Una serata limpida, silenziosa in quel di Kusagakure. Il cielo è un vasto lenzuolo di tenebra tempestato di scintillanti stelle dorate. La luna è uno spicchio argentato che rischiara coi suoi raggi i bordi degli edifici che si susseguono per le strade dell'Erba. Lungo il terzo Cerchio del Villaggio si iniziano a intravvedere i primi negozi un po' più raffinati ed eleganti rispetto quelli più comuni e alla mano del secondo. Niente pub o trattorie ma ristoranti e botteghe lievemente più pregiate. Qualche abitazione si sussegue qua e là nella parte residenziale di quella zona di Villaggio disperdendosi fra i vari negozi ancora aperti. Per lo più, considerata l'ora serale, si tratta di locali per bere o mangiare qualcosa mentre empori, fucine e sartorie iniziano a chiudere per prepararsi ad un po' di meritato riposo. Vari odori si diffondono per strada: il profumo di prelibate pietanze calde, l'odore di bevande più o meno forti o l'odore dei fiori colorati che decorano ingressi e vetrate di locali un po' più di classe rispetto agli altri. Passando per una via piuttosto laterale e stretta, non realmente in vista, Kankri potrà notare la presenza di una graziosa caffetteria dall'ampia vetrata che permette di dare una libera occhiata all'interno. Pavimenti in legno lucido, pareti color panna tendente al beige e tavoli di legno di ciliegio disposti lungo i bordi della stanza in maniera ordinata lasciando un libero corridoio dove camerieri e clienti si muovono liberamente senza rischio d'urtarsi. Le luci all'interno sono calde, di un bagliore dorato accogliente e caloroso e l'odore che proviene dalle vicinanze è delizioso. Profumo di caffè caldo. L'esterno del locale presenta una scalinata in pietra che conduce all'ingresso della caffetteria mentre l'insegna luminosa verticale poggiata vicino i gradini recita la parola "Anteiku". Anteiku. Un suono che sembra quasi richiamare qualcosa alla mente del nostro giovane eroe. Una parola che punzecchia fastidiosamente il suo cervello, come se non giungesse nuova alla sua mente. Magari avrà sentito qualcuno parlare di quel posto. Magari ci sarà già passato davanti distrattamente qualche volta senza soffermarcisi troppo. Magari, semplicemente, l'avrà letto su qualche pubblicità su una rivista. Quale che sia la verità quella parola suona quasi suadente all'orecchio del giovane genin, quasi come il dolce richiamo di un ricordo lontano... [Ambient]
Cosa mai può andare storto nel prendere un caffé in quella che sembra una tranquilla e normalissima caffetteria nella periferia di Kusa? Logico e sensato il pensiero del genin che si ritrova a varcare la soglia del locale con aria serena, il suo atteggiamento rilassato e serafico a rimanere imperturbato quando il campanellino apposto alla porta trilla per rivelare a tutti il suo ingresso nella stanza. Il posto appare esattamente come ha potuto notare dall'esterno, luminoso, caldo e accogliente, con il bancone posto alla sua sinistra ed i tavoli ordinatamente disposti alla sua destra lungo la parete. Un divisorio poi separa questa zona centrale della caffetteria da una piccola area più isolata e tranquilla in fondo al corridoio centrale. Il suo saluto si riverbera per il negozio poco affollato, solamente una coppia a sorseggiare una tazza di caffè caldo ad uno dei tavoli posti davanti la vetrina. Il ragazzo dietro il bancone inchina il capo all'indirizzo di Kankri ricambiando il saluto. <Buonasera a lei> saluta con voce gentile ed allegra, il sorriso ad aprirsi sul suo volto circondato da scarmigliati capelli biondi, i grandi occhi marroni ad emanare cordialità e spensieratezza. <Consuma al tavolo o al banco?