Piangeresti sangue per me?
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Giocata del 25/05/2017 dalle 13:51 alle 20:13 nella chat "Ospedale [Konoha]"
Sospira, stancamente, seduta sul letto con la schiena dritta poggiata contro un paio di morbidi cuscini. Le cure ai piedi procedono lentamente, il danno ricevuto è non indifferente e per la vera e propria guarigione ci vorrà del tempo. Per ora devono occuparsi di togliere la carne bruciata e morta e idratare quella solamente ferita, così da poter poi procedere con il processo di rigenerazione su una base sana di cellule semplicemente indebolite e bruciacchiate, ma ancora vive. E' un processo lungo e doloroso ma sta andando avanti e Kaori cerca di non lamentarsi. E' stata fortunata ad essere sopravvissuta, fortunata che Hitomu sia arrivato in tempo per portarla via. E' stata debole a rimanere bloccata in quel modo, a non esser stata lei a proteggere il suo Kage bensì il contrario. Si sente a terra, si sente abbattuta, sola nella sua stanza d'ospedale con le lenzuola bianche ripiegate sul ventre a coprire le gambe ed i piedi fasciati, mentre il busto ha indosso la tipica veste ospedaliera richiusa sulla schiena, a maniche corte. I capelli sono comodamente legati in due codini che ricadono ai lati del viso le braccia nude sono lasciate ricadere ai fianchi, sulle coperte, mentre il viso è reclinato all'indietro. Osserva il soffitto con sguardo perso, vacuo, sospirando di tanto in tanto con fare stanco. Vorrebbe uscire di lì, tornare a casa, abbracciare Raido e Kouki e rassicurare sua madre. Vorrebbe poter vedere Ren, raccontare a tutti di lui, presentarlo alla sua famiglia. Vorrebbe poter tornare ad allenarsi, rendersi utile in qualche modo, fare qualsiasi cosa non sia perdere tempo prezioso bloccata in un letto ospedaliero. [Stanza] Una bella giornata, almeno per quanto riguarda il tempo atmosferico. Sta iniziando a fare caldo, e nonostante lei abbia scoperto la bellezza del calore dei raggi solari, non riesce comunque a sopportare troppo a lungo un’esposizione al caldo. Lo soffre, non ne ha molta resistenza. Nonostante questo tende comunque a vestirsi in modo da coprire l’intero suo corpo, anche se i tessuti sono leggeri e freschi. Quest’oggi indossa un kimono corto, di colore bianco e dalle maniche lunghe e morbide, fino a coprirle le mani. I bordi del kimono sono colorati di blu, così come i motivi floreali che l’accompagnano. La vita è stretta da una fascia, anch’essa di colore blu, senza fiocchi o fronzoli. Sotto al kimono indossa invece un paio di pantaloncini corti e neri, attillati e dal tessuto elasticizzato, che le arrivano fino a metà coscia. Il resto del suo corpo è, come al solito, fasciato dalle numerose bende bianche che sono visibili sulle gambe e sul collo, mentre per il resto sono nascoste dai vestiti. Nasconde come al solito le proprie cicatrici. Indossa un paio di scarpe ninja nere e nient’altro. Non ha i guanti oggi e nemmeno il proprio equipaggiamento, dato che lo ha lasciato a chi di dovere all’ingresso dell’ospedale. Come a Kusa, anche a Konoha non si possono introdurre armi, ne tanto meno impastare il chakra, a meno che non sia richiesto un intervento medico, per quanto riguarda lei. Si trova in ospedale, dunque, perché ha saputo che lì c’è Kaori, anche se non sa il motivo di tale ricovero, tutto quello che la ragazzina può pensare è ad una conseguenza di una missione, escludendo a priori un malore. Anche quest’oggi i lunghi capelli neri della giovane sono raccolti in uno chignon, mettendo quindi in bella vista il simbolo del proprio clan Yakushi cucito sul retro del kimono, ad altezza infra scapolare. Due ciocche nere laterali al viso sono tenute libere di caderle davanti, sulle spalle, e insieme alla frangia incorniciano quel suo viso pallido e giovane. Il copri fronte di Kusa è tenuto legato alla vita, sopra alla fascia blu e i profondi occhi gialli si guardano intorno, intenti in un’espressione attenta, come se stesse analizzando ogni cosa intorno a lei. Come sia il suo equilibrio psicologico ora è difficile da comprendere, difficile dire chi sia delle due ora. Comunque sia continua a camminare, passo sicuro e deciso, dopo aver chiesto ad un’infermiera dove si possa trovare Kaori, in quale stanza. Ed ecco quindi che dovrebbe arrivare sulla soglia della stanza e li fermarsi per qualche istante per poter far vagare il proprio sguardo all’interno. Vede Kaori, stesa nel letto, intenta ad osservare il soffitto e viene colta da un tuffo al cuore. Sente la preoccupazione salire, una sorta di tristezza e consapevolezza di volerla rivedere al più presto fuori da lì. Nel giro di qualche attimo, quindi, si ha la conferma di quale delle due sia ora la giovane Yakushi. Non è l’Altra, non ora, non adesso. Non sa esattamente come comportarsi, ma andrebbe a bussare un paio di volte sullo stipite della porta, e cercherebbe nello stesso momento di fare il suo ingresso nella stanza. Gli occhi puntati sulla ragazza, le labbra che si schiudono. <Mamma.> un lieve sussurro, impacciata, ma sincera, continuerebbe ad avvicinarsi al suo letto, al suo fianco, sperando di non disturbare. Vorrebbe stare in silenzio, ma non può, ha bisogno di sapere, ha bisogno di porre subito quella domanda. <Cosa è successo? Perché sei qui?> il tono, basso e caldo, viene però sporcato da quella lieve preoccupazione che l’accompagna. Timidamente si fermerebbe al suo fianco, puntando lo sguardo corrucciato sul viso dell’altra. Sa bene quanto un buon recupero sia essenziale e necessario per un ninja. Sa quanto sia controproducente accelerare i tempi delle ferite, quanto il corpo umano richieda adeguate cure dopo un periodo di sforzo e trauma. Lo sa, ha studiato, ha potuto vedere coi suoi occhi tutte queste cose durante i mesi di tirocinio e praticantato, tuttavia viverle in prima persona offre sempre un modo diverso di vedere la situazione. E' impaziente, è annoiata ed è fin troppo pensosa. Non fa altro che incolparsi per quel suo ritrovarsi lì, per essere stata troppo sciocca, troppo avventata, troppo debole. Sa che le fiamme tendono a salire verso l'alto e ciò nonostante è entrata senza pensarci su due volte in una stanza posta al piano di sopra. Circondata dal fumo, dal fuoco, a corto d'ossigeno e d'aria. E' stata avventata, è stata incauta, e per poco non ci ha rimesso la pelle. E' andata bene. E' riuscita a salvarsi, ma sicuramente non per merito proprio quanto più per merito del tempestivo intervento d'Hitomu. Sospira ancora, richiudendo le palpebre, umettandosi le labbra aride. Dovrà ringraziarlo non appena uscirà da qui. Dovrà ringraziarlo per averla salvata, scusarsi per non aver impedito quell'attentato. Non ha svolto bene il suo lavoro, non l'ha fatto per niente. Per lo meno, comunque, non dovrebbero esserci state vittime: tutti i nemici dovrebbero essere stati impegnati con lei ed Hiashi e almeno di questo sente di potersi rallegrare. Un attentato come quello conclusosi senza vittime è in parte una vittoria. Pensa a questo Kaori, nel silenzio della sua camera, quando il ritmico suono di nocche che bussano la riportano alla realtà. Abbassa il viso ruotandolo verso la porta ove scorge la figura di Kouki intenta a farsi strada nella stanza. Il viso assume immediatamente una sfumatura più dolce, le labbra si distendono morbide verso l'esterno mentre la destrorsa verrebbe tesa verso la piccola come a ricercarne un contatto. <Ehi ciao> la saluta con voce bassa, gentile, cercando di mostrarsi quanto più tranquilla possibile. Il dolore è persistente e continuo alle leve inferiori, le fa salire fitte insopportabili a tratti irregolari, ma sta cercando di ignorarle facendo leva sulla propria forza di volontà. Vede Kouki avvicinarsi al letto e, quand'ode le sue domande, si ritrova ad inspirare lentamente dal naso e guardarla negli occhi. <Ero in missione. Si è rivelata un po' più complicata del previsto> le spiega brevemente ma con sincerità preferendo evitarle la versione cruda ed integrale dei fatti. <Mi sono trovata bloccata in un incendio ma per fortuna il Kyudaime mi ha portata fuori in salvo ed ora sto bene> riassume gli eventi con voce gentile, accomodante, sorridendo con dolcezza alla bambina nel tentativo di non spaventarla, di non renderle penoso quel momento. <Ho solo qualche fastidiosa ustione, ma mi rimetterò totalmente. Devo solo avere pazienza, capito?