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Una goccia dispersa nell'oceano

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con Haran, Koichi

22:11 Haran:
 Il temporale del pomeriggio è andato finalmente calmandosi lasciando dunque modo ad una serena notte di avvolgere l'Erba. Il cielo è nuvoloso, la luna bianca è coperta da banchi di nubi grige, eppure una brezza fredda, frizzante, spira da est. Non piove, non più, ma il tempo è ugualmente freddo e pungente e porta la piccola Akira a ricercar riparo. Si trova sola per le strade di Kusa a passeggiare immersa nella notte tanto amata. Avvolta dal favore delle tenebre, accompagnata dalla semplice eco dei suoi pensieri, percorre le vie del centro del Villaggio fino a ritrovarsi a notare coi propri occhi, una insegna che richiama alla mente qualcosa. "Se avessi bisogno d'urgenza, vai all'Anteiku, è una caffetteria, e ricerca il mio nome." Non è in pericolo, non ha bisogno d'aiuto, eppure si ritrova a leggere il nome della caffetteria dinnanzi a sé rimembrando quel recente incontro con fare semplice, sereno. Il clone indossa abiti semplici, nuovi, che le calzano comodi indosso. Un paio di pantaloncini neri le fasciano le cosce stringendo sulla forma delle stesse mentre poco sopra il ginocchio partono delle calze grige che vanno a modellare la forma delle sue gambe fino a perdersi dentro un paio di comodi stivaletti. Una canotta rossa, color del sangue, ricopre il di lei busto nascondendo le forme immature di quel seno piccolo, gentile, evidenziando il ventre piatto ed i fianchi morbidi. Le spalle sarebbero nude se non fosse per la presenza di una semplice felpa nera che, aperta, ricade lungo il busto e le braccia lasciando scoperte le dita soltanto. Il coprifronte di Otogakure donatole da Katsumi è legato attorno alla coscia sinistra mentre il collo è libero. I capelli neri sono pettinati e ordinati, ricadono in ciocche sottili ai lati del viso fino a giungere all'altezza delle scapole, del principio del petto. Crescono lentamente, poco per volta, man mano che passa il tempo. Le due iridi sono questa volta visibili, libere della coperture della benda bianca donatole da Katsumi, che ora riposa in un cassetto della sua nuova casa. Perfettamente in mostra, dunque, le iridi bicromatiche del clone: rossa la sinistra e bianca luminosa la destra, esattamente come sul volto dell'Uchiha di cui possiede lo stesso esatto corredo genetico. Ha impastato il chakra prima di recarsi lì, andando a comporre all'altezza del plesso solare il sigillo della Capra. Avrebbe richiamato il chakra andando a cercare di raccogliere all'altezza del capo le energie psichiche presenti nel suo corpo mentre, all'altezza dell'addome, avrebbe tentato di radunare le energie fisiche scaturite dai suoi muscoli, dalle sue ossa, dal suo nutrimento. Avrebbe tentato di raccogliere in due punti precisi queste forze e, una volta fatto, avrebbe tentato di far discendere ed ascendere tali energie al fine di far raggiungere loro il plesso solare. Qui avrebbe tentato, semplicemente, di polimerizzarle attraverso un moto rotatorio combinato che permettesse la loro fusione e la loro unione così da dar vita, infine, ad una unica e nuova energia: il chakra. Rimane a leggere e rileggere il nome del locale per vari istanti prima di stringersi appena nelle spalle e decidere di procedere. Muove le leve inferiori in una sequela di passi silenziosi fino a raggiungere la porta d'ingresso. Andrebbe a sospingerla accompagnando dunque a quel moto il suono d'un campanello d'argento che rivela la di lei presenza. Akira andrebbe a muovere uno, due, tre passi oltre la soglia lasciando richiudersi la porta alle spalle. Si guarderebbe attorno a labbra schiuse, colpita, incuriosita, osservando con le iridi bicromatiche i dettagli dell'architettura del posto. [Tentativo Impasto Chakra]

22:32 Koichi:
  [Anteiku.] Una camicia color pece che ne fascerebbe perfettamente il busto, delineando maggiormente quel corpo, risaltandone la fisionomia maschile; al di sopra un semplice gilet dello stesso color ed ancora sopra una giacca bianca, legata dinanzi da un paio di bottoni. Inferiormente, un pantalone elasticizzato che avvolgerebbe le leve inferiori, mantenendo quel color nero, del completo. Eccolo, in divisa, con quelle ciocche celesti, sua particolare caratteristica, che in modo ribelle si muoverebbero indipendenti, ad ogni movimento del capo d'egli. Arduo non notarlo, seppur sia stanzionato dietro il bancone dell'Anteiku, intenzionato a gestire qualche semplice ordine della sala, non del tutto colma a quest'ora. Pochi i clienti, quelli abituali, individui che vogliono dedicarsi al tempo libero, mentre sorseggiano un adorabile caffè o sue prossime evoluzioni. Fluidi movimenti che elegantemente andrebbero ad esser scanditi, librandosi dietro quella superficie lignea, come se fosse un semplice ballerino, muovendo ogni arto in modo tale da estremizzare l'efficacia di ogni movimento, con il minimo sforzo. Quasi uno spettacolo, implicito, che porterebbe al suo pubblico, a quegli sgabelli ora vuoti. Un sorriso appena accennato, una dentatura solo parzialmente visibile. Una forma di cortesia, un requisito necessario per far sì che il cliente che avrebbe dinanzi possa godere di una socievole figura, quale il Chuunin. Silente ora, mentre impegnato a lucidare alcuni contenitori vitrei e porli nel loro apposito spazio, sulle mensole alle proprie spalle. Un