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Sole e Luna

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con Koichi, Hikari

22:04 Hikari:
 Una giornata piuttosto particolare si potrebbe dire. Insomma, tatuare un maiale non è cosa da tutti i giorni, giusto? E’ un periodo strano questo per la genin, è confusa, ma non quella confusione di cui si è consapevoli, quella confusione che in qualche modo può essere attribuita a un chissà che. E’ più un qualcosa di irrazionale e inconscio che aleggia attorno alla giovane donna, ignara di ciò che le sta capitando. L’unica cosa che ha notato è stato un cambiamento dentro di sé, ma non le è piaciuto. Sente che non è un bene, che è un qualcosa che non le appartiene e da cui ha preferito fuggire, almeno per il momento. Sta cercando in tutti i modi di evitare i pensieri negativi, nonostante la sua vita sia caratterizzata ora solo da essi. Però è stanca, stanca di pensare e crucciarsi sempre sulle stesse cose. Le solite ansie, le solite paure, la solita rabbia. Sente il bisogno di liberarsi dalla patina oppressiva che la avvolge, ma cosa può fare? Non lo sa e non sa raccapezzarsi. La sua unica certezza non c’è più e lei non sa dove sbattere la testa. In preda a questi tormenti, Hikari si trova ora dinanzi a un albero sul quale sono fisse le sue iridi, ardenti. La testa fa avanti e indietro contro la corteccia dell’albero. Le fa male, ma non troppo. E’ un modo per sfogarsi piuttosto strano, ma le è venuto talmente spontaneo da non farsi domande. Sì, sta prendendo a testate un albero. Un ciliegio, precisamente. Più volte si è recata in quel luogo per poter riflettere e lasciarsi abbandonare dalle proprie preoccupazioni, ma alla fine non è servito poi molto. Diamine, che situazione improbabile. Come se non bastasse, oggi ha persino cambiato sentiero. Ha voluto evitare il solito, pieno di ricordi e dannatamente troppo uguale. Una strada che non ha mai provato e che l’ha portata a sfogarsi contro una pianta innocente. Che serata. < Fanculo. > [Portakunai: 3xkunai]

22:33 Koichi:
  [Bosco dei Ciliegi.] No... No. Ancora una volta, un dannato No. Solo questa singolare parola rimbomberebbe in quella mente maschile, solo quel semplice rinnegare la realtà sembrerebbe dar vita al Chuunin. Quest'ultimo, ritornato da Konoha, avrebbe avuto la possibilità, un lusso per come potrebbe intenderlo, di notarla negli ultimi respiri. Quelli più carichi, più ricolmi di una stanchezza che gradualmente la catturava, la imprigionava ed infine... Si, l'ha spezzata. Anche il semplice respirare potrebbe esser complesso per lui, totalmente scosso da quella scomparsa. Perché tra tutte le persone, proprio lei? L'unica ragazza a cui si era avvicinata, l'unica persona che aveva accettato quel dualismo fino in fondo, fino all'estremo. Il terreno gli si sarebbe sgretolato sotto i propri calzari, mentre, accolta tra le proprie braccia, ha accettato il suo ultimo sorriso, il suo ultimo... respiro. Ha esalato, avrebbe abbandonato quella dimensione nell'unico luogo in cui voleva perdersi, per l'ultima volta. Nessun uomo, comune, mortale, avrebbe potuto distruggerla così, nessuna entità palpabile sarebbe stata capace di arrecarle un danno così ingente. La natura, il suo corso e probabilmente un perfido marionettista che, in un punto indefinito, avrebbe tirato troppe le corde di quei giocattoli, lasciando che una di esse venisse a spezzarsi proprio ora. Distrutto, disintegrato da ogni minima emozione. Un automa, un semplice contenitore vuoto, questa notte, lasciando che sia la semplice volontà di Koichi a dettare quei passi, pesanti e carichi. Un peso che non sarebbe nulla, infimo, rispetto a quello che potrebbe assaggiare il proprio cuore, stretto in una pressa complessa, una pressione ardua da gestire. Vorrebbe esplodere e nel contempo vorrebbe rinchiudere tutto all'interno di sé. Silente, senza emettere fonema dalla cavità orale, non preoccupandosi di mostrare un volto asciutto, con evidenti segni di disperazione: quelle palpebre che ancora non concepirebbero l'accaduto e quel respiro tutt'ora mozzato. No, non sarebbe la stanchezza di caricare un peso, un cadavere, sulle proprie spalle. Si, sarebbe con lei in quel momento, trascinandola nell'unico punto in cui si erano promessi, nell'unico posto in cui sarebbero ritornati qualsiasi cosa sia accaduta. L'avrebbe promesso, l'avrebbe garantito, tempo addietro, in una notte simile, se non fosse che... Piove. Non sarebbe una pioggia solo interna, una tempesta che rovinerebbe il di lui animo, ma esterno: una precipitazione che accompagnerebbe quella marcia, lenta e cadenzata. Passi che ne conseguirebbero altri, mentre taglierebbe all'esterno dei sentieri designati del bosco dei ciliegi, intenzionato ad avventurarsi in quella fitta vegetazione, prima di ritrovarsi dinanzi ad un piccolo spiazzale. Il loro, segreto, posto, ove si erigerebbe uno dei ciliegi più grandi, anziani. <Natsumi-Chan...> Sibilo leggero, quasi un respiro che tenterebbe di assumere un minimo di accento, un superficiale suono. Una difficoltà notevole, una sfida contro le proprie capacità. <Mia Luna.> Così come l'avrebbe definita, proprio al cospetto di quei rami, di quei ciliegi che accarezzavano l'ambiente circostante. Non avrebbe altre energie, ma dovrà compiere ciò che ha garantito all'altrui persona, quando questa risultava in vita. E' il sentimento che li lega o, per meglio dire, che li legava che spingerebbe il Goryo a compiere tutto ciò. Gambe che andrebbero quasi a cedere, lentamente, calandosi gradualmente verso quel manto erboso. Una semplice torsione del proprio busto e potrebbe accompagnare quel femminile corpo a distendersi, col il volto che mirerebbe il cielo. Lo noti anche tu, riesci a scorgere quanto sia magnifica la luna? Una flebile vibrazione, da parte di quell'albino che, rinchiuso nel proprio subconscio, potrebbe ammirare il tutto; ed anche lui ne soffrirebbe, anche lui si mostrerebbe così debole dinanzi a ciò. Vibra, trema, rugge. Sbatterebbe contro quei cancelli che separa le due medaglie dello stesso volto. Le catene vibrano al suo dimenarsi, intenzionato a sfogare quei sentimenti rinchiusi. Dobbiamo farlo! Ed un semplice cenno del capo, positivo, che andrebbe a confermare la voce dell'altro, mentre il chakra andrebbe ad esser attinto, già richiamato nel proprio plesso solare: non potrebbe lasciarsi sopraffare, ritrovarsi impreparato, mentre avrebbe con sé qualcosa di così prezioso. Già, qualcosa, perché ora sarebbe stata risucchiata la linfa vitale. Energie che andrebbero dunque ad essere traslocate, affinché le mani possano collegarsi in due punti differenti: la destra andrebbe a poggiarsi sul petto d'ella mentre la mancina andrebbe a sfiorare quel fuuda, quel riquadro, in cui sarebbe già impresso il Kanji di ciò che sarà presto sigillato. Chakra che andrebbe ad esser dunque concentrato, accumulato, affinché possa riuscire a portare a buon fine quel sigillo, nel tentativo di imprigionare quel contenitore oramai vuoto, dalle sinuosi forme, all'interno di un Fuuda, in modo tale che possa averla sempre con sé, senza che qualcuno o qualcosa possa nuovamente dividerli. Potrebbe assaggiare ancora una volta quei lineamenti, lasciare che la pioggia possa mescolarsi ad altre gocce, dal gusto amaro. Lacrime di sangue. Quelle che fuoriuscirebbero dai propri bulbi oculari, arancioni, e righerebbero il volto fino a raggiungere il mento, ove possano distaccarsi e toccare, accidentalmente, le labbra della Genin. <Addio.> Che parola risulterebbe questa? Che termine potrebbe utilizzare se non quella appena pronunciata? Lui ora deve vivere, a qualsiasi costo, anche per lei. Deve farsi portavoce dei suoi ideali, dei suoi sogni e della sua vitalità. Tutte doti che ne aveva a grande quantità, in effetti. Ed intanto in quella mente, si continuerebbe a sentire la stessa ed identica parola. No... No... No! [Chakra On][Tentativo di Sigillare Natsumi.]

