Giocata del 24/03/2018 dalle 16:12 alle 20:18 nella chat "Covo dell'Akatsuki Sud"
È arrivato il giorno di dirigersi da Akendo. L’uomo che gli ha portato la pace interiore, che si è prodigato per dargli un posto nel mondo e a cui il Nara stesso ha donato i suoi servigi finché gli è stato possibile. Hanno trascorso tre anni nel deserto di Suna, insieme, stringendo un legame anche più intenso di quello tra maestro e allievo, sottoposto e capitano, almeno per quel che gli riguarda. È per questo che si trova lì, nel Covo dell’Alba più prossimo a Konoha, al paese del Fuoco. Non è certo di trovarlo lì, ma ci spera ardentemente. Avanza per i corridoi del covo sino alla sala centrale ove, appunto, spera di poter avere un colloquio con il possessore del Rinnegan. Potrebbe volerlo morto, per quanto gli ha fatto intendere Mekura. Eppure- eppure non sente di voler fuggire. Per quanto possa essere folle l’idea di fuggire agli onnipresenti occhi di Dio. Vuole prostrarsi per fargli capire che non è per mancanza di rispetto che è andato via e non è per mancanza di rispetto che ha deciso di non presentarsi al suo cospetto, con la stupida idea di poter semplicemente ignorare quanto il Seiun ha fatto per lui. Indosso porta una camicia nera, allacciata sino al collo, stretta ed aderente sul proprio fisico, ora allenato come un tempo. Le gambe fasciate da dei pantaloni della stessa tinta, tenuti in vita da una citura di cuoio. I piedi alloggiano in un paio di calzari classici, di pelle bianca, dal tacco basso e che ticchetta sul pavimento del Covo. Avanza sino al salone principale, ove si trova la tavolata e le staze dei membri, che egli stesso ha occupato laddove, secoli prima, alloggiava Itachi Uchiha stesso. Non porta il proprio coprifronte, lasciato nella propria dimora a Konoha. Quello che ha addosso, ivero, sono parti del proprio equipaggiamento. La nodachi posta dietro la schiena, imbevuta di veleno e vari fuuda sparsi per il corpo. Non che abbia intenzioni bellicose, tutt’altro. L’intenzione è quella di mostrare ad Akendo che, nonostante quanto ha passato, è tornato ad essere un individuo senziente, dignitoso, non il guscio vuoto e smagrito dai quasi tre anni di assenza forzata. Il chakra è attivo e circola liberamente all’interno del keirakukei. Giunge alla sala principale per trovarlo lì, seduto, in attesa. Quel che il Nara fa è fermarsi sull’uscio, la mano destra al petto, in corrispondenza del cuore ed il busto si reclinerebbe leggermente in avanti, il capo chino in segno di rispetto, mentre prende fiato per pronunciare in sua direzione qualche breve, solenne parola. < Pollice destro. > Richiamerebbe così la sua attenzione, senza instaurare un contatto visivo in quell’inchino pregno del rispetto che può nutrire unicamente nei confronti di un ninja del calibro dell’uomo che, pare, lo stia aspettando. [ chakra on | equip solito on ] [Covo Akatsuki Sud | Stanza centrale] Seduto, in attesa ma al tempo stesso impaziente, si… ha percepito qualcosa, il sigillo posto su Katsumi ha finalmente reagito durante le sue ricerche, la speranza è flebile così come la sensazione eppure, non può far a meno di pensare che possa averlo ritrovato. Sangue del suo sangue, diversamente dagli altri membri misteriosamente scomparsi, Katsumi è colui che più gli preme ritrovare, rivedere finalmente coi propri occhi, ma deve pazientare, ogni cosa ha suo tempo, se quella traccia si rivelerà importante, solo allora si paleserà nel loco, oggi, quest’oggi ha ben altro a cui pensare. Mekura gliel’aveva accennato, missiva volante, percorrendo in lungo e in largo svariate miglia è finalmente giunta al Rikudo Sennin…il prodigio dei Nara ha fatto la sua comparsa, non ha letto oltre, accartocciando quella lettera, lasciando che la carta appesti questo mondo e negli anni futuri lentamente divenga egli stessa parte del pianeta. Molti sono i pensieri che affollano la sua mente, il famoso…piano, ordito assieme al genetista di Kusa e a Yukio Kokketsu, Kage della stessa Kusa si è ormai messo in moto, gli abomini sono stati liberati e sarà solo questione di tempo prima che l’infezione derivata dagli abomini cominci a dilagare, pazienza…pazienza, Akendo si sente quasi appesantito da tutta questa situazione, il dover trattenere i suoi istinti, poiché negli anni ha imparato che la calma, porta con se una verità, una visione generale del quadro. Eppure, quest’oggi, li, seduto nel posto che gli si addice essendo il capo dell’Akatsuki, attende l’arrivo di Azrael, lo attende, anche il più ignorante dei ninja sa