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Giocata di Clan
Giocata del 04/08/2017 dalle 15:41 alle 19:39 nella chat "Luogo Sconosciuto"
Non è passata più di qualche mezz'ora da quando Kimi Doku ha lasciato la magione Uchiha, il silenzio è ancora vigile e regna incontrastato in questa notte di sorprese. Ma l'occhio del fato non posa più nell'ufficio nel quale fino a poco fa risiedeva l'identità del capoclan Uchiha, si è spostata bensì fuori dai quartieri Uchiha. Fuori dalle spesse mura che li mantengono al sicuro da pericoli per il momento ancora inesistenti, o forse celati nell'ombra. E' ben visibile dall'esterno il palazzo centrale, sede del capoclan, le luci sono accese, lasciando che dalle finestre e da alcune porte in carta di riso fuoriescano luci bianche e soffuse. Un'atmosfera rilassante, pacifica, nonostante si celi ben più che pace in ogni singolo elemento osservabile. Nonostante agli occhi dell'Uchiha quel palazzo sia grondante di sangue, sangue rosso come uno sharingan che cola lento dal tetto. Il tetto dove ha ucciso il suo mentore, il tetto nel quale risieda la sola e unica verità su quanto realmente ha fatto Arima negli ultimi anni. Vorrebbe poter dire a tutti quanto ogni evento fosse perfettamente sincronizzato per portare al presente, ma rovinerebbe ancor più l'immagine che tutti hanno del precedente possessore dell'effige del capoclan. La posizione attuale del mezzo-seiun è su un piccolo rialzo sulla terra ricoperto di semplice erba, una piccola collinetta distante poco più che una cinquantina di metri dalla sua 'casa' ricoperta semplicemente d'erba e qualche albero sparso qua è la. E' un luogo facilmente riconoscibile, non essendoci troppi rialzi naturali sul terreno nella zona circostante. Ed è lì, all'apice di quel rialzo, che katsumi esiste. In piedi, immobile, a coprire il corpo abiti fondamentalmente irriconoscibili ritrovandosi immerso nell'oscurità. Probabilmente la stessa camicia, pantalone e stivali precedentemente indossati, elementi totalmente trascurabili. Al contrario il suo volto si mostra in contrasto per il suo colore tipicamente chiaro, per i capelli argentati e per il colore delle iridi, che vanno a riflettere la luce proveniente dal cielo che sta osservando. Il capo è appena inarcato verso l'alto, difficile dire se stia puntando verso il tetto del palazzo vicino o verso le stelle, ma in fin dei conti sono elementi molto simili, ora. Non porta con sè guanti, lasciando la pelle rossa esposta, allo stesso modo in cui non indossa nessuna benda, lasciando l'iride bianca libera di osservare. C'è una persona alla quale come Kimi deve del tempo in solitudine, una tra le poche verso le quali può percepire d'aver commesso un errore. Ma è difficile adesso definire il suo gesto un semplice errore, considerando ciò che potrebbe aver portato. Evoluzione, miglioramento, sviluppo ulteriore di autocoscienza. E' sicuramente più facile fuggire da determinate situazioni che affrontarle, ma c'è tanto che dovrebbe fare, c'è tanto che vorrebbe dire. In quanto ninja, gli basterà mai il tempo per fare tutto? In ogni caso, Akira è stata chiamata da poco più di un'ora per dirigersi nel momento attuale dove ora si trova lui. Dovrebbe mancare poco, pochissimo. Ma si presenterà? Non sarebbe biasimabile se non lo facesse, se esprimesse puro rifiuto. Il cielo è in senso strettamente tragico bello. Poche nuvole presenti, ma anche poche stelle, distanti tra loro. Immobili e capaci di far ricevere a chiunque una luce tanto flebile dal sembrar morente. Questo paesaggio è per lui ricorrente, e l'ultima volta che vi è stato fisicamente è la notte nella quale ha lasciato il quartiere. < Cosa vedi? > Le labbra si schiudono appena, non si muove però di un millimetro. [chakra attivo] Ha letto e riletto quel messaggio così tante volte da aver impresso per sempre nella sua mente ogni parola in esso contenuta. Potrà ricordare per sempre, Akira, anche solo la forma di ogni singola lettera impressa su quella carta sottile e ruvida. Il modo in cui l'inchiostro non sia caduto uniformemente a formar quei segni, lasciando tracce più dense e meno visibili qua e là sul foglio. Katsumi vuole vederla. Deve parlarle. E in un primo momento Akira sente il cuore esploderle di gioia nel petto al pensiero che lui sia vivo e che desideri incontrarla. Ma è una gioia effimera che trova ben poco modo di perdurare; ben presto il rancore, la delusione, il dolore, ogni cosa ritorna alla mente e s'affaccia al cuore andando a minare la sicurezza di lei. Perchè? Perchè ora vuole vederla? E perchè farsi sentire solo ora quando manca ormai da mesi dalla sua vita? Mesi in cui Akira ha vissuto le esperienze più strane e svariate. La crescita come persona e come ninja, i primi inganni da parte degli uomini: nel lavoro e in amore. Il suo evolversi come genin, come Uchiha e come essere umano. Anche se Akira non se ne accorge, anche se non lo sa, ha fatto progressi immensi da quando è uscita dalla sua cella. Adesso è capace di girare per Kusa da sola senza perdersi e sapendo bene quali luoghi evitare e perchè. Ha imparato a riconoscere il sarcasmo e l'ironia, a conoscere alcuni degli usi comuni della società in situazioni di vita normale. Ha imparato a non doversi fidare di nessuno perchè tutti, in qualche modo ti volteranno le spalle. Si è presa lungo tempo per decidere se presentarsi o meno all'incontro e, alla fine, ha deciso di farlo. Aveva sistemato la benda che Katsumi le aveva donato sull'occhio sinistro, com'era stata solita fare un tempo, ma poi si è fermata. No. Si era impegnata tanto per cercare di acquisire una sua individualità, per cercare di essere riconosciuta come Akira piuttosto che come il clone di Katsumi, non doveva tornare ad ostentare tutto ciò che li legava. Alla fine si è semplicemente tolta la benda -riponendola in una tasca degli shorts- e ha indossato il suo nuovo paio d'occhiali dalla montatura rossa ed elegante leggermente squadrata. Risalta il colore degli occhi, sia dell'iride rossa che di quella bianca, spiccando sulla pelle nivea e sul color tenebra dei capelli. Li porta corti fino alle spalle, lisci, con qualche ciuffo che ricade lungo il viso incorniciandolo: la copia sputata di Katsumi nonostante i numerosi tentativi di apparir diversa, semplicemente se stessa, solamente Akira. Indossa una specie di aderente tunica rossa che dal collo discende la sua figura fino alle cosce aprendosi sui lati delle stesse in due spacchi ampi ma non molto lunghi. Una cerniera sottile percorre il busto della ragazza mentre le spalle e le braccia son lasciate prive di maniche. Tuttavia esse non si presentano scoperte in quanto Akira indossa un paio di manicotti neri che dai bicipiti scendono morbidi e stretti fino ai polsi lasciando visibili spalle e dita. Sotto la tunica porta un paio di shorts bianchi che arrivano a metà coscia mentre dalle ginocchia in giù è possibile notare la presenza di un paio di stivali da kunoichi privi di tacco. Comodi, silenziosi, sicuri. Una tasca porta oggetti è assicurata alla vita dove una cintura le circonda i fianchi mentre il coprifronte di Otogakure donatole da Katsumi è assicurato attorno alla coscia destra. Appare come una figura giovane, fresca, dall'età apparente non superiore ai diciotto anni. Un fisico snello, esile, in evoluzione. Gli allenamenti ne stanno forgiando la compattezza e la forma: la luce del sole ha reso meno pallida la sua pelle seppur essa sia ugualmente molto chiara e la corsa nelle missioni o nelle ronde ha portato quel fisico magro e smunto a divenir più sodo e resistente. Avanza con sguardo serio per le vie di Kusa diretta verso la zona esterna dei Quartieri. Sente il cuore in tumulto, le mani tremare lungo i fianchi per una emozione che non saprebbe ben definire. E' nervosa, è agitata, è impaziente. Avanza ormai prossima alla meta apprestandosi ad impastare il proprio chakra per essere pronta a qualsiasi cosa, desiderosa di fare qualunque cosa non sia pensare al motivo per cui proprio ora Katsumi sembri essere tornato. Le mani verrebbero portate all'altezza del plesso solare a comporre il sigillo della Capra. La mente verrebbe sgombrata da qualunque tipo di pensiero e lasciata libera di soffermarsi su due cose soltanto. La raccolta delle energie fisiche all'altezza del ventre e la raccolta di quelle psichiche all'altezza della mente. Tenterebbe di riunire ambo queste forze in due punti ben precisi del suo corpo cercando di dar vita come a due sfere concentrate di pura forza. L'una dominata dal potere della volontà, della disciplina, dell'allenamento, l'altra dalla potenza del corpo, dei muscoli, delle ossa. Una volta che fosse riuscita in questo esercizio sarebbe andata a tentare di far smuovere queste sfere in una traiettoria rettilinea ascendente e discendente che possa portarle entrambe al plesso solare. Qui tenterebbe di forzare il loro incontro facendole roteare in un unico vortice ove le due forze dovrebbero infine polimerizzarsi ed unirsi fino a divenire un'unica cosa. Se tutto fosse andato per il meglio, il chakra dovrebbe ora colmare il corpo della genin andando a donarle nuova forza e nuovi riflessi e le mani dovrebbero sciogliere il loro intreccio per ricadere dunque lungo i fianchi, come morte. A quel punto dovrebbe ormai esser giunta al luogo indicato sul messaggio e, fermatasi, noterebbe a circa una decina di metri da sé la figura dell'Uchiha seduto su una sorta di collinetta erbosa ad osservar le stelle.