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con Haran, Itsuki

15:48 Itsuki:
  [Centro Kusa] Non si rende nemmeno più conto precisamente in quale anello sia finito o meno, passeggia oramai per il Centro da sin troppo tempo, un libro, come al solito nella mano destra, vien sorretto saldamente davanti le rossastre di lui che mai si scollerebbero dai caratteri, per quanto effettivamente non stiano mettendo a fuoco quelle lettere, lui prosegue imperterrito, più assorto nei suoi pensieri che nella vera e propria lettura. Cosa vuole? Cosa sta cercando? Perchè avrebbe incominciato l'Accademia senza poi effettivamente concludere? Gli mancava così poco... Eppure, il nostro Elitario da strapazzo non è certo una persona che ragiona con una logica a senso unico, tutt'altro, spesso la sua stessa logica gli si ritorce contro, soprattutto ogni qualvolta che la sua testa gli dice che non sta facendo abbastanza, che non è all'altezza. Ma è veramentel a sua testa che parla? Le teste non parlano, si sà, sono le voci a parlare, insomma, le persone alle quali appartengono. Ma lui non è solito ascoltare nessuno, sa cavarsela da solo e di rado cede a quel che sente, l'ha fatto una volta e ha ripromesso di non farlo più, per quanto sia difficile contenersi, in quella testa specifica, fasciata dai lunghi capelli neri di lui che ondeggiano come fosse un manto a se stante, a volte girano sin troppi ingranaggi - se è questa la metafora che vogliamo usare - il fatto è che non sempre tutto gira come dovrebbe girare. Anzi. Si sofferma sul posto appunto, dopo un'imperterrito pensare, arresta il suo lento incedere che lo stava trascinando per l'Erba, solo, come sempre da quel giorno, abbassa il libro, si guarda intorno, le braccia lungo i fianchi e solo l'indice in mezzoa quelle pabgine per tenere un segno di un punto che non aveva raggiunto comunque. Si sofferma, lo sguardo rosso sangue si punta appena al cielo e un sommesso quanto lungo mugolio è l'unica cosa che si concede, per lungo tempo, prima di proferire poi tra se e se con un < Qual'è lo scopo di un Ninja? > sussurra, mormora pensando ad alta voce sostanzialmente. Qual'è la linea di confine? Buono o cattivo, egoista o altruista, caritatevole o tiranno, qual'è quella cosa che sancisce che cos'è effettivamente un Ninja e come dovrebbe comportarsi per i propri interessi? Si fa in fretta a dire che si vuole proteggere il Villaggio, ma poi? Quando si vedranno altri paesi ed altre realtà? Altre ricchezze? Altri poteri? Allora la sete di potere e la bramosia sarebbero legittime? Troppe domande, troppi dubbi, troppe poche risposte per la sua testa che screma e toglie tutto l'inutile mantenendo spesso e voentieri un'elitè di pensieri atti a farlo andare avanti e basta. Ultimamente, invece, vacilla, e anche molto, da tempo. D'altronde, un'adolescente senza una guida - tralasciando il suo passato - non è che possa andare poi così tanto lontano. O se non altro, se andrà lontano di sicuro potrebbe non arrivare alla migliore delle mete...

16:01 Haran:
 La pioggia scroscia fastidiosa dall'alto. Il cielo è plumbeo, il sole parzialmente coperto da banchi di nubi scure mentre fulmini e saette vanno di tanto in tanto a straziare la monocronia di questo cielo grigiastro. Le vie di Kusa son poco trafficate, il mal tempo ha portato la gente a rimanere chiusa in casa o in qualche locale lungo la via. L'Uchiha, invece, ha deciso di uscire. Hitachi non è in casa, non lo vede da giorni ormai e lei non sopporta più la sensazione di sentirsi sola in una casa troppo grande per lei sola. Nonostante il maltempo, nonostante la brezza frizzante, è uscita quindi alla ricerca di un po' d'aria, di un po' di vita al di fuori di quelle mura che sente ancora estranee. Akira, questo pomeriggio, indossa un corto kimono nero che, partendo attorno al collo, scende fino al busto stretto da un obi scarlatto attorno ai fianchi. Oltre di esso scivola fino alle cosce andando a coprirle fino a poco sopra le ginocchia. Degli spacchi laterali lasciano intravedere la pelle candida delle cosce nivee mentre dalle ginocchia in giù è possibile notare dei pratici ed alti stivali neri da kunoichi. Le maniche del kimono scivolano nere e larghe lungo le braccia giungendo fino all'altezza dei palmi. Solo le dita son visibili oltre la copertura delle stesse, affusolate e sottili. Una trama floreale rosa e rossa risale gli orli della veste con fare elegante e raffinato mentre l'obi che le stringe la vita si richiude sulla schiena in un grande fiocco morbido. La chioma corvina si disperde in sottili ciocche oscure lungo il capo, la nuca, le spalle, raggiungendo l'altezza a metà strada fra esse e le scapole. Capelli lisci, liberi, scostati di tanto in tanto dal vento. Nessun'arma con sé, nessuna lama: solo una piccola borsetta in stoffa bianca portata a tracolla dalla spalla sinistra al fianco destro contenente dei tonici e dei fumogeni mentre al collo reca con sé il coprifronte di Otogakure appartenuto in passato a Katsumi Uchiha. Fra le mani stringe un ombrello di carta rosso, piuttosto resistente nonostante la pioggia battente, che ricopre adeguatamente la sua figura minuta. Si presenta come un corpo esile, magro, sottile, alta poco più di un metro e mezzo ma dai lineamenti del viso definiti, delicati, in sboccio. Sedici o diciassette anni all'apparenza, dentro di sé forse molti di meno. Avanza per una via sconosciuta del centro fino a notare la figura isolata ed immobile di qualcuno dinnanzi a sé. Una lunga chioma nera, la pelle nivea e due grandi occhi cremisi. Sotto la pioggia permane col viso rivolto verso l'alto ed un libro fra le mani. <Va tutto bene?> domanderebbe dunque, cortese, lei, arrestando il proprio passo al di lui fianco, le dita sottili a trasparire oltre i bordi del kimono a tenere l'ombrello su di sé, poggiato contro la spalla destra per la sua lunghezza.

