti apparecchiare anche per Azrael? Io pulisco a terra intanto, guarda che casino." sospira osservando i cocci del piattino in frantumi. Kaori, dolcemente, andrebbe a chinarsi per pulire da sé i resti della chicchera infranta. < Ma no, tranquilla. Faccio io. > proverebbe a dire. Ma prima ancora che la sua mano possa sfiorare il primo coccio, lo sguardo truce della donna le arriva dritto dritto alla nuca. "Tocca quel pezzo di piatto e questa sera niente cena." Le mani sui fianchi, lo sguardo sottile, la minaccia palese nella voce. Kaori boccheggia bloccandosi sul posto ed alla fine, sospirando e sorridendo, si arrende. < Va bene, va bene. Apparecchio. > alza le mani in segno di resa tornando in piedi strappando alla donna un cenno soddisfatto e compiaciuto.

17:59 Azrael:
 È tutto così confuso, così sconvolgente, così irreale. Azrael proprio non riesce a capire quel che gli sta accadendo intorno, quel che sta succedendo nella propria vita. È tornato dalla morte per l’ennesima volta, è riuscito a riprendere possesso dei propri averi, della maschera da ANBU, della sua Ai e del suo piccolo Ken. Sono a casa sua, a dormire placidamente. È tornato da Kaori e lei lo ha atteso in trepidazione, contenta quanto lui di potersi riabbracciare l’un l’altra. Aveva intenzione di occuparsi personalmente delle faccende che riguardano sua madre, ma… eccola lì. Che lo guarda, che sta preparando la cena come faceva quando era più piccolo. Il ramen di manzo, quello che – per tutta la vita – è stato il suo piatto preferito. La consapevolezza di quanto accaduto negli ultimi giorni lo colpisce, chiarendo come tutte le èiccole stranezze che si sono succedute abbiano, adesso, un vero e proprio senso. Non doveva intromettersi nel suo lavoro in Magione. Certo, perché era volto a liberare la donna dalle prigioni di Konoha a propria insaputa. Ecco il motivo di tanta riservatezza, non la possibilità di essere deconcentrata dal lavoro, né tantomeno il fastidio che poteva aver provato nell’essere letta e studiata di continuo dal Dainin tramite il sigillo dell’empatia. Nulla di tutto questo. Nulla di cattivo o sospetto, semplicemente una sorpresa. Una meravigliosa, sconcertante, inaspettata sorpresa. Solo per lui. Il cuore gli trema nel petto a questo pensiero, al rendersi conto del fatto che Kaori, la sua Kaori, abbia fatto tutto questo solo per renderlo felice, senza che egli stesso le abbia mai chiesto nulla. Un semplicissimo e naturale gesto d’affetto, come ne ha ricevuti ben pochi nella propria vita. Resta fermo in quella posizione, in piedi con le mani e le ginocchia tremanti d’emozione e gli occhi puntati sulla figura della madre a cui ha tanto pensato in quest’ultimo periodo. A cercare ancora di commprendere la reale entità di ciò che sta vivendo. Ma quando è la stessa Hyuga a confermargli che, no, quello non è uno scherzo di pessimo gusto, è quando la madre pronuncia il suo nome in quel dolce sussurro che il Nara non può che sentire un fortissimo calore irradiarsi dal centro del petto dritto in ogni angolo del proprio corpo e della propria mente. Come la donna avvicina un passo verso di lui, ecco che si scaglia in sua direzione. Corre, scatta verso di lei con una velocità ancor maggiore rispetto a quella che aveva adottato per precipitarsi in cucina. Allargherebbe le braccia per poi stringerle attorno alla di lei esile figura. smagrita, provata dagli anni di ingiusta prigionia, ma—sua. Di sua madre. Della sua mamma. Gli occhi chiusi, le palpebre strette sugli occhi a rilasciare lunghe scie salate sul volto. Il viso tenuto basso, contro la spalla della donna che lo ha cresciuto, che gli ha salvato la vita ed il corpo smosso dai singhiozzi e dai singulti di un pianto per nulla trattenuto o celato. < Mamma… > Sussurrerebbe con la gola stretta ed il tono rotto dal pianto incessante < Mamma! > Ripeterebbe ancora, stringendo le forti braccia attorno alle di lei spalle, lasciandosi andare in quella morsa salda come se fosse tornato a vent’anni prima, come fece nel momento in cui lei si privò della libertà per permettere ad un piccolo Azrael di vivere, di esser lì in quel momento. < Oh mio Dio, sei davvero tu. Sei davvero qui! Sei reale! Mamma, io-- > Si blocca, incapace di proseguire ulteriormente con altre parole, benché vorrebbe rivolgerne tante ad entrambe le donne che sono con lui in quella cucina, in uno dei momenti più belli della propria vita. In un momento in cui i tasselli mancanti di un’esistenza vissuta troppo in fretta e troppo male si riuniscono, dando al Nara un senso di pace e di equilibrio mai provato prima di allora. I suoi figli, sua madre e… Kaori. Una Kaori che gli spiega quanto deve essere fatto per far sì che tutto ciò diventi davvero effettivo e concreto. Psicologi, appuntamenti settimanali, reintegri nella società. Nulla di quel che sta ascoltando ha un vero e proprio senso, come la stessa Kaime asserisce, sfilandosi dalla presa del figlio che, di controvoglia, la lascia andare. Tira su forte col naso, tentando di ricacciare indietro le lacrime, parzialmente invano. Il dorso della mancina passerebbe sugli occhi umidi, a portar via le ultime gocce di pianto, prima che gli occhi ancora lucidi possano esser di nuovo puntati sulla figura della Hyuga. Le sorride, anche divertito dal siparietto che ha i cocci di quel piattino come protagonista principale. Il modo in cui la madre lancia quel perentorio ordine è talmente familiare da farlo quasi commuovere di nuovo. < Non azzardarti ad apparecchiare, faccio io. > Chiosa in direzione della Hyuga, aggiungendo anche quell’ordine alle minacciose parole di kaime. Il tono è serio, di quelli che – di certo – non ammettono repliche. “Hai fatto davvero tutto questo per me? Da sola?” Le domanderebbe, utilizzando il legame empatico che li unisce da qualche settimana, ormai. Il cuore e, di conseguenza, la mente sono ricolmi di gratitudine, felicità e amore. Un amore tale da sembrare quasi irreale, troppo intenso e troppo grande per appartenere a questo piano d’esistenza, troppo profondo per esser di questo mondo. Ed Azrael se ne sente totalmente sopraffatto. Ne viene travolto al punto tale da non riuscirsi a muovere se non di quei pochi passi che lo dividono dalla Hyuga, benché dal proprio dire abbia lasciato ad intendere che ha intenzione di metter su la tavola, tutto quel che riesce a fare è tenere le iridi scure e luminose sulla ragazza che gli sta donando in successione le gioie più intense della propria vita. E lui, a conti fatti, non ha fatto nulla. Nemmeno è andato da lei appena tornato, sebbene avesse motivazioni molto valide per farlo. Voleva esser completo, non avere più alcun tipo di incertezza, prima di tornare da lei, per poter fare quanto – in questo momento – sembra l’unica cosa da fare. < Kaori. > Ne richiamerebbe l’attenzione, incurante quasi del fatto che lì ci sia sua madre che sta cucinando e che – in teoria – non sa nulla di quanto c’è tra i due. “Ti prego, non interrompermi finché non ho finito.” Gli occhi d’onice tenuti fissi nelle brillanti e luminose perle di Kaori, mentre le ginocchia si piegano per portarlo con la gamba sinistra davanti, piegata ad angolo retto e quella destra con la tibia poggiata al pavimento. Davanti a lei, ai suoi piedi. Rapito, ammirato, grato ed innamorato di quella che, ai suoi occhi, in questo momento pare un angelo dalla luce fin troppo splendente per essere adatta al mondo dei mortali, ma che dovrebbe rilucere in cielo, tanto da far invidia al Sole stesso. < Ho atteso tanto, troppo, prima di sentirmi degno abbastanza da confessarti quel che provo per te. Dal momento in cui t’ho rivista non ho pensato ad altri che a te, senza soluzione d’uscire da questo tunnel il cui inizio e fine sei solo e soltanto tu. > Prenderebbe fiato solo per un istante, solo a questo punto, sperando in cuor proprio che Kaori rispetti quanto le ha mentalmente richiesto. < Tu—mi hai gettato nell’Abisso di un pensiero fisso. > Proseguirebbe, riconrdando le mille e mille parole che le ha scritto in poesie, canzoni, le centinaia di ritratti che le ha dedicato dal giorno in cui hanno avuto il loro secondo primo incontro. < Tornato da anni d’Oblio, hai avuto la capacità di rendermi l’uomo più felice della Terra. Mi hai salvato la vita tanto quanto ha fatto la donna più importante della mia vita. > Ruoterebbe il capo verso la propria madre, rivolgendole uno spontaneo e commosso sorriso, anche al solo poterla nominare e ricordare quanto sia stata importante per lui. Tornerebbe immediatamente sulla ragazza, proseguendo il proprio dire senza un vero e proprio filtro o senso logico, lasciando unicamente che le parole fluiscano fuori dalle rosee, senza controllo. Come senza controllo sono quei sentimenti che Kaori gli ha suscitato e a cui, adesso, sta cercando di dar voce e forma. < Forse avrei dovuto trovare un momento migliore, un’occasione ad effetto, ma la verità è che-- > Allungherebbe la mancina a prenderle la mano, per stringerla nel proprio palmo in ua dolce e decisa presa. < Ne ho abbastanza di dire che non sei la mia ragazza, la mia donna. Quindi, insomma… mi renderesti davvero l’uomo più felice ed onorato del mondo? > Concluderebbe, in quella dichiarazione goffa e senza un vero e proprio senso, ma che non avrebbe potuto suonare più spontanea e sincera di così.