<L'immagine distorta di uno specchio> risponde la ragazza nell'udire quella domanda rivolta forse a lei, forse allo stesso mezzo Seiun, non distogliendo neppure per un istante lo sguardo dall'altro, come se temesse di poterlo perdere di vista una volta ancora se solo avesse perduto l'attenzione dalla sua figura. Sembra non esser passato nulla dall'ultima volta che l'ha incontrato, quella terribile, terribile notte. E invece ha attraversato una vera e propria rivoluzione. Deglutisce, si umetta le labbra, nervosamente. Vorrebbe correre da lui, vorrebbe chiedergli perchè, perchè l'ha lasciata, se sarebbe rimasto questa volta, se gli dispiaceva essere andato via. Ma si sente trattenuta. Catene di rabbia e fuoco che la fermano lì, a distanza, come se potesse essere al sicuro dal dolore che la presenza di lui può arrecarle, eguale o forse maggiore del dolore dovuto dalla sua assenza. <Tu cosa vedi?> Non dice altro, non aggiunge altro: non è a lei dopotutto, infine, che spetti dir qualcosa. [Tentativo Impasto Chakra] Quella domanda, posta forse perchè aveva sentito passi avvicinarsi in sua direzione, o forse perchè c'era qualcuno di più specifico al quale rivolgersi, riceve comunque una risposta. Il capo va chinandosi appena, essendo stato precedentemente inarcato verso l'alto, tornando dritto e seguendo appena la direzione dalla quale è provenuta la voce che lui stesso ha richiamato qui. Inizialmente ha pensato al tetto, ci sarebbero state piccole differenze nel proprio umore, influenzato da ricordi che seppur non ha in comune con Akira, racchiudono un soggetto tramite il quale entrambi crearono un legame. Ma ci son più motivi particolarmente precisi per il quale invece ha optato per questo luogo, il luogo stesso nel quale sogna di essere, l'illusione di Nemurimasen verso di lui, l'illusione che se venisse spezzata farebbe capire a entrambi chi di loro è chi. Il luogo nel quale i suoi pensieri si azzerano più spesso. Ed è in fin dei conti così che si sente all'arrivo di Akira, i suoi pensieri da prima contorti e intrecciati su loro stessi sfumano e si spiegano nel silenzio. < E' così che appare..> le labbra si schiudono sempre il necessario, un commento che segue immediatamente il dire altrui, un'immagine distorta di uno specchio. < Seppur possa esser di significato diverso, hai descritto ciò che adesso sono gli Uchiha. > afferma, cercando per la prima volta e per brevi istnati lo sguardo altrui, non con fare troppo afflitto, come se stesse esponendo un suo progetto piuttosto, il suo disegno. < Cloni di uomini che vivono nella copia della casa di questi uomini. Il riflesso di uno specchio che si è rotto ben prima del nostro arrivo. > Sia di Akira che di Katsumi, nato quando i laboratori erano ancora un vero e proprio esperimento, uno dei primi ad essere etichettato come clone, uno dei primi ad esser considerato difettoso. < Ma forse peggiore, perchè non c'è più un'immagine da riflettere, ma solo ricordi. E nonostante tutto in molti vedono il riflesso originale degli Uchiha all'interno di un laboratorio, in corridoi di pietra stretti tra i quali avanzano figure fredde ed identiche tra loro che voglio imitare a loro volta un'altra immagine riflessa. > Un riassunto particolarmente preciso di com'erano i laboratori quando Sasuke e Wooaki erano il potere. < Arima ha teso le mani molto più lontano di dove chiunque avesse mai osato. > Annuncia, facendo leva sulle gambe per alzarsi, muovendosi lentamente verso Akira, ma senza avvicinarsi troppo, mantenendo pochi metri di distanza che potrebbero aumentare o diminuire, nel corso di questa giornata. < Ma mentre le sue mani afferravano qualcosa di nuovo..> lo sguardo si volta in direzione del quartiere Uchiha, invitando l'altra in maniera indiretta a far lo stesso. < I suoi occhi scrutavano oltre il limite del visibile. Un limite che gli è costato tutto, tutto l'affetto che poteva mostrare l'ha dovuto mascherare nelle forme di ossessione e perversione. Ha trasformato l'affetto in dolore e ha dato la sua vita per questo. > Sulla pelle dell'Uchiha visibili i segni tipici della pelle che va quasi a rizzarsi, come un brivido che tuttavia perdura per tutto il suo parlato. Un simbolo che mostra cosa ancora gli susciti pensare a tutto ciò. < Ha amato gli Uchiha come nessuno ha mai fatto, e con i gesti che hanno portato alla sua morte..> lo sguardo scivola in direzione di Akira, ne analizza appena le reazioni fisiologiche, per capire se effettivamente sa o meno a cosa si sta riferendo. < ha dato avvio al suo progetto di rinascita, e neppure nei suoi ultimi momenti ha demorso. > si zittisce per dei secondi, inspira profondamente dal naso mantenendo il più possibile silenzio. < "Tocca a te, adesso. Crescili.. guidali... proteggili. E non avere paura di dover fare cose terribili per riuscirci. Gli Uchiha torneranno a..> le dita lungo i fianchi stringono lentamente il tessuto del suo vestiario, il capo si abbandona quasi pesantemente verso il cielo, riportando alla mente i suoi ultimi istanti. < ..vivere. E poi cadde, sorridendo. Era ormai cieco, stanco, non poteva proseguire. Il peso di quegli attimi..prova ad immaginarlo, come il momento più pesante possibile. Non ho potuto neppure piangerne il cadavere, non ho potuto dire a nessuno quanto lui ha amato tutti i presenti all'interno di quelle mura. E non potrebbero neanche capire il suo sacrificio. > Esplica così i suoi sentimenti, e forse per un Akira cresciuta com'è ora capire non sarà troppo difficile. < ho cercato yume per questi mesi, ma la verità è che una notte mi son seduto dove poggiano ora i miedi piedi, e non son riuscito a vedere il quartiere Uchiha. Solo stelle, piccole, morenti, sole e lontane l'una dall'altra. Ho cercato la figlia che Arima mi ha portato via per trovare me stesso. Per fuggire dal peso che mi ha poggiato con attenzione sulle spalle. Ed ho capito che non è solo perchè sono un uchiha puro, ho capito che è perchè..sono capace di amare. Perchè sarei stato in grado di comprendere alla fine i suoi gesti. Perchè per me è stato come un padre. E tu sei la rappresentazione dell'umanità che non ha mai potuto esternare a me..Akira. > silenzio poi, nell'anima e non. [ck on] Le iridi di lei osservano, studiano, memorizzano ogni dettaglio dell'altrui figura. Il profilo elegante, le iridi così simili alle proprie, la forma del viso che in qualche modo ricorda così dettagliatamente il proprio da farla sentire a casa e a disagio al tempo stesso. Osserva il lucore di quella chioma candida che par riflettere i raggi di una luna morente. Uno spicchio distante, sovrano d'una volta di tenebra. Katsumi smuove le rosee e la sua voce fluisce controllata e padrona come sempre. Tranquillo, pacato, imperturbabile come sempre va snocciolando qualche parola osservando gli edifici che insieme costituiscono i Quartieri Uchiha. Akira non si smuove, rimane sul posto, fissandolo con sguardo deciso e fermo, desiderosa di capire, di conoscere i pensieri altrui. Ma le sue parole giungono bizzare alle sue orecchie: è tornato per... parlare del clan? Di quelli che erano gli Uchiha un tempo e di ciò che sono ora? Non capisce. Non comprende perchè le stia dicendo tutte quelle cose ma non lo interrompe. Lo ascolta, lascia che lui parli finché ne senta il bisogno seguendo il suo sguardo, i suoi passi, il filo logico dei suoi pensieri. Ma è quando nomina Arima che la clone avverte come una stretta al cuore, una fitta dolorosa all'altezza del costato che quasi la fa sobbalzare. Perchè? Perchè le parla di lui? E perchè lei vorrebbe non ascoltare? E' quello che voleva, no? Cercare informazioni su Arima e su quella nefasta notte per conto di Kioshi. Capire cosa sia successo e perchè. Eppure... eppure fa male. Fa male quando la voce di Katsumi parla di lui con quella sfumatura sconfitta, stanca e malinconica. Fa male rendersi conto che gli occhi di lui sembrano vecchi di secoli. Le loro iridi sono sì simili, si identiche, eppure brillano di una luce completamente diversa. Akira è fresca, giovane, appena nata ed immessa in un mondo che ancora non ha potuto macchiarne davvero il cuore. Katsumi ha vissuto sulla sua pelle il meglio ed il peggio che la vita può offrire e ha alle spalle tanto dolore da poter pensare di aver vissuto vite e vite intere prima di essere qui, in questa notte. Quel che dice confonde Akira, la porta ad osservare i Quartieri con le labbra strette, gli occhi aggrottati. Torna ad osservarlo, vede le sue mani scarlatte attraversate da un brivido. Solleva lo sguardo sul suo volto e incrocia il di lui sguardo, sentendosi quasi esposta sotto quell'espressione sincera. C'è mai stato nessun altro, su quella terra, ad udire una simile incondizionata verità uscire dalle sue labbra? Non ne è certa. Ode quelle parole, quei ricordi venir riversati fuori e si ritrova a sentire le proprie labbra schiudersi, lo sguardo ammorbidirsi, farsi nostalgico, ferito. Le ultime parole di Arima erano state quelle? Erano state un dono per lui? Un passaggio di testimone? Come può un morente rivolgere un simile dire al proprio assassino? Non comprende, non capisce, eppure le sembra assurdo pensare che l'altro possa star mentendo. Non guardandola negli occhi, non dopo esser sparito per tutto quel tempo. Non quando quel suo sguardo sembra essere così sinceramente pulito e serio. <Perchè...?