> le dice cercando di strappar immediatamente via tutta la preoccupazione dal viso della bambina. <Questi capelli ti stanno bene, lo sai?> sorride allora, poco dopo, cercando di cambiar argomento, di rasserenare la piccola con qualcosa di più frivolo. <Mi piacciono queste ciocche ai lati del viso> aggiunge tentando di sfiorare quella sinistra di lei con le dita della destrorsa, sentendo sui polpastrelli la consistenza setosa della chioma corvina. <Sei molto bella> [Stanza] Le fa ancora uno strano effetto chiamarla in quel modo, eppure ogni volta è una gioia immensa per lei. Un fremito sempre nuovo che rende reale quel suo desiderio di avere una mamma e un papà. È lì, è reale, e nulla potrà portarle via la sua nuova famiglia. Si avvicina lentamente, e al vedere il sorriso dolce della ragazza non può che sentirsi lievemente più sollevata. Quel sorriso viene ricambiato, dolce e spontaneo, meravigliandosi ogni volta di come lei, Raido o Hiroki riescano a tirar fuori il meglio dalla corvina. Riesce ad essere se stessa, riesce a lasciarsi andarsi e a scoprire cose sempre nuove riguardo a sé. Si avvicina lentamente, ma la paura di disturbare svanisce in un istante, e alla fin fine si ritroverebbe a muovere velocemente gli ultimi passi, per cercare di afferrare la mano di sua madre con le sue. Un tocco dolce e delicato, che ha scoperto di possedere per la prima volta in ospedale, a contatto con i pazienti e quelle persone bisognose. Forse è anche il luogo a renderla in un certo senso più tranquilla e salda. Ascolta le sue parole, trovando conferma nelle sue teorie del fatto che si trovasse in missione. Qualcosa è andato storto e lei si è ritrovata in un incendio per poi essere salvata dall’Hokage. Quello stesso Hokage che ha potuto incontrare nella prateria. Eh, be… arrivare alla conclusione le pare ovvio. La Magione ha subito un incendio, il biondo le ha detto il perché e la sua mamma è rimasta proprio bloccata tra le fiamme, salvata dall’Hokage. Facile per lei unire il tutto, ma ovviamente non può averne la sicurezza al cento per cento. <Ho capito.> è sollevata di sapere che tutto sommato non è niente di grave, ma vuole comunque sapere. <Che cosa ti sei fatta? Dove sono concentrate le ustioni?> si interessa in modo sincero, mentre il viso comunque si rilassa, ed infine cercherebbe di capirne ancora di più, provando a cercare conferme per le sue teorie. <E’ per quello successo alla Magione dell’Hokage? So che c’è stato un incendio perché hanno cercato di attaccare Hitomu. Tu lo hai protetto?> le chiede in maniera forse un po’ troppo diretta, ma ha bisogno di capire tutta la situazione. <L’ho incontrato. Hitomu, dico.> la informa, giusto per completezza, per poi lasciare che sua madre le tocchi una delle due ciocche, facendole quei complimenti riguardo ai capelli della giovane. Il viso pallido si tinge lievemente di rosso, non sapendo esattamente come reagire a quelle semplici e dolci parole. <Grazie. Sono pratici e comodi, ora che fa decisamente caldo per me.> abbassa lo sguardo, forse imbarazzata… non si ritiene esattamente bella per via del suo corpo, ma non dice nulla a riguardo. <E poi così si vede il simbolo del clan.> commenta in seguito, non sapendo davvero che altro dire e come affrontare quei complimenti. Le mani si poserebbero sul materasso, su quelle lenzuola, andando a tormentarle con le dita e focalizzando il proprio sguardo su di esse. <Mi fa piacere che mi trovi bella.> si lascia sfuggire quel commento sincero dalle labbra, a bassa voce, impacciata come al solito. Stringe piano, dolcemente, la mano di Kouki nella sua quando lei si avvicina al letto. Cerca di carezzare le sue dita lentamente, con candore, nel desiderio di rassicurare la sua bambina. Immagina che non debba essere semplice per lei vederla stesa così in quel letto d'ospedale, che debba sentirsi in pensiero e preoccupata e per questo vuole cercare di aiutarla a non preoccuparsi. Una carezza leggera, gentile, che vorrebbe darle un po' di forza. Le racconta in via generale cosa è successo così da farle capire la situazione senza farla impensierire troppo ma, come è giusto che sia, la Yakushi vuole saperne di più e farsi una idea ben più chiara delle sue condizioni. Kaori si ferma un istante per sopportare silenziosamente una fitta che dai piedi risale fino al cervello per poi stringere forte le labbra e sentirla ritirarsi lentamente come fosse risacca marina. <Ai piedi. Ho camminato praticamente nelle fiamme. Non posso poggiarli a terra per ora> le spiega con onestà, alla fine, inspirando faticosamente nuova aria, sentendo un rivolo di sudore scivolare dalla tempia. Fa male. Fa male in modo continuo e costante, è un bruciore che non svanisce mai, che continua a pizzicare e prudere costantemente come se la stessero tormentando con delle ciabatte chiodate. Ascolta la voce di Kouki e quando lei le pone quelle domande si ritrova ad annuire con fatica, respirando a fondo in modo similare a quando una donna tenta di resistere a delle dolorose contrazioni. <Sì. Ero in missione per proteggerlo in caso di..> .. <Ngh..> Stringe i denti, rilascia il respiro, chiude le palpebre. Una nuova fitta, un nuovo doloroso picco che le tormenta il cerebro. <..pericolo> termina poco dopo riaprendo gli occhi, guardandola con affetto, abbozzando un sorriso colpevole. Non vorrebbe mostrarsi così debole e affaticata, ma resistere alla sensazione della carne che prude e brucia insieme è piuttosto complicato. <Ah davvero?> le domanda allora, incuriosita, quando Kouki le rivela d'aver incontrato Hitomu. <Che te ne è parso?> le domanda cercando di ignorare il dolore concentrandosi su quel discorso. <Te lo avrei presentato una volta fuori di qui, ma a quanto pare non serve più che lo faccia> sorride, poco dopo, ridacchiando appena, per poi vedere il viso della piccola arrossarsi dolcemente. Timida, dolce, impacciata. Accoglie quel complimento cercando di trovare ad esso una giustificazione. Le fa tenerezza, vorrebbe poterla abbracciare. <Vieni, siediti qui, accanto a me> la invita allora battendo un paio di volte la mano sulla porzione di materasso alla propria destra. Va a far perno con le mani sulle lenzuola accanto a sé per poi sollevare il sedere e le cosce e scostarsi appena più a sinistra così da lasciarle un po' più di spazio. Nel far questo finisce col far leva anche sui talloni in un fare istintivo ed involontario ed un doloroso gemito scappa dalle labbra quando si fa ricadere sul letto. Suda, ansima, si abbandona contro i cuscini dietro di lei, felice però di esser riuscita a far spazio alla bambina. <Su... vieni qui. Fammi compagnia per un po, mh?