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Una missione per due • Sentimenti e Verità

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con Azrael, Kaori

10:13 Kaori:
 Un sospiro lascia le rosee della Hyuga quando, infilando le chiavi nella toppa, la porta di casa propria va aprendosi per accoglierla all'interno. Varcando la soglia spinge l'anta con un deciso movimento del fianco così da far richiudere la porta alle spalle e ritrovarsi in casa con le mani occupate a reggere un certo numero di fascicoli e documenti presi in prestito dalla Magione. Occhiali a montatura sottile nera sul viso, capelli tenuti legati alti in una crocchia leggermente scomposta e haori bianco con il simbolo del clan Hyuga cucito sulla schiena a delineare per la maggiore l'aspetto della ragazza. L'haori è aperto sul davanti mostrando tratti di un comodo yukata viola che le copre il petto e le cosce, stretto in vita da un obi nero che si richiude sulla schiena in un grande fiocco morbido. Le gambe sono coperte da collant neri non troppo pesanti visto l'innalzamento delle temperature mentre ai piedi porta dei sandali in legno non particolarmente alti ma che va adesso a sfilarsi com'è d'uso fare quando si entra in casa. La nuca è scoperta ad eccezione di qualche ciuffo di capelli sfuggito da quello chignon improvvisato con una matita e i sigilli impressi da Azrael sulla sua pelle sono in parte visibili ed in parte nascosti da queste ciocche sottili e dalle pieghe delle vesti che lasciano scoperta poca parte del collo. < Sono a casa. > saluta la ragazza ad alta voce con una leggera traccia di stanchezza nel tono, salutando chiunque avesse trovato all'interno: dopotutto al momento vive con Kouki, Asia, Kuro, sua madre e... beh, non è così raro veder sbucare il Nara da qualche angolo della casa a dire il vero. In realtà in quell'ultimo periodo ha visto più volte Azrael aggirarsi per casa sua che non sua madre e la cosa la preoccupa non poco. Da quando suo padre è morto la donna non è più stata la stessa e se prima si era chiusa in una impenetrabile solitudine, adesso si lancia a capofitto nelle missioni che le vengono affidate senza quasi trovar tempo e modo di riposare. Agisce per non pensare e Kaori non sa come spiegarle quanto questo atteggiamento sia solo una fuga. Espirando andrebbe a muovere qualche passo lungo il corridoio d'ingresso per raggiungere il soggiorno dopo poche notti prima Azrael le ha fatto il suo primo -ed unico- tatuaggio, così da poter depositare sul tavolo i fascicoli presi dalla Magione ed iniziare a far roteare le spalle in un movimento cadenzato e continuo atto a far passare quella sensazione di rigidità e intorpidimento tipici dell'aver tenuto la stessa posizione scomoda per troppo tempo. [chakra: on]

10:57 Azrael:
 L’ha ascoltata per tutto il giorno. La sua Kaori. A tratti, certo, quel tanto che basta per non farsi notare, senza nemmeno soffermarsi troppo sui suoi pensieri, ma giusto per sentirla vicina. In più momenti ha avuto il forte istinto di dislocarsi accanto a lei, ma – poiché sarebbe stato inopportuno disturbarla nel bel mezzo di un’operazione in ospedale o in Magione – ha resistito a quell’imperante istinto. Forse, se lei sapesse quanto il Nara la stesse seguendo, avrebbe potuto dissentire della cosa. Forse sarebbe stato un tantino troppo inquietante. O, forse, l’avrebbe trovato uno slancio di tenerezza. Chi lo sa. Fatto sta che il Dainin non tiene molto a rimarcarle quato il proprio bisogno di avere controllo su cose e persone lo porti ad insinuarsi nella sua mente senza troppi permessi.nemmeno col byakugan potrebbe nnotare quando quel sigillo posto sulla sua nuca si attiva, data – appunto – la posizione studiata proprio per non essere visibile. Non appena ricevuta la sicurezza che la Hyuga ha terminato la sua giornata, potendo così tornare a casa, si è infilato una giacca ed è uscito per le strade della Foglia, percorrendole sino all’uscio della dimora della giovane. La giornata è trascorsa in nome dell’allenamento fisico, atto a fargli riprendere il tono muscolare perso in quegli anni di totale stasi. Ha pensato a molte, molte cose. Mekura, con cui presto dovrà rivedersi, incontrarsi nuovamente in nome di una sorta di silente patto che quasi li costringe ad una scomoda situazione di amicizia, a quel che dovrà chiedere al possessore del Rinnegan, da cui non si sta recando unicamente perché vuole – con tutto se stesso – che egli abbia di fronte il vecchio Azrael e non il pallido fantasma smagrito e malridotto che si è svegliato da quei tre anni di sonno, vuole riprendere la propria lucidità in modo da potergli offrire di nuovo il proprio appoggio al meglio delle proprie potenzialità e non in un disperato tentativo di avere un posto nel mondo. Ha pensato ad Ai e a Ken, i suoi figli e a come potrebbero reagire nel rivederlo o – nel caso del bambino – vederlo davvero per la prima volta. Ma, soprattutto, ha pensato a Kaori. A quel legame che stanno stringendo ogni giorno di più, ogni ora, minuto e secondo con sempre più intensità. Ed altro non può che lasciarsi avvolgere da quelle spire indomabili che gli attanagliano il cuore e l’anima con una dolcezza ed un trasporto che non sentiva più di provare da tempo immemore. I passi si susseguono nella sua adorata Konoha, lo sguardo scuro volto ad esaminare le sagome di quelle stutture e di quelle persone che per anni ed anni ha protetto con tutto se stesso, che lo hanno cresciuto ed accolto quando nessun altro poteva o voleva, che lo hanno visto crescere e dientare quello che è adesso. Azrael Nara. Indosso porta una maglia nera, le cui maniche – dalla larga trama a rete – gli coprono fino alla metà del bicipite, lasciando intravedere le bende che, candide, coprono la muscolatura ancora tesa dall’allenamento. Le ambe sono fasciate da un paio di pantaloni neri, così come il resto del vestiario, che gli ricade morbido lungo i fianchi e giù fino alle caviglie, ove è situato un paio di scarpe nere classiche in cuoio, dal basso tacco che ticchetta ad ogni impatto col suolo. I capelli, lievemente profumati dalla doccia fatta da poco, sono lasciati liberi di cadere in morbide ciocche corvine che gli incorniciano il volto diafano e disteso in un’espressione rilassata, perfettamente curato, dalla barba appena accennata a decorargli il mento partendo dal labbro inferiore. La giacca in pelle è poggiata sulle spalle, come a fargli da mantello, le maniche lasciate libere di ciondolare accanto al busto, poiché le braccia non trovano sede lì, ma restano rasenti ai fianchi, prive di limitazione alcuna nei movimenti. Giunto alla propria destinazione andrebbe a sospirare lungamente, abbozzando un sorriso vispo, che potrebbe chiaramente rimandare alla sua tipica espressione di quando ha un’idea in mente, quella che si potrebbe benissimo ritrovare sul volto di un bambino pronto a compiere qualche scherzetto. Le narici si allargano incamerando aria nei polmoni, la testa si solleva leggermente come riflesso a quel lungo sospiro trattenuto. La mancina andrebbe a sollevarsi per battere sulla porta d’ingresso per tre chiari rintocchi, poi si muoverebbe decisa al petto. Indice e medio alzati e paralleli nel mezzo sigillo della capra. Il chakra scorrerebbe rapido dal proprio centro ad irrorare tutti i punti di fuga presenti sul proprio corpo, per andare ad avvolgerlo di quella cerulea patina di energia che non vedrebbe alcun punto di maggiore o minore densità, come se dell’acqua stesse coprendo ogni forma del proprio essere, racchiudendolo in un bozzolo che gli permetterebbe, poi, di collegarsi mentalmente al sigillo posto sulla nuca della persona di cui spera di aver richiamato l’attenzione con quel suo ussare. Qualche istante appena lascerebbe passare prima di scomparire dall’esterno della dimora e far ricomparire il proprio essere alle spalle della Hyuga che dovrebbe essere – o almeno così sarebbe stato pianificato dal Nara – in procinto di aprire la porta per rivelare la persona che le starebbe chiedendo il permesso per entrare in casa. < Chi sarà mai a quest’ora? > Pronuncerebbe quindi alle di lei spalle, sporgendosi appena sulla sinistra e chinando il capo dallo stesso lato, attendendo una reazione da colei che, se tutto fosse andato come da programma, dovrebbe ritrovarsi tra l’uscio ed il Dainin. [ Dislocazione Istantanea Superiore | Chakra ON ]

11:33 Kaori:
 Ruota il capo, la nuca, massaggiandosi il retro del collo con una mano andando a smuovere un po' quelle zone del corpo che per troppo tempo ha tenuto rigide e immobili durante i doveri del mattino. Aveva da fare in Magione e ha dovuto svegliarsi alla buon'ora per arrivare in orario a lavoro. Di quei tempi non ha partecipato a molte missioni, bloccata piuttosto in incarichi di carattere strategico e burocratico, nonché dai suoi doveri di sensei e di medico che la portano a trascorrere gran parte delle sue giornate chiusa in sala operatoria oppure in Accademia. Le manca l'adrenalinica sensazione di essere in missione. Le manca il sentire il corpo reagire ancor prima della mente, scattare d'istinto per evitare un colpo troppo rapido o per sfoderare un jutsu che colga di sorpresa un nemico da abbattere e la consapevolezza di questa rivelazione la fa sentire piuttosto strana. Non ha mai combattuto per il puro piacere dello scontro in passato, eppure adesso quasi sente nostalgia dei tempi in cui ogni giorno c'era una nuova sfida, una nuova occasione per mettere a frutto i suoi allenamenti e la sua disciplina. Si umetta le labbra lasciando ricadere gli arti superiori lungo il corpo, lo sguardo che si disperde per la stanza nel silenzio del mattino. Quel giorno ha letto dei documenti circa un pericoloso e noto pirata kiriano che sembra uccidere le sue vittime ricorrendo a pericolose tecniche di carattere suiton. Alcuni, forse vittime particolarmente importanti per lui, sembrano essere stati trafitti da quelli che sembrano uncini per tonni da quanto è emerso dai resoconti di alcuni testimoni sopravvissuti al suo passaggio. Da tempo avevano ricevuto notizia di attacchi continui al porto del fuoco e finalmente sembra che abbiano trovato il responsabile dietro ognuno di essi. I fogli ove son raccolte tutte le informazioni sull'uomo sono impilati sul tavolo in una piccola colonna di plichi e fascicoli e Kaori si ritrova a carezzare distrattamente la superficie di quei fogli con le dita perdendosi dietro l'irrazionale ma attraente pensiero di partecipare alla caccia a quell'uomo. E' un criminale piuttosto pericoloso dopotutto e per la sua cattura sono indicati ninja con una certa esperienza sul campo e che non posseggano un grado ninja inferiore allo special jonin. Nulla le vieterebbe di proporsi. Nulla le vieterebbe, una volta ogni tanto, di prendere una pausa dalla scrivania per unirsi all'azione. Si morde il labbro inferiore, pensosa, quando ode un ritmico bussare spezzare il silenzio attorno a lei, richiamando la sua attenzione. Rialza di colpo il viso puntando lo sguardo verso il corridoio che conduce alla porta d'ingresso e avanza verso tale direzione con passo tranquillo, cadenzato, chiedendosi chi possa essere. Forse Kouki? Dopotutto non ha salutato quando è rientrata in casa e perciò potrebbe perfettamente essere uscita. Eppure l'avvicinarsi di Kuro e di Asia dalle scale le fa intendere che probabilmente no, è ancora al piano di sopra -magari a riposare. Il pensiero vola immediato alla figura del Dainin. Con dolce prepotenza il viso del Nara si fa strada nei suoi pensieri riempiendo la sua mente ed il suo cuore. Si ritrova a sperare che sia lui, a sperare di rivederlo, di poterlo riabbracciare. Ormai si vedono piuttosto spesso ed il loro rapporto si sta facendo sempre più stretto per quanto ancora nessuno dei due abbia osato dare una definizione a ciò che insieme stanno condividendo e non sarebbe così sciocco aspettarsi che sia lui, no? Eppure sarebbe davvero la prima volta che si ritroverebbe ad accogliere Azrael in casa in modo così- normale. Raggiungerebbe la porta con il cuore pieno di speranza e la mano che si leva impaziente verso la maniglia, fino a quando- eccolo. La sua voce arriva divertita, calda all'orecchio e il suo battito s'arresta ripartendo poi violento nel petto. Kaori ruota il capo con la mano ancora a mezz'aria ed un sorriso spontaneo e felice sulle labbra, divertita da quel suo essere così imprevedibile, così pieno di energia e voglia di giocare nonostante tutto. Nonostante gli orrori vissuti e affrontati, nonostante le esperienze alle quali è sopravvissuto. Nonostante il male che nel suo corpo pulsa sottopelle, controllato e contenuto dalla sua forza e dalla sua volontà. < Mi sembrava strano che fossi tu a bussare. Sarebbe la prima volta. > sorride lei, divertita, ruotando ora anche il corpo in sua direzione per tentare di muovere un paio di passi verso di lui e affondare semplicemente il viso sul suo petto. Tenterebbe di portare le braccia attorno alla sua schiena, il viso contro la sua maglietta scura, l'aria a venir catturata in un inspirare profondo atto a voler sentire l'odore ormai suo caratteristico che ha imparato a riconoscere ed amare. < Mmh- > mugugnerebbe contro il suo petto -se fosse riuscita nell'atto di abbracciarlo- rialzando solo a quel punto il capo per cercare con le iridi le sue. Ama i suoi occhi. Ama quelle iridi nere dentro le quali potrebbe precipitare e perdersi per metri e metri e metri. Ama il modo in cui nonostante tutto siano capaci di brillare ed illuminarsi in un momento di gioia o di autentica passione. < Mi sei mancato. > ammette Kaori con disarmante semplicità senza più provar vergogna o imbarazzo nel rivelare così apertamente come il Nara la faccia sentire. < Oggi in Magione le scartoffie non finivano più. Ho dovuto portare il lavoro a casa se non volevo rimanere bloccata lì fino a stasera. Ma trovo volentieri un momento per te. > sorride, teneramente, mostrando i denti bianchi fra quelle dune rosate e piene. < Come stai? > domanda, alla fine, notando il differente outfit del Dainin. Nessuna camicia con fazzoletto annesso, ma maglietta e giacca, un completo decisamente più comodo e pratico. Forse il suo stile da battaglia? Ora che ci pensa, in effetti, alla fine non è più riuscita a vederlo combattere coi propri occhi. [Chakra: on]

12:06 Azrael:
 Ed il vederla, il solo poterla ammirare. Il solo percorrere col lo sguardo il profilo della sua schiena, di ogni curva del suo corpo, il iempirsi lo sguardo con quell’esile figura che ha potuto ammirare non così tante volte nella sua vita è- catartico. Il potersi immergere in quegli occhi di perla, vedere in quelle iridi bianche il riflesso del proprio adorante viso, il percepire i propri occhi d’onice riempirsi di una luce che lei e solo lei è in grado di donargli con un qualunque involontario gesto è strabiliante. Ogni pensiero negativo vh potesse straziare il proprio animo, ogni elucubrazione che incupiva l’animo del Nara come ombre nere a cui si è tanto sentito affine per tutta la sua esistenza svanisce. Semplicemente si dirada nell’attimo in cui ha la possibilità di condividere lo stesso spazio con Kaori. Nel naturale atto di respirare il suo stesso ossigeno, nel rendersi conto che solo ora sta respirando davvero, la consapevolezza che *Lei* è il suo ossigeno. Ogni tensione fisica e mentale accumulata non solo in quella lunga giornata, ma in tutta la propria vita, viene rilasciata per far sì che il corpo del Nara non sia nemmeno più un vero e proprio corpo, ma che si lasci galleggiare astrattamente attorno alla Hyuga. Nell’immaginaria commistione di bianco e nero. Di Yin e Yang. E si sente quella piccola macchia di tenebra immersa nell’oceano di candore che lo accoglie e lo irradia con benevolenza e cura. Nemmeno il più illustre luminare dei Ninja medici avrebbe potuto far sentire così bene il giovane Dainin. Nemmeno la più forte concentrazione di chakra medico avrebbe potuto sanare le ferite di un uomo spezzato e martoriato dagli eventi tanto quanto Kaori fa con un sorriso, uno sguardo, un respiro od un semplice battito di ciglia. Avrebbe voluto parlarle di Kouki, di come è andata la loro discussione, oppure chiederle come si sta adattando la sua pelle al tatuaggio o, ancora, fare della futile conversazione su come ha trascorso la giornata. Parlarle di Mekura, addirittura, informarla del fatto che, presto o tardi, dovrà rivederla. Non per qualche motivo specifico, ma sente che sarebbe giusto renderla partecipe di quella sua intenzione. Tanti sarebbero gli argomenti che potrebbe trattare, eppure, per qualche infinito istante sospeso nel tempo, resta lì. Immobile. Ad ammirarla e a perdersi in quell’estasiante panorama di cui la Hyuga è unica e sola protagonista. Imbambolato, col fiato bloccato in gola, il cuore a minacciare chiaramente di sfondare la gabbia toracica dall’interno, le estremità gelide e tremanti, gli occhi scuri ridotti a due pozzi di nera profondità in cui lasciarla leggere ed esplorare ogni singolo anfratto della propria anima e la mente vuota, sgombra da tutto ciò che non la riguardi. Che non riguardi il bruciante desiderio di esplorare il suo corpo, accarezzandolo e venerandolo come ha fatto nelle sere precedenti, se non ancora di più, nella smania di risentire la consistenza ed il calore delle sue labbra sulle proprie. Attimi in cui può chiaramente percepire il proprio essere distaccarsi, la propria sicurezza allontanarsi da sé per incrinare e ridurre in frammenti quel guscio di arroganza ed egocentrismo per cui è più che famoso e lasciare lì, dinanzi a lei, null’altro che una figura tremante, incerta e- devota. Non azzarda un movimento, non un singolo muscolo si muove, bloccato in quei secondi di stasi che durano giusto il tempo di vederle avanzare quei pochissimi passi a bruciare ogni distanza tra loro e nell’attimo stesso in cui il di lei viso affonda sul proprio petto, questo- esplode. Non in senso letterale, certo, ma concettualmente un ordigno di indicibile potenza gli gonfia il torace di un fuoco indomabile. Le braccia andrebbero a cingerle le spalle in un moto praticamente involontario. Ne circonda le forme con dolcezza ed attenzione, come se stesse tenendo tra le dita un oggetto di finissimo cristallo, che si incrinerebbe al solo stringerlo con troppa foga. Il capo rivolto verso il basso, a cercare le iridi perlacee che sono fonte di infiniti sentimenti, pozzi lucenti da cui abbeversarsi per purificare l’Oscurità che alberga dentro di lui. Scuote impercettibilmente il capo, come a volersi riprendere da quell’ondata di percezioni che lo hanno tenuto lontao dal mondo per quei secondi interminabili, le ciocche corvine a sistemarsi disordinate ai lati del candido viso, le rosee distese in un’espressione che ha ben poco, diciamo anche nulla, di quel ninja che tutti temono, di cui tutti hanno riguardo e rispetto, ma che lascia scoperto il viso che v’è al di sotto della maschera. < Voi Konohani e le vostre scartoffie. > Pronuncia in tono basso, caldo, rotto da un accenno di divertimento quasi palpabile in quel che non è molto più di un sottile sussurro, le mani scivolerebbero ai lati del busto della Hyuga, le dita percorrerebbero lievi e leggere i contorni delle spalle, del costato e del ventre, sino a poggiarsi appena sotto la di lei vita, ove andrebbero a stringersi in maniera più decisa. Le ginocchia flesse in modo da poter scaricare sulle leve inferiori tutto il peso, senza gravare troppo sulle articolazioni e le braccia contratte per far leggermente forza sui muscoli, col chiaro intento di sollevarla di qualche centimetro da terra, quei pochi che li dividono per differenza di altezza. Ruoterebbe il busto per far girare l’asse di entrambi nella direzione opposta, scambiandosi di posto con lei in una breve giravolta, lunga abbastanza da permettergli di poggiare le proprie rosee su quelle della Hyuga in un tenero bacio appena accennato e poi, se tutto si fosse realizzato senza intoppi, lasciarla nuovamente coi piedi poggiati sul pavimento, le mani ancora sistemate sulla vita ed il sorriso ancor più radioso sul volto, a mostrare due file di denti bianchissimi. < Anche tu. > Andrebbe, dunque, a dirle e a comunicarle anche a parole quel sentimento condiviso, più di quanto abbia tentato di fare col solo linguaggio del corpo. Si sporgerebbe poi ad osservare al di là del corridoio, nel soggiorno dove ha avuto l’onore di apporre la propria arte sulla nivea pelle della ragazza. < Io- adesso sto più che bene. > Distaccherebbe le mani dall’esile figura di Kaori per andare a porgerle la mancina, nell’atto di accompagnarla verso la prima stanza oltre l’ingresso. < Ho avuto il tempo di girare un po’ per Konoha, di incontrare vecchi amici e di conoscere addirittyra persone nuove. Diciamo che ho molto tempo libero. > Una risata lieve a levarsi dalle sottili labbra, che andrebbe poi ad umettare con la punta della lingua < Oh, non era mia intenzione interrompere il lavoro di una Consigliera. Se non sono di troppo disturbo vorrei accomodarmi e restare in silenzio mentre svolgi i tuoi compiti. > Leggermente ironico nel tono, un po’ come a voler fare intendere che, di quelle scartoffie, ne ha scritte tante, probabilmente qualcuna è ancora presente negli uffici della Magione. Attenderebbe, quindi, una sua risposta, permanendo in piedi accanto a lei, alternando il proprio sguardo scuro tra le suddette scartoffie e la Consigliera, soppesando entrambi i soggetti della propria attenzione. [ Chakra ON ]

