Giocata del 07/04/2018 dalle 16:12 alle 18:07 nella chat "Luogo Sconosciuto"
Cala la sera e il buio con essa. Chiuse le palpebre il mondo svanisce e con esso, poco a poco, persino i rumori. Kuro è acciambellato sopra le coperte ai piedi del letto, Kaori dorme nella sua stanza dall'altra parte del corridoio ed Asia è con lei. La Foglia è silenziosa, dalla strada fuori dalla finestra non arriva alcun tipo di rumore: la zona residenziale di Konoha è piuttosto quieta. Kouki è stanca e si appresta a dar termine a questa lunga, interminabile giornata. La sua mente è così silenziosa, ultimamente. Da quando è riuscita ad uscire dalla propria teca liberandosi del controllo imposto dalla piccola Nat Kouki si è ritrovata unica padrona di se stessa e del proprio corpo. Nè Mirako né Heiko hanno avuto modo alcuno di comunicare con lei lasciandola sola coi propri pensieri, coi propri ricordi. Ha potuto iniziare a ricordare con ordine e lucidità gli ultimi eventi della sua vita senza l'influenza di Mirako a confonderla costruendo per lei memorie fasulle o sbagliate. Ha potuto metter chiarezza in quanto è accaduto con Fumiko e Kaori dopo la sparizione di Raido e poi, col passare dei giorni, ancor più indietro nel tempo. Ogni cosa che Mirako le ha fatto credere viene lentamente a mancare e svanire senza la sua influenza lasciando nella mente della Yakushi un certo senso di... vuoto. Abituata da chè abbia memoria ad avere la sua voce nella mente, adesso si sente -oltre che libera, anche sola. Leggera, senz'altro, ma come se ci fosse qualcosa di grande a mancare nella sua mente, qualcosa che non riesce proprio a colmare o riempire. Qualcosa che bussa e preme e graffia... Lentamente la chuunin s'addormenta e come se fosse passato un attimo soltanto, ecco che va riaprendo le palpebre cigliate vedendosi in piedi in una stanza vuota. Bianca, quasi ospedaliera se solo non fosse che non v'è alcun tipo di strumentario, niente tubi, flebo o braccialetti identificativi. Una sola porta in metallo, una brandina scomoda e questa accecante luce bianca dal centro del soffitto. Una camera che è familiare alla tua memoria, che istintivamente ricolleghi a *lui*. Guardandosi attorno Kouki noterà come sul lettino vi sia qualcuno che dorme. Una coperta rigonfia ad indicare un corpo sotto di questa e dei capelli neri poggiati sul cuscino. La figura è di spalle, non hai idea di chi sia, ma a giudicare dalle dimensioni della sagoma non sembra essere altro che una bambina. [ Ambient ]
Nella sua testa tutto sembra ritornare a una sorta di normalità che lei non ha mai vissuto, della quale non ha effettivamente modo di dire se sia normalità o meno. La teca si è rotta ormai, e nella sua mente non ne rimangono che due che contengono, rinchiudono, Mirako ed Heiko, mentre Nat è libera di girare per quel posto vuoto, scuro. Indebolita e senza nessuna intenzione di riprendere il controllo di quel corpo, senza avere alcun potere sui ricordi di Kouki, nonostante li condivida. La Yakushi dal canto suo si è sentita finalmente libera di poter occupare il suo corpo, ciò che le appartiene. Respira, guarda, si muove… non più intrappolata nella sua mente ma libera di toccare, sentire, mangiare. Tutto in prima persona, come dovrebbe essere. Senza l’influenza di Mirako e della sua Voce, si ritrova quasi assordata dal silenzio che lei per anni aveva desiderato. Libera da ogni pressione è riuscita a distinguere molto nettamente i ricordi veri da quelli falsi, salvo per quelli perduti per via dell’infezione che le scorre nelle vene. Ricorda cosa è accaduto con Fumiko e la sua bambina, cosa è successo dopo che Raido è scappato via come un codardo. Dopo che l’ha abbandonata. Il filo dei suoi ricordi è lineare, senza increspature, senza la Voce di Mirako, la sua presenza, a farla sentire così annebbiata, avvelenata. E’ rilassante, prova un profondo senso di sollievo che non ha mai provato prima… ma allo stesso tempo un inquietante senso di vuoto. Un profondo ed oscuro vuoto che prima era occupato da colei con la quale ha pian piano imparato a convivere. E’ doloroso, lo riconosce, il cuore sembra soffrire una qualche mancanza come se l’avessero privata di una Gemella che da sempre era stata attaccata al suo corpo. Se ne sta distesa nel suo letto, un semplice pigiama addosso dalle maniche e dai pantaloni lunghi, un colore celeste con qualche fiore disegnato sopra di vario colore. Un indumento che le va quasi largo ma che lei ritiene comodo. Non troppo pesante e nemmeno troppo leggero, adatto per il tempo che c’è ora, per questo cambio di stagione. Le profonde e varie cicatrici presenti su tutto il suo corpo dal collo ai piedi, sono nascoste da quel pigiama, ovviamente, e non porta le bende per dormire. I lunghi capelli neri sono stati pettinati con cura, lisci e morbidi come la seta e ora si disperdono sopra al cuscino, facendo da cornice al suo visino pallido ed infantile. Osserva il soffitto nel buio della propria stanza. La notte, parte in cui i pensieri sono ancora più forti, dove l’assenza si fa sentire con maggior prepotenza e bussa, graffia, alla porta della sua mente. Non ha voglia di pensare, non ha voglia di lasciarsi andare ad analisi interiori di quanto si senta sola in questo momento. Vuole solo lasciarsi andare alla stanchezza, far riposare il suo piccolo e gracile corpo, e sprofondare nel regno dei sogni. Sperando che non ci siano i soliti incubi ad aspettarla. Lentamente gli occhi si fanno pesanti, e senza che nemmeno se ne renda conto, eccola sprofondare nel sonno più profondo. La stanchezza ha vinto ed è riuscita ad ignorare quel profondo senso di vuoto che ormai si porta appresso con la mancanza di Mirako. Quando riapre quei suoi occhi color ocra, quasi dorati, non si ritrova più nella sua stanza, ma in un luogo bianco che in un primo momento non riconosce. Si trova in piedi, in mezzo ad essa, con un’accecante luce dal soffitto. Assottiglia leggermente gli occhi. <Dove sono?> è un sogno, non può che esserlo, anche perché le basta spostare lo sguardo sulla porta in metallo e sulla brandina mal messa per essere percorsa da un brivido gelido lungo la schiena. Ora la ricorda, ora si sente attorcigliare lo stomaco dal terrore e dalla rabbia. Ma non può trovarsi ancora lì, è impossibile, logicamente impossibile. <Un sogno.