23:05 Hikari:
 Un colpo dopo l’altro verso quella corteccia. Un colpo, un gemito. Comincia a far male, ma non vuole fermarsi. Si è sfogata con Sosachi tempo addietro, lui l’ha aiutata, l’ha fatto davvero, e le dispiace tanto che i suoi sforzi siano stati vani. Ha ceduto nuovamente al dolore e alla perdizione, ma sta lottando, ecco il motivo di tanta veemenza. Ma termina, si ferma di colpo quando un rivolo di un rosso intenso le cola lungo il naso, misto alla pioggia. Resta immobile, avvicinando lentamente le dita alla fronte, sapendo già cosa troverà. E brava Hikari, contenta? Sei riuscita a ferirti. < Tsk. > Non ha con sé panni o fazzoletti, e non vuole pulirsi con la mano, potrebbe infettare la ferita, nonostante non sia nulla di grave. China il capo dunque, portando le mani al bordo della maglietta bianca che indossa. Avvicinerebbe quindi ad essa la fronte, cercando di pulirla. Il candore della maglietta si disperde, diventando scuro, rosso. Sa già che sarà una macchia dura da rimuovere, ma a mali estremi… Un sospiro abbandona poi le sue labbra, ormai abitualmente somiglianti ad una mezzaluna capovolta. Dov’è la serenità? Dov’è quella spensieratezza che mesi prima l’ha accompagnata nel suo viaggio verso Kusa? Sembra tutto così lontano, un’altra vita. Guardandosi attorno, non riconosce il luogo, e un po’ si pente di aver cambiato strada per una volta, si sente un po’ persa, ma sicuramente un modo per tornare lo troverà. Ha cercato la solitudine, ancora una volta. Forse meglio rientrare, e per evitare di far tardi, subito. Lanciato un ultimo sguardo alla propria maglietta sporca, riprende a camminare dalla direzione in cui è venuta. < Uffa, era di qua? > cerca di fare affidamento sulla propria memoria, nonostante la tarda ora e una lieve sensazione di sonno che la accompagna. Il paesaggio al di fuori del sentiero piastrellato principale è tutto uguale. Imbocca dunque una viuzza sterrata che si perde tra gli alberi, come tutte le altre, provando a ricollegarla con una qualche immagine del percorso di andata. L’acqua schizza sotto i calzari della giovane, mentre delle goccioline di fango volano contro le sue gambe scoperte. Una maglietta bianca, o meglio, rossa e bianca ora, e un paio di pantaloncini larghi che le arrivano al ginocchio: ecco il suo abbigliamento. Sciatta come quando si trovava nel villaggio della Foglia, in preda ai sensi di colpa. Non sembra essere cambiato nulla. Di punto in bianco si blocca. Le iridi sono fisse su qualcosa, o meglio, su qualcuno. C’è una figura, un ragazzo si direbbe, in ginocchio sotto un grande ciliegio. E’ la prima volta che lo vede, nonostante sia stata in quel parco diverse volte. Il ragazzo è lì fermo sotto la pioggia. Non sente il suo respiro, non sente neanche se parla a causa della pioggia. L’unico suono sono le gocce contro gli alberi. Fa qualche passo in avanti, nonostante sia intimorita. Eppure, potrebbe avere bisogno di aiuto. La figura ha lunghi capelli, un colore che da lontano non riesce a definire a causa della penombra. Sembra familiare. Un’altra decina di passi prima di fermarsi a qualche metro da lui. La pioggia irrompe nella radura che circonda il grande ciliegio. < Koichi. > un filo di voce che forse l’altro non riuscirà neanche a udire. [Portakunai: 3xkunai]

23:24 Koichi:
  [Bosco dei Ciliegi.] Un impegno che non dovrebbe costare nulla, uno sforzo che non dovrebbe gravare affatto sul serbatoio di energie che possiede, ma sembra essere l'atto più complesso fino ad ora affrontato. Non tanto notarla scomparire all'interno di una cortina di fumo bianca, ma l'accettare che sia stata rinchiusa, imprigionata, all'interno di un foglio, cartaceo, senza che possa vederla nuovamente viva. Per quanto possa risultare a volte così semplice danzare su quel filo, tra la vita e la morte, solo ora potrebbe avvertire quel netto distacco tra le due realtà. Cosa significa esser vivi e cosa signfica vedere qualcuno morire, non una qualunque, non un semplice paziente. Neanche la medicina attuale sarebbe stata in grado di curarla, di eliminare il problema alla radice, per quanto possa esser così all'avanguardia. Un senso di impotenza che potrebbe pervadere totalmente, farlo sentire così minuscolo ed inerme, dinanzi a tutto ciò. Lui, un praticante, che non sarebbe riuscito a custodire la vita di chi è riuscito a scavare nella propria corazza, non riuscirla a salvarla od alleviare quel dolore. Solo una volta terminato quel processo, potrà limitarsi ad agguantare quell'oggetto, di un valore inestimabile, e lo porgerebbe all'interno di una tasca interna all'indumento superiore. Il vestiario, alquanto mal ridotto, date le condizioni atmosferiche ed il susseguirsi di eventi, si comporrebbe di un haori e pantaloni, dal tessuto elasticizzato, nero, spezzato da un semplice obi, non stretto come dovrebbe, quasi deforme nella zona del nodo, di un color grigio. Sprovvisto di armi, del proprio equipaggiamento, in quanto rilasciate al suolo, appena rientrato in quella stanza, scoprendo quel corpo così debole d'ella. Stramazzate, disperse. Insignificanti, rispetto a ciò che stava realmente perdendo. E se fosse tornato solo qualche minuto dopo? Non se lo sarebbe perdonato, neanche minimamente. Ed ecco che ora anche i palmi andrebbero a porsi contro quel suolo, potendo sentire il terriccio sotto le proprie mani, stringendo appena le dita contro di esso, quasi stesse grattando quella composizione di terra ed acqua. A gattoni, piegato, al cospetto di un saggio esponente della flora: quel ciliego che sembrerebbe quasi estendere una delle sue braccia, un ramo, per coprire il corpo maschile, ripiegato così. Mal messo, senza ombra di dubbio. Accettare quella verità risulterebbe così complesso, una pillola così immensa da poter farla fluire attraverso la gola. Stringerebbe i denti, mentre anche la testa lentamente si chinerebbe in avanti, in una posa che possa sembrare un semplice inchino. Respiri che diventono sempre più carichi, sempre più problematici, mentre tenterebbe di concentrare tutto quel peso all'interno del proprio addome. Sta consolidando il tutto, sta radunando ogni minima particella di sofferenza in un determinato punto di se stesso. Lo raccoglierebbe, senza conoscere esattamente il metodo per scioglierlo e disintegrarlo poi. Un misto di sentimenti che andrebbe ad esser fuori da ogni vincolo, all'esterno di ogni schema. Alla fine, anche Koichi risulta essere un umano, no? <No... No... No...> Sussurri che andrebbero ad esser ripetuti, sempre con maggior rapidità, con una velocità che andrebbe ad aumentare ad ogni dicitura, quasi come se ogni parola potesse accavallare la seguente. Smarrirebbe tutto il fiato, prima di potersi caricare ancora una volta, gonfiando i polmoni. Non potrebbe neanche percepire quella presenza, quella persona, la quale potrebbe assistere a quello spettacolo così tragico. Miserabile, così debole, un'occasione ghiotta per poterlo uccidere con un semplice sussurro. E poi, quasi si sentirebbe troppo ricolmo di quel dolore, la schiena andrebbe ad issarsi improvvisamente, incurvandosi a sufficienza, per poter portare il volto verso l'alto, verso il cielo, con quelle iridi sbarrate. Un istante e... <NOOO...> Un urlo tremendo, un urlo che potrebbe spezzare le proprie corde vocali, un suono che uscirebbe come l'unico mezzo per esternare quell'agglomerato che fino ad ora aveva racimolato. Qualcosa che potrebbe spezzare anche il firmamento scuro, che potrebbe far vibrare la terra, mentre i cancelli del proprio subconscio verrebbero spalancati, con forza. Infatti, una piccola quantità di chakra andrebbe a risalire all'interno del corpo maschile, fino a superare i polmoni e la gola, arrivando così in quel cervello; e qui che andrebbe ad esplodere, nell'incavità predestinata, tra i due emisferi. Il gene verrebbe attivato, lasciato scorrere impetuosamente, così duramente come quel suono agghiacciante. E nell'atto di esternare vocalmente tutto ciò che la trasformazione avverrebbe: quelle ciocche cariche d'acqua andrebbero a divenire dei semplici fili candidi, mentre le iridi andrebbero a mutare colore, passando ad un verde smeraldo. Due gemme che andrebbero ad incidersi, a protrarsi verso quell'ignoto oscuro, con il volto che si bagnerebbe totalmente. Una sensazione che potrebbe risultare fastidiosa, ma mai quanto il dolore che starebbe esternando. Potrebbe allarmare qualcuno? E chi se ne importa. Potrebbe esser colto per folle? E chi se ne importa. Alla fine, quello è un momento che importa solo a se stesso. Tutto il resto diventa solo secondario, una priorità che non competerebbe affatto. Terminerà di urlare solo quando l'aria andrebbe ad esaurirsi e non sono pochi secondi, in effetti. E con quelle poche energie rimaste, lascerebbe che il busto cadrebbe anch'esso, impattando con quella superficie, ignorando affatto la sua sostanza. Stanco, seppure le palpebre rimangano ancora aperte, appena, ed il respiro prenderebbe a regolarizzarsi, molto lentamente. La sua forma, quella dell'albino, potrebbe risultare realmente una doppia lama, per chiunque potrebbe avere il coraggio di avvicinarsi? [Chakra On]

23:26 Koichi:
  [Bosco dei Ciliegi.] [EDIT: Innata Goryo - "Sindrome, Secondo Stadio" Attiva]

23:45 Hikari:
 I capelli e gli abiti sono incollati alla pelle, fradici di quell’acqua che sta tormentando la pace di quel luogo. Pace che, anche in assenza d’essa, non ci sarebbe comunque stata. Il ragazzo dinanzi a sé lo conosce, è forse una delle persone con cui ha più avuto modo di confrontarsi nel villaggio. In più, è stato lui a curarla, a spronarla a continuare. E’ la prima volta, la prima, dal momento in cui si sono conosciuti, proprio in quel bosco, che lo vede in modo diverso. Quella sua presenza, la sua formalità, l’atteggiamento, sono diversi. Non è lo stesso che le ha offerto da mangiare, che si è divertito a prenderla in giro. No, non è lo stesso. Sembra… umano. Un nuovo lato, del tutto inaspettato, si sta mostrando alla giovane, nonostante la sua presenza non sia stata ancora identificata. Non osa fiatare quando i respiri altrui diventano pesanti, veloci, non osa muoversi né respirare. Un momento di sospensione pare avvenire prima del grido disperato che si libera nell’aria, azzerando ogni altro suono. La pioggia, le foglie, è tutto scomparso. Solo quel grido lacera l’oscurità diffusa attorno a loro. Penetra profondo in tutto ciò che li circonda. Immobile come una statua, silenziosa allo stesso modo, Hikari non ha il coraggio di muoversi. Vorrebbe scappare, eccome se vorrebbe, ma ha paura. Una paura che diventa crescente quando l’altrui figura comincia a mutare. Lei non sa bene ancora cosa sia, nonostante abbia già avuto modo di viverlo, ma ricorda bene ciò che ha provato. Non sa se la stesse prendendo in giro, se fosse vero, non lo sa. Attimi che sembrano eterni, non crede di poter reggere tutta quella tensione. Ignora cosa possa succedere di lì a poco, se la persona che ha davanti possa in qualche modo scatenarsi. Ai propri occhi ha davanti Koichi, ma l’aspetto… beh, non è lui. Cade all’indietro l’altro, stendendosi sul manto erboso e lasciando che la pioggia lo investa. Quale dolore può mai affliggerlo così tanto? Non vuole muoversi, non vuole fiatare, non vuole interrompere quel suo momento di totale abbandono. Se andasse, lui se ne accorgerebbe, e sarebbe tutto rovinato in ogni caso. Ma perché deve sempre trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato? Forse la pioggia può farle da scudo, coprire il rumore dei passi e nascondere la figura di lei. Eppure non ci riesce. Nonostante non riconosca la persona che ha davanti, conosce chi vi si nasconde dietro. Conosce Koichi e lui l’ha aiutata più di una volta. Prima un passo, poi un altro, quasi tremante. < Ko- > deglutisce < Koichi? > una voce flebile come la precedente. Non la sentirà mai. < Koichi. > più decisa questa volta, cercando di essere udibile. [Portakunai: 3xkunai]