> la sua voce esce roca dalle labbra, come fosse consumata, come se non la usasse da molto, molto tempo. <Perchè lo dici a me?> domanda allora, nuovamente, schiarendosi la voce, come a volerle dare più forza, assottigliando leggermente lo sguardo al di là delle sue lenti. <E perchè non puoi dirlo a nessun altro?> Non può capire davvero il peso di quelle rivelazioni, il peso che grava sulle spalle dell'altro da quell'infausta notte. <C'è gente che lo rimpiange. Che lo piange. C'è gente che ti crede un traditore, un assassino ed un vile per aver ucciso la nostra guida. Perchè non dire la verità, allora? Perchè sparire in questo modo?> domanda stringendo ora i pugni, lungo i fianchi, arricciando appena le labbra nel tentativo di trattenere e limitare la rabbia, il risentimento e il dolore di quei mesi trascorsi lontana da lui, in attesa. <Ce lo hai portato via e poi ci hai lasciati a noi stessi. Avevi promesso--...> si ferma, mordendosi il labbro, trattenendo l'aria. Non vuole essere una bambina lamentosa, si era ripromessa di non farlo. <Nessuno può capire qualcosa se non si prova neppure a spiegargliela.> si corregge, alla fine, distogliendo lo sguardo, portandolo verso il suolo, alla propria destra. Se solo le avesse detto qualcosa, magari... avrebbe capito. Se solo le avesse detto qualcosa non avrebbe mai lasciato che qualcuno potesse pensare di lui come un assassino a sangue freddo, come quello che voleva strappare dalle mani di Arima il controllo di un clan successivamente abbandonato. Ma la spiegazione arriva e quello che dice porta Akira a risollevare su lui lo sguardo. Kimi allora... aveva detto il vero? Arima aveva davvero...? Ma quel che dice in seguito è ciò che più di tutto porta la ragazza a sentirsi confusa, a fissarlo persa, sperduta, con la mente a lavorare instancabilmente ed il cuore a pulsar sangue ovunque per il corpo. <E cosa sarei, allora?> domanda lei sbattendo le ciglia, sentendo il respiro farsi leggermente corto. <Un regalo? Un modo per scusarsi?> non comprende. Lei è un messaggio che aveva voluto lasciargli perchè potesse comprendere qualcosa che non poteva esprimere diversamente? Era solo questo per loro? <L'hai... trovata?> domanda, alla fine, con voce flebile, abbassando lo sguardo. Ha paura di sfiorar quell'argomento. Parlare di Yume le ricorda la discussione con Kimi, quella discussione che così profondamente l'aveva ferita e sconvolta. Le aveva detto di non avere il diritto a soffrire per lui, a sentirne la mancanza. Le aveva detto di non avere il diritto di lamentarsi di nulla, delle sofferenze che provava perchè non erano nulla per chi come lei aveva vissuto molto altro. Ma il fatto che potesse andar peggio vuol forse dire che intanto non fa male? <Arima ha davvero... con Kimi...?> non sa come chiederlo meglio di così, ma ha bisogno di una conferma. Non aveva voluto credere che Arima fosse capace di tanto eppure perchè avrebbero dovuto mentirle su una cosa simile? Che motivo c'era? Cosa ne sarebbe venuto fuori? <Keizo ha detto che volevi ucciderlo perchè lui aveva continuato a creare cloni. Ha detto che quella notte avevate attaccato i laboratori perchè volevate fermare le sperimentazioni.> dice rialzando lo sguardo, fissandolo negli occhi, cercando di fermare qualsiasi possibilità di menzogna. <E Kimi mi ha raccontato tutta un'altra storia. Avrei voluto chiederti la verità perchè eri l'unico al quale avrei creduto per certo, ma non c'eri.> Quelle ultime parole escono fuori come un'accusa mentre lo sguardo si fa pesante di un pianto che non vuole liberare. <Non c'era nessuno.> Stringe le labbra, i denti, deglutendo un grumo di saliva. <E ti ho odiato. Ho odiato la tua assenza e ho odiato il tuo ricordo e ho odiato i tuoi regali e questi occhi> e si rompono gli argini e le parole fluiscono, forti, come torrente in piena mentre la mano scivola a sfiorare il coprifronte legato alla sua coscia. <E ho cercato di capire e di scusare e di aspettare. E ora sei qui e io non so cosa dovrei fare> Lo osserva con gli occhi brillanti, scintillanti di lacrime mute, orgogliose, che non si sarebbero mostrate. Un segno della sua evoluzione, della sua crescita. <Non lo so perchè continuo a sentirmi troppo piccola, troppo persa fuori da quella stanza, lontana da Arima. Lui sapeva cosa era meglio per me, lui aveva dei progetti per me!> .. <E io sento di non avere un posto, sento che mi manca qualcosa. Anni. Anni di vita che non ho mai vissuto, che sono in ritardo per vivere adesso! Anni durante i quali avrei dovuto capire chi sono e perchè sono questo e che ora mi sembra di non riuscire a recuperare.> Ha il fiato corto, il tono è rapido, affrettato, come se avesse timore che se non si fosse sbrigata non avrebbe più potuto dire nessuna di quelle cose. E quelle parole sono al tempo stesso accusa e richiesta d'aiuto, sentenza e salvezza. Si sente svuotata, sente che tutti i sentimenti che l'avevano guidata fino a quel momento hanno trovato modo di abbandonarla attraverso le parole lasciandola infine esanime di forze. <Perchè sei qui, adesso...?> domanda, poco dopo, puntando lo sguardo stanco in quello di Katsumi. <Cosa ti porta qui, davvero?> O, in altre parole, "Sei qui per restare, Katsumi?" [chakra: on] Rivelazioni probabilmente più che dure e pesanti quelle che l'uchiha sta esprimendo dalle sue labbra in questo momento, una verità della quale nessuno è al corrente, persino le ultime parole di Arima erano fino ad ora un tesoro esclusivo di Katsumi e Arima. Un tesoro il cui valore è tanto inestimabile quanto unico: l'intero clan Uchiha. Come si può non essere stravolti da energia pura anche solo nell'immaginare un momento simile? Gli occhi di Katsumi hanno affrontato la vita ad un livello estremamente profondo, la sua mente ha persino trasceso quello stesso limite, assorbendo ricordi di una miriade di persone e persino la stessa vita di Akendo Seiun, una vita di guerra e abbandono che mischiata a tutto il resto ha portato a generare ciò che vive in quel corpo. Scavati da immagini indicibili, passati attraverso tempeste di passione e d'odio, ma che ancora son capaci d'illuminarsi al pensiero delle gesta del suo ex mentore. Capaci di sottomettersi alla volontà più incrollabile che mai abbia visto, e lui..Katsumi Uchiha, è ciò che rimane dell'ereditarietà degli Uchiha più antichi, un ramo nato ai tempi di Madara che ancora oggi vive in lui. Ed Arima ha dedicato la sua vita al successivo capoclan, come se avesse preparato un terreno da coltivare. Ed il peso di tutto ciò è qualcosa che in minima parte vuole trasmettere ad Akira, vuole farle percepire il mondo attorno a lei appesantirsi repentinamente per tentare di farla gettare al terreno, vittima di qualcosa di impossibilmente forte. Perchè sa, dal profondo del suo cuore che ormai genera un sangue violaceo, che lei può resistervi. E cadrà, innumerevoli volte cadrà, sporcandosi di fango e sangue, ma se sarà capace di rialzarsi prima o poi rimarrà sempre in piedi, e potrà percepire lo stesso brivido che ora ha katsumi. Ascolta le parole altrui, ascolta quell'incessante dubbio che par quasi divorarla, perchè? Alla base di tutto, vuol saper chiaramente e senza risposte velate cosa lo ha spinto a fuggire, cosa lo spinge a nascondere quel segreto tanto assiduamente. < E' la parte della volontà di Arima che son riuscito a rispettare fedelmente. Se avesse soltanto voluto rendermi capoclan non avrebbe mai fatto nulla di tutto ciò, avrebbe atteso il momento giusto per chiamarmi al suo ufficio e darmi l'effige del clan. > Alza la mancina, colorata di cremisi, mostrando all'indice un anello riportante il fiero stemma del clan, l'effige di cui ha parlato ad Akira. < In pochi davvero lo piangono, ha fatto tanto per non dar peso alla propria persona. Non ha mostrato a nessuno d'esser capace di compier alcuna impresa, nonostante il suo mangekyo. Nessuno sa nulla di lui, a partire dallo stesso modo nel quale ha ottenuto lo sharingan ipnotico. Cosa lo ha fatto soffrire? Cosa