> può essere solo questo, e lo sibila piano dalle sue labbra mentre si avvicina a quelle coperte rigonfiate, a quella figura rannicchiata nella brandina. Piccoli passi, piedi scalzi, il cuore batte nel petto sempre più forte, nonostante la consapevolezza di non potersi trovare proprio lì. Si porterebbe al lato di quella brandina e lì rimarrebbe immobile per un po’, gli occhi puntati verso quei capelli e la decisione di lasciarsi andare a quella strana visione. Non può trovarsi lì… lo sa, sarà il suo mantra. Lentamente allungherebbe il braccio destro, secco, per poi afferrare delicatamente il bordo della coperta con la manina e cercare di scostare lentamente le coperte. Le vuole solo alzare, giusto per vedere chi ci sia sotto. Per interagire con quello che per ora lei reputa un sogno.Nel momento stesso in cui tenti di andare a toccare le coperte, noti come la tua mano vada semplicemente ad attraversare il corpo come fosse un ologramma proiettato su di una parete. Non senti nulla, non tocchi nulla, non sei realmente lì. Una illusione. Ed è tutto semplicemente sinistro, vero? Quel silenzio chiassoso che ti consuma le orecchie, quella solitudine logorante che ti stanca le membra, la sensazione di essere intrappolata in una stanza che richiama a te i tuoi peggiori incubi. E mentre tutto questo ti circonda, Nat è lì, nella tua mente, che ti stringe teneramente la mano. Il piccolo spirito della Caccia non dice nulla, osserva assieme a te quanto sta accadendo, ma ti è vicino. Mirako colpisce la sua teca con forza, con violenza, come suo solito mentre Heiko si limita a sorridere con tristezza dall'altro lato di quel vetro che vi tiene separate. Tutto rimane immobile in una stasi agghiacciante fino a quando quel corpo non si muove. Le coperte s'agitano e da queste ne vengono fuori due braccia, due gambe, una testa. Una piccola Kouki si risveglia strofinandosi gli occhi con le manine in un fare infantile ed innocente che quasi richiama alla mente i movimenti che Nat ha sempre compiuto quando comandava il suo corpo. Si libera della sua coperta alzandosi per stiracchiarsi, rivelando la presenza di un semplice camice bianco indosso a coprire il suo corpo. Braccia e piedi sono scoperti, così come la gola ed il viso. Kouki potrà vedere per la prima volta la totale assenza di cicatrici sul suo corpo. O sul corpo della Kouki che si è appena alzata davanti a sé, almeno. La sua espressione è giovane, ancor più di quella della nostra eroina del giorno, e mostra una sfumatura infantile ancora piuttosto accentuata. Più spensierata della Kouki intangibile dinnanzi a sé eppure non appare felice. La bambina si alza, si sgranchisce gli arti e sembra non badare minimamente alla presenza della Yakushi, come se questa non esistesse nemmeno. Ed è dunque a questo punto che la porta della stanza si apre rivelando la figura di un uomo. Alto, capelli scuri, camice bianco e l'inconfondibile volto che costella gli incubi ed i sogni della chuunin. Otsuki. La bambina nella cella si volta verso di lui e, sorridendo, corre sulla soglia come un cane che accoglie festante il suo padrone al mattino. < Buongiorno! > esclama la bambina con entusiasmo, in un tono che par quasi ostentare forzatamente quella leggerezza che par voler far trasparire dalla sua voce. < Oggi risolveremo altri problemi? > domanda la bambina sorridendo, mostrandosi volenterosa e determinata. Otsuki assottiglia lo sguardo con fare sinistro e, sorridendo, la guarda dall'alto con espressione poco rassicurante. "Sì. Altri problemi." annuisce fissandola per un attimo di troppo come se stesse studiando qualcosa che le fosse scritto in faccia. "Andiamo in laboratorio." continua allora, alla fine, dirigendosi lungo il corridoio fuori dalla porta. La bambina lo segue di gran carriera affrettando il passo coi suoi piedini nudi, la porta aperta dandoti così perfettamente la possibilità di seguirli. [ Ambient ]
La mano passa attraverso… lei non può interagire con quel sogno e basta quello a farla cadere in una sorta di terrore profondo. <Perché no…? Se è un sogno dovrei riuscire a fare qualcosa…> qualcosa che non può modificare, che non può corrompere coi suoi gesti e le sue parole. Quello che lei non può modificare sono i ricordi, stralci di vita che furono e che non possono essere cambiati in alcun modo. Possibile che stia accadendo qualcosa che scivola dal suo controllo? Forse se si sforzasse potrebbe prendere il controllo del sogno e modificarlo. Forse. Si sente incredibilmente sola, col frastuono del silenzio e del suo cuore, ora più che mai sente il bisogno di sentirsi vicina Mirako. Una compagna, qualcuno che le dia delle risposte, qualcuno che possa starle accanto e vivere con lei quel sogno. O quell’incubo. E una presenza la sente, l’avverte… quella di Nat, quello spirito, quella personalità, piccola ed innocente che sembra voler rimanere accanto a lei per darle forza. Non avverte una presenza fisica e nemmeno la Voce, eppure le da’ un minimo di sollievo. La ragazzina rimane immobile di fianco alla brandina, la mano che si ritrae e si porta al livello del cuore, mentre le coperte si scostano rivelando una se stessa un po’ più piccola. Decisamente piccola dato che mancano le cicatrici, manca ogni segno di tortura fisica. Il respiro le muore in gola, gli occhi pizzicano per quelle lacrime che già accorrono senza però versarsi. Il cuore manca di un battito e la mano che era stata portata lì si stringe al proprio pigiama. Le labbra si schiudono come per dire qualcosa, ma la voce non riesce ad uscire. Si blocca e muore in gola, ed è la mano sinistra questa volta che si allunga come per accarezzare quel viso, quei capelli… quell’espressione così infantile, quei movimenti così da bambina. Ma la mano dovrebbe passare attraverso, come con le coperte, facendo nascere in lei un singulto. <Così normale.> lei era così? Davvero riesce a ricordare un periodo in cui non era ferita? Un periodo in cui ancora non aveva paura. Non piangeva. Un periodo dove forse ancora non c’era Mirako, dove il silenzio nella sua testa non era così incredibilmente inquietante. Lei si alza, si stiracchia, fa cose normali, giuste. Eppure quella porta che si apre, il cigolio, il rumore, quell’uomo alla porta. Un senso di disgusto, paura e rabbia si risveglia in lei tutto d’un colpo. La paura la inchioda lì dove si trova, il vederlo ancora una volta le provoca la nausea, le viscere che si attorcigliano, il cuore che scoppia. Ma poi vede la piccola se stessa alzarsi e corrergli incontro, ignorando i pericoli, ignorando il futuro. <No! Ferma!> le mani della Yakushi si tendono in avanti, così come tutto il corpo che si protende per cercare di fermare la corsa della piccola. Ma ancora una volta le mani passano attraverso. La frustrazione cresce insieme all’odio e alla rabbia per quell’uomo. Brividi le percorrono il corpo ma non si ferma, ben intenzionata a camminare a grandi passi affiancando alla fin fine la piccola se stessa e puntando i propri occhi carichi di odio verso l’uomo. I pugni si stringono, ma sa già che non potrà toccarlo. Risolvere altri problemi. Andare in laboratorio. <Se solo potessi…!