quali siano le regole dell’Akatsuki ricostruita e riformata dallo stesso Akendo Seiun, possessore del Rinnegan, figlio dei Kami. Infine ecco apparire, come se il tempo non fosse mai passato, cosa che invero non si può dire dello stesso Akendo, la cui forza vitale ogni giorno combatte con il prezzo che il Rinnegan esige, le palpebre si assottigliano, sguardo fisso sulla sua figura, analizzando attentamente la figura che gli si para d’innanzi, dagli indumenti piuttosto comuni al volto, alla stazza, ogni cosa viene osservata dai violacei occhi concentrici, il chakra è attivo perché…bhè perché non ricorda nemmeno più l’ultima volta che non era attivo, seduto sul suo “trono”, re di soli pochi membri, si alzerebbe lentamente, mostrandosi ora in tutta la sua figura, lo sguardo fisso sulla figura del ragazzo, lembi di stoffa della tunica dell’Akatsuki adagiarsi lentamente al corpo dell’uomo, non vi sono le sue due katane, Izanagi e Izanami, questo potrebbe già voler significare molto se era in attesa del ragazzo <vieni Azrael, mio anulare destro> rimarcando quasi come scherzo quel titolo <direi che ne abbiamo passate troppe per darci ancora questi titoli altisonanti…non credi?> domanda retorica? Forse un modo per saggiare nuovamente l’intelletto del ninja che gli si para d’innanzi. Una cosa è certa, Akendo non ha mai sprecato parole, in nessuna situazione. Attende dunque che il giovane avanzi, lo sguardo è fisso, la figura è immobile, come una statua, in attesa che il ragazzo proceda nel suo incedere, si avvicini, così che i loro sguardi si possano “toccare”…attende. [chakra on] [Rinnegan off] Akendo Seiun, possessore del Rinnegan, capo della riformata Akatsuki e suo amico è lì, dinnanzi a sé. La lunga tavolata che ha sempre fatto da centro alle riunioni della corporazione a dividerli. Non porta l’armatura che, oltre al suo aspetto, lo accomuna a Madara Uchiha, non ha con sé nemmeno Izanami ed Izanagi. E lo chiama, per nome. Il Nara non può che rispondere istintivamente a quel richiamo alzando il capo e portando le proprie iridi scure in quelle violacee del Rikudo Sennin. Un lungo sospiro viene liberato dalle rosee, incurvate in un piccolo sorriso di intesa. < E’ bello sapere che non ti sei dimenticato di me, Akendo. Né di me né di quel che abbiamoo passato assieme. > Non solo i loro trascorsi a Suna, in cui erano semplicemente due avventurieri alla scoperta di quel mondo e del significcato dietro ogni cosa che accade in esso, ma anche il periodo nell’Alba, le innumerevoli missioni per venire in aiuto dello stesso Rikudo, quando più si trovava in difficoltà e tutto il resto. Ricordi preziosi che Kenbosho, il suo demone, stava minacciando di far svanire e che, adesso, raffiorano portandolo a scostarsi un ciuffo di capelli corvini dal volto con la mancina, permanendo col sorriso ad aleggiare tra le labbra. Avanza, bruciando parzialmente la distanza che separa i due. Il rispetto che vuol mostrare ora al Seiun consiste nel semplice guardarlo negli occhi, senza mai lasiare il di lui sguardo. Non sa cosa sta passando per la sua mente, ma sa certamente che, a tempo debito, scoprirà tutto quello che il possessore del Rinnegan avrà intenzione di dirgli. Si guarda attorno per qualche istante, prima di tornare con le iridi fisse sul volto altrui e prima di raggiungere la postazione che gli è sempre spettata da quando è entrato nell’Alba. < Mekura ti ha avvertito del mio ritorno? > Domanda più che retorica, la propria. Immagina chiaramente che la Hyuga lo avrà informato, che avrà certamente detto del ritorno del Nara su questa terra. < Non c’è nessuno, mh? Non che questo posto abbia mai visto molta folla, ma- mi aspettavo di trovare almeno qualcuno. > Osserverebbe, senza mai lasciare il contatto visivo col pollice destro. Le mani andrebbero rasenti al volto, i gomiti piantati sul lungo tavolo centrale e le dita ad intrecciarsi tra di loro innanzi al proprio candido volto. < E’ passato davvero molto tempo. Cos’è accaduto, mentre non ero più di questo mondo? > Non va spiegando dettagliatamente quanto gli è accaduto, più che altro per comprendere quanto ne sa il Rikudo, quanto può immaginare, quanto ha scoperto in eventuali ricerche, quanto Mekura stessa gli ha riferito. Vuole – in sostanza – studiarlo. [ tag invariati ] [Covo Akatsuki Sud | Stanza centrale] <Fortunatamente la mia memoria continua a perdurare> esclamerebbe così nel mentre il ragazzo comincerebbe ad avvicinarsi, poche parole volte a dare risposta a quelle del Nara <ci sono cose che non si possono dimenticare> che