{Rapporti incrinati}
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Giocata del 25/05/2017 dalle 14:16 alle 18:24 nella chat "Centro di Kusa"
Non ci può credere. Non sa più cosa pensare. Keizo ha partecipato a quell'attacco contro Arima. Ha aiutato ad ucciderlo solamente perchè Arima ha continuato a lavorare sui cloni. Come se fosse un crimine, come se fosse uno sbaglio, come se non fosse grazie a lui che loro stessi possono dire di essere vivi. Non capisce. Non capisce davvero come proprio lui, clone come lei, possa aver deciso di tradirlo in questo modo. E al tempo stesso si sente ferita nel sapere che anche Kimi ha preso parte a quell'attacco. Non è una Uchiha, cosa le riguarda se Arima crea e usa cloni? Sicuramente deve aver partecipato per aiutare Katsumi vista la loro relazione ma... perchè? Perchè è dovuta arrivare a tanto? Non se ne capacita, non se lo spiega, si sente ferita e delusa da queste rivelazioni. In un primo momento aveva accettato l'idea della morte di Arima solo grazie al pensiero che Katsumi sarebbe stato un uomo migliore di lui. Che avrebbe aiutato lei ed il resto del clan come Arima non si stava rivelando capace di fare. Invece... invece ha dimostrato di essere indegno e assai peggiore di Arima. Ha abbandonato lei e tutti gli altri svanendo nel nulla dopo averli privati della presenza della loro guida. Un atto meschino, ignobile, orribile, sulla quale adesso Akira non riesce più a pensare con accettazione. Scoprire i motivi dietro i quali il mezzo Seiun ha agito le fa accapponare la pelle, lo sente quasi un attacco privato e diretto alla sua persona di clone. E' arrabbiata, è ferita e deve riferire tutto a Kioshi il prima possibile. Questa è la sua meta: la locanda ove l'altro ha preso alloggio al suo arrivo. Una locanda posta nel quarto cerchio del Villaggio, non particolarmente costosa, essenziale, circondata da negozi e locali. Cammina per le strade di Kusa indossando quelli che ormai sono i suoi abiti tipici: un kimono nero terminante in una gonnella morbida, liscia, lunga fino alle cosce. Una trama floreale rossa risale lungo gli orli della veste come falangi nodose, in una decorazione elegante e raffinata. Decora i bordi delle maniche lunghe ed ampie e il contorno della gonna stessa. Un obi cremisi avvolge i fianchi, la vita, racchiudendosi dietro la schiena in un fiocco rosso. Ha dovuto comperarne un altro dopo aver perduto quello che Akuma ha preso con sé. Ancora non capisce cosa abbia voluto fare, perchè, ma pazienza. Le gambe si dilungano scoperte oltre la gonna fino a terminare in un paio di comodi stivaletti neri da kunoichi, privi di tacco. Nessuna arma è con sé, nessuno strumento se non il coprifronte di Otogakure ricevuto da Katsumi che è stato accuratamente annodato dietro la nuca. Lo porta attorno al collo così da non sentirlo pesare sul viso o da non rovinare le maniche del suo abito. I capelli neri stanno crescendo, sono sempre più lunghi. Ormai raggiungono metà schiena e li trova donarle più del taglio corto che aveva al suo risveglio in cella. Una bambolina esile, graziosa, bassina, che par quasi da esposizione. Così appare Akira mentre scosta le iridi bicromatiche in lungo ed in largo alla ricerca della locanda ove risiede il compagno. Quanto tempo è passato dall’ultima volta che ha avuto la forza di affrontare il mondo e uscire di casa? Da quanto si trova a Kusa? Domande che si affollano nella sua testa mentre il cuore continua, attimo dopo attimo a sgretolarsi come sabbia, distrutti da tutti coloro a cui l’aveva donato. Da Mekura che senza rispettare la sua stessa esistenza l’ha ridotta in fin di vita, da Katsumi che ancora una volta nonostante tutte le promesse l’ha abbandonata, solo ad affrontare la mancanza della figlia e anche la sua ed infine abbandonata pure dal Padre che non è corso in suo soccorso come sempre, che non ha lottato per raggiungerla eppure Yukio è l’unico verso il quale non sente reale risentimento, sa di non poter più occupare i suoi pensieri come un tempo, ha dei figli veri ora, sangue del suo sangue ed anche un villaggio a cui badare mentre lei non è altro che un fantasma. Incapace di abbandonare il mondo ma destinata ad un ciclo continuo di sofferenze dal quale non è in grado di sottrarsi e nel quale forse è meglio tornare a cullarsi. Per lungo tempo è rimata rinchiusa nell’Anteiku sotto le spoglie di Yuurei, in attesa di vedere il suo Nemurimasen, in attesa di aver assorbito abbastanza dolore per poter tornare ad essere finalmente sé stessa. Chissà se la danno per morta, chissà se qualcuno si chiede che fine abbia fatto Medusa, il mignolo destro che ora sta sfilando per il quarto cerchio di Kusa. Capelli neri corti, le arrivano appena al mento ad accarezzare quei lineamenti delicati e femminili, grandi occhi azzurri privi di un vero sentimento, distaccati e freddi, sono tornati ad osservare un mondo di cadaveri. Indossa il solito completo nero, una fascia intorno al seno e dei pantaloncini a coprirle i glutei, per il resto solo pelle bianca. Sul petto ancora si vedono le cicatrici che la collegano all’Uchiha quel “K-21” scarnificato proprio sopra al cuore e il lupo frutto di un’ustione alla base del collo, il simbolo dei cacciatori di taglie. Sandali da ninja neri a completare il tutto insieme alla mantella dell’Akatsuki appena poggiata sulle sue spalle. Le mani magre sono lasciate come morte lungo i fianchi, solo l’anello verde ad adornale, unico oggetto brillante nel mare di candore che è la sua carnagione. Non