12:48 Kaori:
 E' tutto così profondamente assurdo e strano e- folle. Kaori ci pensa spesso. Nelle ultime notti si è ritrovata a condividere le ore del sonno al fianco del Nara, addormentandosi sul suo petto dopo aver trascorso assieme le ultime ore di veglia l'uno accanto all'altra. L'uno attorno all'altra. L'uno dentro l'altra. Uniti, fusi in un unico essere immenso e perfetto per quegli interminabili istanti passati ad essere -insieme- Uno. Sarebbe così semplice dire che Kaori è innamorata di lui, vero? Dopotutto è quello che succede normalmente quando due persone si ritrovano a condividere assieme le proprie notti e gran parte delle loro giornate. Persino le loro case. Ma la situazione è assai più complicata di così. Come può dire di essere innamorata di Azrael quando di lui conosce ancora così poco? Quando non ha avuto materialmente il tempo per viverlo? I due hanno trascorso assieme così pochi attimi, così pochi giorni, e conoscono l'un dell'altra tutto ciò che si son permessi di mostrare. Attimi importanti, segreti del loro passato, certo, ma solo- attimi. Frazioni di ricordi, scorci dei loro ricordi. Ricordi speciali, intensi, che molte altre persone non possono neppure immaginare, certo. Ma solo frammenti. Ed in virtù di una simile verità come si potrebbe mai dire che Kaori provi qualcosa di così intenso e profondo come l'amore per lui? Non sarebbe solamente folle? Ingenuo? Eppure-- il dubbio c'è. S'insinua in lei. Striscia lezioso fra i suoi pensieri pungolando o provocando la sua mente. Cos'altro potrebbe essere? Come altro potrebbe definire quel sentimento che la lega così fortemente a lui? Quel bisogno viscerale e primordiale di sentirlo stretto attorno alle sue esili braccia? Il desiderio di perdersi in lui, di rifugiarsi in lui non appena la situazione si fa tesa o complicata. L'urgenza di cercare un qualsiasi tipo di contatto col suo corpo, la sua pelle, ogni volta che Azrael le è accanto. Come potrebbe definire quella serenità che la riempie e l'avvolge ogni qual volta l'altro le cinge le spalle con le sue mani? Quel calore che le si irradia dal petto bruciandola e rigenerandola ogni volta che le loro labbra s'incontrano, dolci, in un bacio che spesso si fa profondo abbastanza da spezzar loro il fiato, togliere il respiro. Come potrebbe definire quel senso di totale ed incondizionato abbandono che prova nei riguardi del Nara? Di Azrael lei sente di potersi fidare con tutta se stessa. A lei sente di poter affidare la propria esistenza o, ancor di più, persino quella della sua amatissima bambina. Sente che con lui potrebbe affrontare qualunque tipo di sfida e niente potrebbe spaventarla davvero perchè se Azrael è accanto a lei allora ogni cosa troverà il suo giusto ordine e nulla potrà toccarla o ferirla davvero. Con lui potrebbe anche precipitare da una cascata apparentemente infinita eppure alla fine, lo sa, tornerà sempre sana e salva a sfiorar terra come un petalo che dolce cade dal suo ramo trovando posto al suolo. Kaori non lo sa. Non sa come può definire questi sentimenti, questo legame, e da un lato non vuole neppure cercare necessariamente un termine che possa definirli. Vuole bearsi di quell'appartenenza, bearsi di quegli attimi che il fato ha loro concesso di condividere e viverli al massimo con tutta se stessa. Vuole vivere Azrael in ogni modo che le è possibile tentare. Vuole che lui continui a ritenerla *sua* così come lei, nel suo cuore, non può fare a meno di pensare al Nara come al *suo* Azrael. Sorride d'istinto in risposta al sorriso del ragazzo quando questo pronuncia quel commento quasi sommesso, il tono basso, divertito, ma che arriva a lei come una carezza calda e avvolgente. Ed in attimi come quelli è difficile ricordare che colui il quale la sta stringendo a sé è Azrael Nara, Dainin della Foglia, ninja leggendario di ineguagliabile potenza. In attimi come quelli lui è semplicemente- Azrael. Un ragazzo come tanti, un giovane dai brillanti e caldi occhi neri. Un uomo. Il *suo* uomo. < Questa frase mi ricorda proprio qualcosa... > mormora con voce altrettanto bassa, sfumata di un divertimento leggero, rimanendo ancorata a lui per le braccia, specchiandosi nei suoi occhi scuri con quel sorriso morbido e caldo sul volto. Ed avverte le mani di Azrael viaggiare lungo il suo corpo, discendere la linea dei fianchi, della vita e andare poi ad imprimere quella leggera pressione che la porta a sollevarsi da terra e sorridere come una bambina che vien sollevata fino al cielo come fosse l'angelo più bello mai dipinto. La solleva di poco, la fa ruotare, ma nel farlo non manca di bruciare la distanza fra loro così da permettere alle loro labbra d'incontrarsi, sfiorarsi, ed unirsi in un tenero ma tanto atteso bacio che le fa fibrillare il cuore nel petto. Si sente tornare alla vita, morire e rinascere in un eterno e delizioso circolo senza fine. Azrael è il suo inizio e la sua fine, capace di toglierle e ridarle aria. Ritorna a toccar terra riaprendo gli occhi con le labbra distese in un sorriso vivo, felice, brillante sul viso candido e gentile. Si sente morire nel vedere la perfezione del sorriso altrui, il modo in cui quelle ciocche corvine fanno da cornice perfetta a quella dentatura candida ed immacolata. Il cuore le fa una capriola nel petto al solo pensiero di essergli mancata e quindi si ritrova a seguire i movimenti altrui verso il soggiorno dove i documenti son rimasti posati sul tavolo in attesa di una sua attenta lettura. Kaori afferra la mancina del Dainin con la propria destrorsa e andrebbe a seguirlo verso la stanza adiacente udendo il suo dire, sorridendo al suo indirizzo. < Ah sì? Mi fa piacere che ti stia riambientando così bene. Hai già rivisto Hitomu? > chiede la ragazza con fare leggero. < Gli avevo promesso che ti avrei trascinato nel suo ufficio non appena ti avessi rivisto ma-- ehm-- forse la cosa potrebbe essermi sfuggita di mente un paio di volte. > ammette Kaori trattenendo un breve colpetto di tosse distogliendo lo sguardo con fare imbarazzato al pensiero di aver voluto egoisticamente tenere il Nara stretto a sé il più possibile prima di lasciare che tornasse ad appartenere -di fatto, al mondo intero. < Anche io ho conosciuto qualcuno di nuovo. Ultimamente ho incontrati diversi nuovi deshi dell'Accademia a cui spero di aver potuto dare una mano. E-- Dio, ho quasi dato fuoco ad un chuunin appena ritornato al Villaggio! > esclama avvampando d'imbarazzo e portandosi la destrorsa al viso, malcelando un'espressione mortificata al ricordo dell'aver quasi bruciato vivo il povero Kakuzu. "Povero Yakumo. Chissà che infarto". pensa la ragazza prima di espirare e cercare di accantonare il pensiero di quella potenziale accusa d'omicidio in favore di argomenti più concreti e a portata di mano. All'ironico dire di Azrael Kaori sorride arricciando il viso al suo indirizzo con fare quasi infantile, incassando quella battuta come farebbe una bambina divertita, posando quindi lo sguardo sui fogli sparsi dinnanzi a loro. < Se proprio vuoi rimanere magari puoi darmi una mano. Insomma, penso che il consiglio del famoso Dainin della Foglia Azrael Nara potrebbe tornarmi utile. > sorride lei mestamente, sospirando. < A dire il vero tutti questi fogli riguardano una unica questione. C'è un uomo che sta attaccando da un po' il porto del fuoco e siamo riusciti a identificarlo come un noto pirata kiriano piuttosto pericoloso. > spiega la special jonin facendosi ora un po' più seria, sistemandosi gli occhiali sul viso dopo averli sentiti scivolare un po' lungo il naso. < Il suo nome è Sharper Hook. > [Chakra: on]

18:03 Azrael:
 Amare. Che cosa vuol dire tale parola? Cos’è, se non un semplice verbo che indica il provare – appunto – amore? E, allora… che cos’è l’Amore? Quanti ne hanno già parlato, quanti ne hanno scritto, quanti ne hanno cantato, quanti ne hanno dipinto, scolpito, quanti hanno tentato di mettere questo fantomatico sentimento in musica, componendo opere intere attorno a quelle cinque lettere che formano un concetto così ampio, profondo e pieno di significato. Quanti, ancora, hanno addirittura ucciso, per questo. Quanti sono stati uccisi. Quante volte il Nara, nel suo essere costantemente alla ricerca di un qualcosa di cui egli stesso non capisce l’entità, ha chiaramente creduto di poterne sentire il peso gravare nel proprio petto. Troppe, davvero troppe volte. Eppure sente di averne solo vagamente assaggiato una briciola, aver solo saggiato la sua superficie, aver solo visto la punta dell’iceberg. Ebbene- cos’è l’Amore? Da definizione si tratta di un sentimento di viva affezione verso una persona che si manifesta come desiderio di procurare il suo bene e di ricercarne la compagnia. Si manifesta, dunque, nel semplice bisogno di far star bene qualcun altro e di trarne a propria volta del bene nello starci insieme. Ha dei significati anche più ampi della semplice e mera relazione uomo – donna. Lo stesso Nara ne prova per diverse cose o persone. Ama se stesso, tanto per cominciare. Al punto tale da aborrire anche la sola idea di ricevere una qualsivoglia ferita che deturpi il proprio corpo o – in maniera ancor più specifica – il viso. Al punto tale da voler dare sempre e comunque sfoggio di sé, che sia in una missione, in una lezione d’Accademia, in una qualunque relazione pubblica. Ama stare al centro dell’attenzione, avere i riflettori puntati addosso, perché, se nessuno ti guarda, non sei nessuno. Ama Konoha, la sua Konoha. Il Villaggio che ha giurato di proteggere e he ha fatto e farà di tutto per poter tenere fede a tale giuramento. Ama l’arte, la ricerca della perfezione attraverso il punto di vista di chi, proprio in quanto artista, è dotato di una sensibilità diversa da quella di chiunque altro, capace – forse – di scorgere la realtà in maniera differente, di poterne percepire la vera, perfetta, indomabile essenza. Ama fare del male. Oh, quanto ama fare del male. La sensazione del calore del sangue altrui sulla pelle, la vita scivolare via dalla gola di un altro individuo, stretta tra le proprie falangi, la carne che si apre al passaggio di una delle sue lame. Ama avere il controllo. Essere in possesso del filo che designa il destino del malcapitato di turno ed un paio di forbici, per poter decidere di reciderlo o di lasciarlo integro, beandosi dell’espressione impaurita e supplichevole che ne consegue. Ha amato Mekura. L’ha fatto più della propria stessa vita, più di quanto era possibile, fino alla fine. Forse una parte di lui, la più testarda, la più competitiva, prova ancora quel trasporto che, però, non si può più definire amore. È più simile, forse, a quella brama di primeggiare che lo ha spinto a dedicarsi a lei agli albori della loro storia. E le domande fondamentali su tale argomento che gli riempie la mente e quasi lo distrae da tutto il resto sono molteplici. Perché, considerando quanto ha potuto apprendere sull’Amore, il tempo deve essere così determinante? Come può un sentimento, che nasca dal cuore o da reazioni chimiche che si risolvono nel sistema nervoso che sia, può dipendere dal ticchettare delle lancette? Nel proprio concetto malato e perverso di affezione c’è spazio per Kaori? Ma, soprattutto, uno è il quesito che più di ogni altra cosa lo travolge, spazzando via tutte queste elucubrazioni come un torrente in piena farebbe con dei miseri sassolini neanche ancorati al suolo. Ha davvero importanza dare un nome, un’etichetta, ad un legame così fprte e puro, in questo momento? Nel prenderle la mano sente bruciare la pelle contro quella della Hyuga, sente le proprie falangi fremere e godere di quel tocco così semplice e basilare. Le ha solo preso la mano per condurla in soggiorno, in fondo. Ed i passi si susseguono lenti, le piante toccano salde il suolo, si possono persino udire i tacchetti delle scarpe che rintoccano contro il pavimento, ma ad Azrael pare di star camminando nell’aria a centinaia e centinaia di metri da terra, tenuto sospeso tra le nuvole dalla serenità che Lei è capace di donargli. E non v’è sforzo, in tutto ciò. È solo- naturale. E, probabilmente, è solo così che devono andare le cose. La ascolta parlare, silente ed ammaliato dalla voce che riconoscerebbe fra mille altre a creare trambusto e fastidio. Per quanto riguarda una sua visita da Hitomu si ritrova a scuotere il capo in segno di diniego, seguito da qualche breve parola a confermare quel gesto < No, non sono ancora andato da Hitomu. Non so se è a conoscenza del mio ritorno, ma aspettavo che mi ci portassi tu. Magari ti daranno una promozione se ti presenti in ufficio con una grossa preda. > Una lieve risata a scivolare dalle labbra schiuse. Non ha bene idea di quale potrebbe essere la reazione del Nono al rivederlo, al rivedere quel vecchio amico che mai e poi mai ha dimenticato i tanti momenti passati assieme o le promesse che gli ha fatto. < Ho parlato con Furaya e lei mi ha accolto a braccia aperte, poi ho avuto modo anche di parlare con Fumiko e-- > Si arresta, metabolizzando solo in quel momento le parole della Hyuga. Un chuunin appena tornato al Villaggio della Foglia. Ciò che gli ha detto Furaya gli torna alla mente come una frustata in pieno volto. Le iridi nero pece si sgranano, la bocca si secca all’improvviso. Possibile che stiano parlando della stessa persona? Nemmeno gli serve recepire quel nome dal sistema nervoso di Kaori, le coincidenze sono troppe per pensare che si tratti di qualcun altro. Un paio di colpi di tosse verrebbero emessi, la mancina si alzerebbe a pugno a coprir le labbra, tentando di mascherare l’imbarazzo ed il panico. Non proferisce una parola al riguardo, ma il pensiero, si sa, a volte è molto più forte della volontà di non dire qualcosa. “Non pensarci. Non pensarci. È solo una coincidenza. Non è lui. Non si sono parlati. Non pensarci.” Ripeterebbe nella propria testa, incurante del fatto che la Hyuga potrebbe sentirlo chiaramente o leggere la chiara espressione di disagio nei propri occhi. La mancina si sposta verso il petto per battere un paio di volte sullo sterno a cercare di mantenere il tono quanto pù neutrale possibile ed attaccare a parlare della missione, della minaccia di cui è stato appena reso partecipe. < Cavolo, un kiriano, eh? Molto probabilmente utilizza tecniche legate all’acqua o al ghiaccio, avendo vissuto nel mare. Sai, quando ero appena un genin mi sono trovato a scontrare il più grande traditore del villaggio della pioggia, il suo nome era Nokemono ed è stato fuggiasco per lunghissimo tempo, avrà tentato di distruggere Konoha così tante volte che nemmeno le conto più. Accidenti, ma non è strato che questi dannati kiriani cerchino sempre e comunque di attaccare il nostro Villaggio? Non dovrebbero avere, che ne so, gli Spadaccini ad impedirgli di far casino in lungo e largo? > Le parole uscirebbero sconnesse, senza un freno od una pausa, le leve inferiori lo portano a camminare in giro per il soggiorno, a rasentare il perimetro del tavolo mentre quel raffazzonato dire gli si sfila dalle labbra senza un filtro vero e proprio. Tenterebbe di darle le spalle, do avere un attimo per darsi un contegno che si sta rendendo perfettamente conto d’aver perso, ma che non riesce a recuperare da subito. Non è che gli dia particolari problemi parlare del Kakuzu o la sua mera presenza, come ben sa non può di certo impedirgli di sostare nel Villaggio della Foglia, è soltanto che i sensi di colpa ed il fastidio dell’averlo sempre tra piedi, pronto a far scappare qualunque persona si accosti al Nara semplicemente perché così spera di poterlo avere tutto per sé, beh, lo irretisce abbastanza. Ma se la Hyuga non ha fatto parola al riguardo, probabilmente, è perché ancora non sa. E mentre riflette su quanto sia saggio renderla partecipe di quella cosa in quel momento, non fa altro che sostare lì. Alla destra del tavolino che ha aggirato, di spalle rispetto alla Hyuga, se lei non si fosse mossa da lì. [ Chakra ON ]