> stringe i denti, il viso è una maschera furiosa, di chi si vuole scagliare contro il suo più acerrimo nemico… e infatti di quello si tratta. Ma in fondo a quello sguardo tanto battagliero vi è anche una profonda paura di chi ha subito per troppo tempo e non sa se potrebbe riuscire a confrontarsi con una paura così grande. Cos’è più grande? La paura o l’odio? Esistono in egual misura dentro di lei, un pericoloso mix che la rende impulsiva e non le permette di riflettere logicamente. Non può che assistere, una spettatrice passiva che ora riprende i suoi passi per seguire Otsuki e la sua piccola controparte in laboratorio. Un sogno? Una rielaborazione? Un ricordo? Per lei è famigliare, ma si ricorda effettivamente di questo? Scava, scava. Nel silenzio della sua mente, mentre si lascia guidare dagli eventi e le gambe camminano veloci.Frustrante, incredibilmente frustrante come nonostante tutto si stia svolgendo sotto i tuoi occhi tu sia- inutile. Impotente. Sei lì, assisti ad ogni cosa, eppure non sei altro che uno spettro. Osservi dall'altra parte d'un vetro infrangibile e non puoi realmente intaccare quel mondo in nessun modo. Essere vista, sentita, toccata. Un'orma sulla battigia destinata a svanire al minimo dilungarsi di un'onda. Sai già come quel film andrà a finire, sai già che quella bambina tranquilla e sorridente non sorriderà ancora a lungo. Sai già che la sua candida pelle bianca verrà presto screziata da bruciature e cicatrici che si ripeteranno orribili su tutto il suo corpo. Sai già che quell'espressione innocente diventerà ben presto glaciale. Distante. Sai già che quelli sono gli ultimi momenti di una infanzia mai stata realmente tale. E cerchi di salvarla, di proteggerla, di cambiare le cose, ma le tue mani sono evanescenti ed il tuo tocco inesistente. Come fumo t'infrangi sulla figura della piccola E-001 che corre verso Otsuki al di fuori della sua stanza. La segui, seppur impotente, volendo forse che quanto meno ella non sia sola nell'affrontare qualunque cosa Otsuki le avrebbe fatto, e percorri con lei un lungo corridoio bianco alle cui pareti sono appesi una infinità di specchi, sia alla tua destra che alla tua sinistra. Osservandoti attorno noterai che la tua immagine non si riflette in questi, non in maniera normale, almeno. Dietro il vetro di questi specchi compare la tua immagine, certo, ma distorta. Modificata. Non replica i tuoi movimenti, i tuoi lineamenti, ma è come se quel riflesso abbia una vita propria. L'espressione è folle, congestionata di rabbia e i piccoli pugni continuano a premere e picchiare contro il vetro nel tentativo disperato di distruggerlo, infrangerlo. Su qualunque specchio volterai lo sguardo noterai quel riflesso apparire nel vetro quasi cercando di richiamare rabbiosamente la tua attenzione. Le sue labbra urlano, ringhiano eppure non senti nulla. Silenzio. Se dovessi continuare a seguire la piccola Kouki, comunque, lasciandoti accompagnare lungo il corridoio specchiato dai ritmici colpi di quei pugni stanchi, sordi, ti ritroveresti in un laboratorio. Pareti immacolate, odore pungente di agenti chimici e disinfettanti, un lettino ospedaliero e vari macchinari metallici, un basso tavolo pieno di fogli, matite e libri. Otsuki invita la piccolina a sedersi attorno a questo ed incrocia le braccia al petto osservando il suo fare dall'alto. "Ho bisogno che tu risolva questi problemi per me, E-001." chiosa l'uomo con tono fermo, duro, indicando le tracce segnate sui fogli dinnanzi alla piccola. "In 30 minuti." aggiunge, perentorio, portando la piccola a sgranare gli occhi, sconvolta. < V-va bene > annuisce, però, obbediente, mettendosi subito all'opera afferrando una matita dal tavolo, la linguetta a scivolarle fuori dalle labbra in quel tipico modo di fare dei bambini che si impegnano in una qualche attività. Subito si appresta a svolgere i suoi compiti ed il silenzio dell'attesa è scandito soltanto dal suono della matita che corre sulla carta. [ Ambient ]
Giocata del 11/04/2018 dalle 15:38 alle 19:23 nella chat "Luogo Sconosciuto"
Lei non può fare nulla. La sua voce, i suoi gesti, le sue intenzioni… tutto svanisce come sabbia al vento e viene trascinata via dalla corrente senza che possa fare nulla per impedirlo. Sciocca la sua presunzione umana che pensava di salvarsi da un destino infausto semplicemente fermando un riflesso di sé più piccolo. Ma siamo in un sogno, un ricordo, un incubo. Lei non potrà mai cambiare gli eventi che sono susseguiti, non potrà mai tornare indietro realmente nel passato per salvare se stessa. Ha vissuto quelle esperienze che l’hanno formata e creata fino ad essere quello che è ora. E si ritrova ad osservare dalla finestra un periodo della sua vita dove ancora non aveva nessuno nella sua testa. Non c’era Mirako, non c’erano segni e cicatrici. Lei era piccola, innocente, infantile, era… normale. Una bambina che regalava disegni ad un uomo che non li meritava. Una figura che forse lei vedeva come paterna, che fosse padre, padrone, creatore… era comunque qualcuno del quale lei si fidava. Era un sentimento buono, genuino, sincero. Ma tutto verrà rovinato. Cadrà in un baratro senza fine, scivolando cercando di aggrapparsi con le unghie a delle pareti troppo scivolose, annaspando in un liquido nero e velenoso. E non può dunque che seguire questo ricordo, quella se stessa più piccola che cammina seguendo l’uomo di cui si fida. Lungo un corridoio pieno di specchi ai lati. Frustrata, impotente. Arresa all’evidenza di quello che sta vivendo… eppure c’è qualcuno che non si arrende. Qualcuno in quegli specchi che sfoga la sua rabbia battendo con forza contro quelle superfici. Espressione folle, irata, sbatte con violenza i pugni col desiderio di sfondare quella barriera che le divide. Lei non la sente, intrappolata al di là di quel vetro, come Mirako ancora bloccata nella teca di vetro nella sua testa. L’espressione della Yakushi si fa confusa mentre la fissa… la fissa nei vari specchi e se questo è un sogno, allora cosa vuol dire questo fatto? E’ l’espressione della frustrazione che sente dentro e che non sta sfogando? Oppure le vuole dire qualcosa? C’è qualcosa di strano, qualcosa che la spinge ad avvicinarsi a uno di quegli specchi, senza però smettere di camminare, e poserebbe una mano dolce e delicata contro la superficie di quello specchio. Sguardo confuso e la fissa, continuando a camminare, lasciando che quella mano strisci ed accarezzi quella superficie. <Cosa c’è?> sussurra quella domanda verso lo specchio, verso quell’immagine. E’ un sogno, può interagire o ancora una volta la sua voce si perderà nel vento, la sua mano attraverserà come uno spettro quella superficie? Il tono così basso, così preoccupato e confuso, come se cercasse di carpire qualcosa che le sfugge sempre più. Può solo andare avanti, perché rimanere fermi e statici non porta mai a nulla. Nel silenzio lei cammina fino al laboratorio dove se stessa ed Otsuki sono entrati. L’odore di disinfettante ed agenti chimici, pareti bianche ed immacolate. Chiude gli occhi e storce il naso mentre viene sopraffatta da sensazioni negative che le trapassano il cuore, l’anima, lo stomaco. Si sente male, ha la nausea e le gira la testa… quel posto le è famigliare, e cerca di ricordare, di pescare nella sua mente quel preciso ricordo o momento, per sapere come continuerà, come andrà avanti. Per prepararsi psicologicamente, per cercare ancora e ancora di fare qualcosa, per impedire qualsiasi cosa. Nonostante abbia capito che non riuscirà a fare nulla, ma lei ci proverà sempre. Cosa succederà? Come finirà questo incubo o questo ricordo? Come uno spettro antico osserva la piccola se stessa prendere posto al tavolino presente, pieno di fogli, libri e matite. E-001. Rabbrividisce a quel nome, sente vergogna e disgusto per quel codice