> la invita sorridendole, cercando di ignorare il dolore, il sudore sul viso, di ignorare la palese fatica che traspare dal suo viso. [Stanza] Attende di sapere esattamente che tipo di ustioni ha e dove. Il cuore le si stringe nel vederla nel letto di ospedale, rendendosi sempre più conto di quanto lei sia importante per la giovane. Potrebbe sacrificarsi per la sua mamma? Ancora non ha trovato una risposta, ma spera di poterlo fare in fretta. Probabilmente ha ragione Hitomu, serve tempo per abituarsi a questa situazione, ma soprattutto deve parlare, confidarsi… e intende seguire quei consigli. Lo sguardo scorre istintivamente verso i piedi nascosti sotto le lenzuola della Hyuga, provando ad immaginare come potrebbero essere ridotti, ma non è difficile per lei. Un sorriso spontaneo e leggermente triste si forma sulle sue labbra, tornando ad osservare la ragazza. <Avremo qualcos’altro in comune, allora?> non sembra molto chiara nel suo dire, fino a quando non va ad indicare con un dito verso il basso, verso i propri di piedi. Ha sul corpo segni di bruciature, anche sotto le piante dei piedi, per questo sembra così felice di poter condividere qualcosa con sua madre. <Fa molto male camminare con le piante dei piedi bruciati, questo posso capirlo per fortuna.> si sente rallegrata di poter comprendere la propria madre, così magari potrebbe esserle più di aiuto. <La pelle è bruciata e le terminazioni nervose sono molto sensibili e provocano fitte di dolore che ti arrivano fino al cervello, come mille aghi.> conclude il suo dire, per poi aggiungere dell’altro velocemente. <Posso esserti di aiuto? Posso fare qualcosa?> non vuole intromettersi nel lavoro medico di altre persone, ma se può far qualcosa lo vorrebbe fare, chiedendo prima il permesso a lei, ovviamente. Vuole alleviare quel dolore, vuole farla stare bene. Ascolta le sue parole ora, trovando un modo per collegarsi a quanto ha avuto modo di discutere col biondo. <Avresti sacrificato la tua vita per proteggere Hitomu?> domanda ora, molto più diretta e seria in volto. La voglia di comprendere è molta, tuttavia si lascia andare ad altre domande. <I responsabili li hai uccisi?> insomma, almeno aver eliminato il pericolo, ma anche giusto per sapere come si lavora in certi casi. Non dice altro, sentendo quella domanda riguardo a come ha trovato l’Hokage. Una domanda difficile, molto. Il viso si corruga e si fa pensieroso. <Non saprei dirti. È molto difficile per me comprendere a fondo la sua linea di pensiero. Però alla fine ho compreso e mi ha dato degli ottimi consigli. Sembra una persona buona.> conclude così il suo dire, quel suo parere. <Mi ha detto che ti conosce da un paio di anni e che tu gli hai parlato di me.> la osserva, la vede sforzarsi, soffrire e lei non sa cosa fare se non ammonirla. <Non ti sforzare troppo, non voglio che ti faccia male più di quanto non faccia.> ma la donna si è già spostata di lato, lasciandole il giusto posto per permettere alla giovane si sedersi accanto a lei. Tentenna per qualche istante, ma alla fine annuisce, facendo leva con le braccia e sedendosi accanto a lei, sul materasso. <Spero che tu ti rimetta preso.> una sincera speranza quella della giovane, che ora torna abbassa lo sguardo dinnanzi a sé, osservando le proprie mani posate sul grembo. Ha qualcosa da dirle, qualcosa di specifico, ma al momento sta ancora prendendo tempo, ritardando. <Hitomu mi ha fatto capire quanto sono vuota. Cioè, non era sua intenzione, ma parlando con lui ho compreso che mi manca qualcosa. Io non so se mi sacrificherei mai per qualcuno, io non provo attaccamento verso Kusa e non ho nulla che mi sproni alla mattina ad alzarmi e vivere al massimo.> cerca di mettere in pratica quei consigli fin da subito. <Ma lui mi ha detto che serve tempo, che devo conoscere me stessa… e che devo lasciarmi andare ai sentimenti con te e papà, e confidarmi. Così lo sto facendo.> alla fin fine non c’è nulla di particolare da dire in risposta alle sue parole, ma lei si sta semplicemente confidando. <In verità anche Hiroki me lo aveva detto.> mormora appena, accennando un piccolo sorriso al pensiero del ragazzo. Le parole di Kouki portano Kaori ad aggrottare interrogativa le sopracciglia. Sorride intenerita dall'innocenza della sua domanda e segue il suo sguardo diretto verso la parte visibile dei di lei piedi. Man mano che segue con le iridi le forme ustionate della sua pelle il sorriso va smorzandosi fino a svanire e lasciarla agghiacciata. Sente le parole di Kouki, quelle descrizioni accurate che la portano a rabbrividire. Sa, capisce perfettamente cosa sta provando e questa cosa le fa chiudere la gola facendo salire una nausea violenta. Non dovrebbe... non dovrebbe capire, non dovrebbe conoscere questo dolore. E' ancora così piccola...! <Mi dispiace che tu possa capire, Kouki> mormora lei rialzando ora lo sguardo smorto sul viso della bambina, guardandola con occhi ricolmi di muto dispiacere. <Non è qualcosa che avresti dovuto conoscere nella tua vita> sospira triste, richiudendo le palpebre con rassegnazione, per poi riaprirle e tornare a sorridere con dolcezza alla Yakushi, intenerita e toccata da quell'innocente domanda che lei le rivolge. <Fammi un po' di compagnia. Resta un po' con me, mi farà sentire meglio> le sorride candidamente tentando di carezzare con la destrorsa il capo della genin, poco sopra la frangia, al centro del cranio. Kouki rimane, resta con lei e quando va pronunciando quelle successive parole porta Kaori a guardarla sorpresa, presa alla sprovvista da quell'improvvisa domanda. La osserva con le sopracciglia appena inarcate, le ciglia a battere rapidamente fra loro una, due, tre volte prima di smuover le labbra per risponderle. <Sì. L'avrei fatto> confessa dopo qualche attimo di silenzio, più seria, annuendo. <Naturalmente spero sempre di non dover arrivare a tanto per salvare le persone che amo, ma se dovessi scegliere fra la mia vita e la loro, cercherei sempre di proteggerli> ammette con un mezzo sorriso, guardandola quasi colpevole in viso. Non che non ami la sua vita, non che non abbia mille ragioni per aggrapparsi ad essa e vivere, ma il pensiero di lasciar morire una persona amata per salvare se stessa le riesce semplicemente intollerabile. <Uno soltanto. L'altro è riuscito a fuggire. L'ho ferito, ma credo che sia ancora vivo nonostante tutto> continua, poco dopo, abbassando il capo, sentendosi responsabile di quel fallimento. Omette però il fatto di averlo fatto di arrabbiare, di averlo indispettito, di essere un nuovo bersaglio per quell'uomo, e torna a guardarla con nuova forza. <Ma li fermeremo. Non preoccuparti> sorride cercando di rassicurare la piccola per poi sentire quanto ella le dice a proposito di Hitomu. Ascolta silente annuendo di tanto in tanto per poi immaginare un incontro fra i due. Le sarebbe piaciuto esserci, vederli, ma forse è meglio che sia andata così. <Lo è. Hitomu è una persona di cui potrai sempre fidarti, Kouki. Anche quando crederai che chiunque potrebbe mentirti, sappi che lui non lo farà> le dice con dolcezza guardandola. Il dolore sopraggiunge poi forte quando tenta di scostarsi per farle posto e la premura di Kouki la portano a sorridere con difficoltà, ma con dolcezza. <E' un dolore necessario, non preoccuparti> le dice sicura, premurosa, cercando di nascondere il più possibile il dolore. La fa sedere, la fa accomodare e quando Kouki le dice quelle parole Kaori non può fare a meno di tentare di portare un braccio attorno alle sue spalle cercando di tirarla verso di sé con gentilezza. Tenterebbe di farla abbandonare contro di sé, verso il suo petto, per poterla abbracciare un po' goffamente con le proprie braccia, con la gota destra a poggiarsi sul di lei capo, tentando di trarre forza e conforto da quel gesto e, al tempo stesso, di donarne a lei. Che ci sia riuscita o meno ascolterebbe comunque il