00:22 Koichi:
  [Bosco dei Ciliegi.] Disteso al suolo, con quella guancia destra che si scontrerebbe con quei filamenti d'erba, senza che possano infastidirlo più di tanto. Potrebbe risultare assente, solo per qualche secondo, con quelle iridi che rimangono immobili all'interno dello spazio bianco circostante. Solo una voce li farebbe tremare, si muoveranno rapidamente nel cogliere quella sagoma, lasciando che lo sguardo ora possa indirizzarsi sulla forma della Genin che avrebbe da lì a lato. Sono occhi che non traspirano nulla, che non permettono d'esser penetrati. Vitrei. Eppure la fissano, con insistenza, senza decadere minimamente. <Quello non è il mio nome.> Unico verbo che andrebbe ad esprimere all'esterno, lasciando che sia la personalità alternativa a poter gestire quell'incontro, sicuramente più resistente rispetto alla sua controparte, la quale ora riposerebbe, ben stretto da quelle catene. Respiri che andrebbero a divenire sempre più lenti, quasi intenzionato a mostrare un ripristino di quelle funzioni vitali, non volente che l'altra possa esser testimone della condizione in cui riverserebbe. Lieve pressione delle braccia contro il terreno, aiutandosi meccanicamente con le proprie gambe, andando a rialzarsi in modo anche sufficientemente goffo, con le leve superiori che oscillano dinanzi a sé, con quel busto lievemente ripiegato in avanti. Potrebbe sembrare un semplice non morto, in quel frangente, data la discordinazione dei movimenti. Come un suono sgradevole di un violino, non maneggiato accuratamente. Antitesi di ciò che potrebbe presentare. <E Tu...> testa leggermente china, lasciando che quella capigliatura funga quasi da sipario, lasci una maggior penombra, dando modo di spiccare quegli occhi smeraldini. <...Da quanto tempo stai qui a spiarmi?> Non sembrerebbero esser parole incoraggianti, termini che qualcuno utilizzerebbe se potesse definirsi tranquillo, placato. Non affatto in armonia con la realtà, lo si avvertirebbe. <Non posso permettere che qualcuno possa aver partecipato a tutto ciò, aver assistito a tale spettacolo, senza esser sicuro che non andrà a dirlo in giro.> Occhi che sembrerebbero quasi animarsi, un focolare che sembrerebbe brillare all'interno dei propri occhi. Respiro ancora affannato, ma sicuramente un individuo che possiede ancora le capacità di un Chuunin. Basterà un semplice attimo, in cui l'altra potrà sbattere le palpebre, che la figura maschile potrebbe scomparire dalla posizione precedente, ma vedonolo giungere ad una velocità pazzesca, scattando a grandi falcate verso la posizione ricoperta dall'altra e rimanere a poco meno di un metro da quest'ultima, abbassando doverosamente la testa a causa della differenza d'altezza tra i due. <Ti ho già detto che io sono Chikage, vero?> Una conferma, mentre rimarrebbe lì, immobile, fermando quell'avanzata improvvisa in un modo così brusco, fin quando non potrà mostrarsi totalmente eretto, ad un paio di decine di centrimetri. Potrebbe anche esser caduta all'indietro l'altra, se il fattore sorpresa l'avesse colta nel flagrante. Non farebbe altro, non sembrerebbe accennare a movimenti ulteriori, ostili. <Garantisci sulla tua stessa vita, sul tuo nome, Hikari-San.> Terribilmente glaciale nei modi, ma con un fuoco che dentro continuerebbe ad ardere. Fuori di senno, lo si potrebbe avvertire, da quegli occhi spalancati, dai segni di distruzione sul proprio volto. <Altrimenti diventerò il tuo tempo, che rincorre e strappa la linfa vitale senza alcun av...> ...viso. Non riuscirebbe neanche a completare quella frase, che qualcosa si bloccherebbe in gola. Quella tematica risulterebbe ancora complessa da argomentare, da digerire. Sembra esser ancora sotto profondo shock per il torto subito e l'altra potrà comprenderlo, se fosse sufficientemente attenta, dato ciò che ha udito, quel senso di negatività squarciato ai quattro venti. <Ti garantisco che è più facile sopportare la solitudine o qualcuno che risulta esser scomparso...> Un paio di passi indietro, fino a poter quasi cadere all'indietro, sedendosi e piegando appena le gambe su se stesse. I lineamenti sembrerebbero nuovamente mutare, con quella chioma che ritornerebbe ad assumere una colorazione, un azzurro carico, e quelle iridi che acquisirebbero nuovamente le tonalità di arancione. <...ad una persona che è stata totalmente rimossa dall'esistenza.> Sarebbe ritornato nella propria esistenza, intenzionato a voler condurre personalmente questo incontro, in quanto neanche l'altro riuscirebbe a metabolizzare. Almeno così non la spaventerai: così si giustificherebbe l'attuale Goryo, rispetto all'albino che verrebbe nuovamente rinchiuso oltre la porta, oltre il cancello. Rimani lì, per ora, Chikage. [Chakra On]

00:48 Hikari:
 Viene presto puntata dall’altro, o meglio, dai suoi occhi. Immobili intenti a scrutarla non la abbandonano neanche un istante. Un brivido, non dovuto alla pioggia, le percorre la schiena. Lei rimane là, impassibile, decisa ora a non mostrarsi indecisa o titubante, è l’ultima cosa che le serve. Ha ragione, quello non è il suo nome, e lei se lo era dimenticato. Strano, dato l’impatto che il loro precedente incontro ha avuto su di lei, ma ora come ora proprio non le viene. Le fa strano vederlo come un’altra persona, negando in qualche modo quella che lei conosce, Koichi. Si solleva in un modo piuttosto scoordinato, quasi fosse una marionetta rotta. La sua espressione non cambia però. Occhi fermi, brillanti, quasi sornioni. E’ inquietante per certi versi, soprattutto dopo aver pronunciato quelle parole. Sembrano presagire una tempesta e la mettono sull’attenti, dandole l’idea di dover stare molto attenta a come rispondere. Alla fine sceglie la verità. < Non ho visto nulla. > è arrivata, fortunatamente, più tardi che l’altro abbia terminato il processo per sigillare la sua amata deceduta. Di fatti, ha avuto solo modo di assistere allo sfogo di un ragazzo privo ormai di ogni appiglio, preso in giro dalla vita. < Anche se volessi, non avrei nessuno a cui dirlo. > intimorita dalla presenza altrui, ma comunque decisa a non mostrarsi debole. Fermi gli occhi di lei sull’altro, onde evitare di perderlo di vista un solo secondo e cadere in qualche strana e ipotetica trappola. D’altronde, davanti a sé non c’è Koichi, come ribadirà proprio egli di lì a poco. Infatti basta un battito di ciglia, un misero, impercettibile battito di ciglia, per far sì che la figura di Chikage scompaia e riappaia in una minuscola frazione di secondo dinanzi a lei. Non è riuscita ad accorgersene. Un impeto che la fa indietreggiare, ma non cadere, di un solo passo. < Sì, me lo hai detto. > risponde, secca, fissa nelle iridi verdi maschili che sembrano in qualche modo volerla sottomettere. < Garantisco, non ho motivo di raccontarlo in giro, nonostante io non abbia visto nulla. > Poi, eccolo titubare, bloccarsi. Quel suo velato accanimento sembra all’improvviso venir meno e perdersi. Sembrerebbe aver in qualche modo toccato un tasto dolente per se stesso, con quel paragone sul tempo legato alla vita, forse legato a qualche vicenda che lei non conosce, o che per poco non ha potuto conoscere. Lentamente si spegne, indietreggiando, il ragazzo. Ricade a terra, facendo schizzare fango e acqua attorno a lui. Mutano ancora gli occhi e i capelli, il bianco lascia spazio all’azzurro e le sfumature verdi a quelle ambrate. E’ di nuovo Koichi. A seguito delle sue parole, Hikari non può fare a meno di porsi, e porgli, una domanda. Una domanda sicuramente spinosa e dolorosa, come il sale su una ferita aperta. Ma prima di porla, si avvicina a lui. Lo raggiunge, si inginocchia a circa mezzo metro, e parla. Vuole mostrarsi aperta e fargli pensare che ha davanti a sé una persona che non vuole prendersi gioco di lui o altro. Rispetto alle volte precedenti, il ragazzo sembra vulnerabile. < Cosa è successo? > [Portakunai: 3xkunai]