identificativo che la segnava come cosa, oggetto, e non come persona. La rabbia e la sofferenza le spezzano il cuore, rivivere quei momenti è come sentire un pugno diretto alla bocca dello stomaco. Si porta accanto alla piccola che in ogni caso farà del suo meglio per risolvere quei problemi in 30 minuti. Lo farà, ci proverà, perché ci tiene a soddisfare le richieste di Otsuki. E’ ancora in questa fase… in futuro si impegnerà per evitare punizioni e cicatrici. Ora vuole rendere orgoglioso Otsuki, poi… lo temerà. Osserva lei, il suo fare, quei fogli per cercare di leggere cosa vi è scritto al solo scopo di ricordare meglio quel momento e prevedere quello che accadrà. Così da sapere se si tratta effettivamente di un ricordo vissuto, o se solo un incubo nato dalla rielaborazione di diversi ricordi. Ma se fosse un sogno, un incubo… potrebbe modificarlo, dovrebbe avere un minimo di controllo, forse si deve solo concentrare. Così inizierebbe a ripetersi un mantra, il desiderio di poter toccare se stessa, autoconvincersi con forza e decisione di poterla toccare, afferrare, di non oltrepassarla come uno spirito. Si concentra ripetendosi nella mente che potrà toccarla e prenderla. Lei è la padrona di quel sogno, lei decide, lei fa. Continua e continua, finchè proverebbe ancora una volta ad afferrarle le spalle. Può cambiare un sogno. Può farlo. Lei decide. Certo… sempre che si tratti di un semplice sogno.Non appena la mano di Kouki si posa sullo specchio, la Kouki dietro il vetro va sbattendo più forte i pugni contro la sua prigione trasparente, la sua pelle si fa più pallida, le iridi brillano gialle mentre la pupilla s'assottiglia serpentina. Non appena il contatto viene a mancare, ritorna ad essere la Kouki di poco prima, arrabbiata, furiosa, ma senza particolari tratti distintivi. La sua voce non s'ode, non può rispondere, ma è evidente che stia urlando. Concentrandoti sul suo riflesso potrai vedere che le sue labbra -in ogni specchio- altro non fanno che ripetere lo stesso mantra. "Via. Vattene via di qui." Un avvertimento? Perchè? Lì sei al sicuro. Lì niente può toccarti, niente può scalfirti. Intangibile. Invisibile. Tranne che a lei. L'Altra dietro lo specchio. I tuoi passi tuttavia scelgono di seguire la piccola te stessa fino a ritrovarti nel laboratorio che tanto bene ricordi. Otsuki impartisce l'ordine e nel silenzio della stanza la bambina si mette di buona lena a lavorare. Scrive, s'impegna, ragiona, cancella, ricomincia. I problemi sono piuttosto complessi: test di logica con parti matematiche ed altre semplicemente mnemoniche. Provi a concentrarti con tutta te stessa per salvare quella bambina, per imporle di voltarsi, di rendersi conto di te ma-- anche con tutto l'impegno del mondo il passato non lo si può riscrivere. La piccola Kouki continua a scrivere attenta, il questionario è davvero lungo, complesso, con domande dalla difficile risoluzione. Eppure la bambina non è scoraggiata, non s'arrende, a molte risponde con una rapidità di calcolo e ragionamento davvero impressionante considerata la sua età. Ma non basta. < Tempo scaduto. > Perentorio, glaciale, Otsuki scandisce il terminare del tempo a disposizione mentre potrai vedere che alcune domande sono state lasciate prive di risposta. La bambina si ferma, compunta e pentita, posando la matita sul tavolo. Otsuki s'avvicina e afferrando il foglio neppure guarda -per ora- i risultati segnati sulla carta. < Incompleto. > stringe i denti, semplicemente, insoddisfatto. < Incompleto come te! Un dannato. Esperimento. Incompleto! > sbotta alzando la voce, sbattendo sul tavolo il foglio col palmo della mano. Severo, più duro del solito nello sguardo e nei lineamenti. E potrai ricordare il senso di timore provato quel giorno, lo stesso che adesso sta provando quella bambina. Quella è stata la prima volta. *Sciaff*. La guancia della bambina brucia, arde e il segno della mano di Otsuki s'imprime sul suo viso mentre lei cade dalla sedia, sbalzata via. Il primo schiaffo. < Sono stato paziente con te. Ho provato a esserlo ma tu continui a deludermi. > ringhia Otsuki chinandosi sulla bambina, prendendola per un braccio mentre dalla tasca del suo camice estrae una siringa con l'ago ricoperto di un tappo stretto e sottile. < Coi tuoi disegni, i tuoi giochi, i tuoi colori... Un fallimento! > grida l'uomo, furente, liberando la siringa del tappo con una semplice pressione del pollice verso l'alto. E' come se improvvisamente avessi in te il dono della preveggenza. Ricordi cosa sta per accadere un istante prima che tutto si svolga sotto i tuoi occhi. Ricordi le sue parole, i sentimenti provati, il dolore. E arriva la prima iniezione lì, sull'avambraccio ed il ricordo del senso d'intorpidimento che poco a poco prende il corpo. La mancanza di forze, l'impossibilità di muoversi. Eppure, la coscienza. La bambina in poco tempo smette di muoversi e ribellarsi, il corpo è inerme ma le lacrime escono copiose, le scuse si ripetono come una litania. "Scusa, mi dispiace, era troppo difficile, farò meglio!" E toglie il fiato il ricordo di quella paura. La sensazione di non poter muovere il proprio corpo, esattamente come accaduto poco tempo prima a causa di Nat. Essere vigili, coscienti, ma indifesi. E ad Otsuki non importa: afferra il corpo della piccola e, semplicemente, lo porta sul lettino. Schiena in su, i capelli a disperdersi attorno alle spalle, le braccia a pendere inermi ai lati della struttura. Le strappa di dosso il camice bianco da paziente, la lascia completamente esposta, scoperta, la sua pelle immacolata totalmente priva di segni o imperfezioni se solo non fosse per quel codice stampato in nero sulla sua nuca. "E-001". Un prodotto. Il primo di una serie. Un esperimento. Una cosa. E ti senti rivoltare le viscere, ti senti naturalmente portata a scappare. A fuggire, travolta dal senso di nausea alla vista del tuo corpo esposto, nudo, vulnerabile. Ma non puoi. Immobile. Esattamente come la piccola Kouki sei bloccata e paralizzata sul posto, costretta ad osservare come l'uomo vada a tirar fuori da un fuda sotto il camice una frusta di cuoio nero. < Sei una delusione. E sono stanco di essere deluso da te. > Fssh. [ Ambient ]