riconosce Akira, non collega la figura della ragazza a quella della figliastra perché lei non ha più nessuno ormai ed anche quella figura, che pur intravede davanti a lei, non è che un altro morto, qualcuno su cui dovrà far calare, un giorno, la sua falce senza porsi inutili domande perché questo è il compito della regina degli inferi [chakra on] I passi si susseguono veloci, le leve inferiori si scambiano di posto in un alternarsi rapido e continuo. Avanti, indietro, destra, sinistra, senza far reale rumore sul terreno, continuando in un tamburellare rapido di passi che lascia solo orme sorde dietro di sé. La chioma corvina ondeggia ad ogni falcata sulla sua schiena, la brezza ne scombina l'ordine, la veste svolazza attorno alla sua carne al minimo cenno di vento, senza tuttavia scoprire ulteriore carne del suo corpo. Si muove, avanza, in un passo tanto rapido da poter essere quasi una corsa lenta. Sente il cuore batterle all'impazzata nel petto, gli occhi colmi di una tristezza senza fine mentre cerca con lo sguardo la locanda che le avrebbe forse donato un po' di sollievo. Parlare con Kioshi avrebbe potuto aiutarla, sapere cosa lui ne pensa, trovare qualcuno con cui condividere il proprio dolore forse avrebbe potuto darle forza. Ma il destino agisce per vie traverse e blocca il suo incedere di colpo quando, passo dopo passo, si ritrova a veder comparire dinnanzi a sé la figura di una viandante già conosciuta. Corti capelli scuri, simili a quelli che un tempo aveva avuto anche lei, pelle diafana, abiti scuri, una veste con una trama a nuvole scarlatte. Due occhi gelidi e distanti guardano attorno senza vedere portando l'Uchiha ad arrestarsi di botto, paralizzata, sopprimendo a stento un sobbalzo palese, la voce a stridere fra le labbra in un verso involontario ed istintivo. <Uh> Si blocca, osserva Kimi dinnanzi a sé vagare come uno spirito senza meta. L'espressione è ben più fredda e dura di qualche tempo prima, il viso più tagliente. Il suo sguardo è spento, vuoto, carico solo di una freddezza raggelante che le impedisce di muovere un altro muscolo ancora. Sente il cuore battere forte, la mente annebbiarsi di colpo. Cosa dovrebbe fare? Per tanto, tanto tempo ha sperato di rivederla, ha cercato d'incontrarla, ma non l'ha mai trovata. In ospedale a Konoha non è mai arrivata, alla magione Uchiha non s'è mai vista e a Kusa non l'ha mai incrociata. Alla fine si è rassegnata all'idea d'esser stata lasciata anche dalla donna che per prima si era posta a lei come madre ed ora la ritrova qui, dinnanzi a sé, a calcare la sua stessa terra con incedere sinistro. Deglutisce, Akira, fissandola con le iridi bicromatiche tremanti. Lei... ha aiutato ad uccidere Arima. Lei ha combattuto perchè questo succedesse. Come dovrebbe comportarsi ora? Come dovrebbe considerarla, adesso? Madre o... nemica? Non può immaginare cosa si celi dietro a quella ragazza dai capelli corvini, non può sapere quanto della verità tanto nascosta sia già emerso ma in realtà ha ormai perso interesse persino per quella storia, rassegnata a non rivedere mai più sua figlia, convinta ormai d’averla persa per sempre. Come ributtata indietro nel tempo con la differenza che ora è dannatamente consapevole del suo posto e dei suoi compiti, portare distruzione e disperazione in quel mondo, la vita le ha insegnato solo quanto le sia impossibile scappare dal destino. Cammina lenta cercando quasi a caso chi distruggere, spinta da quel sentimento così semplice, lontana da tutto ed ecco che mentre intorno a lei i fantasmi si muovono quasi in maniera prevedibile qualcosa attira la sua attenzione, Akira arresta il passo e la osserva. Non la riconosce subito eppure nonostante i suoi pensieri viene distratta proprio da quella mancanza di movimento della genin, si ferma e la osserva per qualche istante sbatte le palpebre un paio di volte quasi per volerla mettere a fuoco mentre lo sguardo gelido lentamente muta, stupore e quasi nostalgia illuminano quelle iridi chiare <A..> la voce è bassa,viene da lontano e risuona come stanca <Akira?> domanda appena dubbiosa, apre nuovamente la bocca eppure nulla esce dalle sue labbra, basterebbe però osservarla per capire cosa ha tentato di mormorare, parole che non sono uscite quando la voce manca abituata al mutismo da troppo tempo per riuscire davvero ad esprimersi fluidamente “Figlia mia” ecco ciò che le labbra sembrano voler comunica, si flettono andando a muoversi per formulare suoni e lettere, per dare un senso a quell’aprirsi e poi socchiudersi per quanto in realtà nulla esca, nessun suono. Continua ad avvicinarsi fissandola, il mondo intorno a lei si svuota, solo la figura dell’uchiha è illuminata, degna di attenzioni[chakra on] La osserva, la fissa, incapace di distogliere da lei lo sguardo. Come se stesse osservando qualcosa di impossibile, un morto tornato alla vita, od una falce che sta lentamente per calare sulla sua testa. Cosa dovrebbe pensare di lei? Cosa dovrebbe provare nel vederla? Il suo stomaco è in tumulto, il cuore sta battendo impazzito contro la cassa toracica, e sembra quasi che voglia uscirle dal petto. Un insieme di emozioni si mischiano e confondono nella sua mente portandola a non riuscire a distinguerle tra loro. Sollievo, rabbia, preoccupazione, paura, timore, nostalgia. E' felice che sia ancora viva, ma arrabbiata per non averla più vista. Preoccupata per quello sguardo assento, intimorita dall'idea che possa attaccare anche lei come fatto con Arima. Intimorita dall'idea di aver dinnanzi