discorso di Kouki ritrovandosi alla fine a cercare il di lei sguardo. <Hitomu ha ragione. Serve tempo> conferma Kaori inspirando piano. <Vedi, Kouki, l'essere umano funziona in questo modo. Una volta nato e distaccatosi dal corpo della madre, inizia un lento processo d'apprendimento che lo porta a comprendere come funziona il mondo e la società in cui vive. I primi anni di vita di un individuo servono per permettergli di capire cosa è cibo e cosa non lo è. Cosa fa male e cosa no. Cosa è il dolore e cosa il piacere. Cosa sia l'affetto o la solitudine. Cosa è giorno e cosa è notte. Cosa è bene e cosa è male e soprattutto i suoi sentimenti. Cosa gli piace e cosa no, quali persone gli piacciono e quali no. Tutte cose che impara a riconoscere e capire nel giro di circa dieci anni> le spiega Kaori cercando di essere quanto più chiara possibile. <Tu sei stata privata dei tuoi ricordi, di gran parte di essi, e non hai vissuto una infanzia come quelle che in genere hanno gli altri bambini. Quello che hai imparato è andato perduto e stai ricominciando questo processo daccapo> continua la Hyuga guardandola, ricorrendo ad un tono morbido, gentile, che voglia cercare di essere quanto meno deprimente possibile. <Il tuo cervello è più forte e allenato di quello di un bambino appena nato e per questo impari più in fretta. Non avrai bisogno di altri dieci anni per riconoscere tutte queste cose, ma ti ci vorrà molto di meno. Ma servirà ugualmente del tempo> Vuole farle capire che questa frustrante attesa è normale e che è dovuta semplicemente al dover rielaborare informazioni del suo cervello. <Per cui non aver fretta. Ogni giorno, ogni momento, impari un sacco di cose anche quando non te ne rendi conto. Sei già tanto cresciuta da quando ci siamo viste la prima volta, lo sai?> le sorride dolcemente tentando di carezzare il suo viso con le dita. <Parli molto di più, sorridi, mangi di più e riesci a gestire meglio la presenza di E-001. Sono tante grandi cose che hai imparato a gestire tutte da sola> [Stanza] Per lei è assolutamente normale, anzi, più che altro si sente davvero felice di poter comprendere il dolore di sua madre, di avere qualcosa in comune con lei. Certo, avere delle cicatrici in comune non è proprio il massimo, ma a quanto pare fa piacere alla giovane. Per questo rimane perplessa quando invece scopre che alla ragazza non fa per niente piacere. Non comprende, confusa la osserva, inclinando il capo leggermente da un lato. Riesce pian piano a comprendere quanto quella sua felicità fosse sbagliata, quanto quello che ha vissuto non è da ritenersi normale. Comunque sia lei va ad alzare le spalle, come per minimizzare la cosa. <Molte persone sono come me, presumo. Ho incontrato una ragazza che soffre come me e siamo molto, ma molto uguali. Non so se abbia cicatrici, ma comunque è la dimostrazione che tutti più o meno soffriamo o abbiamo sofferto. Presumo che sia il mondo che vada in questo modo.> una visione piuttosto cruda del mondo, ma sa perfettamente che non è l’unica ad aver vissuto un’infanzia simile, e non sarà nemmeno l’ultima. Ma tace, ascoltando come sua madre avrebbe accettato la morte per la protezione di Hitomu o, più in generale, di una persona a lei casa. Ancora una volta il visino viene corrucciato e non può trattenere le parole. <Quindi saresti morta per Hitomu, e avresti lasciato me? E papà? E… la nonna?> sente un tuffo al cuore nell’improvvisa immaginazione di una sua probabile morte. Il cuore le si stringe, così come la gola e lo stomaco, facendole provare un’immensa tristezza e rabbia. Ma è normale, sono ninja, no? Sospira, scuotendo appena la testa. <Chissà, magari un giorno riuscirò a comprendere meglio. Magari anche io proverò questa sorta di sensazione.> abbandona quel discorso per ascoltare la ragazza mentre le espone il suo modo di agire. Ne ha ucciso uno, ma un altro è fuggito. <Ho capito, quindi potrebbero attaccare di nuovo. Spero che li trovino in fretta, prima che abbiano il tempo di riorganizzarsi, e ucciderli del tutto.> commenta spontaneamente, piuttosto fredda nel suo pensiero di come trattare i nemici, ma in un qualche modo li ritiene responsabili per la sofferenza di sua madre al momento. Non risponde al dire riguardo a Hitomu, ancora non lo ha ben inquadrato e non saprebbe proprio come rispondere a simili parole. Quindi prenderebbe posto accanto a lei e sorriderebbe appena, lasciandosi abbracciare e cullare da quelle parole rassicuranti. Annuisce, piano, senza interromperla. <Si, hai ragione… volevo fare le cose in fretta, mi sono arrabbiata con Hitomu perché è stata l’ennesima persona a dirmi che serve tempo. Lui, papà, tu. Ma serve, è vero, non posso farci niente.> è vero, ha fatto molti progressi, si sta abituando, sta mangiando di più. Si sente molto più tranquilla, eppure lei nomina l’Altra, portando dentro alla ragazza un senso di disagio. <Da sola no, ma con il vostro aiuto.> una piccola pausa, forse è arrivato il momento di accennare a quello che la tormenta, per così dire. <Ti devo dire una cosa riguardo E-001.> il viso si fa serio, la fronte si corruga… non vorrebbe farlo, ma deve imparare a conviverci, le ha promesso più spazio e lei non può tenerla imprigionata. Ormai deve farci l'abitudine. Sebbene Kouki sia fisicamente e per molti aspetti mentalmente una bambina, da un altro lato è anche molto più matura ed intelligente di una normale ragazzina della sua età. Ha visto e vissuto esperienze fuori dal comune nella sua breve esistenza e questo la porta a vedere il mondo in un modo apparentemente cinico e ben schematizzato. Le labbra di Kaori si schiudono, perdono aria per qualche istante prima di andare a richiudersi e portarla a sorridere con fare mesto, leggero, abbassando le spalle e guardando la bambina con nuova dolcezza. <Sì... a volte il mondo va in questo modo> annuisce lei con rammarico, ritrovandosi quindi ad umettarsi le labbra. <E allora sì. Abbiamo qualcosa di nuovo in comune> aggiunge rispondendo quindi alla domanda posta in precedenza, cercando di non smorzare l'entusiasmo che l'aveva improvvisamente investita. Ma sono le successive parole di Kouki che portano il cuore di Kaori a stringersi forte nel petto, dolorosamente. La sua è una osservazione sensata, dolorosa, che la ragazza deve trovare il giusto modo di spiegare e rendere chiara. <Non l'avrei fatto per desiderio di lasciarvi. Vorrei poter stare con voi per sempre. Vorrei poter passare i miei giorni a casa con voi, a mangiare insieme alla stessa tavola a passeggiare, a giocare e dormire tutti nella stessa casa> dice la ragazza ponendo una importante premessa a quel discorso. <Tuttavia la vita di Hitomu era in pericolo. Questo voleva dire che l'intero Villaggio avrebbe potuto perdere una guida, una persona che l'ha sempre difeso e protetto. Un amico. Che sua moglie sarebbe rimasta sola, suo figlio senza padre. La sua morte avrebbe significato enorme dolore per la Foglia intera e non potevo permetterlo...