18:47 Kaori:
 Se non fosse che i due si trovano praticamente davanti alla soglia della cucina Kaori si sarebbe defilata per permettere loro di ritrovarsi adeguatamente e passare assieme un po' di tempo dopo anni di separazione e sofferenza. Non potendo uscire dalla camera si limita a farsi da parte osservando come il corpo tremante di Azrael vada praticamente avvolgendo quello della madre, scosso dal pianto e dai singhiozzi, la felicità a divampare in una esplosione sfolgorante nel suo corpo. Le rosee della Hyuga si distendono in un sorriso intenerito, commosso, mentre silenziosamente lascia che quella riunione abbia luogo. Non può neppure immaginare come il Nara possa sentirsi in questo momento: non sa quanto forte fosse stato il suo desiderio di liberare la donna negli anni precedenti. Sa che aveva voluto provarci ma che lei glielo aveva impedito chiedendogli di lasciarle scontare la pena che meritava per quanto aveva fatto. La frustrazione a seguito di quella richiesta deve averlo consumato e logorato per tutta la vita ed ora- ora Kaime è lì, a cucinare per lui, a sorridere per lui, a vivere -letteralmente- solo per il suo bambino ritrovato. Kaori rimane silente con il volto ammorbidito nei lineamenti da una espressione ricolma di dolcezza e affetto mentre il ragazzo ascolta distrattamente -probabilmente senza capire davvero- gli avvertimenti che la ragazza gli sta rivolgendo per prendersi adeguatamente cura della donna secondo norma di legge. I due si separano da quell'abbraccio e Azrael tenta di ricomporsi tirando su col naso, asciugandosi gli occhi, quasi ridacchiando al modo in cui Kaime si comporta con la Hyuga come una madre. Kaori ridacchia e andrebbe ad avvicinarsi al mobile sopra la cucina per recuperare un bicchiere pulito ma la voce di Azrael la blocca sul posto in quell'avvertimento che la porta a voltarsi verso di lui con una espressione di divertita esasperazione e le mani piantate sui fianchi. < Ma insomma. E' casa mia! Posso fare qualcosa anche io? > ridacchia leggermente scuotendo il capo, gli occhi rivolti al cielo, prima di abbandonare le braccia lungo i fianchi e rivolgere al Nara il proprio sguardo nel ricevere quel messaggio mentale. Gli sorride con candore, finalmente libera dell'enorme peso costituito dal segreto che tanto a lungo gli ha tenuto, e poi rivolge le iridi sulla figura della donna intenta a rigirare il brodo e gli spaghetti sottili nel tegame fumante. "Per te. Per lei. E per altri detenuti che avevano sofferto la stessa condanna troppo dura." replica lei guardando con colpa la sagoma della ormai ex detenuta. "Il tuo racconto mi ha portato a fare delle ricerche, a voler cambiare le cose." spiega brevemente stringendosi nelle spalle, riportando poi su di lui lo sguardo con tenerezza. "Mi serviva il consenso del Consiglio e di Hitomu ma... sì, ho portato avanti da sola il caso. Ci tenevo." ammette con timida sincerità, come se dopotutto non avesse poi fatto niente di che. E sa che non è vero, sa che non è così, sa che ha fatto qualcosa di enorme per quella famiglia disastrata, ma per quanto la riguarda è troppo poco troppo tardi. Tuttavia, al tempo stesso, è il massimo che poteva essere fatto in mancanza di un jutsu temporale, per cui cerca di essere comunque soddisfatta per quel po' che ha potuto fare. Per quegli anni che ha potuto donare ai due. E no, non può negare che il motivo principale per cui si sia tanto impegnata in quel caso fosse proprio il desiderio di donare al ragazzo un sorriso. Esattamente *quel* sorriso, quello che ha mostrato nel vedere la donna sgridare la Hyuga con quel tono materno e sereno, quel sorriso bagnato di lacrime commosse. Non perchè desideri la sua riconoscenza, ma perchè possa semplicemente assaggiare uno scorcio di felicità in una vita costellata di tragedie e disastri, sangue e morte. Egoisticamente, ingenuamente, ha voluto fare il possibile per donargli un po' di vita. E dunque lo vede avvicinarsi, pensando banalmente che voglia recuperare bacchette e fazzoletti per apparecchiare, salvo ritrovarsi poi ad udire quell'avvertimento mentale e vederlo chinarsi davanti a lei in una posa tipicamente... simbolica. "Eh? Cosa vuoi--" Gli occhi di Kaori si sgranano, le labbra si schiudono e il tempo si ferma. Le mani salgono al viso a nascondere labbra e naso alla vista altrui, lacrime scintillanti s'affacciano dalle palpebre mentre la voce di Azrael va riempiendo la stanza richiamando persino l'attenzione della donna. Kaime si volta col mestolo in mano ad osservare i due, ritrovandosi a mettere su una espressione di iniziale stupore e sconvolgimento e poi di entusiasta sorpresa. Kaori è sconvolta, il suo cuore minaccia di fermarsi e dentro di sé mille fuochi artificiali esplodono man mano che la voce roca di lui va insinuandosi nei suoi pensieri. Si sente morire e rinascere in una infinita sequenza fatta di momenti. E' come se il tempo avesse smesso di scorrere in maniera lineare ma continuasse ad incepparsi donandole piccoli attimi spezzettati, collegati ed uniti dal flusso di sangue che le scorre rapido nelle orecchie e che l'assorda fin quasi a nascondere le parole di Azrael al suo udito. Avverte un calore bruciante diramarsi nel suo corpo, le dita tremarle in viso e gli occhi farsi lucidi, pizzicare di lacrime trattenute. Azrael. Il suo Azrael. E' lì a donarle quelle parole che lei non può fare a meno di custodire gelosamente nel proprio cuore sentendosi toccata da quel discorso, da quel dire, incapace -anche volendo- di dire qualunque cosa. Vorrebbe dirgli che non ha fatto niente, che non c'è nulla per il quale lui non debba sentirsi abbastanza 'degno', ma non ce la fa. Non ci riesce. L'unica cosa che può fare è vederlo sorridere a sua madre, la donna che ora guarda i due con un sorriso silenzioso e ricolmo di affetto, di approvazione, mentre Kaori sente le labbra schiudersi in un risolino spezzato, rotto, istintivo, che le snuda i denti. Le mani scivolano via dal volto, s'abbassano inermi lungo il corpo appena in tempo perchè Azrael possa intrappolare la sua mancina fra i propri palmi con dolcezza, con cura, sprigionando nel suo cuore brividi incandescenti e brillanti. Ed infine quella richiesta arriva, dolce, attraente, sincera scatenando un sorriso commosso e tremante sulle rosee della special che, liberando un unico singhiozzo, sente le lacrime scivolare giù lungo le gote in un gesto di pura e autentica felicità. < Sì > sorride lei al colmo della sua felicità lasciandosi cadere in ginocchio davanti a lui per raggiungere la sua altezza e quindi tentare di avvicinarsi a lui per portare la destrorsa sul suo viso, le labbra a cercare le sue in uno slancio di incurante bisogno. "Sì, sì, sì. Mille volte sì." La sua mente è in fermento, il suo cuore in subbuglio ed Azrael potrà avvertire esplodere in lei migliaia di diverse sensazioni, l'una più calda e piacevole dell'altra. Felicità, sicurezza, pace, speranza, fiducia, in una sequela infinita di macchie di colore che si confondono e mescolano per creare nuove sfumature raggiungendo nuovi apici di felicità mai sperimentati prima. E mentre tutto questo si scatena nel suo cuore, le sue labbra sono lì a premersi contro quelle dell'altro, dolci, disordinate, in un susseguirsi di due, tre, quattro piccoli baci scanditi da teneri sorrisi e respiri rotti dalla felicità. "Amici, eh?" commenta solo a quel punto, Kaime, con l'espressione di chi la sa lunga prima di schioccare la lingua sul palato e voltarsi per tornare a cucinare con rinnovata gioia. "Lavatevi le mani va. Qui ho bisogno di spazio. Su, su." li invita ad uscire con un tono che sembri essere duro ma che in realtà nasconde, palesemente, il desiderio di lasciar loro un attimo di intimità e privacy, lontani da quella stanza, dal suo orecchio. Invito che porterebbe Kaori a rialzarsi -se Azrael gliel'avesse concesso- e quindi -sempre tenendolo per mano- ad avviarsi verso il bagno al piano superiore. Non appena aperta la porta, però, non potrebbe fare a meno di voltarsi verso di lui per gettargli le braccia al collo e tentare così di rubargli un nuovo bacio; uno più lento, più dolce, più disperato, dove tenterebbe di imprimere tutto l'amore, il sollievo e la paura provati per lui in quei giorni e fino a quel momento. Un bacio che possa esprimere più di qualunque parola, un bacio che possa dimostrargli quanto fortemente le sia mancato, quanto profondamente voglia rimanergli accanto qualunque cosa accada. "Azrael... Mio Azrael." i pensieri si accavallano, intrecciano e confondono, eppure il motivo principale di ogni sua riflessione par essere semplicemente quello. Il suo nome.

11:30 Azrael:
 E dopo tanti, troppi ‘no’ ricevuti in quella mervigliosa serata, ecco che arriva il primo e più importante ‘sì’. Un’affermazione che riempie gli occhi del Nara di una luce quasi contrastante con le tenebre delle sue iridi. Scintille di gioia che pervadono il suo sguardo, la mente, il cuore ed ogni cellula del suo corpo, senza che nessuna parte sia esclusa da quell’ondata di sensazioni tutte positive, calde e travolgenti. Non che sia cambiato effettivamente qualcosa tra i due, ma quantomeno adesso hanno dato un nome al legame indissolubile che si è instaurato tra due anime affini, risonanti, che si sono trovate, perse e poi ricollegate in maniera istintiva e naturale. Al termine del proprio discorso sconnesso, vorrebbe far forza sulle gambe per alzarsi, ma si ritrova la Hyuga in ginocchio, di fronte a sé, a cercarlo con una dolcezza ed un trasporto che rivede perfettamente gemello al proprio. E s’avvicina, china il volto affinché le proprie labbra possano unirsi con quelle della ragazza. Della *sua* ragazza. Un susseguirsi di baci piccoli, leggeri e dolci che attirano, naturalmente, l’attenzione della madre che li rimbecca con quella che, alla fine, è una battuta ricorrente nella loro storia. Ruota il capo in sua direzione, ancora poggiato col ginocchio al pavimento < Oh, lo ha detto anche a te? Le ho detto che un giorno diventerà mia moglie e ancora si ostinava a dire che siamo solo amici. > Scuote la testa, divertito, nel volgere nuovamente lo sguardo in quello della Hyuga, portando la destrorsa ad accarezzarle teneramente la guancia < Bah. > Sbufferebbe, infine, insinuando così l’assurdità dell’idea che loro due potessero essere soltanto amici. Qualche anno fa, forse, ma – di certo – da quando il nara è ritornato alla vita, sono stati tutto fuorché amici. Ed è all’invito della madre che il Nara si rianima, si solleva in piedi con quella che può parere quasi irruenza. < Subito, mamma. > Direbbe in tono deciso, prima di sussurrare un più sentito e complice < Grazie. > Prima di seguirla al piano superiore, addirittura superarla nel tragitto e quasi tirarla nella stanza che entrambi hanno preso come meta. Le proprie labbra troverebbero immediatamente quelle di kaori, dapprima lente, ma poi via via sempre più fameliche, quasi ferine. Le mani andrebbero a posizionarsi sui suoi fianchi, afferrandoli con decisione, stringendo la presa delle dita sul corpo della Hyuga. Brucia pressante il desiderio di averla, al punto tale che il proprio corpo si spingerebbe involontariamente ad intrappolarla tra sé e la parete fredda del bagno. Le rosee premute con forza contro quelle della ragazza, a pretendere che quel contatto non finisca, che si intensifichi attimo dopo attimo, in un costante desiderarla e volerla che vorrebbe quasi portarli a non uscire più da quella piccola stanzetta. Le mani si muoverebbero dai fianchi di Kaori per andare a raccoglierne i polsi e portarli sopra la sua testa, premuti contro il muro e tenuti insieme dalle falangi della sola mancina del Dainin. Un ringhiare sommesso, gutturale, andrebbe a liberarsi dalla bocca schiusa del Nara per rifrangersi contro quella della Hyuga, accompagnato da un movimento dei fianchi atto a bruciare quei pochi millimetri di distanza tra i due corpi, come se anche quello spiffero d’aria dovesse essere annichilito, in nome della loro indissolubile unione. < Kaori-- > Mugugnerebbe contro le di lei labbra, la mente focalizzata unicamente a quanto vorrebbe terminare quella serata così come aveva pensato di iniziarla. L’impeto, però, avrebbe man mano fine. La presa sui polsi si farebbe più lieve, i baci si farebbero più lenti, pacati e dolci, sino a ritrovare un equilibrio. Il fiatone a fargli smuovere il petto in maniera piuttosto irregolare, il battito accelerato a fargli correre il sangue nelle vene così rapidamente da bruciare in ogni cellula del suo organismo. < Dovremmo lavarci le mani e—ho bisogno di parlarti di alcune cose e… > Si distaccherebbe malvolentieri dalla Hyuga, puntando le iridi sul suo viso, in un’espressione intenerita e coinvolta. < Grazie. > Le direbbe, infine, voltandosi solo dopo verso il lavandino, per andare effettivamente a far quello che dovrebbero in quel bagno.