ha amato oltre il clan, in segreto? Cosa ha odiato? Neanche gli archivi danno alcuna sua informazione. > Si ferma per dei secondi, ma il necessario riguardo quella domanda lo ha detto. Vuole rispettare i suoi metodi, vuole portare alle spalle la grande volontà che gli è stata mostrata. Ma in passato non era pronto a tutto ciò, non ne era in grado. Ascolta conseguentemente quanto ha da dire, i dubbi su sè stessa, comprensibili in fin dei conti..non esiste una risposta certa al perchè Arima abbia fatto la sua scelta nei confronti di Akira, si può solo speculare per ora. < Tu sei..molto di più, forse ancora non sappiamo definirlo con precisione, ma non penso che avrebbe mai banalizzato qualcosa di così importante. > Afferma, per certi versi consolando una confusione del quale può immaginare le conseguenze e gli effetti. Nel contesto degli Uchiha essere è una cosa complessa. Ascolta conseguentemente quanto riguarda ciò che lei sa, ancora dubbiosa sul fatto che Arima abbia davvero fatto ciò che ha fatto. Eppure la realtà non è per niente dolce. < No. >La mancina si dirige verso il petto, sfiorando una tasca della camicia ed estraendone un taccuino in pelle dalle sfumature cremisi secche, come una foglia d'autunno. < Kimi è stata rapita, torturata, e Yume è stata sottratta dal suo stesso ventre sotto occhi e direttive di Arima. E' stata infine abbandonata prossima alla morte in mezzo al nulla. Ed è questa la scintilla che ha fatto scattare tutto, è questo il motivo per cui non riesco ad accettare le azioni di Arima. Il motivo per cui ogni volta che guardo Kimi mi sento in colpa per quel che provo, per il chiederle di perdonare. Tu ci riusciresti, al posto suo? > Le chiede, abbassando lo sguardo verso il terreno e sospirando pesantemente, per tornare soltanto dopo breve tempo in direzione di Akira con lo sguardo. E quando lei lascia il via libera ad i suoi sentimenti che Katsumi si immobilizza, labbra appena schiuse e occhi fissi in sua direzione, ascoltando ogni parola. Percependo quella è che la sua sofferenza, che relativamente alla sua situazione, è enorme. Empatia..chissà quando ha iniziato davvero a farne ausilio. < Anni di vita.. > un sussurro espresso dopo che gli vengono persino poste le ultime domande, alla mente una repentina scossa ed il silenzio. Qualcosa si presenta alla sua mente, impedendogli di rispondere immediatamente, rendendolo momentaneamente assente. E poi, dal nulla, un paio di passi in avanti, per ridurre le distanze che precedentemente ha deciso di mantenere. Un ultimo passo che porta avanti il piede sinistro, il destro a poggiare a terra con il ginocchio, scendendo appena il corpo per portarsi al livello altrui, per avere gli occhi fissi alla stessa altezza su quelli altrui. < Sono qui perchè questo è il luogo dove dovrei essere. Con Kimi, con te, con gli Uchiha. Sono qui perchè il mio compito è distruggere la gerarchia che ora domina gli Uchiha, sono qui per eliminare il prefisso di clone dai nomi di tutti. Sono qui per voi. > Il taccuino precedentemente estratto viene aperto, una breve ricerca tra le pagine, prendendone una in particolare. < Non ero sicuro di volertelo dire prima di controllare di persona, ma durante le mie ricerche ho trovato un luogo, in quel luogo ho trovato i dati di un posto sottotitolato come K-21. Lo esploreremo assieme, anche con Kimi se vorrà, ma prima di questo dovrò farti incontrare una persona..per quanto riguarda ciò che senti di non aver mai vissuto. > Tante parole, tante informazioni, tanti eventi che devono venire. [ chakra on] Oh, sì. Ogni singola parola, ogni singolo concetto espresso, altro non è che un fardello. Un peso che si addossa sulle piccole, tenere spalle della Uchiha. Man mano che il discorso prende piede e le parole di Katsumi divengono realtà concreta, nella mente della ragazza si vengono a creare immagini di tutto ciò che ricorda, tutto quanto ha visto. Il corpo di Arima immerso nelle lacrime del cielo e nel sangue delle sue ferite, gli occhiali rotti, storti, al di sopra di un sorriso stanco, eterno, rimasto bloccato sulle sue labbra ormai esangui. Era stato il suo primo pensiero... Che Arima fosse felice. Per la prima volta, finalmente, realmente soddisfatto. Ed è così ingiusto che proprio nella morte abbia trovato quell'appagamento, così ingiusto che nella morte abbia trovato riparo! Ma Kioshi non ci ha creduto, no. Kioshi non l'ha visto, solo attraverso gli sbiaditi ricordi di Akira e lei ha vacillato nella sua convinzione. Arima ha organizzato un lungo, lungo progetto solo per arrivare infine a questo punto, a questo preciso momento. All'incoronazione di Katsumi come capoclan, per mano della sua stessa morte a seguito di un loro scontro. Ma perchè...? Perchè arrivare a questo? Akira non può capirlo bene, non lo conosce come lo ha conosciuto Katsumi e non sa. Sa solo che è una verità troppo amara per poter essere assimilata senza conseguenze. Se ne sente come piegata, appesantita, incapace di accettarla nell'immediato. Osserva l'effige del clan che l'altro reca al proprio dito e fissa la sua attenzione su quell'oggeto per pochissimi istanti. Ha già visto quell'anello prima, alla mano di Arima, tempo addietro. E quando le nuove parole di Katsumi fuoriescono Akira solleva lo sguardo, lentamente, per porlo nel suo, specchiandosi nelle iridi gemelle dell'altro. <E a chi interessa?> domanda lei con disarmante innocenza. <Non mi interessa sapere del suo Mangekyo. Non mi interessa sapere del suo Sharingan o di quanto fosse forte. E nemmeno a te. O a Kioshi> continua lei sicura, ingenua in quel suo semplice ragionamento. <Noi gli volevamo bene anche senza saperlo. Lo abbiamo pianto lo stesso> Katsumi non ha pianto davanti a lei, non sa se abbia pianto affatto la sua morte, ma nei suoi occhi lei ha veduto un pianto muto quella notte. La sconfitta che pesava e bruciava dietro le iridi, il dolore, il rimorso, forse la mancanza. <Lui... amava te. Credo.> risponde lei abbassando ora lo sguardo, cercando di ricordare quei pochi sprazzi di ricordi che portano nella sua mente il volto di Arima. <Diceva che ero speciale perchè ero nata dal sangue di una persona speciale. Ti ha affidato quello che aveva protetto da tutti gli altri... è stato felice di morire per mano tua. Non è amore, questo?> domanda lei rialzando lo sguardo, cercando nelle iridi del Goryo una risposta. Ovviamente un amore pulito, spontaneo, incontaminato e platonico, nulla che possa venir definito romantico. Amore nel suo stato più primitivo e naturale. Affetto. Esattamente come quello che Akira prova per loro. Per Arima. Per Katsumi. Nonostante tutto. E' stata arrabbiata, è arrabbiata per quella lontananza, per quelle promesse infrante rimaste in sospeso fra loro, ma nonostante questo non riesce ad odiarlo. No. Non riesce a non amarlo. Perchè crede in lui, perchè crede ancora che, ovunque loro siano, un filo rosso leghi le loro dita portandoli a trovare il modo di ritrovarsi per sempre, a prescindere da tutto. Ovunque siano. Un legame che trascende la logica e la razionalità, che non trova ragioni d'essere o esistere, che pulsa nelle sue vene come il suo stesso sangue. Neppure lui sa perchè Akira sia nata. Neppure lui sa cosa significhi la di lei esistenza, e lei sospira, semplicemente, abbassando il capo. E' stanca di cercare di capire perchè Arima l'abbia creata. Forse, semplicemente, voleva un secondo Katsumi, una scorta. O solo una prova. Eppure secondo Katsumi c'è una ragione importante alla base dell'esistenza di Akira. Un motivo speciale che non ha nulla a che vedere con delle scuse od un misero regalo. E questo solo pensiero la risolleva, la conforta, la fa sentire nuovamente speciale, come non lo si era sentita da fin troppo tempo. Ma è giunto il momento delle risposte, della verità e Akira la reclama con forza, ponendo domande che premono sulle sue labbra da tempo. Katsumi va a prendere dall'interno di una tasca una sorta di libriccino e quindi le spiega ciò che è accaduto. La clone ascolta, silente, guardandolo in viso, rabbrividendo spontaneamente quando sente la voce di lui rivelarle quanto dolorosamente ora egli guardi a Kimi. Si sente colpevole e questa cosa ferisce Akira nel profondo. Anche lui ha perduto una figlia. Anche a lui è stato tolto qualcosa di importante, eppure lui si sente responsabile... perchè? Non è giusto. Il capo della Uchiha si muove, si scuote appena, mentre lo sguardo s'abbassa lento e mortificato. <No> sussurra con voce flebile, sincera, ricordando il giorno in cui lei stessa chiese a Kioshi di comprendere le ragioni dietro la furia della coppia di non più genitori. Non avrebbe mai chiesto loro di perdonare Arima, non sarebbe stato giusto dopo quanto ha fatto. <Non devi accettarle. Lui... ha sbagliato> mormora lei con fare stanco, combattendo contro l'innato istinto che da sempre la porta a cercare di proteggere la figura del suo creatore. <Ha fatto una cosa orribile. Kimi non deve perdonarlo. E nemmeno tu. Così come non devi sentirti in colpa> continua lei rialzando solo ora il viso piccolo, bianco, cercando lo sguardo di Katsumi col proprio, timidamente. <Hai perso una figlia anche tu. Lo capisco. Lo capirebbero tutti. Non è colpa tua> Glielo aveva mai detto, qualcuno? Era mai stato assolto da questa sua colpa indebita? A volte, per andare avanti, è tutto ciò che serve. Sentirsi perdonati anche per qualcosa che non si è mai commesso. <Però... io non lo odio lo stesso. Io gli voglio bene> ammette poco dopo e questa volta c'è colpa a sfumare nella propria voce, come se si vergognasse di questo. Combatte con se stessa nel pronunciare queste parole e si morde il labbro inferiore con fare spontaneo. <Mi manca.