> spiega Kaori umettandosi le labbra, il dolore a picchiare forte verso il basso. <Il mio compito di ninja mi impone di mettere la salvaguardia dell'Hokage prima della mia. E la mia coscienza come persona mi dice che avrei fatto il possibile per sapere Hitomu al sicuro, vivo> spiega sapendo di non essere stata poi molto più chiara di prima. <Ma lo stesso farei se tu, o papà o la nonna foste in pericolo. Non riuscirei a sopportare l'idea che qualcuno potrebbe farvi soffrire. Il solo pensiero di sapervi in difficoltà mi fa impazzire. Darei qualsiasi cosa perchè nessuno di voi possa versare una sola lacrima, perchè non proviate alcuna tortura, alcun dolore. Anche se dovessi rimetterci un braccio o una gamba o tutto quanto> le spiega sperando ora di aver reso più chiare le sue intenzioni, i suoi sentimenti, guardandola con affetto negli occhi. <Ma, ehi. Per fortuna sono forte, eh? Non c'è bisogno che arrivi a tanto per proteggervi per ora. Sono resistente. Per cui non temere per la mia vita, bambina mia> aggiunge, subito dopo, cercando di sorridere, di confortarla, guardandola con dolcezza. <Sicuramente sono già all'opera per organizzare una nuova linea di difesa. Anche se si stanno riorganizzando questa volta non ci coglieranno impreparati. Li fermeremo di sicuro la prossima volta> annuisce Kaori con fiducia, con forza, ignorando le fitte dolorose che le pizzicano e solleticano i piedi con troppa intensità. Fa spazio alla piccola, l'accoglie accanto a sé e l'abbraccia teneramente in modo goffo per come riesce a farlo dalla sua posizione. Se la coccola un po' godendosi il calore della sua bambina, andando a sentirsi sollevata quando Kouki comprende il discorso da lei fatto in precedenza. <E' frustrante, hai ragione a sentirti arrabbiata> la conforta la Hyuga cercando di farle capire che i suoi sentimenti non sono sbagliati o inopportuni. <Ma vedrai che prima che te ne renda conto le cose cambieranno ancora e tutto andrà meglio> le sorride, poi, con dolcezza, ritrovandosi alla fine ad udire quelle parole che le portano un nuovo slancio di curiosità. <Mhn? Di cosa si tratta?> le chiede, quindi, ponendo sul suo volto la sua espressione stanca ma tranquilla. [Stanza] Il mondo ormai ha preso questo significato per la ragazzina, nonostante debba ancora conoscerlo, nonostante lei abbia vissuto solo in un piccolo spazio ristretto e che quindi non ha un’effettiva idea di come va veramente il mondo. Ma ha potuto farsi un’idea con Hajime e Akira, più o meno quello che succede sembra essere lo stesso: sofferenza. Dovrà comprenderla meglio, ma al momento torna a sorridere verso la Hyuga, nuovamente felice che abbia colto quella sua felicità. Qualcosa in comune, le piace. Non si rende conto che magari per gli altri non sarebbe propriamente bello avere delle cicatrici, e magari lei potrebbe passare persino per una che gioisce per le ferite altrui. Ma in realtà tutto si ferma al principio, al fatto di possedere qualcosa di uguale con qualcun altro. Ed ecco che ora ascolta quel chiarimento che le viene fatto, il sacrificarsi per qualcuno per il semplice desiderio di vederlo star bene, di non far soffrire il villaggio o la sua famiglia. Eppure tutto questo non le torna, forse proprio perché non sente alcun attaccamento del genere al proprio villaggio o al proprio Kage, eppure c’è qualcosa che le stona. Ma ascolta, con attenzione, comprendendo bene che il suo non sia il desiderio di lasciarli. <Capisco cosa vuoi dire. Ma il villaggio può trovare un altro capo. E la sua famiglia soffrirebbe, proprio come soffriremmo noi se tu morissi. Se devo scegliere, preferirei non soffrire io. Averti viva.> ma comprende anche che il discorso di Kaori è molto più profondo, così tanto che lei ancora non riesce ad afferrarlo completamente. <Lo so, è da egoisti. Ma appunto, forse comprenderò meglio quando proverò anche io un sentimento simile.> tempo, tutto riduce a quello, serve tempo. Ora lo accetta, per quanto sia frustrante. Sorride, sollevata dalle successive parole… lei è forte, non morirà e non verrà uccisa. Resterà con loro ancora a lungo, molto e lei potrà vivere quel suo affetto. <Sei forte, si.> afferma, annuendo, e tornando a sorriderle. Ascolta con cura la situazione riguardo ai nemici, e non dice nient’altro, prendendo solamente atto di quello che si sta organizzando. Vorrebbe partecipare, ma immagina bene che non le è proprio possibile. Non riguarda il suo villaggio, anche se vorrebbe solo trovarli per quello che hanno fatto a sua madre, ma sa anche che sarebbero di un livello troppo alto per lei. Dopo tutto hanno attaccato l’Hokage, quindi sprovveduti non sono. Sospira, prendendo atto di quella sua debolezza. Si adagia contro di lei, si lascia coccolare e si lascia andare a quei gesti di affetto, mentre le parole gentili e comprensive della donna la fanno decisamente stare meglio… ma quel momento deve trasformarsi in qualcos’altro ora, e spera vivamente, come al solito, di non rovinare nulla. <Lei vorrebbe parlare con te e papà. Ora con te, dato che ci sei tu, e comunque se non glie lo permetto può benissimo farlo senza chiedere a nessuno. Vorrei darle il suo spazio, dice che vuole solo parlare e fare conoscenza, che ne ha tutto il diritto.> espone il fatto alla ragazza, ma non permetterà nulla se lei non vuole o non se la sente. In quel caso però, si vedrà costretta a lasciare la stanza, per una questione di maggior sicurezza. Vuole evitare che per un rifiuto Lei si arrabbi, prendendo il controllo e rischiando che possa offendere sua madre. Rimane in silenzio, un silenzio teso per quanto riguarda lei, mentre attende il punto di vista della Hyuga. Un tenero sorriso si forma sulle labbra di Kaori quando Kouki dice quelle parole. Si sente coccolata, si sente amata dalla bambina in un modo ingenuo e spontaneo che le fa quasi venir voglia di piangere. Andrebbe a guardarla con sguardo commosso ritrovandosi semplicemente a trattenere l'istinto di piangere. <Grazie piccola mia> le dice quindi sentendosi in dovere di doverla ringraziare per il suo affetto, carezzando il suo viso con la destrorsa se lei l'avesse concesso, sfiorando la gota con il pollice, col palmo, in un paio di brevi movimenti circolari del dito più spesso e corto. <Ma in qualche modo anche il mio è egoismo. Mettere davanti alla vostra sofferenza il mio bisogno di far giustizia... me ne rendo conto> sospira lei cercando di farle comprendere che il desiderio di Kouki di avere Kaori viva e con sé è ugualmente giusto quanto quello della Hyuga di sacrificarsi per la gente che ama. Sono entrambe gentili ed affettuose, entrambe egoiste nel loro rispettivo modo di voler salvare delle vite in cambio di altre. Il tempo scorre, i minuti passano e così la conversazione va alla fine a sfiorare un argomento molto importante per la Yakushi che, accoccolata fra le braccia di Kaori va a farle una richiesta che la Hyuga non s'era aspettata di veder arrivare. La guarda in viso leggermente sorpresa, colpita, rimanendo in silenzio per un attimo prima di andare a donarle la propria risposta. <E ha ragione. Anche io avrei voluto parlare con lei, dopotutto. Accogliendo te nella nostra famiglia abbiamo accolto anche lei, per cui è giusto imparare a conoscerci tutti, no?