23:32 Koichi:
  [Bosco dei Ciliegi.] Quella pioggia che non rallenterebbe la sua avanzata, lasciando che possa incrociare innumerevoli volte su quel corpo, in una posa tra il disteso con l'addome verso l'alto ed il seduto: una schiena curva e le braccia, perpendicolari al suolo, che mantengono quel peso, mediante quei palmi fissi nel terriccio. Gambe appena incrociate su se stesse, ma distanti tra loro, quasi come non avesse problema alcuno a mostrarsi in una posizione così poco consona, al di fuori di ogni regola che comporta l'eleganza. Disinteressato a queste minuscole regole, in quell'istante, preferendo esser quanto più naturale possibile. Respiri lenti, che andrebbero ad alternarsi a quella voce appena emessa all'esterno, un sussurro che avrebbe semplicemente il coraggio di gettarsi al di fuori di quelle labbra, appena schiuse. <Ricordi quella volta in cui...> E prenderebbe già fiato, come se ne fosse a corto, intenzionato a racimolare qualche fotogramma del passato, dei ricordi che possono condividere entrambi, se la memoria altrui non abbia intenzione di far cilecca. <...all'ospedale ti dissi che una luna, seppur oscurata dalle nubi, continua a brillare, nell'attesa di uno spiraglio?> Una figura retorica, utilizzata precedentemente per delineare sicuramente una differente situazione. <E se ti dicessi che la mia luna l'ho vista frantumarsi, sgretolarsi, fino a scomparire?> Non riuscirebbe ad accennarlo in differente modo, ad avanzare una risposta più sincera, più esplicita, ma proseguendo per semplici parafrasi. La verità risuonerebbe ancora troppa tosta, fin troppo amara per poter esser digerita in questo modo. Rimarrebbe silente per qualche secondo, notando come l'altra si pieghi, si inginocchierebbe dinanzi al proprio corpo, al cospetto del Chuunin, e chiederebbe maggiori informazioni su quanto sia accaduto. Denti superiori che andrebbero a premere d'improvviso quel labbro inferiore, quasi con violenza, non preoccupandosi di creare una minima ferita da cui far sorgere un nuovo canale di un rosso scarlatto. Sangue che andrebbe a sporcare quelle labbra, sporcando anche la zona sottostante, vicino al mento proprio. <E dinanzi a tale situazione, come dovrebbe reagire il Sole?> Non lo esprimerebbe direttamente ma potrebbe esser chiaro che si riferisca a se stesso, a quel corpo che sarebbe rimasto ancora in vita: <Chi dovrebbe ora rincorrere, chi dovrebbe visionar da lontano, nel tentativo vano di poterla accarezzare per un istante?> Un respiro poco più pesante, profondo, mentre un termine colpirebbe la mente, esternandosi quasi senza consenso del cervello: <Eclissi.> Quando la luna ed il sole possono incrociarsi, possono divenire un tutt'uno, rendendo uno spettacolo degno di nota per chiunque possa avere il lusso di partecipare. Un connubio, raro. <Eppure le ha promesso che, nonostante tutto, lui avrebbe continuato quel ciclo infinito, divenendo sempre più lucente, in modo tale che non si possa avvertire l'assenza della Luna.> E questo potrebbe spiegare il tutto, questo potrebbe far comprendere all'altra il dolore che graverebbe su quel capo, su quelle ciocche che cadrebbero ad incorniciare il volto, a coprirlo in determinati punti della fronte. <E tu...> Sguardo che avrebbe quasi perso quella dote da magnete, divenendo sempre più una superficie vitrea. <...Chi sei?> No, non avrebbe dimenticato l'identità avversa, né il suo nome o qualcosa del genere; lui andrebbe per un argomento più profondo, più concreto: <Tu hai assistito solo ciò che non dovevi vedere.> Quasi tenterebbe di distaccarla, di definirla estranea a quel dolore che avvertirebbe, dentro sé. <E non ho necessità di quello sguardo, non ho bisogno la compassione di nessuno.> Non vorrebbe esser un semplice individuo, etichettato per la pena che potrebbe mostrare. La mancina mano che andrebbe a rilasciare la presa dall'erba, imprimendo maggior forza nella gemella, per far sì che, ripulita superficialmente dai detriti e da quella terra bagnata, possa esser poggiata sul proprio volto, coprendolo superficialmente, come se volesse simulare una maschera, un modo chiaro per rinnegare la possibilità d'esser guardato dall'altra, non preoccupandosi di trascinare quel liquido cremisi per il viso umido. Iridi che comunque manterrebbero il contatto visivo con l'altro, senza cedere e senza distoglierlo. <Non mi sei affatto debitrice, perché rimani qui?> Il suo esser medico sarebbe un semplice dovere professionale, l'averla curata ed aiutata più volte non darebbe al Chuunin nessuna posizione di creditore nei confronti dell'altra; non gli deve nulla, non deve ricambiare alcun favore o trattamento di piacere. Barcollerebbe appena col capo, oscillando in ambedue le direzioni: lievemente a destra e poi a sinistra, fino a raddrizzarsi totalmente e far sì che la mano che occupava il volto ricada lentamente verso il basso, lentamente, scoprendolo poco a poco. <Lo sai che stai rischiando....> E, per una semplice frazione millesimale, potresti scorgere un microscopico sorriso sadico, che si consumerebbe immediatamente: lui, Chikage! <...la vita?> Una frase che sarebbe stata accompagnata dal subconscio fino all'esterno, senza che la trasformazione sia avvenuta: Koichi sembrerebbe essersi fatto carico di quella domanda, un ambasciatore verso la Genin, la quale ora potrà davvero penzolare su un filo così sottile, pronto a strapparsi al minimo errore. Scappare o non scappare? Questo è il dilemma! [Chakra On]

00:09 Hikari:
 Le sembra quasi di parlare con uno sconosciuto tanta è la sorpresa nel vederlo in quelle condizioni. Agli occhi lei è sempre stato uno risoluto, deciso, anche manipolatore, e certe volte lungi dall’essere umano. Ma adesso, questa sera, vede in lui una persona che soffre, un dolore alimentato da qualcosa ancora per poco ignoto alla genin. E’ un po’ interdetta, non sa bene come comportarsi, poiché spesso in situazioni simili si tende ad allontanare chiunque cerchi di creare uno spiraglio nella corazza di chi soffre, rifiutando così ogni aiuto. Non lo conosce bene, ma è forse una delle poche persone che ha dato del suo all’esperienza di Hikari nel villaggio dell’Erba. < Me lo ricordo. > e anche bene. Un momento un po’ duro quello per lei, sola in ospedale, in attesa che qualcuno entrasse dalla porta per chiederle come stava, dirle che era stata brava, che non importava se era stata sconfitta. E l’unico che ha fatto qualcosa per lei è stato proprio il ragazzo che ora ha di fronte, un altro rispetto ad allora. Le ha portato da mangiare, l’ha curata, l’ha incoraggiata. Le ha detto di sorridere non per gli altri, ma per se stessa. Parole importanti che nessuno prima le aveva mai rivolto. Ripensandoci, forse avrebbe dovuto dargli retta fin da subito. Non brilla più l’animo del Chuunin, avvolto in una notta eterna senza Luna, scomparsa, frantumata. L’oscurità lo culla tra le sue braccia di tenebra, mentre si chiede che cosa dovrebbe fare. Un’ampia figura retorica ben colta dalla ragazza che lo sta ascoltando, poiché solo la perdita di una persona cara può provocare sì tanto dolore. Quel grido, non riesce a toglierselo dalla testa. Osserva quel rivolo di sangue percorrergli la pelle, mescolandosi assieme alle gocce di pioggia. Stringe le labbra lei, sentendo un ben noto formicolio alla gola. Perché le viene da piangere? Forse perché è una persona piuttosto empatica, o forse perché ha paura di rivedersi in lui, nella sua tragica situazione. In quel momento, non può fare a meno di prendere in considerazione che forse il proprio Sole possa essere scomparso come la Luna dell’altro. Una visione terribile che ora non vuole assecondare. < Il Sole… > si sforza a parlare, onde evitare che l’altro possa scorgere un qualche tremolio nella voce d’ella < …non può non avvertire la sua assenza. > risponde con una visione negativa, contraria a quella che forse ci si aspetterebbe in un momento simile. Solitamente si cerca di dare conforto a chi soffre, ma adesso Koichi non ha bisogno di favole, ma della realtà dei fatti. < Il Sole soffre senza di lei. > una piccola pausa, guardando le iridi ambrate altrui. < Deve ricordarla, sempre. > e quello che farebbe lei, vero Hikari? Se l’amato scomparisse, lei agirebbe in questo modo. Poi, ecco un altro quesito che sembra ribaltare del tutto la situazione. Diventa improvvisamente un’estranea, come se l’altro volesse escluderla dal dolore che sta provando, poiché lei non sa effettivamente nulla. Lo ha solo visto, e in qualche modo così ha rovinato quel momento di tragica purezza che ha caratterizzato l’addio tra due amati. E lei ora si sente così, esclusa, e la cosa peggiore è che ha ragione. Lei non c’entra niente con la sua vita, e non può biasimarlo se pensa che la sua sia solo compassione. < Tu sei stato con me quando ero da sola. > comincia a dire, rispondendo alla sua domanda. < Forse per te è stato normale, ma io avevo bisogno di quelle parole. > prenderebbe un grande respiro, stringendo poi nuovamente le labbra. < Di qualcuno. > e sì, lo sa bene che sta rischiando, non ha dimenticato lo sguardo vitreo di Chikage che la guardava con una certa insistenza, quasi volesse ucciderla con la sola forza del pensiero. Se andasse via, potrebbe ucciderla comunque però, no? Allora tanto vale tentare di aiutarlo. < Anche se decidessi di andare, rischierei comunque. > e abbasserebbe ora lo sguardo, ancora in ginocchio, lasciando che la pioggia continui a battere su di lei. Vorrebbe che portasse con sé tutto, i dolori del ragazzo, le ansie di lei. Sarebbe bello se entrambi ne uscissero in pace. < Perciò resto. > [Portakunai: 3xkunai]