stia solo parlando della sua memoria o degli eventi citati da Azrael o si sta riferendo ad altro? Attenderebbe che il potente ninja, prediletto dei Nara prenda posto nella famosa tavola dei membri dell’Akatsuki, sopracciglio destro alzarsi per qualche istante alle parole del ragazzo riguardo alla presenza dei restanti membri <Si mi aveva avvertito, ti stavo aspettando, conscio che saresti venuto in uno di questi covi, per quanto riguarda gli altri> si zittirebbe per qualche attimo andando solo dopo un lungo sospiro a vociare nuovamente, labbra schiudersi, come acqua di una cascata scorrere lentamente, arrivando all’attenzione dell’Anulare destro <A quanto pare sembra che anche Kimi abbia deciso di ricomparire quasi nel tuo stesso momento, una coincidenza non da poco oltre che fortuita, ma ancora pare dispersa, ciò che circola sono solo voci che mi sono arrivate, per quanto riguarda Mekura, bhè penso tu l’abbia già incontrata ed il nostro Yukio continua diligentemente a ricoprire la carica che gli è stata affidata> taglierebbe così. Anche in maniera piuttosto corta e rozza, Katsumi ora è un discorso che certo non vuole trattare, troppo delicato anche solo per spendere parole su quelle che potrebbero essere solo speranze, speranze di una verità fin troppo scomoda che si dovrebbe ammettere, che lo stesso Akendo dovrebbe ammettere a se stesso e ancora non vuole cedere a questa possibilità. Farebbe qualche passo, portandosi quasi alle spalle del ragazzo, il braccio sinistro levarsi lentamente, abbandonando il proprio fianco, la propria mano allungarsi lentamente fino a poggiarsi sulla sua spalla <è passato molto tempo, molte sono le cose che sono cambiate, immagino tu abbia già fatto i conti con questo, di più non posso dirti, per me il tempo è molto relativo, sono sempre stato molto estraneo al concetto di tempo, per tanto non potrei aiutarti con la tua domanda> Come sempre enigmatico e mai del tutto chiaro nelle sue parole ma d’altronde è sempre stato così no? Ora lo sguardo si poserebbe proprio sulla nuca del Nara, la stretta sulla sua spalla farsi leggermente più pesante <cosa è accaduto mio caro amico? Dove eri finito?> nelle sue parole solo gelide scaglie di ghiaccio penetrare la pelle e la mente del giovane, eppure le parole da lui scelte sono tutto fuorché fredde e distaccate, questo contrasto perenne che persiste nel suo modo di porsi e come invece si pronuncia. La domanda è stata posta ora è tutto nelle mani di Azrael guadagnarsi tempo, tempo per spiegare cosa sia realmente accaduto, entrambi sapevano che non sarebbe stato semplice, Azrael non è stupido Akendo lo sa bene, ora tocca a te Nara. [chakra on] [Rinnegan off] Resta fermo in quella posiizione. Seduto, le mani giunte dinanzi al viso, ad ascoltare le parole del Seiun. Parole enigmatiche, come sempre. < Non sei per nulla cambiato, ne sono molto contento. > Pronuncerebbe, senza il solito tono di voce basso e roco, ma piuttosto- all’erta. Non che sia preoccupato, ma sa perfettamente che col possessore del Rinnegan non è mai una semplice conversazione, c’ sempre di più, sempre un sottotesto da leggere tra le righe. E c’è anche nelle sue successive parole, nominando i membri mancanti dell’Akatsuki, mancandone, però, uno. Katsumi Uchiha. Impensabile che il Rikudo Sennin abbia dimenticato di citarlo, come egli stesso ha detto, a sua memoria funziona benissimo. E, se lo ha omesso di proposito, di certo il Nara non è nelle condizioni adatte per costringere la conversazione a vertere su quell’argomento. Lo osserva passargli alle spalle, poggiargli una mano sulla clavicola coperta dalla camicia, quasi sente le iridi violacee bucargli la nuca per arrivare al cervello. Un brivido gli percorre la spina dorsale per un istante, eppure permane calmo. Freddo tanto quanto il tono del Sannin. Non si volta, non mostra segni di cedimento né nella postura né nelle parole né tantomeno nella voce. Una voce che risuona patta, quasi apatica nel rispondere alla domanda di Akendo. Nel fare un resoconto piuttosto preciso di quanto gli è accaduto in quegli anni di assenza. Anni che, per stessa ammissione del Seiun, sono relativi per uno come lui, che è figlio degli stessi Kami, che ha il potere di un Dio che tocca il suolo dei miseri mortali. < Ciò che è successo a Kurako con Nan. > Principia, ricordando con quel dire il tempo in cui tutti i membri dell’Akatsuki erano vittima dei propri demoni interiori. < Il combattere con quello spirito che ci ha afflitti tutti mi ha tenuto in uno stato di coma vegetativo per tutto