16:19 Itsuki:
  [Centro Kusa] La voce della ragazza che giunge di lì a ppoco, sarebbe come un ritorno forzato alla realtà. La gravità riprende a schiacciare, il tempo a scorrere, il cielo a piovere e... Sì, sta piovendo Itsuki, che tu poi non te ne accorga perchè sei abituato a muoversi lungo i muri degli edifici, è un'altro discorso, spesso e volentieri riesce ad estranearsi a tal punto da discotarsi quasi dal piano reale, tanto che quasi si catapulta in un piano immaginario dove esiste lui e lui solo soltanto, sembra un'esagerazione, ma a volte sul serio vi sembrerà che stia giungendo da un'altor mondo, che poi altro non sarebbe che la sua testa, sin troppo affollata per l'età che ha, sin troppo torbida per quel che traspare dal suo viso apatico e senza particolari espressioni " Va tutto bene? " quelle parole risuonano dentro di lui come se fosse un'enorme Gong e appunto ecco che lo strappano di prepotenza dalla sua immaginazione e lo riportano bruscamente al freddo e umido villaggio di Kusa. Sgrana appena gli occhi, non è che si è risvegliato dal coma, sente il libro abbastanza fradicio nella dritta, è sin troppo solito usciire con un libro, tanto che si eclissa dalle condizioni atmosferiche a tal punto dal finire per ritrovarsi sotto la pioggia in punti apparentemente casuali del Villaggio, domandadosi come ci è finito, sin troppe volte sovrappensiero < Ah... Ora che mi si sono bagnati i capelli, mica tanto... > Ora? Sta piovendo un sacco e da un sacco, sei tu quello che se ne è accorto solo ora, renditene conto. Farebbe un paio di passi più in là, sì, esce di solito con l'ombrello, ma tante altre volte si scorda di portarselo dietro, o se lo scorda proprio lì dove arriva, è un vizio, il suo troppo pensare e rimuginare un giorno potrà anche costargli caro, ma sà che in battaglia il tempo per pensare è giusto quello per evitare di morire. Dovrebbe riuscire a mediare, ma forse un'altra volta, per ora si sposta semplicemente sotto di una tettoia sporgente, inclinando la testa di lato e lasciando che l'informe massa caschi di lato, chiaramente senza che tocchi terra si intende, li scuote un pò e poi andrebbe a raccoglierli in una coda alta di cavallo, con uno spesso elastico che esce dalla manica della giacca. Vero, sarà che si veste più o meno sempre nello stesso modo, ma semplicemente indossa giacca e cravatta, come al solito, scarpe che paiono appunto eleganti ma lui ha tutto meno che uno stile di vita galante e ricco, è apparenza, puro gusto estetico con il quale gli piace apparire, giacca aperta su una camica bianca, la cravatta nera stacca dalla candida sotto e tutto il completo lo slancia ulteriormente nella sua immagine già alta e snella, quanto basta per la sua età. Ah, e sì, tiene ai suoi capelli in una maniera quasi maniacale, ma questi sono altri discorsi < Hai bisogno di qualcosa? > quello è il suo modo di domandare se va tutto bene, quasi mai gli avessero insegnato a interagire socialmente.

16:40 Haran:
 Le iridi bicromatiche d'Akira seguono il moto della figura dinnanzi a sé. La vede riscuotersi, tornare in posa eretta, voltarsi verso di lei. Arretra, si sposta, va a cercar riparo al di sotto di una tettoia vicina per poi cercare di liberare la folta chioma corvina di quella quantità d'acqua appena presa. La ragazza non si smuove, non si sposta, l'osserva in silenzio seguendo col viso i suoi movimenti, andando dunque a respirare piano. Ode il suo commento sui capelli andando a notare come siano effettivamente fradici. A lei, in genere, non dà molto fastidio sentire la sensazione dell'acqua sul corpo, sul viso, sui vestiti. Dopo tutto quel tempo passato da reclusa in cella senza conoscere niente del mondo esterno trova qualsiasi esperienza all'aria aperta meravigliosa e accomodante. Si sente a suo agio, quasi benedetta dal poter avvertire determinate sensazioni quali, ad esempio, la brezza pungente che le solletica il viso. Ode la domanda dell'altro e va ad inclinare il capo verso la spalla sinistra, candidamente, con un movimento leggero ed aggraziato del viso, i ciuffi corvini a seguire quel moto scivolando lungo le spalle, la schiena, ondeggiando nel nulla al di sotto della copertura fornita dall'ombrello. <No. Pensavo ti fossi perso> risponde semplicemente lei sbattendo lentamente le ciglia, ingenuamente, dinnanzi agli occhi. <Eri fermo a prendere la pioggia, ho pensato avessi bisogno d'aiuto> chiarisce, poco dopo, fermando dunque il suo dire per poi muovere un paio di passi nella direzione altrui e trovar riparo a sua volta al di sotto della tettoia richiudendo l'ombrello di carta. Lo abbasserebbe, chiuso, con la punta a poggiar contro il terreno e le gocce d'acqua a scivolare lungo la sua forma per finire al suolo. <Sembra che non piaccia a molti la pioggia. Quando arriva tutti fuggono via> osserva la ragazza schiudendo le labbra poco dopo, puntando lo sguardo dinnanzi a sè, verso la via, notando quanto essa sia vuota e silenziosa. Solo lo scroscio dell'acqua che cade dall'alto interrompe e confonde le note vibrate dalle sue corde vocali. <Io la trovo meravigliosa> aggiunge, poco dopo, distendendo le labbra verso l'esterno in un sorriso spontaneo, genuino, la mancina a flettersi appena dinnanzi a sè oltre la tettoia così da lasciar modo a qualche goccia fredda di cadere non più sul fangoso terreno sotto i loro piedi, bensì sul palmo della mano lasciato disteso verso l'alto.

16:55 Itsuki:
  [Centro Kusa] Fosse per lui, potrebbe anche rimanere li e guardarla perplesso, a lungo, cercando un vero e proprio motivo per il quale le stia parlando, visto che secondo Itsuki ogni evento o decisione è conseguenza di un fattore logico e ben ponderato, dove almeno una delle due parti ci guadagna (?) . Insomma, non è un tipo che fa niente per niente, tanto che ora come ora potrebbe anche star immaginando che lei lo stia seguendo, per chissà quale motivo, ma fortunatamente non è ne paranoico ne ansioso, solo sin troppo rimuginante e pensieroso, si pone domande dal calibro troppo grande ai quali manco i Kage saprebbero risponde, eppure lui sta lì e si arrovella, a costo di surriscaldarsi il cervello. Questi lunghissimi istanti trascorrono brevi nella mente del Moro che sistematosi i capelli quindi riaprirebbe gli occhi che aveva socchiuso appena, quei gesti sono naturali quanto meccanici e automatici, la coda se la fa fin troppe volte, per quanto possa sembrare strano, li lascia sciolti solo quando sà che non ha nulla da fare, di solito li lega anche quando piove, ma tanto era l'arrovellarsi di oggi che manco si era accorto della pioggia stessa, come già abbiamo detto < Mh, capisco, ti ringrazio. > direbbe lui senza ulteriori indugi, senza però manco un minimo cenno ti sorriso ne una particolare espressione, piatto come una staccionata insomma, solo le guance si sollevano in maniera quasi impercettibile, delle fossette che sono più un miraggio che altro, poi nulla di più e nulla di meno. Fidatevi, è già tanto quel "qualcosa" che ha rivolto a lei. Non è che è scontroso o che altro, appunton el suo tono così come non c'è espressione positiva nnon vi è manco un'espressione negativa, atono semplicemente senza una particolare inflessione, la dritta ancora lungo il fianco, lascia che il libro si chiuda ritirando l'indice, mentre la mancina si infila in tasca ai pantaloni, lei invece, pare apprezzare sin troppo quello scrosciar dal cielo, tanto che con la sua di mano andrebbe ad accoglierla, sentirla, viverla. Lui invece, il quale avrà avuto si il suo passato per nulla rose e fiori, ma la prigioina fisica non la conosce, semplicemente andrebbe a dire < Non è tanto la pioggia che non mi piace, è affascinante da vedere, come colpisce ogni dove senza essere in nessun luogo preciso. > indicherebbe il cielo con l'indice della mano che regge il libro, alzando appena i rossi occhi verso il cielo e quindi verso la tettoia sopra di loro, continuando < È l'umidità la parte fastidiosa, tende ad arricciarmi i capelli e da quella non è facile ripararsi tanto quanto dalla pioggia. > e quindi si concederebbe lunghi attimi di riflessione, quasi come se ogni volta che lui - o qualcun'altro - vada a completare una frase, lui ci si debba soffermare più del dovuto come se avesse fatto una scoperta o come se avesse carpito qualcosa di nuovo dal suo interlocutore. Il tutto avviene con una rapidità analitica che non lascia passare manco una manciata di secondi nella testa di lui, il quale andrebbe semplicemente a portare lo sguardo sulla mano di lei che assapora tattilmente il fenomeno atmosferico < Meravigliosa per me è troppo, ma te lo concedo, dopotutto non a tutti aggradano le stesse cose, per fortuna. > direbbe lui tornando quindi con le rosse sui di lei bicromi, incrociati per cortesia ogni tanto, ma generalmenet comunque incontrati poche volte dai suoi rossi che spesso divagano < Quindi sarebbe in giro solo per godersi la pioggia, di grazia? > a volte sin troppo educato e formale, quasi fosse un'automa al quale gli hanno impiantato determinate cose alle quali si aggrappa disperatamente ogni giorno, cercando di assorbire quanto più possibile - e nella sua a volte contorta maniera - dal mondo e la vita che lo circonda.