una figura che aveva considerato speciale e che ora non sa come classificare, avverte la mancanza di quella dolcezza che aveva sentito batterle in petto la prima volta che Kimi le aveva detto di voler essere considerata da lei una madre. Non riesce a capire quale emozione prevalga sull'altra e si ritrova di conseguenza semplicemente congelata sul posto a vederla pian piano metterla a fuoco. Ci vuole qualche attimo, un istante prima che anche Kimi stessa si fermi nel riconoscerla. Le sue labbra si smuovono, la voce esce dubbiosa e bassa dalla sua bocca fermandosi lì, cristallizzandosi per aria in quell'unica parola. Le labbra si muovono ancora ma la voce non scivola via, non si muove, andando a rimaner di traverso fra le corde vocali, lasciando semplicemente trasparire quel moto delle rosee che le stiletta il cuore. Una fitta dolorosa, violenta, che dal centro del petto arriva per via diretta fino al cervello in una scossa dolorosa. Deglutisce, sbatte le palpebre rapidamente, turbata, portando ambo le mani a giocherellare nervosamente con gli orli della gonna. <Sei viva... allora> mormora Akira, a bassa voce, distogliendo solo a quel punto lo sguardo, abbassandolo. Avrebbe voluto essere più forte nell'affrontarla, più decisa, ma la sua voce è uscita fuori con una spontanea sfumatura di sollievo mista a malinconia. Avrebbe voluto scoprirlo molto prima, avrebbe voluto poter avere sue notizie mesi prima quando il torneo è finito ed era tornata a Kusa. Avrebbe voluto vederla, parlarle, sentirla molto prima. Adesso... adesso è tardi per dimenticare tutti quei giorni d'assenza, di vuoto, che bruciano e consumano pezzi di lei. E' tardi... è tardi! Eppure... rimane ancora là. <Non ti ho trovata in ospedale, a Konoha. Sei sparita> continua, a bassa voce, deglutendo a forza, rialzando lo sguardo poco dopo sul suo viso, su quella pelle nivea che tanto le ricorda la propria. Osserva la reazione di lei, resta lì così a guardarla mentre parla, abbassa lo sguardo e gioca con l’orlio della gonna, fa passare del tempo tra le parole della ragazza e le sue, si prende tutti gli istanti che vuole conscia nuovamente del suo potere, di ciò che è davvero e di ciò che è giusto, dovrebbe allontanarla, scappare da lei perché prima o tardi proprio come per tutti gli altri arriverà il conto, non importa quanto insieme potranno combattere ma un giorno finirà per perdere anche lei, eppure rimane lì in silenzio, ad osservarla con attenzione e affetto, apprensione nei suoi occhi davanti a quei gesti <cosa succede?> non può nemmeno lontanamente immaginare cosa le passi per la testa per quanto potrebbe invece comprendere i suoi sentimenti, così simili a quelli che sta provando e ha provato per l’abbandono di Yukio e Katsumi, unite su quel fronte più di quanto sappia <non sono sparita> ammette lei, nascondendo la sua vera debolezza il suo non essere riuscita ad affrontare un tradimento e un abbandono, l’aver deliberatamente scelto di donarsi alla sua parte Goryo lasciando che fosse lei a gestire il tutto <sono morta e poi tornata> ed per quanto lo dica seriamente in un senso figurato è proprio ciò che è successo. Medusa è morta ed è tornata alla vita con Yuurei, due parti della stessa persona a lungo divise ed ora più inutile che mai per quanto ancora fondamentalmente sperate, poche le differenze ad allontanarle ma significative. Non aggiunge altro sapendo di non doverle altre spiegazioni, sentendo di non doversi scusare, nulla di tutto ciò che è success è stato voluto da lei ma non ha potuto sottrarsi al suo destino, ancora una volta la vita l’ha dovuta colpire duramente per riportarla con i piedi a terra, farle abbassare la testa e lasciarle realizzare che questo è il destino della morte[chakra on] La voce di Kimi esce relativamente tranquilla. Non trema, non vacilla, non riscontra in quelle note vere e proprie emozioni definite. Parla con un tono piuttosto fermo, sicuro, sebbene ci sia qualcosa a frapporsi fra loro. Qualcosa che Akira non è in grado di identificare e che la disturba nel profondo. Un tempo sarebbe stato semplice per lei sapere come comportarsi con la Doku. Avrebbe corso da lei, l'avrebbe abbracciata e le avrebbe chiesto dove fosse finita. Adesso però ci sono di mezzo troppe altre sensazioni ed emozioni perchè possa permettersi di comportarsi allo stesso modo. Il decidere di rimanere sola, di non permettere a nessuno di avvicinarsi a lei, il timore di venire nuovamente abbandonata, il sapere che lei ha preso parte all'uccisione di Arima in qualche modo. No. Non volevano uccidere Arima... volevano fermare i suoi esperimenti sui cloni. Qualcosa che più di tutto le fa ribollire il sangue nelle vene, che la fa sentire oltremodo rifiutata da una società che la considera contro natura. <Nulla. Non succede nulla.