Un tocco e il proprio riflesso, Mirako, subisce una mutazione che lei be conosce. L’innata del suo clan Yakushi che torna a galla in un secondo. Quella pelle pallida, gli occhi dorati, le pupille strette e verticali. Non ne comprende il motivo e questo la porta a mostrarsi sempre più confusa e perplessa, ma non quanto quello che segue. Mirako sta parlando a lei come se entrambe si trovassero al di fuori di quel sogno, solo lei e l’Altra. Via, andare via… ma perché? Quella è la sua mente, quello è il suo sogno, allora per quale motivo Mirako sembra così arrabbiata? Perché pare che voglia a tutti i costi cacciarla via da qualcosa che è solo nella sua testa? Se è un sogno allora non c’è nulla da temere, o incubo che sia, se è una rielaborazione di eventi sparsi non deve aver paura di quello. Se sono ricordi… ormai sono passati. Passati come la Yakushi che senza fermarsi un attimo prende coscienza di quelle parole non sentite, ma viste, ed entra all’interno del laboratorio. C’è qualcosa che fa male, molto male, qualcosa che le preme il petto e perfora il cuore. Qualcosa che le stritola i polmoni e le impedisce di respirare come si deve. Non riesce in alcun modo ad intervenire attivamente nel suo sogno e non riesce nemmeno a ricordare cosa accadrà. Eppure di torture ed esperimenti se ne ricorda… ogni sera tornano a tormentarla nei suoi incubi, ma sono diversi da questo. Qui non ha facoltà di cambiare nulla, tutto segue un determinato corso ed è come se lei fosse entrata all’interno di una stanza che doveva rimanere chiusa. Un ricordo, un loop infinito tenuto chiuso a chiave. Non riesce a ricordare niente se non un attimo prima che qualsiasi cosa accada. Le dona un forte senso di impotenza e frustrazione, le fa rivoltare lo stomaco e le viscere. Stringe i pugni alla vista di quei problemi, domande, test, forse ad alcuni riuscirebbe a rispondere meglio ora, ma non si vuole perdere in questi dettagli. Perché il tempo scade e non andrà bene. Otsuki sarà insoddisfatto, e di fatto questo accade. Le prime dolorose parole, un fallimento, un esperimento fallito, una completa delusione fin dalla sua creazione. Insoddisfacente. Ricorda quanto quelle parole siano state lame incandescenti a trafiggerle l’anima, la tristezza che aveva preso sopravvento nel suo cuore, il senso di colpa. Oh, si… un grande e profondo senso di colpa, il desiderio di essere perfetta e di non deluderlo mai più. Il primo schiaffo è come se lo ricevesse ancora adesso e la guancia inizia a bruciare, ancora adesso, come se fosse tornata lei stessa bambina, prova un senso di sorpresa. Inaspettato quel colpo così forte e preciso. Lascia senza parole lei e la piccola se stessa, lasciando solo che le lacrime possa riempirle gli occhi. Scusa. Scusa. Scusa. Scusa. Scusa se sono sbagliata. Le stesse lacrime che rigano le guance della piccola, ora rigano anche quelle di chi, come lei, dovrebbe essere solo uno spettro osservatore. Eppure prova ogni singolo sentimento e dolore che provò quel giorno, come se tutto stesse avvenendo per la prima volta. Non riesce a trovare il coraggio di parlare, non riesce a muoversi nemmeno quando l’uomo l’afferra per un braccio e tira fuori quella siringa. Ora la ricorda, ricorda tutto solo e sempre un attimo prima che accada. L’iniezione le riporta alla memoria una delle sue profonde paure, essere inermi mentre tutto accade intorno a te. La stessa sensazione che ha sempre odiato, ed odia, che deriva dalle illusioni. Ti rendono inermi senza farti capire cosa accade tutto attorno. Il motivo per cui odia le illusioni, il motivo per cui odia sentirsi inerme. Immobile incapace di fare nulla se non subire. Come nelle fogne assalita da tutti quei mostri. Come nelle illusioni. Come in quella teca di vetro. Bloccata, bloccata, bloccata. Inerme. Sussulta quando la sua versione più piccola viene presa e messa sul lettino con la schiena rivolta verso l’alto, sussulta nell’osservare i capelli spargersi intorno a lei, sussulta quando viene denudata come se non si trattasse nemmeno di una persona. Inerme e scoperta. Una pelle perfettamente priva di ogni tipo di segno, l’aveva quasi dimenticata. E poi lui… un terrore atavico che spezza ogni limite umano, un terrore che straborda, un terrore che una sola persona a fatica riuscirebbe a gestire. Un terrore sotto al quale una mente, pur di non affrontarlo, si spezza. Ma da cosa deriva? Da quella frusta di cuoio? Dal dolore, dalle cicatrici, dai segni? No. Quelli è abituata a vederli e sentirli. E’ il fatto che si trova inerme, nuda? Come Nat troppo vicina ad Az, e lei inerme che non voleva e non veniva ascoltata, la paura che un uomo potesse farle qualcosa senza che lei potesse farci nulla. C’è qualcosa di sbagliato, qualcosa di più profondo che non riesce ad afferrare e la fa sentire fragile come un coccio di vetro, un vetro sottilissimo. <Fermati! Basta!!> Le mani strette in due piccoli pugni, il corpo immobile e le lacrime, ma quella voce che tenta di uscire e farsi sentire con forza e disperazione. Attraversa la gola graffiandola e facendole male, sfrutta tutta l’aria presente nei polmoni, si alimenta col battito cardiaco impazzito.Crac. Una crepa d'argento che si protrae sottile e bellissima su una lastra di vetro. La frusta strazia la carne, arrossa la schiena, ne graffia la pelle. Brucia. In più punti si apre la cute, il sangue brilla sotto le luci di quella lampada. Il dolore è travolgente, la voce della bambina esce spezzata, il fiato rotto. La sferzata viene seguita da un'altra ed un'altra ancora e i segni si raddoppiano sulla sua pelle andando a stendere quel primo strato di escoriazioni sulla sua schiena nuda. La pelle è rossa, il sangue concentrato sulla zona e gocciola in rigagnoli sottili dove i colpi si sono accavallati squarciando la pelle. Kouki grida, piange, soffre e ti ritrovi senza fiato a sentire la penetrante sensazione di star per ricordare qualcosa che non vuoi rivedere. Qualcosa che con tutta te stessa rifuggi e neghi e odi ma che, senti, sta arrivando. I ricordi si stanno risvegliando, il passato bussa alla porta nel silenzio di una mente totalmente vuota, a tua disposizione. E la crepa viene colpita ancora. Ancora. Ancora. Un sibilo ti fruscia nelle orecchie, una voce lontana che sembra quasi parlarti da un'altra stanza senza però che tu possa capire cosa stia dicendo. Crac. Otsuki si ferma e la frusta gli cade di mano. Ha perso il controllo. Il viso è arrossato, le mani tremano e lo sguardo è poco lucido: giorni, settimane, mesi di frustrazione e avvilimento esplodono ora in quell'eccesso d'ira facendogli perdere il controllo di sé. Si avvicina al lettino, afferra la bambina per i fianchi, spinge il corpo a scivolare più verso di sé. Crac. Crac. Il suono d'una cerniera che s'abbassa, l'ansimare sommesso d'un respiro rotto. L'urlo della bambina che spezza l'altresì silenzio della stanza. Crac. Crac. Crac. E improvvisamente i ricordi arrivano. La realizzazione arriva, le memorie esplodono e quel cancello nella tua mente viene spalancato. Kouki grida, strilla, la gola brucia per colpa della voce che le graffia le corde vocali. Piange, stringe gli occhi, ma il suo corpo è immobile, alla mercé di quello di lui. < Fa male? > chiede fra i denti, violento, tirandole i capelli. < E' frustrante? TU MI FAI SENTIRE COSI'. > grida violandola, uccidendole lo spirito poco a poco, oscenamente, in quel susseguirsi di attimi e grida coperti solo alla fine dal frastuono d'una finestra distrutta. Un rumore di vetri infranti. "SMETTILA! NO. NO. NO. VATTENE. VATTENE. V A T T E N E!" Mirako esplode nella tua mente e la sua voce è pregna di rancore, rabbia, furia e disperazione. Il fiato corto, l'esasperazione a graffiare il tono. La scena sotto i tuoi occhi inizia a dissolversi e il buio cala totale sotto il tuo sguardo. La scena appare e scompare in un intermittente lampeggiare di flashback passati. Frustrate, bruciature, abusi. Ogni volta che la luce ritorna a metter chiarezza v'è una scena diversa e sempre più breve, intervallata dalla voce di Mirako che, nella tua testa, grida fino a quando ogni cosa svanisce e solo il buio resta. Sola, attendi, coi tuoi nuovi ricordi. [ Ambient ]