15:46 Koichi:
  [Bosco dei Ciliegi.] Quasi paralizzato, immobile in quella statuaria posa, mentre si lascerebbe scalfire da quelle sensazioni, da quella pioggia che non terminerebbe di discendere dal firmamento scuro. Impassibile, almeno esternamente, mentre dentro sé sentirebbe un groviglio di sentimenti che andrebbero a distruggersi, l'un con l'altro. Saprebbe pure cosa dovrebbe fare, cosa sia giusto, eppure non risulta essere così semplice: detenere quella promessa scandita proprio in quella zona, sotto la protezione di quel ciliegio secolare. Ricordarla dentro di sé, portare onore alla sua esistenza, in qualsiasi momento, in qualsiasi situazione. Un respiro profondo, al termine delle parole ultime d'ella, in cui afferma di voler rimanere. <Vuoi rimanere, per ricambiare ciò che in passato ti ho concesso.> E prenderebbe nuovamente fiato, gonfiando e sgonfiando quei polmoni. <E per timore che possa comunque ucciderti, se te ne andassi.> Affermerebbe, lasciando all'altra il tempo necessario di alterare ciò che il Chuunin avrebbe appena trasmesso all'esterno, con quel fluire lento, quasi tranquillo. Eppure sarebbe solo una falsa immagine che verrebbe emessa, per celare qualcosa che potrebbe risultare molto più cupo da assistere. Sembrerebbe quasi trattenersi data la presenza esterna, data la sua compagnia, indipendentemente se sia ben voluta od indesiderata. <Se ora ti muoverai...> Inizierebbe a prendere parola, mentre la mano libera, la mancina, verrebbe avvicinata nuovamente al proprio volto, ma questa volta senza oscurarlo. Assolutamente no. Indice e medio che verrebbero indirizzati verso le proprie labbra, dalle quali fuoriusciranno, aguzzi, i denti bianchi, splendenti. Basterà un semplice movimento, una netta chiusura della mascella, per far sì che i due polpastrelli possano essere vittime di una piccola ferita. Due punti in cui potrà fuoriuscire il sangue, lentamente, sporcando le dita prescelte. Intanto un piccolo fulcro di energia sarebbe rispedita nuovamente in alto, dal plesso solare fino a raggiungere il cervello. Una quantità di chakra che supererebbe nuovamente i polmoni, la trachea ed oltrepassare anche la gola, ritornando in quei due emisferi cerebrali. Un'esplosione, quella pillola d'energia che andrebbe a districarsi all'interno della cavità, permettendo al gene Goryo di prendere nuovamente vita. Sembrerebbe quasi una continua lotta tra quelle due entità, eppure agirebbero verso un unico sentiero, verso un solo scopo. Capelli che andrebbero quasi a consumarsi, a perdere ogni tonalità ed ogni pizzico di colore, così come quegli occhi che andrebbero a divenire due smeraldi verdi, iniettati negli occhi avversi. <...Ti ammazzo, sul serio.> Riprenderebbe la frase, mentre potrebbe ancora avvertire l'odore del proprio sangue fuoriuscire dalla coppia di falangi. Queste verrebbero mosse dunque in direzione del corpo altrui, verso il viso d'ella, senza preoccuparsi di macchiarla; anzi sarebbe quasi questo il proprio intento. Se riuscisse, se l'altra rispettasse ancora l'ordine imposto dall'albino, le dita andrebbero a disegnare innanzitutto sulla fronte di lei, disegnando un triangolo equilatero, con uno dei vertici puntati verso il firmamento. <Triangolo, segno intermedio, raffigurante il passaggio di qualcosa di materiale a quello etereo.> E da quando si interesserebbe di simbologia? La mente, magazzino delle nostre capacità, anche quelle più subconscie; non è forse ciò che ci porta ad innalzarci, verso un livello paragonabile a quello degli dei? <Cerchio.> Prenderebbe nuovamente parola, mentre le mani, quasi stanche, andrebbero a cadere verso gli occhi di lei, segnando due cerchi, uno per ogni occhio, ove questo prenderà il suo centro. <Segno Dell'immateriale.> E di ciò che non è possibile palpabile, così come l'anima di ognuno di noi: non sono quei bulbi specchi della stessa? Ecco che le mani ancora cadrebbero, sempre più lentamente, mentre quattro linee segnano un'ulteriore figura attorno alle labbra di lei. <Quadrato, segno del terreno.> Una figura chiusa, una sagoma che andrebbe ad intingere le labbra femminili di quel sapore amaro, di quel liquido rosso rubino. Che sia la nostra bocca portavoce delle nostre scelte, del nostro respiro e di tutto ciò che possiamo assaggiare. <Con ciò...> Con quell'imbrattare, si intenderebbe: <Io ti maledico.> Serio, mentre la mano andrebbe quasi a ritrarsi lentamente, ondeggiando nell'aria. <Tu morirai.> Ma cosa diavolo le ha fatto? Che tecnica proibita potrebbe mai essere? <Ma non oggi.> Ah che fortunata, eh. <Siamo esseri con una determinata quantità di linfa vitale, tutti periranno.> Un semplice: ricordati che devi morire, eh! <Ma con la scelta di rimanere qui, in questo momento, mi permetto di strappare parte della tua esistenza per poterla custodire, proteggere.> Ah dunque non tutti i mali vengono per nuocere? <Come farebbe il sole ad un viaggiatore disperso, avvolto tra la nebbia.> Per quanto sia così teatrale, sadico, le sta semplicemente dicendo che: <Ti guiderò e farò in modo che nessun altro essere, a noi simile, potrà ferirti.> E perché mai? <Altrimenti la maledizione si attiverà e perirà.> Nulla che possa esser verificato, come un reale anatema, ma un modo implicito per dire che ucciderà personalmente chi tenterà di uccidere la Genin. <Ora sei libera di muoverti.> Quasi come se avesse sprecato energie, andrebbe lentamente, accompagnandosi con le braccia, a stendersi totalmente, a poter rimirare il cielo, ancora una volta. <Perché il Sole deve continuare a splendere, deve farsi carico di un peso.> Quello di illuminare quei terrestri così distanti da sé; non sarebbe forse ciò il proprio compito? Migliorare, anche come medico, affinché nessuno possa subire altre perdite di questo livello e disintegrare le fonti negative, anche se dovesse utilizzare una moneta ancora più... sporca. [Chakra On][Innata Goryo][Sindrome – Secondo Stadio]

16:40 Hikari:
 Il tempo è sospeso, immobile. Attorno a loro tutto si muove ma allo stesso tempo sembra immerso in un vuoto assente, vivono solo le presenze dei due, uno di fronte all’altra. Difficile dire di poter leggere oltre gli occhi del Chuunin, capire ciò che nasconde, teme, prova. Riesce solo a intuire l’enorme dolore che lo sta lacerando, e probabilmente ciò a cui la ragazza è riuscita ad assistere è nulla in confronto a quello che si sta scatenando nell’animo altrui. Sarebbe dovuta andare via quando lo ha intravisto dalla vegetazione, avrebbe dovuto lasciarlo solo a combattere con i propri demoni in un momento tanto delicato e importante. Ha rovinato tutto, lei, lo ha distratto, mentre è del parere che il dolore può essere sconfitto solo se vissuto. Potesse tornare indietro, non si sarebbe fermata. Continua a guardarlo, cosciente della sua imprevedibilità. Sa ciò che potrebbe fare in un battito di ciglia, ha potuto toccarlo con mano, perciò si potrebbe dire che ha quasi il terrore di muoversi. Ma non è lei a prendere parola ora, bensì l’altro, non promettendo nulla di buono, almeno per il momento. Sembra voler partire con quella che di lì a poco prenderà forma in una minaccia. Lo sguardo viene catturato dalla sua mancina che, lentamente, si avvicina alle di lui labbra. Una volta che questa le raggiunga, Hikari potrà avere una visione più completa su ciò che sta accadendo. In questo modo riesce a notare sia le sue espressioni, sia i movimenti della mano. Il sangue, che dapprima era intenso sul labbro inferiore del Chuunin, è ora maggiormente concentrato sulle sue dita, a causa della ferita inferta loro dai denti. E’ confusa, non capisce dove l’altro voglia andare a parare. Non parla, lei, non dice nulla, in attesa. I capelli azzurri perdono ogni loro tonalità, spegnendosi e divenendo di quel pallore ormai noto alla genin, che ancora non sa, o meglio, non ha capito a fondo la natura di colui che si fa chiamare Chikage. Ciò che è riuscita a capire, nei due incontri che ha potuto avere con lui, è che a quanto pare lui non è effettivamente Koichi. Subisce una mutazione, un cambiamento radicale che lo fa diventare un’altra persona. Non sembra lo stesso disturbo di cui soffre Zashiki, no, assolutamente. Qui si parla di un’identità diversa, non personalità, che muta anche nell’aspetto fisico. Ed ecco che la minaccia si compie. Gli smeraldi verdi brillano tra la pioggia, quasi gridando ciò che è stato solo pacamente pronunciato dalle labbra. Un mancamento investe la giovane donna, che a quelle parole, a quegli occhi, non riesce a rispondere. E’ paralizzata, immobile, consapevole ormai che con l’albino non si scherza. In più, anche se volesse, non riuscirebbe a muoversi. La presenza di Chikage, presa ormai coscienza di essere un’altra entità rispetto a quella che conosce, la destabilizza. Ne ha timore, fin troppo. Le iridi castane sono fisse sulla figura altrui, perse però. Non guardano nulla, non cercano nulla. Intuiscono il movimento della mano del ragazzo, che si allunga imbrattata di sangue verso il viso d’ella. Un forte brivido le percorre la schiena, mentre lentamente la coscienza della paura si fa spazio dentro di lei. Vuole farlo ora? Vuole ucciderla adesso? Eppure, non si è mossa. Le dita scarlatte si dirigono verso l’alto, incontrando la fronte bagnata della giovane. Riesce a distinguere le sue parole, ma non bene i movimenti. Di fatti le risulta comprensibile ciò che sta facendo solo grazie ai termini utilizzati dal Chuunin. Poi giù, verso gli occhi. Prima uno, poi l’altro. Un cerchio attorno al destro, l’altro sul sinistro. Sgranati mentre osservano, oltre una cortina assente, il fare del ragazzo. E’ infine il turno delle labbra, circondate da un quadrato. Può solo immaginare l’aspetto del suo viso ora, imbrattato dal sangue altrui. Avverte un senso di nausea che cerca però di limitare, inutilmente. Non può fare a meno di chiedersi: che succederà ora? Morirà? Ah, che fine inutile sarebbe. Troppe cose lasciate in sospeso, troppe ancora non iniziate. “Maledizione”. Una parola che la colpisce come un treno ma che allo stesso tempo le fa intuire che non è questa la sua ora. “Tu morirai.” Questo, è questo che abbatte quel vuoto che si era creato negli occhi della genin, riportandoli alla realtà. < Proteggere? > un balbettio, un filo di voce che raggiungerebbe i padiglioni auricolari altrui. E’ confusa, molto più di prima. Prima si parla di morte e ora di protezione. Con calma, Hikari, la spiegazione deve ancora arrivare. Tutta la tensione ora accumulata viene lentamente alleggerita da ogni parola pronunciata da Chikage. Una maledizione su di lei, ma rivolta a chiunque voglia farle del male. Non capisce, perché dovrebbe farlo? Perché lui dovrebbe prendere lei, proprio lei, sotto la sua ala. E in più… Chikage. Al via libera, i muscoli di rilassano, le gambe cedono, lasciandosi cadere a terra. Hikari è ora seduta, le labbra socchiuse e gli occhi fermi sull’altro. < Perché? > domanderebbe, con voce piatta, inerme. < Perché me? >. [Portakunai; 3xkunai]