11:54 Kaori:
 Le loro labbra si separano, la voce di Kaime alleggerisce quel momento altresì insopportabilmente intenso ed una risatina esce leggera dalle labbra della Hyuga mentre Azrael va rispondendo per le rime alla battuta della donna. I denti di Kaori vanno snudandosi al di là delle rosee sottili e un riso basso, cristallino, smuove la sua voce mentre arrossendo si ritroverebbe avvolta da una miriade di sensazioni diverse. Tenerezza, affetto, felicità. < Beh, non potevo dire di essere la tua ragazza no? > ridacchia lei tirando su col naso quel pianto a stento trattenuto, le labbra incapaci di tornare ad una espressione più seria, ancora distese in quell'ampio, caldo sorriso ricolmo di gioia e speranza. La sua ragazza. La sua Kaori. Le sembra un sogno. Un meraviglioso, bellissimo sogno dal quale vorrebbe non doversi risvegliare mai. Azrael è quanto di più prezioso possieda nella sua vita, secondo -forse- solamente a Kouki e non saprebbe più immaginarsi capace di vivere senza averlo al proprio fianco. Se perdere Raido l'aveva in qualche modo rotta, perdere Azrael potrebbe semplicemente farla dissolvere nel nulla e di lei non rimarrebbe che un debole ricordo. Sente la carezza di lui sul viso, quel verso quasi oltraggiato prima di rialzarsi assieme all'altro e rivolgere alla donna un sorriso intenerito, ricolmo di affetto. < Sissignora. > Ed allora i due si ritrovano quasi a correre verso il bagno, a trascinarsi mano nella mano per le scale con la fretta di essere finalmente soli, di essere finalmente al riparo da occhi e orecchie indiscrete. La porta della camera viene a stento chiusa dietro di loro prima che il Nara spinga la figura della Hyuga contro la parete, le loro labbra a ricercarsi fameliche, affamate, bisognose per unirsi in quel bacio che sa d'urgenza e necessità. Kaori chiude gli occhi, le sue mani volano al volto del ragazzo e le dita s'incastrano fra quelle ciocche corvine e ribelli. Stringe la presa, non tira, ma preme i polpastrelli contro il cranio, premendosi d'istinto contro lui, premuta fra il suo busto e la parete. Sente il fiato corto, il respiro pesante e quindi la mano di Azrael andare ad intrappolare i di lei polsi contro il muro sopra le proprie teste, strappandole un gemito basso. < Azrael... > mormora a sua volta contro le sue rosee, quasi a richiamare il modo in cui egli ha pronunciato adorante il suo nome. Il cuore le esplode nel petto, il sangue corre rapido nelle vene e sente esploderle sotto le palpebre mille e mille stelle fino a quando quell'ondata di passione non viene risucchiata dalla risacca e lascia dietro di sé solamente un desiderio inappagato e il bisogno di ricercare una nuova calma. Il respiro è pesante, corto e le palpebre si rialzano così da permettere alla ragazza di specchiarsi nelle iridi d'onice di lui. Sorride nel sentire le sue parole andando a riabbassare le mani per portarle sul suo petto, teneramente, al di sopra della camicia bianca. < Avremo tempo per parlare. Adesso goditi il momento, mh? > mormora lei poggiando la fronte contro quella di lui, i loro nasi a sfiorarsi con tenerezza. < Questa serata è per te. > aggiungerebbe tentando ora di carezzare la sua guancia per rubargli un ultimo breve ma tenerissimo bacio e lasciargli quindi modo di avviarsi verso il lavandino. Sorride al suo ringraziamento e quindi va affiancandolo per insaponarsi le mani accanto a lui. < Kaime mi ha detto che ti ha chiesto di lasciarla lì. Di voler scontare la sua pena e rispettare la legge. Ma la legge non è sinonimo di giustizia. > mormora lei tenendo lo sguardo basso sulle proprie mani, strofinandole e pulendole con cura al di sopra del lavabo. < Perciò l'unico modo per aiutarla era cambiare la legge. O almeno la sua sentenza, ecco. > si stringe nelle spalle come se non avesse fatto poi niente di che, andando dunque a risciacquare le mani insaponate e asciugarle alla salvietta appesa lì accanto. < Andiamo di sotto. Quel profumino mi ha messo una fame! > sorriderebbe allora alla volta di Azrael per dirigersi quindi verso l'esterno, le scale e infine il piano inferiore dove Kaime starebbe portando al tavolo tre coppe fumanti di ramen caldo. Una bottiglia d'acqua ed una di sake sono disposte in mezzo alle postazioni apparecchiate, tovaglioli e bacchette son stati disposti per tutti e così le coppe piene e invitanti. La donna siede alla destra del capotavola mentre Kaori andrebbe a prendere il suo posto alla sinistra lasciando quindi ad Azrael il posto che era sempre stato di suo padre prima di allora. Le sembra quasi giusto che sia lui a sedervi, ora, dopo tutto quel tempo in cui quel posto è rimasto vuoto e inutilizzato. < Mhhhh. Che odorino! > esclamerebbe la Hyuga accomodandosi, rivolgendo alla donna un sorriso felice, soddisfatto, sentendosi per la prima volta sinceramente e profondamente in pace. In quegli anni ha perso molto, ha smarrito la via e persino se stessa, eppure adesso, in questo esatto momento, ogni cosa sembra essere semplicemente al proprio posto. Kouki è di sopra che dorme, Asia siede sulle zampe posteriori fra il capotavola e il posto di Kaori e Azrael è lì, felice, finalmente riunito a sua madre.

12:30 Azrael:
 Una spinta sul dispensatore di sapone ed accuratamente il nara va a lavarsi le mani, volgendo uno sguardo alla figura della Hyuga. È bellissima e il ritrovarsi a compiere un semplice gesto quotidiano, il lavarsi le mani prima di scendere a cena lo fa sentire incredibilmente ed inaspettatamente bene. Non sa nemmeno bene il perché, non ha idea di come una situazione così comune riesca a riempirgli il cuore di una gioia che gli pareva di non aver mai provato prima d’ora. Ma la risposta, probabilmente, risiede proprio nel profilo della ragazza su cui sta puntando lo sguardo ammirato. È lei, è Kaori che gli riempie l’animo di felicità e serenità. Nessun’altra soluzione sembra più giusta ed ovvia di quella. Annuisce all’idea di tornare in cucina, per quanto i pensieri che le sta involontariamente inviando siano di tutt’altro avviso, riguardo quanto sarebbe comoda la parete di quel bagno o la doccia o la camera da letto. Ordinaria amministrazione, insomma. Riprende le scale assieme a lei, andandole a rispondere riguardo le faccende legali che ha dovuto affrontare per fargli quella sorpresa < All’epoca mi sarebbe stato semplice utilizzare la mia posizione per farla uscire di lì. Hitomu avrebbe fatto in modo che lei fosse libera già da molto tempo, ma—suppongo che le cose dovessero andare così. > Scuote debolmente la testa a quel pensiero così lontano, eppure così sentito < Lo facevo per egoismo, degli altri detenuti rinchiusi lì. Tu hai cambiato le cose, le leggi, la giustizia stessa. Non ti sono solo grato, sono anche molto fiero di te. > Termina, rientrando in cucina e quasi sentendo il cuore mancare un battito alla vista del ramen della madre posizionato sul tavolo. Tira su col naso in un moto di commozione, forse un po’ esagerato per una ciotola di brodo e spaghetti, ma è il ramen della mamma. Quale bambino non ha ben impresso nella memoria il piatto forte della propria mamma? Avanza qualche passo per superare la Hyuga e puntare verso la sedia verso cui vorrebbe sedersi per tirarla indietro dallo schienale e farla accomodare in un consueto gesto di galanteria < Prego. > Direbbe in tono cortese, da vero galantuono, attendendo che lei prenda posto per poi andare egli stesso a sedersi a capotavola. Allungherebbe la mancina a raccogliere la bottiglia di saké per il collo e versarne due dita nei bicchieri di ciascun commensale, partendo dalla madre, assando poi a kaori ed infine riempiendo il proprio. < Vorrei brindare a questa serata. A te, mamma… > Si fermerebbe, per raccogliere il bicchiere nel palmo ed inclinarlo leggermente verso la donna che ha appena nominato e continuare il proprio dire < …e a te, Kaori. Siete le donne della mia vita. > Terminerebbe, prima di andare a bere dal bicchiere colmo d’alcool ed impugnare le bacchette, attendendo che sia una delle due signore ad iniziare a mangiare, come da galateo. < Allora mamma, sei stata trattata bene negli ultimi anni, vero? Devo andare in prigione a far spaventare qualche detenuto in particolare? > Chiede con un sorriso che cela una – neanche troppo – velata minaccia nei confronti di chiunque abbia reso difficile il forzato soggiorno della donna all’interno delle carceri di Konoha. < Oh, anche a te Kaori, se qualcuno ti ha dato problemi o ti ha rivolto qualche parrola sgradevole, ci terrei a saperlo. Insomma, raccontatemi un po’ dei retroscena di questa bellissima sorpresa. > Come se non sapesse i pensieri di ogni criminale detenuto a Konoha. Come se non ce li avesse portati lui personalmente dietro le sbarre, insomma. Un po’ si aspetta che qualcuno, alla vista di una bella ragazza, possa essersi lasciato andare in qualche commento volgare. Il pensiero lo diverte in maniera quasi innaturale. Non tanto per la possibilità che sia accaduto, quanto più per le conseguenze che questa cosa potrebbe portare, specie ora che le sue intenzioni sono di tornare ad occupare il posto che aveva nelle file degli Anbu.

13:25 Kaori:
 Le parole di Azrael portano Kaori a sentirsi improvvisamente leggera. Da quando ha pensato di portare avanti quel progetto in Consiglio si è chiesta se i motivi che l'hanno spinta a farlo fossero giusti. Voler fare un regalo al Nara, combattere così intensamente per qualcuno che, per quanto non avesse mai conosciuto personalmente, era legato a sé ed alla propria vita. Si è sempre chiesta se non fosse una sorta di abuso di potere per quanto fosse oggettivo ed innegabile che quella pena fosse esagerata e troppo dura considerando che anche le altre Consigliere e lo stesso Hitomu le hanno dato appoggio e man forte. Nonostante tutto questo, però, la Hyuga ha continuato a sentirsi dubbiosa fino a quando, proprio ora, Azrael non le rivolge quelle parole. E' fiero di lei. Fiero del fatto che si sia battuta anche per altre persone vittime della medesima situazione e che sia riuscita nel suo obiettivo. E' fiero del suo operato e la ringrazia per questo. Kaori gli sorride con candore, con sincero riconoscimento, e lui potrà chiaramente avvertire nel suo corpo un profondo senso di sollievo e conforto, nonché di soddisfazione. < Grazie. > mormora con massima onestà prima di avviarsi al suo fianco al piano inferiore. Quando egli le scosta la sedia per farla accomodare Kaori sorride intenerita e si siede realizzando solo ora come i due non abbiano mai avuto un vero appuntamento fino a quel momento. Al di là della bellissima serata che il Nara ha organizzato per lei il giorno del suo ritorno, i due si son trovati a vivere per lo più nelle rispettive abitazioni i momenti più importanti della loro vita. Da quel giorno in poi, magari, avrebbero potuto uscire insieme, vagare per Konoha fianco a fianco, tenersi per mano... Quasi s'imbarazza per la banalità di quei pensieri e decide di metterli da parte mentre il Nara riempie i loro bicchieri. Kaori prende il proprio e sorride quando l'uomo propone quel brindisi che lusinga entrambe le donne. Kaime, dal canto suo, è palesemente radiosa e allunga una mano per carezzare il viso del figlio in un gesto materno e commosso. Brindano quieti bevendo un sorso di quel liquore e dunque iniziano a mangiare portando alle labbra un primo boccone di spaghettini e carne. Quando la domanda del Nara va spezzando il silenzio nella stanza, Kaori e Kaime si rivolgono entrambe -nel medesimo istante- uno sguardo d'intesa al di sopra delle loro ciotole. < Hachi è proprio gentile, vero Kaime? > domanda all'istante la Hyuga pensando alla secondina bionda che l'ha accompagnata dinnanzi la cella della donna. Kaime annuisce mentre finisce d'ingerire il suo boccone pulendosi le labbra con il tovagliolo e quindi leccandosi le labbra. "Mh, sì sì. E' stata davvero disponibile. Mi stava simpatica." dice Kaime annuendo, Kaori a non osare volgere lo sguardo verso il Nara fino a quando egli non le pone quell'ultimo quesito. Ripensa all'inquietante salita verso l'ottavo piano del carcere, le mani dei detenuti ad allungarsi verso di lei, quelle minacce, le offese, le provocazioni. < Non preoccuparti Azrael. Posso assicurarti di essere perfettamente capace di difendermi da sola in caso ce ne fosse bisogno. > gli sorride tentando di aggirare il ricordo di quella breve gita in carcere. Ricordi che, in ogni caso, sono a lui perfettamente accessibili nella sua memoria in caso volesse darci una occhiata. < In realtà non c'è molto da dire. Kaime non voleva uscire perchè pensava fossi morto visto che negli ultimi tre anni non avevamo avuto tue notizie > "E che ti sei fatto vedere l'ultima volta dieci anni fa" rimarca la donna con tono di finto rimprovero lanciando una occhiata traversa al figlio che, in realtà, rivela solo un profondo affetto. Kaori sorride e quindi si stringe nelle spalle. < Le ho semplicemente detto che eri vivo e ha deciso di uscire. > Manda giù un nuovo boccone schiarendosi poi sonoramente la gola una volta deglutito il tutto. < Ma parliamo di qualcosa di più allegro, no? > propone la Hyuga volgendo lo sguardo alla donna. < Impaziente di tornare a casa tua, Kaime? Sai, immagino sarà un po' diversa da quando l'hai vista l'ultima volta. Azrael ha ridipinto le pareti con un motivo di fiori di ciliegio: è davvero bellissima. > Cerca di cambiare discorso ben sapendo quanto sarebbe pericoloso portare all'attenzione del Nara il comportamento di Ichi e di chissà chi altri all'interno delle carceri nei riguardi di sua madre. Insomma: meglio concentrarci su una prospettiva ben più rosea e confortevole per mandare giù quella deliziosa cenetta.