semplice panno nella mano destra e l'oggetto da lucidare nella gemella, strofinando con cura, affinché ogni alone venga rimosso ed il vetro possa tornare brillante, come nuovo. Minuziosa operazione, a cui potrebbe dedicarsi ogni qual volta che la mole di lavoro si abbasserebbe, in cui potrebbe rilassarsi in quel modo. Un brusio leggero delle parole colmerebbero l'aria circostante, componendo quasi una melodia di sottofondo: delicato, nessun rumore che possa stordire l'animo di chi entra ed, in tale caso, della piccola Akira. Il rumore del campanello risulterebbe come fonte di attenzione, soprattutto per i sensi tesi del Goryo, il quale indirizzerà il suo sguardo, d'un arancione carico, magnetico, verso la direzione ambita, verso la figura femminile che ora inquadrebbe. E verso costei che, rimanendo vivo il contatto visivo, a cui dedicherebbe quel sorriso, poco più ampio, senza esplicare altro. Avrà necessità di Te? Una domanda che inquieta quasi la mente del lavoratore, facendo appena traballare quel volto appena svelato, verso quelle labbra presentate al cospetto dell'Uchiha. Ora sarebbe curioso, una curiosità velata da un lieve principio di preoccupazione. La pretenderebbe, vorrebbe che si avvicinasse, ma tutto ciò verrebbe fatto recepire dal suo semplice sguardo, dalle proprie iridi che tentano di attirare quelle femminili. Vieni qui, sembrerebbero sussurrare. Intanto il flusso energetico, meglio denominato come Chakra, scorrerebbe già impetuosamente nel corpo d'egli, come un torrente in piena, impegnata a solcare il suo letto e colmare di vita ogni galleria, ogni vaso del proprio organismo. Un processo costante, che verrebbe tenuto sotto diretto controllo. [Chakra On]

22:44 Haran:
 Sembra un locale davvero tranquillo, quello. Le sfumature di un marrone chiaro e gentile fanno da padrone in quell'ambiente accogliente e caloroso. Un'ampia finestra si affaccia sulla via immediatamente esterna al locale mentre una serie di tavoli si succedono, tondi, lungo il bordo della stanza. Un bancone appena più scuro percorre invero l'altro lato del "corridoio" andando a mostrare da un lato la cassa e subito accanto il bancone ove i clienti possono sedere su pratici sgabelli scuri. La luce è viva, limpida, l'atmosfera serena mentre ben poca gente chiacchiera a bassa voce seduta a qualche tavolo qua e là. Akira si guarda attorno, respira quel profumo penetrante di caffè e si ritrova a volgere ora lo sguardo verso il bancone poco distante. Qui troverebbe dietro di esso la figura familiare ed ormai nota di Koichi intento ad asciugare alcuni bicchieri con un canovaccio candido. Ne riconoscerebbe immediatamente i lineamenti, il colore azzurro della chioma, la sfumatura aranciata delle iridi brillanti. Lo ha veduto una volta soltanto prima d'ora, eppure non le è difficile ritrovare in quei tratti un viso già conosciuto. Le labbra andrebbero a tendersi appena verso l'esterno non appena avesse individuato la sua figura e, d'istinto, ecco che andrebbe a rivolgere verso tale direzione il proprio busto. Alternerebbe le leve inferiori distendendole verso il banco, bruciando la distanza che la separa da esso, fermandosi dunque una volta raggiunto. <Buonasera> avrebbe salutato poggiando timidamente la mancina sulla superficie lucida e liscia del bancone. <Posso sedermi qui?> chiederebbe quindi, un po' impacciata, indicando con un cenno della destrorsa lo sgabello alla sua destra posto dinnanzi al banco. Alternerebbe lo sguardo dal sedile al viso dell'altro osservandolo da sotto quelle folte ciglia scure. C'è un calore piacevole, avvolgente all'interno di quel locale, che le fa lentamente dimenticare la sensazione del vento pungente che soffia appena fuori da quella porta, da quelle mura. Si sente immediatamente meglio una volta dentro e sapere di conoscere almeno qualcuno all'interno di quel luogo la rassicura non poco. <Sono arrivata qui camminando per caso per strada. Ho pensato di passare a salutare> avrebbe aggiunto quindi, dopo qualche attimo di secondo, quasi come se si sentisse in dovere di spiegare all'altro la sua presenza lì dentro, come avesse bisogno di una giustificazione per il suo arrivo. [chakra: on]

22:58 Koichi:
  [Anteiku.] Ed il suo tentativo riuscirebbe, il suo sguardo non mentirebbe: la trainerebbe come se i propri bulbi oculari fossero due potenti magneti, capace di far convergere il corpo d'ella vicino al bancone. Quel sorriso leggero andrebbe già a rincuorare il proprio animo, calmandolo poco a poco: <Akira-San.> Piegherebbe il capo verso sinistra, di poco, nel pronunciare quel nome, lentamente, scandendo ogni lettera, ogni sillaba. Poserebbe l'equipaggiamento prima agguantato, a favore di una totale gestione del cliente, la quale questa volta sembrerebbe assumere fattezze conosciute dal Chuunin. Dei lineamenti che, per qualche secondo, sembrano ricordargli qualcun altro. E' vero, vi assomiglia. La conferma, quasi banale, che emergerebbe all'interno di sé, al quale non manca una risposta ancora più semplice, ma essenziale: assomiglia, ma lei non è lui. Tagliente, in quel contesto, facendo ritirare l'albino oltre quel cancello, oltre quel cono d'ombra in cui spesso si rifugerebbe. <Puoi.> Raddrizzerebbe il capo, per poi soggiungere: <Anzi devi, sei mia ospite.> La rassicurerebbe, lasciando che le braccia vengono dispiegate verso l'esterno, in un movimento lento, a dir poco accogliente. <Questo è l'Anteiku.