questo tempo, in un luogo che non ti saprei specificare neanche su una cartina. Ero su un letto, in una casa. Il suo nome era Kenbosho e pretendeva da me che mi arrendessi, che mi unissi a lui perché i ricordi di me e di quel che ho fatto nella mia vita sparissero per sempre. Che mi dissolvessi con lui e che prendesse possesso sul mio corpo. > E, per quanto possa sembrar folle, è esattamente la verità e null’altro che la verità. < Impossibilitato ad utilizzare le mie doti di combattimento ho dovuto affrontare uno scontro di pura volontà, come tutti noi. Non ho ceduto come fece Kurako all’epoca, ma non ho vinto in fretta, come hanno fatto altri. > Non ne nominerebbe alcuno, evidentemente portato ad aggirare il discorso sugli altri membri, che apparentemente il Rikudo non vuole affrontare. Di una di loro, però, si sente di dire una cosa. < Non so né dove sia, né l’ho incontrata o ho sentito di lei. La stai cercando o attendi che venga anche lei da te? > Domanda, infine, riguardo la Doku ricomparsa nel suo stesso periodo. Forse per lo stesso motivo, forse no, non ne ha idea. Non è mai passato buon sangue tra i due. La spalla sotto le dita del Sannin si irrigidirebbe appena, il nara poggerebbe le mani sul grosso tavolo per voltare il capo a guardarlo nuovamente negli occhi. < Non è per mia volontà che me ne sono andato. Sai quanto avevo da perdere e, se non vuoi credere alle mie parole, considera i fatti. Sono qui, ad informarti di quanto mi è accaduto, non ho mai tentato di nascondermi da te o dalla corporazione. Non ho mai voluto tradire la tua fiducia, Akendo. > Terminerebbe il proprio dire pronunciando quelle parole, puntando le iridi d’onice in quelle d’ametista dell’altro. Sincero, deciso e sicuro, incurante di quanto potrebbe pensare il Rikudo riguardo la propria storia, ma bisognoso di raccontargliela, di essere onesto con lui. [ tag invariati ] [Covo Akatsuki Sud | Stanza centrale] <Fortunatamente alcune cose non cambiano> il suo tono ora si ammorbidirebbe rispetto a prima, dando spazio ora al Nara di spiegare tutto quello che c’è da spiegare, di parlare, di raccontare tutto ciò che gli è accaduto in questo lunghissimo periodo di assenza. Ogni parola viene attentamente ascoltata dal Rikudo Sennin, il cui ricordo di Kurako e del suo fallimento come sensei ancora vive in lui, come ferita aperta di un cuore ormai lacerato più e più volte, fa scudo a questi pensieri con la voce dello stesso Nara che continuerebbe ora a spiegare ciò che gli è accaduto, del suo demone, della sua lotta, ignaro che Akendo conosca appieno questa storia e ne sia pienamente a conoscenza, grazie anche allo stesso Yukio, nonostante si sia preso un diritto su Kurako che non avrebbe dovuto, non era il suo ruolo né il suo compito, ma ormai tutto ciò è cenere, pallido ricordo di vite passate quasi. Le parole di Azrael non celano menzogna, Akendo ormai ha imparato bene a leggere ogni movimento, gesto, sudorazione, ogni cosa viene costantemente e attentamente analizzata affinché nulla sfugga al suo controllo…perché è di questo che si parla con Akendo, la possibilità di conoscere quante più cose possibili, poiché la conoscenza è potenza, ma non è qui il luogo per impartire lezioni. Il discorso si conclude, il silenzio pare quasi assordante, novelle parole dell’anulare destro riempirebbero quel silenzio volutamente lasciato dal pollice destro stesso, riguardo Kimi…curiosità che troverebbe risposta, seppur breve, nelle parole di Akendo che lentamente lascerebbero le sue gelide labbra, raggiungendo il ninja di Konoha <Attenderò che venga a me, non ho tempo e forze da impiegare per giocare a nascondino> nel suo tono vi è anche un ché di scherzoso, successivamente, il silenzio tornerebbe a farsi più presente delle parole fino a poc’anzi pronunciate, silenzio voluto affinché i loro sguardi si sostengano a vicenda, quasi come una gara, un pretesto nulla più per incrociare lungamente i loro sguardi <Non vi deve essere timore Azrael, so bene ciò che vi è accaduto seppur non nel personale, se sei qui è perché questo demone non ha prevalso su di te o sbaglio?