> sussurra stringendo poi le labbra in una linea sottile, trattenendosi prima dell'inevitabile scoppio. Si sfoga, si libera, lascia fuoriuscire tutto senza però piangere, senza mostrarsi debole. Ha imparato a non farlo, ha imparato a trattenere il dolore, a nasconderlo senza lasciare ch'esso si riversi sul suo viso in rivoli umidi e salati. Ansima appena per la fatica di quello sfogo vedendo dunque il mezzo Seiun avvicinarsi a lei. Uno, due, indefiniti passi prima di bruciare la distanza fra loro e chinarsi alla stessa altezza della clone. Akira segue con lo sguardo qualsiasi suo movimento fino a quando non lo vede fermarsi, i loro occhi allo stesso livello, di fronte gli uni gli altri, su uno stesso piano. Vicini, abbastanza da poter scorgere ogni sfumatura di colore e sentimento dietro di essi. Stanchi. Così stanchi. Katsumi parla, lascia fuoriuscire la sua voce, le dà le risposte che lei gli ricerca e quello che dice le stringe con dolcezza il cuore. Lì per loro. Per lei. Per gli Uchiha. Vuole crederci. Vorrebbe credere a quelle parole, sentirsi rassicurata da queste, ma il dubbio persiste. Quante volte aveva già pronunciato quella stessa promessa? Eppure era andato via. Tornato ora, ma per quanto? Li aveva lasciati tutti, aveva lasciato lei... e le era stato negato il permesso di piangerne la mancanza da una Kimi che ora non riesce più a pensare di poter avvicinare, spaventata semplicemente dalla reazione che lei avrebbe mai potuto avere avendola accanto. <Lo avevi detto... prima di andartene.> La sua voce è bassa, incerta, mentre cerca di non cadere una volta ancora nella dolcezza di una trappola irresistibile. <Non dirlo se non è vero. Non dirlo se non succederà.> le spalle di lei s'abbassano, le mani si rilassano appena e la stretta delle dita contro i palmi si scioglie mentre la stanchezza fluisce via da lei attraverso ogni respiro. <Oppure dillo. E non andartene più> aggiunge, uno spasmo alle labbra che si affretta a frenare per non mostrare segni di debolezza. Aveva promesso di non mostrarne più, l'ha promesso dopo aver chiesto a Kimi di ucciderla subito invece che attendere di aver sterminato tutti gli altri Uchiha prima di lei. E quelle parole, alla fine, la sorprendono portandola a sgranare appena gli occhi, l'espressione a mutare fino a divenire basita, sorpresa, colpita. Non c'è cosa che desideri più di sapere la verità! Le iridi passano rapidamente dall'osservare il taccuino al fissare Katsumi fino a quando egli non tace e lei si ritrova a stringere le labbra con fare combattuto per un istante soltanto. <No--n... Non credo che Kimi vorrà.> ammette lei, deglutendo, abbassando lo sguardo. <Ci vuole morti. Ci vuole tutti morti. E forse l'unico che può salvarsi sei tu. Ma voleva morto Arima e ora vuole morti tutti gli altri e anche me.> Ricorda perfettamente la loro lite, il modo in cui Kimi aveva detto che sarebbe stata l'ultima alla quale avrebbe preso la vita. Era una lite ricolma di sentimenti e dolore e paura e Kimi stava persino piangendo, sfogandosi rabbiosamente contro una verità troppo dura da accettare per potersi arrendere ad essa, ma Akira non sa. Akira non la conosce, non capisce e non comprende ciò che qualcuno potrebbe fare o dire solo per combattere il dolore. Andrebbe d'istinto a concentrarsi sul proprio chakra cercando di prenderne una certa quantità e dividerla in due metà esatte e perfette. Tenterebbe di spingere e convogliare queste due frazioni verso l'alto, lungo i canali del keirakukei che raggiungono gli occhi e proprio qui, alla fine, andrebbe a sospingere la propria energia verso le iridi. Andrebbe a cercare di far affluire il chakra negli occhi nel tentativo di cercare il gene Uchiha presente e nutrirlo di quella forza. Se questo fosse accaduto le iridi di Akira dovrebbero divenire scarlatte. La rossa diverrebbe semplicemente più brillante, la bianca scurirebbe fino a tingersi di cremisi come se fosse andata riempiendosi di sangue. Una piccola macchiolina nera vorticherebbe rapida attorno alle pupille, una per occhio, in una orbita perpetua e stazionaria rallentando man mano fino a fermarsi. Lo Sharingan si rivelerebbe, stabile, perfetto, nello sguardo di una Akira che par quasi riempirsi di colpa la voce. <Tutti gli Uchiha> sorride amaramente con fare quasi sarcastico, prima di espirare e scuotere leggermente il capo. <Chi vuoi farmi incontrare?> domanda, quindi, alla fine, prima di tacere, rialzando lo sguardo su Katsumi, puntando lo Sharingan nelle iridi bicromatiche di lui, ora così strane senza quella sclera nera a contrastare l'iride sanguigna sul suo viso. Possibile che esista qualcuno che possa aiutarla a recuperare gli anni perduti e mai vissuti? Le sembra davvero, semplicemente impossibile. [Sharingan I]
Giocata del 06/08/2017 dalle 10:45 alle 15:37 nella chat "Luogo Sconosciuto"
Verità, dopo così tanti anni, non tutti propri, comprende quanto quest'ultima possa essere un elemento totalmente distruttivo nella vita di un qualsiasi individuo. Ma è proprio dove giacciono cumuli di nulla che vengono creati solidi castelli, ed attorno a loro possenti mura. Raccontare a chiunque la verità porterebbe alla creazione di innumerevoli problemi, ma in questo caso può permettersi di propagarla ad Akira, una delle poche che davvero ne ha bisogno per poter andare avanti. E forse farà male, forse la notte sentirà dolore e non sarà neppure facile capirne il perchè. Le cose vanno bene, ora. Arima ha fatto delle azioni davvero malvagie nei confronti di diversi individui, ha mentito agli Uchiha. E ora è morto, quindi perchè conoscere la verità fa così male? Perchè quell'individuo genera dolore, adesso? Il silenzio domina incessantemente negli attimi che intervallano quei pensieri, entrambi a modo loro vanno generando repentinamente nuove idee, nuove domande, o nuove risposte. < Non interessava a nessuno di noi. > Scuote appena il capo, rispondendo ad una domanda che nella sua stessa retorica aveva già trovato una risposta. Anche da muto, avrebbe fatto intendere la stessa cosa. Gli giunge conseguentemente un nome, un Uchiha..Kioshi. Nomi che nella sua mente si cumulano, negli anni di laboratorio e in quelli vissuti ai quartieri ha avuto modo di sentire di parecchie identità, ma per quanto un nome suoni familiare nessun ricordo vi è legato. < Chi sarebbe? > Domanda, inspirando profondamente per poi voltare lo sguardo in direzione una volta ancora del quartiere Uchiha, permanendo statuario e ascoltando quanto segue da parte di Akira. Le parole che seguono lo scuotono, mente e corpo si distanziano per un momento, i muscoli vanno irrigidendosi appena. < Non è il tipo di amore che avrei voluto ricevere. Tutti saremmo stati più felici se avesse deciso di agire diversamente. > Ma forse le cose non sarebbero mai migliorate. Forse gli Uchiha si sarebbero bloccati nella triste convinzione che gli ideali di Sasuke fossero davvero buoni. E ancora oggi esiste sicuramente qualche clone convinto erroneamente che quell'identità, quell'ammasso d'odio e perversione, potesse essere realmente denominato un Uchiha puro. Divenuto incapace di amare, ma solo di possedere e distruggere. Quanti cloni ha ucciso in mezzo ai corridoi del laboratorio nei suoi momenti più perversi? Quanti danni ha fatto a livello psicologico a chiunque abbia vissuto quel periodo? Quel tempo è finito, quei tipi di Uchiha sono finiti. Manca poco al raggiungimento della tanta ricercata libertà, del raggiungimento dello status di umani e non di numeri e lettere messi assieme. Ma anche questi suoi pensieri sono un modo per divincolarsi dalle parole di Akira, dal pensiero che Arima lo amasse così tanto. Ammette dunque quelle che possono esser state le sue colpe, per quanto pesante sia ammetterlo, specie per quanto riguarda l'ideale di inflessibilità che si immagina possieda un ninja del suo grado, con i suoi titoli..ammette comunque ciò che è stato dal suo punto di vista. Ma nella vasta ramificazione di possibilità da lui pensate, non avrebbe pensato che la risposta di akira sarebbe stata ancora una volta spiazzante. Gli viene detto che non è colpa sua. Entrambe le pupille a sgranarsi ad un livello quasi impercettibile, un