> Lo presenterebbe, ufficialmente, seppur l'insegna all'esterno risulti esser sufficiente. Le darebbe il proprio benvenuto, calorosamente, lasciando che questa sensazione possa avvinghiarsi al corpo infreddolito, riscaldandola lentamente. Un tepore che potrebbe risultare anche gradevole, per la controparte. <Tutto cià che vorrai, sarà mia premura preparartelo ed offrirtelo.> Calerebbe quelle braccia, ripristinando la posizione iniziale, lungo quei fianchi, cadendo morbidamente. Eretto in busto, a totale disposizione del verbo di Akira. <Ammetto che la tua presenza inizialmente mi ha lasciato lieve timore e preoccupazione, ma il tuo sorriso mi ha permesso di capire che eri qui per una semplice visita.> Bugiardo, preoccupato, seppur in minima parte, fin quando l'altra non avrebbe dichiarato l'intento proprio. <Son contento che tu sia giunta qui.> Facilmente intuibile da quel volto placato, dai lineamenti distesi, e da quei capelli che sembrerebbero prendere vita, spostandosi da una direzione all'altra, cadendo morbidamente sulle proprie spalle. Silenzio che andrebbe a calarsi, lasciando che un semplice foglio plastificato venga consegnato alla Genin, sul quale sono impressi alcune scritte ed allegate immagini, mostrando varie delle numerose opere d'arte che la struttura può offrire per ogni lì presente. Un menù che tenderebbe a provocare la gola di chi ne legga, stimolando quell'acquolina sempre pronta a comparire, sotto la lingua. Minacciosa, pronta a soprenderti, anche nei momenti in cui non ti attenderesti. Potremo quasi definire quel fenomeno, come un'esemplare metaforica di Shinobi? [Chakra On]

23:16 Haran:
 La voce di Koichi guida il movimento di Akira che, al sentire il di lui permesso, va ad accomodarsi allo sgabello indicato con dei piccoli movimenti piuttosto leggeri, cauti. Va scostando il sedile con ambo le braccia sollevandolo appena per evitare di far rumore e poi va innalzandosi sullo stesso così da potercisi accomodare. Accavalla le gambe sotto il bancone, poggia gli avambracci sullo stesso andando a rimanere col busto dritto ed il viso rivolto in direzione del ragazzo. Sorride appena, tranquilla, all'udire quelle sue gentili parole e torna a guardarsi attorno per salvare nella propria memoria i più piccoli particolari di quel luogo, di quel posto. <E' un bel locale.> andrebbe lei a dire dopo pochi istanti di silenzio tornando alla fine a ruotare il viso in direzione del giovane Goryo. <Mi piace> sorride appena, teneramente, distendendo di poco le labbra verso l'esterno, senza snudare i denti in alcun modo con quel fare. Ode la sua voce, ascolta le sue parole e si ritrova semplicemente a rimanere tranquilla seduta al suo posto quando il ragazzo le rivela che inizialmente era un po' preoccupato per la di lei venuta. Dopotutto le aveva detto di presentarsi lì in caso di bisogno o pericolo, è comprensibile che possa essersi sentito allarmato nel vederla comparire dinnanzi quella soglia. <Mi dispiace, non volevo farti preoccupare> principia lei con la cortesia insita nel suo carattere, nell'innocente ignoranza che ha del mondo intero. <Ma quando ho letto il nome del locale sull'insegna mi sono ricordata di te e ho pensato di entrare.> rivela lei, tranquillamente, stringendosi appena nelle spalle, accettando fra le dita il menù che l'altro le porge con garbo. Va a leggere con attenzione ogni rigo presente su quel foglio plastificato per poi osservare incuriosita l'immagine posta accanto ad ogni nome. Non conosce gran parte di quelle bevande, non ha mai sentito nominare una gran quantità di quelle pietanze, tuttavia fin da subito la sua attenzione vien catturata e rapita da un prodotto in particolare. <Uh! Cioccolata!> esclamerebbe quasi d'istinto sgranando leggermente le iridi bicromatiche, schiudendo le labbra da cui ora è possibile intravvedere una fila di denti bianchi e dritti. <Posso averne una tazza, per favore?> chiederebbe rialzando il viso verso Koichi con fare ingenuo, pulito, innocente. Conosce poche cose di quel mondo, è vero, ma se c'è una cosa che ha conosciuto ed imparato ad amare, questa è proprio la cioccolata. Non l'ha mai bevuta, al massimo ne ha mangiato un pezzetto o ne ha sentito il sapore in un gelato, tuttavia è piuttosto sicura che la cioccolata le piacerebbe in qualsiasi modo, forma e combinazione. <Tu lavori qui, quindi?> domanderebbe lei osservando il ragazzo, porgendogli il menù così che possa rientrarne in possesso. <Ti piace?> [chakra: on]

23:34 Koichi:
  [Anteiku.] Ne rimarrebbe contento, comunque, del fatto che l'altra sia contenta, si perdoni il gioco di parole, della caffetteria, in quanto sarebbe pur sempre un suo luogo di ritrovo, la sua attuale dimora e principio dove si fonda la propria famiglia. Quel luogo avrebbe assunto un ruolo particolare all'interno della propria vita e non potrebbe far altro che rispettarlo, onorarlo, così come chiunque farebbe con la propria abitazione. <Ho semplicemente affrettato le tue intenzioni.> Per esser precisi, le avrebbe totalmente plasmate, rendendole più terrificanti di quanto siano realmente. <Non potevi scegliere luogo migliore, con le temperature così basse.