17:20 Haran:
 Osserva il modo in cui le goccioline vadano a precipitare da altezze inimmaginabili per poi schiantarsi al suolo. Osserva come tutto paia più scuro tutt'attorno quando le nuvole coprono del tutto la tondeggiante forma luminosa del sole. Osserva il modo in cui piccole pozzanghere si formano per strada scosse e stuzzicate continuamente dall'incedere violento della pioggia su di esse. Cerchi concentrici che, senza sosta, si ripetono, mischiano e confondono in una danza perpetua e senza fine. La voce di Itsuki giunge novella all'udito della Uchiha che, ritirando la mano al di qua dell'ombra fornita dalla tettoia, ruota il capo in direzione dell'altro puntando le iridi bicromatiche su quei lineamenti gentili, delicati, quasi femminili del suo viso. <Oh> chiosa semplicemente schiudendo le labbra quando avverte la rivelazione altrui circa il motivo per cui non ama particolarmente la pioggia. <E' l'idea del disordine, dunque, a non piacerti> osserva lei, poco dopo, inclinando lievemente il viso, cercando di trarre da lui qualche nuova informazione, di capire e comprendere la persona che ha di fronte. Un po' come accaduto con Hitachi, un po' come accaduto con Kioshi in quel loro incontro nella foresta di qualche giorno prima. Cercare di capire i suoi pensieri, i suoi punti di vista. <Hai un bel viso, comunque. Penso che nemmeno dei brutti capelli potrebbero farti avere una brutta cera> osserva quindi lei, poco dopo, dopo aver attentamente ed accuratamente osservato il suo viso, i suoi lineamenti, la forma degli occhi cremisi che brillano in quell'ovale praticamente perfetto. Il silenzio calerebbe nuovamente fra loro, la pace andrebbe a scivolare fra le due figure mentre solo il suono della pioggia strazierebbe quell'attimo con il suo scrosciare continuo e naturale. Un soffio di vento fischia di tanto in tanto per pochi secondi mentre un tuono roboante risuona d'improvviso in distanza, ruggendo. Ogni cosa si rischiara e si tinge di un bianco perfetto e assoluto per un attimo soltanto prima di tornare alla solita luminosità di sempre. Ode il suo dire, la sua voce, andando poi a notare come questa volta il ragazzo porti le proprie iridi ad incontrare quelle di lei. Uno sguardo breve, di un attimo, che li unisce in un contatto visivo deciso. <Desideravo non sentirmi sola> ammette e confessa lei senza il minimo imbarazzo, la minima esitazione. <Il silenzio che c'è in una casa vuota è assordante. Volevo fuggirne> continua lei con tono pacato, cortese, morbido, espirando leggermente nuova aria per poi schiudere e smuovere una volta ancora le labbra carnose. <E tu? Cercavi qualcosa?> [Scusa il ritardo ma mi hanno trattenuta al telefono ç_ç]

17:40 Itsuki:
  [Centro Kusa] Forse quella ragazza sta scrutando nella maniera più azzeccata possibile Itsuki all'interno. Esattamente, in pochi lo capiscono e lui manco se lo ammette, ma il suo apparire e il suo modo di fare elitario sono retaggi e sinonimi di cose che probabilmente nemmeno lui vuole ricordare, tanto che si incupirebbe appena per qualche istante, senza che il volto si rabbui ma lasciando solo che quelle sopracciglia sottili il giusto si inaspriscano < Diciamo che ho imparato ad essere meticoloso. > e concluderebbe lì il suo dire mantenendo gli occhi in un punto imprecisato, insomma, non sarà oggi che parlerà del suo passato, ne oggi ne nei prossimi giorni, però prima o poi qualcuno, qualcosa, forse lo scoprirà. Poi eccolo che sovraggiunge quel velato complimento che lei gli elargisce con tutta onestà, lui appena appena trasale trà sè e sè, non per il complimento in sè ma per la consapevolezza di non essere quasi in grado di ricambiare, non sa essere effettivamente quella che si definirebbe una persona normale, quindi gli occhi dapprima puntati in un punto cieco andrebbero spostandosi in quell'impercettibile trasalire, volge il capo di lato e quindi i suoi rosso sangue andrebbero specchiandosi nei suoi bicromi, il viso di lei è tutt'altro che disdicevole, anzi, pare contenere quel bianco loto e quella rossa rosa come se fosse un quadro, un dipinto, perfetto così com'è senza dover aggiungere nulla, e guai insomma a chi rovina l'arte, di certo Itsuki non è uno dai cattivi gusti - in general parlando - e se vuole, sa fare un complimento, gli esce si spontaneo, non è l'impedimento verbale, tanto più le precise parole che non saprebbe usare, eppure questa volta, sembra capace di superare se stesso < Anche il tuo viso è decisamente grazioso ed i tuoi occhi sono... Affascinanti. > una brevissima pausa nell'andare a ripescare quella parola che avrebbe elargito anche nei confronti del clima di oggi, con un preciso motivo, andando quindi a rimarcare < Più della pioggia stessa. > e qui un flebile quando raro sorriso andrebbe a flettere appena gli angoli delle labbra di lui, mentre gli occhi si assotigliano appena appena, per quanto traspaia poca felicità da quell'espressione, non è colpa sua, sa come si sorride, sa cosa vuol dire essere felici, ma è sempre stato più che onesto con se stesso, e di felicità lui ancora non ne ha trovata. Piccoli momenti di silenzio, dove la pioggia, per quanto delicata, andrebbe a riempire il silenzio con il suo violento scrosciare, poi un fragoroso tuono schiocca più in là andando ad illuminare per qualche istante il cielo, lasciandoli poi nuovamente lì sotto la tettoia, in preda al silenzio, quello dal quale, lei è scappata, stando a quanto gli ha appena detto < Capisco, però insomma, io ho imparato a star da solo col tempo e nella mia solitudine riesco a compiere di tutto. > certo, hai tempo per te stesso, forse fin troppo tempo per te stesso, ma ti rendi conto che effettivamente interagisci soltanto con libri e pergamene? O comunque solo e soltanto con un qualcosa che possa infine darti un'insegnamento, morale o pratico che sia, possibile che non sai semplicemente vivere la tua vita nella normalità? No, non ne è capace e non è manco del tutto colpa sua, anche perchè effettivamente non se ne rende nemmeno propriamente conto, per lui è la norma, ma per gli altri la sua norma sarebbe semplice assurdità < Io cercavo una risposta. > una lunga pausa, si sofferma con lo sguardo che nuovamente si punta per terra in un punto impreciso dove le gocce battono con dei piccoli cerchi concentrici li dove vi sarebbero piccole pozzanghere, dopodichè < Voglio diventare sul serio un Ninja? Intendo: dopo non si può certo tornare indietro. > quella domanda comporta un'infinità di sub-questioni del quale abbiamo più o meno parlato all'inizio, ora come ora si concede semplicità nel domandare, gli mancherebbe poco per il suo percorso accademico, per quanto si sia preso una lauta pausa... Chissà, magari dovrà ricomicniare un nuovo ciclo, magari no, solo che tutt'ora non ha trovato particolar motivo per decidersi a diventare un Ninja, certo, sete di conoscenza a parte. Eppure, l'unica cosa di cui è certo riguardo a quella sete di conoscenza, è che se un giorno si affiderà ciecamente a questa e questa soltanto, allora finirà accecato alla ricerca di una meta da molti agognata.