> Domanda ovviamente retorica, un sospiro continuando dunque a vociare <Così come non vi è menzogna nelle tue parole, so bene il tuo codice d’onore quale sia, non vi ho scelti solamente per il vostro potenziale o dei meri mercenari mi sarebbero bastati, no…vi ho scelti perché ho intravisto qualcosa di unico e speciale in voi, qualcosa che non tutti i ninja possono vantarsi di avere> una lunghissima pausa prima di concludere dicendo, omettendo questo particolare quanto unico qualcosa di speciale che ha intravisto in loro, con un tono quanto mai pacato <ed ora, a distanza di anni da quel giorno, ti farò esattamente la stessa domanda che ti feci nelle mie stanze, tra i fumi dell’incenso e delle erbe> attimi di pausa, il patos, l’ansia, l’attesa che lacera le carni e la mente, infine le labbra schiudersi lentamente, come porta sigillata da tempo immemore, parole lentamente scivolare, fluire dalla stessa apertura, come serpenti, infidi percorrono le distanze, arrampicandosi sul ragazzo, penetrando nella sua mente… <Cosa è che ora desideri realmente Azrael?> non è più quel ragazzino che conobbe tempo fa, né quel ragazzo a cui pose questa domanda, ora è cresciuto, soprattutto mentalmente, le esperienze e sofferenze lo hanno forgiato, la domanda è la stessa, precisa, come se non fosse passato neanche un minuto…quale sarà la tua risposta Azrael? Prodigio dei Nara? [chakra on] [Rinnegan off] Le parole proseguoo incessanti, come l’acqua cade dalle rocce che un tempo raffiguravano Hashirama e Madara alle Cascate dell’Epilogo. Azrael non mente, non a lui. Non avrebbe senso e non sarebbe coerente col codice d’onore che lo stesso Nara ha sempre seguito nella propria vita, fino al punto di impazzire. E sì, se si trova lì, dinanzi al Rikudo Sennin, è unicamente perché non ha ceduto alle lusinghe del demonio, perché non ha scelto di lasciare che la dissoluzione prendesse possesso di lui. Questo lo riporta ad un periodo ancor precedente a quando lui stesso ed il Seiun si sono conosciuti. Quando ha ceduto alle lusinghe di quella figura oscura che lo ha tentato col marchio maledetto, sigillo che accettò sulla propria pelle e che lo portò sin lì, a domandare implorante al Rikudo di aiutarlo a trovare la pace interiore. Punta gli occhi nei suoi, in quelle iridi formate da cerchi concentrici ed il discorso non è più incentrato né su Kimi, né sull’Akatsuki in sé per sé, quanto- su quella domanda. Quell’interrogativo che non può che farlo sorridere al solo ricordo di aver già sentito quella domanda anni ed anni or sono. Nemmeno rimembra le parole che gli disse all’epoca, offuscate da anni ed anni di eventi che lo hanno portato a divenire quel che è. Ma non può che pensarci, rifletterci attentamente. Cosa desidera, Azrael Nara? Qual è il senso della proria vita, attualmente? Ha trovato la pace, è riuscito a domare le proprie emozioni per far in modo che non si arrendesse alle malevolenze del diavolo. Che sia sotto le sembianze di Kenbosho o dell’impulso maledetto che gli vige sul petto. Lo ha fatto grazie a lui, ad Akendo. Gli deve tutto, in un certo senso. È accanto a lui che è divenuto Dainin, che ha potuto sdoganarsi da quelle sbarre che la legge di Konoha gli stava imponendo. Eppure sono cambiate molte, moltissime cose. Il Villaggio della Foglia non gli sembra più così stretto, tra quelle vie ha trovato casa propria.hitomu l’ha riaccolto come il padre col figliol prodigo. Gli amici, persino l’amore. Il calore della Volontà del Fuoco che aleggia imperante all’interno delle mura della Foglia. In quel salone, invece, non sente altro che gelo. Non avverte altro che il senso di dovere che lo lega ad Akendo, possessore del Rinnegan, figlio dei Kami. La proposta che lo legò a lui, al tempo, quella di essere al suo servizio finché la cosa non fosse andata a ledere la sicurezza di Konoha non potrebbe più sussistere. Potrebbe persino arrivare a tradirlo, rompendo il proprio codice d’onore, deludendo l’aspettativa che il Rikudo ha su di lui. Ha detto che ha visto qualcosa di unico in ognuno di loro, qualcosa che li rende più che semplici ninja, non è di una marionetta senza volontà, quello di cui il Seiun ha bisogno. Non è di una persona che lo asseconda per paura o brama di potere, quel che vuole il Seiun, il pollice destro dell’Alba. E, se anche fosse questo quel che vorrebbe trovare in Azrael, non è ciò che Azrael è. < Non ti ho mentito mai sino ad adesso e non è adesso che voglio farlo, Akendo. > Pronuncia tali parole nell’atto di tornare col busto frontale alla solida superficie del tavolo. Le mani a far forza sul legno e le gambe che si distendono verso l’alto per portarlo in posizione eretta. A quel punto aggirerebbe la sedia su cui ha sempre seduto in quanto anulare destro. Si metterebbe di fronte a lui, faccia a faccia. Occhi neri in occhi viola. Due iridi umane in quelle concentriche di un Dio. Ma non v’è accenno di timore reverenziale, non v’è accenno di sfida. Solo la pura e semplice sincerità brucia all’interno