15:47 Azrael:
 Il giovane, seduto a tavola, manda giù la propria bevada ed attende che siano le altre due a dare il via al pasto, così che anch’egli possa immergere le bacchette nel brodo caldo. Le ritrae con un voluminoso pezzo di manzo e qualche spaghetto a pendere dall’estremità e gli occhi s’allargano e si illuminano come se stesse guardando il tesoro più prezioso al mondo, il gioiello più brillante. Inspira a fondo per saggiare l’odore della pietanza che tanto gli ricorda i pochi momenti felici passati nell’infanzia. Ascolta il dire delle donne senza rispondere ad alcunché, concentrato perlopiù sull’atto di riempirsi lo stomaco dopo giorni di digiuno. Nota quanto l’atteggiamento delle due sia alquanto strano e discordante con quanto stiano dicendo, come se gli stessero nascondendo qualcosa di importante e la cosa lo porta a far caso in maniera più invasiva ai pensieri di kaori. Il ricordo delle mani che passano attraverso le sbarre nel tentativo di toccarla, le minacce e le volgarità a lei rivolte non portano la rabbia ad esplodere nella propria mente o nel proprio cuore, anzi, lo portano a sorridere di gusto. Resta silente per infiniti attimi, prima di schiudere le rosee e portare il boccone alla bocca. Il sapore di casa, dell’amore della propria madre e di un pasto caldo dopo un periodo di totale digiuno lo travolgono al punto tale da fargli dimenticare il discorso. La destrorsa raccoglie la ciotola, portandola a mezz’aria tra il capo chinato e la tavola stessa, mentre la mancina s’avvia a prendere con una foga innaturale il contenuto della ceramica. Uno, due, tre bocconi mandati giù di gran lena, gli occhi brillanti di un’emozione sconfinata collegata al poter sfogare in quel brodo la propria gioia. Poco tempo passa prima che le bacchette non raccolgano più nulla e che il nara porti la scodella alle labbra e reclini indietro il capo per berne il rimanente contenuto in un gesto molto poco educato per i suoi standard soliti. Riabbassa capo e busto solo una volta che sarà giunto alla fine del pasto, riappoggiando il contenitore sulla tavola con un piccolo tonfo sordo, poggiando le bacchette alla sinistra di quest’ultimo, sul tovagliolo. Si lecca le labbra, gli occhi ora rivolti al tavolo ed il labbro inferiore spinto leggermente oltre quello superiori, le sopracciglia corrucciate in un’espressione colpevole assimilabile a quella di un bambino che ha appena finito un intero barattolo di marmellata in qualche istante, sporcandosi mani e viso. Si schiarisce sonoramente la voce, per darsi un tono dopo il gesto famelico e fuori luogo, prima di riprendere finalmente parola < S-scusatemi. Non mangiavo da giorni e… insomma, avevo dimenticato quanto fosse buona la cucina della mamma. > Abbozza un sorriso imbarazzato, portando le mani ad unirsi in corrispondenza dei due indici appena sotto la linea del collo. Pare quasi essere tornato bambino per una frazione di secondo, prima di ripoggiare entrambe le mani sulla tavola e rendersi forzatamente partecipe al discorso che le due stanno ancora terminando. < C’è qualcosa che non mi state dicendo, riguardo la prigione. Devo andare di persona per accertarmi che sia andato tutto bene? > Domanda, volgendo lo sguardo a Kaori, che sembra la più tesa tra le due. “Tu sai che posso sentirti, vero?” Le ricorda mentalmente, esibendosi in un candido sorriso che pare rassicurante, ma che nasconde una minaccia nei confronti di chi avesse compiuto un qualunque genere di azione malevola od anche solo vagamente irrispettosa nei confronti delle persoe care al Dainin. Ruota il capo verso la madre, che lo rimbecca con quella battuta che non lo intristisce, ma a cui gli preme rispondere < Se non sono più venuto a trovarti era perché non riuscivo a vederti vestita d’arancione, senza poter far nulla per impedirlo. E mi spiace molto. > Le risponderebbe, addolcendo l’espressione in un moto d’affetto nei confronti della madre. Quando si parla della casa e di quante cose in essa siano cambiate, ecco che al Nara si accende una lampadina, una serie di informazioni inedite che ha da dare ad entrambe, che non vuole e non può tener nascoste per forza di cose. < Sì, a dirla tutta sono cambiate un po’ di cose. Ho ridipinto le pareti, steso un nuovo parquet, aggiunto qualche stanza e… > Prenderebbe una pausa, pesando attentamente le parole da dire per spiegare come si deve quel concetto < …ecco, c’è un po’ di gente in più per quanto siano solo temporanee. Una ragazza di Kusa, il cui nome è kaime, attualmente è ospite da me perché non ha altro posto dove stare nella Foglia. È giovane e ha appena iniziato il proprio viaggio nel mondo dei ninja, ho preferito darle personalmente un tetto che costringerla a lavorare per trovarsene uo da sola. > E per quanto riguarda la genin dell’Erba non ha molto altro da aggiungere, le motivazioni per cui si trova a Konoha sono strettamente personali e di certo non ci tiene a renderle pubbliche senza il suo consenso. Ma il discorso riprende immediatamente, la voce del nara è ferma, decisa, ma piatta e priva di qualsivoglia accezione o intonazione particolare. < In più, attualmente, ho in custodia Ai e Ken. > Non aggiunge altro, sicuro del fatto che la Hyuga potrà perfettamente intendere quanto quell’argomento lo provi nel profondo e quanto sia difficile specificare altro riguardo i suoi figli.

16:28 Kaori:
 E' la prima volta che Kaori nota nell'atteggiamento del Nara una movenza che non possa essere definita pienamente elegante. Non che si riveli rozzo o volgare in quel suo divorare il contenuto della ciotola, ma c'è qualcosa di talmente semplice e normale e quasi infantile che quasi cozza con il solito aplomb del Dainin. Vederlo abbuffarsi così le smuove un moto interiore di tenerezza mentre Kaime si ritrova a sorridere fiera del suo bambino allungando verso il suo viso un tovagliolo pulito per andare a cancellare un paio di gocce di brodo che erano rimaste appese ai lati delle labbra. "Vuoi un'altra porzione? Credo che ne sia rimasta ancora un po' di là se la vuoi" chiede la donna ritirando quindi il tovagliolo mentre Kaori manda giù un altro boccone dalla propria ciotola, scostando da loro lo sguardo quasi come a voler rispettare il ricrearsi di quell'atmosfera familiare ormai perdutasi nel tempo. Avrebbe pensato di aver scampato il pericolo nel momento in cui Azrael non ha commentato il loro conversare a proposito dell'uscita di cella della donna, tuttavia dopo questo breve intermezzo, la voce roca di lui va chiosando parole che portano la Hyuga ad alzare lo sguardo ed alternarlo fra Kaime e il Nara, quasi allarmata. Kaime a sua volta schiude le rosee dando in un sorriso mesto e tranquillo, scuotendo il capo con un movimento lento e consapevole. "Ma no, ma no. Ormai sono fuori e sto benissimo. Questo è l'importante, no?" tenta di distogliere l'attenzione del figlio dall'argomento in esame, ignara del messaggio telepatico che questi sta inviando alla volta di Kaori. La ragazza stringe le labbra in una linea sottile inspirando piano, ben consapevole del fatto che a questo punto mentirgli sarebbe stata più una offesa che un atto di gentilezza. "Una guardia è ricorsa alla forza per vestirla quando è stato inviato l'ordine di scarcerazione. L'ho fatto licenziare il giorno stesso" confessa la ragazza sostenendo lo sguardo di lui, silenziosamente, tentando di non mostrare alcun segno di panico alla donna seduta a tavola con loro. "Non dare di matto. La farai preoccupare inutilmente." aggiunge subito dopo quasi come a pregarlo di rimanere pacato e tranquillo, almeno fintanto che la donna fosse stata lì di fronte a loro. Quindi il discorso procede e mentre Kaori continua -lentamente- ad assaporare il proprio ramen, Azrael racconta dei restauri fatti in casa, della presenza della giovane Kaime che Kaori stessa ha conosciuto ormai poco tempo prima e... di Ai e Ken. La notizia arriva quasi come un fulmine a ciel sereno per la Hyuga portandola a rimanere con le bacchette ferme a mezz'aria per un istante nell'incassare quella strana fitta che le arriva dritta dritta allo stomaco. Abbassa le bacchette riportando gli spaghetti precedentemente catturati nel brodo fissando un punto imprecisato del tavolo con fare disorientato. Quando era convinto di star andando a morire le aveva detto di voler conoscere Ken, di essere pentito di non essere potuto essere un padre per lui e lei stessa gli aveva detto che quando sarebbe tornato avrebbe potuto recuperare il tempo perduto. Non aveva pensato, però, che sarebbe successo tutto così in fretta, che non ne avrebbe saputo nulla, che sarebbe successo e basta. Ingenuamente aveva pensato di accompagnarlo in quell'importante ma difficile momento, aveva pensato di stargli accanto per dargli forza senza pensare che non sarebbe stata lei a vederlo incontrare per la prima volta suo figlio. E solo dopo questa considerazione arriva la consapevolezza che quella persona non sarebbe mai stata lei, in ogni caso. Ma Mekura. Ripensa a tutte quelle ore passate a chiedersi dove fosse e perchè fosse sparito dopo quel messaggio ed ora è tutto chiaro. Era da lei. Dalla madre dei suoi figli. Il semplice pensiero le torce le viscere nel ventre, le fa salire una fastidiosa sensazione di nausea e irrazionale gelosia. Non aveva mai pensato davvero a cosa avrebbe comportato il desiderio di Azrael di occuparsi dei suoi bambini. Lei non avrebbe avuto voce in capitolo. Si tratta della sua famiglia, si tratta della famiglia che lui costituisce con la Hyuga e con i loro bambini e lei non ha parte in questo. Non ha e non avrebbe avuto mai diritto a dire nulla in merito, si tratta di qualcosa nella quale lei non c'entra. Qualcosa che Azrael avrebbe condiviso solo ed unicamente con Mekura e per la quale non dovrebbe sentirsi così profondamente ferita. Abbandona le bacchette in equilibrio sulla ciotola per versarsi dell'altro saké e quindi mandare giù il liquido in un denso e quasi doloroso silenzio, senza guardare nessuno, improvvisamente sovrappensiero all'idea di essere stata così stupida da non pensare mai davvero, all'effettivo, a come avrebbero gestito questo tipo di situazione. Kaime, per parte sua, aggrotta le sopracciglia donando unicamente al figlio la propria attenzione con una espressione appena confusa. "Chi sono Ai e Ken?" domanda con un sorriso ricolmo d'interesse all'idea di poter sapere finalmente qualcosa sul proprio bambino, sull'uomo che è diventato in tutti quegli anni di separazione. Kaori beve silenziosamente lasciando che sia Azrael a rispondere alla domanda, non avendo sinceramente idea di cosa vorrebbe che sua madre sappia della sua vita attuale e cosa no. Può avvertire quanto tutto sia difficile e intenso per lui ma per la prima volta si ritrova incapace di aiutarlo realmente. Si è improvvisamente ritrovata catapultata in un campo minato che neppure il suo Byakugan può permetterle di superare illesa.