> replica d'istinto, cercando di soffocare il problema, di aggirare la questione. Ma è difficile... è maledettamente difficile ignorare quella voce dentro di sé che grida e reclama giustizia per il dolore sofferto. Tuttavia quanto viene detto da Kimi porta Akira a non capire, a non comprendere, a lasciarla semplicemente di sasso mentre la fissa con aria interrogativa. Aggrotta le sopracciglia con espressione dubbiosa, una ruga sottile a delinearsi fra le arcate scure, portandola a puntare le iridi in quelle azzurre e chiarissime di lei. <Non capisco> ammette semplicemente fissandola, fermandosi, sospirando poco dopo con fare rassegnato. <Ma suppongo che tu sia tornata per Katsumi. Ovunque sia finito> e c'è una venatura di vivo sarcasmo nella voce, di profondo disprezzo nel tono. Lei saprà sicuramente dov'è andato. Saprà sicuramente dov'è e lui, altrettanto avrà saputo dove fosse lei. Stanno insieme, sono una coppia, sono persone che si vogliono più bene che agli altri. Si amano. E questo le fa rabbia. Le fa rabbia pensare che per tutto questo tempo lei sia rimasta sola mentre qualcuno sapeva dove loro fossero finiti. Infantile, immatura, si lascia guidare semplicemente da quelle emozioni istintive e spontanee che inizia a conoscere ora per la prima volta. La osserva quasi costruire un muro tra loro, non sa come sia la maternità eppure dubita di star facendo bene le cose per quanto questo possa essere un bene per Akira. Sospira lei mentre la mano destra si alza per andare tra i capelli ad accarezzarli <non puoi comprendere> replica semplicemente a quella prima affermazione, insomma chi potrebbe mai capire cosa si prova ad essere un emissario degli inferi? Chi potrebbe capire come ci si sente ad avere un mostro dentro di sé che forse non è nemmeno la personalità peggiore tra le due? Impossibile comprendere a pieno le sue parole o ciò che le passa per la testa Si richiude ancora una volta in sé stessa rifiutandosi di spiegare lasciando che siano gli altri a capire e ascoltare ciò che vogliano, lo sforzo torna ad essere il minimo. E poi quel nome la colpisce con forza, come uno schiaffo od ugna pugnalata, un fischio nelle sue orecchie si fa strada andando a farle chiudere le palpebre mentre il labbro inferiore viene morso, la voglia di scappare nei meandri della sua mente, la voglia di richiamare ancora una volta Yuurei si fa strada in lei, con prepotenza sente quella parte del suo essere chiederle di lasciarle il passo, sente quasi il bisogno di nascondersi e allontanarsi da tutto quel dolore che un solo nome è stato capace di evocare in lei. La mano destra si sposta lenta va sulla scarnificazione sul suo cuore, la accarezza cercando di evocare il dolore di anni prima o meglio il piacere che le ha arrecato ferirsi, la voglia di riprendere a ridurre il suo corpo a brandelli e all’improvviso anche la mancanza per Irou la coglie. Se avesse smesso di amare Katsumi durante quei tre anni, se fosse riuscita a ricambiare il fratello, se solo le sue decisioni fossero state differenti forse ora starebbe meglio. Da sempre la luna è stata avversa alla loro relazione, amarsi è stato solo un atto di estremo masochismo per i due, perseguitati dalla sfortuna, c’erano più persone interessate a separali che a sostenerli ma se lei avesse scelto Irou? Domande alle quali non può trovare risposta ma che l’assalgono mentre la mano va lentamente a chiudersi su quella vecchia ferita quasi a volersela staccare, quasi a graffiarsi <no> secco il tono, il dolore non è così difficile da percepire da quella singola parola <non è per lui> aggiunge poco dopo andando a riaprire gli occhi, rabbia le si legge nel volto una rabbia che nasconde una sofferenza ben più profonda[chakra on] Già, non può. Come può capire una frase così criptica? Come si può morire e tornare? Ciò che muore finisce e quando una cosa finisce non torna. Se ne va, svanisce e di lei non resta che semplice polvere. Esattamente come è per Arima. Di lui non restano altro che i ricordi nelle menti dei suoi compagni ed un corpo che giorno dopo giorno marcisce e muore, consumandosi fino a non lasciare dietro sé altro che cenere. Akira non replica, distoglie quasi piccata lo sguardo percependo la praticamente nulla voglia di spiegare della Doku. Non sente di voler insistere su quel frangente, di voler continuare a spingere su un punto che l'altra par evidentemente non voler chiarire e si ritrova perciò a lasciar cadere il silenzio. Il nome di Katsumi porta questo, fra loro. Una volta aveva portato un sorriso, domande, parole, persino il nascere di un legame fra loro. Adesso è come una goccia che increspa l'acqua spezzandone l'equilibrio, rompendo il legame stabile che s'era venuto a creare fra le sue particelle rendendola liscia e priva d'imperfezioni. E' una stilettata nel cuore di entrambe che fa male e sanguina e che porta Akira a notare adesso soltanto l'incisione sul petto della Doku. Quella cicatrice che le sue dita ricercano, sfiorano, ripercorrono. Akira l'osserva, schiude le labbra, aggrotta le sopracciglia. <Perchè?> domanda con la voce bassa, ferita, sentendo qualcosa spezzarsi e rompersi dentro di lei, nel suo ventre, facendo un male indescrivibile. <Perchè l'hai fatto?> continua, ancora, fissando ora le iridi nello sguardo dell'altra, riferendosi a quell'incisione marchiata per sempre sulla carne della Goryo. <Perchè scriverti il mio nome sulla pelle e poi sparire?!> la voce s'alza adesso graffiata, roca, mentre il pianto sale violento ed improvviso agli occhi, portandola a sentire le labbra tremare, distorcersi in un tremare vistoso ed istintivo che cerca con tutta se stessa di frenare e bloccare. Le iridi si fanno liquide, il viso s'arrossa e la voce s'impasta di un pianto al quale non vuole concedere la vittoria. <Smettetela di fare tutti così! Prima mi portate via da Arima e poi sparite!> esclama ferita, stanca, confusa da quella serie di segnali contrastanti che non riesce ancora ad identificare. Non sa, non sa che quell'incisione non ha nulla a che vedere con lei, non sa che è vecchia di anni, che risale a ben prima che lei fosse anche solo generata. Non lo sa, non può immaginarlo, e fraintende. Lascia che quella sottile coincidenza crepi quella sua fragile pazienza portandola al collasso, al rovesciarsi. <Ve ne siete andati! TUTTI!