> Dopotutto la differenza di calore si potrebbe facilmente avvertire, non appena si supererebbe la soglia, oltre la quale si verrebbe inondati da un abbraccio caldo. Un tepore leggiadro. E sarebbe nel frangente in cui l'altra sarebbe impegnata a visualizzare quel menù, impegnata nel far scorrere quelle iridi bicromatiche, che il busto proprio andrebbe lievemente a piegarsi in avanti, con la mancina mano che si tenderebbe lentamente verso il capo femminile. Potenzialmente, solo quando l'ombra giocherà a suo sfavore, la fanciulla potrà notare la sagome dell'ombra d'egli comparire sopra quel menù. E se alzasse il capo, potrà avvertire, se fosse possibile, quel tocco leggero del palmo maschile su quella chioma corvina. Una carezza leggera, debole, ma ricca, intrisa di significato. <Giungi qui, ogni volta che vorrai sentire odor rassicurante...> Farebbe lentamente sfumare quelle ultime parole, quel sibillo leggero ed appena pronciato. Di casa, era questo che intendevi, Koichi? E come le proprie parole, anche la mano verrebbe ritratta lentamente, in modo graduale, scompigliando forse un paio di ciuffi neri. Ops, forse hai sbagliato, compiuto il terrore di ogni ragazza: un capello fuori posto! <E cioccolata sia.> Si volterebbe, dunque, lasciando che la propria esperienza in quel posto possa impadronirsi di quel corpo, con movenze sicure e mai tentennanti. Braccia che andrebbero ad oscillare lasciando che la più grande tazza possa esser colta e rivestita da un debole strato di zucchero, alla base. Intanto un fornellino dovrebbe esser attivato, su cui verrà poggiata un contenitore che andrà a riscaldare alcuni pezzi di cioccolato, appena immessi. <Anche del latte?> Chiederebbe, mentre le mani leste andrebbero a portarsi avanti, sfruttando un amabile gioco di gambe, in movimenti laterali rapidi. Sembra quasi che stia planando e che non tocchi il suolo, data la fluidità del Chuunin. Un piattino, un fazzoletto a ricoprirlo, ed alcuni biscotti ad esser disposti, in modo strategico, per inserirne quanto più possibile. Un processo che dovrà rendere il giusto intrattenimento, per far fondere il cioccolato a cubetti. Una presina ed un semplice rovesciar del contenitore, con l'atto ultimo di rovesciare quello strato marroncino all'interno della tazza. La fanciulla potrà notarlo giocare, nel frattempo, fin quando sul bancone potrà presentarsi il tutto: l'ordine, i biscotti allegati ed un bicchier d'acqua, già colmo. <A te.> Un ultimo sussurro, prima di ricevere quella domanda, che riapre un dolce ricordo: <Fa parte del contratto che ho firmato, per vivere una seconda volta.> Cosa? Ma che diavolo sta esprimendo? Enigmatico, ma del tutto reale. [Chakra On]

23:52 Haran:
 Annuisce appena, lei, quando sente quel primo dire da parte del Goryo. <Sì, è vero. Si sta bene qui. E' caldo> conferma e condivide il di lui pensiero andando a sentire persino un po' caldo, ora. La differenza di temperatura non è stata certo violenta, ma piuttosto brusca e porta la ragazza ad avere qualche difficoltà, in un primo momento, ad abituarsi a quel cambio climatico. Non può tuttavia spogliarsi della propria felpa, non trova che sia il caso di rimanere con una semplice canotta come unica copertura del busto: il freddo sarà anche stato lasciato fuori, ma è meglio non giocare troppo con quegli sbalzi di temperatura e rimanere coperta per bene. S'intrattiene dunque a leggere quel menù elegantemente stampato e si ritrova, in pochi istanti, a scorgere su di esso l'ombra della figura di Koichi. Aggrotta leggermente le sopracciglia alzando di poco il capo, ritrovandosi dunque a sentire il contatto con la sua mano sul capo. Un contatto leggero, gentile, che va semplicemente a sfiorare la di lei chioma, sorprendendola, prendendola in contropiede. Schiude le labbra, confusa, puntando le iridi bicromatiche sul viso altrui, sfarfallando appena le ciglia con fare innocente, ingenuo, semplicemente incuriosito. <Uh?> Non s'attendeva certo una carezza in quel frangente, od un simile gesto. Non se l'aspetterebbe mai, in verità, non essendo lei stata mai abituata al contatto fisico col prossimo. Da Shura soltanto s'aspetterebbe d'esser sfiorata, e da nessun altro. <Grazie. Sei gentile> andrebbe lei quindi a chiosare, poco dopo, in risposta al cortese invito dell'altro, distendendo ora le labbra verso gli estremi in un sorriso riconoscente, grato. Sentirebbe la di lui mano ritrarsi, scostarsi, e lasciar ora il suo capo privo di quel tocco leggero senza affatto preoccuparsi di eventuali ciuffi fuori posto. Non è amante della vanità o della bellezza, Akira, non ne comprende ancora appieno il senso. Lascia semplicemente che l'altro s'attrezzi per servirle il suo ordine e lo vede passare da un lato all'altro del banco con passo sicuro, deciso e leggero. Elegante, serio, si muove con estrema competenza, portando Akira ad osservarlo rapita da una simile sicurezza. Sembra che il suo lavoro gli piaccia o che ne sia, comunque, molto dedito. <No, grazie> risponderebbe come distratta quando l'altro le pone quella domanda e rimane ad osservarlo mentre s'adopera a servirla al meglio. Rimane ferma, sul posto, senza osar muovere un muscolo e, una volta visti dinnanzi a sé biscotti, cioccolato ed acqua, ecco che andrebbe ad illuminarsi in viso con fare pressocché infantile. <Grazie!> esclamerebbe portando ora le mani ad incontrarsi all'altezza del petto, giunte, con fare entusiasta. Lascia raffreddare per qualche attimo la bevanda ascoltando nel mentre la risposta di Koichi al suo quesito. Non comprende appieno le sue parole e si ritrova ad osservarlo confusamente, un po' persa. <Vivere... una seconda volta?> domanderebbe lei, incerta, aggrottando di poco le sopracciglia. <Cosa vorrebbe dire?