18:04 Haran:
 Quante cose si possono capire, scoprire di una persona da una conversazione così breve, casuale? Sarebbe mai possibile riuscire a dire di conoscere qualcuno semplicemente dopo poche parole, qualche sguardo? No. Probabilmente no. Eppure... eppure Akira più guarda il viso di Itsuki più sente di non vedere cattiveria o crudeltà nel suo sguardo. Più lascia posare le iridi bicromatiche su quei lineamenti gentili più le par di vedere in quegli occhi rossi una stanchezza antica. Paiono quasi spenti, atoni, eppure ancora vivi. Forse hanno visto tanto, troppo, ma ancora combattono, ancora brillano per pur desiderio di vedere ancora. E ne rimane colpita, incuriosita, affascinata al punto da rimanere lì nonostante la conversazione potrebbe apparir morta, conclusa. Rimane lì accanto, ascolta, osserva e quand'ode quel complimento venirle indirizzato si ritrova a schiudere morbidamente le labbra. Le iridi si dilatano appena, le pupille si restringono ed un dito della destrorsa andrebbe a levarsi verso i capelli che scivolano lucidi lungo le spalle. L'indice, affusolato, andrebbe ad afferrare una sottile ciocca fino a rigirarsela attorno, morbidamente. Abbassa appena il capo, rifugge candidamente lo sguardo quasi come colpita in pieno viso da quelle parole cortesi, incapace di sostenere ancora quello sguardo o quel lieve gentile sorriso appena mostrato. <Ti ringrazio> mormorerebbe lei con cortesia, timidamente, apparendo quasi in difficoltà a quel dire. Una venatura di tristezza a sfumare la sua voce cristallina mentre pensa a quanto quei suoi lineamenti neppure le appartengano davvero. Ogni giorno che passa le sembra di averli semplicemente strappati via a Katsumi, le pare di non avere una propria identità per via di quel volto che la etichetta ovunque vada come una parte di lui. <Eppure vorrei così tanto fossero diversi...> ammette lei con un piccolo sospiro abbassando ora lo sguardo, lasciando andare quella ciocca leggermente arricciata per poi riabbassare la mano. Vorrebbe poter sentire di essere semplicemente se stessa, vorrebbe abbandonare definitivamente le spoglie di k-21 per limitarsi ad essere Akira. Sprofonda in questi tristi pensieri mentre il silenzio li accoglie e poi rialza il capo, poco dopo, nell'udire la voce di lui andare a parlare di sé, della propria solitudine. Un nuovo piccolo pezzo di Itsuki che Akira accoglie e protegge gelosamente. Il viso si rialza, lo sguardo lo ricerca e le labbra si schiudono morbide sul viso. <Riuscire a saper stare da soli vuol dire che dovremmo esserlo?> domanda lei morbidamente, ricercando nei di lui occhi una risposta. Non è supponente nel tono, nè provocatoria. Ingenua, sincera, ricerca un suo parere a quella sua domanda. <Sono stata sola per molto tempo, prima. Ho imparato ad allenarmi, a studiare, a muovermi per il Villaggio ed anche fuori> spiega lei tranquilla con voce bassa, leggera, sufficiente per essere udita, non abbastanza per crear fastidio. <Ma trovo che fare queste cose insieme a qualcuno sia più bello.> ammette, poco dopo, abbozzando un piccolo sorriso cordiale. <Tu no?> domanderebbe, quindi, inclinando il capo verso sinistra per poi udire quanto detto dall'altro circa la sua presenza in quel luogo, in quel momento. Akira ascolta, salva le sue parole nella propria memoria per poi ritrovarsi a distogliere lo sguardo e puntarlo nuovamente verso la pioggia scrosciante. <Mhn. Non so aiutarti, in questo...> ammette lei, recalcitrante, con fare mesto. <Io sono stata allenata ad esserlo, ho studiato, ho imparato. Ma non mi sono mai chiesta se lo volessi oppure no> rivela con fare semplice osservando un tenue raggio di luce filtrato per un istante attraverso uno spiraglio fra le nubi scure. <Eppure ormai lo sono, e non saprei non esserlo> Non saprebbe più ragionare in un'ottica diversa, un'ottica che non le imponga di vedere nel prossimo una minaccia da estirpare, nei suoi occhi un potere da far sviluppare per potersi sentire al sicuro nel mondo.

18:24 Itsuki:
  [Centro Kusa] Chiacchiere, a volte delle semplici chiacchiere possono sfociare in conversazioni costruttive e atte a migliorare se stessi, già, pare proprio una di queste tale conversazione che effettivamente per quanto possa sembrare blanda sta concedendo ai due di svelarsi a vicenda. Passano lunghi attimi nei quali i suoi occhi si perdono, davanti a quelli scorrono immagini che spesso e volentieri ha seppellito, lo tormentanto quasi ogni giorno ma ha imparato oramai a conviversi, chiunque ha i prorpi scheletri nell'armadio e lo stesso deve valere per la giovane Akira, la quale non pare tanto contenta dei proprio occhi, per quanto per nulla diniega quel complimento, quelli Rossi di Itsuki si perderebbero per qualche istante nel suo giochicchiare con la ciocca, una volta, quand'era piccolo lo faceva anche lui, ma quello - come tanti altri - era un gesto disdicevole, a sua madre non aggradava. "Madre". Quasi basterebbe il solo pensare alla parola per farlo sussultare, ma ormai dopo diciotto inverni, ha imparato a metter da parte l'inutile nei momenti meno consoni, e per inutile intende quel passato che ad andare avanti non lo aiuterà di certo < Mh, spesso quello che non piace a noi del nostro corpo è fonte di apprezzamento per altri. > a volte potrebbe risultare fastidioso il suo schematico parlare, come se fosse un'enciclopedia o un computer che è stato interrogato sul momento, ma sarà il furioso analizzare e apprendere che l'ha portato ad essere effettivamente una sorta di automa, eppure effettivamente, come lei pare abbia percepito, per quanto spento e vuoto possa apparire all'esterno, dentro arde e vive, seppur a modo suo. Poi si sofferma per lunghi istanti quando lei andrebbe a porgergli quella domanda sulla solitudine, lui pensa per se stesso spesso e volentieri ma da quel che ha letto e visto, esistono infinite altre possibilità, esistono le famiglie e le semplici amicizie, quindi essere solì sembra una cosa abbastanza difficile, eppure < Imparando a stare da solo, se mai ti abbandoneranno non sofffrirai. > esordisce così nel suo dire con una voce che alla fine va quasi spezzandosi, ma in fretta riprenderebbe < Mi riferisco più che altro al campo di battaglia, insomma, può capitare di essere separati dalla squadra, a quel punto? Tantopiù il tempo trascorso ad allenarsi da solo, tantopiù le probabilità di sopravvivenza... Certo c'è il rischio di peccare nell'affinità di squadrà, ma ritengo che la sopravvivenza del singolo abbia la priorità. > si ferma, dopo questo breve spiegone non va a dire nulla di più e nulla di meno, pensa a quanto ha appena detto e se ne convince, per quanto vi sia una piccolissima parte nella sua testa che gli suggerisce che in fondo sbaglia, una parte sì piccola ma comunque capace di fargli dire una cosa simile < Visto? Non credo di aver la mentalità adatta per fare il Ninja. > o forse non hai i giusti supporti? Forse non hai chi ti possa spalleggiare e indirizzarti sulla retta via, perchè si sà, è facile iniziare da Ninja e - senza un mentore che ti faccia comprendere i giusti valori - e finire da criminale se non peggio. Non è tanto il ruolo che potrebbe occupare un giorno che lo preoccupa, è più la consapevolezza di essere assetato di conoscenza tanto da cedere anche all'oscuro, senza manco troppi convenevoli, insomma, probabilmente farebbe di tutto per avere di più, senza troppi giri di parole. È forse questo il comportamento adatto a qualcuno che promette di proteggere il Villaggio? No di certo, però lui ha possibilità di scegliere, ora, per quanto è consapevole di non averne davanti ad una sin troppo allettante fonte di conoscenza e potere, lui ora puà scegliere. Lei no, non ha potuto scegliere < Non posso giudicarti come Kunoichi ma mi sembri fiera di esserlo. Eppure ti chiedi mai: se fosse andata diversamente? > già, potrebbe arrendersi a quella carriera e decidere un giorno di svegliarsi ed aprire una libreria per esempio, massì, perchè no? No, ricorda sin troppo bene cosa ha fatto e quello, cari miei, è tutto fuorchè qualcosa che si possa attribuire a una persona normale, senza spirito combattivo e attinenza a fare lo Shinobi. È complicato ragazzi, quel moro da strapazzo ha la testa che viaggia alla velocità della luce e sin troppe volte rischia di andare in tilt.