segnale breve che mostra il suo stato. Ed il corpo, ancora una volta rigido, le labbra chiuse ad ascoltare tutto quanto lei possa dirgli. < Forse hai ragione..e grazie Akira, non so come esprimerlo meglio, ma apprezzo davvero ciò che mi hai detto. > Angoli delle labbra ad esser tirati ed incurvarsi conseguentemente in un sorriso, che nello svolgersi va appena ad evidenziare i tratti del volto, uno sguardo che abbandona momentaneamente la sua inflessibilità per mostrare stanchezza, ed un po' di felicità. < Vorrei raccontarti pian piano tutto ciò che mi riguarda, presto. Vorrei farti osservare con i tuoi occhi che la mia maledizione è purtroppo più dolorosa di quella che normalmente grava sugli Uchiha. > Parole pesanti, ma è una verità che per lui è impossibile negare. < Io non sono capace di conservare l'odio. Non sono capace di trattenere quello stato emotivo e di sfruttarlo. E mi fa male non esser stato capace, e non esserlo tutt'ora, di odiare Arima il necessario, per le sue azioni. > Questo appare come il suo forte rimpianto, alla radice dello sguardo pieno di colpa che ha detto che rivolge a Kimi. Ed è ora di nuovo alla stessa altezza di lei, in ginocchio come un cavaliere dinnanzi ad una figura rispettata, con uno sguardo che ha ormai messo da parte la rigidità per mostrare lei umanità. E rimane così muto, la ascolta, partendo dai suoi dubbi per giungere oltre. < Dev'essere stata dura per te, da sola in questo mondo. Mi dispiace per averti fatto del male, ma ora sono qui...per restare. > Prosegue ascoltando così quanto riguarda Kimi, evidentemente anche lei non ha avuto dei buoni momenti in sua assenza..non ritiene la doku capace di uccidere ogni Uchiha, ma con meno stabilità sarebbe stata sicuramente capace di far scorrere del sangue. < Ho già parlato con Kimi, poche ore fa. Non sarà facile, ma anche lei si impegnerà per cambiare. Si impegnerà per far sfumare quel sentimento maligno, ma dobbiamo aiutarla. > Segue conseguentemente con lo sguardo il formarsi di una piccola virgola nera in mezzo a quelle iridi bicromatiche. Ce l'ha fatta, è riuscita a comandare il suo sharingan. Il capo va appena inarcandosi, osservando le luci al di sopra delle loro teste, all'altezza della bocca dello stomaco una minima parte delle proprie riserve di chakra ad essere estratte dal relativo sistema circolatorio, due sfere vuote ad essere visualizzate dov'è stato detto, facendo sì conseguentemente che tramite la propria ormai ottima padronanza del chakra quest'ultimo vada a riversarsi in quelle forme appena generate, facendo sì che conseguentemente un secondo flusso di energia vada a generare una forza che sospinga rapidamente il chakra verso l'alto, passando per la trachea e raggiungendo infine il nervo ottico, laddove ogni sfera andrebbe a dirigersi in ognuna delle sue pupille, impregnandole di energia per soddisfare la condizione necessaria al risveglio del suo sharingan. Gli accesi colori dei suoi occhi a sfumare per intero sul cremisi, colpa della massa di chaka, seguito immediatamente dalla formazione delle tre tomoe che vanno vorticando su sè stesse, amalgamandosi in maniera del tutto innaturale per poi diluirsi attorno ad entrambi gli occhi, formando un disegno caratteristico che vede far apparire il suo mangekyo sharingan. Un potere ottenuto quando una delle lame di Akendo gli han perforato il cuore, uccidendolo e lasciandogli tutt'ora un segno di quell'evento al petto. Eppure, in quel disegno, simbolo del suo potere, vi si può quasi incrociare la forma di un fiore, ma non solo quello. I segreti dietro quel disegno ancora son da svelare. Solo completato quel processo, andrebbe ad abbassare il capo, per osservare dritta negli occhi Akira. < L'unica persona che non ti farei mai conoscere in circostanze normali. E' una storia un po' lunga..te la racconterò in futuro assieme alla mia storia. Ma per farla breve sarà capace di farti vivere in brevi istanti di realtà parecchi anni di vita. Ma se davvero vuoi crescere, non sarà facile. Dopo un po' di tempo in quel genjutsu scorderai persino di esser appartenuta a questa realtà, il solo modo per crescere è vivere. E sfruttare una tecnica tanto potente potrebbe decisamente confonderti quando riaprirai gli occhi sul mondo reale. Se lo vuoi, dopo aver scoperto cosa si cela dietro quel luogo 'k-21' preparerò il necessario per questo evento. Ma considera quanto possa essere alienante, e quanto non sarà facile, sotto il controllo di quell'entità. > Silenzio adesso, finalmente. Il dialogo ha ormai raggiunto il culmine. Akira, quanto desideri crescere? [chakra attivo -4] [Mangekyo sharingan] Il capo del clone si abbassa leggermente, lentamente, annuendo in un moto tanto leggero e delicato da apparire quasi accennato. Non servono ulteriori parole su questo punto, non serve aggiungere altro. I loro sentimenti per il fu capoclan Uchiha permangono fra loro circondandoli, riecheggiano assordanti nel silenzio di una notte di piena estate. Nascosti da un velo solo pochi sono in grado di scostare per poter guardare la verità. Akira sa, lo sente, che lui non sta mentendo. Anche lui, a suo modo, ha voluto bene ad Arima e ancora ne vuole. Soffre, ancora, per la sua perdita, per il suo ricordo, ma non tornerebbe indietro. No. Qualcosa che solo adesso l'Uchiha può comprendere, che solo ora Akira può capire davvero sebbene ad un livello più inconscio che razionale. Le è difficile capire come si possa amare qualcuno che si è ucciso o uccidere qualcuno che si è amato, ma non dubita -guardando il mezzo Seiun negli occhi- che lui abbia realmente provato affetto per Arima. Qualcosa che non sa, ora, come spiegare a Kioshi. Kioshi che Katsumi non conosce e che non conosce Katsumi, che lo cerca per delle risposte oppure per una vendetta. E lei sola, adesso, si erge fra lui e questo proposito, ago di una bilancia che potrebbe portare ad uno scontro o alla pace. <Kioshi è...> la sua voce vacilla, incerta, mentre cerca il modo migliore di spiegare la situazione. <...lui è un amico di Arima> si ferma un istante umettandosi le labbra, deglutendo piano, ritrovandosi a ricercare nuova aria dalle piccole narici. <Non so molto di lui ma gli vuole bene. Gliene ha sempre voluto, fin da ragazzo. Credo che... vorrebbe parlare con te. Ha bisogno di sapere cosa è successo. E ho paura che se dovesse continuare a rimanere nei suoi dubbi potrebbe...> ...esplodere. Il suo è un bisogno così spasmodico, così violento, lacerante e corroborante che potrebbe portare all'inevitabile fine di ogni Uchiha. Al consumo di ogni cosa che lo rende umano, alla fine. <Se dovessi ritrovarlo, gli parlerai?> gli domanda, allora, guardandolo negli occhi, timorosa, speranzosa, desiderosa di aiutare Kioshi tanto quanto lo stesso Katsumi. Avrebbe dovuto fare il possibile per impedire che Kioshi potesse essere prevenuto nei suoi confronti, per impedire che lo incontrasse armato di pessime intenzioni. Non vuole mettere Katsumi in pericolo, non vuole che Kioshi lo odi per quanto successo. Solo che capisca, almeno che ci provi. Un alito di brezza soffia frizzante, una nube ovattata nasconde per un istante soltanto il candido spicchio di luna sopra di loro mentre tutt'attorno ogni cosa muta e resta invariata. I Quartieri si stagliano poco distanti, le effigi del ventaglio Uchiha ricoprono mura e pareti con vernice ormai vecchia e crepata, mentre le loro voci si incontrano e scontrano una volta ancora. Katsumi par quasi rimaner sorpreso dell'udire quello che la ragazza gli dice. Lei nota le sue iridi sgranarsi, l'espressione mutare in maniera così delicata e sincera da apparir naturale. Quanti, prima d'ora, son riusciti a strappargli una simile espressione dal volto? La ringrazia e Akira si ritrova a sentirsi come riempita di un calore nuovo, diffuso, che le dà nuova forza e brucia e consuma ogni stilla di rimpianto e risentimento ancora rimasti in lei. Come può bastare così poco, per lui, per eliminare ogni cosa? Ogni ferita, ogni dolore, ogni lacrima versata durante la sua lunga assenza? Come può semplicemente controllare il di lei cuore, il di lei umore, semplicemente ringraziandola? Le labbra di lei si allungano quasi impercettibilmente verso l'esterno, un piccolo sorriso che si mostra per la prima volta quella sera sul suo viso. Ascolta la voce di Katsumi, le sue parole e sente che quanto le viene offerto è qualcosa di raro e prezioso. Qualcosa cui non molti possono aspirare, forse neppure fra la più ristretta cerchia del Goryo. <Arima ha fatto cose cattive. Ha sbagliato. Ma ha fatto anche cose buone, credo> mormora Akira smuovendo le rosee, guardandolo pacatamente, sfarfallando le ciglia un paio di volte, rapidamente. <Forse non puoi odiarlo perchè tu le hai viste le cose buone che ha fatto> azzarda, lei, inclinando di poco il capo nell'osservarlo, sapendo bene quanto a volte sia impossibile odiare chi ci ha fatto del bene. Anche nei giorni trascorsi lontani, anche nei mesi di distanza, anche nel rancore e nel dolore, mai Akira è riuscita a provare odio per lui. Mai, nel suo cuore, ha pensato di volergli far del male, che lo meritasse. Nei suoi sogni più nascosti desiderava solamente abbracciarlo e dimenticare ogni cosa. Ritrovare il padre perduto, la guida dispersa, il liberatore dai capelli d'argento. Liberatore ch'ora è chino dinnanzi a lei, da pari a pari, donandole conforto e ascolto. Rassicurazioni che lei brama da così tanto tempo da aver quasi dimenticato di averne bisogno. E qualcosa si smuove nel fondo del petto, qualcosa si spezza, e le iridi si bagnano di lacrime mute. Non scivolano via, non piange, ma sente quel velo caldo posarsi dinnanzi agli occhi, mentre un calore dolce si propaga dal petto al resto del corpo, riempiendola. <Mi dispiace di essere stata arrabbiata con te> mormora lei, a sua volta, deglutendo. <Stavi male. Ma non l'ho visto. O non mi è importato abbastanza...