> chiederebbe ingenuamente, stranita, cercando di comprendere al meglio quanto l'altro le ha voluto dire. <Sembra bello, comunque. O meglio... sembra piacerti lavorare. E' una cosa divertente?> chiederebbe ora incuriosita, quasi a voler chiedere all'altro informazioni su qualcosa che l'attira e l'attrae. <Hanno detto che le persone per vivere lavorano, quindi forse dovrei lavorare anche io. Ma non so se sarei capace> spiega la ragazza andando ora a portare le mani attorno alla tazza di cioccolata fumante che l'altro le ha portato poco prima. Sentirebbe da subito il calore del contenitore spandersi lungo la pelle dei palmi, delle dita, avvertendo una sensazione piacevole. <Mi hanno offerto un lavoro però... io...> lo trova imbarazzante, non sa neppure di cosa si tratti e cosa dovrebbe fare, e si sente stupida per questo. <...beh, non so cosa dovrei fare.> ammette timidamente lei con un mezzo sospiro, arrossendo appena sulle gote. La trova una enorme debolezza e la cosa la fa sentire davvero male. [chakra: on]

00:18 Koichi:
  [Anteiku.] Un susseguirsi di piccoli movimenti, di piccoli gesti e semplici articolazioni che andrebbero a prendere vita, mentre le dita si troverebbero intersecate nella chioma corvina altrui, accarezzando delicatamente quel contatto, lasciando riversare le iridi bicromatiche e quel senso di non comprensione d'ella. Lo comprenderebbe, in parte, in quanto l'altra gli avrebbe espresso che sia nuova di quella realtà, che deve ancora conoscere molto e deve ancora apprendere alcuni elementi. <Non vi è necessità che mi ringrazi.> Emetterebbe, lasciando che la confusione nella mente altrui vada ad ampliarsi, ad incrementare a dismisura, dopo la rivelazione d'egli. <Ti ho espresso che, in modo a te simile, ho affrontato anche io un periodo in cui ho dovuto conoscere nuovamente il sapore della realtà.> Glielo aveva solo annunciato, in effetti. <Ero malato, forse prossimo anche alla morte...> Esordirebbe con quel racconto, non volendo prolungarsi eccessivamente sul proprio passato: che possa lederlo più di quanto possa essere realmente? <Ma un giorno un angelo, dalle piume nere, mi ha cercato e mi ha trovato.> E quasi una piccola risata potrebbe sfuggirgli: <No, non è venuto a prendere la mia vita e portarla in un luogo buio.> La morte, quell'assenza di soffio vitale. <Ma mi ha detto che ero speciale e che potevo tornare in vita, se accettavo alcuni requisiti fondamentali.> La propria versione avrebbe un'ambientazione fantastica, seppur ricca di elementi concreti. <Tra cui vi era questo lavoro.> Che l'angelo gli abbia chiesto di trovare un qualsiasi mestiere? No, precisamente quello. <Per cui inizialmente lo facevo per portare rispetto a quanto firmato.> E poi? Una rapida inalazione d'ossigeno, prima di continuare ad esprimersi: <Poi ho gradito sempre di più ed ora mi diverto.> Ovviamente ometterebbe il fatto che un altro dei requisiti posti era la riscoperta del proprio subconscio, con quella personalità che sarebbe fuoriuscita, dopo anni rimasta sopita lì. <Ed ora vivo per la seconda volta questa vita.> Tirerebbe un profondo respiro, lasciando che l'aria espulsa venga direzionata altrove, alla propria sinistra, e non dinanzi, dove sarebbe presente la piccola ragazza. <Non sei costretta a lavorare, Akira-San.> Le ricorderebbe quasi, continuando ad ascoltare però quanto gli verrebbe proferito, con quel rossore che velerebbe le goti di lei. <E che cosa ti avrebbero offerto?> Incuriosito, principalmente: <Può essere che ti possa aiutare in qualche modo.> Avendo una minima conoscenza maggiore rispetto all'altra, può consigliare e suggerire, colmando quella sezione vacante. La osserverebbe poi, mentre andrebbe a degustare quella ciotola: <Attenta a non scottarti.> Ti stai davvero divertendo, a prenderti cura? Una risata che andrebbe a rimbombare, ma silenzio assoluto da quelle labbra maschili. [Chakra On]

23:10 Haran:
 E rimane lei seduta, allo sgabello, stringendo fra le dita la tazza fumante. Avverte attraverso le dita il calore propagarsi dalla ceramica a tutto il corpo, lentamente, investendola poco a poco fino a farle dimenticare la sensazione del vento freddo che soffia fuori da quelle porte. Permane al suo posto osservando i movimenti di Koichi dietro al banco, i suoi sguardi, i suoi gesti, fino a lasciargli modo di raccontarle più chiaramente quella che è la sua storia. Una storia un po' romanzata, un po' parafrasata, che non può comprendere perfettamente ed in tutte le sue sfumature, ma di cui comprende il significato essenziale e profondo. Ascolta le sue parole, la sua storia, e quando l'altro pronuncia una particolare frase lo sguardo di Akira va come contraendosi. Le iridi si sgranano, le labbra si schiudono, ed un brivido la ripercorre gelido dal fondo dello stomaco fino alle tempie. <Speciale...?> mormorerebbe lei puntando le iridi bicromatiche in quelle arancioni di lui, brillanti, calde, color dell'autunno. Possibile che a salvarlo sia stato... <E' stato... Arima a salvarti?