> le sorride con gentilezza trattenendo l'ennesimo gemito di dolore per via di una nuova dolorosa fitta all'altezza dei piedi. Stringe i denti, gli occhi, irrigidendosi tutta mentre quell'ondata dolorosa fa il suo corso. Inspira ed espira con forza, rapidamente, a breve distanza, prima di sentire quella fiammata ritirarsi e tornare ad un normale livello di dolore. Si rilassa poco a poco, sentendo il cuore battere rapidamente nel petto e riapre gli occhi per fissare il viso candido della bambina. <Okay. Sono pronta quando lo siete voi> sorride, ancora, sentendo il viso farsi sudato, il respiro affannoso. E' stanca, spossata da quel continuo cercare di resistere al dolore, ma si fa forza. Avrebbe tenuto duro fintanto che Kouki fosse rimasta con lei, avrebbe avuto tutto il tempo del mondo per crogiolarsi nel suo dolore una volta che la piccolina fosse dovuta tornare a casa. [Stanza] Sentirsi chiamare in quel modo è qualcosa che procura infinita gioia nel suo petto. Non ha niente a che vedere con tutto quello che ha passato fino a qualche tempo fa. Non ci sono più pessime parole per lei, insulti, minacce… non è più una semplice cosa, una creatura formata per degli scopi decisi da altri. Non c’è più nessuno a farla soffrire, a regalarle solo dolore. Ora è diverso, ora sta vivendo quello che per lei è un sogno, un sogno dal quale ha paura di risvegliarsi. Ogni tanto la notte viene presa dall’ansia, prova paura che tutto quello che sta vivendo sia solo un’illusione, sia solo frutto della sua immaginazione. E se fosse persa nel suo mondo a vivere una vita diversa da quella che in realtà sta vivendo? Eppure sono sciocche paure. Non è più in quel laboratorio, ora ha una mamma che la chiama ‘bambina mia’. È un qualcosa di veramente forte, un impatto meraviglioso che la porta a sorridere e rilassarsi. Ascolta quelle prima parole, quel loro essere egoiste ma anche giuste nei loro pensieri. Annuisce, non ha nulla da ridire non le resta solo che comprendere. <Anche tu sei una persona buona. Quello che provi è giusto, forse sono solo dei modi di pensare diversi, o forse in futuro anche io riuscirò ad arrivare a comprendere fino del profondo quello che sia tu che Hitomu intendete.> una piccola pausa, prima di continuare. <E magari potrò comunque non condividerlo, ma per me sarebbe molto importante arrivare almeno a comprenderne il significato più profondo della parola ‘sacrificio’.> deve essere qualcosa di molto grande, molto maestoso. Essere pronti a sacrificare la propria vita per un bene più grande e prezioso, non solo pensare a se stessi. È ancora giovane, dopo tutto, pian piano ci arriverà, per il momento deve solo pensare a svolgere nel migliore dei modi i suoi compiti. Attende infine che sua madre le faccia sapere cosa ne pensa riguardo al voler parlare con l’Altra, e le sue parole la fanno sorridere appena, timida, ma anche molto nervosa. Quello potrebbe essere un passo molto importante per tutti. La osserva mentre tenta di resistere al dolore. Chiude gli occhi, soffre, e la ragazzina si muoverebbe istintivamente. Cercherebbe di allungare una mano, per poi poggiarla delicatamente sul viso di sua madre. Una carezza delicata, che vorrebbe darle conforto… ricambiare in un qualche modo tutte le belle parole che lei sta riservando alla Yakushi. Il viso è dolce, lascia fuori la preoccupazione, ma prova un’immensa tristezza nel vederla in quello stato. La mano rimarrebbe delicata sul viso della madre, per poi tirarsi indietro una volta che quell’attacco di dolore sembra essere passato. Lei è pronta, e anche la ragazzina lo è. Annuisce, titubante, ma non può tirarsi indietro ora. Prenderebbe un profondo respiro e chiuderebbe gli occhi. Non è una situazione di pericolo, solitamente sono quelle circostanze a spingerla a richiedere l’aiuto dell’Altra, ma questa volta è diverso. L’Altra è in attesa, e Kouki semplicemente annulla la propria coscienza. Andrebbe sempre più in basso, in quel suo mondo buio e freddo, sola. Si lascerebbe cadere passando tutto il controllo all’Altra. È spaventata, il cuore le batte davvero molto forte, ma non può negare la sua parte all’Altra, non può venir meno allo stesso accordo che la ragazzina ha proposto. Man mano la paura svanisce, tutti i sentimenti sembrano annullarsi di colpo, come se venisse rinchiusa in una piccola stanza. Quando la giovane riaprirebbe gli occhi, lo sguardo si farebbe più sicuro e determinato. L’espressione si lascerebbe andare ad un piccolo ghigno, mentre tutta la dolcezza sparirebbe di colpo. Profondi respiri verrebbero compiuti, mentre il viso si alza verso l’alto, andando ad osservare il soffitto e le labbra si dischiuderebbero appena per lasciare posto alla lingua, che andrebbe ad umettarla. Un sospiro viene emesso, carico di sollievo e soddisfazione. Finalmente è tornata a riavere il controllo, finalmente può sentire e vedere in modo diretto. Lo sguardo ora verrebbe portato su Kaori, il sogghigno si accentuerebbe mentre osserverebbe quei suoi occhi, quel suo volto sudato ed affaticato. <Sei sicura di essere davvero pronta?> domanda verso di lei, con quell’accenno di superiorità che la contraddistingue da sempre. Arrogante e divertita dalla situazione. Si allontanerebbe da Kaori, mettendosi a sedere sul bordo del letto, con le gambe verso l’esterno e il torno rivolto verso la donna, così da essere comoda nell’osservarla. Ha iniziato mettendo distanza, cercando di sciogliersi da quell’abbraccio. <Posso vedere i tuoi piedi?> domanda nuovamente, irriverente, chiede il permesso anche se non ne avrebbe bisogno, dopo tutto non le ci vuole nulla a scoprire le lenzuola, ma tutto sommato anche lei deve rispettare dei patti. La bambina cerca di confortare la madre, di farle capire che in qualche modo non accusa il suo sentimento od il suo modo di fare ma che, semplicemente, non lo comprende perchè diverso dal proprio. Un atteggiamento maturo, intelligente, che porta Kaori a sorriderle con dolcezza, fiera della mente sveglia e riflessiva della piccola Yakushi. <Lo capirai sicuramente, col tempo, Kouki. Appena troverai quella persona senza la quale sentiresti di non poter vivere> le sorride premurosa sperando che quello si riveli essere un momento ancora piuttosto lontano. <Ma potrebbe volerci del tempo. Fino ad allora lascia che io e papà ti proteggiamo, mhn?> E' ancora presto perchè lei impari cosa sia il sacrificio, perchè arrivi la persona che possa già farle battere il cuore. Almeno questo è quello in cui spera la Hyuga che, per ora, vuole godersi un po' la sua bambina. Bambina che, tuttavia, adesso la sottopone ad una importantissima scelta. Kaori non conosce bene E-001, l'ha potuta vedere una volta soltanto ed i loro rapporti non sono stati i migliori. Non sa bene come dovrebbe comportarsi con lei, come dovrebbe prenderla, ma desidera capirlo, imparare. Vorrebbe conoscerla, vorrebbe poter andare d'accordo con tutti i lati e le sfumature di Kouki. Così attende semplicemente che la Yakushi le dia via libera accorgendosi quasi all'istante del cambiamento. Non più dolce e premurosa l'espressione della bambina, quanto più attenta e curiosa, vagamente sfacciata. Si distanzia, ricerca un suo spazio che Kaori le concede sciogliendo la presa delle braccia attorno al suo corpo. La vede allontanarsi un po', sedersi sull'estremità del letto, voltandosi però a guardarla. <Sì. Ma prima devo chiederti una cosa> risponde la Hyuga a quel suo primo dire guardandola dritta negli occhi, sostenendo il suo sguardo. Deve mostrarle di non avere paura di lei, di non temere la sua presenza, la sua stessa esistenza ma, anzi, di accettarla. Di desiderarla. <Come posso chiamarti?> le chiede, quindi, inclinando leggermente il capo verso la spalla destra. <Immagino tu non voglia condividere il nome di Kouki e, al tempo stesso, trovo che E-001 non sia un nome adatto. E' un codice, un catalogo, qualcosa che serve a contraddistinguere oggetti e strumenti, non persone> spiega la ragazza umettandosi le labbra, respirando piano, cercando di controllare il dolore. <Per cui... come vorresti essere chiamata?> le domanda, semplicemente, attendendo una sua risposta e ritrovandosi poco dopo colpita da quella sua domanda. La cosa un po' la preoccupa: come potrebbe reagire alla vista di un simile, orribile spettacolo? Non vuole schifarla o inorridirla e, tuttavia, al tempo stesso sa che lei stessa ha già potuto vedere quel tipo di segni proprio sul suo corpo. La fissa in silenzio per qualche attimo prima di andare a deglutire ed annuire lievemente col capo. <Sì. Ma non sono molto belli da vedere> l'avverte abbozzando un sorriso amaro, abbassando quindi lo sguardo sulle lenzuola che ricadono dolorosamente sui piedi ustionati. [Stanza] Porta speranza la madre nel cuore della piccola. La speranza che un giorno anche lei possa comprendere cosa significhi il sacrificio, e forse attraverso una persona della quale non potrà farne a meno della presenza. Non sa se possa valere per Hiroki, entrambi sono agli inizi, stanno scoprendo i loro sentimenti e li stanno vivendo pian piano. In modo così dolce e unico, solo per loro due. Sorride a quelle parole e quei pensieri, andando ad annuire. Si sente felice ad essere protetta, ma non può che provare un modo di angoscia. <Non voglio però che moriate per proteggermi. Insomma, sono resistente anche io.