> domanda con fare professionale rimanendo educatamente fermo dietro al banco dando così modo al genin di decidere da sé come procedere. E mentre la conversazione con il biondo prosegue, ecco che dalla porta alle spalle del bancone va comparendo una seconda figura. A primo impatto parrebbe difficile determinare il suo sesso: la figura è longilinea ed esile dalla pelle di un candore quasi spettrale in netto e violento contrasto con la chioma scura. Capelli lisci, sottili, ad incorniciare un viso ovale fino all'altezza della nuca, la fronte lasciata libera e scoperta se non fosse per la presenza d'un ciuffo che ricade lungo il volto. Gli occhi sono non molto grandi ma attenti ed un piccolo neo rende caratteristico quel volto. Gli abiti sono gli stessi indossati dal biondo dietro il banco: una camicia bianca ed un panciotto grigio sopra dei pantaloni neri non particolarmente stretti né larghi. "Hiruma. Che fine ha fatto quella disgraziata di Ruby? Le avevo chiesto di dare una lavata alle divise in lavanderia e la cesta è ancora piena" la voce di questa figura chiarisce infine i dubbi circa la sua sessualità. Il suono è delicato, acuto, lasciato presagire si tratti d'una donna. Sbuffa con fare contrariato superando il banco per dirigersi verso uno dei tavoli disposti per la sala, ancora occupato dalle chicchere di clienti precedentemente usciti. Inizia a liberare la superficie lignea della tavola ponendo tazzine e bicchieri su un vassoio vuoto quando il suo sguardo ricade sui clienti presenti. "Buonasera. Spero che vi stiate godendo il vostro caffè" sorride con fare affilato snudando dei denti bianchissimi rivolgendosi alla coppia lì accanto. Dunque si volge verso Kankri -ovunque abbia deciso d'accomodarsi- porgendogli il proprio saluto. "Buonase--" La parola tuttavia s'interrompe a metà quando lo sguardo nero si sofferma sulla figura del giovane Kankri perdendosi silenziosamente sul suo volto. "--Oh." Si blocca assottigliando lievemente gli occhi come a voler mettere maggiormente a fuoco i suoi lineamenti. Bizzarra reazione quella della donna che, tuttavia, non accenna ad aggiungere altro. [Ambient]
Parrebbe tutto così ordinario e normale da apparir quasi noioso. Clienti silenziosi a chiacchierare a bassa voce, un cameriere educato a dargli il giusto tempo per accomodarsi ed una collega che ripulisce i resti del caffè di qualcun altro. Quello che succede di continuo in locali come quello, giusto? Eppure c'è un qualcosa che distorce la monotonia di quel ritmo. Un evento bizzarro, quasi scomodo, che porta il giovane genin a fissar interrogativo la donna davanti a lui. La cameriera permane immobile sul posto col vassoio fra le mani e le iridi scure posate sul volto del ragazzo, percorrendone di seguito il corpo per una rapida e generale analisi. <Mh.> mormora a labbra strette assottigliando ancor più lo sguardo. Inspira a fondo ruotando il capo in direzione di Hiruma e allungando verso di lui il vassoio occupato da varie tazzine. <Pulisci. Mi occupo io del nostro cliente> Il tono è tranquillo, acuto e sereno come quello usato poc'anzi, ma c'è qualcosa... una sfumatura perentoria nella voce che non lascia adito a dubbi sulle possibilità che il biondino ha di poter replicare a quella richiesta. Hiruma annuisce e, afferrato il vassoio, si avvicina al vicino lavandino per iniziare a lavare quanto vi era dentro, nascosto dalla teca contenente alcune sfoglie ed alcuni articoli di pasticceria da accompagnare ai vari caffè. La donna torna dietro al bancone andando dunque a proseguire quanto Hiruma aveva iniziato poc'anzi, la preparazione di una semplice tazza di caffé. <Nero.> dice d'un tratto voltandosi verso il cliente, continuando a studiarlo come se cercasse in quel viso qualcosa di specifico. <Secondo me lei è tipo da caffè nero senza zucchero. Amaro.> continua distendendo le labbra in un piccolo ghigno pungente. <Come questa vita> commenta trattenendo una piccola risatina sarcastica. <Mi sbaglio?> domanda, quindi, sporgendosi appena oltre il bancone verso il genin, puntando le iridi nere in quelle celesti di lui parzialmente protette dalla presenza di quei sottili occhiali a lei così tanto familiari. [Ambient]