18:00 Azrael:
 Allunga il viso in modo che la madre possa pulire le poche gocce di brodo che gli imperlano gli angoli delle labbra in un gesto di materno affetto che gli riscalda il cuore e l’animo. Sorride, snudando i denti alla richiesta della donna di versargliene un altro po’ e non le risponde a voce, bensì annuendo con convinzione ed energia, con lo sguardo speranzoso tipica dei bambini. Torna poi ad ascoltare le parole delle due, ponendo particolare attenzione a quelle della Hyuga, sia a quelle che va dicendo che quelle che gli comunica con i propri pensieri ed i propri sentimenti a cui è collegato tramite l’empatia. Una guardia l’ha costretta con la forza. Non molto tempo prima di quella serata. Una guardia che è stata licenziata immediatamente, che – dunque – non può andare a cercare, a cui non può far assaggiare la sua stessa medicina, di cui non potrà aggiungere il ritratto a quelli che ha rinchiusi nella propria cameretta. Continua a sorridere, senza dar risposta alle parole che mentalmente gli arrivano dalla Hyuga. Ruota il capo verso la madre, che tenta di rassicurarlo nella maniera più semplice ed immediata. < Certo mamma, l’importante è che stai bene e se me lo assicuri tu non posso che crederti. > Poggia i gomiti sul tavolo ed intreccia le dita di ambedue le mani davanti al volto a mezz’aria. Appare calmo, serafico, riassato, benché nella sua mente vi sia unicamente l’intenzione di prendere quella guardia ed aprirla in due, per potersi cibare delle sue interiora ed utilizzare il suo sangue per vergare di cremisi le pareti, oltre che la sua testa che potrebbe essere comodamente riciclata come paralume. Magari sul suo comodino, sarebbe un bel modo di utilizzare la testa recisa di un uomo. E mentre il Dainin riflette su come potrebbe rifrangersi la luce di una candela posta in un cranio semi aperto, ecco che Kaori lo intima alla calma, per evitare di allarmare la madre. Una calma che, almeno apparentemente, non sta perdendo, ma che non lascia tracce nella propria mente, confusa ed annebbiata da un senso di rabbia ed una voglia di uccidere che percepisce come estremamente familiare. Ma poi il discorso prosegue, si fa ben più intricato e difficile da affrontare. Non tanto per quanto riguarda la Ishiba proveniente da Kusa, quanto più per Ai e Ken. Avrebbe voluto dare la notizia a Kaori con più attenzione e cura, ma di certo non poteva portare in casa propria la madre senza spiegarle chi vi avrebbe trovato dentro. Oltre al fatto che – pensandoci bene – sarebbe stato ovvio per la Hyuga pensare che le cose sarebbero andate così, che sarebbe andato a prendere i suoi figli per passare del tempo con loro, per ricoprire il ruolo di padre che le aveva già detto di voler occupare nelle vite dei figli. Quello che prova Kaori nei riguardi di quella rivelazione è travolgente, sconvolgente, fa sentire il Nara confuso e colpevole per averlo detto con così tanta leggerezza. Non traspare, tuttavia, alcunché dal suo viso, coperto da una gelida maschera sorridente ed accomodante, che ispira unicamente calma e pacatezza, mentre lo sguardo non si smuove di un singolo centimetro dal volto della madre, giustamente confusa al sentir nominare i due bambini < Ai e Ken sono… > Si blocca per qualche istante, le parole da pronunciare sono da scegliere con cura ed attenzione per non ferire o sconvolgere troppo né se stesso, né le presenti. < Beh, Ai è mia figlia. Adottiva, ma pur sempre mia figlia. Io e la donna con cui stavo anni ed anni fa ce ne siamo presi cura dopo che lei l’ha salvata in una pericolosa missione. Per Ken il discorso è più complesso e-- > Sorride candidamente nei riguardi della madre, cercando la complicità e l’appoggio di Kaime, nella speranza che possa comprendere le sue ragioni, le ragioni che lo portano a non dir nulla riguardo il bambino, per quanto sarà più che palese la somiglianza che ha con lo stesso Azrael. < -ti prego di capire, se non affronto l’argomento adesso. Mi sento solo di dirti che è una parte di me e che ci tengo ad essere una parte di lui nella stessa maniera. > Un padre che vuole esserci per il figlio. Sperando che non sia troppo tardi. Troppe sarebbero le parole da spendere nei suoi riguardi, la storia che lo collega a Jun, il suo tradimento nei riguardi della Foglia, la successiva violenza sessuale esercitata su suo figlio, che ha generato lo stesso Ken. Un qualcosa che non può rivelare, fin troppo dura da essere accettata da se stesso in primis e, poi, da chiunque altro sia ad egli collegato. Soprattutto per Kaime, appena tornata ad essere libera e che non vuole debba confrontarsi proprio adesso sul fatto di essere sia zia che nona di un bambino che ancora non ha conosciuto. < E’ muto e cieco da un occhio, sii comprensiva con lui. > La avverte, in caso si trovasse ad avere contatti con lui, nella convivenza che dovranno affrontare. A questo punto, finito il discorso, si alzerebbe, porgendo la mancina alla Hyuga perché possa raccoglierla e sollevarsi assieme a lui da quella tavola. Non le rivolge lo sguardo, ancora puntato sulla madre, il tono sempre mantenuto su quel tono ricco di una calma ed una serenità che per nulla rispecchia il subbuglio ed il tormento presenti nella propria anma. < Perdonami, mamma. Mangerò il ramen un’altra volta, sono molto stanco e vorrei andare a stendermi un po’. Con permesso. > Solo allora andrebbe a puntar lo sguardo in quello perlaceo della giovane, senza dirle nulla che esca dalle proprie labbra, ma utilizzando il legame mentale che vige sempre costante tra di loro. “Andiamo di sopra.” Le direbbe, andando poi a seguire coi fatti il proprio pensiero, percorrendo le scale per raggiungere la camera da letto in cui si è dislocato ad inizio serata, aprendo la porta ed attendendo sulla soglia, chiudendola alle spalle di entrambi. “< Parlami, cosa succede. > Non una vera e propria domanda, quanto più uno spronarla a parlare e a dar voce alle emozioni che tanto la stavano accigliando a tavola, restando in piedi davanti la porta, a guardarla con lo sguardo ricolmo di preoccupazione e affetto.

18:52 Kaori:
 Non può leggere i pensieri del Nara allo stesso modo in cui lui può leggere i propri. Non può affacciarsi nel macabro teatro che ha attualmente luogo nella sua mente. Non ha idea di cosa stia attualmente immaginando sebbene abbia un vago presentimento sulla natura generica delle riflessioni in atto nella sua psiche. Non può dire di conoscere Azrael a tutto tondo ma lo conosce abbastanza da sapere che quella rivelazione deve aver innescato nella sua mente un qualcosa di pericoloso e violento. Molto violento. Sul suo viso non traspare altro se non la quieta tranquillità di un figlio che chiacchiera con la propria mamma ma Kaori avverte quelle ondate oscure che lo travolgono. Quel senso di confusione e obnubilamento tipico dell'essere immersi in un qualche tipo di profonda riflessione. Kaori inspira sorridendo alla volta di Kaime per reggere il gioco di Azrael ma dentro di sé è preoccupata. "Azrael." lo richiama con voce ferma ma comprensiva. "Non puoi fargli del male." L'uomo era un ANBU, sa perfettamente cosa comporterebbe per uno shinobi del Villaggio il ledere ad un civile in maniera volontaria. Kaori è impensierita ma per lo meno è contenta del fatto che l'altro sia tanto controllato da riuscire a celare perfettamente i propri pensieri così da non farne trasparire traccia sul volto. E' sempre stata così semplice da leggere: le sue emozioni, quelle reali, profondi e travolgenti, sono sempre state palesi sul suo viso. E' sempre stato facilissimo capire i suoi stati d'animo già solo guardandola negli occhi; ma in questo momento, in questo frangente, si può semplicemente percepire nell'aria quel lieve cambio d'atmosfera. Quella frizzante tensione che le fa sentire i nervi scoperti, che la manda in subbuglio, che la fa sentire come se fosse quasi estranea in una casa non sua. Continua a mangiare in silenzio, a capo chino, riponendo il bicchiere sulla tavola e portandosi le bacchette alle labbra. Azrael non la guarda, si dedica a sua madre, spiegandole con parole semplici la situazione. La Hyuga non aggiunge nulla, non solleva lo sguardo, limitandosi a piazzarsi sulle labbra un sorriso per niente convincente, piuttosto smorto: niente a che vedere con i sorrisi brillanti e luminosi che aveva sfoggiato fino a quel momento. Kaime comunque non le rivolge attenzione, istintivamente concentrata sulle parole del figlio che le sta rivelando la sua condizione di nonna. "Nonna..." mormora incredula osservando il ragazzo, sbattendo le palpebre e ripetendo quella parola come per capirne il senso reale e recondito. Un sorriso ad illuminarle il viso mentre realizza poco per volta la verità. "Nonna!" esclama con una vocina intenerita ed acuta prima di sentire delle condizioni del piccolo Ken dal Nara. "Ma povera creatura, che peccato" osserva immediatamente dispiaciuta per la condizione tutto sommato non così pessima del bambino. "Oh tranquillo tesoro. Come se la cosa fosse un problema! E' pur sempre mio nipote no?" lo rassicura con materna dolcezza prima di rendersi conto solo adesso del silenzio della Hyuga. Lo sguardo della donna s'alterna fra lei ed il figlio notando come Kaori vada semplicemente a deporre le bacchette nella ciotola ormai vuota pulendosi le labbra in muta educazione. Tampona con delicatezza le rosee con la punta del tovagliolo così da ripulirle di qualsivoglia residuo di cibo e poi ripiega la salvietta sulla tavola. Azrael nel mentre si è alzato e porge verso la ragazza la propria mano in un chiaro segno di seguire i suoi gesti. Kaori solleva lo sguardo su di lui e, tenendo quel mesto sorriso di circostanza sulle labbra, poggia la propria destrorsa sul suo palmo, alzandosi da tavola. Il ragazzo va scusandosi con la donna per il suo improvviso congedo e la Hyuga si ritrova a guardarla con affetto. < Vai pure a riposarti. Passa la notte qui, domattina ti riaccompagno a casa. Ormai è tardi ed è stata una lunga giornata. > le dice con voce bassa, leggermente più scura del solito, palesemente più seria di prima. < Pulirò tutto più tardi o domani. > termina indicando la tavola e Kaime, questa volta, non replica alle sue parole. "Buonanotte Kaori. E-- grazie." le sorride dal suo posto a tavola con voce morbida e bassa, lo sguardo che lascia perfettamente intendere la propria riconoscenza, nonché il tentativo di tirarla su di morale. Kaori le sorride annuendo una volta soltanto prima di ascoltare il messaggio mentale di Azrael e quindi seguirlo al piano superiore. Il tragitto è silenzioso, assai diverso da quello che li ha condotti poco tempo prima nel bagno in fondo al corridoio. Kaori sospira reprimendo quell'odiosa sensazione di gelosia allo stomaco ed entra nella sua camera sentendo la porta richiudersi alle spalle, Azrael chiederle immediatamente di parlare con quel tono urgente e preoccupato, lo sguardo ricolmo d'affetto. Kaori si volta avvicinandosi alla finestra e si siede sul davanzale rivolgendo le spalle all'esterno, le gambe a pendere verso il pavimento senza che i piedi tocchino il legno, le mani poggiate ai lati delle cosce. < Non succede proprio niente. Non c'è nulla di cui parlare. > risponde alla fine la Hyuga con un sorriso amaro dipinto sulle labbra. < Fino alla settimana scorsa potevo chiudere gli occhi davanti al pensiero che hai già una famiglia. Adesso- no. > spiega Kaori deglutendo, umettandosi le rosee con difficoltà. < Quando mi hai detto di voler costruire un rapporto con Ken eravamo così spaventati dall'idea che potessi morire che non ho pensato a cosa questo significasse concretamente. Avevo pensato che ti avrei accompagnato a conoscerlo. Avevo pensato che- non lo so, avrei potuto semplicemente stringerti la mano o vedere la tua espressione nel conoscerlo. Non mi sono fermata neppure per un istante a pensare che tutto questo non ha niente a che fare con me. > Una risatina nervosa esce dalle sue labbra mentre scuotendo il capo si stringe nelle spalle, osservando i propri piedi incrociati a pochi centimetri dal pavimento. < Sono i vostri figli. E' la vostra famiglia. > annuisce lei schiarendosi la voce, mandando giù il pesante groppo che le si era fermato in gola, che le appesantisce il cuore, cercando di tenere la voce ferma nonostante il dolore che le si irradia dal centro del petto a tutto il corpo. < Devo solo- > trattiene il fiato per un istante cercando la parola migliore per concludere quel pensiero, quella spiegazione apparentemente stupida e infantile ed egoistica. < -abituarmi. > Termina, alla fine, annuendo ancora, tenendo le labbra strette, incapace però di rialzare lo sguardo. Per tutto il tempo l'ha tenuto basso, chino verso le proprie gambe, incapace di osservarlo in volto. Aveva atteso per giorni il suo ritorno, atteso che tornasse da lei, che la riabbracciasse, che definissero finalmente il loro rapporto. Ed ora si sente quasi in fallo nel sentirsi così ferita da qualcosa che, in fin dei conti, sapeva fin dall'inizio. Qualcosa che nessuno aveva mai nascosto e che lei sola aveva cercato di non affrontare nascondendosi nella bellezza di quell'idillio. Fa male. Fa male pensare di essere esterna ad una parte così importante e fondamentale della sua vita. Fa male pensare che quello è qualcosa che Mekura avrebbe avuto per sempre con sé. Lei sarebbe sempre stata la sua famiglia, per quanto Kaori possa amarlo ed esserci e sostenerlo. Mekura sarebbe stata la madre dei suoi figli, l'unica con la quale avrebbe potuto decidere per il loro bene ed il loro futuro, l'unica con la quale avrebbe condiviso qualcosa di così speciale e importante per lui. Ed è egoistico e infantile e meschino questo sentimento di gelosia e rabbia che le cova dentro, ma non può fare altro se non cercare di reprimerlo, di rimproverarsi per questo, tentando di essere comprensiva e di supporto nelle scelte del Nara per quanto riguarda la sua vita.