> esclama, ancora, con le lacrime che sorgono come rivoli infuocati dagli occhi, la voce si spezza e le mani stringono, stringono forte i pugni al punto da sentire le dita sbiancare, le unghie conficcarsi nella carne dei palmi morbidi e pieni. <Che cosa significa?! Katsumi mi ha liberata e se n'è andato lasciandomi sola. Tu hai detto che potevo considerarti la mia mamma e poi te ne sei andata! Adesso ritorni col mio nome sul cuore e quasi non riesci a parlarmi!> si sfoga, esplode, scoppia lei per la prima volta affrontando faccia a faccia chi le ha tolto in un soffio tutto quello che era riuscito a donarle. La gioia di sentirsi figlia accolta ed accettata di qualcuno, la gioia d'esser voluta, stretta da una persona che sapeva della sua natura di clone e che, nonostante tutto, l'aveva accettata come figlia. <Dovevate lasciarmi con Arima! Lui non se n'è mai andato! Lui tornava sempre! E voi l'avete ucciso!> E il sangue ribolle, la stanchezza avanza come una ondata travolgente, portandola a sentirsi rotta dentro. Fa male. Fa male ovunque, quel dolore risuona e riecheggia in ogni parte di sé facendola sentire in frantumi. Cade, cade a pezzi Akira nella sua mente ritrovandosi a non essere null'altro che polvere e cenere. Affronta il suo dolore senza scappare, senza limiti, sentendosene ora per la prima volta investita in tutta la sua potenza. Una bambina inerme e disarmata che viene semplicemente sospinta via da una corrente inarrestabile. Ascolta in silenzio incapace di comprendere le parole di quella ragazza, un freddo sorriso a nascondere la rabbia che monta spunta sul suo volto, gli occhi che tornano a farsi dannatamente freddi e lontani, scappa da tutto ciò che sta accadendo, chiude quel che rimane di un cuore a pezzi in una teca di vetro e si allontana, solo gelo per lei null’altro <oh figlia mia> eppure adesso quelle parole sembrano quasi una presa in giro <questa non sei tu. Non conosci che l’immagine di ciò che siamo stati io e Katsumi tu non avresti mai meritato un simile simbolo> la ferisce così come Akira sta ferendo lei, certo tra le due l’immatura dovrebbe essere solo l’Uchiha ma questi sono dettagli. E poi eccolo il colpo di grazie, la frase che è capace di penetrare quello strato di ghiaccio, sente la lama del coltello passare attraverso la sua pelle e i suoi organi, attraverso i muscoli e i polmoni, tra le ossa per poi affondare nel cuore, pugnalata ancora una volta da una persona della quale pensava di potersi fidare, nuovamente il destino torna a mostrarle cosa vuol dire cercare di opporsi, viene rimessa al suo posto per l’ennesima volta senza alcuna pietà, gli inferi la reclamano le sue attenzioni possono essere solo loro. Immediatamente la mano destra si apre mentre il gomito si flette, una reazione spontanea la sua mentre va ad allargare il braccio di lato, si tendono i muscoli nel momento in stesso in cui scatta a palmo teso verso Akira, verso il lato sinistro del suo volto.Uno schiaffo quello che verrebbe tirato alla Uchiha, un impatto che dovrebbe venir dato con tutta la forza nel suo corpo, senza trattenersi, senza paura di ferirla, non pensa e non riflette perché le è impossibile <hai ragione sarebbe stato meglio per tutti> replica lei <tu merita Arima> le sputa addosso odio e rabbia con quella semplice frase, forse il peggiore degli insulti che lei possa mai rivolgere a qualcuno <meriti un uomo che rapisce una donna incinta e la tortura per poi strapparle la figlia dal grembo. Merito un uomo talmente spaventato che una sporca Doku potesse infangare il vostro dannato sangue Uchiha da arrivare ad uccidere una creatura completamente innocente. Un uomo che se avessi potuto avrei torturato e smembrato con le mie stesse mani> i denti sono stretti mentre parla e se fosse riuscita a tirare lo schiaffo avrebbe richiudo le dita, unghie che premono sulla pelle del palmo della mano <un uomo che si è divertito ad abbandonarmi in strada, senza più una figlia e i reni. Arima l’Uchiha che ha creduto di potermi uccidere ma a cui sono mancate le palle di darmi il colpo di grazie e guarda piccola stupida> lascia cadere la frase <io sono viva e lui? E ti giuro che non sono più disposta a sopportare il vostro atteggiamento. Non siete nulla più degli altri e ora mi sono stufata> si volterebbe a questo punto, per smettere di guardarla e nascondere quelle lacrime difficili da trattenere davanti a tutto questo <un giorno metterà fine alla vostra stupida discendenza, Katsumi mi ha fermata la prima volta ma adesso non gli devo più nulla, lui sarà il primo a morire e tu l’ultima> la voce è chiaramente rotta da quelle lacrime che stanno scivolando sul suo viso, il dolore non è minimamente quantificabile, non una delle parole da lei pronunciata è passata senza trafiggerla, non uno dei ricordi si è rivelato piacevole e di conforto, solo ed esclusivamente dolore[chakra on] [agilità100][forza 10] Fa male. Nel profondo, fin dentro lo stomaco, fin dietro i polmoni. Ferisce. Sanguina. Tutto dentro di lei cade in pezzi quando la voce di Kimi esce, sarcastica e tagliente da quelle sue labbra sottili. Quelle parole che non risuonano con affetto al suo udito, ma come scherno e provocazione. Akira non capisce, Akira non sa, non comprende. La fissa con sgomento, con le sopracciglia aggrottate e le lacrime dolorosamente trattenute, non per molto ancora, negli occhi. <Cosa...