<E' la mia creatura> risponde la donna con un sorriso che parrebbe cordiale ed aperto in risposta alla prima domanda del suo cliente. <L'ho aperto e curato da principio, così come ogni membro dello staff che ci lavora. Siamo una> una risatina bassa e leggera scaturisce dalle labbra estremamente sottili della donna. <grande famiglia qui.> Si volta a quel punto per spegnere la macchina che stava riscaldando il caffé e versarlo con cura nell'apposita tazzina. Il liquido fuoriesce scuro, limpido, fumante fino a riempire la chicchera diffondendo un penetrante odore che riempie l'intera sala. Depone il contenitore nel suo alloggio e sistema la tazzina sul relativo piattino, poggiando a lato un cucchiaino e porgendo dunque il tutto dinnanzi al cliente. Un bicchiere d'acqua verrebbe affiancato alla tazzina, posto al di sopra di un sotto bicchiere nero <A lei.> Permane il sorriso sulle sue labbra mentre lo sguardo continua a soffermarsi sul viso di Kankri. Ascolta le sue risposte e c'è qualcosa che sembra intaccare quella facciata di allegra disponibilità all'udire quanto detto dal giovane circa la sua battutina sull'amarezza della vita. Come se fosse l'ultima cosa al mondo che si fosse aspettata, come se fosse la risposta sbagliata ad un quiz elementare. Disarmante il modo in cui la spontanea risposta del giovane va a far crollare i pensieri e le riflessioni sorte fino a quel momento nella mente della donna. <Felice...> ripete soppesando quelle parole ed il tono leggero e sincero col quale quella frase è stata pronunciata. Qualcosa muta nell'espressione della cameriera. Il sorriso mostrato fino a quel momento lascia il passo ad una facciata seria e pensosa, come se improvvisamente qualcosa fosse cambiato nell'intera stanza. Qualcosa da non sottovalutare, qualcosa di degno della sua massima attenzione. <Dice così perchè non ha ancora assaggiato il nostro caffè> replica dunque in risposta al successivo dire del genin per poi ritrovarsi poggiar sul bancone gli avambracci incrociati su di esso e flettere in avanti la schiena rimanendo mezza piegata contro il banco. <No, al contrario. C'è qualcosa che mi colpisce> afferma la donna inclinando leggermente il capo verso la spalla sinistra, senza mai allontanare da Kankri il suo sguardo attento. <Lei mi ricorda qualcuno. Un vecchio amico sparito tempo fa> rivela con voce tranquilla, le sue iridi nere quasi a bruciare intensamente nel modo in cui scruta e studia i lineamenti del ragazzo. <Eppure a conoscerla meglio non potreste essere più diversi. Ma, forse...> assottiglia lo sguardo lasciando disperdere la voce nel silenzio della caffetteria prima di tornare all'improvviso in posizione eretta e distendere le labbra in un nuovo sorriso giocoso e disponibile, quello di chi pare non avere alcuna preoccupazione al mondo. Un cambio d'umore così repentino da apparir quasi inquietante. <Vediamo se mi sbaglio davvero! Mi faccia un favore, le va?> propone la donna portando le mani ad unirsi -palmo contro palmo- dinnanzi alla spalla sinistra, leggermente inclinate. <Si dice che quando si lascia vagare la mente è possibile trovare i veri noi stessi, lo sa? Questo mio amico era davvero... unico. E qualcosa mi dice che anche lei nasconde più di quanto non voglia dar a vedere> dice lei, allegramente, mostrando i denti in un sorriso complice. <Facciamo un gioco. In cambio il suo caffè lo offre la casa. Che ne dice? Non le ruberò molto tempo, glielo prometto> [Ambient]
Le parole si susseguono lentamente, la conversazione evolve e con essa l'espressioni dei due interlocutori. Interesse, curiosità, dubbio, perplessità. Una giostra di emozioni che mutano e cambiano in un delicato ritmo ad una velocità irregolari, innescate da una parola, una sensazione, un odore che sembra quasi portare al limitare della memoria un ricordo. Un ricordo che sfuma nel momento stesso in cui si tenta di sfiorarlo col pensiero, che s'infrange contro barriere di indistruttibile cristallo. Sensazioni fastidiose, come l'avvertire la familiarità di qualcosa di ignoto in mezzo ad un mare di elementi appena scoperti. E' qualcosa di disorientante che fa sentire persi, minuscoli in un mare di volti e luoghi che forse hanno significato qualcosa un tempo. Forse no. La donna agita una mano rapidamente come a voler scacciare via un pensiero inopportuno. <Oh no, non è morto. Me l'ha promesso questo> dice con estrema convinzione, come se qualcuno possa effettivamente promettere di non morire e mantenere la parola data. <Se n'è solo andato.