di quegli scuri occhi d’onice. < Ho una famiglia. Un figlio. Il mio Villaggio. Ho trovato la mia pace, ora. Non sono più quel confuso ragazzino che cercava solo un po’ di equilibrio. > Il pensiero non può che volare a Ken, ad Ai ed alla stessa Kaori. Persone che hanno bisogno della sua presenza, da cui non può allontanarsi, da cui non vuole allontanarsi. < Rischierei la morte, piuttosto che giurarti una fedeltà che potrebbe venire a mancare perché ho dei legami troppo forti per essere scissi. > E non li nomina, ma è più che certo che Akendo potrà comprenderlo, potrà capire quel che il Nara vuole evitare a tutti i costi di fare. Tradirlo. Rompere una promessa. Proprio lui, che le promesse le ha sempre mantenute anche a costo di far del male a se stesso. < Quel che desidero, ora, Akendo- > Prenderebbe fiato, gonfiando i polmoni di un respiro pesante, pregno di tutta l’emozione che potrebbe provare solo in quell’istante, allo scoprirsi cresciuto, maturato, non più bisognoso di quell’aiuto di cui saà eternamente grato al possessore del Rinnegan < -è tornare alla Foglia. Proteggerla ed aiutarla a crescere. Non sento più d’essere un pericolo per quelle persone che hanno sempre rappresentato la mia famiglia, non sento più la necessità di allontanarmi da loro per proteggerle. Desidero farlo io, in prima persona, dall’interno. > Nemmeno una singola incrinatura in quelle parole nel tono utilizzato dal Nara, neanche un attimo di incertezza in quello sguardo che verrebbe sempre mantenuto e puntato in quello di Akendo. Capirà? Non capirà? Vorrà ucciderlo? Tutto è possibile, ma che uomo sarebbe, quale immensa delusione potrebbe portare al cuore e all’anima dell’uomo che ha di fronte, se gli mentisse proprio ora? < E desidero non prenderti in giro. La prima volta che mi hai posto questa domande ero più che certo di voler evitare che quello che era successo con Shin, alla morte di mio padre, potesse riaccadere. Ed ero convinto di poterlo fare stando nell’organizzazione Alba che si macchiò di quel crimine, ma che con te non sarebbe più tornata ad essere così folle e caotica. Ora, se dovesse succedere, da parte dell’Alba o di qualunque altra cosa, voglio essere tra le mura, ad evitare in prima persona che un figlio perda il proprio padre, che un Villaggio perda la propria guida. > Terminerebbe così, silente, attendendo una reazione da parte dell’uomo che mai smette di fissare negli occhi, di cui vuole cogliere ogni espressione, ogni singola sfumatura in respiro, curve del viso, linguaggio del corpo e voce. [ tag invariati ] [Covo Akatsuki Sud | Stanza centrale] La domanda ovviamente non è stata posta per meri motivi nostalgici, anzi, quella domanda che pose fine ad un capitolo della vita di Azrael e ne incominciò uno nuovo, potrebbe proprio fare la stessa e medesima cosa ora, oggi, in questo giorno, dopo essersi ritrovati. Ascolta ogni singola parola, sereno in viso, squadra dalla testa ai piedi quel giovane che quella sera solcò l’uscio della sua stanza e che ora è d’innanzi a lui, in cerca di altro, glielo legge nei propri occhi, nel suo sguardo, non è più la ricerca di equilibrio o la confusione ciò che alberga in quello sguardo, uno sguardo posto sul futuro, così come ogni sua parola, la cura e la scelta di determinate parole che il Nara utilizza appositamente, piccolezze che forse qualcuno trascurerebbe ma non lui, non il Rikudo Sennin, ascolta in silenzio, sguardi che si scontrano, solenne il suo silenzio mentre ode la voce del ragazzo raggiungerlo, informarlo di ciò che ora guida il suo cuore e la sua anima, la voglia di proteggere coloro a cui rivolge attenzioni e dona il proprio cuore…come potrebbe non capirlo? Permane però nel suo silenzio il figlio dei Kami, ascoltando il proseguo delle parole del giovane, dalle sue volontà a ciò che vuole per il proprio futuro, una guida per tutti coloro che sono all’interno del villaggio della foglia fino al suo non voler venir meno alla promessa che fece anni fa allo stesso Akendo o il rischio di tradirlo, tutte parole molto significative e gesti non indifferenti. Poi tutto tace, il concentrico sguardo del possessore del Rinnegan, penetra lentamente in quello del ninja, come se volesse arrivare fino all’anima di quest’ultimo <io> andrebbe a vociare flebilmente <io comprendo i tuoi sentimenti, per quanto ovviamente mi sia complicato concepire un ragionamento del genere> d’altronde ognuno ha diversi obbiettivi e priorità nella vita, quello che può fare è rispettare perché ciò che conta è seguire le proprie convinzioni <comprendo e sono soddisfatto che d’innanzi a me non vi sia più caos e confusione, che non vi sia più una ricerca di un qualsivoglia percorso…ma la ricerca di una casa, di un posto a cui appartenere> sembra quasi un padre che parla ad un figlio e per certi versi alcuni dei membri dell’Akatsuki lo sono quasi stati per Akendo, d’altronde egli si pone così quasi con tutti, curioso nel prossimo, interessato a comprendere fin dove l’apertura mentale lo possa portare e così sarà per sempre probabilmente. Le palpebre calerebbero per qualche istante, come se della malinconia attanagliasse quelle iridi concentriche dal colore violaceo, interrompendo così il loro contatto visivo, muoverebbe solo a quel punto qualche passo in avanti, fiancheggiando spalla a spalla la figura di Azrael iniziando a vociare probabilmente ultime parole <così sia Azrael, se questa è la tua volontà…così sia> andrebbe a ripetere nuovamente ormai alle spalle del ragazzo <volontà che nemmeno i Kami potrebbero contraddire> un sospiro…le palpebre socchiudersi per qualche istante di più, il chakra verrebbe prepotentemente richiamato all’interno dei suoi dotti oculari, chakra che come fiume in piena irrorerebbe tutti gli tsubo presenti nell’apparato visivo, irrorando infine i bulbi oculari affogandoli completamente, permettendo così di risvegliarsi e destare il loro antico potere…il risveglio è Imminente!!! Al riaprirsi delle palpebre, perlaceo viola illuminare le proprie iridi, risvegliando così il potere dei Kami <d’altro canto, nemmeno il volere dei Kami può essere contrastato> Con agilità assesterebbe un colpo esattamente poco sotto al nuca del ragazzo, mirando esattamente ai nervi sensibili, inducendolo quindi a svenire. [chakra on] [Rinnegan on]Attendere fato
Dolore. Improvviso, pulsante, inaspettato dolore. Arriva a colpire proprio lì, dietro la testa, riverberandosi per l'intera calotta cranica e tamburellando nelle tempie, nelle orecchie, schiacciante per una brevissima frazione di secondo. Il buio cala, l'Oblio scende e i sensi s'assopiscono per lasciarti precipitare in un assordante silenzio assai simile a quello già sperimentato in passato durante gli anni trascorsi alle prese con il piccolo Kenbonsho. Nessun pensiero, nessuna consapevolezza, solo il nero accecante di una oscurità totalizzante, la completa assenza di suoni ed immagini, la più perfetta rappresentazione del niente. Quasi temi l'improvviso riprendere di quel Tic. Tic. Tic. che ha scandito gli anni della tua lunga prigionia mentale. Quanto tempo passa? Secondi? Minuti? Ore? Chissà. Ma d'improvviso il nulla si dirada e riemergi lentamente alla vita. La prima cosa che torna a pungolare la tua coscienza è la sensazione martellante di fastidioso dolore alla testa e sparso lungo il corpo in punti posti qua e là per la tua carne. Non è penetrante, non è acuto né bruciante. E' l'indolenzimento di una botta ben presa che si riverbera in ondate regolari per tutto il corpo. Un dolore che, a conti fatti, nulla ha a che vedere con ferite ben peggiori subite nel corso del tempo. Se potessi vedere oltre le tue vesti noteresti qualche livido a chiazzar la perfezione della tua pelle d'alabastro, sparsi casualmente lungo il tuo organismo. Arrivano poi, a raccolta, tutti gli altri sensi. Il tatto ti porta a renderti conto della tua posizione. Non tocchi terra, i tuoi piedi sono legati, le gambe distese. Le braccia son tese verso l'esterno e la fredda sensazione del metallo ti gela la carne attorno ai polsi. Sei bagnato, come se fossi stato immerso in mare, senti gli abiti incollati al corpo, i capelli alla pelle del viso. L'udito torna a funzionare e odi distintamente lo scrosciare di acqua attorno a te: ti riporta alla mente le Cascate dalle quali ti sei lanciato solo poco tempo fa ma—no, la forza di quel suono è minore, come se l'effetto scaturisse da un fenomeno di dimensioni ridotte. Forse una fontana. La vista, infine, a mostrarti quanto vi è attorno a te nel momento in cui- ormai sveglio, aprirai le palpebre pesanti. Sei ancora lì, ancora al Covo dell'Akatsuki. Stessi pavimenti di pietra, stesse pareti di legno con quelle trame quasi serpentine a ripercorrersi per le pareti immerse nel buio. Poche candele ad illuminare la sala e la vasca del Gedo Mazo sotto di te. Alle tue spalle l'enorme statua si erge per metri verso il soffitto con le braccia spalancate mentre dalla sua bocca si riversa limpida l'acqua che primariamente hai sentito scrosciare. Dinnanzi a te la lunga tavolata in legno scuro attende, vuota, senza commensali a