> Non riesce a trovare un filo logico in quelle parole, non sa come quell'incisione che porta il suo nome porti in verità impressa ben altra identità. Non può saperlo, non sa di 0-21. Ma in quel momento le importa poco di capire quanto l'altra dice in proposito perchè gli argini ormai si son rotti e così come le lacrime anche la rabbia, la delusione, la paura, ogni cosa viene vomitata fuori, travolgendo ed investendo una Kimi che, ferita, va a sua volta a replicare. Lo schiaffo arriva rapido, quasi invisibile al viso. La forza è non indifferente, la pelle si fa subito scarlatta mentre la fanciulla indietreggia di uno, due, tre passi, col bruciore di quel colpo a riverberarsi per il viso e la mancina a volare a sfiorare la zona, sconvolta, arrabbiata, ferita. Fissa Kimi con delusione, con dolore, sentendo quelle parole raggiungerla come mille e mille spade arroventate. Avverte quelle parole andare ad insinuarsi in lei dapprima incomprensibili e poi sempre più lineari, acquisendo un senso logico che l'agghiaccia e raggela. Ogni cosa sfuma e perde di significato mentre sente le gambe farsi molli e l'espressione spegnersi. Kimi è davanti a lei, la guarda, ma non la vede. Si svuota lo sguardo, le labbra non raccolgono ossigeno, si limitano a permanere schiuse mentre le lacrime scivolano incontrastate sul volto ovale, delicato. Ogni forza va scorrendo via dal suo corpo riversandosi in quelle gocce salate mentre ricade al suolo, in ginocchio, priva di reale sostegno. Debole, stanca, travolta dalle rivelazioni di quel giorno che le han tolto il fiato, la speranza. La gioia. <No...> un sussurro basso, flebile, che risuona spontaneo dalle sue labbra mentre il viso va meccanicamente a scuotersi, lento, incapace di accettare quella possibilità. <No> ripete debolmente, con nessuna convinzione, con tono piatto. Morto. <Arima non...> lo farebbe mai? Cosa sai, tu, Akira, di cosa Arima avrebbe fatto? Cosa sai di ciò che lui era, di ciò che desiderava? La frase le muore in gola, i suoi stessi pensieri si spengono mentre ora mille domande s'affollano e accavallano nella sua mente. E' tutto vero? Sta dicendo la verità? Sta mentendo? Sarebbe facile, per lei. Arima non è più qui per poterla smentire, non potrebbe contrariarla. Ma perchè mentire su una cosa tanto delicata? Eppure... Keizo le ha raccontato tutt'altra storia, le ha posto dinnanzi tutt'altra motivazione dietro la morte dell'Uchiha. La storia di Kimi la porta a sentirsi inerme, vuota, disarmata alla scoperta di una simile agghiacciante rivelazione sugli atti compiuti dal suo creatore. Non avrebbe potuto far altro che tacere dinnanzi una simile vendetta. Ma allora Keizo... le sta mentendo? E perchè? Non capisce... non capisce, non capisce, non capisce! Fissa Kimi dal terreno con sguardo vuoto, vacuo, sentendo quelle parole continuare a pugnalarla in mille stilettate precise e mortali. La vede voltarsi, non scorge le lacrime che lei è andata a nascondere, ma sente la voce tremare. Quella minaccia cade vuota dentro di lei, dentro una Akira che a quella vita è aggrappata solo per inerzia ormai. Un dono che le è stato dato e di cui sembra incapace di poter godere. Una vita che forse non avrebbe mai dovuto avere, vivere, lacerata e calpestata da chiunque le sia passata accanto. <Perchè l'ultima?> domanda di punto in bianco, alla fine, con un tono monocorde e flebile, spezzato, fissando con fare distante la schiena della Doku nascosta dal mantello dell'Alba. <Sono qui, adesso> continua mentre un'altra lacrima scivola giù dall'occhio destro, perdendosi nel vuoto dopo la riga tracciata fino al mento. <Io...> la voce si spezza, s'incrina, si perde nel vento mentre un singhiozzo le scuote le spalle. <...non ce la faccio più> confessa con stanchezza, abbassando il capo, portando ambo le mani a salire al viso, coprendolo, nascondendolo, sentendosi gravare sulle spalle e la schiena il peso di una esistenza che si sente incapace di gestire. Non sa chi amare. Non sa chi odiare. E chi crede di amare poi lo odia nell'istante stesso in cui le volta le spalle. Chi crede di odiare poi non riesce a ferire nel momento in cui, ritrovandolo, ne ricorda la voce o ne scopre il dolore. Ma allora cos'è che, esattamente, dovrebbe provare? E per chi? Non si volta mentre l’altra inizia a piangere il suo cuore si stringe ulteriormente e una parte di lei vorrebbe correre ad abbracciare Akira, consolarla e stringerla tra le sue braccia ma lei non è Yume, per quanto assomigli alla bambina che immaginava lei non è il frutto di un devastante amore, di una relazione che forse sarebbe stato meglio interrompere molto tempo fa. Lei non è sofferenza e gioia e non sa nulla. Lei è solo un ricordo di Katsumi al quale ha deciso di legarsi e che come tutti gli altri non ha esitato a respingerla e ferirle, abbandonarla nel suo dolore aumentandolo ulteriormente, per quanto possibile. Resta così immobile, regina mentre si trattiene dagli spasmi di un pianto che potrebbe uscire incontrollato ma soprattutto mentre cerca di non correre dall’Uchiha. Lascia che il dolore le attraversi i viso ma lo nasconde a quella che non esitava a definire come figlia <perché> apre la bocca, mormorando a fatica cercando di mantenere la voce il più lineare possibile <perché hai deciso di reclamare a te l’uomo che mi ha tolto tutto, perché allora sarai tu a provare esattamente ciò che ho vissuto io> aggiunge ancora, la rabbia che lotta con quella calda sensazione di affetto. Ed eccola infine la richiesta, si volta ad osservarla, lentamente e non appena i suoi occhi cadono sulla figura dal volto coperto i muscoli hanno uno spasmo, il piede destro che scivola in avanti in quella che vorrebbe essere un passo verso di lei, un modo per far vincere ancora una volta l’amore e l’affetto ma non oggi. Ha imparato dai suoi errori e si è scottata fin troppo <non ce la fai più? TU?