C’è qualcosa di strano e profondo, qualcosa di ben nascosto dentro di lei. La sensazione che non dovrebbe essere lì in questo momento e ricorda le avverte di Mirako, le sue urla mute al di là del vetro, la sua rabbia, la frustrazione. Le frustate si susseguono sulla pelle del suo piccolo alter ego, episodi passati che sono i primi ma non saranno gli ultimi. Cicatrici, dolore, sangue, bruciature. Tutto quanto ora ha preso il suo naturale corso degli eventi, si mette in pari con quanto successo e sembra cercare di guadagnare il tempo perso. Veloce ed inesorabile ascolta la sua stessa voce che urla, grida disperata, mentre in lei cresce sempre più una paura profonda. Nasce dal profondo della sua anima e si dirama per tutto il suo corpo come la tela di un ragno velenoso. Impietrita non le resta che guardare senza capire. Cos’è che la turba in questo momento? Cos’è che la sta facendo sentire così fragile? Non è altro che un ricordo, solo un ricordo, qualcosa che non riesce a ricordare se non all’ultimo. Qualcosa che gratta e bussa alla porta della sua mente… e non c’è più Mirako a rispondere per lei in questo momento. Mirako è oltre lo specchio, dentro ad una teca, impossibilitata a proteggere la sua mente. Ad ogni colpo qualcosa si infrange, si rompe, si disintegra lasciandola nuda. La sua mente inerme incapace di controllare il flusso dei ricordi che violento la investe. E le basta quel suono, quel movimento. La cerniera. Non è un sogno è un ricordo. Le braccia verrebbero portate a stringersi le spalle, il busto che si piega in avanti come se fosse stata colpita dritta nello stomaco. Le ginocchia si piegano, gli occhi sgranati e trafitti da quello che sta vedendo. Le labbra si dischiudono in un’espressione di terrore e dolore, con le lacrime a solcarle il viso. Ma la voce non esce, è bloccata per quanto lei spinga, spinga con forza il proprio diaframma per emettere qualche suono, ma l’unica cosa che esce, disperato e straziante, sono rantoli. Le urla, i rantoli, le parole, i colpi, il suo corpo. Il suo dannatissimo corpo. Si sente andare in mille pezzi, un riflesso di vetro che si spezza e quei cocci vanno a lacerare la sua carne in più punti. Ma non è la carne a soffrirne di più, è l’anima. L’anima che viene presa e fatta in mille e più pezzi, dilaniata come sente sfaldarsi la propria carne fino a farsi mancare il respiro. Non sta respirando a quello che vede, non sta pensando, non sta facendo proprio niente. Si piega sempre di più preda di un dolore troppo grande da sopportare… sta osservando la sua morte e la nascita di Mirako. Ma Mirako non può proteggerla ora, e la sua mente non può più spezzarsi, non un’altra volta. E’ costretta a resistere ad osservare altre scene, altri ricordi, sempre più veloci, ma sempre uguali. Una, due, tre, quattro… quante volte? Il cervello implode dentro la propria testa e le mani vengono portate alla testa, le manine a coprire le orecchie, le dita ad intrecciarsi nei lunghi capelli neri. E nel buio che ora regna le gambe cedono e lei cade in ginocchio come un giocattolo rotto. Una bambola alla quale sono stati tagliati i fili. L’espressione ancora trasfigurata, la bocca aperta, gli occhi carichi di sofferenza, dolore, rabbia, odio. Questo è troppo. Il suo corpo poteva sopportare ogni dolore, ma questo? Questo no. <AAAAAAAH!!!!!!> finalmente la voce riesce ad uscire, ed è un urlo che mai in vita sua aveva mai saputo fare. Un urlo talmente alto e carico di dolore da straziare il cuore e l’anima. I polmoni esplodono, il cuore segue, le mani si stringono convulsivamente ai capelli tirando e tirando, con forza, sempre più forza mentre il corpo nello stesso tempo sembra perdere energie pian piano. Lentamente si accascia sempre più in avanti, rannicchiandosi in se stessa, lasciando che la fronte sbatta contro un probabile pavimento sul quale sta sostando, anche se tutto nero. Gli occhi ben aperti, la gola lacerata in quell’urlo che si ripete ancora e ancora, mischiato ad un pianto disperato dove l’odio e il dolore le avvelenano l’anima. Ha bisogno di Mirako, si sente sola, abbandonata a se stessa con quei nuovi ricordi. Non sa cosa fare, rialzerebbe il busto guardandosi intorno, un’espressione mai avuta fino a quel momento, di pura disperazione. <Mirako!!> la chiama, anche se consapevole che non potrà esserci, perché la sua ultima difesa è crollata, e forse Mirako era nata per uno scopo che ora sembra stia perdendo il suo compito. Mirako era sempre lei… una ragazzina ferita nel profondo, umiliata, arrabbiata, triste, sola, che cercava di nascondere a se stessa qualcosa di troppo orribile da poter conservare. Vuole andarsene, vuole correre via, vuole scappare. <Mamma…! Mamma!!!> la mano destra va a stringere il tessuto all’altezza del cuore, lo stringe come se volesse stritolare lo stesso organo pulsante, mentre l’altra mano rimane al suolo a sorreggere il corpo che ancora tende a cadere in avanti. Ogni battito corrisponde ad un’ondata di dolore. Ogni respiro le lacera il corpo, ogni parola distrugge la gola. La mente, la sua mente non si spezza come in passato forse forte di un rinforzo che negli ultimi mesi è riuscita ad ottenere. Un rinforzo che è insieme bene e male, un conforto e una maledizione allo stesso tempo. Cerca di prendere fiato e compie un profondo respiro facendola rantolare fino a quando non ricadrebbe nuovamente a terra col busto. Ansima, attendendo che col tempo tutto quello possa passare, perché lei non può controllare tutto quel dolore. <Mamma…> ma è sola nella sua testa, nel suo ricordo, in quel buio asfissiante, anche se continua a chiamare l’unica persona della quale ora potrebbe fidarsi. Il mondo muta intorno a lei, si fa come più chiaro e distorto allo stesso tempo, come se lentamente stesse rimettendo insieme vari pezzi.Giace al suolo, immobile, sentendosi andare in pezzi. I ricordi riaffiorano vividi e come veleno le scorrono sotto pelle. Quei frammenti di tempo che ha seppellito nel fondo della sua mente per anni vengono ora a galla collocandosi negli spazi vuoti all'interno del puzzle del suo passato. E' così che Mirako è nata. E' così che Kouki è cambiata. Più lui la puniva, meno sbagliava. Meno sbagliava più lui aveva bisogno di lei. Più aveva bisogno di lei, meno la feriva. Ma la paura, il terrore di deluderlo e d'essere colpita ancora, quelli non sono mai svaniti. E Kouki ha continuato ad obbedirgli e soddisfarlo fino ad essere l'esperimento che lui voleva, di cui aveva bisogno. Aveva iniziato a dipendere da lui, a dimenticare il male subito per convincersi che seguire i suoi dettami era l'unica possibilità per lei. E poi è fuggita. Adesso la verità la riempie come una imbottitura troppo ingombrante, come un peso insopportabile facendola sentire prossima alla rottura senza tuttavia raggiungerla. Sconfitta, abbattuta, sola. Eppure, Kouki, sola non lo sei mai stata. Una mano, gentile, ti sfiora la spalla e voltandoti potrai vedere un'altra Kouki chinata al tuo fianco, con un kimono bianco a coprirla e l'espressione pacifica e triste di chi abbraccia una pericolosa consapevolezza. "Non arrenderti, Kouki." dice con voce premurosa, misurata, cercando di darti forza e conforto quella che altri non è se non Heiko. La pacifica, buona, equilibrata personalità nata per ultima nella tua mente. "Non lasciare che il passato ti divori. Combatti." le mormora con dolcezza, con convinzione, la voce morbida e piena di un'amica fedele. "Accettalo. Abbraccialo. E fa in modo che il tuo futuro sia diverso da quello che hai già vissuto" Un risucchio d'aria interrompe la voce di Heiko. Accanto a lei una bambina dai disordinati capelli verdi e l'espressione triste, tira su col naso asciugandosi gli occhi con i piccoli pugni. <Mi dispiace. Mi dispiace tanto. Ha fatto male.