> Il tono disinvolto e naturale con cui pronuncia queste parole la fa apparire ancora più strana e bizzarra di quanto non sia sembrata fino a quel momento. Tuttavia questo suo strano modo di fare non porta il giovane ad allontanarsi da quel luogo, non lo fa scappare a gambe levate; Kankri accetta di partecipare al suo gioco liberando una breve risata, un suono che giunge assolutamente nuovo alle orecchie della donna che ode quelle note con espressione interdetta. Torna subito al consueto sorriso andando ad osservare il ragazzo. <Sostanzialmente? Te> risponde diretta e senza troppi giri di parole la donna andando ad allargare ancor più il suo sorriso. <Questo mio amico era uh-molto bravo a creare storie, sai? La sua mente amava creare contesti plausibili per ogni interrogativo al quale non riuscisse a trovare risposta. O per ogni verità che gli risultasse troppo scomoda sopportare.> inizia a spiegare lei con il tono che si fa via via più musicale, più incalzante, quasi come stesse cercando di accompagnare con le sue parole la mente dell'altro ad incontrare figuratamente questo misterioso amico perduto. <A volte era talmente bravo da confondere le sue storie con le sue verità. Ma a chi non capita di crogiolarsi in giustificazioni accettabili per riuscire a guardarci allo specchio al mattino?> sorride lei con fare dolciastro, lo stesso tipo di sorriso che par capace di farti scivolare nella più subdola delle trappole. <Ma come ti dicevo basta lasciar vagare la mente per riscoprire i veri noi stessi, no? Dunque voglio che tu respiri a fondo e chiuda gli occhi. Libera la mente, lasciala spaziare nel nulla. Non pensare a niente, pensa ad una tela bianca da dipingere tutta da *zero*> La sua voce si fa pian piano più bassa, il sorriso complice, il tono carezzevole. La donna aggira il bancone andando a scivolare a passi leggeri dietro il genin. <Dimmi un numero. Il primo che passa per la tua mente.> sussurra piano al suo orecchio. [Ambient]
La donna tace per una manciata di secondi all'udire la domanda del genin. Pare pensare per qualche istante prima di dare in un sorriso deciso e sicuro. <Oh sì. Era il mio bambino più prezioso> Par quasi carezzare con la lingua ogni sillaba di quelle parole lasciando dunque cadere il discorso e procedendo invece verso altre strade. C'è questa alienante sensazione senza nome a serpeggiare fra i pensieri del ragazzo. Come se il silenzio attorno a loro non fosse poi così silenzioso, come se fosse invero carico di parole non dette, di significati impliciti che può sfiorare senza stringere sul serio. Una sensazione densa, confusa, pressante, che spinge contro la sua figura con i suoi silenzi assordanti andando a premere contro la nuca, quasi a strisciare lungo la sua pelle, come avesse mille sottili zampette a risalire la sua carne. <Anche tu ami circondarti di storie?> domanda lei distendendo le labbra, guardandolo da sotto le lunghe ciglia. <Magari un giorno me ne racconterai qualcuna.> sorride, sorride ancora, sempre, con quella sfacciata tranquillità che sembra non abbandonare mai il suo volto. E dunque il gioco inizia. La donna spiega le regole del gioco, accompagna il giovane verso uno stato di sospensione e lascia che la sua mente agisca liberamente per lui. Pone quella prima domanda ansiosa di conoscere la sua risposta. Kankri apre gli occhi di colpo, sembra quasi bloccato, come se qualcosa avesse fermato la sua voce sul nascere. Ma è l'esitazione di un momento prima che le sue labbra si schiudano donando una risposta che lascia la donna sorpresa. Ella si muove, si scosta, si riporta frontale a lui, ascoltando attentamente le sue risposte. Stringe le labbra andando poco dopo a schioccar la lingua contro il palato, distendendo l'angolo sinistro delle labbra verso l'alto. <No. Non strano. Direi... rivelatore> commenta lei con una scintilla tutta nuova nello sguardo, gli zigomi ad alzarsi in un sorriso decisamente più sottile, più sfrontato. <Una interessante scelta, la tua. Il traditore. Ed una guida. Una deliziosa contrapposizione non trovi?> domanda inclinando il capo verso la spalla. <Chissà cosa verrebbe fuori unendoli?> Una domanda retorica lasciata sospendere fra loro per poi ritrovarsi, dunque, a continuare. <Ora vediamo... Immagina Un infinito spazio bianco. O una distesa di fiori bianchi. E immagina di poterli dipingere con un'unica gettata di colore. Che colore vedi?> domanda col stesso tono incalzante di poco prima lasciandogli tempo e modo di rispondere. E dunque, a risposta ottenuta, ancora, procederebbe, con l'ultima domanda. La più cruciale di tutte. <Ultimo quesito> canta lei distorcendo le labbra in un ghigno impaziente, in trepidante attesa. <Pensa... ad un animale. Il primo che affiora alle tue labbra.> [Ambient]