> alza la voce proprio alla fine, quasi a volerlo sottolineare <dimmi sei tu che hai visto toglierti una figlia? Sei tu che sei stata tradita per uno stupido torneo? Sei tu che hai perso tuo padre solo perché ora ha dei figli veri?> continua ancora <sei tu forse che hai perso l’amore della tua vita, l’unica persona che conosce il peggio di te e che nonostante tutto ti ama? Sei tu che è stata infine pugnalata da colei che eri disposta ad amare come una figlia? Colei per cui eri disposta a rischiare ancora una volta di trovarti con il cuore spezzato?> domande retoriche che la incalzano mentre controlla i muscoli e in parte tenta anche la voce senza però essere in grado di arginare le lacrime, loro scorrono sul viso, si radunano sul mento e poi cadono a terra, goccia dopo goccia, finendo sul suo petto, sugli abiti, ovunque <no non sei tu e non hai alcun diritto di dichiarati esausta. Non sai cosa sia l’inferno> il suo regno, mai una corona è stata così pesante, una regina che fa di tutto per abdicare e viene sempre, puntualmente e nel peggiore die modi, riportata sul suo trono a forza, con la schiena un po’ più bassa ogni volta e una voragine nel petto sempre un po’ più grande[chakra on] <L'uomo che ti ha tolto tutto mi ha dato la vita> mormora lei con la voce piatta, monocorde e vuota di chi parla senza la minima emozione, in quello stato emotivo fatto di nulla e vuoto che segue un enorme dolore od un estenuante pianto. <E' così sbagliato che lo volessi ancora con me?> domanda senza alcuna traccia di ironia o sarcasmo nella voce, ma con l'innocente bisogno di sapere tipico di un'anima ingenua, incapace di mentire. <Mi ha creata. Se non fosse stato per lui non avrei mai trovato vita o voce. La natura non aveva in programma niente per me> E così la punisce. Togliendole tutto. Ogni cosa. <Io gli devo la vita> ed è come una pesante colpa quella che ora esce dalle sue labbra, come una condanna che trova ora voce dopo un difficile complesso interiore. Per quanto possa aver compiuto gesta terribili per altri, per lei è stato sinonimo di vita. Di salvezza. L'ha tenuta prigioniera e reclusa, certo, ma le ha anche fatto il più grande dono che sia mai stato fatto in terra. Le ha donato ogni cosa. I suoi occhi vacui, gemelli a quelli di Katsumi, la vedono voltarsi, la vedono avvicinarsi, la vedono fermarsi dinnanzi a sé senza però andare a cercarne lo sguardo. Fissa le sue gambe, la parte del corpo che si trova all'altezza del suo viso e ascolta le sue parole incassando ogni colpo senza neppure provare a difendersi. In silenzio, semplicemente, lascia che lei le vomiti addosso ogni cosa, che ogni singola parola la ferisca, la trafigga, sentendosi sempre più stanca ad ogni secondo che passa. Sotto gli occhi scorrono le immagini di tutte le poche persone che ha conosciuto nella sua vita e ogni volto è una nuova fitta di dolore che fa eco alle parole di Kimi. Vede quelle gocce cadere, non le vede sul suo viso fino a quando, a quelle ultime parole, non va a sollevare il volto verso l'alto, inginocchiata ancora ai di lei piedi quasi fosse una suddita devota. Vede le lacrime scorrere, l'espressione ricolma di dolore e rabbia riempirle lo sguardo. <Non ho avuto il tempo di vivere tutte queste cose> replica, alla fine, con le lacrime che bruciano negli occhi con forza, offuscandoli con un velo che rende le immagini attorno a sé chiazze sfuocate di colore. <Ho amato Arima perchè mi ha dato la vita. Perchè era l'unica cosa che conoscessi. Veniva a trovarmi e a istruirmi nella mia stanza a volte e poi non è più venuto> inizia a dire lei con tono monotono, spezzato, la voce che trema. <Non ho potuto dirgli addio> E questa è la cosa che più di tutte le fa male, che più di ogni altra la logora dall'interno facendola sentire rotta. Il solo pensiero fa colare giù quelle lacrime che s'erano addensate dinnanzi gli occhi, portandola a tremare visibilmente. <Ho amato Katsumi per avermi trovata. Ha detto che sarei stata la sua famiglia, che eravamo legati. Mi ha fatta uscire dalla mia cella e mi ha mostrato il cielo fuori dalla Magione. E mi ci ha lasciato sotto da sola> ancora lacrime, un nuovo singhiozzo, la voce che si spezza. <Non ho potuto dirgli addio> ripete, anche questa volta, con le labbra che tremano. <Yukio ha detto che mi avrebbe preso nella sua famiglia. Che ne facevo parte. Ma non l'ho più visto.> .. <Hitachi mi aveva promesso protezione. Ha promesso di non lasciarmi sola. Ha promesso di rimanere con me.> Il ricordo del suo viso brucia, fa male, le storce lo stomaco con forza facendole mancare il fiato ed il respiro. <Ha detto di amarmi. Ed è sparito> la voce s'affievolisce, lo sguardo s'abbassa ancora, il cuore si stringe sanguinando copiosamente. <E tu... avevi detto di voler essere mia madre e non sei più tornata> Lo sguardo si rialza ora, tremante, verso l'alto, a cercare il viso e gli occhi della Doku, con le lacrime che ancora scendono copiose dalle iridi bicromatiche. <Non ho avuto tempo di vivere niente, con nessuno. Siete andati via tutti. Ogni singola persona che abbia cercato di sfiorare è...> la frase cade nel vuoto, la voce si spegne e le spalle s'abbassano deboli e prive di sostengo. <...non ce la faccio più a veder sparire le persone. Non ce la faccio...