17:59 Koichi:
  [Bosco dei Ciliegi.] Vorrebbe davvero prendere sonno, lasciar che le proprie palpebre possano socchiudersi lentamente, serrarsi, affinché la propria mente possa liberarsi da quel turbinio di emozioni, di sentimenti, che ora stanno semplicemente deteriorando l'animo umano. E' cosciente che il riposare non potrebbe esser una soluzione, in quanto le regole non saranno mutate: non sarebbe un incubo da cui deve svegliarsi. Oltremodo, il riposare non gli permetterebbe di metabolizzare totalmente l'accaduto, non potrebbe accettarlo, non così facilmente, ma sicuramente potrebbe concedergli una mole di recupero, sia per le energie fisiche che quelle psichiche, morali. Ed in quel suo progetto di poter riposare proprio lì, non curante delle condizioni atmosferiche, un suono verrebbe captato. Potrebbe ignorarlo, ma non lo farebbe. Ne avvertirebbe il tremore, analizzando quel tono dall'altra impiegata. Un respiro pesante andrebbe a rigettarsi all'esterno, lasciando che il capo si muova appena in direzione dell'opposta, tentando di scrutare quello sguardo avverso, quasi graffiandolo se fosse possibile. <Vi sono azioni senza parole, vi sono azioni senza motivazione.> Esplicherebbe, quasi infastidito da quella domanda, a cui non vorrebbe far emergere una risposta soddisfacente, una soluzione a quell'enigma che ora colpisce la curiosità femminile. Maledetto chi osò dire che la curiosità è donna; non poteva esprimere qualche altra verità? Cosciente che fin quando la situazione rimarrà così, non potrà rilassarsi egregiamente, in quanto potrebbe quasi percepire la tensione che l'altra possiede ancora, nei confronti dell'albino. Banale, ovvio. Eppure dovremo ricordare che l'uno non è altro che un'estensione differente dell'altra entità, ma entrambi della stessa medaglia. Vi sarebbero zone in comune così come sorgono zone a dir poco contrastanti. Mani che dunque verrebbero allargate, mentre si avvicinano pericolosamente al corpo altrui, a quell'estremità delle leve superiori, di Hikari. Tenterebbe quasi di prendere contatto con le mani avverse, di stringerla appena verso la zona del polso, ma qualcosa risulterebbe strano. Differente. Un'anomalia, ecco. Infatti, anche se gli occhi castani potranno ben visionare quel chiaro tentativo di afferrarla, la pelle d'ella non subirà alcuna variazione nella sensibilità. Come se il tocco non esistesse, come se fosse semplicemente immaginario. Non avvertirebbe concretamente quel tocco, in quanto il chakra Goryo andrebbe ad intaccare direttamente sulla sensibilità della zona colpita, neutralizzando momentaneamente il sistema nervoso. Magia? Ma solo se fosse riuscito nel proprio intento, sarebbero le conseguenze a dettar una sorpresa maggiore. Semplice volontà nell'atto di utilizzare le proprie energie, quel frutto donato tempo addietro, nel tentativo di far sorgere due macchie violacee nella zona toccata. Una forma anomala, che andrebbe a colorarsi lungo i polsi femminili, senza che possano esser rimosse così facilmente. <Dovresti semplicemente lanciarti da un dirupo, senza preoccuparti di quanto possa esser profondo.> E come una sanguisuga, andrebbe a rubare parte di quell'energia che ogni Shinobi dovrebbe possedere: il chakra, quasi volesse scrollarla appena, farla sentire poco più debole e stanca. Questo sarebbe tutto in virtù di una pressione, di un movimento imposto, per far crollare il corpo femminile e far sì che l'altra possa distendersi su quel manto erboso, su quel terriccio bagnato. Solo se fosse riuscito in quel compito, potrà ritirare le proprie mani da quel contatto avverso, sempre che l'altra non ostacolasse quella dipartita, non rendesse vano il tentativo di risucchiare le braccia per avvicinarle ai propri fianchi, maschili. <Quello che stai avvertendo è un microscopico assaggio del mio potere sopito.> La avviserebbe quasi, seppur non voglia indicarle quanto possa esser alto il proprio livello reale. <E scompariranno, in breve tempo.> La avviserebbe che quel tatuaggio, se si possano definire tali, saranno solo temporanei e dunque non avrà nulla di cui preoccuparsi. Almeno fin quando non sarà nella posizione di dover seriamente subire l'ira di quella singolare personalità. Un vuoto che si dipingerebbe su quel viso, mentre potrà estendere le iridi tutt'altra parte, verso quelle nubi ancora oscure. Non soggiungerebbe nulla, non nel breve tempo, impegnato a contemplare tutto ciò che potrebbe esservi. Ma cosa potrebbe vedere? Tralasciando quelle gocce che sembrerebbero attraversarlo, colpirlo numerose volte, in un impeto senza termine, semplici colori tetri e bui. Non vi sarebbe una fonte di luminazione in tutto ciò, rendendo la vista difficile per chiunque voglia osare passeggiare in quelle ore notturne. Le labbra improvvisamente sembrerebbero chiudersi, imprimersi l'uno contro l'altra, nel tentativo di mugugnare. Un mugugno che si affaccerebbe a più tonalità, a più sfumature, mentre attraverserbbe un ritmo lento e cadente: una melodia che potrebbe suonare come una lieta ninna nanna o malinconica, come un ultimo saluto alla persona amata. Dato lo scrociar della pioggia, dovrebbe esser un suono che non sarà ben rinvenuto, non sarà mai udito da terzi. Celato a tutti, tranne a... [Chakra On][Innata Goryo][Sindrome – Secondo Stadio][Conoscenza Goryo: Metadone][Tentativo di Sottrarre 12 Punti Chakra ad Hikari]

18:39 Hikari:
 L’altro è crollato a terra, apparentemente sfinito. Dopo qualche istante sembra recepire la domanda della giovane donna, una domanda da parte d’ella piuttosto importante ma la cui risposta tutta via le fa storcere il naso, non soddisfatta. Una risposta vaga che non dà alcuna delucidazione al quesito. < Maledirmi e non sapere nemmeno perché, chiaro. > una risposta sarcastica rivolta all’albino, mentre le iridi castane lo abbandonano, seguendo la mano destra della ragazza mentre viaggia verso il proprio viso. Il sangue del ragazzo con cui poco prima sono stati tracciati quei segni sta colando assieme alla pioggia, ed è proprio questo che sta cercando la giovane. Di fatti, la punta delle dita assumerebbe la colorazione rossastra dello scarlatto, divenendo oggetto dello sguardo di lei per diversi istanti. Ripensa a quello che è appena successo, alle sue parole, ai gesti. Potrebbe definirlo inquietante, spaventoso, ma soprattutto pericoloso. Non per lei, ma quanto più per chi potrebbe farle del male, poiché andrebbe incontro a morte certa, a detta di Chikage. Quest’ultimo improvvisamente si alza, e si china in direzione della genin, allungando le mani verso i polsi fini di lei. Non sa che cosa voglia fare, anzi, non vorrebbe proprio che si avvicinasse, ma non ha i riflessi abbastanza pronti per evitare quel gesto, quel tocco. Un momento… quale tocco? Eppure, può giurare che le mani del ragazzo la stiano stringendo, come mai non sente nulla? Gli occhi sono fissi sulle dita di lui, ben strette attorno ai polsi. E’ come se il tatto non funzionasse più. Ma la pioggia la sente, il freddo sulla pelle, sente tutto. Tutto tranne quelle mani. < Cosa… > sussurrerebbe, incredula, con le iridi sgranate su quello spettacolo. < Cosa succede? > e guarderebbe poi lui, mentre pronuncia quelle parole a cui Hikari non riesce a dare alcun senso. Dirupo? Lanciarsi? Che cosa sta dicendo? Non riesce a seguire il filo logico del discorso, sempre che ce ne sia uno. Avvertirebbe poi qualcos’altro, una stanchezza lontana, sopita fino a quel momento. L’altro potrà certamente scorgere confusione nel viso della giovane, caratterizzato da un’espressione impaurita e perplessa. Lo sguardo cala nuovamente verso le braccia, e trema quando nota delle macchie violacee comparire sulla pelle. Un senso di panico la invade, quasi a renderle difficile il respiro. < Ma che… > vorrebbe divincolarsi, correre, ma sarebbe davvero utile? Potrebbe davvero scappare da quel demone? In qualche modo, una parte di lui abita ora nella giovane a causa di quella maledizione. Il pensiero la agita, non la fa stare tranquilla, almeno per il momento. Si sente in parte violata, nonostante, a detta sua, voglia proteggerla. Ora la sta conducendo verso il suolo, adagiandola sul manto erboso, bagnato. Non oppone resistenza, non ci riesce, si sente minuscola e impotente di fronte a lui. Mai si era sentita così, mai aveva permesso a qualcuno di esserle superiore senza combattere, ma Koichi… Chikage… la destabilizzano. Un modo di fare, di parlare, di osservare, che le fa crollare ogni sicurezza. Si sente un libro aperto dinanzi a quelle due entità. Lo ascolta spiegarle ciò che sta effettivamente facendo. Parla del suo potere, delle macchie. Scompariranno, per fortuna… ha timore di scoprire che cosa sia capace di fare al massimo della sua forza, non vorrebbe averlo come nemico. < Chikage ma… > comincerebbe, socchiudendo appena gli occhi < Tu chi sei? > non conosce la sua vera natura, vorrebbe scoprirlo. [Portakunai: 3xkunai]