<Ah no?> domanda lei dando in una leggera risatina cristallina. <E cosa siamo noi se non storie, alla fine?> Inarca le sopracciglia andando ad inspirare a fondo per poi inclinare il capo verso la propria spalla, i clienti che, silenziosamente, abbandonano ultimi il locale lasciando ad Hiruma il compito di liberare il loro tavolo. <Dici di non avere storie di cui circondarti, eppure ti dirò... Di una storia, noi tutti, ci siamo dentro. Cambia solo la mano che scrive il nostro percorso...> mormora lei, piano, aprendosi in un ghigno divertito, il ghigno di chi sa più di quanto non dia a vedere. Il ghigno di chi gode, attimo dopo attimo, di ciò che la vita gli offre su di un vassoio d'argento. Alcune storie le prepara il fato per noi, altre volte le scriviamo noi stessi nella speranza di donarci delle possibilità migliori. La donna sembra seguire un percorso preciso in questo suo "gioco". Le sue domande sembrano essere bizzarre, casuali e prive di connessioni alcune eppure è come se lei cercasse quelle mirate e specifiche risposte da lui. <Probabilmente chiunque si rivelerà più debole> commenta lei divertita, una scintilla a splendere nello sguardo a quel dire per poi ritrovarsi a porre quelle ultime domande. Domande che trovano risposte inaspettate, che trovano risposte nè eccessivamente ponderate, né eccessivamente istintive. C'è una sorta di lenta consapevolezza dietro le risposte di quel ragazzo. Come se calibrasse e soppesasse i suoi stessi pensieri in ogni momento, ad ogni domanda. Ella non commenta, non replica alle sue risposte, ma salva ogni informazione fino a quando quell'ultima osservazione da parte del genin non la portano a ridere lievemente, scostando la tazza ormai vuota dal bancone per metterla nel lavello vuoto di piatti. <E le tue risposte molto comunicative.> replica lei poggiando i gomiti sul bancone e mantenendo il mento al di sopra delle dita intrecciate. <Sai cosa queste risposte mi hanno detto di te?> chiede lei con uno sguardo carico di eccitazione, le labbra strette in un sorriso impaziente. <Che in te vive un delizioso dualismo. Un contrasto per il quale non hai ancora trovato né il vincitore né il vinto. Mi dicono che la tua anima è bianca. Bianca come bianca è la pace o l'armonia o perchè no? La giustizia> Il sorriso si fa quasi pungente sulle labbra di lei mentre piano continua il suo discorso. <E ancora, mi dicono che in te c'è stata una trasformazione. Una nuova vita, hai aperto le ali lasciandoti alle spalle la tua vecchia pelle.> Un baluginio inquietante luccica per un istante soltanto negli occhi di lei andando a svanire così rapidamente da pensare che forse l'hai solo immaginato. <Non sei il mio amico. Ma come lui sei... uh-estremamente interessante> chioccia lei distendendo le labbra e snudando i denti bianchi con fare disinvolto. <Hai detto di esserti appena graduato all'Accademia non è vero? Allora concedimi di farti un regalo. Impasta il tuo chakra e lascia che ti riveli un piccolo segreto> [Ambient]
<Carne, luce e colore...> ripete lei schioccando la lingua contro il palato, sorridendo compiaciuta al suo indirizzo per poi assottigliare piano lo sguardo. <Me lo ricorderò> mormora sogghignando e soppesando non poco quelle parole per poi ritrovarsi a rivelare al giovane ciò che nella sua mente è andato formandosi nell'udire le risposte che l'altro ha voluto donare alle sue domande. Risposte che lo lasciano, per un secondo soltanto, visibilmente confuso e sorpreso, quasi interdetto. Quanto dice, poi, non è altro che una nuova occasione per la donna per ribadire un precedente concetto. <Come una pagina bianca in attesa di essere scritta con una nuova storia> sorride inclinando il capo. <Od una tela che desidera essere riempita di colore> aggiunge prima di fermarsi ed umettarsi rapidamente le labbra, sporgendosi piano verso l'altro per tenere il viso a lui vicino, ma non troppo da risultare invadente. Abbastanza da render chiaro che quanto sta venendo detto è qualcosa destinato a loro soltanto. <Possiamo concordare quindi che il bianco rappresenti un nuovo inizio?