> domanderebbe lei, incerta, non comprendendo affatto la situazione. Koichi non è un Uchiha, no? Perchè dunque Arima avrebbe dovuto salvarlo? Proteggerlo? Eppure... eppure quel modo di dire, quel modo di preservare qualcuno, la portano inevitabilmente a pensare a lui. Lui che per lungo tempo le ha ripetuto d'esser stata creata e tenuta in quella stanza perchè unica, perchè s p e c i a l e. Le dita si stringono maggiormente attorno la tazza, una contrazione quasi involontaria mentre lo sguardo verrebbe ora abbassato, le iridi portate a specchiarsi nel liquido caldo e marrone che attende d'esser accolto fra le sue labbra. Termina d'ascoltare il di lui racconto, la di lui storia, e quando il giovane va a terminare il proprio dire Akira si ritrova a risollevare lo sguardo verso di lui ricercandone nuovamente gli occhi. Ci si specchierebbe in silenzio attendendo qualche secondo prima di smuovere le proprie labbra e far vibrare poche semplici parole. <Mi dispiace che tu fossi malato. Ma sono contenta che ti sia stata data una seconda possibilità> direbbe con fare semplice, leggero, abbozzando un piccolo sorriso cortese prima di portare la tazza verso il viso e poggiare le labbra morbide attorno all'orlo della stessa. Andrebbe lei a far fluire parte del liquido dentro il cavo orale, deglutendo, assaporando, assaggiando quel dolcissimo sapore. Deliziata andrebbe ad osservare ora la tazza fumante riportata al bancone, la lingua a far capolino fra le dune rosate sul viso per catturare una goccia fuggiasca della bevanda. <Mhhhh!> mormorerebbe a mezza voce prima di schioccare la lingua sul palato. <Ma è buonissima!> esclama lei, compiaciuta, soddisfatta, quasi non credendo possibile che bere una cosa simile potesse essere così piacevole. Contenta va a sciogliere l'intreccio delle gambe sotto il banco lasciando scivolare la coscia sinistra di modo tale da trovarsi non più sopra la gemella, ma al suo fianco sullo sgabello, con le gambette che iniziano a dondolare oltre il sedile con fare quasi infantile sebbene il suo aspetto la faccia apparire come una fanciulla di almeno diciassette anni. Ascolta le domande di Koichi, quel suo offrirsi d'aiutarla, e quindi si ritrova ad umettarsi le labbra ed osservarlo confusamente dalla sua posizione. <Ecco, vedi... mi hanno chiesto di lavorare in una... mh... come l'hanno chiamata?> inizia a mormorare lei aggrottando le sopracciglia alla ricerca delle parole che Shiro le aveva offerto non molto tempo prima. <Oh, sì, una Casa del Piacere> esclama lei annuendo appena col capo, ricordando ora quanto detto da lui durante il loro incontro. Ingenua, innocente, non ha neppure idea di cosa sia un luogo del genere. <Ha detto che mi sarei trovata bene lì, che ci lavorano tante ragazze e che sarei stata perfetta. Ma... non lo so. Ha detto che l'unica cosa che avrei dovuto fare è fare compagnia a degli uomini ma... che vuol dire?> domanda lei confusa, piena di dubbi e domande. <Dovrei rimanere seduta con loro a prendere un tè? Dovremmo passeggiare? Dovrei accompagnarli da qualche parte? O dovremmo parlare?> chiede lei dando vita e sfogo a tutte quelle domande che, per qualche motivo, aveva avuto timore di esporre a Shura stesso, quasi come se una voce dentro la sua testa le avesse detto che non era una cosa saggia da fare. <E se sì, di cosa? Io... non so niente. Voglio dire, come si fa compagnia a qualcuno nel modo giusto? Io non lo so...> mormora lei abbattuta, un po' sfiduciata, abbassando le spalle con fare avvilito e sospirando appena dalle labbra morbide. <Cosa dovrei fare?> chiederebbe allora, leggermente imbarazzata dal non sapere qualcosa di così semplice, sollevando lo sguardo verso il viso altrui, cercando consiglio e verità nelle sue iridi aranciate. [chakra: on]

23:38 Koichi:
  [Anteiku.] Quella domanda che giungerebbe candidamente, in un vibrar legger delle corde vocali femminili: una richiesta di informazione, espressa con un tono debole, quasi insicura di quello che potrebbe ascoltare. <No, il suo nome non è Arima.> Ma sempre qualcuno della stessa stirpe di costui, sempre qualcuno che possiede lo stesso potere oculare, simile a quello della Genin che avrebbe dinanzi. <Ero malato ed ero costretto a continue trasfusioni, solo per permettere un vano tentativo di migliorare le mie condizioni.> Ammetterebbe, ricordando tutte quelle operazioni, tutte quelle iniezioni, che non riscuotevano successo. <Il mio angelo oscuro era davvero molto particolare.> Affascinante, questo sarebbe il termine più adeguato da utilizzare, ma non lo sfrutterebbe per non dar strane concezioni sul proprio orientamento sessuale. Solo quell'entità potrebbe risultare l'eccezione, dato il legame che vi celerebbe. <Ed ora posso anche permettermi il lusso di fare missioni e lavorare. Questo nuovo disegno risulta intrigante, ma ancora acerbo..> Le labbra che aderirebbero, componendo una piccola smorfia di insoddisfazione, scomparendo dopo qualche fugace attimo. Rimarrebbe ad osservare, a contemplare, quell'assaggio, quella lingua impaurita che andrebbe ad accarezzare il fluido scuro, potendo riscontrare il suo gusto e lasciar che quel sapore possa inoltrarsi anche all'interno della bocca d'ella. <Son contento.> Confermerebbe, compiendo un paio di cenni col capo, prima di innalzare la mancina mano e cogliere un fazzoletto, il quale, come se fosse un semplice fuuda, andrebbe ad appoggiarlo alle labbra sporche femminili, lasciando che quella miscela possa funzionare come fissante. Divertente, no? <Dovresti assaggiare anche i biscotti con la cioccolata. Puoi immergerli per metà ed assaporarli poi.