17:27 Kaori:
 Le piace la sensazione della mano di Azrael attorno alla propria. Le piace la sensazione di calore delle sue dita che stringono il suo dorso. Le piace semplicemente l'idea di quel contatto, seppur semplice ed innocente fra loro. E' a suo modo un segno d'unione, d'appartenenza, di vicinanza. E tanto le basta a sentir il cuore far le capriole nel petto in quel mentre. Ricorda quei loro incontri di qualche anno fa quando tutto era così diverso fra loro. Azrael era una leggenda della Foglia e lei una piccola nessuno che aspirava a diventare grande come lui in un futuro assai lontano. Era una ragazzina ricca di sogni e speranze che aveva accanto un modello da seguire, un idolo inavvicinabile e intoccabile che per qualche motivo credeva nelle sue potenzialità. Era come una favola per un certo senso: l'eroe di una intera generazione che aveva visto in lei una nuova speranza per la loro terra. Non avrebbe mai minimamente immaginato che fra loro potesse esserci di più. Ingenuamente non ci aveva mai neppure sperato, non aveva mai visto Azrael come uomo in quei frangenti. Sarebbe stata sicuramente sciocca a negare di non aver notato la sua innata bellezza, certo; ma non si era mai lasciata trascinare da questa, né dai suoi modi gentili. Non aveva mai visto in quella figura mitica un uomo fatto di carne, sangue e sentimenti. Era quasi un ologramma fatto di fama e gloria e leggenda. Vicino quanto impossibile da raggiungere. Ed ora.. adesso è tutto diverso. Adesso Azrael è qui, al suo fianco, ben stretto nella sua mano, più uomo di quanto avrebbe mai potuto credere. Un mito, certo. Un eroe, anche. Ma pur sempre un uomo. Raggiungono il soggiorno, chiacchierano tranquilli come se tutto fosse normale, una deliziosa abitudine: si aggirano per casa come se fosse qualcosa fatto già miriadi di volte, come se fosse quotidiana routine, azioni di vita normale e questa riflessione ha in sé dello straordinario. Il dire del Nara porta Kaori a sorridere e liberare una breve risatina al pensiero di come, effettivamente, abbia promesso anni addietro che sarebbe stata lei a trascinare Azrael nell'ufficio del Nono se mai fosse ritornato. < A dire il vero dovrei proprio. Ho promesso a Hitomu che ti avrei trascinato da lui se mai fossi ricomparso all'orizzonte. > sorride lei ricordando quel giorno, una delle tante chiacchierate che i due hanno condiviso nel tempo e che hanno portato allo stringersi di quell'amicizia fra loro. < Oh sarebbe divertente però! Potrei invitarlo a cena un giorno di questi e lasciare che sia tu ad aprire la porta. Sarebbe sicuramente una bella sorpresa per lui. Oh sì, sì, sì, ti prego, facciamolo! > esclama improvvisamente colta da una ondata di infantile gioia girandosi verso il Nara quasi saltellando sul posto, gli occhi grandi di eccitazione, brillanti di una gioia spontanea ed ingenua che la fa apparire come una bambina nel giorno di Natale. O un cane scodinzolante che si aggrappa alla gamba del padrone per la sua meritata dose di grattini, insomma, siamo lì. Tuttavia questo breve ma tenero attimo di vivo entusiasmo termina ben presto quando le parole del Nara vanno rivelando una delicata questione. Durante il suo soggiorno a Konoha di quel periodo -a seguito della sparizione dovuta ad una dura battaglia interiore coi suoi Demoni-, Azrael ha incontrato e conosciuto Fumiko. La notizia suona semplicemente sconvolgente alla mente della Hyuga in maniera quasi disturbante. Ha avuto modo di chiarire con la ragazza e persino di trovare quasi piacevole quel loro ultimo incontro, ma nonostante non abbia nulla contro di lei non riesce a provare una specie di brivido al pensiero del Dainin e della chuunin a poca distanza l'uno dall'altra. Al pensiero delle mani di lei a posarsi sul suo petto, delle sue labbra sulla sua pelle, del respiro del Dainin a farsi corto per via della vicinanza al corpo della ragazza. Il solo pensiero che Fumiko possa essersi avvicinata a lui le fa ribollire il sangue nelle vene in un moto d'irrazionale e istintiva gelosia. Non crede che sia successo qualcosa, non pensa che la Senju sia ossessionata dall'idea di mettere le mani su tutte le persone alle quali lei tiene, ma è evidente che il timore di aver perduto la sua famiglia per via della comparsa della ragazza all'orizzonte l'abbia segnata più di quanto non avesse voluto credere. Si ritrova a stringere con maggior forza la mano di Azrael in un moto istintivo, quasi come a voler cercare di non farlo sgusciare via dalla sua presa, come se volesse assicurarsi di non perderlo dal proprio fianco e l'osserva con una espressione a metà strada fra l'assente e il teso. Annuisce a scatti sentendosi sempre più stupida man mano che i secondi procedono. Non può provare un sentimento simile, non è giusto. Azrael è-- libero. Per quanto abbiano condiviso più di quanto avrebbe creduto di poter condividere con qualcuno senza prima avere la sicurezza di appartenergli, Azrael non è suo. Non è il suo uomo, non è il suo ragazzo. Non lo è per quanto nel suo cuore, nella sua mente, lei continui a ripetersi quanto si appartengano, quanto lei sia sua e lui sia suo. "Sei mia." Le parole di Azrael riecheggiano nella sua memoria come un ricordo sbiadito, ricordando quella prima notte durante la quale i suoi denti avevano scavato nella sua carne, nella sua pelle. Ricorda quanto si era sentita felice, immensa al solo pensiero di appartenergli con tutta se stessa, ma a conti fatti sente di non poter avanzare alcun diritto su di lui perchè lui- per quanto lo voglia, non è suo. Deglutisce amaramente, inspirando, rispondendo a sua volta nel tentativo di scostare l'argomento da Fumiko e dai timori ch'ella rappresenta nominando -senza saperlo, qualcuno che a sua volta ha segnato la vita del Nara portandolo ad una reazione bizzarra. Portandolo a sgranare gli occhi, a tossire distogliendo lo sguardo, facendo affiorare nella mente della Hyuga un pensiero che porta la giovane a schiudere le labbra e fissarlo leggermente sorpresa. Okay. Decisamente le sue parole hanno risvegliato qualche pensiero nella sua mente, decisamente c'è qualcuno che sta tormentando la sua bella testolina. Perchè? La ragazza non ha idea del trascorso che accomuna i due ragazzi e sebbene muoia di curiosità trova davvero poco cortese l'idea di chiedergli spiegazioni a seguito di quei pensieri recepiti involontariamente dalla sua mente, da quella connessione sempre presente fra le loro teste. Perciò, ricacciando i dubbi e le domande, si ritrova ad illustrargli ciò che quei documenti trattano parlandogli del pirata kiriano di cui ha letto quella mattina e sul quale si voleva informare una volta giunta a casa, notando l'atteggiamento ancora piuttosto strano e nervoso del Nara. Lo vede iniziare a muoversi per la stanza lasciando quindi la sua mano e andare a parlare senza pausa alcuna di aneddoti e informazioni passate che sono poco inerenti all'argomento in questione se non per una mera questione geografica. Okay, decisamente un atteggiamento poco tipico del Dainin e che porta Kaori a boccheggiare per un istante alle sue spalle prima di espirare e schiarirsi la voce. < Uhm. Sì, è strano. Ma immagino sia solamente una coincidenza. Insomma, credo che Hotsuma stia facendo il possibile per punire i suoi traditori. > Le viene ormai naturale dare del tu al Kage della Nebbia dopo il rapporto che si erano trovati a stringere per via di Raido nel corso del tempo. Non che siano propriamente amici, ovviamente, ma dopotutto era stato lo stesso Hotsuma il primo a parlarle -tempo addietro- della Kuchiyose no Jutsu e a chiacchierare come lei quasi fosse una sua pari. < Comunque dai dati che ho potuto leggere sì, è un esperto delle tecniche suiton, tanto che la sua nave si muove anche in assenza di vento. Immagino che quindi possa controllare la marea o che sia capace di far sì che l'acqua possa spingere con abbastanza forza la nave anche senza aiuti esterni, il che mi fa immaginare che sarebbe semplice stanarlo con qualche jutsu raiton o magari con qualche tecnica katon diretta alla sua nave. Pensavo che magari potevo occuparmi personalmente della cosa... > dice senza smettere di osservare la schiena del Nara prima di sospirare e alzare silenziosamente gli occhi al cielo. Evitare la questione non ha senso quando è così evidente che qualcosa sta turbando la serenità del ragazzo: tanto vale affrontare la questione in maniera diretta. Con delicatezza, certo, ma senza scappare. < Azrael. > il tono si fa deciso ma dolce in quel semplice pronunciare il suo nome. < Che succede? > domanda la ragazza tentando quindi di muovere qualche passo così da aggirare il suo corpo e metterglisi dinnanzi, ricercando il suo sguardo col proprio. Le sue iridi si mostrerebbero rilassate, comprensive, cariche di dolcezza al suo indirizzo. < C'è qualcosa che temi che qualcuno possa dirmi? Tipo che in realtà in questi tre anni ti sei sposato a Suna? > domanda con un sorriso intenerito, divertito e vagamente colpevole. < Non ho potuto evitare di sentire i tuoi pensieri > spiega un po' più seria tentando di andare a raggiungere la sua mano con la propria per trasmettergli un po' di calma e di pace. < e se vuoi saperlo la persona di cui stavo parlando si chiama Yakumo. > chiarisce una volta per tutte il dubbio altrui circa la possibilità di una sfortunata coincidenza dietro le parole della ragazza. < E' una cattiva notizia? > azzarda, con gentilezza, inclinando solo leggermente il capo verso la spalla sinistra nel tentativo di cercare le iridi d'onice dell'altro con le proprie bianche e perlacee. [Chakra: on]

19:38 Azrael:
 Azrael e Kaori. Cosa sono? In fondo loro non sono nulla. Non possono definirsi un “noi “ vero e proprio, d’altronde, da nessuna delle due parti non v’è stato alcun intento di ufficializzare quel legame, dandogli un nome. Nessuno dei due, probabilmente, ne ha ancora sentito il bisogno. Non sono conoscenti, non lo sono mai stati, in fondo. Dall’esatto momento in cui si sono presentati il Dainin ha sentito quella sensazione, quel bisogno che ci fosse un legame molto più ampio e profondo della semplice conoscenza. Le ha donato il coprifronte, il suo coprifronte. Di certo non è una cosa che farebbe alla volta di ogni Deshi che incontra. Di certo non avrebbe dato una tale confidenza, se non si fosse sentito quasi in dovere di donare un pezzo di sé a lei. Come se avesse dovuto, dopo quel primo, semplice, incontro da Ichiraku, davanti due fumanti tazze di ramen, far qualcosa affinché si rivedessero. Affinché quello non fosse il loro primo ed ultimo incontro. Ed, infine, non sono amici. No, per nulla. Hanno condiviso lo stesso letto più volte, non che per il Nara non sia usuale mostrare il proprio corpo a chi conosce appena superficialmente, ma si è messo a nudo con lei in una maniera molto più intima, rispetto ad una solita notte di passione, come tante ne ha avute nel corso della propria vita. Spogliandosi, quella notte, le ha mostrato la propria anima. Mettendo a repentaglio un loro futuro incontro, probabilmente, ma non ha potuto fare altrimenti. Non ha potuto che lasciarsi andare a lei, con lei ed in lei in una maniera molto più travolgente del solito. È stato speciale. Kaori è speciale. E quella stretta sulla propria mano, al solo nominare Fumiko, quel gesto della Hyuga atto a non lasciarlo metaforicamente e fisicamente andare è la prova che quella sensazione non sia univoca, ma venga da ambedue le parti. Quella punta di involontaria ed indomabile gelosia non può che fargli piacere. È gemella della propria, qualora qualunque essere dovesse avvicinarsi troppo a lei. Eppure—eppure non si appartengono. Sono l’uno dell’altra, eppure non si appartengono. Ironico e- sciocco, a dire il vero. Quante volte, distesi sullo stesso materasso, tra le stesse lenzuola, si sono giurati possesso, appartenenza e devozione l’un l’altra? Quante volte con corpo, voce e mente le ha urlato quanto sente che sia sua e sua soltanto? E quante volte ha sentito una risposta concorde, che lo affermasse come suo e suo soltanto? Innumerevoli, talmente tante che il ricordare quegli avvenimenti assieme a Kaori lo fa sentire come se li stesse rivivendo in quello stesso istante. E la Hyuga gli parla di Hitomu, della promessa che gli ha fatto, di una sua idea per fargli una sorpresa. Mostra di sé il lato più infantile, felice, al punto tale da rimembrargli la prima impressione che ha avuto di lei. Una ragazzina piena di speranze, piena di gioia, pronta a farsi stupire dal mondo, dinanzi ad un uomo che sapeva già all’epoca quanto il mondo potesse stupire, certo, ma quasi mai in positivo. E che, adesso, ne è ancora più convinto. E vederla in quella reazione spontanea e semplice, pregna della sua vera e naturale essenza, lo fa innamorare ancora di più lei, se è di amore che stiamo parlando. E se non lo fosse, rincara semplicemente in lui il bisogno di averla accanto, di renderla felice, di irradiarsi ancora della luce del suo sorriso, di quei candidi dentini snudati dalle rosee labbra piene di cui – dannazione – sente la pressante mancanza. Se ne sta di spalle, ad ascoltare ciò che la Hyuga ha da dirgli in silenzio, lasciando che lei esaurisca tutto il discorso, che evisceri tutte quelle informazioni riguardanti la missione, che i pensieri riguardo la Senjuu la tocchino, la tormentino e sfumino via, lasciando quella sensazione di gelosia pungolarle cuore e cervello. Lenta, ma costante. E le labbra del Nara si allargano in un tenero sorriso, invisibile alla Hyuga, data la posizione di entrambi. La ascolta ed attende che lei gli si avvicini. Che bruci le distanze tra di loro, quei metri che il Nara stesso ha imposto per avere qualche attimo di riflessione solitaria, riflessione dedicata unicamente a Yakumo, alla propria insana preoccupazione che il Kakuzu possa mettersi – ancora ed ancora ed ancora – nella propria vita in maniera forzata e fastidiosa, che possa addirittura pensare di colpirla e di, conseguentemente, colpire se stesso. Ne ha paura, in un certo senso, paura che il Chuunin possa, col proprio velenoso dire, raccontare tutto il male che il Nara gli ha inferto tempo addietro, tutte le ferite che gli ha inflitto col tradimento, il più basso colpo che si possa arrecare ad una persona che si ama o che ti ama allo stesso modo. Teme che quelle meravigliose iridi di perla possano vederlo diversamente. Che possa in esse leggere disgusto, disprezzo e disapprovazione. Ma non è arrivato dove è avendo paura, tralasciando le proprie responsabilità, scappando dalle conseguenze che egli stesso ha generato, seppur da errori di calcolo, strategia o portati più semplicemente dall’istinto. Quando gli arriva vicino, quando la sua mano tocca la propria in quel gesto di dolcezza ed affetto, il Dainin alza lo sguardo in quello della Hyuga, in quel consueto – ma ogni volta nuovo e sorprendente – scontro ed incontro di bianco e nero. Vi trova solo comprensione, curiosità, voglia di conoscere i trascorsi dell’uomo non per curiosità o per malevolenza, ma per sola voglia di conoscerlo ed accettarlo. Come ha già fatto per il marchio maledetto, come ha fatto per Yami, come ha fatto per il proprio forzato esilio nella propria mente. Come ha sempre fatto e basta. Perché, proprio ora, non dovrebbe ripetersi per una sciocchezza avvenuta anni ed anni or sono? Non ce ne sarebbe motivo. Prima di andare a spiegarsi, tuttavia, sente il bisogno, il desiderio e la brama, di fare qualcos’altro. Apre la mano, quella a contatto con la pelle nivea della ragazza, per far combaciare il proprio palmo con quello opposto, le dita andrebbero ad intrecciarsi con le sue, legandole in un intreccio che egli percepirebbe come indissolubilmente forte. Chinerebbe la testa in un moto opposto a quello che le ha appena visto intraprendere, un lieve sorriso a portar gli angoli delle rosee verso gli estremi, senza neanche scoprire i denti. Le iridi d’onice a perdersi in quelle di perla. Prenderebbe un lungo sospiro, qualche attimo di straziante pausa e silenzio, il silenzio in cui si è mantenuto lungo tutto l’altrui dire, un po’ per fermarsi a pensare, un po’ per lasciarla in sospeso, per mettere tra i due una suspance atta a- sorprenderla. Come sempre. Porterebbe la mano – stretta in quella di lei – dietro la propria schiena, quasi forzandola ad abbracciarlo e a bruciare quella minima distanza tra i due corpi. La leva superiore opposta ad aprirsi, la mano distesa, pronta ad accoglierne il fianco in una morsa che parrebbe inviare un messaggio che ci tiene in maniera particolare ad esprimere nella maniera più chiara ed inequivocabile possibile. Il viso, istintivamente, andrebbe a cercare quello di Kaori. Le labbra ad unirsi alle sue in un bacio dapprima appena accennato, un semplice contatto tra le rosee. Se ne separerebbe dopo un attimo appena, restandone a pochi, pochissimi millimetri, abbastanza da fondere i respiri di entrambi. < Kaori. > Un altro bacio, ad inframezzare quelle parole appena mormorate, talmente basse che si potrebbe addirittura pensare che siano frutto del sigillo dell’empatia che, comunque, ripete ogni singola sillaba, ogni singolo fonema, nell’istante immediatamente successivo a quanto fa la voce vibrando calda dalla propria gola direttamente sul volto candido della Hyuga < Tu. > La pressione delle labbra si farebbe più intensa, a rimarcare il desiderio di averla più vicina di quanto un semplice bacio – per quanto appassionato possa essere – potrebbe fare < Sei. > Ancora una volta si spingerebbe a baciarla, a schiudere le proprie rosee su quelle di Kaori. Della *sua* Kaori. Per mettere a tacere quella gelosia, per mettere a tacere tutto quello che sia estraneo a loro, racchiusi in quella piccola bolla di pace, serenità e benessere. La lingua farebbe capolino dalle labbra per ricercare la sua. Non invadente, in quella che altro non è che una carezza gentile, come quelle che le ha indirizzato durante quelle sere, quelle mattine, quelle notti. Come quelle che vorrebbe recarle – perché no – per il resto della propria vita. < Mia. > Se ne separerebbe solo dopo quell’ultimo dire. Dopo quella dichiarazione, quella affermazione, una semplice – ma mai così sentita – constatazione. Allora e soltanto allora si sentirebbe libero di procedere con qualsivoglia altro argomento. La mano ancora stretta in quella della Hyuga, dietro la propria schiena e l’altra ben salda sul di lei fianco. Il corpo vicino al suo in una maniera quasi pericolosa, che altro non gli fa pensare che persino l’aria che gravita attorno a loro sia di troppo. < Trascinami. Trascinami dove meglio credi. Nell’ufficio di Hitomu, sulle Cascate dell’Epilogo, da Ichiraku, in camera tua o nella mia. Trascinami e basta ed io verrò con te. > La voce ridotta ad un roco e basso sussurro, pregno di venerazione, ammirazione e bramosia. Desiderio di stare con lei. E perdersi, assieme. Normalmente avrebbe espresso qualche ilare battuta su quanto sarebbe bello organizzare quella cena, qualche perplessità sulla reazione, per il Dainin non molto certa, del Nono, ma in quella situazione, accanto a lei, non importa. Azrael potrebbe sollevare il mondo, capovolgerlo e riporlo nuovamente nella propria iniziale postazione senza sforzo alcuno. O strappare la Luna alla volta celeste per donarla a lei, solo per poter rimpiazzare la sua luce con quella del sincero e disteso sorriso della Hyuga. “Perché sei gelosa di lei?” Le domanderebbe mentalmente, nel tentativo di comprendere quel che la ragazza sta pensando, sul motivo per cui è così a disagio all’idea che possa aver avuto contatti con la Senjuu. “Perché sei gelosa?” Generalizzerebbe ora, per comprendere come lei la pensa sul loro personalissimo modo di- aversi. Il respiro corto e quasi affaticato da quella distanza minima, ma allo stesso tempo eccessiva, che c’è tra le loro labbra, tra i loro visi ed il battito incessante e disperatamente privo di un ritmo preciso fanno da colonna sonora al suo discorso, slegato da quanto avrebbe appena fatto, ma che li lega anche nel loro essere uno shinobi ed una kunoichi a guardia del Villaggio della Foglia. < Dovrei mettermi a leggere i documenti, informarmi e tirar su una strategia, ma- non posso permettermi di allontanarmi di un altro millimetro da te. Quindi ti chiedo, ti supplico e ti ordino allo stesso tempo- > Gli occhi scuri puntati in quelli opposti, per posizione e per cromatura. Due profonde pozze nere, brucianti di passione, affetto, sincerità e desiderio. < Trascinami anche lì. Troviamolo e combattiamolo. Fammi da capo-team, come- come ai vecchi tempi. > Sottolineerebbe un ricordo comune ad entrambi, quando – in tempi non sospetti – una Kaori appena entrata a far parte del mondo Ninja doveva comandare una squadra in una missione, squadra in cui il Nara si era praticamente auto invitato, come in questo caso. Vuole essere una sua arma. Il suo compagno di battaglie. Accanto a lei, insieme contro qualunque pericolo incomba sulle loro figure o sulla Foglia stessa. Poi passerebbe a rispodere al nocciolo della questione che, in precedenza, lo aveva portato a mettere distanza tra sé e la propria interlocutrice. Yakumo. < Siam stati insieme. > Pronuncerebbe brevemente, stringendo appena le falangi attorno alla di lei mano. < Anni ed anni fa. Venne da Ame fino a Konoha e l’ho ospitato da me per diverso tempo. Ero giovane, stupido e l’ho tradito, esasperato da alcuni suoi comportamenti che lo hanno portato, poi, ad intromettersi nel mio naturale vivere per ancora molto tempo. Temevo e temo possa farlo anche adesso. Con me e con te. > In tal modo riassumerebbe la situazione, lo sguardo ancora alto sul di lei viso, ma colpevole, smorto e spento. Ancora demoralizzato da errori compiuti in gioventù, quegli errori che hanno dato vita alle voci che, nei vicoli di Konoha e tra chi fa dei pettegolezzi la propria priorità, lo raccontano come un maledetto dongiovanni, incapace di non cedere alla prima occasione di lasciarsi andare alla voluttà, incurante di sentimenti e benessere altrui. “Se è nella mia vita che vuole intromettersi, non può che avere a che fare con te. Tu—ne sei la parte più fondamentale, attualmente.” Penserebbe, infine. Non troppo volontariamente, ma neanche tentando di trattenere quel pensiero, quella percezione forse affrettata, ma vera e – in quanto tale – più che giusta. E, nuovamente, una domanda si fa strada nel proprio inconscio, frutto di tutte le elucubrazioni che lo hanno travolto negli ultimi istanti. Azrael e Kaori. Cosa sono? In fondo, loro- sono tutto ciò che conta. [ Chakra ON ]