19:38 Azrael:
 Si è spento in un silenzio denso ed assordante, dal momento in cui è entrato in quella stanza. Mentre la ragazza parla, va spostando la mancina dietro la propria schiena, a superare la stoffa della camicia per giungere al fuuda che gli consente di avere contatto mentale con lei. Lo stringe tra le dita, staccandolo dal proprio tronco per poggiarlo sul letto, in un punto casuale del materasso, lasciandolo lì e quindi facendo intendere alla giovane che le loro menti non saranno collegate, per il momento. La motivazione è, semplicemente, perché vuole he sia lei stessa a rivelargli i suoi pensieri, senza avere la possibilità di coglierne le sensazioni che non sia Kaori stessa a renderlo partecipe di tutto quello che ha per la mente. Sospira lungamente, avvicinandosi un passo per volta a lei. Si fermerebbe dinanzi a lei, in piedi ed in silenzio, carezzandole i lineamenti del viso con il semplice sguardo. La voce bassa, una serie di sussurri ad uscirgli dalle labbra e a formare le sole parole che, sinceramente, gli vengono da dirle. < Mi dispiace, non ne abbiamo mai parlato e io mi sono spiegato male al riguardo. > solleva le mani a cerare le sue, se lei non le ritraesse, per stringerle nelle proprie e tenerle sospese a mezz’aria tra i loro corpi. < Sono andato da Mekura per recuperare le mie cose, casa mia ed i miei figli. L’ho fatto per lo stesso motivo per cui sono uscito dall’Alba. > Per lei. Per stare con lei e vivere la propria vita con lei in tutte le sfaccettature che essa potrebbe avere. Da uomo, da shinobi, da padre. < Ho bisogno di te. > Le direbbe, poi, semplicemente. Solleverebbe le mani per portarsele al petto, poggiando i di lei palmi in corrispondenza dei propri pettorali, intrappolandoli poi con le proprie. Il petto a battere incessantemente poco al di sotto della mano di Kaori, come se il muscolo stesso accelerasse alla vicinanza dell’unica donna per cui batte davvero. < Non ho idea di come si faccia il padre. Non ne ho mai avuto uno. Non ho conosciuto Khalux e l’altro, beh, lo sai. > Non solo lo ha sentito dalle sue stesse parole, lo ha visto da quella macchia di sangue rappresa nella sua cameretta, ma ha anche studiato il caso per quanto riguarda Kaime. Ed è il motivo per cui non si è mai deciso a prendersi cura di loro, soprattutto di Ken. < Ho bisogno di imparare e vorrei che tu mi assistessi in questo processo. Mio figlio non può parlarmi e io non ho modo di comunicare con lui. Sono preoccupato, sono terrorizzato, non posso imprimergli l’empatia perché è piccolo e perché temo di dirgli più di quanto possa fare con le parole. Non sa chi sono, mi tratta da sconosciuto e la cosa mi sta facendo impazzire. > Le confessa, per la prima volta ad alta voce. Da’ forma per la prima volta a quei pensieri che lo tormentano da ore in maniera più pressante, ma che sono sempre stati presenti nella propria mente dal momento esatto in cui ha scoperto dell’esistenza del piccolo Ken. < Non ho parlato ancora di queste cose a qualcuno. Non ho nessuno a cui vorrei chiedere e confessare tutto questo. Vorrei tu fossi la mia compagna di vita, sei la mia futura moglie- > Sorriderebbe a questo punto, ricordando quell’espressione ricorrente tra loro due, sin da quando si sono ritrovati alle Cascate dell’Epilogo. < -e non devi abituarti. *Dobbiamo* abituarci. Se sei disposta a stare con me, a stare con loro. > Si porta le mani, che ancora stringerebbero le sue, sul proprio volto, ben salde sulle proprie guance, contratte in un piccolo sorriso che vorrebbe unicamente dimostrarle la sincerità di quanto sta dicendo. < Voglio avere una famiglia, ma pretendo che la donna che amo ne sia la parte più importante. Se anche tu hai lo stesso desiderio. > E resterebbe così, di fronte a lei, in silente attesa, sperando che lei voglia essere la sua famiglia.

09:42 Kaori:
 Nel silenzio di quella notte la voce di Azrael è l'unico suono che va riempiendo la stanza. Un suono basso, lento, che scandisce parole importanti e pregne di significato che Kaori ascolta con attenzione e, al contempo, preoccupazione. Non ha mai dubitato della buona fede di lui, non dubita dei suoi sentimenti per lei, non quando ha potuto chiaramente avvertirli riversarsi nella propria mente in più occasioni. Ma amare qualcuno non è spesso sufficiente per far sì che le cose vadano bene fra due persone. La ragazza lascia che Azrael esprima tutto quanto liberamente, non si ritira dal suo contatto e lascia che lui afferri le sue mani per imprimersele contro il petto. Avverte il battito del suo cuore accelerare, i suoi palmi caldi stringere i propri contro la sua camicia. Alza appena lo sguardo per osservare le loro mani unite, quel semplice gesto che un po' la rincuora ma che non cancella del tutto il dolore e la paura di quella condizione alla quale deve abituarsi. Azrael le apre il proprio cuore, le parla chiaramente dei propri timori, delle proprie preoccupazioni e lei ascolta in silenzio sentendosi stringere il cuore alla sincera richiesta del Nara. Le chiede aiuto, ricerca in lei sostegno e conforto, un qualche consiglio su come essere un buon genitore per i suoi figli. Kaori se ne sente intimamente toccata e commossa e solo ora riesce a ricercare il suo sguardo con le proprie iridi spente. Da sotto le ciglia osserva la sua espressione vulnerabile e quindi abbozza un sorrisetto mesto a quella battuta che ormai ha preso a caratterizzare quella che è la loro storia, stringendo poi le labbra quando lui prosegue nel suo discorso e si porta le mani di Kaori al viso. Le sorride con quel suo fare onesto e pulito portando la Hyuga ad espirare liberando in un pesante sospiro parte delle sue preoccupazioni. < Certo che lo ho. Ma- non dipende da me. Non conta quello che desidero io. > mormora lei stringendo le labbra per un istante, carezzando i suoi zigomi coi pollici. < Loro hanno già una madre. Io cosa posso aspettarmi di essere in questa famiglia? Posso sostenerti e incoraggiarti con tutta me stessa ma... rimarrò comunque un'estranea per loro. > sorride lei, tristemente, espirando dalle narici. < Ai è grande e potrebbe anche capire perchè tu e Mekura non vivete assieme, perchè le cose non sono più come lo erano prima. Ma Ken è un bambino. Quando saprà che sei suo padre non credi che si aspetterà di avere la sua mamma e il suo papà insieme con lui? Che si chiederà perchè non vivete insieme? > gli domanda con un sorriso estremamente malinconico sulle rosee sottili. < E, oltretutto, non capisco perchè Ken non sappia che sei suo padre. Non sei un criminale dal quale andrebbe protetto. Non dico di dirgli chi sia sua madre, di spiegargli nel dettaglio i particolari della sua nascita ma, voglio dire, non è stupido. Vi assomigliate così tanto... Visto che sei andato da lui e che Mekura ti ha concesso di portarli a casa con te credo che avreste potuto dirgli chi sei. > dice lei quello che è semplicemente il suo parere in una ottica forse fin troppo semplicistica ma che trova assolutamente lineare e logica. < Ma immagino che sappiate voi cosa è meglio per loro. > Espira piano risucchiando il labbro inferiore fra i denti per poi umettarsi le labbra e continuare. < Io... sono dalla tua parte. Qualunque cosa tu voglia fare puoi contare su di me. Sarò sempre pronta a darti una mano per come posso. Posso... insegnarti il linguaggio dei segni, se vuoi. Così potrai comunicare con lui anche da solo. Magari questo potrebbe avvicinarvi. Posso... insegnarti qualche segno basilare, almeno quelli sufficienti per permetterti di chiedere aiuto a Ken stesso. Penso che se ti farai insegnare qualcosa da lui lo renderai fiero di sé. E' un bambino molto sveglio e penso che si sentirebbe speciale ad insegnare qualcosa ad Azrael Nara. > mormora lei con voce bassa, mesta, distendendo appena le labbra verso l'esterno in un sorriso timido e cauto. < Ma al di là di questo non... credo che dovrei avere contatti più diretti con loro. Almeno per ora. > La voce si fa spenta, lo sguardo triste. < Quando Raido ha trovato Fumiko Kouki l'ha allontanata inizialmente. Ero io la sua mamma e non ne voleva un'altra. Non voleva che suo padre stesse con un'altra donna, eravamo noi la sua famiglia. > La voce trema per un istante prima di deglutire e riprendere. < Col tempo ha avuto modo di conoscerla. Fumiko viveva con Raido, era sempre lì, con lei. Le è stata vicino ed è diventata la sua mamma quanto lo sono io. Per quanto sia felice che un'altra persona la ami quanto la amo io -perchè amore è tutto ciò che Kouki merita, sentirla riferirsi a lei come la sua mamma mi ha ucciso dentro. > Punta lo sguardo in quello di Azrael stringendo le labbra in una smorfia comprensiva. < Hanno già la loro mamma. Io... posso aiutarti ad essere il loro papà. Per quanto... non sappia nemmeno io esattamente come essere un genitore. Kouki non è mai stata davvero una bambina. E' più matura e consapevole di chiunque altro alla sua età. Ma questo-- lo sai già. > sorride lei ben sapendo come effettivamente, il Nara, abbia già avuto modo di conoscere la piccola Yakushi poco tempo prima. Cala il silenzio per qualche attimo prima che, alla fine, Kaori si ritrovi ad arrendersi a se stessa ed alla paura che forte preme contro il suo cuore e della quale un po' si vergogna. < Io... ho paura che lei possa amarti ancora. > confessa alla fine abbassando lo sguardo. < Quando le ho detto di provare qualcosa per te non l'ha presa benissimo. Non si è arrabbiata, si è dimostrata comprensiva ma... per poco non ha pianto. Sembrava distrutta e quando le ho chiesto se ti amasse ancora non mi ha dato una reale risposta. > Un immenso giro di parole dove continuava a ripetere che loro non fossero le stesse persone che erano tre anni prima, un concetto che per Kaori non ha un reale senso d'esistere visto che Mekura non ha potuto neppure vedere da sé se Azrael fosse o meno lo stesso che aveva perduto prima della sua sparizione. < Mekura è la persona che ti conosce meglio al mondo. Ti ha vissuto per anni, avete condiviso un sacco di cose e... è la madre dei tuoi bambini. E' stata, è e sarà sempre speciale per te. Sarà sempre... parte di te e della tua vita. E... è giusto, non pretendo che le cose cambino. > annuisce piano come per volersi dare maggior forza, maggior spinta a continuare quel discorso che le preme nel profondo. < Ma condividete qualcosa di importante. Per quanto io possa voler essere la tua famiglia, lo è anche lei e... > dirlo ad alta voce, per la prima volta, è come uno schiaffo in pieno viso che la porta a fermarsi per un istante con le mani a farsi quasi molli sul suo viso, prive di reale presa, inconsistenti, rette solo dai palmi dello stesso Azrael che le tengono su. < vorrei solo- promettimi che se dovesse cambiare qualcosa fra di voi me lo dirai. > Lo guarda negli occhi con l'espressione più trasparente, indifsa e vulnerabile che gli abbia mai mostrato fino a quel momento. Più dei momenti in cui gli ha letteralmente dato accesso diretto ai propri pensieri, in questo momento Kaori gli sta aprendo la propria anima mettendo a nudo e in chiare lettere le sue paure più sincere e profonde. < Capirei, capirei davvero. Ma- dimmelo. Okay? > Azzarda un sorriso che vorrebbe alleggerire l'atmosfera, ma dalle sue labbra viene fuori -semplicemente- una smorfia tremante e poco convinta.< Per favore... per favore... prometti. > Le palpebre calano, il capo s'abbandona contro il suo petto, mentre si sentirebbe privata di ogni forza ed energia al rivelare infine quella sua profonda e logorante paura. Azrael è l'uomo che ha deciso di volere al suo fianco. E' la persona cui ha donato il proprio cuore. E' l'aria di cui ha bisogno per respirare, il sole nelle tenebre di una vita troppo dura. Azrael è la sua salvezza ed è la sua dannazione. Ha bisogno di lui ed il timore di vederselo sfuggire via di mano è troppo intenso, troppo bruciante per essere nascosto oltre. Per quanto creda ciecamente nell'onestà delle sue parole e dei suoi attuali sentimenti, crede anche che Mekura sia stata fondamentale per lui e che ancora oggi sia estremamente importante. Non biasimerebbe un eventuale ritorno di fiamma, questo non sminuirebbe l'importanza del sentimento che stanno condividendo adesso, ma sa che potrebbe semplicemente uscirne distrutta.