> la voce si spezza su quell'ultima sillaba andando a sfumare in un lamento soffocato. I singhiozzi le scuotono le spalle mentre le lacrime cadono ormai numerose dalle ciglia. Vorrebbe solamente poter toccare la vita di qualcuno. Farne parte. Condividere i suoi giorni con qualcuno che non vada via. Koichi e Kioshi sembrano essere gli unici che ancora non abbiano deciso di andarsene, ma quanto durerà ancora? Kioshi sarebbe svanito non appena lei gli avrebbe raccontato tutto quello che gli serve sapere? E Koichi...? Avrebbe continuato ancora ad insegnarle come non fidarsi di chi vuole ingannarla? Non lo sa. Ormai non ci crede più, ormai non ha più fiducia in nessuno. La osserva senza mai negare quel dolore perché incapace di affrontarlo e combatterlo, osserva le sue parole e si ritrova ad invidiare quelle vite, quanto avrebbe preferito essere abbandonata da subito <smettila di essere egoista e apri gli occhi siamo tutti ninja> replica lei, odia Katsumi per essere scomparso ma come biasimarlo in realtà? Avrebbe fatto la stessa cosa e ci ha anche pensato <tu non conosci la vita di chi nomini, rimpiangi Arima perché ti ha dato la vita? Io ho una madre e rimpiango la sua decisione di farmi nascere ogni giorno> ammette placidamente <mio padre? Quello vero? Mi ha condannata ad un’esistenza di morte e sofferenza e ne è stato lui stesso vittima> una grande vendetta anche quella eppure persino quell’evento le è stato tolto in parte, non ha potuto goderselo non conoscendo il suo volto, l’ha ucciso come avrebbe fatto con chiunque altro senza potersi prendere nemmeno un momento per gustarselo <e non osare piangere davanti a me per Katsumi o Yukio, li hai incontrati e persi ma non sai cosa voglia dire condividere tutto con loro e poi vederli andare oltre> i denti vanno ad affondare nel labbro inferiore mentre se lo morde <e per quanto mi riguarda sono ancora qui a guardarti piangere per nulla. Mi hai visto cadere in quell’arena, per mano dell’unica amica che pensavo di avere. Mi hai visto perdere la vita e ti lamenti del tempo che ci ho messo per tornare? Prova a vivere e scoprirai quanto le cose siano ben più complicate di come credi tu> sospira semplicemente <io vivo ogni giorno tra questo mondo e quello degli inferi e non ho le forze ne la voglia per correre dietro a te, per farmi ferire da te e doverti spiegare quanto i mondo sia fatto di sofferenze. Se non vuoi più vivere lasciati morire altrimenti alzati e affronta tutto, io non sono irreperibile> e con questa ultima enigmatica frase si limiterebbe a voltarsi, meglio averla allontana subito, meglio essere stata dura perché ormai lo sa: ogni cosa possa renderla felice le verrà tolta nel peggiore dei modi e forse è arrivata l’ora di portarsi avanti, allontanare tutto e tutti, strapparsi il cuore e chiuderlo in un forziere perché il suo destino non prevede felicità o serenità ma solo morte e disperazione [end] Una cascata di mille lame d'argento. Una rete di fuoco che va a stringersi man mano sempre più attorno a lei lacerando la carne, la pelle, gli organi, bruciando e tagliando ogni cosa. Si sente intrappolata senza fiato e respiro da una sorta di stretta attorno alla gola da ogni parola che Kimi le rivolge. Si sente piccola, insignificante, sempre più distante da chiunque altro ad ogni parola che le viene offerta. Non capisce. Non conosce. Non sa. Sempre e sempre le stesse parole che si ripetono all'infinito. Sempre il solito disco che gira e fa male facendola sanguinare dall'interno. Non ha diritto di lamentarsi. Non ha diritto di piangere. Non ha diritto di provare dolore. Per alcuni non ha diritto neppure alla vita. Cosa le resta, dunque, davanti? Kimi le toglie ogni cosa, ogni briciola di speranza, prendendola e gettandola via. Lo fa con decisione, con forza, con autorità facendola sentire sempre più minuscola e stupida. Non sa quanta fatica le costi farlo, non sa quanto quelle parole vogliano essere un modo per difendersi più che per attaccarla. Non comprende questo genere di meccaniche, ritrovandosi semplicemente ad incassare l'apparente astio della Doku annegando nelle proprie lacrime. Una immagine patetica, meschina di sé che la porta a sentirsi ancor più umiliata e stanca. Basta. Non vuole più sentire, non vuole più ascoltare. Basta. Basta. BASTA. Non le importa di chi abbia sofferto di più, non le importa di quanto stia soffrendo Kimi. Non trova che sia una gara, quella fra loro, a chi ha più diritto di soffrire. Non comprende questa sorta di competizione, non capisce perchè semplicemente non possano capirsi a vicenda. Ma alla fine la Doku tace e le volta le spalle. Il silenzio torna opprimente a battere alle sue orecchie mentre il cuore le sembra fermo nel petto. Si sente svuotata, privata di ogni cosa dalle parole di Kimi. Le è stato portato via il dolore, la rabbia, la curiosità. Ogni cosa è stata calpestata e denigrata, ogni cosa rimpicciolita fino ad esser quasi considerata di poco conto. I suoi sentimenti non hanno valore, come la sua vita. E tutto ciò che le resta sono i cocci di un cuore malandato, di un'anima bistrattata. Non resta nulla, di Akira, dentro di sé. Non resta altro che un muoversi meccanico ed autonomo, privo di coscienza, che la guida ad alzarsi e camminare con fare involontario. Il suo corpo si muove da solo, avanza per il solo scopo di nascondersi alla vista dei passanti, tornando alla ricerca della sua meta senza più la fretta e l'ardore di poco prima ad animare i suoi passi. [END]