18:51 Haran:
 Non è la prima volta che qualcuno le fa un complimento, che qualcuno le dice d'esser graziosa o carina. In verità ha sentito quelle parole già da Hitachi e da Koichi ancor prima di lui. Adesso anche questo ragazzo senza nome gliele ripete e lei non può far altro che accogliere con cortesia quel complimento senza sapere come doversi sentire in proposito. Dovrebbe essere felice, no, di esser giudicata graziosa? Eppure... perchè fa così male al petto pensare che il proprio aspetto così piacevole dipenda semplicemente dal suo essere una pallida imitazione di qualcun altro? E' forse strano che lei si faccia tutti questi problemi? E' forse strana ad attaccarsi così duramente per questo? Non lo sa, non lo comprende. Dopotutto sta ancora imparando a destreggiarsi fra sentimenti ed emozioni, lei. <A volte questo corpo non lo sento davvero mio...> sospira lei con un piccolo sbuffo in risposta all'altrui dire prima di scuotere appena il capo e cercare di scacciare dalla sua mente questo pensiero. No, non vuole rattristarsi ora, non per questo. Non così. Va a lasciar modo al giovane di proseguire nel suo discorso, nel suo dire ed ascolta in religioso silenzio ogni parola mentre la pioggia prosegue nel suo incessante scrosciare. Un altro tuono rugge distante, un nuovo fulmine abbaglia ogni cosa in una frazione di secondo. Tutto muta eppure rimane sempre lo stesso mentre la voce di Itsuki diviene guida e sottofondo dei pensieri dell'Uchiha. Akira memorizza il suo dire, comprende il suo pensiero, eppure ugualmente non riesce a smettere di pensare che ha già conosciuto la sufficienza abbastanza. Adesso, lei, desidera conoscere l'affetto. L'amore. La compagnia. Hitachi le ha donato uno scorcio di tutto questo, ha fatto vibrare il suo cuore, la sua anima, ha acceso emozioni che non avrebbe mai creduto reali, eppure anche lui par essere svanito ormai lasciando nel suo petto il timore di poterlo perdere da un momento all'altro. <Non credo che un ninja debba avere una mentalità precisa... ce ne sono tanti tutti diversi> inizia col dire lei puntando lo sguardo sulle proprie mani. <Io non ho uno scopo nella vita. Combatto perchè mi è stato detto di obbedire alle missioni che mi vengono affidate. Ma non m'importa molto di queste> ammette lei un po' tristemente come se si vergognasse di quella imbarazzante e colpevole verità. <Questo mi rende inadata?> domanderebbe dunque voltandosi verso di lui, quasi preoccupata della sua risposta. <Mi rende cattiva?> aggiunge, poco dopo, aggrottando le sopracciglia con espressione timorosa. <Mi chiedo molte cose, tutto il tempo> sospira lei stancamente, abbassando lo sguardo. <A volte temo di pensare troppo> Un sorrisetto amaro, pungente, ad increspare quelle labbra morbide con fare quasi ironico.

13:37 Haran:
 Non è la prima volta che qualcuno le fa un complimento, che qualcuno le dice d'esser graziosa o carina. In verità ha sentito quelle parole già da Hitachi e da Koichi ancor prima di lui. Adesso anche questo ragazzo senza nome gliele ripete e lei non può far altro che accogliere con cortesia quel complimento senza sapere come doversi sentire in proposito. Dovrebbe essere felice, no, di esser giudicata graziosa? Eppure... perchè fa così male al petto pensare che il proprio aspetto così piacevole dipenda semplicemente dal suo essere una pallida imitazione di qualcun altro? E' forse strano che lei si faccia tutti questi problemi? E' forse strana ad attaccarsi così duramente per questo? Non lo sa, non lo comprende. Dopotutto sta ancora imparando a destreggiarsi fra sentimenti ed emozioni, lei. <A volte questo corpo non lo sento davvero mio...> sospira lei con un piccolo sbuffo in risposta all'altrui dire prima di scuotere appena il capo e cercare di scacciare dalla sua mente questo pensiero. No, non vuole rattristarsi ora, non per questo. Non così. Va a lasciar modo al giovane di proseguire nel suo discorso, nel suo dire ed ascolta in religioso silenzio ogni parola mentre la pioggia prosegue nel suo incessante scrosciare. Un altro tuono rugge distante, un nuovo fulmine abbaglia ogni cosa in una frazione di secondo. Tutto muta eppure rimane sempre lo stesso mentre la voce di Itsuki diviene guida e sottofondo dei pensieri dell'Uchiha. Akira memorizza il suo dire, comprende il suo pensiero, eppure ugualmente non riesce a smettere di pensare che ha già conosciuto la sufficienza abbastanza. Adesso, lei, desidera conoscere l'affetto. L'amore. La compagnia. Hitachi le ha donato uno scorcio di tutto questo, ha fatto vibrare il suo cuore, la sua anima, ha acceso emozioni che non avrebbe mai creduto reali, eppure anche lui par essere svanito ormai lasciando nel suo petto il timore di poterlo perdere da un momento all'altro. <Non credo che un ninja debba avere una mentalità precisa... ce ne sono tanti tutti diversi> inizia col dire lei puntando lo sguardo sulle proprie mani. <Io non ho uno scopo nella vita. Combatto perchè mi è stato detto di obbedire alle missioni che mi vengono affidate. Ma non m'importa molto di queste> ammette lei un po' tristemente come se si vergognasse di quella imbarazzante e colpevole verità. <Questo mi rende inadata?> domanderebbe dunque voltandosi verso di lui, quasi preoccupata della sua risposta. <Mi rende cattiva?> aggiunge, poco dopo, aggrottando le sopracciglia con espressione timorosa. <Mi chiedo molte cose, tutto il tempo> sospira lei stancamente, abbassando lo sguardo. <A volte temo di pensare troppo> Un sorrisetto amaro, pungente, ad increspare quelle labbra morbide con fare quasi ironico.