> mugugna verso di lei, quasi imbarazzata e titubante. Non potrebbe sopportare di vederli feriti o morti per difendere lei, ma quel senso di protezione le fa comunque piacere. Infine annuisce, le viene dato quel via libera e lei deve lasciarsi andare. Deve permettere all’altra di mostrarsi, farsi avanti, e sa già per certo che non ricorderà nulla. Non sarà messa al corrente, non potrà osservare ne sentire quello che si diranno. Al contrario dell’Altra, lei non è in grado di metterla a dormire dentro di sé. Il cambiamento avviene, piuttosto repentino, e quell’atteggiamento diverso si fa subito sentire. Le viene dato il suo spazio e vede la sicurezza sul volto di Kaori, tuttavia viene attirata da quelle prime parole. <Tutto quello che vuoi, chiedi pure.> nei gesti e nel tono, si fa decisamente più melliflua, provocatoria, come se volesse sfidare la donna che si ritrova davanti. Eppure quella domanda che le viene fatta, unita a quella precisa considerazione, non può che accentuare quel suo sorriso. Una sorta di felicità che però non ha nulla di puro. <Sono felice che tu me lo abbia chiesto. Sai una cosa? Sono giorni che pensavo di trovarmi un nome tutto mio. E-001 non mi rende giustizia, ma non voglio nemmeno essere chiamata Kouki, perché non ho nulla a che spartire con lei.> se non lo stesso corpo, ovviamente. <L’altra sera sono riuscita a decidere il mio nome. Ho deciso che mi chiamerò Mirako.> ammette con orgoglio e soddisfazione. Il tono sibilante e sicuro, espressione fiera. <Vorrei che mi chiamaste così, e se per caso ti capita di vedere Raido diglielo anche a lui. Glie lo avevo già accennato.> che voleva trovarsi un nome, le è venuto in mente così, di getto, proprio perché ora Kouki si sta distinguendo da lei. Le due personalità si stanno definendo sempre più, anche se quella di Mirako è sempre stata definita fin dal principio. Quella in dubbio era Kouki. <Come ti sembra come nome? Deve essere entusiasmante per voi.> afferma placidamente, mentre andrebbe ad alzarsi dal letto, per mettersi in piedi, rimanendone comunque al suo fianco. <E’ come se aveste adottato due gemelle, come vi sembra?> continua con quelle domande, con quel sogghigno provocatorio, l’espressione decisamente molto più rilassata e spontanea rispetto a Kouki. Sa chi è, sa quello che vuole e questo la porta in una posizione di maggior sicurezza e maggior forza. Le viene dato il permesso di vedere i piedi, e lei, senza indugi, andrebbe ad afferrare i lembi del lenzuolo, per poi scoprire la donna con un movimento secco delle braccia. Cercherebbe di toglierle le lenzuola di dosso, fino a scoprire i piedi. Se ci fosse riuscita andrebbe a posizionarsi alla fine del letto, inclinando la testa di lato ed osservando i piedi bruciati e doloranti di Kaori. <Sono decisamente orribili da vedere, ma ho visto di peggio.> andando contro le norme igieniche, e anzi, forse fregandosene, andrebbe ad allungare il dito indice, per poi cercare di passarlo lievemente sulla pianta del piede destro della ragazza. Sa che può provocarle dolore, e un sorrisino sadico si paleserebbe sul suo pallido viso. Eppure, ne sembra così affascinata. La bambina le lascia tranquillamente modo di porre la sua domanda. Ascolta il dire di Kaori e, in qualche modo, quel che dice in risposta le va a causare sorpresa. Anche lei aveva pensato la medesima cosa, desiderava un nuovo nome e a quanto pare ha già trovato il modo in cui desidera essere chiamata e riconosciuta. La Hyuga ascolta in silenzio le sue parole, l'osserva, la vede muoversi in modo così differente dal solito da sentirsi davvero strana. <Va bene. Allora piacere di conoscerti, Mirako> acconsente la Hyuga annuendo, guardandola, distendendo le labbra in un semplice sorriso per poi porle una nuova domanda. <Ma dimmi... come mai hai scelto proprio questo nome?> le chiede cercando di meglio capire e comprendere la sua mente, il suo aspetto, il suo carattere. <Ti piace o ha qualche significato particolare per te?> le domanda, ancora, tranquilla, senza muoversi dal suo posto sul letto, lasciando che lei vada poi a porre quell'osservazione che in qualche modo colpisce la Hyuga. Effettivamente ha ragione. E' indubbio che Kouki e Mirako siano due persone differenti. Una dolce e bisognosa d'affetto, l'altra indipendente e solitaria con una vaga vena di controllo. Due personalità talmente distinte da essere riconoscibili nonostante lo stesso corpo, solo attraverso un modo diverso di porre attorno lo sguardo. Condividono lo stesso corpo, sì, ma di fatto sono due perone diverse e distanti. <E' un bel nome. Sicuramente molto meglio di quel codice> commenta e replica la Hyuga con un sorriso, per poi inspirare a fondo e continuare. <Come abbiamo detto a Kouki noi desideriamo che anche tu faccia parte della famiglia, Mirako. Vogliamo conoscerti e esserti vicino. Vogliamo che anche tu possa fare affidamento su di noi, anche tu sei figlia nostra> le risponde con tono gentile, affabile, protendendo le labbra verso l'esterno in un sorriso che vuol essere affettuoso e accogliente. Vede la bambina spostarsi, allontanarsi, andare ad avvicinarsi ai piedi della special jonin per poi scoprirli con un gesto rapido e deciso delle lenzuola. Li scopre, li osserva, trovandoli orribili ma non i peggiori che abbia visto. Kaori la osserva, la scruta mentre si china a guardar i suoi arti martoriati e, quando la sua mano va sfiorando la carne lacera, un grido non può fare a meno di librarsi dalle labbra della Hyuga che, d'istinto, s'irrigidisce sul posto sentendo le lacrime salire a pizzicare gli occhi. <NGGGGGHHHAAAAAAAAA> fa leva con i palmi contro il materasso, tende le braccia, distende la schiena verso l'alto facendosi tutta tesa, tutta contratta, stringendo ora labbra e denti fra loro in una espressione di vivo dolore. Perchè? Perchè questa personalità è così... sinistra? <Pe--Perchè?> le domanda con affanno, annaspando, cercando di volgere su di lei lo sguardo affaticato, le lacrime che luccicano negli occhi mentre cerca di trattenerle. <Perchè l'hai fatto?> Ha un nome e lo sta usando finalmente, e finalmente viene riconosciuta come entità a se stante. Mirako. Lei ha piacere di conoscerla, piacere… sorride, divertita. <Piacere. Non so fino a quando potrai ritenerlo un piacere.> alza le spalle, i suoi movimenti sono fluidi ed eleganti, e poi quella precisa domanda, sul significato del suo nome. È una bella domanda, che lei apprezza. Dopo tutto le è venuto in mente osservando il proprio riflesso alla lapide nella prateria, ci ha pensato un po’ su, ed eccolo. <Ovviamente l’ho scelto per il significato, in realtà l’ho composto. Mira significa specchio, mentre la parola Ko può avere diversi significati. Ovvero sia bambina o figlia, che luce o raggio.> la osserva per qualche secondo prima di continuare. <L’ho unito in Mirako. Mi piace.> annuisce, decisamente soddisfatta e gratificata di aver avuto modo di poterlo spiegare. In seguito ascolta le successive parole, allargando il suo sorriso. <Certo che ti piace, è decisamente bello.