18:01 Kaori:
 Di fronte a lui Kaori si sente- piccola. Di fronte ad Azrael sente di non essere Kaori Hyuga, special jonin della Foglia. Kaori Hyuga vincitrice del Torneo dei Villaggi nella sua categoria. Kaori Hyuga Consigliera di Konoha. Di fronte ad Azrael lei si sente, semplicemente, Kaori. La ragazzina che, affamata, ha guardato con occhi sognanti la leggendaria figura del Dainin mangiare accanto a sé in un chiosco del ramen. La ragazzina che mirava a divenire potente abbastanza da poter apprendere direttamente da lui la reale potenza delle arti magiche. La ragazzina che, nel tentativo di raggiungerlo col proprio nome e la propria fama ovunque egli fosse, è cresciuta fra una missione e l'altra, una rapina sventata ed un attacco mirato. Si è chiesta, in questi ultimi giorni, come mai abbia tenuto così tanto all'idea di divenire abbastanza famosa da far giungere il suo nome al suo orecchio per quanto distante fosse; si è chiesta come mai l'idea di un Azrael che, in capo al mondo, sorride all'udire delle sue gesta, l'abbia sempre resa così di buon umore, l'abbia sempre caricata ed invogliata a far meglio. Fin dal primo momento, fin dal loro primo incontro, c'è sempre stato quel qualcosa a legarli che non avrebbe saputo identificare. Niente di romantico, niente di sentimentale, ovviamente. Qualcosa di molto più profondo ed incerto. Come un filo che li ha tenuti connessi nel tempo e nello spazio mantenendo vivo nelle loro memorie il ricordo dell'uno e dell'altra. Un filo sottile, apparentemente fragile, ma che neppure Kenbonsho ed i suoi demoni sono riusciti a scalfire. Un filo che, alla fine, li ha portati a riunirsi indicando loro la strada verso quel momento, verso quell'unica via percorribile. Verso quel precipitare nel nulla, stretti nello stesso abbraccio, fondendosi l'un l'altra in un'unica nuova essenza. Tiene la sua mano nella propria cercando lo sguardo del Nara nel tentativo di capire cosa lo stia così turbando, cosa lo abbia portato a cercare distanza da lei. Una distanza che gli è stata concessa per ben pochi minuti prima che il corpo della Hyuga si sia ritrovato ad agir d'istinto per raggiungerlo. Non immagina il motivo per il quale Azrael si stia comportando così, non immagina cosa si nasconda dietro quelle iridi nere che sembrano quasi scavare nella sua anima. Ma è lì, pronta per dargli conforto o consiglio se dovesse averne bisogno, è lì perchè desidera conoscere tutto ciò che può su di lui al mero scopo di poter sapere qualcosa di più della sua vita. Non per giudicarlo, non per bisogno di avere elementi dai quali capire se ha bisogno o meno di difendersi da lui, no. Desidera solamente sapere qualcosa di più su Azrael, sul ragazzo che secondo dopo secondo sta incidendo a fuoco il proprio nome nel suo cuore. Cuore che sembra arrestarsi di colpo quando la mano di lui va combaciando con la propria, palmo contro palmo. Un tocco leggero, innocente in un primo momento, ma che in un istante va ribaltando ogni cosa. Kaori si sente afferrare e tirare contro il suo corpo, d'improvviso. Non ha neppure modo di reagire, ritrovandosi ad impattare contro il suo petto, un braccio attorno ai suoi fianchi e l'altro a poggiarsi d'istinto sul suo bicipite. La mano di Azrael che si posa sul suo fianco le toglie l'aria di bocca, le mozza il respiro, portandola a fissare le iridi buie di lui a labbra schiuse, boccheggiando, catapultata in quella bolla dove ogni cosa svanisce attorno a loro e tutto ciò che resta sono semplicemente Kaori ed Azrael. E mentre lui la stringe a sé in una morsa dalla quale non sarebbe mai fuggita, i loro volti s'incontrano e le loro labbra si ritrovano in un bacio inaspettato ma tanto atteso che va a farla respirare di nuovo. Sente il sangue cantare, un calore bruciante irradiarsi dal centro del petto a tutto il resto del corpo mentre si ritrova inebriata da quel tenero, breve bacio che le dà nuova vita. Le labbra di Azrael sono morbide, sono calde e sembrano essere costantemente pronte a farle tremare l'anima. Hanno un tocco che sa essere gentile e premuroso ma che, al tempo stesso, accende quella fiamma nel suo corpo che con Raido ha raramente avvertito divampare. Lui pronuncia il suo nome sulle sue labbra ed è come una benedizione a posarsi sul suo viso. I loro volti sono estremamente vicini, i loro respiri si fondono in uno unico e le loro iridi si specchiano le une nelle altre in uno sguardo che non ammette vie di fuga. Kaori è paralizzata, prigioniera di quella stretta. Persa in quell'attimo, in quel momento, si sente pasta modellabile fra le dita calde e sicure di lui. E, Dio, quel sussurro la raggiunge come il più potente afrodisiaco: il modo in cui pronuncia il suo nome, la premura con la quale la richiama ed al tempo stesso la forza e la sicurezza con la quale carezza ogni sillaba sono una irresistibile tentazione. Le loro labbra si trovano ancora, nuovamente, per un altro breve ma ricercato bacio che dura pochi secondi ancora. Nuovamente chiosa, brevemente, intervallando ogni singolo fonema con un nuovo e sempre più profondo bacio. Questo si rivela essere più pressante, più intenso, con le loro labbra a ricercare un contatto più audace ma ancor superficiale. E poi chiosa ancosa e il suo tono si fa più caldo, più padrone e le loro labbra si schiudono quasi voraci le une sulle altre. Kaori si sente sospesa nell'eterno, immensa fra le sue braccia, scaldata nel profondo da quel suo improvviso gesto mentre avverte la sensazione della sua lingua cercare ed incontrare la propria. Un gesto che non ha nulla d'invasivo o volgare ma dolce, avvolgente, che dissipa ogni dubbio e preoccupazione dalla mente della special jonin come se tramite quel semplice gesto avesse semplicemente spento il volume dei suoi pensieri. Le strappa un ansimo con quell'ultimo bacio pronunciando infine quella parola che mette fine a quel momento di perentoria possessività. Kaori ha dimenticato per questo infinito attimo ogni suo timore. Ha dimenticato Raido, Fumiko, Mekura, i loro figli. Ha dimenticato chiunque e qualunque cosa ritrovandosi a vedere e sentire solo e soltanto Azrael attorno a sé. Ogni cosa attorno a lei è Azrael. L'aria che respira non è altro che il suo fiato. Il calore che le brucia sottopelle è generato da lui e dal suo corpo pressato contro il proprio. Le labbra umide sono bagnate dei suoi baci. Le catene che la tengono ancorata al suolo altro non sono che le sue mani. A labbra schiuse si perde in quello sguardo ritrovandosi a sorridere teneramente pressando appena di più le dita contro il bicipite dell'altro, quasi a volerlo stringere ancor di più a sé, quasi come voglia assicurarsi che non svanisca, che come fumo non si ritrovi a sfuggire dalla presa delle sue mani lasciandola con ancora pressante la voglia di lui a bruciare sulle labbra. Nonostante il suo sciocco atteggiamento da bambina piena di voglia di ridere e saltare, il tono che Azrael utilizza per risponderle è-- seducente. Basso, roco, graffiante, ammalia ogni più piccola e remota parte di lei andando a carezzare con accurata precisione ogni corda del cuore della Hyuga. Kaori sente le sue parole, la sua voce e si ritrova a schiudere le labbra tentando di sollevarsi sulle punte dei piedi, di innalzarsi di pochi centimetri per andare a poggiare la fronte alla sua, fermando il proprio sguardo in quello di lui. < Azrael-- > la sua voce esce flebile dalle labbra in un sussurro leggero e pregno di bruciante desiderio. Sente premere contro le labbra parole che non vorrebbe pronunciare, sente premere fra i denti l'opprimente bisogno di dar voce a quella brama, quel sentimento che violento la sta investendo e travolgendo schiantandola contro di lui. Come un'onda si sente trascinare con forza sempre maggiore verso di lui, verso Azrael, in un continuo e perpetuo infrangersi contro la sua presenza, la sua essenza, svanendo in miriadi di gocce brillanti solo per poi ritrovare nuova forma e schiantarsi ancora, di nuovo, contro di lui trovando nuova fine e nuovo inizio in un circolo eterno atto a ridarle la vita ad ogni suo respiro, ad ogni parola. Vorrebbe dirgli tante cose ma quelle domande arrivano alla sua mente gelandole la voce in gola. I loro respiri s'incontrano rotti, i loro occhi si perdono in quello sguardo che si fa bruciante, pressante, ed il silenzio cade intenso, chiassoso fra loro, avvolgendoli in un abbraccio teso. Kaori schiude le rosee sentendo il cuore ribaltarsi nel petto e la schiettezza di quella domanda colpirla in pieno viso. Boccheggia per un lungo istante scivolando nuovamente con le piante dei piedi per terra, riabbassandosi di quei pochi centimetri precedentemente guadagnati, sentendosi nuovamente minuscola nel suo abbraccio, nella sua stretta. Sentendosi insignificante mentre guarda per la prima volta in faccia il sentimento che per giorni si è nutrito di lei fino a divenire ben più grande di quanto possa realmente comprendere. Apre e richiude le labbra per pochi istanti senza far uscire neppure un suono prima di abbassare il capo e arrendersi alle parole che, spossate, trovano finalmente strada verso l'esterno. < Perchè- penso di star innamorandomi di te. > ammette in un sussurro flebile, sottile, sentendo il cuore contrarsi nel petto, la paura assalirla improvvisa come uno tsunami in tempesta. < Perchè- ti voglio. Voglio stare con te. Sempre. > continua deglutendo, stringendo la presa della mancina sul suo braccio, la destrorsa su quella di lui, dietro la sua schiena. < Perchè tu sei- aria pura per me e-- > " Sento di amarti. " < --mi piaci. > Stringe le labbra, timidamente, incapace di incontrarne lo sguardo. Incapace di affrontare i suoi occhi mentre ammette quella folle ed assurda verità. Come può provare questo? Come può pensare che sia-- amore? Come può esserlo quando tutto è avvenuto così rapidamente da essere ancora così confuso? Teme di apparire una sciocca ai suoi occhi. Teme d'apparire una illusa, una ingenua. Teme di spaventarlo con quelle parole fin troppo importanti per due che- come loro, non sono altro che-- anime intrecciate. < Ho creduto di aver trovato il mio destino con Raido. Ho creduto di aver trovato il mio futuro, la mia strada. E quando l'ho perso per-- lei... > Fumiko < ho sentito il mio cuore spezzarsi. > La voce esce bassa, fremente dalle sue labbra mentre col fiato corto si ritroverebbe solo ora a sollevar lo sguardo per cercare quello di lui. < Se dovessi perdere *te*, adesso, di me non resterebbero che miseri frantumi. > E nella sua mente appare l'immagine di una Kaori che, crepandosi come vetro, si dissolve nel vento in pezzi così piccoli da apparir coriandoli scarlatti, bianchi e viola. Mostrerebbe nelle iridi color perla la triste verità dietro le sue parole, l'onestà di quanto gli sta dicendo. E potrebbe avvertire, Azrael, tramite quel collegamento mentale con lei la sensazione di gelo che quella prospettiva le apre nel cuore, quella orribile e scomoda sensazione della terra che viene a mancare sotto i piedi lasciando solo una eterna caduta verso l'Inferno. < E- ed è folle. Lo so. Noi-- ci conosciamo da poco, è stato tutto così-- intenso e.. e non dovrei parlare così ma... Azrael io-- > la voce trema, balbetta, boccheggia mentre deglutendo cerca di trovare le parole, ma la voce sembra morirle semplicemente in gola mentre, con un amaro sorriso sulle labbra, si limiterebbe ad osservarne le iridi scure stringendosi debolmente nelle spalle. " E' quello che provo. E' quello che sento. Per te. " conclude, mentalmente, quasi con rassegnazione, pronta ad accettare qualunque sua reazione a quel suo dire. Che sia un chiederle di dargli tempo e rallentare o che sia un più distruttivo salutarla per fuggire lontano dalla folle ragazzina che si è lanciata in qualcosa di molto più grande di lei. Eppure Azrael non fugge. Non scappa. E' lì e la tiene stretta. E' lì e la prega, la supplica, le ordina di non allontanarsi da lui. Le chiede di tener ancora più salda la presa su di lui, di stringere ancora ed ancora quella stretta sulla sua mano, sulla sua stessa esistenza. Le chiede di portarlo con sé, di affrontare ogni cosa al suo fianco, insieme, a prescindere da ciò che possano trovarsi dinnanzi. La sente parlare di quella missione, la sente parlare del criminale, del kiriano ma non gli importa. Chi sia, cosa voglia, perchè. Cosa sappia fare, che informazioni abbiano, se sia rischioso, noioso o la battaglia più importante della sua vita. Nulla conta se non che ad affrontarlo sarebbero stati loro. Fianco a fianco. Insieme. Dove uno avrebbe potuto coprire le spalle all'altro, dove uno avrebbe potuto proteggere e sorvegliare l'altro. Dove la morte non sarebbe stata capace di dividerli perchè insieme possono affrontare qualunque cosa. Perchè se anche la falce dovesse calare sarebbe scesa su entrambi o sarebbe stata spezzata in miriadi di pezzi. E Kaori sorride e la mancina s'abbassa ripercorrendo lenta il di lui braccio, il gomito, il polso, fino a raggiungere la mano. L'afferrerebbe e la scosterebbe dal proprio fianco per far risalire le dita di lui lungo il proprio viso. S'abbandonerebbe contro il suo palmo continuando a guardarlo, leggera, sospesa, galleggiando nel tempo e nello spazio in una dimensione dove tutto è relativo e niente è assoluto. < I vecchi tempi-- quando credevo che la cosa più impossibile che fossi capace di fare era far tremare una cascata con un battito di mani... > Come poteva sapere, al tempo, che gli sarebbe bastato un sorriso soltanto a farle tremare il cuore? Le labbra si distendono in un sorriso morbido, caldo, che sa di conforto e sicurezza. Un sorriso che voglia dirgli sì, sì, mille volte sì. Con lui sarebbe andata in capo al mondo. Con lui avrebbe potuto raggiungere il sole senza neppure bruciarsi perchè, si sa, con Azrael al suo fianco niente è impossibile. E pensa che in questo momento niente, *niente* potrebbe mai separarli, niente potrebbe mai metter distanza fra loro se non un loro stesso bisogno. Il bisogno che aveva portato il Nara a distaccarsi da lei poco prima al semplice sentir nominare il nome di Yakumo. Kaori ascolta quanto egli le dice sorpresa, per un istante soltanto, all'idea del Dainin in dolce compagnia di un ragazzo. Non che l'idea la disgusti, non che provi niente di anche solo lontanamente vicino allo schifo, ma ne rimane semplicemente sorpresa scoprendo così un nuovo aspetto del Nara che non aveva mai conosciuto prima. Ascolta silente, tranquilla, permanendo dinnanzi a lui con le mani strette sulle sue e lo sguardo fermo in quello dell'altro. Avverte la colpa che permea le sue parole, la vergogna per qualcosa che ha fatto in un tempo remoto quand'era più giovane e acerbo. Qualcosa che ha portato con sé nel tempo e per cui non è giusto venga ancora punito. Espira piano, la Hyuga, lasciando la presa sulla mano che avrebbe in precedenza portato sul proprio viso, per andare a portare la mancina sul volto altrui. Tenterebbe di sfiorarne la gota destra, di carezzare col pollice lo zigomo al di sotto di quei meravigliosi fili d'ombra che cadono ai lati del capo. < Voglio credere che dopo tutto questo tempo abbia superato quanto è successo, per quanto dolorosa possa essere l'idea di perderti. > inizia col dire lei con un piccolo sorriso sfumato di tenera ironia. < Ma se anche dovesse tentare ancora di-- punirti per quanto successo, non troverebbe ascolto. > lo rassicura a bassa voce tentando ora di carezzare i capelli scuri con fare amorevole, premuroso, quasi una madre che conforta il figlio spaventato per un incubo fin troppo vivido ed intenso. < Non ho bisogno di essere messa in guardia da nessuno. Non ho bisogno di essere informata da nessuno sul tuo conto. Voglio conoscerti da sola. Voglio-- scoprirti passo passo, giorno dopo giorno. Voglio-- conoscerti. E voglio farlo con le mie sole forze. > La sua voce si affievolisce, calda, infrangendosi sulle sue labbra ora così vicine, essendosi inconsapevolmente avvicinata a lui durante quel suo dire. < Non aver paura-- > alita piano, sollevando lo sguardo sulle iridi del Nara, con le labbra a sfiorare in quel movimento i lineamenti più esterni delle sue in un contatto a dir poco evanescente. < --mio Azrael. Non basterebbe la forza di un Kami per allontanarmi da te. Cosa può fare un semplice-- uomo? > chiede, in un sussurro leggero, lasciando quindi scivolare a questo punto le labbra su quelle di lui alla ricerca di un nuovo bacio, una nuova unione. Un bacio che voglia rassicurarlo, un bacio che voglia mettere a tacere ogni timore e dubbio esattamente come in precedenza lui ha fatto con lei. Un bacio che voglia fargli sentire quanto ardentemente desidera rimanergli accanto e quanto poco le importi di qualunque cosa chiunque altro possa averle da dire su di lui. [Chakra: on]