> domanda suadente inarcando leggermente un sopracciglio alla ricerca di una risposta, di un suo concordare o di un suo pensiero nuovamente inaspettatamente diverso da quanto pronosticato. <Oh mio giovane amico, su questo puoi star tranquillo> sogghigna sinistramente lei mostrando ancora una volta la dentatura perfetta. <E' un viaggio che richiede spesso una vita intera. A volte anche più di una> Come se di vite si potesse viverne diverse. L'idea parrebbe quasi ridicola se non fosse che c'è qualcosa di suadente, qualcosa di inquietantemente affascinante in quel concetto. Non è dopotutto, Kankri stesso, la prova vivente che un uomo solo può vivere più vite?Certo, lui non ha alcuna memoria della sua precedente, ma questo non vuol dire che non ve ne sia stata una prima del nulla dovuto alla sua amnesia, no? <Quindi ti è piaciuto?> domanda la cameriera mettendosi ora eretta dietro il bancone, la voce maliziosa e lo sguardo ammiccante ad osservare la figura del genin quasi come a volerlo prendere in giro. <Possiamo rifarlo quando vuoi> continua soffiandogli ora un bacio volante direttamente dal palmo della sua mano, accompagnando il tutto con un provocatorio occhiolino compiaciuto. Il chakra viene a questo punto correttamente richiamato da parte del neo shinobi e la donna si ritrova a fare il giro del bancone, ancora una volta, per fermarsi dietro il di lui sgabello. Andrebbe a tentare di poggiare le mani sulle sue spalle abbassando il viso così da avvicinarlo a quello di lui, al di sopra della sua spalla sinistra. <Adesso fatti guidare dalla mia voce. Concentrati. Guida il tuo chakra lungo il tuo corpo e invialo alla testa. Fallo arrivare al cervello e convoglialo lungo il canale che divide i due emisferi del tuo cerebro. Riempi quel solco di energia e assapora a pieno quello che arriverà di conseguenza. E' facile, non temere. Quasi come eseguire per l'ennesima volta un esercizio fatto e rifatto molte volte...> [Ambient]
Stavo dimenticando. Tira un D50.
Quanto tempo è trascorso da quando i tuoi piedi t'han portato qui? Quanto tempo è andato perduto da quando il tuo sguardo s'è primariamente posato sull'androgina figura di quella donna? Minuti? Ore? Chissà. Nessun orologio rintocca l'ora lì ed il tempo par quasi distorcersi fra le mani di quella bizzarra figura. Si dilata e si contrae come argilla fra le sue dita, o come la curva d'un'onda sonora che si disperde nell'aria. La voce di questa persona è un amo che ti tiene incollato a quello sgabello ed è un allarme che suona distante scatenando quel primordiale senso di sopravvivenza che ti dice di andar via da lì. Interesse. Disagio. Rimanere. Fuggire. Brucia e graffia costante questo dualismo sottopelle, attraversato e travolto di continuo da ondate di sensazioni diametralmente opposte e deliziosamente simili. Quella conversazione ha senz'altro lasciato una traccia importante sulla tua tela, vero Kankri? Domande, risposte, dubbi, spiegazioni. Tante son le cose che in quell'indefinito tempo vi siete scambiati e lasciati a vicenda eppure, ancora, non è scoccata la vostra ora. Ancora c'è qualcosa che lei può lasciarti, ancora c'è qualcosa che puoi accogliere oppure donarle. Il chakra si muove, viene guidato sapientemente dove richiesto andando ad irrorare quei geni insiti silenziosamente nella tua carne. Sangue e chakra si fondono una volta ancora come molto tempo prima e vi è una frattura a spezzare il delicato equilibrio della tua mente. Ogni cosa s'annebbia e oscura per un istante soltanto. Nero. Tutto è nero. No. Chiazze bianche si disperdono in un alternarsi regolare verso il basso, come fossero mattonelle ordinate o le caselle d'una *scacchiera*. Una risata -come una eco distorta- stride