19:18 Azrael:
 Quel che c’è nella mente del Nara in questo momento si può intendere perfettamente dalla sua espressione facciale, dai suoi gesti, dalle sue parole. In assenza del sigillo dell’empatia Kaori potrà comunque percepire chiaramente quando il Dainin sia fortemente coinvolto dall’argomento, da lei, dal contatto delle sue mani sul proprio petto e sul proprio viso, quanto sia fortemente rammaricato del fatto che lei stia soffrendo. Non tanto per il motivo per cui il sorriso, solitamente radioso e splendente, sia mutato in quell’espressione mesta e rassegnata, quanto più per l’assenza di serenità nel suo animo. È quasi un fallimento personale, quello che sta affrontando, guardandola in viso. Non vuole e non può permettersi che lei stia male. Si sente rotto, spezzato dal semplice non riuscire a farla star bene. Ne ascolta il dire, ne osserva le espressioni e non può che immedesimarsi in quanto la ragazza gli sta comunicando. Anche Azrael si è sentito così, al sapere della presenza di una famiglia nella vita di Kaori, anche lui ha pensato di essere un estraneo in tutto quello, ma i sentimenti e le confidenze che si sono scambiati e che hanno provato l’uno per l’altra hanno sopperito a qualunque insicurezza. Non ha mai pensato di voler sostituire Raido. Né come compagno di vita, né come padre di Kouki. Lui è semplicemente—Azrael. Un ragazzo che si è genuinamente innamorato della donna che ha di fronte, che vuole condividere ogni aspetto della propria vita con lei. A scapito di tutto quello che è intorno a loro, tutte le difficoltà, tutti gli ostacoli. < Non conta quello che desideri? > Domanda, retorico, in risposta al suo primo dire. < E’ tutto quello che conta, per me. > Confessa, con un filo di voce diretto solo ed unicamente a lei. Lo sguardo scuro puntato sul suo viso, senza mai distaccarsi dai lineamenti morbidi che definiscono il viso che lo tormenta dolcemente ogni notte ed ogni ora del giorno. < A Ken un giorno spiegherò le sue origini, come hai detto tu è un bambino sveglio, non per nulla è mio figlio. > Abbozza un risolino basso a questo punto, in quella battuta atta a smorzare un po’ la tensione e a farle capire che – effettivamente – la cosa è ben più semplice di quanto possa apparire al momento. < Se vorrà farmi domande sul perché suo padre e sua madre non sono insieme verrà a scoprire semplicemente del fatto che amo un’altra donna e che sto con lei. Di tutti i problemi che ci portiamo dietro, vuoi che debba preoccuparmi proprio di questo? Pensavo fosse ovvio, proprio adesso che ti ho chiesto di stare con me. > China il capo verso il basso, puntandolo poco sotto la linea del mento della ragazza in un’espressione appena più intristita di quanto abbia mostrato sino a quel momento. Afflitto dall’argomento che Kaori ha appena toccato, riguardo il dire la verità a suo figlio. Ma va immediatamente mostrando un sorriso quasi impercettibile, mesto, ma per nulla spento. Quasi timido ed imbarazzato per la motivazione che sta per esporle, il vero motivo per cui non ha ancora detto di essere suo padre, al piccolo Ken. < Ho pensato che—insomma, che dovesse accettarmi perché si trova bene con me, non solo perché sono suo padre. Sarebbe—forzato, se lo facessi. > Rialza lo sguardo nel suo, chinando leggermente il capo sulla sinistra, chiaro segno del fatto che non è per nulla sicuro di quel che sta dicendo. Non perché non siano realmente le proprie intenzioni, ma perché non ha idea di cosa pensare, se è giusto quel pensiero oppure no. < No? È… stupido? > Domanderebbe a questo punto, cercando una conferma di quel che sta dicendo. Profondamente vulnerabile ed insicuro, ecco come si sente a parlare di quanto sia incerto di quella situazione, ma fortemente rincuorato del fatto che può aprirsi e parlarne con la Hyuga. Ha bisogno di lei, un disperato bisogno di lei e del suo appoggio in questa intricata situazione che non ha una soluzione immediata e che porterà – per forza di cose – il Nara a soffrire molto. Ed è proprio quando la ragazza gli parla del linguaggio dei segni che il Dainin recupera un po’ di luce nello sguardo, puntandolo nelle di lei iridi di perla in un moto di speranza < Conosci ill linguaggio dei segni? Come? Perché? Da domani puoi iniziare ad insegnarmelo, vero? > Domanda col tono leggermente più alto, le dita che prendono più forza e vigore, nello stringersi attorno quelle di lei. Il sorriso a farsi nuovamente largo sul proprio viso, snudando le bianche arcate, i canini affilati quasi a brillare per quanto smagliante è il sorriso che sta mostrando attualmente. < Non sapevo cosa fare, non volevo usare il sigillo dell’empatia e—non mi sembrava il caso di chiedere a Mekura e tu… tu mi aiuterai! > Esclama in uno slancio di puro affetto e felicità nei confronti di Kaori, mostrando un entusiasmo quasi infantile per una cosa che, in fondo, non è chissà quanto fondamentale. Insomma, potevano utilizzare il linguaggio scritto o qualunque altro tipo di comunicazione non verbale, eppure le parole della Hyuga lo hanno messo istantaneamente di buon umore. < No, non hai capito. Tu *devi* avere contatti con loro. Non ho intenzione di essere il padre single della situazione. Mi hai detto di sì alla proposta di essere la mia ragazza, sei fregata. Posso dislocarti in casa mia e chiuderti a chiave con loro dentro, non sfidarmi. > Preciserebbe, lasciando uscire la lingua biforcuta dalle proprie labbra in una giocosa linguaccia. < Ehi, anche io mi sento così, con Kouki. Non so che ruolo occuperò mai nella sua vita e nei suoi affetti, ma sarò pronto ad accettare qualunque cosa le serva. È la tua bambina e io, beh—sarò qualunque cosa di cui senta il bisogno. Come voglio esserlo per te. Puoi persino chiamarmi “papino”, se ti va. > Si lascerebbe andare in una profonda e liberatoria risata, prima di placare l’ilarità ed ascoltare le ultime parole della Hyuga. Il Nara parrebbe quasi tornar serio, corrucciare le labbra per lasciar intendere che stia pensando e soppesando attentamente le parole da lei dette. Non ci aveva nemmeno lontanamente riflettuto, sull’eventualità di tornare con Mekura. Per nulla. La sua logica è sempre stata piuttosto lineare, al riguardo. È tprnato, chiedendole di tornare isieme. Ha ricevuto un secco no come risposta e—la cosa è finita lì. Se avesse pensato che potesse esserci uno spiraglio di speranza in quella possibilità non si sarebbe mai legato a Kaori. Lascia che termini il proprio dire, che tenti di strappargli questa promessa, ma tutto quello che esce dalle proprie labbra, strette fintamente in una linea dura, è un sonoro < NO! > Pronuncerebbe ben più sonoramente degli ultimi sussurri chiosati precedentemente. In quello stesso istante si chinerebbe, lasciandole di scatto le mani per poggiarle sui di lei fianchi e sollevarla dal davanzale su cui è poggiata e poggiarsela su una spalla, tenendola in braccio come è stato solito fare molte altre volte. < Ma ti sembra che posso prometterti una cosa del genere? Dopo che ti ho promesso di restare con te finché mi vorrai? Non se ne parla nemmeno! > Terminerebbe, lasciandosi andare in una sonora risata, a pieni polmoni, accompagnata da un bonario colpo della mancina sul sedere della Hyuga, come un bonario rimprovero per avergli fatto una proposta così irragionevole.