12:08 Azrael:
 Tenerla stretta lì. Tra le proprie braccia, la sua mano salda sul bicipite, a tracciarne la forma in una presa che sa di tenerezza e di un possesso che entrambi sentono l’uno verso l’altra. Prorompente e senza un nome, senza una definizione specifica. E potrebbe essere amore, potrebbe essere bisogno di colmare quel vuoto che porta il nome di un’altra persona nelle loro rispettive anime, potrebbe essere una infuocata passione fisica scoppiata tra due corpi che si sono incrociati e toccati novamente dopo anni. Potrebbe essere qualunque cosa, ma è lì. C’è ed è innegabile. La sente in ogni punto del proprio corpo. Tra le dita strette al di lei fianco, in quella presa salda sull’altrui mano, in quel tocco gentile sul proprio braccio ed in ogni punto dei due fisici premuti tra loro in quell’abbraccio quasi disperato. Ma, più di tutto, sulle loro labbra, gonfie e cariche di quei baci che si sono fatti via via più insistenti, più accesi, che hanno fatto divampare nel Nara un incendio che non dà assolutamente l’idea di poter essere sopito. In quel respiro corto e nel battito accelerato a dismisura e nelle loro menti, collegate e comunicanti sentimenti così affini e disarmanti. Confusi sono i ricordi dei momenti passati assieme, quel primo incontro da Ichiraku, il loro parlare sulla cima delle Cascate dell’Epilogo, il suono delle mani del Dainin che hanno fatto tremare tutto attorno a loro e quel riscoprirsi, incontrarsi di nuovo in quel luogo e- cadere. Cadere per quegli infiniti metri di altezza stretti l’un l’altro, una caduta che è fisicamente terminata di nuovo sulla cima, ma che, metaforicamente, non ha mai smesso di trascinarli inesorabile verso il basso, verso il vuoto e l’Oblio. Una discesa che li ha portati a condividere quella meravigliosa notte nella propria dimora e poi ancora in quella altrui. Momenti cronologicamente ben definiti, ma che si mescolano nei pensieri del giovane corvino, smossi da quel torrente di emozioni che si agitano e gli si infrangono addosso con violenza. Non rano suoi gli occhi che ricercava. Inconsciamente erano quelli di Mekura. Memore di alcune delle prime parole che si sono rivolti, quell’accostare il color perla di quelle iridi alla donna che – sperava con tutto se stesso – sarebbe poi un giorno divenuta sua moglie. Quella donna che, la mattina stessa, lo aveva lasciato, gli aveva preso e spezzato il cuore in frantumi. Andare avanti. Questo era il concetto che lo stava e lo sta martellando ancora adesso. Non aveva intenzione di farlo davvero, per quanto le avesse stretto la mano e le si fosse ripresentato, con la tacita promessa di un’amicizia, stava sperando con tutto se stesso che gli avvenimenti di anni prima si potessero ripetere. La strappò via dalle braccia di chi, a tutti gli effetti, era paragonabile ad un Dio. Avrebbe voluto farlo di nuovo, ma- ma poi ha visto Kaori. Una Kaori cresciuta, divenuta tanto importante da far giungere il proprio nome lontano, così come si erano promessi all’epoca. Una Kaori che, a guardarla negli occhi, tutto gli ha fatto venire in mente, meno che quel che si aspettava. Si è perso, in quelle due splendide perle. Nella fiducia che lei ha scelto di mostrargli, non scalfita dal tempo trascorso, dagli avvenimenti passati, si è perso in quella tenera comprensione priva di rabbia o rimorso alcuno nei confronti di un uomo che ha per tanti anni combattuto contro il mondo, finendo nella battaglia finale più dura: quella contro se stesso. E non ha scelto di andare avanti. Non ha scelto di sentire il proprio cuore battere di nuovo. Non ha scelto nulla di tutto quel che sta accadendo e che è accaduto. È, semplicemente, successo.cadere da una rupe, per quanto tu possa sbracciarti e sforzarti di non capitolare al suolo, non può che trascinarti. È stato come- come essere sottoposti alla gravità. È lì, non potrebbe non esserci, tiene i piedi di tutti ancorati al suolo, muovendoli verso il centro della Terra, eppure nessuno se ne accorge. È lì a tener salde le leggi fisiche del mondo, eppure nessuno ci fa troppo caso. È questo, quel che è accaduto. Inesorabile e meraviglioso. Inarrestabile e spontaneo. Il non poter controllare le reazioni del proprio corpo ad ogni piccolo segnale che proviene dalla Hyuga è un qualcosa che, normalmente, porterebbe il Nara ad allontanarsi, a scappare onde evitare di perdere il controllo. Il modo in cui la sua voce sillaba e pronuncia il proprio nome lo stravolge. Scava nel proprio petto e gli avvolge il cuore in una dolcissima morsa, che lo porta a scalpitare per poterne godere di più. Lo sguardo si addolcisce, quei pozzi neri che tanti, tantissimi hanno visto freddi, gelidi e meschini, altro non sono che due macchie di cupa tenerezza, all’incontrare quelle di lei, a scorgerne i delicatissimi lineamenti, al sentirne la soave voce e a percepirne il tocco. Boccheggia impercettibilmente al subirne quasi passivamente la vicinanza, in quel mormorio che gli arriva chiaro come se la ragazza stesse urlando. È solo il proprio nome, ma allora- perché suona così bene? Perché ogni singola parola, proferita o solo pensata, suona come la più dolce melodia, la più ispirata poesia ed il più bel racconto mai narrato? Perché la sua figura gli fa rilucere lo sguardo e l’anima come se fosse davanti alla più maestosa opera scultorea o pittorica? Ed il corpo permane fermo ed immobile, nell’aspettativa di sentirle dire qualcosa che viene lasciato solo a metà. Le mani, rispettivamente sul fianco e su quella altrui, si stringono come se, qualora dovesse lasciarle, precipiterebbe nell’abisso della disperazione da cui è – con immense difficoltà – risalito e fuggito. Ed, infine, arriva. Giungono all’orecchio del Dainin quelle parole. Amore. È davvero amore? È davvero sano quel che stanno provando? Può mai essere davvero tutto così- semplice? Come può crederci davvero un uomo che, per tutta la propria vita, non ha vissuto nulla, assolutamente nulla di così semplice e naturale? Eppure- eppure è lì a bruciargli nel petto, nell’anima e nella gola il desiderio di risponderle, di comunicarle quanto sente un trasporto così gemello al suo, se non addirittura più intenso. “Anche io. Anche io, Kaori. Anche io ti-“ Pensieri incontrollati che gli passano per la mente, una mente a lei aperta come un libro da cui leggere le parole nel preciso istante in cui vengono scritte. Ma qualcosa di estremamente forte lo blocca, blocca il flusso di quelle sensazioni così travolgenti. Gli occhi si sgranano, il suo intero organismo si arresta, con il preciso istinto di fuggire, ma senza riuscirsi. Quella carezza sul proprio viso, il contatto con le loro mani lo arresta e lo resetta quasi del tutto, al punto tale da fargli mollare la presa, da far ricadere le leve superiori a peso morto lungo i fianchi. < I-io- > Persino la voce gli muore in gola e quando lei si avvicina, il Nara porta istintivamente il proprio corpo a fare un passo indietro. Non sa bene il perché, probabilmente per Mekura, ancor più probabilmente per il terrore di farle del male, di ferire entrambe e se stesso. Per la paura di essersi innamorato sul serio e di averla fatta innamorare allo stesso identico modo. Le labbra schiuse a far fuoriuscire in un sibilo sottilissimo il fiato accorciato dal panico. “Sei la mia ari-“ L’ennesimo pensiero scacciato violentemente, come se stesse abortendo quelle intime confessioni nel preciso istante in cui si rende conto di starle partorendo. Si volta, le dà le spalle in un moto che scatena in lui una guerra tra il basilare istinto di sfuggire a quella valanga di emozioni e la voglia di buttarsi, assieme a lei, da quella altura a cui stanno aggiungendo kilometri e kilometri solo parlando. < Io ho- ho da fare. Dovrei andare a- > Parole che gli escono senza un vero e proprio senso logico, agitate e sconnesse, la bocca serrata a metà tra il desiderio di pronunciarle più chiaramente e quello di ricacciarle all’interno della gola per lasciar spazio a quel che – realmente – prova. < -comprare le sigarette. > Sì, per quanto possa sembrare comico, è davvero quella la cosa che, per prima, lo obbliga a dire la paura. Le mani correrebbero nervosamente al petto, in quello che dobrebbe essere il sigillo della scimmia, ma- ma che invece è un mezzo sigillo caprino. Neanche al Dainin è ben chiaro ciò che sta compiendo, ciò che vorrebbe razionalmente fare, ma che sta irrazionalmente contraddicendo. La mancina resterebbe con indice e medio ben tesi, la destra, semplimente, poggiata al petto, ben stretta a pugno. Il chakra sospinto con una foga che mai ha sentito prima d’ora. Nemmeno nell’istante in cui, preda della rabbia, ha ucciso Kuugo, nemmeno quando ha posto fine alla vita della propria madre biologica, nemmeno quando si è teletrasportato dalla sua Mekura, una volta tornato alla vita dopo anni d’assenza. E la mente dovrebbe soffermarsi sul profilo delle dune sabbiose di Suna, quelle che conosce meglio e che, per anni, gli hanno fatto da abitazione. Oppure al covo dell’Akatsuki, che gli ha donato un posto nel mondo, un ruolo nell’Universo così caotico. Eppure a null’altro riesce a pensare che a lei. A Kaori. Iinvolontariamente ne traccia il profilo nella propria mente, mentre il chakra si riversa al di fuori dei punti di fuga per ricoprirlo in quel gesto così usuale, ma che tante volte lo ha portato lontano dai propri problemi o più vicino ad altri. Quella tecnica che, dal principio, li ha uniti e che continua a sorprenderla, a farle piacere ed è difficile, è impossibile non collegarsi automaticamente al sigillo che le ha posto dietro la nuca per, una volta che l’energia cerulea gli si fosse avvolta attorno, dislocarsi e- sparire. Sparire dal campo visivo della Hyuga. Sparire per la paura di essersi lasciato troppo andare, di aver perso troppo il controllo, ma- ma riapparirle alle spalle, per scorgerne il profilo della schiena, di quella nuca scoperta dalle ciocche dei capelli, dove campeggiano i sigilli che le ha impresso sulla pelle. Ci ha provato, ha provato ad andarsene, ma si è ritrovato lì. Di nuovo con lei. Ed il respiro si calmerebbe, le iridi tornerebbero alla loro naturale estensione, non più allargate da quel timore che lo ha coinvolto così visceralmente. Kaori sente di amarlo. Azrael sente di amarla. E, forse… forse va bene così. Forse è solo così che deve andare. Forse deve soltanto rassegnarsi all’idea che, pur tentando disperatamente di scappare, si ritroverà sempre a gravitarle intorno. A fluttuare attorno al centro del proprio Cosmo. E le si avvicinerebbe di un passo, ora. Quello stesso passo compiuto in precedenza per allontanarsi da lei, adsso compiuto per bruciare ogni tipo di distanza. Il capo chino, le labbra incurvate in un lieve sorriso. La rassegnazione c’è, ma v’è anche una divertita consapevolezza. Quella stessa consapevolezza che, adesso, altro non fa che far combaciare, in parte, le parole coi pensieri. < Anche- > “-io” < -tu. > Anche Azrael sente di amarla, urlano i pensieri. Anche ad Azrael lei piaace, mormorano basse le parole. E le mani andrebbero sulle di lei spalle, a sancire la propria presenza ancora effettiva anche col corpo, oltre che con le parole. La sfiorerebbe appena, tracciandone il cortorno delle clavicole con la punta delle dita, invitandola a girarsi con quel gesto. Lo sguardo a rialzarsi nel suo – se ne avesse la possibilità – quasi a domandarle scusa per quanto accaduto con gli occhi d’onice e velati di lucenti lacrime di dispiacere e gioia al tempo stesso. Dispiacere per aver minacciato di andarsene, gioia per essersi reso conto di non essere minimamente capace di farlo, neppur volendo. Come se dare un nome a quella cosa che stanno vivendo, come se definirla ‘amore’ avesse potuto cambiarla. No, non avrebbe ,ai potuto avere senso. Mai avrebbe potuto farli star bene. Nemmeno per quanto è radicata la malsana sensazione di farle del male con quella sua vicinanza, avrebbe potuto aver senso mandarla in pezzi allontanandosi. Sarebbe stato un insulto alle intelligenze ed ai sentimenti di entrambi. Uno sputar sopra a tutto ciò che stanno vivendo e costruendo. < Ti ho promesso che sarei tornato e ti ho promesso che l’ho fatto per restare. > Un lungo sospiro verrebbe preso, le mani a risalirle il collo fino a poggiarsi sulle sue gote, per accarezzarla come lei stava tentando di fare poco prima, in piccole e tenere carezze portate dal pollice sul suo zigomo. < E io mantengo sempre le mie promesse. > E non si appresterebbe a baciarla ancora, resterebbe solo dinanzi a lei, fragile e scoperto, a darle la possibilità di donargli la vita o togliergliela. Di continuare a far battere il proprio cuore o di arrestarlo una volta e per sempre. E non le parlerebbe nello specifico né di Fumiko, né di Yakumo, né di Raido e né – tantomeno – della missione. Solo loro due contano. Solo quel sentimento appena accennato, che adesso comincia ad avere una forma un po’ più precisa e definita. Ogni argomento ha una stretta correlazione con quel che stanno vivendo, a pensarci. Quella missione, non si sarebbe mai proposto, non si sarebbe mai arrogato il diritto di togliere la scena a qualcun altro, se non vi fosse stata la possibilità di portarla a compimento con la Hyuga. Non teme il Kakuzu in sé per sé, teme la possibilità che possa frapporsi tra loro due. Non ha nulla contro Raido e nessun collegamento con Fumiko, ma condivide sentimenti contrastanti unicamente perché sente e dà importanza a quelli di Kaori. E non si tratta di annullarsi, si tratta della primordiale volontà di darle e darsi altre due spalle su cui reggere ogni peso della vita. Delle vite di entrambi. Che siano essi sensi di colpa, esperienze traumatiche personali o oneri da Ninja. < E’ inesatto dire che quel che ho fatto a lui fosse solo frutto della mia ingenuità giovanile. Non è il passare degli anni che mi ha reso meno sciocco o perfetto, affatto. Io sono pieno di problemi, sbaglio di continuo. Mi lascio trascinare da istinti che non riesco a controllare e la cosa mi terrorizza. > La voce tenuta bassa, calda ed in parte colpevole e in parte divertita da quel suo stesso chiosare. Sta davvero dicendo a qualcun altro che Azrael Nara ha paura di qualcosa. Che il Dainin della Foglia ha dei punti deboli. < Ma ancor di più mi terrorizza l’idea che tutto ciò possa allontanarmi da te. Anche se, come vedi, non ho molta scelta. > La mancina le scosterebbe una ciocca ribelle di capelli dietro l’orecchio, ad incastrarla in quella sede con cura e dovizia. < Oh e… sento il dovere di avvertirti. > Il sorriso gli si allargherebbe sul volto, mostrando i candidi denti in un’espressione palesemente divertita e giocosa < Ti darà della puttana. Lo ha fatto un po’ con tutte. Anche con me, talmente tante volte che, ormai, neanche gli do’ più peso. In caso- evita di dargli fuoco. Lo farò io. > Ridaccherebbe, senza però lasciarsi troppo andare alla risata < Non tanto per l’insulto in sé, quanto per il fatto che ti accomunerebbe a tutti gli altri. Non potrei sopportarlo, insomma, tu sei- sei unica. > Terminerebbe dunque, voltando il capo ad esplorare la stanza, quel soggiorno in cui sono già stati diverse volte, soffermandosi sul tavolo su cui sono ancora poggiati i documenti inerenti alla missione. Una missione che, sì, è davvero una cosa di cui si interessa e si interesserà non appena avrà la forza di abbandonar la presa sulla Hyuga per dedicarti alle parole vergate su quei fogli, ma che non lo tengono impegnato molto a lungo, dato che le iridi tornerebbero immediatamente sul di lei viso, come a colmare quella mancanza durata per non più di un attimo, ma che gli è parsa fin troppo lunga e straziante. < Devo chiederti una cosa, Kaori. Una cosa che mi sta tormentando da quando abbiamo iniziato questo discorso, oggi. > Un discorso che li ha portati a dirsi che sentono di amarsi, o meglio, di piacersi. Certo, quelle sono state le parole che sono state pronunciate, che sarebbero state le uniche informazioni tangibili, se non avessero quel legame ad unire le loro menti. Un quesito che lo sta attanagliando dal profondo e che, spera, sia ugualmente caro ad entrambi. Prende fiato, il sorriso non abbandona il proprio viso neanche per un istante allo stesso modo in cui fanno gli occhi, ben piantati in quelli perlacei della Hyuga. < Vuoi- > Deglutirebbe rumorosamente, dopodiché acuirebbe il tono della propria voce, facendolo risuonare più alto, squillante, a far da contrasto all’intimità raggiunta sino a quel momento. < Vuoi spiegarmi chi accidenti gli ha dato quel nome? Sharper Hook! Per un pirata che uccide con l’uncino? Davvero?! Voglio sperare che non lo abbiate deciso voi per identificarlo, ma che se lo sia dato da solo, almeno! > E solo allora scoppierebbe in una fragorosa risata a pieni polmoni, che mostrerebbe quel suo lato più divertito, più umano e che – spera – smorzerà la tensione che, tra i due, si stava facendo fin troppo pressante. Fin troppo complicata per due anime che, naturalmente e semplicemente, null’altro hanno fatto che confessarsi i propri, folli, sentimenti. [ Chakra ON | Dislocazione Istantanea Superiore ]