riempirla. Guardandoti ti vedrai appeso al di sopra della vasca in pietra con braccia e gambe costrette da catene d'acciaio che pendono dall'alto, collegate ad un sistema che potrebbe portarti ad ascendere ancor di più verso l'alto o discendere fino a toccar nuovamente terra. Pendi così, inerme, col tuo chakra disimpastato a privarti di gran parte delle tue solite energie mentre Akendo, dinnanzi a te, ti osserva. Le iridi brillano del mistico potere del divino, lo sguardo è fisso sulla tua figura. Tende le mani verso di te a scagliarti contro una sfera d'aria compressa che, privato della tua essenza azzurrina, non riesci a sentire né percepire, pregna di chakra ed energia, va a colpirti al busto. E il dolore è lo stesso che senti ovunque: braccia, gambe, torso. Anche questo colpo, come i precedenti subiti durante l'incoscienza, lascia un segno. Chiazze violacee che si diramano sottopelle, sfumature di colore purpureo che dolgono pulsanti qua e là lungo la tua carne. Ed ogni colpo, ogni contatto fra la tua carne ed il suo potere, è scandito dalla discesa del tuo corpo nelle acque della vasca caratteristica di quel luogo. Acqua medicamentosa che lenisce le ferite, guarisce il fisico e lascia nuova terra fertile per l'ennesima offesa. Un ritmo misurato ed attento di colpi e di successive immersioni forzate che scandiscono l'incedere d'un tempo inquantificabile. [ Enjoy ♥ ]
Un tonfo, il tocco della mano di Akendo sulla propria nuca e poi- più nulla. Attimi di vuoto, quel vuoto da cui è uscito con immensa fatica, con sforzi che nemmeno egli stesso pensava di poter arrivare a compiere. Il risveglio è qualcosa di traumatico. Dolore, indolenzimenti diffusi in tutto il corpo. L’ultima cosa che ha visto è il luccichio del Rinnegan, il potere di Dio dinanzi a sé. Un potere da cui nessun umano potrebbe uscire vivo. Quel dolore ne è la riprova incessante. Le palpebre si rialzano tremanti e pesanti dagli occhi, a rivelare la figura di Akedo che martoria il proprio corpo, legato ed inerme. “Kao-“ Tenterebbe, d’istinto, di comunicare con lei, con la sua Kaori. Ma nulla, il chakra non gli risponde. Non scorre più nel proprio sistema di circolazione. Un altro colpo, altri colpi che distruggono ogni fibra del proprio essere, rigenerato dalla vasca del Gedo Mazo. La mascella si serra, i denti premuti con forza gli uni contro gli altri, fino a scheggiarsi violenteentein una serie di scricchiolii che solo da ossa rotte potrebbero provenire. Non fiata. Si forza a non liberare nemmeno una parola, un gemito di dolore. Non vuole dargli dimostrazione di debolezza, non in quel momento. Non senza capire bene cosa sta succedendo. È pur sempre il prodigio dei Nara. In una situazione, prima di reagire, bisogna avere un piano. Ed è pur sempre Azrael, un uomo orgoglioso, che vorrebbe sentire i propri organi spappolarsi e le ossa sbriciolarsi in polvere, piuttosto che pregare qualcuno, chiunque, di lasciarlo andare. Persino Akendo. I polsi si muoverebbero frenetici contro e bande di ferro che lo tengono legato, gli occhi stretti e le poche forze che ha a far smuovere il corpo per saggiare la resistenza e la fattura di ciò che lo tiene ferm. Si spingerebbe, sino a ferirsi, se necessario, nel tentativo di spezzare o anche solo allentare quella presa. Probabilmente non ci riuscirà. Non è di una situazione normale, quella di cui sta parlando. È con un Kami in persona, quello con cui sta avendo a che fare. Eppure, non demorde. Il corpo subisce quei colpi, ma dal volto contratto non si leverebbe altro cherabbia, frustrazione, non dolore. Mai una smorfia di resa, un accenno a volerlo supplicare per mettere fine a quel supplizio. Riaprirebbe gli occhi, per quanto sforzo questo gesto possa costargli, per puntare lo sguardo in quel luminoso doujutsu che tutto può persino piegare la realtà al proprio volere con un battito di ciglia. La pura determinazione brucerebbe in quello sguardo, in contrasto co un corpo perennemente martoriato e fatto rinascere per essere percosso solo con maggior forza. Eppure mai il suo sguardo cupo lascerebbe quello di Akendo. Mai una singola parola uscirebbe da quelle rosee contratte in una innaturale repressione di dolore. È venuto in quel covo per morire? Forse. Supplicherà per la propria vita? Mai. Anche se quella reazione porterà il Seiun a fare del proprio peggio, anche se così potrebbe dargli soddisfazione, alleviare la propria pena. Se è per la propria integrità d’animo, che lo scelse quella volta, che sia per la propria forza di volontà che – forse – lo lascerà libero.