14:01 Itsuki:
  [Centro Kusa] Un breve, lento e sommesso, sospiro. Il petto si solleva appena e dal suo naso esala un pochino d'aria che spira via nel vento così come quel suo gesto di poco conto, non sa manco lui di preciso il perchè di quel sospirare, è come se avesse messo un punto a quel paragrafo della loro conversazione sino ad ora, una brevissima pausa per concedersi il lusso di comprendere effettivamente dov'è, con chi sta parlando, cosa sta facendo di preciso, perchè e per come. Insomma, cose del tutto futili ma che ogni tanto nella sua mente devono scorrere così come se dovesse registrare dei dati, come se ogni tot tempo dovesse catalogare le informazioni ottenute sin'ora, si, a volte sembra tutto fuorchè umano, come lo sguardo vuoto che senza nemmeno accorgersi avrebbe mantenuto per pochi istanti, il quale ora svanisce senza lasciar traccia su quel suo viso che torna perlopiù piatto < Scusami, ero sovrappensiero. > ma comunque ha ben sentito quello che le ha detto Akira lì di fianco, la guarderebbe di nuovo, ora in tutta la sua interezza da capo a piedi, analizzandone in maniera forse morbosa ogni singolo centimetro e dettaglio, non in maniera maniacale bensì in maniera attenta e profonda, quasi come se con quegli occhi suoi rossi potrebbe vederle attraverso - no, non i vestiti. - e quindi scoprire qualcosa di più su quella interlocutrice che tanto sembri comprenderlo, seppur conosciutisi da così poco < Ormai però lo è, direi che ti calza a pennello, inoltre, no vorrai deludere le aspettative di questo corpo? > direbbe lui con un'altro di quei più che flebili sorrisi, più rari dei doppi arcobaleni (?), andando più o meno a far dell'ironia verso la fine della frase, ironia che per Itsuki sta come il cemento nel latte (?), ma alla quale comunque ora più o meno inconsapevolmente si abbandonerebbe, senza poter immaginare il passato di ella ma mettendola piuttosto sul piano... Meccanico insomma, sì, come se fosse effettivamente stata inserita una coscienza in quel corpo, con esperimenti. Il chè potrebbe essere anche così, ma dopotutto, lui cosa ne può sapere? Nulla, suppone e perlopiù scherza, per quante siano le sue conoscenze alcune cose vanno ben oltre la sua comprensione o la sua realtà, dopotutto è solo un misero Deshi. Passano altri istanti e lei gli rivela dell'altro, lui ascolta puntano lo sguardo di nuovo a terra per lunghi secondi, rimuginando su quanto la mora le ha detto per poi rispondere di rimando < Al contrario, ti rende sin troppo adatta. > una breve pausa, e la guarda con uno sguardo quasi severo, smuove appena le spalle per l'indolenzimento del restar fermo lì così in piedi e poi andrebbe poggiandosi al muro dietro di lui, con le sole spalle, lasciando che la gravità lo accompagni lì su quella superficie riparata dalla tettoia < Sei praticamente al pari di una macchina, ed una macchina non si pone domande, non si fa scrupoli, non ha dubbi, esegue gli ordini e basta. > farebbe qualche lungo istante di pausa per puntare gli occhi verso il cielo il quale ancora è velato dalle nubi e ogni tanto vien squarciato dai lampi che lo illuminano qua e là < Non sei in errore, solo che non sei nemmeno in errore quando pensi e rifletti, non sempre gli ordini sono congrui o giusti, potrai doverlo eseguire comunque, ma dentro di te devi sapere quali sono i tuoi pensieri a riguardo. > sembra un discorso complesso e articolato, tantopiù per uno come lui che ancora non è manco lontanamene un Ninja e non fa altro che leggere di romanzi e pergamene, di storie e avventure, ma che alla fine vorrebbe racchiudere il tutto in < Il pensare ci rende vivi, ci rende diversi, così come esistono diversi Ninja, esistono diversi percorsi, diversi poteri, diversi obbiettivi. Ma non smettere mai di pensare con la tua testa, altrimenti diventerai schiava di qualcuno senza nemmeno poter più agognare il tuo obbiettivo. > che poi lui abbia il suo personale obbiettivo fatiscente e lei magari sia ben più chiara e convinta delle proprie intenzioni, del proprio futuro, quello è un'altro discorso, per ora si frappongono lunghi istanti di silenzio, al fine del parlare schiocca la lingua sul palato di lui che poi andrebbe passandone appena la punta tra le labbra, un movimento quasi impercettible, prima di concludere con un < Ah, a volte parlo veramente troppo... > forse dovresti incominciare a fumare, ah, lo fai già, ma quella è comunque un'altra storia.

14:27 Haran:
 Akira si stringe appena nelle spalle andando a scuotere di poco il capo al dire altrui. Nulla di cui egli debba scusarsi, nulla che abbia trovato scortese o problematico dal canto suo. Si ritrova semplicemente a non replicare quel suo dire andando ad osservarlo in silenzio, notando come anche lui, a sua volta, stia percorrendo la di lei figura col proprio sguardo, con quelle iridi sanguigne che le paiono così tanto familiari. Sarà che uno dei suoi occhi è sfumato della stessa tonalità di rosso? O che il rosso sia il colore dello Sharingan? Non lo sa, non saprebbe dirlo, ma sente che quello sguardo la fa sentire decisamente tranquilla, a suo agio. Ode quel suo dire, quel suo tentativo di scherzare per alleviare la tensione che palesemente grava sulle spalle della genin e smuove di poco le labbra per distenderle verso l'esterno in un piccolo sorriso appena accennato. Timido, gentile, quasi il riflesso di quello appena abbozzato dall'altro. <Aspettative?> domanderebbe lei non capendo alla perfezione il suo dire. Innocente, ingenua, ancora ignara di molte sfumature della realtà che la circonda e, soprattutto, della civiltà che la vive. Inclina leggermente il capo, non smuove lo sguardo dalla figura di Itsuki, neppure quando un tuono rugge non troppo lontano da loro andando a far smuovere i vetri delle finestre delle costruzioni circostanti. Un sottofondo caotico e naturale che non la spaventa, non la disturba, non distoglie la di lei attenzione dalla voce e dal viso di Itsuki. Gli rivela e mostra piccoli pezzi di sé, piccole parti dei propri pensieri ed esterna riflessioni che fino a quel momento non ha avuto modo di mostrare a nessun altro. Gli pone i propri dubbi e lascia quindi modo al ragazzo di dire la sua in risposta al proprio dire. Ascolta silente le sue parole, i suoi pensieri, andando a riflettere attentamente su quanto le viene riferito. Lei sarebbe come una macchina? E' senza scrupoli? Ci pensa. Ha provato molte cose da quando è stata liberata e spesso ha provato sentimenti di vicinanza verso diverse persone. Persone che, in qualche modo, sentiva a sè simile o che avevano aperto una sorta di collegamento con la sua mente. Molte altre, invece, ha guardato con distacco ed indifferenza il prossimo senza reale interesse verso ciò che accadeva nelle vite di altri. Li ha guardati dall'altra parte di un cancello senza porta, come se fossero a lei totalmente estranei. Anche durante la missione che ha svolto con Hitachi non si è scoperta preoccupata per l'uomo che stava venendo picchiato. Ha fermato i suoi molestatori perchè questo le è stato ordinato di fare, perchè la sua missione lo richiedeva. Se fosse passata per caso di lì, in vesti di Akira e non di kunoichi, sarebbe egualmente intervenuta? Non lo sa. Sinceramente, non lo sa. Abbassa appena il capo sospirando, riflettendo, chiedendosi se non siano sbagliati questi suoi pensieri. <Come faccio a sapere quali siano i miei pensieri? Se quello che faccio dipende da quanto mi è stato ordinato di fare o da quanto io ritengo giusto?> domanda lei allora, persa, confusa, sollevando lo sguardo verso di lui. <A volte mi sembra come se le due cose siano uguali. Altre volte c'è un netto confine fra ciò che voglio io e ciò che mi è stato detto di fare> Quando ha desiderato vedere Hitachi, abbracciarlo, baciarlo. Nessuno le ha detto che andasse fatto, semplicemente ha sentito sorgere dentro di sé quel bisogno. Ed ora...? Ed ora lui dov'è? Ricerca in Itsuki un aiuto, una risposta, ritrovandosi poi a fissarlo negli occhi con fare sereno. <Non mi dispiace.> Un sorriso viene quindi abbozzato, e le labbra distese di poco verso l'alto con fare spontaneo.