in qualche recesso distante della tua mente. "Fame..", "...Si è rotta", "--cancellerai", "Buonanotte". Sussurri confusi, dilatati all'eccesso fino a divenire suoni quasi incomprensibili, ma il significato sembra cristallino per te. Non comprendi, non capisci, sono frammenti di un mosaico troppo ampio, pezzi di un puzzle incompleto, al suo misero e povero inizio. E così come è giunto, questo momento svanisce, come l'agitarsi d'una fiammella al vento che s'espande prima di perire sotto un getto troppo forte d'aria fredda. La voce svanisce, il buio si dirada e quel che resta è nuova luce. La tua pelle, i tuoi capelli, persino i tuoi occhi: ogni cosa schiarisce fino a divenir immacolata. Bianco. Un nuovo inizio. La donna va a ruotare il tuo corpo tramite il contatto delle sue mani sulle tue spalle, facendo ruotare lo sgabello in sua direzione così da averti ora di fronte a sé, faccia a faccia, occhi negli occhi. Le labbra della donna si distendono verso i lati, s'innalzano verso l'alto ed un ghigno compiaciuto si fa spazio sul suo viso. <Affascinante> mormora la donna snudando i denti candidi. <Il dualismo che è in te è assai più raro di quello che è in ognuno di noi, mio caro principino> continua la donna andando a portare una mano al di sotto del tuo mento, il dito indice a sollevar di poco il tuo viso così da rimirare al meglio i tuoi occhi. <Chi sei tu? La guida> domanda sogghignando, la voce tenuta bassa come fosse il più spudorato atto d'amore. <O il traditore?> Il ghigno s'allarga, lo sguardo brilla di divertita malizia. <Qual è il tuo nome?> [Ambient] [Tira un D50 è.è FORZA.]
tira un D50 e fa 42
Si alza. Il ragazzo di leva sulle inferiori andando a raggiungere la vetrina che distanzia l'interno dall'esterno, la luce dall'oscurità della notte. Si riflette l'immagine in quella lastra rimandandogli indietro il riflesso di un Kankri assai diverso. Bianco, come neve. Bianco come la pace. Bianco, come la tela che ha appena iniziato a colorare. La donna segue i suoi movimenti, ne ode la voce. Diverso, lo percepisce nell'aria, nello spostamento del vento ad ogni suo gesto. Lascia ch'egli s'avvicini, l'ascolta e sorridendo accoglie la sua presentazione con malcelata curiosità. <Kankri> ripete sillabando quel nome con un lento movimento delle rosee. <Io sono Nimura. E entrambi siamo Goryo.> rivela così, senza preavviso, estraendo da una tasca del suo panciotto quello che par essere un piccolo taccuino di pelle nera. <Quest'oggi sono cambiate tante cose per te. Quest'oggi è stato pieno di perchè.> si ferma, inspira e quindi riprende porgendo verso lui il blocchetto. <Questo è per te. Leggilo con calma, domani, senza fretta. Troverai tutto ciò che c'è da sapere sui Goryo, sul potere che ti ho insegnato a richiamare. Adesso potrebbe confonderti soltanto, è stata una lunga serata.> gli dice tranquilla attendendo che lui afferri il taccuino che gli sta porgendo. <Se avrai domande o dubbi in merito, torna da me. L'Anteiku è la casa di ogni Goryo che lo desideri e può essere anche la tua, se lo vuoi.> Una casa. Una famiglia, come già ha detto poco prima nel corso della serata. Adesso quella parola assume un significato sottilmente diverso, non è vero? Non un concetto figurato, ma fatto di carne e sangue. Nimura ode quell'ultimo dire da parte dell'altro e sorridendo si avvicina al di lui volto portando le labbra a soffermarsi al suo orecchio. <Hai in te il potere di un Kami, Ka--nkri.> sussurra lei con un tono melodioso e lontano anni, come se gli stesse facendo dono del segreto più antico del mondo. <Letteralmente, dentro te, racchiudi un mondo intero. Ventuno. E' questo il tuo numero. E' il tuo destino.> sorride Nimura scivolando quindi distante dalla sua figura, riflettendo le iridi nere in quelle bianche di lui. Luce e ombra. Notte e giorno. Yin e Yang. Insieme. <Ma per adesso sei solo all'inizio del tuo viaggio.> Con queste parole la donna lascia a Kankri una scelta. Riposare in una delle camere a disposizione nell'area residenziale dietro il locale, o tornare a casa, libero di riflettere e di pensare a tutto ciò che quella sera ha portato con sé nella sua vita. [END]