16:21 Koichi:
  [Bosco dei Ciliegi.] Riuscirebbe anche nel proprio tentativo, di coglierla impreparata ed indebolirla, lentamente, mediante quel semplice tocco, quello sfiorar della carne altrui, da cui potrebbe prelevare una discreta dose di chakra, senza che l'altra possa comprenderlo, senza che possa esservi una mera resistenza a quell'attacco alternativo, celato e senza alcun rumore. Potrebbe visionare quel volto, quel timore e quella paura che andrebbero a sciogliere ogni sicurezza femminile, a renderla così debole e minuscola, dinanzi a quelle gemme smeraldine, dinanzi a quell'imposizione lenta, per farla adagiare su quel manto erboso. L'altra non opporrebbe neanche resistenza, non ricercherebbe di stringere le mani maschili, intenzionata a farle defluire quanto prima, affinché ritornino vicino ai fianchi del loro padrone. <A volte dovresti semplicemente agire d'istinto.> E per quell'entità, questa potrebbe rivelarsi proprio una dote: vivere senza inibizioni, senza qualche regola di codice morale. Sentirsi liberi di fare ciò che si vuole, anche se questo potrebbe entrare in conflitto con qualche legge. Il fine giustifica i mezzi, dopotutto. <Questa tua paura nei miei confronti...> La osserverebbe, con insistenza, prima che le labbra possano leggermente distendersi e curvarsi verso l'alto, mostrando uno squarcio della propria dentatura candida: <...mi fa capire che sia vivo.> Particolare epilogo, singolare sensazione che andrebbe a spiegare, un tentativo vano, alla Genin accanto. Alla fine, se non fosse così temuto, potrebbe sentirsi davvero perso, come se vivesse nell'ombra dell'altra identità. Invece così sarebbero pari, ognuno con dei punti di forza e punti di... meno forza, ecco. Quell'espressione divertita andrebbe a scomparire gradualmente, con un profondo respiro, pesante, nell'udire ancora una volta quella domanda, quella curiosità che non andrebbe a colmarsi. Fastidiosa, vero? Così ti inquadrerebbe, quasi come se fosse realmente annoiato di sentire quella domanda. Non risponderebbe, sembrerebbe quasi ignorarti, Hikari. Eppure il tutto diviene l'inizio della propria regressione, ove la chioma tornerebbe nuovamente colorata, carica di un azzurro, e quei bulbi oculari nuovamente contenitori di due iridi arancioni. Tornato, finalmente: potrai stare davvero più tranquilla, ora? <Non ti avrebbe risposto.> Sigillerebbe, ammettendo il carattere dell'altro: <O ti avrebbe detto qualcosa che non ti avrebbe soddisfatto.> Come sarebbe accaduto poco prima, con la domanda avanzata dalla controparte. <Ad ogni modo...> Prenderebbe fiato, caricando i polmoni, pronto a suggerire qualcosa di nuovo. <Possiamo dire che ognuno di noi, nel proprio subconscio, ha un potere nascosto, un'identità che rimane sopita perennemente.> La spiegherebbe in brevi termini, senza esser prolisso. <Alcuni individui però riescono a sciogliere il muro che divide le due entità, lasciando che le due sagome possano incontrarsi e mescolarsi.> Che romantico, vero? <Potrebbero avere ideologie identiche, simili, od addirittura opposte.> Difficile individuare il tipo di rapporto che abbia con l'albino, ora rinchiuso nuovamente, alle spalle di quel cancello e sotto la cura di catene lungo l'intero corpo. <Dunque Chikage è...> Alzerebbe appena le spalle, incassando la testa tra di esse: <...Semplicemente...> E tenderebbe a rallentare, ritardare la risposta. Questione di secondi che sembreranno minuti, se non ore. <...Chikage.> Ah voleva evitare che l'altro rispondesse in modo insoddisfacente? E lui cosa avrebbe appena fatto? Può essere la ragazza realmente contenta ora, colmata di una conoscenza che non sembrerebbe avere consistenza? <Il nostro equilibrio però ci porta spesso nella stessa direzione, verso un unico obiettivo.> Prenderebbe respiro, un paio di volte: <Può cambiare il sentiero, la forma con cui si raggiunge, ma l'arrivo è identico.> Terminerebbe così il proprio discorso, mentre tenterebbe di rilassarsi appena, sentendo ancora quelle gocce d'acqua che cadono sui loro corpi. <Lui potrebbe ucciderti, se rivelassi queste informazioni ad altri.> Che perfido alter-ego. <E sicuramente non sarebbe una morta rapida ed indolore.> Ancora peggio di quanto si potrebbe attendere: <Ma io potrei non esser da meno, se venissi a sapere qualcosa che mi infastidisce.> Ops, l'avrebbe realmente espresso? <Ma forse con qualche metodo più gentile e graziato.> Come se potesse realmente cambiare tutto, in quanto il perno centrale si baserà sempre sul decesso d'ella. <Non dovresti provare quelle sensazioni, comunque.> Riesumerebbe, improvvisamente, quasi controddicendo ciò che il bianco crine aveva esplicato poco prima. <Sei la viaggiatrice dispersa tra le nebbia.> E per tale motivo, un sole sarà ideale per condurti, per illuminare il sentiero dinanzi. Capo che dunque andrebbe a torcersi appena, mentre con una rotazione di busto, dovrebbe voltarsi e trovarsi quasi a gattoni, ancor più vicino al corpo femminile. <Copriamoci.> Le ordinerebbe, prendendo passo, senza attendere che l'altra lo seguisse, senza voltarsi per controllare d'esser realmente raggiunto dalla Yoton. Pochi passi, quelli necessari, per avvicinarsi al tronco d'albero, quello del ciliegio, ove potrà sentire disperdere quella preciptazione, a causa del fogliame che rende difficile la filtrazione. S'appoggerebbe alla superficie ruvida, a quella corteccia, tentando di utilizzarlo come schienale, seppur non eccessivamente comodo. All'altra l'ardua sentenza di come e dove muoversi, sempre che non voglia davvero provare l'ebbrezzo di innervosire il praticante. Sarai così... stupida? [Chakra On]

17:21 Hikari:
 Non le è ancora chiaro quello che è successo. Le sue forze sono venute meno al contatto con l’albino. Un contatto che a livello sensoriale non è mai avvenuto. Ha tante domande, ma le risposte che le vengono date non la soddisfano, quindi risulta inutile sprecare fiato. In quella stanchezza si fa strada un lento nervosismo dovuto a quel continuo non sapere, a quell’atteggiamento di superiorità acquisito dal ragazzo. Perché non riesce a reagire di fronte a lui? Perché prova paura? Sarà la classica paura dell’ignoto mescolata al fascino del mistero? Già, ha timore ma allo stesso tempo vorrebbe saperne molto di più. Ah, Chikage, un grande punto interrogativo che si è imposto sul cammino di vita della genin. Ma non solo lui, anche Koichi fa parte di questo ampio quesito. < Vivo…? > un flebile sussurro nella pioggia poco prima che quell’entità scompaia, all’apparenza soddisfatta dell’affermazione appena rivoltale. Forse aveva bisogno di questo, una conferma di essere effettivamente qualcuno e non un semplice, piccolo lato dell’altra personalità. Anche lui, l’albino, in qualche modo, sembra aver bisogno di certezze, o di un’affermazione. Ora però è scomparso, nuovamente, lasciando il posto alla figura più familiare alla giovane. Capelli azzurri, iridi ambrate. Appare così semplice questo cambiamento, tanto da confonderla. < E’ ciò che ha fatto finora. > risponderebbe lei all’esplicazione da parte di lui sull’altra entità. Non ha avuto alcuna risposta soddisfacente dalla comparsa di Chikage, e a lei, che ha sempre sete di conoscenza, non le va giù. Non si spiega perché dovrebbe trovarsi in balia di qualcuno che pare solamente volerla manipolare e restare al gioco. Sì, ce l’ha con lei stessa per non avere le forze di ribellarsi davanti a quella personalità così misteriosa e… strana. Ascolta il dire altrui, cercando di coglierne ogni sfumatura e ogni possibile ombra. Quello che dice ha un senso, forse, e lui ne è la prova. Koichi… Chikage… sono due, ma allo stesso tempo uno. Stando alle sue parole, ognuno avrebbe questo dualismo, questo opposto complementare che vive sopito nel subconscio. Ma lei non crede di averne uno, anche volesse cercarlo. Sicuramente fa parte di quelle persone che non riescono a sciogliere il muro che separa le due entità, ma meglio così. Si chiede come faccia Koichi a convivere con qualcun’altro che vive nella sua testa, che lo scruta, che ne conosce le debolezze, e che potrebbe prendere piede in qualsiasi momento. Chissà se per lui è un peso o una fortuna. < Chikage, eh? > quasi soddisfatta la giovane nell’apprendere quelle informazioni, ha le idee più chiare, anche se lievemente. Per questa volta può ritenersi contenta. Ma non finirà lì, oh, certo che no. < Ucciderebbe colei che vuole proteggere? > domanderebbe, osservandolo dal basso, stesa sull’erba. Non vuole alzarsi per il momento. Spaventoso ciò che si prospetta in caso di una fuga di notizie. E’ stata minacciata diverse volte nel giro di qualche minuto, potrebbe farci l’abitudine. < E a chi dovrei dirlo? Non ho nessuno. > chissà se ne avrebbe parlato con Shitsui, nel caso fosse ancora lì. E’ probabile, perciò ha fatto bene Koichi a metterla in guardia. In ogni caso, terrà la bocca chiusa come ha fatto finora. La figura dell’altro ha sempre viaggiato nella sua mente e non ha mai abbandonato le labbra di lei. Insomma, non lo ha mai nominato con nessuno, e probabilmente sarà sempre così. < Difficile non provare paura. > e solleverebbe prima il capo, poi il busto, sostenendone il peso coni gomiti, puntati al suolo. Asseconda poi la sua proposta, nonostante coprirsi ora sia del tutto inutile, poiché già completamente zuppi di pioggia. Lo seguirebbe e raggiungerebbe al di sotto di quell’enorme ciliegio, le cui fronte si agitano a causa del meteo. La pioggia è rada lì, ma non assente. Dal viso della ragazza cola ancora il sangue di Chikage, mescolandosi alle gocce d’acqua e a quello che ha ripeso a colare dalla ferita sulla fronte auto-infertasi prima di incontrarlo. [Portakunai: 3xkunai]