> mormora la bambina con la voce rotta, impastata di pianto. La voce di Nat. <Però tu sei più forte. Non farlo vincere. Se tu cadi la tua mamma sarà triste.> "<Mpf.>" Un verso di stizza, un sibilo infastidito, secco. Se Kouki si fosse rialzata da terra, dinnanzi sé avrebbe visto, infine, Mirako. Una Kouki dai tratti serpentini, pallidi. La pelle ricoperta in parte di squame argentate, le labbra sottili, le narici piatte. I suoi occhi sono di un giallo brillante, i modi bruschi ma eleganti, sinuosi. Con i pugni stretti lungo i fianchi Mirako ti osserva con espressione dura, le labbra strette coi denti che digrignano in uno stridio raschiante. Non urla. Non grida. Ma anche senza parlare ha come uno sguardo carico di furia che semplicemente si libera in quelle lacrime amare che le solcano il volto. [ Ambient ]
Vuole lasciarsi lì, in mezzo a quel buio, senza più fiato né lacrime. Vuole lasciarsi andare ancora una volta, dimenticare ancora una volta, vuole solo stare meglio o stare semplicemente bene. Lasciarsi cullare dal nulla più totale e andare alla deriva verso l’ignoto. Che valore può avere ancora la sua vita? Dopo che è stata calpestata in tutti i modi, chi mai potrebbe ora vederla come una semplice bambina? Vivere col perenne senso di sporco, come potrà lasciarsi toccare, accarezzare e abbracciare senza pensare di poter in qualche modo contagiare le persone? Si sente terribilmente vuota ora, ed incapace di reagire. Pronta a lasciarsi andare e a perdersi definitivamente ma qualcosa glie lo impedisce, qualcuno anzi… una mano gentile, un tocco premuroso che la spinge a voltarsi verso una propria copia velocemente. Un’altra Kouki con un kimono bianco… dolce, pacifica, il solo guardarla riesce a curare in parte le sue ferite, la fa sentire bene. La riconosce dal tono di voce Heiko, l’ultima sua Gemella che ha visto la luce, colei che racchiude tranquillità, equilibrio, dolcezza, amore. Tutto ciò che c’è di buono, racchiude una forza senza pari, forse specchio di quella stessa forza che in fondo possiede anche lei. Riesce a sorridere verso di lei, un tenue e sofferente sorriso, ma sincero. <Accettarlo…? Come?> sussurra verso di lei protendendosi contro quella figura nel tentativo forse sciocco di abbracciarla. Sentirsi protetta da quel fare quasi materno, mentre ascolta consigli sicuramente saggi e che sembrano farla sentire almeno un po’ meglio. Ma ha ragione, deve pensare al futuro, quelli sono ricordi passati e più o meno lontani, ma ora non deve più subire tutto quello. E’ passato e l’unica cosa che le rimane da fare ora è scovare ed uccidere quel verme. Combattere per andare avanti, la sua vita potrebbe iniziare da questo punto e potrà solo andare avanti. Occhi che ora si spostano verso un’altra figura che ben conosce, la piccola Nat… non può lasciarsi andare anche per lei, per quella natura così desiderosa di vivere ma destinata a svanire. Mentre lei, che ha tutte le possibilità per riprendersi e andare avanti… non può permettersi di cadere. Lentamente prende consapevolezza, come un cucciolo che impara a stare in piedi da solo, e sempre meno viene l’assistenza di Heiko, la quale l’aiutava a rimanere in piedi, equilibrata. E lo deve fare per sua madre, perché non vuole farle del male, non vuole rigare il suo volto con le lacrime. <Mi accetterebbe comunque…?> un dubbio che le fa mancare il respiro. Sua madre ancora una volta la accetterà? Ma in tutto quello c’è una figura che più di tutte forse merita rispetto e un caloroso ringraziamento. Mirako è terribilmente diversa, dalla forma più serpentina e sinuosa, con l’ira negli occhi e il rancore nelle lacrime. Forse solo ora potrebbe riuscire a comprenderla in maniera definitiva. <Mirako…> proverebbe quindi ad alzarsi e a muoversi verso di lei, a piccoli passi. <Mirako… scusami… Avevi un peso enorme.> vorrebbe arrivare davanti a lei e lì fermarsi, da sempre sua cara compagna, amica fedele dai tratti non sempre comprensibile. Più oscura, più maligna e con delle idee ben precise. Deve smetterla di contare sempre sugli altri, sull’aiuto di Mirako ed Heiko… deve crescere, diventare forte, prendere il controllo dei propri sentimenti, dei ricordi, di questi nuovi… fatti. E ora? Continueranno a vivere tutte insieme? Anche se ora sempre più velocemente la mente di Kouki sta elaborando ed accettando tutto quello che è accaduto. Sta apprezzando tutte le sue Gemelle e nello stesso tempo si sta facendo più forte. Pezzo dopo pezzo si dovrà ricomporre… certo non da sola, ma forse potrà ricorrere a qualche aiuto materiale, vero, esterno alla propria mente malata. <Io… sono stata capace solo di nascondermi dietro di voi… senza voler vedere. Ma ora…> è come se tutto stesse riprendendo una sorta di equilibrio nella sua mente. Qualcosa di passeggero, ma che potrebbe essere una buona base dalla quale partire per andare avanti. Ma non sa cosa succederà e teme l’ignoto, il cambiamento.Heiko ti carezza la spalla, il suo sguardo è materno, premuroso, mentre il dolore e la paura dentro di te vengono smossi da ogni suo tocco, come una ondata che si rifrange contro la scogliera con violenza. Un tocco così gentile, così effimero, capace di smuovere montagne. "Beh è semplice. Non lo negare. Ripeti dentro di te quel che è successo. Ripetilo fino a quando non perderà di significato." le sorride malinconicamente Heiko ben sapendo quanto sia doloroso da fare. "E' successo. Non possiamo cambiarlo. E chi ci ha amate l'ha fatto nonostante tutto. Anche se non lo ricordavi lo avevi vissuto comunque ma non ha impedito a nessuno di volerti bene. Ricordare quanto hai subito non ti renderà sporca." Ribellarsi a quel pensiero è inutile: sono eventi già passati e conclusi nel suo passato e in nessun modo può cambiarne il corso. Può solo conviverci ed imparare ad apprezzare chi è divenuta nonostante tutto. Nat si nasconde per metà dietro la figura di Heiko, quasi come una timida bambina che cerca riparo dietro un genitore. Ascolta la tua voce ed alla tua domanda si ritrova ad annuire all'istante con convinzione uscendo totalmente allo scoperto dalla figura dell'ultima te. <Ma certo! Lo ha detto lei no? Ogni mamma rivuole la sua bambina!