> Le consiglierebbe, facendo risaltare quel piattino di biscotti ancora intatti, non ancora divorati dall'Uchiha. Quest'ultima intanto andrebbe a porgere meglio la questione su l lavoro, quel mestiere che le avrebbero offerto. Qualche secondo per metabolizzare quelle prime parole, lasciando che le seguenti domande giungano pure, vengono percepite, ma impattano contro un senso di incredulità. Un attimo, come una saetta, una volta che ha realmente metabolizzato l'informazione. Clack! Clack! Un duplice suono di quelle manette, rotte dalla furia di un individuo fino ad ora celato. Il cancello tremerebbe ai colpi dell'albino, spronando la volontà del Chuunin affinché venga rilasciato il potere. E così fungerebbe: un semplice cumulo di chakra andrebbe ad esser evocato e trascinato verso l'alto, superando i polmoni, la trachea e giungendo fino al cervello. Li vedrebbe, quei due emisferi collegati fra loro, presentando una cavità in cui verrebbe rilasciato quel potere, quella pillola d'energia, sollecitando l'apertura di quell'ultimo vincolo. Una porta che si aprirebbe, permettendo la repentina trasformazione: capelli che perderebbero di tonalità, divenendo fili candidi, ad incorniciare il viso altrui, e delle iridi verdi, smeraldi, che andrebbero a saettarsi sulla figura che avrebbe dinanzi. <Rifiuta.> Categorico, con una fiamma viva all'interno di quei bulbi oculari. Una potente scintilla, viva. <Ti hanno chiesto di utilizzare il tuo corpo per far compagnia vari individui, soddisfacendo i loro impulsi primordiali, per tale motivo casa del piacer.> Brusco, potenzialmente diretto, ad esprimere quel concetto in quella mente così infantile. <E' mancare di rispetto al tuo corpo ed alla tua persona.> Fonemi che verrebbero espressi con maggior grinta, quasi come se fosse un ruggito che non avrebbe bisogno di volume. Alterato, si potrebbe intravedere questo lato, nella foga con cui le mani verrebbero contratte, in due pugni serrati, e braccia che andrebbero a risaltare appena sotto quella giacca bianca. Un alone violaceo ad incorniciare la sua figura, a causa di quel che proverebbe: Ira. [Chakra On: 68/70][Attivazione Innata Goryo Sindrome – Secondo Stadio]

00:02 Haran:
 Un senso di vago sollievo va impadronendosi di Akira quando Koichi risponde alla sua domanda. No, non è stato Arima a salvarlo. Non era per lui che era speciale. Questo la fa sentire quasi meglio, come se potesse ancora sentirsi unica ed insostituibile nel cuore ormai freddo ed immobile dell'Uchiha. In parte però torna violenta la nostalgia e la sofferenza per la perdita del clone e si ritrova ad ascoltare con minor allegria il racconto di Koichi che, dunque, va terminando di spiegarle come ora stia vivendo una seconda vita, una vita ancora ai suoi inizi, ancora acerba, ma ancora lunga dinnanzi a sé. <Immagino che starà a te renderlo migliore> andrebbe a dire lei stringendosi appena nelle spalle ed abbozzando al di lui indirizzo un mezzo sorriso. <Così come starà a me migliorare la mia, di vita. E' qualcosa che possiamo fare solo noi, da soli. Le persone vanno e vengono... solo noi rimaniamo per sempre> mormora lei andando ora ad abbassare lo sguardo sul proprio bicchiere. Ormai è arrivata ad abbracciare questo concetto di vita, ad esser sicura di queste parole. Ha perduto dapprima Arima, poi Katsumi, ora sente di star perdendo poco a poco anche Yukio e Kimi visto che non li vede da molto tempo. La sua iniziale sofferenza per questa distanza ha preso lentamente a divenire abitudine, a tramutarsi in rabbia, quel sottile confine che fa la differenza fra il dolore per la perdita di qualcuno ed il desiderio di rivendicare un torto subito. Tuttavia se di loro ormai inizia a non ricercar più la presenza, così non è per Shura. Se solo pensa alla possibilità che il giovane possa lasciarla esattamente come hanno fatto tutti gli altri, si sente mancare semplicemente il respiro. Eppure lo sa... sa che questo non sarebbe successo, sa che non sarebbe andato via. Non lui, mai lui. Va dunque bevendo dalla sua tazza rimanendo deliziata e sorpresa della dolcezza di quella bevanda, non aspettandosi di poter trovare così gustosa della cioccolata liquida e calda. Una piccola scoperta da aggiungere a tutte le cose che ha poco a poco capito del mondo e che va aggiungendosi al carico di informazioni rapite casualmente dalla vita circostante. Avverte il tocco gentile di Koichi che va pulendo le di lei labbra con un fazzoletto e si ritrova ad udire il suo consiglio con infantile e genuina gioia. <Uh, vediamo> mormora quasi fra sé e sé afferrando uno dei vari biscotti disposti dall'altro dinnanzi a sé. Ne prende uno a caso, quello più in vista nel piccolo mucchio e fa quanto le è stato consigliato. Immerge appena il dolce nel liquido scuro e poi riporta la parte zuppa alle labbra, mordendo. Mastica ed assapora quel dolce boccone rimanendone estasiata, deliziata, riscoprendo in quel semplice gesto una enorme bontà. <Mhhhh! E' buonissimo!> esclamerebbe allora lei, ingenuamente, dopo aver mandato giù il boccone, rialzando le iridi bicromatiche sul viso altrui. <E' anche più buono del gelato!