> abbassa lo sguardo, sentendosi d'un tratto colpevole per tutti i pensieri recriminosi fatti in quel tempo. Katsumi che aveva ucciso una persona amata, Katsumi che aveva perduto una figlia che non sarebbe tornata. Katsumi che doveva ricostruire le leggi alla base di un clan in rinascita. Katsumi che l'ha liberata. Katsumi che portava sulle sue spalle i suoi pesi da solo. <Mi dispiace..> lo sguardo si rialza lentamente, timidamente, cercando con fare tremante quello di lui, quasi timorosa all'idea di quello che avrebbe potuto scorgere sul suo viso. Ha già sentito rivoltarsi contro di sé la rabbia e la furia di Kimi e per poco non ha capitolato sotto quei duri colpi: sa che sentirsi addossare la rabbia di Katsumi sarebbe sempre stato peggio. No. Non la sua rabbia. La sua delusione. Qualcosa che avrebbe potuto arrivare ad ucciderla dentro. E lui le chiede aiuto: le chiede aiuto per sistemare le cose con Kimi, con gli Uchiha, cercando di rassicurarla e farle comprendere che le cose ora sarebbero cambiate, sarebbero migliorate. Akira è dubbiosa, ancora ferita dalla sua discussione con la Doku. Si è sentita come scacciata da lei, come se non avesse il diritto di soffrire per la persona che lei amava e che lei non conosceva abbastanza. <Va... bene. Ma... è arrabbiata con me. Perciò non lo so se posso aiutarla proprio io> rivela, timidamente, mordendosi il labbro inferiore, come se provasse vergogna nel rivelare quelle parole all'altro, come se temesse che potesse non apprezzare l'idea che lei e la sua donna non andassero d'accordo. <Però ci proverò> assicura, subito dopo, annuendo, perdendosi nell'osservare il Mangekyo dell'altro, in quel disegno nero ed unico che strazia la perfezione di quelle iridi sanguigne. Un potere immenso, spaventoso, che la lascia quasi inerme sotto il suo sguardo. Tace, persa nella contemplazione di quella forza, di quello Sharingan definitivo e perfetto, andando alla fine ad udire la voce di Katsumi spezzare il silenzio fra loro. Quello che dice porta la ragazza a sperare, ad illuminarsi, accendendo nel suo cuore una speranza che non aveva mai trovato vita. Avrebbe potuto... essere normale? Avrebbe potuto recuperare gli anni perduti? Crescere, esattamente come tutti gli altri? Smettere di sentirsi persa in quel mondo troppo pieno di regole non dette e abitudini senza nome? <Sì, ti prego!> esclama immediatamente con urgenza, guardandolo, il viso congestionato dall'emozione di quella richiesta. <Non voglio più vivere così. Come se il mondo in cui vivo fosse parallelo a quello dove vivono gli altri, con molte meno regole, molti meno strati e livelli. Tutti vivono aggirandosi attorno a concetti e sfumature di significato che non riesco a vedere e cogliere e mi sento persa. Mi sento stupida, sempre, costantemente. Non voglio> spiega lei con tristezza, con bisogno, guardandolo. <Farei qualunque cosa per non essere più così. Basta solo che possa continuare a ricordare te. E Arima. Tutto il resto... non conta> [Sharingan I] Un nome a lui fondamentalmente nuovo viene citato da parte della giovane Uchiha. Sopracciglia ad aggrottarsi appena nell'ascoltare le parole che seguono, sguardo attento che va adesso a posarsi sullo sguardo altrui, abbandonando momentaneamente quanto li circonda. < Prima di tutto mi accerterò delle sue intenzioni. > Lo sguardo va appena assottigliandosi, non è ostile il suo tono, più protettivo nei confronti di Akira. Dal suo punto di vista tutto è un elemento al quale prestare attenzione, Akira è una figura inconsciamente importante per la sua natura, e se qualcuno ne fosse pienamente a conoscenza potrebbe anche sfruttarla. < Lo farò rintracciare e riceverà una missiva. Non nell'immediato, forse, ma ci parlerò e fugherò i suoi principali dubbi. Molti Uchiha non sono turbati dalla morte di Arima, quanto dai cambiamenti che sono avvenuti nel tempo e che continueranno ad avvenire. Prima il forte aveva il pieno diritto di schiacciare il debole, era strano non farlo. E c'è davvero chi vorrebbe tornare a quella realtà. > Un'affermazione che lascia inesorabilmente ad intendere che ci son davvero tanti problemi ai quali porre rimedio. C'è in piena regola il rischio che possa nascere un gruppo ribelle all'interno degli Uchiha, e considerandone il carattere generico, qualcuno potrebbe già star puntando oltre il proprio mirino. < Il prossimo grande evento sarà l'eliminazione delle attuali denominazioni nella gerarchia. Non ci saranno più cloni. E per quanto la cosa potrà aggradare tutta la fascia bassa e media, ci saranno sicuramente entità dalle quali stare attenti, uchiha che non sopporteranno perdere il loro posto da migliori cloni. > L'uguaglianza è sempre stata una cosa difficile e quasi impossibile da ottenere, ma è il momento che anche gli Uchiha eliminano questa forma di regressione culturale e inizino ad agire come un vero e proprio clan di persone, e non un esercito di soldati. < Tutto questo per metterti in guardia sul futuro. Se Kioshi si rivelerà essere sinceramente pronto a seguire il giusto, se vedrò in lui la determinazione a seguire il piano iniziato da Arima, lo integrerò per alcune missioni. > Ci son tanti Uchiha tutt'ora fedeli a Katsumi, ma se potrà ottenere la fedeltà di ulteriori shinobi sarà ben contento di farlo. Intanto cercherà anche negli archivi qualcosa su questo Kioshi. < O al massimo lo lascerò libero di non far nulla. Ma non posso permettergli che..> Si ferma anche lui, lasciando capire ad Akira come in questo momento il clan non possa soffrire di nessun ulteriore danno. E lo specifica con tanta serietà, perchè è davvero importante che su questi argomenti faccia capire ad Akira la gravità della situazione. Ma quel momento sfuma repentinamente nel nulla, lasciando che si torni a parlare in maniera più umana di quanto accaduto nel 'recente' con Arima. Ha fatto anche cose buone, ed è innegabile. Ha raccolto Katsumi quando era più confuso, senza più un percorso da seguire, quando si allontano da Kimi per tre lunghi anni, che effettivamente son stati dilatati particolarmente dall'influenza dello Tsukuyomi. < Non riesco perchè ho odiato per davvero troppo tempo. Molto più di quanto puoi immaginare. Ma forse, è anche perchè in lui c'era qualcosa per me di importante..> Non nega totalmente le sue parole, qualcosa di buono c'è stato. Ma dopo aver vissuto quanto ha vissuto, non riesce davvero a coltivare quel sentimento che un tempo lo tenne in vita. Osserva conseguentemente quanto visibile negli occhi altrui, più lucidi del normale, ma comunque forti del loro cremisi. Quelle scuse lo mantengono in silenzio per dei momenti, quella sincerità disarmante, quell'immensa fragilità. < Ormai fa parte del tuo passato. Gli errori ci rendono migliori e più umani. E questo dovrebbe capirlo chiunque. > Lo sguardo si sposta per un momento in direzione degli edifici del clan, tornando poi su di lei. < E comunque Kimi è nata arrabbiata, non ce l'ha con te. > Un tono più 'amichevole' nei limiti di quanto possa essergli possibile almeno. Segue infine l'ultima risposta importante di Akira, per quanto riguarda la proposta avanzata da Katsumi. Non è una cosa facile da accettare, un genjutsu potente come lo tsukuyomi andrà a distruggere la linea della realtà e della finzione, qualunque cosa possa succederle in un jutsu simile si ripercuoterà pesantemente sulla realtà e lei sarà costretta a cambiare di conseguenza. Ma è il suo desiderio, è la sua occasione. < Non so cosa affronterai, ma ricordati sempre chi sei. Farò in modo che tu abbia qualcosa che ti tenga legata a noi, quando sarai in quello stato. > Termina così, e detto questo avrà parecchio da fare, e specialmente un dialogo con Nemurimasen da far avvenire per accordarsi sulle specifiche del caso. In fin dei conti..la proposta di questo progetto è stata proprio dell'insonne. < Questo mondo è malleabile, e sta a noi migliorarlo e impedire che prenda la forma sbagliata. Tu sei l'eredità della precedente generazione degli