19:11 Kaori:
 Una crepa sottile che dal centro esatto del cuore di Kaori va diramandosi lungo la sua intera figura. Una ragnatela di mezze linee d'argento che dall'epicentro di quella botta vanno distendendosi verso ogni più distante parte di sé. Come fosse fatta di fragile cristallo, Kaori, si spezza. Crepe frastagliate e profonde si disperdono lungo il suo corpo andando a frantumare ogni sua certezza, ogni suo pensiero. Le molecole che compongono ciò che lei è si allontanano e disperdono come se fosse fatta d'acqua, una massa informe che, ancora, s'agita, destabilizza ed evapora. Kaori svanisce e tutto si gela attorno a sé. I pensieri di Azrael sembrano quasi promettere speranza prima che il silenzio vada a frapporsi violento fra i suoi pensieri e la mente della Hyuga non lasciando altro che un arido tacere quasi assordante attorno a loro. L'energia che fino a quel momento ha pervaso le mani ed il corpo del Dainin svaniscono come risucchiate via dalle parole che Kaori ha pronunciato e le mani del Nara vanno ricadendo come morte lungo i fianchi abbandonando la presa sul fianco e sulla mano della ragazza. Sembra quasi inanimato, spento dinnanzi a lei, incapace di dire qualsiasi cosa. Ci prova, osa, lasciando scivolar via dalle rosee una parola stentata che tuttavia gli muore sulle labbra mentre il suo corpo reagisce d'istinto al movimento della special jonin; come Kaori tenta di sfiorarlo, ecco che Azrael indietreggia allontanandosi da lei di un passo soltanto. Un movimento da nulla, neppure una vera e propria distanza a separarli, ma sufficiente a cambiare ogni cosa. Sufficiente a paralizzarla sul posto, sufficiente a spegnere quella scintilla che fino a quel momento le aveva animato lo sguardo, il cuore. Una distanza facilmente colmabile, è ancora perfettamente raggiungibile se solo la ragazza avesse disteso il braccio ancora un po' più in là. Ma è dalla sua anima che si sta distanziando in questo momento. Non dal suo corpo, non dalla sua mano, dal suo intero essere che sta tentando di trovar una via di fuga. E fa straordinariamente male. L'aria svanisce dalle labbra della Hyuga che si ritrova a sentire lo stomaco chiudersi improvviso, la gola stringersi fino a farle bruciare i polmoni rimasti vuoti. Le iridi si dilatano appena, vuote, spente di ogni scintilla di energia che possa mai averle animate fino a quel momento. Sente il cuore contrarsi dolorosamente nel petto, le labbra a tremare incapaci di raccogliere aria mentre, per la prima volta in tutta la sua vita, Azrael si allontana da lei. Azrael che le è sempre comparso alle spalle. Azrael che l'ha sempre sorpresa comparendole accanto con un sorriso sulle labbra ed un dono inaspettato. Azrael che di notte le giunge al fianco solo per lasciarle un messaggio od una elaborata colazione. Azrael che è appena tornato. Azrael che ha promesso di restare. *Le* ha promesso di restare. "Ho rovinato tutto." Nell'improvviso e denso silenzio venutosi a creare nella mente di Kaori, questo è l'unico pensiero che trova forma. La sua mente sempre stata un marasma confuso di parole, sentimenti e pensieri, è adesso una tela nera priva di colore. Nessuna immagine a poter descrivere ciò che sta provando, nessun suono, nessun sentimento. Parrebbe quasi che non vi sia alcun collegamento attivo con la sua mente, ma esso c'è, non ha mai cessato d'esser presente. Semplicemente non v'è nulla da leggere nella sua mente se non quella lampante e dolorosa consapevolezza che la porta semplicemente ad andare in pezzi. < A-Azrael-- > La voce esce flebile, rauca dalle sue labbra tremanti mentre le palpebre vanno abbassandosi ed alzandosi rapidamente in un moto involontario ed incontrollato atto a frenare e ricacciare indietro quelle lacrime che salgono istantanee agli occhi. Non se ne accorge, non si avvede del velo opaco che si alza dinnanzi le iridi perlacee, non nota come tutto adesso non sia altro che una strana fusione di macchie colorate e poco definite, non si accorge del bruciare delle lacrime sotto le ciglia. Ha gli occhi aperti ma non vede nulla dinnanzi a sé, spenta quasi come fosse una bambola inanimata privata del carburante che fino a quel momento aveva mosso i suoi passi. <--Mi..> "Dispiace" vorrebbe dire. Mi dispiace per averti spaventato. Mi dispiace per aver corso. Mi dispiace per non aver saputo rispettare i tuoi tempi. Mi dispiace per averti messo a disagio, in imbarazzo. Mi dispiace per aver dimenticato- per un istante soltanto, che nel tuo cuore ancora batte dolorosamente il ricordo di Mekura e dei suoi baci. Vorrebbe dirlo. Vorrebbe che queste parole trovino la loro strada verso di lui, ma non ce la fa. La voce le muore in gola, l'aria filtra a stento fino ai polmoni sufficiente appena per concederle un respiro corto ed incerto. Vorrebbe davvero scusarsi, rimangiare quelle stupide, maledette parole ma-- non può. E, forse, una parte di lei non lo vuole davvero. Una parte di lei è felice, convinta che non poteva accadere altrimenti. Erano giorni che sentiva premere contro le labbra il bisogno lancinante e soffocante di dirgli ciò che realmente prova per lui. Sono giorni che combatte con il bisogno pressante di dirgli quanto profondamente le sia entrato dentro. E questa sera non ce l'ha fatta, non ha potuto trattenersi ancora. Non è riuscita a resistere a quella liberatoria prospettiva di aprirgli il proprio cuore. Sapeva che farlo avrebbe potuto portare a questa conseguenza. Sapeva che dirglielo avrebbe rischiato di cambiare tutto, di farlo fuggire. Lo sapeva eppure scopre adesso, Kaori, di non essere minimamente preparata all'idea di vedere Azrael allontanarsi da sé. Fa male. Fa tanto male da farla sentire morire, tanto male da far sì che ogni cosa attorno a loro perda d'importanza. Le mani che fino a quel momento aveva tenuto a mezz'aria nel perdere la presa sul corpo del Nara, ricadono esanimi lungo i fianchi in un sinistro dondolare silenzioso quando il Dainin mormora una patetica scusa per allontanarsi da lì. Da lei. Una nuova contrazione al cuore che le fa sentire il sangue ribollire nelle tempie, può sentirlo correre nelle orecchie in uno sciabordio spacca timpani. Sente il viso bruciare eppure, al contempo, non ha mai sentito così freddo. Le sue mani sono gelide, sente il petto freddo come la pelle d'un corpo pronto ad essere aperto sul tavolo operatorio dell'obitorio. Sente le gambe molli, il mondo girare attorno a lei mentre Azrael, semplicemente, svanisce. In un istante non è più lì e Kaori è sola. "No." Il cuore si contrae a più riprese nel petto, le lacrime trovano via libera lungo le gote arrossate e gli occhiali si bagnano di quelle gocce salate. "No." Un verso strozzato le sale alla gola mentre la mancina sale tremante alle labbra per coprirle con le dita ben distese, la destrorsa a chiudersi sul petto stringendo il tessuto soffice dello yukata sotto le dita. "No." E rimane immobile, sul posto, col respiro rotto e corto a mozzarsi in gola, a scuoterle le spalle, liberandosi a metà in versi strozzati e spezzati. Le sembra di sentire la terra mancarle sotto i piedi, di sentire una voragine senza fine aprirsi sotto di sé inghiottendola in una caduta senza fine. Un precipitare che la porta a cadere ad una velocità sempre maggiore, sempre più elevata, in un abisso oscuro e senza nome. Da sola. Ora che credeva che sola non lo sarebbe stata mai più. Ed è proprio questo, forse, a rendere ancora più distruttivo questo momento. Neppure quando Raido l'ha lasciata Kaori si è lasciata abbattere così. La sua vita non aveva cessato d'avere senso, il mondo non aveva smesso di girare sul suo asse. Aveva fatto male, si era sentita privata di una parte di sé, del futuro e delle speranze che aveva conservato nel suo cuore. Si era sentita derubata dei sogni che aveva creato per sé e per il suo domani ma non era crollata. Non si era arresa, non aveva smesso di combattere. Adesso, invece, tutto le sembra star perdendo di senso e significato. Abbandonarsi all'abbraccio, ai baci di Azrael aveva voluto dire per lei tornare a respirare dopo mesi trascorsi ad annaspare, col viso a metà immerso in una fanghiglia densa e soffocante e le labbra che solo a tratti le permettevano di inalare aria fresca quando riusciva a portare il capo al di fuori delle acque nelle quali stava annegando. Ma adesso lui non c'è più, l'ha allontanato e lei si sente trascinare nuovamente giù verso quel fondale dal quale si era tenuta a stento lontana. Adesso che aveva scoperto cosa voleva dire respirare a pieni polmoni, vivere serenamente con la gioia nel cuore dopo il risveglio al mattino, come poteva tornare alla grigia esistenza dalla quale lui l'aveva strappata senza sentirsi morire dentro? Come poteva semplicemente pensare di poter sopravvivere senza più sperare nell'improvvisa comparsa del Nara alle sue spalle? Questo pensiero la colpisce allo stomaco come un ferro arroventato che le trivella la carne. Non avrebbe più sentito il calore di un suo abbraccio. Non avrebbe più sentito la morbidezza delle sue labbra, la strana sensazione della sua lingua alla quale manca quel pezzetto sulla punta che le ha sempre fatto il solletico. Non avrebbe più potuto chiedergli cosa gli sia successo o se semplicemente sia nato così. Non potrà più addormentarsi sul suo petto cullata dal battito accelerato del suo cuore e dai suoi respiri pesanti dovuti al sangue che corre furioso nelle vene dopo averla amata per ore. Non gli avrebbe mai detto che lo ama. O che, comunque, crede di amarlo. Non potrà fare nulla di tutto ciò, perchè Azrael se ne è andato e lei l'ha cacciato via. Cosa si aspettava che facesse? Come poteva aspettarsi qualcosa di diverso? Come poteva credere che sarebbe rimasto dopo avergli detto di star innamorandosi di lui? Innamorata... dopo una sola manciata di giorni. Innamorata, come se si fossero vissuti per anni. Innamorata, esattamente il modo in cui si sente ogni volta che pensa a lui, ogni volta che lo ha attorno pronto a cingere i suoi fianchi con un braccio, pronto a baciarla per mettere a tacere una sciocca paura o una folle preoccupazione. Ma è davvero così assurdo che lo ami...? E' davvero così impossibile pensare che possa provare qualcosa di tanto profondo per lui solo perchè l'ha avuto accanto per una manciata di giorni appena? Non può forse credere di averlo vissuto più di qualcuno che magari accanto gli è stato per anni senza mai aver potuto vedere il Demone nascosto dietro il cancello nella sua testa? Senza aver mai saputo cosa sua madre aveva osato fargli? Non è forse possibile credere che pochi giorni bastino perchè i suoi sorrisi, i suoi gesti, le rimangano marchiati a fuoco nel cuore? Serve davvero un determinato periodo di tempo per amare qualcuno? Perchè, Kaori ne è certa, non è il tempo a far innamorare, ma le persone. Può essere un sorriso, può essere un abbraccio, il silenzio di un dolore condiviso e portato insieme così da non crollare. E allora-- è davvero sensato incolparsi per avergli voluto dire quanto importante sia divenuto per lei? Quanto fortemente desideri rimanergli accanto? Ha davvero sbagliato a dirgli che del suo cuore, lui, sta divenendo Re e sovrano? Non lo sa, non riesce a pensare lucidamente, ma ormai neppure importa. Azrael, apparentemente, non desiderava sentirlo. Non desiderava che lei provasse questo. Azrael non c'è. E lei muore un po' per volta. Non si avvede di nulla mentre le lacrime scorrono e l'aria sfugge dalle sue labbra, neppure di quel passo alle sue spalle fatto per bruciare la distanza col suo corpo. Non si rende conto di quel suono appena percepibile dei tacchetti delle scarpe del Nara sul pavimento, della presenza del suo corpo alle sue spalle. Solo quando la sua voce la raggiunge Kaori si ritrova a rialzare il capo sgranando gli occhi, le mani ad unirsi dinnanzi alle labbra con fare incredulo, mentre avverte le sue mani calare sulle sue spalle e quelle parole rispondere in qualche modo a quanto lei gli ha detto poco prima. Mentalmente e non. Sente il cuore tremare, la paura di poter davvero credere al suo dire, e la pressione delle sue mani ad incitarla a girarsi. Si volta con le mani a muoversi tremanti per sfilarsi gli occhiali e poter vedere, attraverso le lacrime che offuscano la sua vista, il volto di Azrael chino verso di lei, lo sguardo a sua volta umido di un dispiacere appena accennato per quanto successo. Azrael è lì. Con lei. Azrael è lì e lei non sa se può concedersi davvero di abbandonarsi a quella gioia o se dovrebbe cercare di difendersi finché ne ha ancora la possibilità. Sente le sue mani risalire verso il proprio viso, le sue dita carezzarle le guance, la sua voce raggiungerla bassa e calda strappandole parole che non sa consciamente di star per dire. < Ho paura. > ammette totalmente travolta dal momento, col fiato corto e la voce spezzata, il cuore a contrarsi ancora ed ancora, dolorosamente, nel petto, portandola a tremare- fragile, sotto le dita del Nara. < Tu- sei sparito per un istante. > mormora Kaori con le palpebre tremanti, le ciglia umide di lacrime che sembrano essersi fermate. < Sei andato via solo per un istante ed io-- > "-sono sparita con te." Vibrano le labbra mentre boccheggia incapace di rendere in parole quel concetto che le rimane strozzato in gola, lasciando scivolare una nuova lacrima lungo la guancia. < Cosa-- mi hai fatto...? > domanda con tenero spavento lasciando cadere gli occhiali che aveva in mano per terra e portando le dita a stringersi sul tessuto scuro della sua maglietta, all'altezza del petto, le dita a risultare gelide anche nonostante la presenza del tessuto a dividere la loro pelle. Ne ricerca lo sguardo perdendosi in quei pozzi scuri come se fosse l'ultima volta che ne ha occasione, come se volesse memorizzare nei suoi ricordi ogni dettaglio del suo viso nel timore che da un momento all'altro possa svanire una volta ancora. < Azrael... > Quasi una supplica quella che scivola via dalle sue rosee in un suono sottile e delicato, un soffio che si disperde nel silenzio di quella stanza senza un reale motivo d'essere. "Azrael" ripete, nella sua mente, come se volesse convincersi che è tutto vero, reale. Che lui è ancora lì, dinnanzi a lei, fra le sue mani. E lo è. Azrael è davvero tornato, è davvero con lei e cerca di darle nuovi pezzi di sé raccontandole scorci di un passato ancora attuale, che sembra volersi abbattere nel suo presente una volta ancora nelle sembianze di uno Yakumo ferito dalla perdita del ragazzo che ha amato. Kaori ascolta quanto il Nara le dice e si ritrova a sorridergli con gli occhi ancora umidi di lacrime sebbene queste abbiano smesso di fluire dai suoi occhi nel momento in cui il ritorno dello shinobi l'ha tranquillizzata. < Hai sbagliato. Sbagliamo tutti. > dice la ragazza tirando su col naso, deglutendo. < Sei umano, Azrael. Nessuno pretende che tu non lo sia. > Non vuole né può dirgli che non è colpa sua, che non ha fatto nulla di male. Ha ferito una persona, ne ha tradito la fiducia, il sentimento che avevano condiviso: non può ignorare quanto successo solo per confortarlo come se non capisse già da solo la gravità di quanto ha fatto. Tutto ciò che può fare nel pieno rispetto della sua intelligenza è offrirgli comprensione e-- perdono. Per quanto non è da lei che questo dovrebbe arrivare, per quanto lei non c'entri affatto in questa storia, sente che è tutto ciò di cui il Nara abbia bisogno in questo momento. Perdono. Sorride, Kaori, quando il ragazzo le sistema una ciocca di capelli dietro l'orecchio andando ad inspirare piano con le guance umide di lacrime. < L'unica cosa che può allontanarmi da te sei tu. > mormora lei puntando le iridi perlacee in quelle scure di lui, seria. < Basta una tua parola e ti lascerei libero. Ma-- se dovessi volere che- che io resti... allora non c'è modo alcuno che io me ne vada. > annuisce piano, Kaori, stringendo le labbra, osservandolo, mostrandogli la sincerità delle sue parole attraverso i limpidi specchi di perla incastonati nel suo viso. E quindi Azrael cerca di avvisarla, di informarla su alcuni atteggiamenti tipici del chuunin nei riguardi di chi si è ritrovato al fianco del Dainin dopo di lui portandola a sorridere con fare appena divertito. < Sono-- piuttosto sicura che ci penserà due volte prima di volermi far arrabbiare. > mormora lei ricordando l'espressione basita e spaventata del ragazzo nell'assistere all'esplosione del suo jutsu di fuoco di pochi giorni prima. < Unica... > ripete Kaori carezzando quella parola con la lingua, ammorbidendo l'espressione con tenerezza nel ripetersi mentalmente il dire di Azrael. Il pensiero la scalda, l'avvolge, facendola sentire confortata dopo il grande spavento di poco prima, chiedendosi se davvero una ragazza semplice e banale come lei possa essere così unica come crede lui. Non lo sa, non ne è sicura, ma finché Azrael lo crede allora si sente felice. Il ragazzo lascia quindi vagare lo sguardo per la stanza per pochi secondi prima di tornare a guardare la special jonin pronunciando parole che la portano ad inarcare di poco le sopracciglia con fare perplesso e decisamente sorpreso. < Uh? > Inclina il capo confusamente perdendosi nel sorriso giocoso e divertito che l'altro mostra sulle labbra udendo quindi infine quella domanda giunta decisamente inattesa. Schiude le labbra con sorpresa mentre il silenzio cala pesante nella camera per un lungo momento, spezzato solamente nel giro di pochi secondi dalla risata di entrambi. Sia Azrael che Kaori scoppiano a ridere nello stesso momento, divertiti, ragazzini che si perdono in un semplice attimo di leggerezza dimenticando per un infinito istante i dolori e le ingiustizie del mondo. Kaori ride piegando appena il busto, la mancina a salire alle labbra per coprirle, la destrorsa a portarsi sull'addome mentre la voce esce chiara e forte in quel ridere aggraziato, controllato, estremamente femminile e delicato. Snuda i denti dietro le dita ritrovandosi a sentir svanire la risata nel giro di poco, scuotendo piano il capo con leggerezza alla volta del Dainin. < Ma di tutto quello che potresti chiedermi, proprio del nome ti interessa? > replica lei divertita portando ora le mani sui fianchi, con l'espressione giocosa a rendere meno evidenti le tracce delle lacrime sotto gli occhi. < E comunque puoi sempre chiederglielo tu stesso quando lo affronteremo. Magari prima di catturarlo riuscirai a deriderlo un po' per la sua poca fantasia. > ridacchia, Kaori, alzando gli occhi al cielo con finta esasperazione, scuotendo il capo. Si sente di nuovo leggera, di nuovo in forze mentre poco a poco la paura abbandona il suo cuore e va asciugandosi le palpebre con una mano tirando su col naso i residui di quel pianto ormai passato. Si sente un po' sciocca per quella reazione così violenta di poco prima, soprattutto perchè non voleva davvero che Azrael potesse vedere una simile espressione sul suo viso, ma ora si sente più tranquilla, più serena grazie alla sola presenza dell'altro al suo fianco. Si ritrova ad espirare piano, alleggerita di un enorme peso sullo stomaco, guardando il ragazzo negli occhi, cercando di far scivolare le proprie mani a cercare quelle di lui. Tenterebbe di andare a porre le dita su quelle del Nara nel desiderio di intrecciarle alle proprie e portarne i dorsi alle labbra. Chinando il capo andrebbe a chiudere gli occhi soffermandosi per un lungo momento a baciare i suoi dorsi con dolcezza. Permarrebbe -se lui avesse concesso- con le labbra schiuse contro la sua pelle incurante della situazione forse scomoda ed imbarazzante attorno a loro. Incurante del silenzio che li circonda, del fatto che Azrael la stia osservando. Si abbandona alla consapevolezza di averlo nuovamente con sé, nuovamente accanto. Si crogiola per un lungo istante nella consapevolezza di non essere sola. Di non esserlo stata davvero neppure poco prima. Si rassegna all'idea di avergli donato il proprio cuore senza neppure rendersene conto andando solo a quel punto ad alzare il capo per cercare una volta ancora le iridi scure di lui. < So che-- sei qui. > mormora lei con le gote a tingersi appena di rosso, le labbra a fremere appena in una sottile forma di tenero imbarazzo. < So che-- non sparirai di nuovo ma... > Il cuore le si agita in petto mentre quella richiesta diviene per lei un asfissiante bisogno. "Potresti--" No. "Per favore--" No. "Mi piacerebbe--" I suoi pensieri si aggrovigliano, confondono e sovrascrivono a vicenda mentre cerca il modo migliore per esporre i propri pensieri, ritrovandosi alla fine ad inspirare e deglutire silenziosamente acquistando nuovo coraggio. < --Baciami, Azrael. > E, col cuore a tremarle fragile nel petto, si ritroverebbe infine a sentir sfumare via da lei ogni energia. Le gambe si fanno nuovamente leggere, la testa sospesa a galleggiare in un oceano di pensieri sconnessi e l'unica certezza che ha al mondo è il bisogno soffocante di nutrirsi ancora dei suoi respiri, vivere della sua aria, della vita che Azrael soltanto è in grado di donarle con un semplice bacio. [Chakra: on]