18:17 Koichi:
  [Bosco dei Ciliegi.] Ai piedi di quell'albero maestoso, i cui rami andrebbero ad allargarsi sotto numerosi direzioni, offrendo un discreto riparo a chiunque fosse al di sotto; non totalmente, ma sicuramente la quantità d'acqua cadente andrebbe ad ammettere una netta diminuzione, data la difficoltà nel trafiggere quel folto fogliame. Schiena leggermente ricurva in avanti, ove solo le spalle potrebbero assaggiare quel contatto ruvido e lasciar fluire quel corpo maschile verso il manto erboso, totalmente disteso, e con le gambe lievemente distanziate fra loro. Sembrerebbe proprio una posa da assumere per addormentarsi beatamente, cullato da quell'atmosfera che circonderebbe il duo. Osserverebbe dunque il movimento d'ella, nell'atto di avvicinarsi anch'essa, seppur non voglia utilizzare quell'esponente della flora di Kusa come appoggio. La potrebbe notare leggermente chinata in avanti, accanto al proprio corpo: pochi centimetri di distacco tra quelle due figure. <...> Silenzio, non andrebbe ad esplicare nulla, per quello che riguardano le ultime battute scambiate con il proprio alter-ego, lasciando che possa semplicemente limitarsi a muovere nuovamente i propri arti. Braccia che andrebbero ad allungarsi, quasi rapidamente, per afferrare entrambe le spalle di lei: la mano destra coglierebbe la spalla destra d'ella ed in modo analogo la gemella verso l'altrui spalla. Quasi catturata, quasi intenzionata ad imporle un senso di prigionia, un implicito messaggio che non potrà fluire all'esterno e scappare. Non ora, non più. E senza chiedere, senza provare ad attendere autorizzazione, andrebbe avanti col proprio tentativo di tirarla verso di sé, con una pressione maggiore verso la spalla della Genin più distante, affinché durante quel movimento discendente della schiena, il corpo avverso possa compiere una torsione sufficiente a rendere meglio efficiente il proprio scopo. Infatti, se l'altra non opponesse resistenza alcuna, sia per la rapidità del gesto o per il timore di incorrere in un errore, potrà ritrovarsi con un nuovo appoggio, con qualcosa che renderebbe adeguato supporto al proprio capo: il petto del Goryo. Infatti posizionerà quel capo al centro del proprio tronco, permettendole di distendersi poco meglio e di poter godere di quello spazio, di poter visionare quegli occhi e quei ciuffi dal basso. <Non provocare.> Commenterebbe, a riguardo di quella domanda cruciale: <E' più facile proteggere un corpo senza il suo soffio vitale all'interno.> Anche lui potrebbe rivelarsi con quegli accenti sadici, spiazzando potenzialmente la controparte. <Ad ogni modo, è meglio che tu rimanga in vita.> Lo zucchero che andrebbe ad addolcire la proposizione precedente, rendendola più dolce. Che tenero, vero? <Odio chi mente.> E la mano libera, in quanto una delle due sarà occupata a tener comoda l'altra, andrebbe a presentarsi e colpire, con un paio di tocchi d'indice, il centro di quella fronte. <Non sono ancora uno spettro.> Un demone che, con quell'accento minuscolo di superbia, andrebbe a confermare la propria esistenza nei confronti dell'altra. <E poi sei ancora maledetta.> Come se fosse un vincolo, come se fosse un modo per esprimere un simbolo che garantisce il loro legame, il loro contatto. Tum, Tum. Tum, Tum. Lento, dei colpi leggeri che andrebbero ad accarezzare la parte sinistra del proprio petto. Non agitato, non emozionato. Sembrerebbe esser rilassato, senza nessuna dose di adrenalina che accellera il battito cardiaco. Una sinfonia di colpi continui, un ciclo infinito che potrebbe esser avvertito dalla controparte, se sfiorerà la zona col proprio udito. <Avrei necessità di riposare.> Improvvisamente, una richiesta che andrebbe a spezzare quell'improvviso silenzio. Ma non accenna a nessun movimento, se non quel contatto diretto visivo, duraturo, che non si spezzerebbe. <Non dovrebbe giungere nessuno qui, però.> Le palpebre che andrebbero dunque a socchiudersi, gradualmente, piano piano, con una lentezza unica. <Appena mi sarò svegliato, ti accompagnerò ovunque dovrai andare.> Ehm... Questo significa che pretende compagnia, che pretende la presenza dell'altra, per far fluire quella notte? Un'oscurità che andrebbe ad esser spezzata solo da quella precipitazione, un'oscurità che andrebbe ad esser il panorama di quel ciliegio, il quale proteggerebbe il duo. <Se dovesse accadere qualcosa, sussurra.> E l'occhio sinistro andrebbe ad esser totalmente serrato, lasciando che la palpebra sinistra si accinga a seguirlo, da lì a poco. <Se il sole dovesse spegnersi, torna qui.> Nello stesso punto in cui sarebbe nato con la sua luna, nello stesso punto in cui quest'ultima è caduta e nello stesso punto in cui vorrà cadere anch'esso. Un ciliegio a cui attribuirebbe un valore inestimabile, seppur non ne ricordi precisamente il motivo. Fin troppa energia consumata, fin troppo prossimo alla stanchezza. <Hikari.> Ultimo fonema, prima che possa serrare entrambi gli occhi e lasciar che il respiro possa divenire sempre più quieto, sempre meno rumoroso. Il demone che cerca solo silenzio, ora. [Chakra On][END]

19:08 Hikari:
 Le parole sono cessate, il discorso terminato. Chikage sembra un alone lontano, rinchiuso nel subconscio altrui, incatenato. E così anche tutto l’interesse che aleggiava attorno a lui. Non che la giovane non ne sia più incuriosita, ma bensì la conversazione è stata semplicemente accantonata. Quel silenzio né è la prova, poiché nessuno dei due presenti osa parlare. Si sono spostati, hanno cambiato luogo, raggiungendone uno maggiormente importante per il Goryo, i cui motivi sono ignoti alla giovane, ma ormai non quello per cui si è recato lì. La sua Luna si è spenta, e il ciliegio, che si erge maestoso al di sopra dei capi dei due, è forse l’ultimo ricordo fisico che ha di lei. In preda ai pensieri, la giovane volta appena il capo verso l’altro, che sta lentamente lasciandosi andare lungo il tronco dell’albero, silenzioso. D’un tratto, in un battito di ciglia, quasi come lo scatto attuato in precedenza da Chikage, le braccia dell’altro fendono l’aria viaggiando celeri verso di lei. Questa volta il tocco lo sente bene, e distratta da questa accortezza non ha nell’immediato il tempo di realizzare ciò che sta accadendo. Percepisce la pressione delle mani di lui sulle spalle, delle quali una viene maggiormente ad essere vittima di pressione, permettendo così al busto di effettuare una rotazione e poi discendere, veloce, verso il suolo. Il capo, che lo accompagnava, incontra invece una superficie diversa: la maglietta bagnata del ragazzo. Si trova sul suo petto, precisamente, sulla parte sinistra. Non ha opposto resistenza, o meglio, non ne ha avuto il tempo. E’ in bilico tra due emozioni: la paura della fuga, come del resto da quando ha incontrato l’alter ego del Chuunin, e una strana tranquillità ritrovata. Da tempo qualcuno non le trasmetteva affetto a livello fisico, anche solo un abbraccio o una carezza. Non vuole liberarsi, non ora. Non sta bene da tempo, e vorrebbe che questo malessere fluisse attraverso le braccia altrui e tramite il suo corpo raggiungesse il suolo, scomparendo nelle viscere terrestri. Non si sente al sicuro ma allo stesso tempo avverte un senso di protezione. Una chiara contraddizione. Nonostante l’intenzione dell’altro sia quella di impedirle di andare, lei coglie un velo di solitudine in lui. Potrebbe sbagliarsi, d’altronde non riesce a leggere la mente o interpretare i suoi modi. Koichi è sempre stato un rebus per lei, difficile da comprendere. < Tu dici? > Lo osserva dal basso, cercando qualcosa nelle sue iridi ambrate. Proteggere un corpo senza vita… Prova a immaginarlo, ma fa nascere in lei una sensazione che non le piace affatto. Le sue parole successive la fanno sorridere. Il primo sorriso da quando ha abbandonato la propria abitazione quest’oggi. Vuole dirle che è lì per lei, ora? In qualche modo, è riuscito ad insinuarsi lentamente, e inesorabilmente, nella vita della giovane Yoton. Non sa se la cosa la preoccupi o meno, ma in questo momento, in quell’atmosfera di precaria pace, il pensiero non la disturba. < Già, chissà che cosa mi hai combinato. > leggera nella voce ora, come se la tensione l’avesse abbandonata. Ripensa ai gesti dell’albino, al suo sangue, alle sue parole. Non le è ben chiaro ciò che ha fatto, né se sia tanto meno una sorta di azione per giustificare l’intenzione che ha di proteggerla, e anche se volesse spiegazioni certamente non le avrebbe. Torna nuovamente il silenzio, scandito solamente dal veloce incedere della pioggia. Un altro suono si fa spazio nell’orecchio della ragazza. Un lento battito, forte contro il petto del Goryo. Tuona nel padiglione auricolare di lei, quasi la ipnotizzasse. Segno di vita, che le fa spazzare via qualsiasi dubbio avesse sulla sua natura. Non ha mai messo in dubbio la sua umanità, ma fino a questo giorno non aveva mai avuto occasione di toccarla con mano. Che questo la aiuti a sconfiggere la paura che ha nei suoi confronti? Lo scopriremo più avanti. < Adesso? > rimane un po’ interdetta dalla sua richiesta, così, dal nulla. < Ti raffredderai. > Ci raffredderemo, no? Perché a quanto pare ha deciso di assecondare il desiderio dell’altro e fargli compagnia. < Va bene. > due parole a sancire quell’accordo. Poi ancora un’immagine negativa, di morte, che avrebbe come centro proprio il Chuunin. Se lui dovesse scomparire, quelle sarebbero le istruzioni. Un pensiero timido, piccolo, fa capolino nella mente della giovane: lo ha appena trovato, non lo farà scomparire. [Portakunai: 3xkunai][End.]

Koichi affronta una terribile perdita, ovvero quella della sua Luna. Hikari lo incontra proprio durante l'apice del suo dolore. Durante l'incontro, gli argomenti girano per lo più attorno al tema della morte e della vita, ma qualcosa di particolare accade: Chikage maledice Hikari, promettendole protezione da chiunque la ferisca.