> arrogante e decisamente narcisista, non si nasconde dietro a nessuna maschera mostrandosi come è effettivamente. Gongola ed infine ascolta con attenzione quelle sue parole. Una famiglia. Desiderano conoscerla. <Uhm…> non sa esattamente cosa pensare, o meglio, lo sa perfettamente, ma finge di pensarci. <Vi metterò alla prova. Vedremo se davvero accogliere anche me, qualsiasi cosa io avrò intenzione di fare.> comunica andando ad accarezzarsi una ciocca di neri capelli ai lati del viso. Sta macchinando qualcosa, ma è davvero difficile comprendere cosa. <Comunque io faccio affidamento su me stessa solitamente. Non ho avuto bisogno di nessuno fino ad adesso, cavandomela da sola e salvandomi da sola. Quindi frenate un po’ della vostra generosità, almeno con me.> mette in chiaro, cristallina, senza perdere quella sua espressione sinistra e sorridente. Andrebbe quindi ad osservare i piedi e a toccarne uno, scatenando in Kaori una reazione che soddisfa appieno la ragazzina. Gli occhi si puntano velocemente sulla donna, spalancati, mentre il sorriso divertito si allarga. Sente quell’urlo di dolore, sente la sofferenza, osserva quegli occhi velati dalle lacrime, la vede contorcersi sofferente. Semplicemente lei si inebria di tutto quello, sentendo battere forte la sua vena sadica. <Ahahahah!> ride, sinceramente divertita, mentre il dito viene allontanato dal piede e lei si affretta ad affiancarsi nuovamente al suo letto. <Scusa, ti ho fatto male?> non sono scuse sincere, e quella è una domanda alla quale sa già la risposta. La prende in giro, la osserva, divertita. <E’ stato più forte di me, non c’è un perché.> le andava e lo ha fatto. Andrebbe ad avvicinare il proprio volto a quello di Kaori, sporgendosi lentamente verso di lei. Non sa se l’altra la fermerà, ma se non lo facesse, allora andrebbe a posare le labbra sotto l’occhio in quello che sembrerebbe un bacio. Ricerca invece quelle lacrime trattenute e mischierebbe quella ricerca ad un bacio tutt’altro che dolce, ma velenoso. <Piangeresti sangue per me?> le sussurra, sibilando ed insinuandosi nell’altrui mente. Si distaccherebbe, per poi andare a togliersi lentamente le bende presenti sul suo braccio destro. La manica del kimono verrebbe alzata e lei si prenderebbe il suo tempo per sciogliere quel bendaggio. Le mostrerebbe infine le cicatrici e segni di bruciature lungo il braccio di diverse dimensioni, fino al polso, quest’ultimo circondato da una cicatrice frastagliata che lo percorre come un bracciale. Segno che sia stata legata con qualcosa di molto affilato. come bracciali. Vi sono anche cicatrici puntiformi, come di qualcosa che è stato infilzato nelle carni. <Puoi toccarle se vuoi, così saremo pari.> sussurrerebbe verso di lei dopo averle messo sotto gli occhi quell’unico braccio. <Un giorno mi piacerebbe mostrartele tutte, io ne vado molto fiera.> esclama… e si, è sincera, a lei quelle cicatrici piacciono da morire. Attenderebbe il fare dell’altra, ma poi si distanzierebbe dal letto. <Ora devo andare, andrò a farmi un giro per il villaggio. Cercherò di rientrare a casa per cena, okay? Avremo molto tempo per conoscerci e scoprirai cosa piace a me.> si sente libera di esprimersi e questo è già di per sé eccitante. Si avvierebbe quindi verso la porta, salvo poi fermarsi all’uscio e voltarsi verso di lei. Sinistra nel suo modo di guardarla, con quel sogghigno stampato in viso. <Ciao ciao, mammina.> una piccola risatina, e quindi se ne andrebbe dalla stanza a cuor leggero, lasciando la Hyuga da sola. [END] Bambina specchio. Un nome che le calza semplicemente a pennello. Dopotutto lei e Kouki sono la stessa persona, esteticamente condividono lo stesso corpo, mentalmente sono la stessa identica creatura, ma entrambe appaiono in qualche modo distorte e opposte fra loro. Esattamente come una immagine allo specchio. Identica all'originale, sì, ma al contrario, distorta. Il problema è solo che, alla fine, chi può dire chi sia l'originale fra le due? <E' bello> sorride Kaori guardandola, incoraggiante. <Trovo ti calzi a pennello> aggiunge, poi, senza dire altro notando il modo in cui Mirako si riveli sfrontata e diretta, schietta, appagata da una sorta di arroganza innata totalmente assente nell'animo di Kouki. O, per meglio dire, nella sua personalità. Quanto dice in seguito porta Kaori ad aggrottare appena le sopracciglia, ad osservarla con fare serio, diretto, cercando di comprendere quanto l'altra sta andando a dire. <E' questo che cerchi, Mirako?> domanda la Hyuga fissandola con fare sinceramente interessato, bisognoso di capire. <Accettazione? Sei così sicura di non essere accettata da aver bisogno di metterci alla prova per essere sicura che vogliamo prenderci cura di te?> le chiede con una sfumatura di dispiacere nella voce. Quanto deve essere spaventata per arrivare a sottoporli a delle prove prima di concedersi di fidarsi di loro? <Ad ogni modo non vogliamo importi la nostra presenza. Noi siamo pronti ad esserci se dovessi averne bisogno, vogliamo che tu ti fidi di noi e che ti senti libera di appoggiarti a noi. Ma se invece pensi di poter agire da sola allora potrai farlo> Non vuole che si senta controllata o incatenata, vuole che si senta proprio l'opposto con loro e per riuscirci deve essere capace di allentare un po' la corda, magari arrivando a guidarla semplicemente da lontano. Un qualcosa che, tuttavia, si rivela essere fin da subito difficile: Mirako va a sottoporla a quella che forse è la prima prova. Un dolore allucinante. Sfiora semplicemente la sua carne ustionata causandole un dolore improvviso e lacerante che le strappa un urlo di dolore. Kaori sente il cuore balzarle al petto, il piede bruciare come se fosse nuovamente fra le fiamme e la osserva sgomenta con le lacrime agli occhi. Ne vede la risata divertita, ne ode il tono sarcastico e ne rimane ferite. Come può la sua piccola Kouki essere anche così? In modo così diametralmente e sinistramente opposto? Rimane agghiacciata sul letto, sul posto, sentendo la bambina avvicinarsi, lasciarle un bacio sotto l'occhio, ad accogliere una lacrima fuggiasca. E le sue parole che arrivano poi inquietanti all'udito portando Kaori a ricercarne lo sguardo col proprio. <E' una delle tue prove, Mirako?> le domanda fissandola dritta in volto, la voce affannata, affaticata, esausta. <Perchè non basterà un dispetto ad allontanarmi. Non basterà un capriccio a rovinare tutto.> le dice seria, decisa, umettandosi le labbra. <Camminerei di nuovo nel fuoco per te. Per Kouki. Arriverei a sudarlo, il sangue, per voi> risponde con convinzione, con ardore, prima di vedere quelle fasciature venir dismesse e le sue cicatrici portate alla luce. Le osserva, le studia, le scruta e quando l'altra le propone di toccarle Kaori la fissa sorpresa, colta alla sprovvista. <Sì, vorrei vederle tutte un giorno. E segnarmi mentalmente ognuna di esse per quando troveremo chi te le ha causate> ...E magari fargliene subire altrettante prima di ucciderlo. Non avrebbe mai potuto perdonare chiunque abbia fatto una cosa simile alla bambina. Bambina che, adesso, decide di pendersi il congedo. <Cerca di... stare attenta> le raccomanda, semplicemente, sentendosi inutile. Bloccata a letto senza poter sapere quando sarebbe tornata a casa, se sarebbe tornata sana e salva, con chi. Bloccata in ospedale, lontana, sola. E quelle sbeffe, quelle prese in giro che pesano, gravano sul petto, portandola a realizzare solo ora quanto realmente complessa sia la situazione della piccola Kouki. Qualcosa di cui avrebbe dovuto parlare con Raido, qualcosa di cui avrebbero dovuto decidere insieme. [END]