11:36 Azrael:
 Ed è nel vedere quella reazione, nel otare gli occhioni della Hyuga, splendendi e luminosi di energia e divertimento, rilucere adesso unicamente di lacrime disperate. Di piccoli frammenti salati che le sfuggono senza controllo dalle palpebre pesanti e stanche, come ad esternare con una reazione fisica l’infrangersi stesso della sua anima e del suo cuore, beh- è proprio nel vederla in quello stato che Azrael sente – SA – che non ha più intenzione di vederla così. Dispiaciuta per un sentimento che, da definizione, dovrebbe portare gioia. Il bene di qualun altro. È bene, quel che le ha fatto? No, per nulla. Sta piangendo. La mente è priva di quel marasma di pensieri e percezioni contrastanti che la tengono viva, che lo hanno fatto – a propria volta – cadere in tutto quel che poi li ha portati fin qui. È bene quel che potrebbe farle? Forse no. Ma—come potrebbe, andando contro tutto ciò che ha logicamente un senso, ferirla per la paura stessa di ferirla? Sarebbe stupido, sarebbe sciocco, sarebbe illogico. Non sarebbe da Azrael Nara, insomma. Un uomo che, anche solo per il cognome che porta, tutto può mostrarsi fuorché privo di intelligenza e raziocinio. Un raziocinio che non ha potuto che recuperare nell’istante in cui ha preso consapevolezza che, per quanto avrebbe voluto scappare, dislocarsi in un qualunque punto dell’Universo a lui conosciuto, lontano da tutto e tutti, si è semplicemente ritrovato lì. Alle spalle di Kaori. Come ha fatto così tante volte negli ultimi giorni, al punto tale da doversi concentrare maggiormente nell’atto di utilizzare quella particolare tecnica di trasporto – di teletrasporto, se vogliamo – per giungere in luoghi o da persone che non fossero lei o casa sua. Un impulso ben più forte di qualunque altro abbia mai provato più irresistibile persino di quel bruciore sottopelle che gli si ocalizza sul petto, laddove il marchio lo deturpa, quando è arrabbiato. Più forte di qualunque impulso fisico, dettato da una passione incontrollata ed incontrollabile. Più forte dell’impulso che lo porta a far del male, ad esercitare il proprio potere ed il proprio controllo su di un individuo inerme, fissato alla propria sedia da tortura, implorante di pietà e compassione. E si sente colpevole quanto mai si è sentito in ogni atto della propria vita. Colpevole dell’atto che sente più bestiale, che mai avrebbe voluto compiere, per il quale ha più volte pensato di raggiungere Kiri alla ricerca dell’uomo che, prima di lui, ha rinunciato all’essere – per l’appunto – uomo, in favore di istinti ben più animaleschi. L’ha fatta piangere. Le ha tolto il sorriso. Ha spento quelle due meravigliose perle, risucchiando da loro la vita e l’energia per lasciarli lucidi di tristezza e disperazione. Ed è, ancora ua vlta, nel rendersi conto di quanto sia stato autore di quell’infausto avvenimento che- che se ne innamora ancora di più. Con certezza ancora maggiore. È con quelle parole che sente di essere davvero importante. Più di quanto abbia fatto salvando la vita degli abitanti di Konoha, più di quanto abbia fatto nell’essere nominato Dainin del Villaggio della Foglia, più di quanto abbia fatto capeggiando le armate degli ANBU. È nel poter scorrere i pollici sul suo candido viso, nel poter percepire l’asciugarsi di quelle lacrime sotto i propri palmi, nel poter riaccendere il suo sguardo ed il suo sorriso, che si sente davvero importante. Che si sente davvero, davvero bene. Le parole di Kaori gli giungono all’udito ed i suoi pensieri si fanno spazio nella propria mente. Pacati, ma intensi al tempo stesso. Tanto da lasciarlo silente ed in ammirazione per quei brevi istanti in cui la Hyuga comunica con lui con ogni mezzo a loro disposizione. Col linguaggio del corpo, con la voce e con l’empatia. E non vi sarebbe connessione più forte, se due non fossero legati ancora più saldamente da quel sentimento che – dannato e benedetto al tempo stesso – sta dando loro molto da pensare ultimamente. “Non so cosa ti sto facendo e non so quel che tu stai facendo a me, ma- ti prego, non smettere.” Sarebbe solito pensare o dire un egocentrico ‘Non lo so, faccio questo effetto’, ma nella confusione del momento, nell’atto di – davvero – non capire cosa stia succedendo ad entrambi, non può che essere trasparente. < Ho paura. > Ripete con lei, sottovoce. E non c’è qualcosa di più sincero e intimo che potrebbe comunicarle in quel momento. < Quale uomo non ha paura dell’ignoto, dell’incerto. > Prosegue col proprio dire appena appena sussurrato, quasi a non voler interrompere quell’equilibrio che gravita attorno alle loro figure così vicine. < Ma- è proprio questo il punto… accanto a te. Con te. > Un flebile sorriso gli smuove appena le rosee e le palpebre si abbassano impercettibilmente sugli occhi scuri, appesantite dall’intensità di quel che sta prounciando, seppur senza fatia alcuna < -mi sento un Dio. Tu mi fai sentire uomo come mai prima d’ora ed al tempo stesso vicino all’essere una divinità, capace di qualunque cosa, finché ti tengo stretta tra le braccia. > Potente, inarrestabile e superiore a qualunque difficoltà della vita. Solo perché è riuscito a farla sorridere di nuovo, a strapparle quella risata che, cristallina, gli giunge all’orecchio. < Persino io avrei paura di farti arrabbiare, sai? > Soffia via un risolino leggero, che gli smuove il petto più che le labbra < Mi dai l’idea di qualcuno che non è consigliabile aver contro. E spero vivamente che Yakumo no decida di darmi informazioni al riguardo. > Che non la faccia irretire, insomma. Potrebbe essere sconsigliabile ritrovarsi una fenice di fuoco ad una distanza tale da poterne percepire l’immenso calore contro il viso. Ma l’argomento si esaurisce ben presto in quella richiesta. Quel non saper chiedere, da parte di Kaori, un semplice bacio. Ed il modo in cui lo fa, quell’urgenza che avverte nella voce della Hyuga, in un misto di preghiera ed ordine non può che incupire le iridi color pece del Dainin, che rapidamente risalirebbe con le mani il di lei viso, fino ad intrecciare le dita dietro la nuca, a sfiorarle i capelli. Ed, infine, senza attimi di pausa o di riflessione, ma spinto semplicemente dall’istinto che poco prima gli intimava a gran voce di scappare, annullare quella minima distanza che vige tra i due nell’accettare quella proposta. Un bacio vorace, affamato e famelico. Pregno di dolcezza, certo, ma che vorrebbe sfogare in quel cotatto un bisogno che, ferino, gli strazia anima e mente. “Resta. Resta con me, Kaori. Resta. Con. Me.” Sarebbe capace di pensare solo quello, nello stringere le unghie tra i capelli di lei, nella carne che è appena sottostante all’attaccatura degli stessi, nel cercare di lambire il di lei labbro inferiore coi denti, quei canini affilati che quasi vorrebbero saggiarne il sapore. Qualche attimo, qualche lungo attimo, prima che i pensieri inizino a vagare verso pensieri sicuramente meno professionali di quelli di cui vorrebbe trattare attualmente e, quindi, onde evitare che, alla fine, tali istinti possano prendere il sopravvento, se ne separerebbe, lasciando unicamente lo schiocco di un bacio ben più casto. Il fiato gli sarebbe corto, a scontrarsi tra le arcate dentali in qualche breve e basso ringhio, palese nello sguardo lo sforzo di concentrarsi su un argomento che, andando di questo passo, non affronteranno mai. La missione. < H-hai detto che dobbiamo catturarlo, non ucciderlo, giusto? > Piuttosto incerte uscirebbero quelle parole, richiamando il discorso compiuto dalla Hyuga poco prima. L’idea non lo esalta di certo. L’euforia di un scontro all’ultimo sangue gli avrebbe certamenre fatto piacere. È tanto che non percepisce l’adrenalina d uno scontro, il piacere di straziare un corpo, di portarlo ad esaurire il respiro ed il battito cardiaco, di vedere la vita spegnersi lentamente negli ultimi attimi in cui l’altro ha solo la possibilità di spirare e di scegliere con accuratezza le ultime parole che la gola sarà in grado di partorire. < I-in effetti… > Si schiarirebbe la voce, scioglendo l’intreccio dalla nuca di Kaori con un moto meccanico e forzato, inspirando forte dalle narici e gonfiando il petto nel – forse vano – tentativo di darsi un contegno, di pensare e di non farsi annullare dal desiderio di perdersi nuovamente in lei. < In effetti ci sono cose più importanti che dovrei chiederti. > Farebbe un passo indietro, stavolta per voltare il busto verso il tavolino su cui sono poggiati i documenti. Incrocerebbe le gambe, mentre è ancora in piedi, per poi lasciarsi andare a terra, in quella che non è roppo dissimile dalla posizione del loto usata per la meditazione. < Non ho portato i miei occhiali, se ti siedi qui, accanto a me, magari potremmo parlarne e- uhm- > Permarrebbe con lo sguardo fisso su quei fogli di cui non vede le scritte non per la mancanza degli occhiali, ma perché non è per nulla concentrato sugli stessi, bensì sulla sua donna. < Magari non troppo vicino, insomma. Ci tengo davvero a parlarne e tu- tu i distrai. > Si lascerebbe andare in una risata di puro imbarazzo, comunicandole a voce quello che, con semplicità, lei potrebbe vedere se anche solo scorgesse qualcuno dei propri pensieri superficiali. < Anzitutto io- non so cosa sai fare. Non so in cosa sei specializzata, né i tuoi elementi e tantomeno il tuo stile di combattimento. > Terminerebbe, prendendo grandi boccate d’aria, intimandosi da solo a mantenere un certo comportamento professionale, per quanto sia molto, molto difficile. [ Chakra ON ]

12:36 Kaori:
 E' tutto così strano. Azrael è di nuovo lì e con la sua sola presenza è riuscito quasi a cancellare dalla mente della Hyuga il dolore che improvviso l'aveva colta nel momento stesso in cui era svanito dalla sua vista. Kaori si rende conto, semplicemente osservando l'altro, di come il Nara sia capace di innalzarla fino a sfiorare il sole o di scaraventarla nel più profondo baratro. Gli basta il semplice atto di esistere o non esistere, di essere o non essere per fare di lei la creatura più immensa o la donna più misera. Ed è fottutamente terrificante. Quando gli ha donato questo potere? Quando si è impossessato della capacità di gestire il suo benessere? Quando è successo? Come? Kaori non sa spiegarselo, non sa neppure se effettivamente esista una reale risposta a queste domande eppure non si tira indietro. Forse persone ben più assennate e sagge di lei si sarebbero tirate indietro. Forse qualcuno con un po' più di amor proprio avrebbe deciso di prendersi il proprio tempo per tentare di gestire ciò che sta accadendo fra loro ed impedire che nelle mani dell'altro si venga a depositare il suo stesso futuro. Ma lei non lo sa. Non osa neppure prendere in considerazione l'idea di allontanarsi, di scappare. Di fuggire. Non ce la fa. Il solo pensiero torna a toglierle il respiro risultando per lei insopportabile ed insostenibile. Ha *bisogno* di lui. E non può più nasconderlo. Avverte la tenerezza delle sue dita nell'andare ad asciugare le lacrime che hanno solcato le proprie gote e si sente rassicurata e rigenerata ad ogni tocco. Avverte le guance leggermente impastate del sale contenuto in quelle gocce amare ed il calore delle sue mani sul viso, avverte il senso di leggerezza ad ogni lacrima scacciata. Avverte la presenza di Azrael attorno a sé e, semplicemente, sorride. "Non posso smettere di fare qualcosa che non so di star facendo..." risponde mentalmente con quel sorrisetto tenero, innocente, rassicurata e rasserenata dall'udire quelle sue parole. E si schiudono le labbra quando la voce di Azrael sfugge, concreta, dalle sue labbra. Quell'ammissione bassa, flebile, atta quasi a non voler trovare altro destinatario che lei nonostante i due siano soli in casa. Chiosa lento, cadenzato, con quella voce roca e calda che Kaori ha sempre trovato piacevole ed avvolgente. Le apre il proprio cuore, le sorride e la porta ad avvertire quella nota sensazione di calore al petto mentre quelle parole la raggiungono. Si sente realmente importante per lui, si sente preziosa, si sente--inestimabile e al tempo stesso infinitamente fragile, come potesse andare in pezzi in un secondo per via di quei sentimenti che- troppo ingombranti, minacciando di farla esplodere in miriadi di frantumi da un momento all'altro, troppo estesi per venir contenuti in quel misero contenitore di carne e sangue. < Con me-- puoi essere ciò che desideri. Uomo. Dio. Ragazzo. Bambino. > chiosa lei, lentamente, specchiandosi nelle pietre d'onice altrui tenendo dolcemente le sue mani nelle proprie, carezzandone i dorsi con i pollici in quel lento e tenero prendersi cura di lui. < Voglio che tu ti senta libero di essere qualunque cosa tu ti senta di voler essere. Qualunque tipo di Azrael tu possa mostrarmi-- mi piacerà. > mormora con dolcezza distendendo le labbra verso l'esterno in un moto appena accennato, intimidito, distorto appena da quel desiderio che dentro di lei si fa sempre più esigente e bisognoso. Ride appena, con fare sommesso, quando il Nara fa quell'osservazione su di lei e la sua forza e si ritrova a schioccare la lingua contro il palato in un improvviso attimo di leggerezza. < Beeeeh, diciamo che se sono diventata Consigliera non è principalmente per le mie doti strategiche, suppongo. > ridacchia divertita prima di illuminarsi e riprendere rapidamente parola. < No, ecco, ecco, mettiamola così. > continua di gran fretta schiarendosi quindi la gola. < Diciamo che in uno scontro uno contro uno sono riuscita a colpire Hitomu. > rivela con una certa dose di orgoglio e fierezza prima di schiarirsi la voce e quindi farsi leggermente più piccola. < --prima di perdere malamente. Ma, insomma: l'ho colpito davvero! > chiarisce per amor di giustizia cercando comunque di convincersi che nonostante la sconfitta l'essere stata in grado di ferire il proprio Hokage è comunque un gran traguardo. Ma quell'attimo di leggerezza svanisce in poco tempo perchè la tensione di quella conversazione è ancora presente attorno e dentro di lei. Sente una fastidiosa distanza fra lei e il Nara che vorrebbe cancellare con la concreta prova che l'altro sarebbe rimasto. Che non l'avrebbe più perduto, che è lì. Con lei. *Per* lei. E dunque glielo chiede. In un tono che è sia supplica che comando, gli chiede di baciarla, di amarla ancora per cancellare il ricordo di quella brevissima ma spaventosa separazione che per un solo attimo le aveva fermato il cuore. Glielo chiede ed Azrael si ritrova improvvisamente a mostrarle quel suo sguardo profondo. Le iridi farsi più scure, quasi illuminate di una fiamma nera che brucia e divora ogni cosa. Le sue mani scivolano calde, grandi dietro la nuca impedendole di sfuggire a quel momento. E dunque i loro volti s'incontrano e le loro labbra si cercano in un bacio che sa di bisogno ed esigenza. Un bacio a labbra schiuse dove i loro respiri si perdono e confondono in un basso e roco ansimare. Un bacio atto a toglierle il respiro e ridonarle aria al tempo stesso mentre si nutre del fiato del Nara. Le mani di lei andrebbero a stringersi sui suoi bicipiti, al di sotto della giacca poggiata sulle spalle, le punte dei piedi a sollevarsi per portarla a spingersi ancor più verso di lui, bramosa di quel contatto, di quella vicinanza, di quel bacio. E avverte nitide le parole di Azrael nella propria mente, quell'ordine, quella richiesta. Quel bisogno. E adorante, devota, *serva*, non può fare a meno di perdersi in quel contatto ansimando nel sentire il proprio labbro inferiore prigioniero dei denti altrui. "Non ho altro posto al mondo dove vorrei stare." pensa lei col respiro corto, una scarica di fuoco a divamparle dentro mentre la situazione inizia a farsi-- bruciante. Ed Azrael lascia la presa, le lascia quell'ultimo tenero bacio scostandosi da lei per riprendere il controllo, per schiarirsi la voce con fare imbarazzato, teso, cambiando repentinamente discorso. Kaori rimane un istante imbambolata, ancora ad occhi chiusi, crogiolandosi nelle ultime sensazioni lasciate da quel bacio prima di aggrottare le sopracciglia e balbettare uno stupido < C-che? > Riapre gli occhi seguendo lo sguardo altrui verso il tavolo ritrovandosi a capire di cosa stia parlando tutto all'improvviso. < Oh. Oooh. Sì. Cioè, dipende. A meno che non sia strettamente necessario ucciderlo... Solitamente cerco di riportarli vivi per sottoporli al giudizio della legge. Dipenderà da lui e da quanta resistenza ci opporrà. > dice lei dopo essersi schiarita la gola a sua volta, cercando di ritrovare una nuova calma nonostante il desiderio ancora bruciante di stringere le dita contro la pelle del Nara. Raccoglie da terra gli occhiali caduti in precedenza e quindi vede l'altro andare a sedersi in terra iniziando a chiederle della missione in un chiaro tentativo di fare il bravo e serio ninja diligente di cui parla la sua fama. Kaori sorride, divertita, intenerita, andando a raccogliere il file principale che raccoglie i dati ottenuti su quest'individuo e si siede in terra a poca distanza da lui con le gambe piegate sotto di sè quasi fosse una sirena. < Beh immagino che non abbia avuto modo di scoprirlo finora, in effetti. > sorride lei pensando a quanto poco fosse capace di fare durante i loro primissimi incontri. Inspira sentendosi leggermente imbarazzata all'idea di mostrarsi ora a lui così tanto cresciuta rispetto tanti anni prima. < Sono specializzata nell'arte del ninjutsu e riesco a sfruttare quattro elementi: futon, raiton, doton e katon. Inoltre sono un ninja medico. > spiega la ragazza facendosi ora più seria, guardando l'altro negli occhi. < Non sono capace di reggere uno scontro di corpo a corpo, non ho molta forza fisica: ma sono abbastanza veloce da poter colpire il mio avversario con il Juken se ce ne fosse bisogno. > Non è certa che l'altro sappia cosa sia il Juken, ma essendo stato con Mekura per tanti anni immagina che l'abbia vista combattere in qualche occasione. < Resisto abbastanza bene ai colpi, solitamente conosco abbastanza tecniche da non rischiare di essere colpita ma sono comunque piuttosto resistente. Ho una riserva di chakra abbastanza ampia ma devo dosare bene le tecniche che utilizzo considerando che raramente combatto senza sfruttare il potere del Byakugan. > Solo a quel punto si ritrova a fermarsi ed arrossire vistosamente abbassando timidamente lo sguardo con fare quasi colpevole. < E-- non so tenere in mano un'arma. Sul serio. Letteralmente: mi taglierei da sola. > ammette con estremo imbarazzo andando a far sporgere il labbro inferiore con una disarmante, ingenua e spontanea dose di innocenza. Non le piace ammettere di essere incapace in qualcosa, soprattutto se deve farlo proprio davanti ad Azrael. Un Azrael che per imprese, gesta e fama è infinite volte superiore a lei e a molti altri ninja del Villaggio. [Chakra: on]