Uchiha, Akira, scoprirai sicuramente il tuo ruolo. > Le braccia vanno tendendosi in avanti, proverebbe a portare la mancina a cingere il relativo fianco altrui e la gemella alla sua nuca, per stringerla a sè per del tempo, per renderle un gesto che non avrebbe dovuto farle mancare in questo periodo. Un abbraccio silenzioso, freddo, ma potente, potente come poche cose possono esserlo. Soltanto quando lei sarà soddisfatta, quando avrà lasciato andare tutto ciò che vuol lasciare andare, quella presa andrebbe affievolendosi, per dirigersi lentamente ed eventualmente in compagnia altrui all'interno del quartiere, accompagnandola al suo alloggio. [END] Akira si morde il labbro inferiore. Non sa se i due possano andare d'accordo, non sa se Kioshi possa davvero perdonare Katsumi per aver ucciso Arima, se possa arrivare a capire davvero i motivi che hanno spinto alla nascita di quella catena inevitabile di eventi, ma sa che un incontro fra i due è a questo punto inevitabile. Dopotutto lei stessa aveva detto a Kioshi che la verità su ciò che ha portato alla morte di Arima risiedeva in Katsumi e lui le aveva detto che se fosse riuscita a trovarlo ci avrebbe parlato. Adesso resta solamente da attendere che lui ritorni dal suo viaggio ad Oto e che parlino... no? <Adesso è a Oto> ammette Akira sentendosi d'un tratto carica di una colpa atroce sulle spalle. <Lui... sta cercando un modo per riportare in vita Arima. Voleva sapere la verità su quello che è successo e siccome non sapevamo dove fossi ha pensato che l'unica alternativa fosse cercare un modo per parlare con lui. Ma non credo troverà molto... non ho trovato nulla sui libri circa una qualche tecnica che riporti in vita i morti> ammette lei con il tono imbarazzato e teso di chi confessa un atroce crimine, stringendosi nelle spalle. Spera che l'altro non rimanga scioccato da quella rivelazione e lascia che continui il suo discorso andando solo ora a realizzare quanto le cose siano in un equilibrio assai precario ora come ora. Tutto sta per cambiare, una grande rivoluzione sta per iniziare e un intero clan ne sarebbe stato travolto. Katsumi ha sulle spalle una grande responsabilità e la giovane Uchiha avverte il peso delle sue scelte e decisioni nel tono della sua voce, nel modo in cui semplicemente lascia cadere il discorso. Non termina la frase, Akira può comprendere da sola il senso del suo silenzio. <Ti aiuterò io, se necessario! Kioshi si fida di me, forse se gli parlo posso riuscire a convincerlo a fidarsi di te> gli dice allora, seria, determinata, annuendo con convinzione col capo. Non sa se potrebbe davvero riuscirci, non sa se il jonin sarebbe realmente disposto ad ascoltarla fino al punto di fidarsi di Katsumi: non è bendisposto nei suoi confronti, non crede che l'altro potrebbe dirgli tutta la verità, ma Akira è sicura che se solo qualcuno si sforzasse di guardarlo negli occhi, allora capirebbe che sì, è sincero, che non v'è menzogna alcuna a macchiare le sue parole o la sua voce sicura. Se solo fosse tornato prima... se solo Kioshi non fosse partito! Sarebbe corsa a parlargli quella notte stessa. Sospira pensando a quanto sia estenuante ogni cosa, in quel momento. Il peso dei ricordi, della consapevolezza, della verità, di situazioni scomode, di scelte difficili. I sentimenti per i vivi, per i morti, per ciò che è stato e ciò che avrebbe potuto essere. Ogni cosa è come una catena che stringe la sua morsa attorno alla carne sempre più forte, sempre più a fondo, striando la pelle di solchi sempre più profondi. Dolori, pesi, che Akira scopre ora per la prima volta e che -ne è sicura- per Katsumi sono ormai familiari. Non pare soverchiato dal peso di quella conversazione, non par annaspare alla ricerca di sollievo; totalmente padrone di sé, della situazione, si limita a giostrare scelte, decisioni e nuove mosse con la serafica calma d'un imperturbabile giocatore di scacchi. Eppure, dentro di lui, una tempesta è in atto. Costantemente, ogni istante, ogni momento, nascosta dietro compostezza ed eleganza. <Ora non è più importante, non combattere più con i tuoi sentimenti> la voce di Akira è bassa ma decisa, convinta delle proprie parole, mentre osserva il ragazzo con espressione contrita. <Ormai è morto. Ha davvero importanza chiedersi perchè non lo odi abbastanza? Perchè nonostante tutto riesci comunque a provare qualcosa di buono per lui? Cosa importa cosa dovresti provare, ora? Non potrà più fare nulla per ferirti, né per scusarsi. Tutto ciò che resta è quel che ha fatto e quello che hai provato> Il suo Sharingan si specchia nel Mangekyo di Katsumi e va lentamente a dissolversi. Akira lo disattiva, rilascia il flusso di chakra che porta agli occhi e le iridi tornano al loro aspetto di sempre. L'una rossa, l'una bianca, prive di alcun potere. <Basta combattere> gli mormora allora tentando di andare a sollevare una mano verso l'altrui viso, lo zigomo destro dell'albino, il piccolo pollice a strofinare piano la sua pelle, s'egli non si fosse scostato. <E' finita. Bene, male, non importa. E' finita> mormora lei preoccupata. In quei pochi secondi, nel mentre che l'altro parlava d'Arima, l'era parso di tornare indietro nel tempo. L'era parso di rivederlo in piedi in mezzo ad una distesa di fiori sanguinanti sotto un'alba di fuoco, bagnato delle lacrime del cielo e del sangue del suo maestro, con gli occhi carichi di un peso talmente atroce da farlo apparire vinto persino sul suo trono. Durante quella conversazione, in alcuni frangenti, le è quasi parso di sentirlo bloccato su quel tetto, incapace di varcarne la soglia, incapace di sfuggire dal sangue che gliene macchia le mani. Arima è la stanchezza di Katsumi. E' il peso che grava sulle sue spalle, sul suo cuore. E' quella colpa che curva la schiena, che guida i suoi passi. Arima è il fardello peggiore che rallenta i passi dell'Uchiha. Almeno questo è ciò che Akira pensa nel vedere l'uomo dinnanzi a sé. In perenne conflitto con ciò che è giusto e ciò che è. Ciò che prova e ciò che dovrebbe provare. Ciò che vuole e ciò che dovrebbe volere. Tuttavia l'altro non si lamenta, non crolla, non cede mai. Non si scompone neppure. Accetta ogni peso con sinistra grazia e, semplicemente, cambia schema di gioco regolando le proprie mosse sulla base delle pedine che ha a disposizione. Ed ora è lì, davanti a lei, a confortarla, ad alleviare persino la sua colpa, cercando di rassicurarla. Le sue parole sono balsamo per l'animo di Akira che, udendole, si ritrova a sorridere sinceramente distendendo le labbra verso l'esterno in una espressione incredibilmente leggera. Il suo è un sorriso vero, autentico e caldo, con le labbra a schiudersi mostrando una fila di denti candidi mentre ode l'altrui dire su Kimi ed una piccola risatina fluisce dalle rosee spezzando il teso silenzio creatosi fino a quel momento. Si sente più leggera, più felice, andando ad accogliere con gioia e prontezza la proposta dell'altro. Non le importa dei rischi, delle possibili conseguenze di quella scelta. Non le importa di come le cose sarebbero cambiate, di quanto profondamente ogni cosa avrebbe potuto peggiorare. Niente le pare poter essere peggiore di quel costante senso di inadeguatezza e confusione che la circonda ed avvolge. Nulla può essere peggio di sentirsi sempre indietro, in ritardo, avvolta da un alone di ottusaggine e ignoranza che la rendono distante da chiunque altri attorno a sé. Qualsiasi cosa sarebbe stato meglio di quello. Almeno di questo lei ne è convinta. Beata ignoranza. <Non preoccuparti. Andrà tutto bene!> dice lei, convinta, riempita di rinnovata gioia, annuendo, guardandolo con gli occhi brillanti di viva impazienza. <Diventerò molto più forte quando finalmente tutto sarà più chiaro!> Forte, sicuramente. Perchè a volte è l'unica cosa che puoi diventare quando non hai alternative da seguire. Ma, per ora soltanto, lasciamo che la piccola Akira si goda quel momento di profonda speranza, quegli attimi di viva felicità. Il ritrovamento di una persona cara, la fiducia in un grandioso progetto, il ritorno di una sicurezza perduta nel tempo. Ogni cosa sembra tornare al suo posto, lentamente, semplicemente perchè Katsumi è di nuovo lì, al suo fianco e persino l'assenza di Hitachi sembra fare meno male. Katsumi è lì e crede in lei. Katsumi è tornato e le sue braccia avvolgono con sicurezza il suo corpo al proprio, in un gesto di rassicurazione, di scuse, di gratitudine. Un gesto che vuol dire tante cose e che ne trasmette molte di più in un mix unico e soverchiante che porta la clone ad abbandonare il capo contro la sua spalla, e le braccia esili attorno al suo busto, le mani bianche e dalle dita affusolate a poggiarsi sulla sua schiena. Si abbandona a quel gesto, a quell'attimo di riconciliazione, inspirando a fondo l'odore dell'Uchiha. Un profumo che aveva accompagnato i momenti più importanti ed intensi della sua vita. Un profumo che sa di ricordi, di libertà e... casa. [END]