15:16 Itsuki:
  [Centro Kusa] Piega il collo di lato sentendo, con un piccolissimo brivido di gusto, lo schiocco di due o tre vertebre, la lunga coda pesante ondeggia a sua volta, calano un'attimo le palpebre su di quelle rosso sangue che poi si schiudono nuovamente, tornando nel piano reale dove quella pioggia non smette di scendere, incessante, batte il ritmo, tiene un tempo di sottofondo alla conversazione sempre più profonda e intrinseca dei due. Implicito poteva sembrar il dire di lui riguardo quelle aspettative, come se in fondo stesse alludendo proprio alle aspettative di Akira stessa, chissà, fattostà che a quanto pare la ragazza si chiude in lunghi attimi di riflessione, dove Itsuki volgerebbe appena lo sguardo, il viso sporto poco più del profilo verso di lei, la sinistra andrebbe a portare un sottile ciuffo dei corvini dietro l'orecchio con un gesto secco ma elegante, per nulla femmineo, tornando poi nella tasca, accompagnata dalla destra che poggerebbe il libro ora più o meno asciutto su un davanzale lì di fianco a lui, rimanendo così ad osservare lei nel sui dubbi, nei suoi più o meno lieti tormenti. Concluso il suo rapido quanto profondo meditare, la ragazza andrebbe schiudendosi nuovamente nei confronti di Itsuki, il quale andrebbe ad accogliere i suoi dubbi, socchiudendo infine gli occhi per concedersi qualche istante prima di dire quello che sta per dire < Fermati. Ascolta... la voce nella tua testa. > riapre di nuovo gli occhi e farebbe una lunga e profondissima pausa prima di darle quel consiglio che pare tanto effimero. Sarà un dire metaforico? Tu, Itsuki, tanto logico e pratico che ti ritrovi a parlare di voci nella testa? Un paio di secondi prima che il ragazzo riprenda a parlare riguardo a quanto ha appena introdotto con quel dire di poco fà < Prova a farlo quando riceverai un'ordine, fallo sempre. AScolta quello che vorresti fare tu e capirai cosa è giusto o sbagliato per te. > direbbe lui semplicemente quasi come se stesse spiegando una delle cose più ovvie del mondo, potrebbe sembrare strano come lui sia avvezzo a questo discorso, come se avesse effettivamente avuto un tutore o un mentore nella sua vita ad insegnargli perlomeno dei valori morale. Qualche altra manciata di secondi, un profondo sospiro che gli smuoverebbe quella cravatta appena, mentre lo sguardo volge ora nuovamente verso il cielo, come se stesse vedendo chissà quale verità o se stesse cercando qualcosa con il tono che si flette appena dal solito piatto andante verso un minimo di rammarico < Ma attenzione, comprendere ciò che vuoi non significa che tu possa ottenerlo, per ottenere quello che vuoi serve il potere e chi ordina spesso è più potente di chi esegue, però, comprendendo ciò che per te è giusto o sbagliato, potrai scusarti sinceramente prima di prendere una vita che non riterrai giusta prendere. > poi un'altra lunga e profonda pausa, per quando possa sembrare drammatica, lui sente quasi l'amaro in bocca, e di nuovo volgerebbe quindi lo sguardo verso terra per poi socchiudere gli occhi e concedersi qualche attimo per sè stesso, strizza in maniera più o meno visibile gli occhi, le tempie gli pulsano ma con un breve e secco scuotere del capo tornerebbe saldo come prima, composto per quando la sua posa sia rilassata su quel muro, vedendo quindi di concludere vagamente con un < E questo si applica alle vite altrui e via dicendo... > esce per qualche istante la dritta dalla tasca andando a compiere un gesto vago come ad indicare quel "via dicendo" appunto, prima di andare a fissare nuovamente lei negli occhi bicromi, concedendosi nuovamente un'espressione rilassata quando lei le dice che non le dispiace il suo lungo parlare, quindi andrebbe a dire semplicemente < Come a me non dispiace questa conversazione. > schietto e sincero, senza chissà quali particolari complimenti o quant'altro, Itsuki non è pratico di rimorchiare o quant'altro, anzi, quindi non pensate male, per quanto il suo certo fascino in un qualche modo lo ha.

15:41 Haran:
 La pioggia continua a scendere, le gocce a cadere dall'alto fino ad infrangersi contro mura, terra ed acqua. Le pozzanghere s'allargano man mano, i cerchi concentrici in esse si fanno più piccoli, più rapidi, fondendosi e mischiandosi ancora ed ancora in una danza senza fine. Akira, dal canto suo, permane ferma sotto quella tettoia al fianco del ragazzo dai lunghi capelli neri. L'ombrello che ormai si è andato asciugando, chiuso e poggiato con la punta al terreno, il kimono a smuoversi poco sulla sua pelle mentre la chioma corvina, per via di questo tempo, si fa più pesante e sottile. I capelli si fanno ancor più lisci del solito, si appiattiscono lungo la nuca, le spalle, la schiena, fermandosi all'altezza delle scapole. Crescono, loro, sempre di più. E così fa anche la stessa clone che ora, grazie ad Itsuki, compie un nuovo passo verso la vita vera. La aiuta a comprendere nuovi aspetti di questo mondo che lei non ha mai avuto modo di poter capire prima. L'aiuta a cercare di capire se stessa ancor prima che gli altri, tenta di aprirle gli occhi tramite consigli gentili e genuini. Akira ascolta in silenzio, attenta, cercando di far tesoro d'ogni consiglio ricevuto ed udito. Schiude le labbra, infine, smuovendole appena come petali d'un ciliegio rosato. <Mhn> un piccolo verso ad anteporsi al suo vero dire. <Ci proverò. Lo farò> annuirebbe Akira cercando di ricordarsi di questo suo consiglio. La prossima volta che qualcuno le avesse dato un ordine, semplicemente, si sarebbe presa qualche attimo di tempo per vagliarne la sostanza e capire se le va o meno di eseguirlo. Se sente di poterlo fare oppure no. Tuttavia prendere coscienza di quanto si vuole o non vuole fare non vuol dire essere liberi di farlo, anzi. Per un certo senso rendersi conto di cosa si desidera e cosa no è solo peggio: quanto male farebbe rendersi conto di essere contrari a qualcosa che si è obbligati a fare? Potrebbe mai disubbidire a quanto le vien imposto da Yukio? Lui è l'Hasukage e lei gli deve obbedienza dopotutto, no? Lui è anche famiglia per lei, non può rifiutare un suo ordine. Giusto? Troppe informazioni, troppe nozioni, troppo poco tempo per riuscire a capire davvero. <Perchè è tutto così complicato?> sospirerebbe lei, al termine degli avvertimenti di lui, ruotando ora corpo e viso verso la strada, verso quanto vi è al di fuori della tettoia che, in questo momento, li sta proteggendo dalla pioggia battente. Si sente, lei, come se non avesse abbastanza tempo nella sua vita per capire e comprendere ogni cosa. Come se fosse in ritardo di anni, come se avesse perduto troppo tempo rinchiusa a non conoscere nulla di quella realtà che la circonda. E, di base, è esattamente così. Odia sentirsi impreparata, odia sentirsi inadeguata. Vorrebbe sentirsi come chiunque altro, sentirsi pronta a vivere in quel mondo che proprio non comprende. Vorrebbe avere molti più anni a disposizione per potersi adeguare alla sua stessa vita, tutti quegli anni che non ha potuto ottenere fino a quel momento. Sospira piano, silenziosamente, prima di andare a rivolgere ad Itsuki il proprio sguardo, la propria attenzione. Le piace parlare con lui, le piace sapere cosa egli pensa. E, a quanto pare, anche lui stesso non par dispiacere quel momento. Akira va quindi abbozzando un piccolo sorriso prima di smuovere le rosee fra loro e far vibrare dalle labbra nuove brevi parole. <Spero ve ne saranno di nuove, in futuro> chiosa con voce gentile, delicata, tenendo lo sguardo fermo e sincero in quello di lui. <Per oggi temo di dover andare> aggiunge ruotando ora il capo verso la strada, verso la pioggia battente. Vuole tornare a casa, vuole vedere se Hitachi è tornato, riflettere e pensare su quanto le è stato appena detto dallo stesso Itsuki. Ha bisogno di un po' di tempo per sé, per capire, per ragionare. Ha bisogno di rientrare. Il volto vien nuovamente indirizzato verso quello di lui mentre le mani andrebbero ora a smuovere l'ombrello da terra puntandolo verso l'esterno. Un leggero movimento, una lieve pressione, ed ecco che esso andrebbe ad aprirsi. <Sono stata felice di incontrarti.> dice lei, sincera, spontanea, muovendo un paio di passi oltre la tettoia, al di sotto del proprio ombrello. <E ti ringrazio per avermi fatto capire tante cose.> aggiunge, poco dopo, soffermandosi al centro della strada con la pioggia a calare attorno a lei coprendola a tratti come sotto un velo biancastro. <Se mai dovessi aver bisogno di qualcosa o... volessi parlare ancora... cercami. Sono Akira Uchiha> E, donandogli quell'ultimo pezzo di sé, ecco che la clone andrebbe a voltar ora le spalle alla figura del deshi, volgendosi quindi verso la direzione dalla quale è arrivata. Lo saluta così, semplicemente, lasciandogli in dono il proprio nome. Lo lascia con una punta di rammarico e la viva speranza di rincontrarlo in futuro, di rivederlo ancora. [END]