13:22 Azrael:
 Restando là seduto non può che sentire ancora le labbra gonfie ed umide di quel bacio appena trascorso, non può che far caso alla sensazione di sentire la consistenza delle rosee altrui tra i denti, non può che far risuonare nella propria mente il dolce suono di quell’ansimare e respirare pesante e mescolato dei due amanti. Eppure non può far altro che ricacciare i propri pensieri in un recondito angolo della propria mente. La missione. Deve pensare alla missione. Capire se loro saranno gli unici due a prendervi parte, sapere la Hyuga cosa sa fare, studiare bene cosa il cattivone di turno sa fare e—e evitare che i propri occhi viaggino sul corpo di Kaori intenta a raccogliere i propri occhiali da terra. No, quello non sta proprio riuscendo ad evitarlo. “Concentrati Azrael, diamine.” Penserebbe chiaro e forte nell’atto di prendersi mentalmente a calci, mentre fissa e studia la figura della Hyuga che s’appresta a raccogliere le leti cadute in precedenza, sfuggite alle di lei mani per la foga del momento. “Che accidenti di Dainin della Foglia se, se ti lasci distrarre così!” Pensieri che, sempre più forti e ricorrenti, lo costringono a puntarsi nuovamente sul tavolino, sui fogli. Attende che la ragazza gli si sieda di fianco, non una parola ad uscire dalle labbra strette in una linea dura e sottile, non una singola parte del corpo a cercarla in una situazione di rigidità decisamente forzata. Prende atto di quanto appena scoperto, l’obiettivo va riportato vivo o – almeno – questo è quanto vorrebbe fare lei, nel buon nome della giustizia. Quella stessa giustizia che, più volte, è stato quasi costretto ad esercitare e a storcere il maso quando, essa, non era funzionale. E, dunque, va a spiegarle i propri dubbi in merito, le proprie perplessità ed anche la propria difficoltà a svolgere un compito così arduo. Riportarlo vivo, si intende, non scontrarlo in sé. < Non so come lavori e, di certo, non è mia intenzione imporre i miei metodi, ma- > Prende una breve pausa, umettando le labbra con la punta della lingua, facendo passare l’inferiore al posto di quel piccolo triangolino mancante con un moto quasi di malizia, ma non rivolto alla Hyuga, quanto più alla brama di far del male. < Tendo ad uccidere. Ogni volta che mi è possibile. Nella mia carriera ho più e più volte assistito a criminali che, in attesa di un giusto processo, benché i loro fossero crimini certificati e senza possibilità di appello, sono sfuggiti al loro giusto destino. > Traditori del clan, nemici di Konoha, persino Kuricha, la donna che tanto gli fu cara, fuggì prima che la triste – per quanto corretta – pena capitale le fosse inflitta. Ed è una cosa che non ha mai e poi mai sopportato. < So che qui si tende a credere in una possibilità di recupero, di redenzione, ma- credo fermamente che quasi mai la cosa si avveri nella realtà dei fatti. Sono favole, solo ed unicamente favole. Magari noi combattiamo questo criminale, veniamo feriti nel farlo, magari uno dei due ci resta secco. L’altro lo porta qui e—per un errore di giudizio o perché riesce a fuggire, è di nuovo libero di vivere la propria vita come meglio crede. > Resterebbe fisso su un punto vuoto dei fogli per tutto il proprio discorso, arrivando solo alla fine a ricercare il volto della Hyuga con lo sguardo, freddo e gelido come solo i Nara sono soliti mantenere in situazioni di elevata tensione. Azrael è stato un uomo, poco prima, ma adesso è il Dainin, lo Shinobi della Foglia, colui che fu Yami, Generale degli ANBU. < Ti pare giusto? Che lui possa togliere la vita ad altre persone, quando tu non hai voluto prendere la sua, in attesa di scaricare ad altri la responsabilità di un giudizio più accurato? > Sposterebbe nuovamente le iridi sul tavolo, le mani andrebbero al petto, palmo contro palmo, come i preghiera, per allargare poi le dita a combaciare solo coi polpastrelli tra di loro, le falangi bene unite, le quattro dita principali rivolte verso il basso ed i pollici verso l’alto, in quella tipica posizione che tanto rese famoso Shikamaru Nara. < Entrambi abbiamo il Raiton, io ho una buona padronanza anche delle tecniche d’acqua, mentre tu in quelle di terra. Non c’è elemento che non siamo in grado di coprire. Non credo di doverti spiegare quanto sono ferrato nelle arti magiche, ma non so se sai che sono discretamente abile nell’uso delle armi, a differenza tua. > Il tono è piatto, calmo e placido, di chi sta chiaramente analizzando la situazione e calcolandone le variabili con accuratezza. < Non arriverai allo scontro corpo a corpo, per quello ci sono io. Da quel che mi hai detto posso ipotizzare che lui sia un ninjutser, ma che non disdegni il combattimento ravvicinato, tramite l’uso dell’uncino. Tuttavia, finché resti a distanza ed io lo tengo a distanza di ingaggio, posso affaticarlo e distrarlo, in modo che tu possa colpirlo con quanta più forza puoi. Io, semplicemente, mi dislocherei al tuo fianco per evitare il colpo. > Respira lungamente, alla fine non ha detto nulla di particolarmente difficile o poco ntuitivo, più che altro ci ha tenuto ad immaginare uno scenario plausibile del combattimento. Alla fne di quanto detto, separerebbe le mani, portando la mancina a scoprire dalla giacca la spalla destra e viceversa, portandola al suolo per restare con solo la maglietta nera a coprire il proprio corpo, ruotando le spalle per scaricare un po’ di tensione. Poi tornerebbe a guardarla, ora ben più dolce, più ammirato. Il pensiero di poter esplorare il corpo di Kaori con le proprie mani a farsi largo nuovamente e prepotentemente nella propria mente, il ché lo porta a schiudere appena le rosee, un respiro affannato a far capolino dalle stesse e le iridi che s’alternano tra le labbra e gli occhi di lei. [ Chakra ON ]

15:36 Kaori:
 Si rialza infilandosi gli occhiali sul viso avvertendo i pensieri di Azrael attraversargli la mente; nella sua ancora sconfinata ingenuità non s'avvede del motivo di tanta distrazione nei riguardi del Dainin. Non si rende conto di quanto poco le basti per riuscire a stuzzicare pensieri malsani nell'altrui psiche, ritrovandosi tuttavia a comprendere appieno la difficoltà nel rimanere concentrata. Ha del lavoro da fare e da svolgere tuttavia la sua mente continua a chiederle -implorante- di tornare nelle braccia del Nara per cercare in loro caldo rifugio. Ora come ora, con ancora la sensazione dei suoi baci sulle labbra, non ha la benché minima voglia di lavorare tuttavia non può concedersi distrazioni. Inspira a fondo cercando di liberare la mente, ritrovandosi dunque a sedersi accanto all'altro attorno al tavolino del soggiorno. Dispone quella prima varietà d'informazioni riguardanti le loro capacità dinnanzi a loro -metaforicamente, e si ritrova ad ascoltare le osservazioni del ragazzo circa il destino del pirata che i due si stanno organizzando per stanare. Ascolta attentamente, sinceramente interessata al suo parere e si ritrova a stringere le labbra espirando piano dalle narici. < Non credo che esista il perdono per tutti. Nè che tutti meritino una seconda possibilità. > principia Kaori sistemandosi una ciocca dietro l'orecchio, facendosi improvvisamente seria ed assorta. < Ci sono differenti tipi di crimini e, allo stesso modo, differenti tipi di criminali. Se un uomo si ritrovasse a decidere di uccidere degli innocenti, da un giorno all'altro, per pura voglia di attestare la propria forza o per soddisfare le richieste di clienti paganti, non avrebbe diritto di perdono. Ha deciso da sé di dare più valore a del denaro o alla effimera vanità piuttosto che alla vita di qualcun altro. > inizia col dire lei fermandosi e riprendendo poco dopo. < Se un uomo venisse cresciuto ed educato da piccolo ad uccidere senza mai conoscere altro, senza aver mai avuto modo di provare ad avere una vita che non sia pregna del metallico sapore del sangue, credo che dovrebbe avere diritto a sapere che ha una alternativa. Non andrebbe lasciato semplicemente libero, dovrebbe comunque essere controllato, rieducato, sottoposto a controlli specifici e analisi comportamentali ma... andrebbe aiutato. > dice abbassando il capo ed umettandosi lentamente le labbra. < Credo che una legge unica per tutti non sia sempre giusta perchè nessuno è uguale a un altro... nè le situazioni che ci troviamo a vivere lo sono. > sospira alla fine rialzando lo sguardo. < Comunque... da quello che ho potuto leggere di quest'uomo sembra essere un avido e violento ex shinobi affamato di potere. Se anche dovessimo riportarlo indietro con una targhetta all'alluce non credo che nessuno avrà da ridire. > conclude poco dopo la Hyuga stringendosi nelle spalle, notando solo a quel punto il cambio di posizione attuato dal Nara. Lo vede andare ad assumere una posa che gli ha già visto assumere una volta, una posa che le pare l'altro prenda quando sta pensando o si sta concentrando su qualcosa. Le piace l'idea di iniziare a riconoscere delle sue piccole abitudini, la fa sentire più vicina a lui. Ascolta quindi quanto egli le dice circa il proprio potenziale ninja e immagazzina ogni informazione nella propria mente ritrovandosi ad annuire nell'immaginare le varie possibili situazioni nelle quali insieme potrebbero ritrovarsi durante la missione. < I miei jutsu possono coprire distanze considerevoli, ma credo che la distanza massima che possa raggiungere con una mia tecnica si aggiri attorno ai cinquanta metri. Inoltre conosco pochi jutsu che possono colpire in maniera precisa un obiettivo, per lo più sono tecniche ad area che potrebbero essere pericolose nel caso in cui vi trovaste in corpo a corpo. > chiosa la Hyuga andando a portare la mancina verso i capelli per liberare la crocchia raffazzonata dalla presa della matita incastrata fra le ciocche. La porterebbe a sfilarsi lasciando ricadere la lunga e morbida chioma dietro la sua schiena in un moto a cascata piuttosto disordinato e-- naturale. La matita verrebbe portata alle labbra in un moto distratto, picchiettandosi con l'estremità senza punta la zona sottostante il labbro inferiore. < Tuttavia abbiamo l'enorme vantaggio di poter comunicare mentalmente senza che lui se ne accorga: questo ci sarà molto utile. Questo jutsu ha un limite spaziale? O possiamo sentirci a qualsiasi distanza? > domanda, per sicurezza, alla volta di Azrael prima di continuare. < Perchè sarebbe molto utile avvisarti dell'arrivo di una qualche tecnica così che tu possa dislocarti accanto a me senza ritrovarti nel mezzo dell'impatto. Anche se-- l'idea di rimanere lontana non mi piace molto. Voglio dire, se attaccheremo la sua nave immagino non sarà da solo, avrà altri uomini con lui. > storce appena le labbra prima di espirare con un mezzo sorriso sul volto. < Non che per te sarebbero un problema, suppongo. > sorride allora voltandosi verso di lui giusto in tempo per vedere il ragazzo andare a liberarsi della giacca e rimanere con la semplice maglietta, le braccia coperte solo in parte da quel tessuto a rete che lascia scorci visibili dei suoi bicipiti. Kaori si perde silenziosamente a delineare la forma del suo corpo accanto a sé sentendo farsi nuovamente ingombrante il bisogno ed il desiderio di sentirlo vicino. Più vicino. Segue con lo sguardo la forma delle braccia notando quel tatuaggio macchiare la sua pelle, quel nome che ha notato già altre volte ma della quale non ha mai chiesto. < Posso chiederti una cosa? > domanderebbe con voce bassa, morbida, procedendo solo se l'altro le avesse dato il permesso per farlo. < Chi è Kaime? > chiederebbe quasi con timore, rialzando ora lo sguardo dal suo polso al suo viso, le iridi perlacee prive di qualsivoglia gelosia. Non chiede per timore di scoprire che sia qualche altra donna amata in passato, non le fa paura quest'idea: è solo il primordiale e semplice bisogno di capire, di conoscere un aspetto nuovo di lui, un qualche dettaglio importante del Nara. Se ha sentito il bisogno di imprimere sulla propria pelle quel nome sicuramente non può essere una persona di poco conto. Più si rende conto di quante cose vuole conoscere di lui, più si rende conto di quanto -semplicemente- lo voglia con sé. Per sé. Deglutisce avvertendo un calore bruciante propagarsi dal centro esatto del suo petto fino ad ogni angolo del suo corpo, avvertendolo quindi tendersi appena accanto a sé, i loro sguardi ad incontrarsi. Può avvertire i suoi pensieri e tanto basta a farle passare ogni voglia di parlare oltre di questo Sharper Hook. Tutto ciò che ora Kaori vuole è lui e tutto il resto è di secondaria importanza. Andrebbe dunque a schiudere le labbra nel momento esatto in cui avverte il respiro di lui farsi più corto e quindi tenterebbe di ruotare appena il corpo verso di lui per poi portarsi in equilibrio sul ginocchio ed alzare la coscia opposta per lasciarsi cadere su di lui, sul suo bacino, di modo tale da sedersi sul suo corpo -petto contro petto- e stringere i suoi fianchi attorno alle cosce, portando le mani a circondargli il collo, afferrandosi con la mancina il polso destro dietro la sua nuca. < Che ne dici se ora-- > sussurra piano a fior di labbra, in un alito di voce, portando le iridi a specchiarsi -languide, in quelle altrui. < --ci prendessimo una pausa? Lavorare mi riesce troppo difficile al momento. Averti qui mi-- distrae. Parecchio. > mormora ancora con un sorriso appena accennato sul viso, tentando dunque, a questo punto, di andare ad afferrare il suo labbro inferiore fra i denti. Non lo bacia, non fa altro, non si muove ancora: lascia semplicemente che sia l'altro a decidere cosa fare in questo momento. Lascia che possa semplicemente percepire da ogni suo gesto e respiro quanto bisogno abbia di lui e di prendersi un momento che sia solo loro. Che sia solo per Azrael e Kaori e quel sentimento forse non più senza nome sbocciato fra di loro. [Chakra: on]

16:27 Azrael:
 Le riflessioni sulla giustizia, su ciò che è corretto e cosa non lo è. Su quanto la legislazione spesso e volentieri non rispecchi il modo in cui il Nara crede che debbano andare le cose sarebbero tante. Infinite elucubrazioni mentali da eviscerare e su cui confrontarsi. Certo, sarebbe più che corretto rimandare tutti i criminali a giudizio, in attesa di scoprire le loro motivazioni, se sono pedine o mandanti, se si tratta di qualcuno che ha fatto della violenza la propria bandiera o se altro non conosce della propria esistenza, se è controllato mentalmente o se, come più comunemente accade, si vuol fare del male e basta. Persino il giovane si potrebbe definire una persona cattiva, benché non abbia mai commesso realmente crimini. Ha torturato, ucciso, rubato anche in tenera età. Quando rubare era l’unico modo per ottenere dell’acqua o un tozzo di pane. Eppure è a piede libero, a far discorsi su quanto persone come lui non dovrebbero esserlo. Parecchio ironico. < Alcune persone sono malvage e basta. E se, per dare una possibilità a quei pochi che non sono diventati criminali per scelta, dovessi correre il rischio di lasciarne vivo anche solo uno- preferirei farli fuori tutti. > Per evitare un nuovo Shin, una nuova Jun o anche dei nuovi Ryota e Kuugo. Persino per debellare il rischio che vi sia un nuovo Cappuccio Rosso, in verità. Quindi prosegue, andando ad enunciare le risposte alle domande della Hyuga, domande sul sigillo che condividono, domande implicite sul numero di persone che dovranno affrontare. < Fossero dieci, cento o mille, mi farebbe ben poca differenza, proprio perché hai nel tuo arsenale tecniche capaci di colpire più bersagli, più sono e meglio è. Per quel che riguarda l’empatia- diciamo solo che se prima fossi scappato nel più remoto deserto di Suna avrei potuto contattarti e dislocarmi comunque da te. > Termina quel breve ed esplicativo discorso sulle proprie capacità, ben più apie di quelle di qualunque altro shinobi o kunoichi ancora vivente. < Ma, se siamo sfortunati, dato che nel rapporto non viene specificata la presenza di una ciurma- magari è da solo. > Altro non dice, semplicemente permane a guardarla, ad osservare il di lei sguardo che gli accarezza il profilo del braccio, soffermandosi sul nome vergato all’interno del polso sinistro. Piccolo, ma visibile. Il suo unico tatuaggio non nascosto. Naturale che le venga da chiedere l’appartenenza di quel nome. < Kaime è-- > Una ragazza di Kusa, potrebbe dirle. Mentirle per non darle accesso a quella parte di sé, potrebbe non dirle a chi appartiene quel nome tanto caro al Dainin, ma che senso avrebbe? Il cuore del giovane Nara è aperto e pronto per esser letto come un libro dinanzi alla Hyuga. < Il nome di mia madre. Quella adottiva. È—il motivo per cui le iniziali ricamate sui miei oggetti sono A e K, il suo cognome era Kazama. Mi tatuai il suo nome quando andai a trovarla nelle prigioni di Konoha l’ultima volta, anni ed anni fa. > China il capo a quel pensier. Quando la implorò di lasciarsi portare fuori da quel luogo a lei così poco affine, quella prigione che la tiene prigioniera da quasi vent’anni ormai, per l’omicidio di un uomo che stava per porre fine alla vita di quello che, adesso, è Azrael Nara. < Ha ucciso il marito per salvare me, quando ero vittima delle violenze di quell’uomo. Poi andò a costituirsi. > Termina il proprio racconto nella freddezza e nella neutralità più completa, ormai abituato a narrare quella storia senza mostrarsi colpito e, per fortuna, non ha bisogno di scendere nel dettaglio. Rialza solo allora il capo per notare i movimenti della giovane e cancellare del tutto ogni pensiero dalla propria mente che non fosse quello di averla tutta per sé. Distratta? Lei? Quasi gli viene da ridere al pensiero. Le mani le viaggiano sui fianchi, sino ad arrivare dietro la schiena, per abbracciarla e per stringersela addosso. < Non potrei essere più d’accordo. > Le mani dietro la di lei schiena ad unirsi nel sigillo della scimmia, il chakra a venir richiamato nuovamente, ad avvolgerli completamente ed uniformemente. Entrambe le figure ricoperte da quella cerulea energia. La mente a focalizzarsi su un evento svolto nel luogo che vuole raggiungere. Una camera, la propria camera, su cui hanno giaciuto entrambi in quella prima, meravigliosa notte. Il letto dalle lenzuola cremisi, la testiera in ferro battuto ed i loro corpi, assenti nell’immagine della propria mente, ma che – presto – li vedrà di nuovo lì. [ END – to be continued ]

16:48 Kaori:
 E' un discorso estremamente complesso e delicato. La legge non è infallibile e non può essere sempre giusta. Le leggi sono normative e indicazioni che persone -esseri umani capaci di sbagliare, hanno stilato nel tempo nel tentativo di garantire ai propri simili una guida su come vivere senza togliersi nulla a vicenda, senza strapparsi niente con la forza, senza scavalcare il prossimo ed i più deboli. La legge è sostanzialmente un mucchio di buone intenzioni ma non è perfetta. Ogni situazione è diversa da un'altra ed ogni persona è diversa da un'altra: chiunque può sbagliare e pentirsi e chiunque può sbagliare perchè desidera farlo, per poterlo fare ancora ed ancora ed ancora. Nessuno potrà mai sapere però chi sbaglia per gusto e chi per necessità e questo porta al bisogno di punire tutti indistintamente. Da un punto di vista idealistico è magari la cosa migliore, ma Kaori non riesce a non provar pena e pietà per ogni singolo individuo punito per un errore commesso senza alcun desiderio di far male ma per il solo bisogno di sopravvivere o di salvare. Sa che le parole del Dainin sono assennate e logiche, non se la sente realmente di contraddirlo, ma non è pienamente concorde con lui: per lei uccidere indistintamente è molto più complesso. Così si ritrova semplicemente a lasciar cadere il discorso, troppo complesso ed articolato per poter essere affrontato in questo momento, e va ascoltando quanto l'altro dice circa la presunta ciurma di Sharper Hook. < Bene, questa è un'ottima notizia. > annuisce in riferimento alle distanze raggiungibili tramite empatia tra i due. < E-- sì, potrei facilmente colpirli tutti se necessario. Ma sono sicura che fino a quando i miei colpi saranno pronti sarai perfettamente capace di tenerli impegnati. > sorride lei pienamente fiduciosa delle altrui capacità prima di ritrovarsi a veder scemare l'interesse nei riguardi di tale discorso. Vede l'altro spogliarsi della giacca e si ritrova a perdersi nella bellezza del suo essere andando a ritrovare quel tatuaggio che varie volte aveva già notato prima d'ora. Non riesce ad ignorare oltre la propria curiosità e, in uno slancio di timido interesse, chiede al ragazzo il senso dietro quell'unica parola. La risposta arriva straziante al cuore della Hyuga che, schiudendo le labbra, accoglie quella parte del passato del Nara sentendosi improvvisamente piccola e impotente. Più di tutto è il tono freddo e distaccato di Azrael a spezzarle il cuore; sebbene sembra stia raccontando il resoconto di una missione appena svolta per quanto appaia poco coinvolto, tramite empatia Kaori può avvertire il subbuglio che gli si agita dentro, la tristezza, la malinconia, quel vuoto allo stomaco che adesso prende anche lei. "Mi dispiace... Io--sono qui." si ritrova a pensare senza neppure rendersene conto, ricercando quasi senza pensarci un contatto con lui. Ed il bisogno di averlo vicino si fa ancora più pressante, abbracciarlo non è più questione di una voglia passeggera, è l'esigenza di tenerlo stretto a sé perché non si senta più solo. La voglia di sentirlo nuovamente suo si fonde al desiderio di farlo sentire amato, protetto e al sicuro, portando i sentimenti della Hyuga a mescolarsi in una ondata di puro calore ed affetto. Desiderio e tenerezza si fondono in una unica stretta attorno al suo corpo mentre, ansimando piano sulle sue labbra, lascia che il ragazzo li trasporti lontano da lì. [END]

Kaori informa Azrael della sua decisione di voler partecipare ad una missione di livello A per fermare un pirata che da tempo attacca il Porto del Fuoco.

Il ragazzo si offre di combattere al suo fianco e, fra una dichiarazione e l'altra, pianti e risate, i due si preparano per la missione chiarendo i loro punti forti e i loro punti deboli ed una prima idea di strategia da attuare contro il nemico.