10:13 Kaori:
 Si sente quasi una bambina capricciosa. Il Nara le ha chiesto di stare insieme, di essere la sua donna con il sorriso sulla faccia e l'espressione aperta e genuina di chi non ha niente da nascondere. L'ha fatto tenendo il cuore in mano, davanti a sua madre, in ginocchio, guardandola dritto negli occhi. Le ha detto sempre la verità eppure nonostante tutto Kaori non può fare a meno di sentirsi pungolare lo stomaco dal costante pensiero della famiglia che lui ha con Mekura. Una famiglia nella quale sente di non avere posto, di non poter far parte e dove teme di poter essere di troppo; ha paura di essere malvista dai bambini, di essere allontanata da Mekura, di non potersi integrare davvero nonostante il legame che giorno dopo giorno la sta unendo sempre più al Dainin. Ha sempre desiderato avere una famiglia eppure se guarda adesso alla sua vita le sembra tutto così caotico... Ha una figlia con due mamme ed un padre che l'ha abbandonata ed un ragazzo che ama tanto da sentirsi annientare dai propri stessi sentimenti il quale ha due figli con un'altra donna che è la sua migliore amica. Quando è diventato tutto così complicato? Può davvero far funzionare ogni cosa? Non lo sa, sa solo che vuole riuscirci. Che vuole farlo per Azrael. Con Azrael. Sorride quando l'altro pronuncia quelle prime parole, quel tentativo di rassicurarla per farle capire quanto siano importanti il suo parere ed i suoi sentimenti per lui ed inclina di pochi gradi il capo permanendo con le mani poggiate contro il suo volto, respirando piano. Alza gli occhi al cielo scuotendo il viso quando il Nara fa quella battutina, snudando appena i denti in un riso silenzioso, per poi sospirare e schiudere le rosee con fare leggermente sconfortato. < Certo che penso che ti preoccuperesti proprio di questo. Se i tuoi figli non dovessero volermi nella loro vita è qualcosa della quale dovresti tenere conto. Non mi aspetto diversamente. > sorride amaramente carezzandogli il volto, i suoi pollici a muoversi con lenti moti circolari all'altezza dei suoi zigomi per poi lasciargli modo di spiegarle come mai non abbia voluto rivelare da subito a Ken la propria identità. Lo ascolta sentendosi intenerita nel profondo dapprima dalla sua espressione aperta e vulnerabile e poi dal significato genuino ed innocente delle sue parole che le fanno venire una gran voglia di abbracciarlo e di stringerlo forte contro il proprio petto. < No. Non è stupido. > mormora lei scuotendo appena il capo come a voler rafforzare il concetto, sorridendogli con dolcezza. < Vuoi che ti scelga come suo padre. E'... tenero. > confessa lei profondamente toccata dalla vulnerabilità del ragazzo davanti a quella prospettiva, a quella nuova avventura che ha deciso di affrontare in questa sua nuova vita. Una vita che ha voluto iniziare al suo fianco, con lei e della quale voglia che Kaori faccia parte in maniera integrante. La ragazza ne è sinceramente felice, si sente scaldare il cuore dalla genuina volontà del Nara di volerla al proprio fianco, tuttavia al tempo stesso ha paura di poter rovinare tutto con la sua presenza nella vita di due bambini che con lei non hanno mai avuto nulla a che spartire se non qualche saluto e poche brevi chiacchiere. Odia questo lato di é troppo propenso al crearsi problemi che ancora neppure esistono, questa sua tendenza a temere di essere costantemente inadeguata o non all'altezza. Vorrebbe essere solamente felice dell'enorme dono che Azrael le ha fatto offrendosi a lei, ma quella costante paura di essere di troppo continua a raschiare nel fondo del suo stomaco richiamando la sua attenzione. La reazione esaltata ed entusiasta del Nara, poi, porta la Hyuga a guardarlo con sorpresa, dimentica per un istante di tutto quel malumore che si era improvvisamente insinuato fra loro. A labbra schiuse l'osserva emozionarsi ed accendersi di speranza mentre un fiume di domande e parole escono dalle sue rosee avvolgendola e abbracciandola. Kaori si smuove in un sorriso ricolmo d'amore e tenerezza andando a stringere a sua volta la presa sulle mani del Nara, rigirando i palmi nel tentativo di intrecciare le sue dita a quelle di lui. < L'ho imparato tempo fa quando ho conosciuto una persona che aveva molte difficoltà a parlare con gli altri. Poi l'ho perfezionato durante la permanenza in ospedale, ho pensato potesse essere utile. > spiega lei ricordando Ren, l'ANBU dai capelli d'argento che conosceva il significato dei fiori e che aveva smosso qualcosa nel suo cuore molto tempo fa. < Possiamo iniziare quando vuoi. Da qualche parte dovrei ancora avere il libro che ho usato per iniziare... > mormora teneramente ammorbidendo i tratti del viso, notando l'infantile slancio di euforia che ha attraversato il ragazzo, i suoi lineamenti illuminati di viva gioia. < Sono... contenta di poterti essere utile. Davvero. > rivela Kaori sincera, felice, sentendosi un po' più vicina a lui ed alla sua famiglia, sentendo di poter fare qualcosa anche di piccolo per aiutarlo nel suo desiderio di essere un bravo padre. Sa che è solo una inezia, un qualcosa che avrebbe potuto imparare anche senza di lei, ma l'idea di poterlo aiutare davvero la fa sentire un po' più utile, un po' più ricolma di speranza. Forse, dopotutto, le cose non sono messe così male come temeva. Forse non è così difficile come sembra... Pare che questa novità abbia messo decisamente nuove energie addosso al Nara che si ritrova a rispondere alla Hyuga con questo slancio di giocosità che lo porta persino a mostrarle una bizzarra linguaccia che la fa scoppiare in una piccola, spontanea risatina venuta dal cuore. Basta così poco perchè il Nara sia capace di scacciare le nubi che le adomnbrano l'anima. Gli basta così poco per farla ridere, sorridere, tremare di viva felicità. Lui che con un semplice tocco, con poche semplici parole, può modellare il suo pianto più disperato nella risata più frizzante. < Kouki... credo che tu le piaccia. > mormora Kaori quando la risata si esaurisce e sul suo volto non resta che un tenero sorriso. < Ha detto di volersi scusare per come si è comportata l'ultima volta. Non è facile rapportarsi con le altre persone per lei. Non ce l'aveva con te ma... non ti conosceva. > spiega Kaori ricordando la conversazione avuta con la sua bambina pochi giorni prima, quando ha fatto la conoscenza della piccola Nat. < Ha paura di affezionarsi a te. Ha paura che te ne andrai anche tu come ha fatto Raido se si legherà a te. > continua poi abbassando appena lo sguardo, sospirando. < Le ho detto che non deve sentirsi obbligata a vederti come un padre o come la sua famiglia solo perchè io sono legata a te. Le ho detto che non sostituirai Raido ma che se te ne darà occasione potrai crearti un posto tutto tuo nel suo cuore: come amico, come riferimento, come familiare. Padre... > si stringe nelle spalle pressando le labbra in una linea sottile. < Penso che ti darà una possibilità. E credo che ti adorerà. > sorride allora lei vedendo nella sua mente l'immagine di un Azrael ed una Kouki intenti a giocare ridenti con i loro rispettivi gatti. Uno enorme e arancione a strisce nere per lui ed uno piccolo e nero per lei. < Credo che tu... sarai un padre incredibile. > mormora alla fine Kaori guardando il Nara dritto negli occhi, l'espressione adesso seria e una viva convinzione a trasparire dalle proprie parole. < Proprio perchè non hai mai conosciuto Khalux per quanto avresti voluto. Proprio perchè l'uomo che ti ha cresciuto ti ha mostrato tutto ciò che un padre non dovrebbe essere. Non faresti mai passare ai tuoi figli ciò che hai vissuto tu. Potrai dargli tutto ciò che ti è mancato... > annuisce piano Kaori ripensando al proprio papà, all'uomo che per tutta la vita ha sempre cercato di crescerla al meglio e renderla forte, anche se forse in maniera troppo dura a volte, ma senza mai mancare nei momenti più importanti della sua vita. Ed è solo a quel punto, quando i suoi pensieri hanno trovato voce e riscontro da parte del Nara, che Kaori si scioglie e lascia libera la sua ultima -più grande paura. Gli rivela quanto tema che le cose con Mekura potrebbero cambiare in futuro, quanto abbia paura che la famiglia che loro condividono potrebbe un giorno riavvicinarli tanto da allontanarla da loro. Gli chiede aiuto, una promessa, affidandogli il suo cuore nelle proprie mani. Ma Azrael non ci sta e quasi non urla un no che porta la Hyuga a rialzare violentemente il capo per osservarlo basita. Una sensazione che dura un istante solo prima che le mani di Azrael vadano ai suoi fianchi per sollevarla caricandosela in spalla come un sacco di patate. < Waaah! Azrael! Azrael che fai?! Mettimi giù! > ridacchia lei appesa sulla sua spalla, le braccia a dare piccoli pugni privi di forza contro la sua schiena, le gambe ad agitarsi dinnanzi al suo petto come fosse una bambina troppo cresciuta. E poi la voce di lui che la raggiunge giocosa, quasi un bonario rimprovero, seguito da una divertita pacca sul sedere che porta Kaori a sorridere vivamente divertita, intenerita, abbandonandosi contro il suo corpo per poi tentare di scivolare giù dalla sua presa e rimettersi in piedi davanti a lui per guardarlo dritto negli occhi con espressione trasparente e sincera, totalmente onesta. < Grazie. > mormorerebbe allora più seriamente, espirando piano dalle narici e tentando di alzarsi sulle punte per poggiare la fronte contro quella di lui, la mancina sul suo viso con il pollice a sfiorargli le labbra, le altre dita a scivolare fra le ciocche corvine dei suoi capelli. < E scusami. > sussurrerebbe subito dopo con un sorriso di scuse sulle labbra a sfiorare superficialmente quelle di lui. E solo a quel punto, se l'altro le avesse effettivamente concesso di scendere dalla sua spalla e lei avesse potuto avviicnarsi tanto al suo viso, ecco che Kaori sarebbe andata a ricercare quel bacio che possa finalmente mettere a tacere i propri pensieri e le proprie preoccupazioni, che possa riversare in lui tutto il suo amore, il suo affetto ed il disperato e profondo bisogno che la ragazza ha di lui.

13:10 Azrael:
 Sembra quasi innaturale, quasi impossibile che i due possano trovare qualche difficoltà sul cammino che stanno percorrendo assieme, mano nella mano. Eppure di difficoltà ce ne sono tante e tante ancora ne verranno senza alcun dubbio. Le rispettive famiglie, che hanno condiviso con persone diverse e quando loro stessi erano persone diverse, la vita stessa da shinobi che – per forza di cose – porta i ninja ad allontanarsi e ad affrontare la morte giorno dopo giorno, il rapporto che entrambi hanno con Mekura, un rapporto strano e non ben definito da parte del Nara ed un’amicizia che pare incrollabile da parte della Hyuga. Ma ad Azrael tutto questo, semplicemente, non importa. Forse è egoistico, forse è sbagliato, ma tiene al sorriso della giovane più che alla propria stessa vita, persino più che alla propria famiglia. E pensare che può farla smuovere in un sincero ed istintivo moto di gioia con così poco, con qualche parola, con una linguaccia o col semplice prenderla in braccio lo rincuora molto. Non dice nulla, fin troppo preso nell’atto di sollevarla e di tenerla sulla propria spalla per un tempo che sembra sospeso in quella serata tanto quanto lo è stato la prima volta che hanno condiviso insieme lo stesso letto. E ride, ride di gusto del tentativo di Kaori di battergli i pugni sulla schiena, in quel gridargli giocosamente di lasciarla andare a terra. < Non se ne parla, non finché non ritorni in te! > Un altro buffetto affettuoso le verrebbe portato al sedere sempre con la stessa mano, intanto che lei è ancora presa a dimenarsi tra le di lui braccia < Contegno, soldato! > Esclama di nuovo, tra una risata e l’altra, finché lei non mostra segni di non voler più proseguire con quello scherzoso combattere. Allarga la presa del proprio braccio che la tiene in alto, lasciandola scivolare dolcemente al suolo. L’espressione morbida, intenerita, gli occhi ricolmi di scintille di puro affetto, dell’amore che le ha confessato più di una volta in quegli ultimi giorni, persino in quella stessa serata. Sospira lungamente, portando le proprie leve superiori ad avvolgerle nuovamente i fianchi, non per sollevarla ancora una volta, ma unicamente per tenerla stretta a sé il più possibile. Abbassa il capo ad incontrare la di lei fronte con la propria, un piccolo sorriso ad aleggiargli tra le rosee, carezzate gentilmente dal tocco di Kaori. < Applica a loro lo stesso discorso che devo applicare io con Kouki, mh? > Mormorerebbe, le iridi d’onice prese a non lasciar mai quelle di perla che ha a così poca distanza da fargli mancare un battito nel petto. Le braccia si stringerebbero attorno la di lei vita, in un abbraccio stretto e deciso, atto a non farla scappare o allontanare nemmeno di un centimetro. < E se la cosa dovesse essere un problema, avrò fatto tutto il possibile, ma sarà il momento di lasciar andare tutto. Voglio che abbiano un padre, ma come potrei ricoprire questo ruolo correttamente, se io stesso non fossi felice. Voglio il meglio per i miei figli e come potrei tramandare a loro questo insegnamento, se io non lo seguissi per primo? > Domanderebbe retorico, tenendo il tono basso, grave, ma allo stesso tempo leggero, tipico di chi ha preso una decisione e non ha intenzione di cambiarla. Non sarà la scelta migliore, quella più responsabile o affine al concetto stesso di genitore, ma è l’unica scelta che pare essere possibile fare, per il Dainin che ha sempre messo davanti ai propri interessi personali il bene del Villaggio, di altre persone, anche fino ad impazzire e a sacrificare la propria lucidità ed integrità, per questo. Non ha più né la voglia, né tantomeno le forze per farlo. < Non ringraziarmi e, per l’amor del cielo, non scusarti. Non ne hai motivo. > Le rivolge, infine, in un sussurro talmente flebile che parrebbe quasi sussurrato dalla propria mente tramite il sigillo dell’empatia che giace – privo di effetti – ancora sul materasso. E poi non potrebbe far altro che lasciarsi andare, poggiare le labbra su quelle di Kaori in un bacio lento, profondo, liberatorio. Un gesto in cui scaricare tutte le emozioni provate nel corso della serata, negli ultimi giorni. La gioia, la paura, l’euforia, la tensione e l’amore. Tutto, in quel semplice tocco tra le rosee di entrambi, un leggero dischiudersi contro quelle di lei, in modo che il proprio respiro caldo possa rifrangersi sul di lei volto in qualche breve, ma significativa parola < Ti amo, Kaori. > Questo sarebbe tutto quel che riuscirebbe a dire, prima di riprendere a respirare ed a vivere, premendo nuovamente le labbra sulle sue, avanzando qualche passo – se lei fosse disposta a seguirlo – in direzione del letto, su cui vorrebbe darle conferma di quanto hanno appena vissuto, di quanto egli voglia donarsi ed abbandonarsi a lei con tutto se stesso. [ If end… ]

Azrael torna da Kaori dopo aver portato a casa Ken ed Ai al ritorno dalla sua discussione con Akendo.
Qui scopre che la Hyuga ha fatto uscire di prigione sua madre e i due hanno una breve discussione su quella che sarà da quel momento in poi la loro relazione.