> Heiko le sorride con candore carezzandole i corti capelli scompigliati con un dolce gesto della mano. Nat sembra apprezzare la vicinanza di quell'entità che solo ora conosce davvero, per la prima volta. Ma mentre alcune personalità legano e si ritrovano, un'altra continua ad osservare a distanza l'evolversi dei tuoi pensieri, testimone silenziosa e risentita dei traumi del tuo passato. Mirako sibila, ti scruta con le lacrime a scivolarle dal volto e ascolta le tue parole senza smuoversi, senza parlare, limitandosi a stringere ancor più convulsamente i pugni. Poco a poco, lentamente, la tua mente trova un suo ordine. La burrasca di pensieri e sentimenti appena provati vanno sbrogliandosi ritrovando un loro posto. L'accettazione fiorisce grazie all'aiuto di quelle parti di te che hanno sempre saputo, che hanno sempre taciuto. Sei cresciuta e la tua mente troppo fragile ha imparato a rafforzarsi, a sopportare, a capire. La paura non ti spezza, la rabbia non ti sconquassa. Hai imparato inconsapevolmente a gestire sempre più le tue emozioni soprattutto in questi ultimi giorni di pace e quiete senza le tue altre Te a consigliarti e decidere al tuo posto. Hai imparato a far chiarezza nella tua mente, nel tuo animo e hai trovato la tua vera forza. Il tuo equilibrio. Heiko e Nat ti sorridono, mano nella mano, fino a quando la figura della piccola Nat non diviene trasparente. Guardandosi avverte lo sconforto di quel momento. <Oh. Hai capito. Hai scelto...> mormora la piccola improvvisamente triste, ma con un sorriso malinconico sulle labbra. <Peccato. Mi è piaciuto stare con te e la tua mamma. E anche con Az.> alza il visino con le lacrime a luccicare negli occhi, il sorriso a non svanire mai. <Torna presto da loro eh? Io-- io torno dalla mia mamma ok?> Probabilmente non è vero e forse persino lei lo sa ma è ciò in cui ha deciso di voler credere. <Sii forte Kouki! Magari ci rivedremo presto!> e con un enorme, liquido sorriso, la figura di Nat si dissolve in una cascata di coriandoli di luce che si disperdono nel buio della tua mente. Nat è svanita, tornata alla Caccia, mentre ora non resti che tu soltanto, con le tue personalità. Heiko si avvicina a Mirako e le prende la mano. Beh, avvolge il suo pugno con la propria mentre con l'altra ricerca la tua. Ti sorride, teneramente, mentre Mirako rimane in quel suo ostinato silenzio. Ha cercato così a lungo di tenere chiuso quel cancello, di nascondere quei ricordi... ed ora tutto è a galla e lei- è così arrabbiata. "Kouki. Noi siamo te. Non ti sei nascosta hai solo-- dimenticato." ti sorride con dolcezza quella te più risoluta e pacata, più consapevole forse fra tutte. "Ora sai. E non hai più bisogno di scappare. Noi saremo sempre con te." E se Heiko ti dona un ultimo caldo, meraviglioso sorriso, Mirako si ritrova a stringere le labbra distogliendo lo sguardo, quasi in un muto atto di ribellione mentre anche loro, infine, si dissolvono in piccoli frammenti di luce. A differenza di Nat, questi vanno ad avvolgere la tua figura fino a riempirti, un calore gentile si mescola a vampate di fiamma che ti porteranno a sentirti- per una volta- completa. Una luce abbacinante esplode dinnanzi a te costringendoti a chiudere gli occhi e, nel momento in cui questi verranno riaperti, eccoti sveglia nella tua stanza nel bel mezzo della notte. Il silenzio regna sovrano in casa e, per una volta, persino nella tua testa. Nessuna voce a darti consiglio o conforto, nessun pugno a battere contro il vetro. V'è pace fra i tuoi pensieri ed una viva fiamma ad ardere nel tuo petto. Una risoluzione tutta nuova è fiorita sfolgorante dentro te portandoti a sentirti per la primissima volta, piena di vita e possibilità. [ END ]
Ripetere quel che è successo più e più volte nella propria testa. Tremendamente difficile e doloroso, ma che sicuramente potrà esserle di aiuto. Alla fine è giusto così… niente di tutto questo la cambia da quello che è, non la rende diversa, sporca o umiliante. Ha semplicemente riscoperto qualcosa che aveva per tanto tempo tenuto nascosto, ignorando, mal visto. Con l’aiuto di Mirako, eroina per salvare la mente della Yakushi da una totale rottura. Sono tutte lì e mentre lei prende pian piano una maggiore sicurezza, si rende anche conto di aver deciso, di aver preso una grande decisione. La Caccia non sarà il suo nido, e da adesso dovrà e vorrà farcela con le sue sole forze. Conscia di ciò alla piccola Nat non resta che iniziare a svanire, con Heiko e Mirako libere da quelle teche di vetro, ormai le sue forze la stanno abbandonando. Una credenza mal creduta quella di poter ritornare dalla propria mamma, ma ora con tutto il cuore è quello che desidera anche la Yakushi per lei. <Si… ogni mamma rivuole la sua bambina.> è triste per quell’essenza ora, che sta lentamente svanendo. Il suo sorriso triste, la sua convinzione alla quale non sembra credere molto. Credeva di aver finito tutte le lacrime e invece si ritrova a versarne alcune per lei, per Nat. Un personaggio tanto detestato, quanto sentito molto vicino a sé e alle Altre. <A presto, Nat. Buon ritorno a casa.> si, ci vuole credere e vuole dare quella speranza anche a lei che oramai svanisce in una serie di coriandoli e puntini colorati, disperdendosi nel nulla. Cosa rimane ora? Solo loro tre, sempre unite e sempre così diverse. Ma Heiko prende loro le mani, una per Mirako e una per lei, simbolo di equilibrio e forza, da sempre una sorta di collegamento ed intermezzo fra lei e Mirako. <Grazie.> non riesce a dire altro, è un ringraziamento generale ma lo sguardo è tutto per Mirako. Per colei che ha fatto tanto per tanti anni, dopo tutto per molto tempo sono sempre state loro due contro tutti. <Sempre, già.> un amaro sorriso mentre tenterebbe di abbracciare entrambe, ma per Mirako… be, per lei ha sempre un occhio di riguardo, e fa male rendersi conto solo ora di quanto le mancherà. Ma si è arrivati ad un momento cruciale della vita della Yakushi, dove tutto sta tornando al proprio posto, dove tutto sta ritrovando un perché. Ora può reagire al mondo, ora può comprendere e andare avanti. Ancora non sa quali saranno le conseguenze una volta sveglia, fuori dalla propria mente, ma ha questa amara convinzione che in ogni caso sarà una persona più forte e robusta. Mirako di certo impegnerà sempre una grande parte del proprio cuore, nonostante i suoi modi di fare. Le osserva svanire in quella pioggia di luce che però va ad avvolgerla regalandole una serenità e un senso di completezza senza pari. Chiude gli occhi, piange, ma sorride. Si sente perda e sola per il distacco, ma allo stesso tempo è consapevole che sono comunque parte di lei, lo sono sempre state. Chiude gli occhi e si lascia avvolgere da quella luce che dolcemente la riporta alla realtà, nel suo letto, con gli occhi riaperti e puntati al soffitto. Lei, nel buio, si porta una mano al cuore che scalpita, il respiro affannato, ricordi nuovi ancor più dolorosi del precedente… e la mente libera che inizia a mutare, pensare, elaborare. Cerca di abituarsi a quella nuova se stessa, anzi… ad una se stessa ritrovata. [End]