16:26 Itsuki:
  [Centro Kusa] Si fondono i pensieri di lui con il ritmo incalzante della pioggia, mentre lei nel contempo è assopita nei propri pensieri, lui si lascia trasportare da un senso di conclusione, come se deve dare un'esito a quanto detto e compreso oggi, grazie sia alle proprie parole sia a quelle di Akira, entrambi, aprendosi a vicenda sono arrivati a nuovi livelli di cognizione personale, il chè non è cosa tanto scontata nelle conversazioni con gli estranei. Da quanto tempo permane in un limbo senza fine? Da quanto tempo effettivamente non si è dato da fare ma si è semplicemente concesso il gusto di apprendere, studiare, leggere ed analizzare ogni informazione che possa aver reperito sul mondo Ninja, sui Clan, le Tecniche, la Storia, tutto quello che può sapere solo e soltanto teoricamente ma che mai ha messo in pratica. Serve qualcosa che lo smuova, ci aveva provato, forse per l'ennesima volta, a frequentare nuovamente l'Accademia e concludere effetivamente il corso, ma nemmeno questa volta è andata come avrebbe dovuto, tanto che si ritrova lì sotto la pioggia con un mezzo titolo di Deshi affibbiato tanto perchè è registrato all'Accademia, mica per merito. Quindi cosa dovrebbe fare? Per cosa dovrebbe combattere? Per il Villaggio? È scontato che debba giurare fedeltà al suddetto, è quasi implicito, una volta indossato il coprifronte, il patto sugellato con Kusa o il proprio Villaggio d'appartenenza che sia. Ma se a lui del Villaggio non importa? O meglio, se fosse consapevole che una volta nel Mondo Ninja potrebbe discostarsi dall'ideale che gli viene imposto dalla società? Se dovesse diventare un criminale? È un male la sua fame insaziabile di conoscenza? Forse il mondo potrebbe non accettare il MOro così come non è stato accettato in passato, eppure lì fuori nel mondo, esisterà pur qualcosa per cui combattere oltre al semplice acculturamento maniacale personale. Tanto vale diventare un bibliotecario no? Qualcosa di simile gli basterebbe per quel che ne sappiamo, o forse no? Non lo sa manco lui, sul serio, forse ha bisogno di riaprirsi nuovamente al proprio passato riscoprendosi e comprendendosi meglio, ma no, non è ancora l'ora di aprire porte sigillate con fatica e da tempo lasciate lì così come sono. Un lampo nel cielo lo riporta alla realtà, seguirebbe la voce delicata di ella alla quale lui risponderebbe < È un'arma a doppio taglio, se così possiamo dire, ma ti permetterà di conoscerti meglio, per quanto possa essere complicato, conoscere se stessi è fondamentale.> posando quindi lo sguardo sanguigno sulla Uchiha, la quale di lì a poco vedrebbe di congedarsi. Chissà se lui si conosce così bene come predica. Solo ora il Deshi andrebbe a rendersi conto effettivamente del tempo passato, scostando quindi le spalle dal muro dandosi una piccola spinta in avanti per ergersi in piedi, andando a prendere il libro con la mano destra verso il quale si volta, per poi tornare verso la mora dagli occhi bicromi < Me lo auguro anche io, ti ringrazio per il lieto tempo trascorso assieme. > e quindi andrebbe riponendo il libro dalle modestre dimensioni nella tasca interna della giacca, andando a guardare il cielo che non accenna a smettere, storce appena il naso ma comunque mai chiederebbe di accompagnarlo giusto per l'ombrello, si muoverà di tettoia in tettoia, come suo solito, maledicendo e cercando di evitare quanto più possibile l'acqua e l'umidità annessa. A casa gli serviranno almeno due asciugamani, che palle. Comunque tornando al salutarsi dei due, lei lo ringrazia e quindi lui andrebbe a dire semplicemente < Figurati, penso che abbiamo imparato molto entrambi dalle nostre parole di quest'oggi. > e poi eccola che con quel suo Kimono e quel gesto leggero andrebbe ad aprire l'ombrello e a rivelargli quindi il suo nome, lui che stava ancora guardando la pioggia torna su di lei con un piccolo istante di curiosa sorpresa. Uchiha. Quel nome non può chiaramente non ricordargli qualcosa, certo, nelle sue letture, nelle sue storie e pergamene ha letto degli Uchiha, ne sà tanto quanto ne può sapere una persona normale, nulla di più e nulla di meno, però è abbastanza per far risuonare una corda di vibrante emozione culturale nei confronti della ragazza. Sì, è un ragazzo strano, ma nel contempo la trova bella, sul serio, non è che la vede solo come una serie di informazioni ora. Per il resto, lui cosa avrebbe da dire? Niente di particolare, anzi, un nome e niente di più < D'accordo, Akira, io sono Itsuki... > una breve e lunga pausa, chi ha mai detto che ha ognuno piaccia il proprio nome, sembra quasi un rimorso pronunciarlo ogni volta, come se ci fosse una nota malinconica di sottofondo, tanto che per la prima volta, a qualcuno, gli concederebbe qualcosa di raro < Ma puoi chiamarmi Ikki. > forse è meglio così, lo preferisce per una questione personale di cose che non staremo certo a rivelare ora, anche perchè appunto sarebbe il caso di tornare a casa prima che il tempo peggiori, giusto Ikki? Forse oggi ha fatto qualche passo avanti verso le interazioni sociali, forse ha imparato anche lui a guardarsi meglio dentro, il fatto è che deve mettersi alla prova, non può continuare a perdere tempo e ad accontentarsi di letture. Beh, a casa c'è comunque quella pergamena che aveva lasciato aperta sul tavolo della cucina... { END / Sorry ero al telefono }

Una giornata di pioggia può portare a molte cose.
Malinconia. Capelli crespi. Nuovi incontri.