> aggiungerebbe, poco dopo, come se fino ad un istante prima la sola idea le fosse risultata impossibile. E, effettivamente, non pensava che sarebbe stata in grado di trovare qualcosa che avrebbe apprezzato ancor più del gelato. Si ritrova dunque così a bere e mangiare la sua ordinazione, poco per volta, mentre spiega al ragazzo il suo atroce dubbio. Lavorare o non lavorare? Questo è il dilemma. Vorrebbe acquisire una sua indipendenza, guadagnare soldi propri, ma cosa sarebbe successo se si fosse riscoperta inadatta od incapace nel suo incarico? Ricerca perciò consiglio nella figura del ragazzo che è palesemente più esperto di lei e rimane semplicemente sorpresa quando nota il di lui aspetto andare a mutare d'improvviso. Il crine si schiarisce fino a divenir candido come la neve e l'iride arancione scolora fino a divenire d'un verde smeraldo. Chikage fa la sua comparsa sostituendo in un istante la figura di Koichi, rivelandosi decisamente più autoritario e deciso della sua controparte. Akira schiude le labbra fissandolo incerta quand'ode quel suo primo chiosare. Par quasi un ordine quello che le viene imposto e lei non sa come mai il giovane paia tanto arrabbiato in quel suo dire. Che abbia per caso fatto qualcosa di male? Ascolta quanto l'altro le dice e, quando la spiegazione giunge, si ritrova semplicemente ad arrossire vistosamente guardandosi per un istante con fare confuso. <I-il mio... c-corpo?> domanderebbe confusamente, totalmente ignara di ciò che il giovane stia cercando di spiegarle. Non ha affatto chiaro il concetto alla base di quel pensiero, non ha mai sperimentato o sentito parlare di una cosa simile, a stento ha iniziato da poco a provare il desiderio di iniziare a conoscere il corpo umano. Conoscere la sensazione delle dita che scorrono sulla pelle di qualcun altro, la sensazione di sentire il proprio viso, o la propria mano preda delle dita di qualcun altro. <Non capisco... che vuol dire?> chiederebbe ora sentendosi ancor più stupida, ancora più imbarazzata e -decisamente- a disagio. <Pensavo che volesse aiutarmi. Non avevo capito mi stesse offendendo> mormora lei abbassando sconfortata lo sguardo. <Odio questa sensazione...> sospirerebbe, alla fine, richiudendo per un istante le palpebre e lasciand fuoriuscire dalle labbra un sospiro stanco, abbattuto. [chakra: on]

00:41 Koichi:
  [Anteiku.] Ed il tempo continuerebbe a scorrere, inesorabilmente, fuggendo così se fosse il peggior criminale, reo, nell'intenzione di non esser mai colto da nessuno. Una preda che continuerebbe a correre, a volte fin troppo rapidamente. <Erri.> Andrebbe a compiere quelle parole, soffermandosi appena sul concetto che l'altra avrebbe presentato. <La presenza d'altre persone ci rendono speciali, ci conferiscono un potere che l'allenamento non può permetterti.> Prenderebbe aria, assaporando saggiamente l'ossigeno che avrebbe incanalato dalle narici. <Quando hai dinanzi una persona a te cara, riesci a dare il meglio di te, superando qualsiasi ostacolo che ti separa da costei.> Una determinazione che andrebbe ad attivarsi solo quando dall'altra parte della parete vi sorge un qualcuno di importante. <Dunque dobbiamo solo far attenzione alle persone verso cui possiamo dedicare il nostro tempo, prezioso. E stringere dei legami sempre maggiori, sempre più solidi.> Lo sguardo si abbasserebbe, appena, sulla ciotola di cioccolata. <Avresti potuto trovare qualcosa di simile in altre strutture, ma non risulta semplicemente più buona perché lui...> Koichi, chi altri? <...te l'ha preparata, con tanta cura?> Come se lo stesso oggetto potrebbe variare, dipendentemente dalla persona a cui esso è legato. Strano, forse, ma reale. <Noi dobbiamo vivere per noi e per le persone fortunate con cui abbiamo deciso di condividere.> Uno sguardo appena accennato verrebbe presentato. <Ha ragione, sei differente.> Un sussurro stretto tra le labbra, un'espressione che forse l'altra non potrà comprendere esattamente, catalogando come un semplice mormorio senza significato. Un suono indecifrabile, nulla di più. <Ne sarà contento.> Parlerebbe in terza persona, senza alcun problema, seppur si possa argomentare dello stesso corpo, dello stesso contenitore di soffi vitali. Rimarrebbe in silenzio, mostrando quanto meno fastidio possibile dinanzi a quanto avrebbe potuto udire. Ma la mente femminile sarebbe ancora troppo prematura, per comprendere certi elementi, certe affermazioni. Busto che si piegherebbe dunque, in avanti, lasciando che la mano destra possa sfiorare la gote sinistra, fin quando non potrà appena intersecarsi, se fosse possibile, nella chioma corvina. Intanto la testa maschile si avventurerebbe verso l'altra direzione, verso la guancia destra ed al di lei orecchio, iniziando a sussurrare: <Semplicemente non importa cosa tu vorrai, ma saranno questi individui...> Non osa nemmeno definirli uomini o maschi, feccia del loro genere. <...a comandare ogni tuo singolo movimento.> Questo dovrà esser sufficiente? <Loro parlano, tu eseguirai.> Ancora più diretto e coinciso, troppo. <Se ti chiederanno di toccarli, tu dovrai toccarli, Se ti chiederanno di massaggiare il loro corpo, nella sua completezza, tu dovrai farlo. Se ti chiederanno di baciarli, tu dovrai baciarli.> Ed ometterebbe probabilmente la parte più fondamentale: <Se ti chiederanno di unirsi a te, in un solo corpo, tu dovrai obbedire.> Sembrerebbe difficile spiegare certi argomenti, ad una mente così infantile. <E tutto ciò risulta sbagliato, perché divieni schiava di un sistema che porta piacere solo agli altri, a coloro i quali potranno godere delle tue attenzioni carnali.> Ma questi discorsi non dovrebbe farli i genitori, seppur adottivi, d'ella, e non lo zio Chikage? <Per questo è errato come concetto.> Tutto quel discorso espresso con una voce lenta, una melodia sicura che dovrebbe giungere all'orecchio facilmente, data la distanza rasente il nulla. <Akira-San.> Ne evoca il nome, dolcemente. <Preferisco aiutarti ad offrirti un lavoro.> Ma ne ha davvero la capacità per fare ciò? <Potresti semplicemente diffondere qualche volantino dell'Anteiku, se la titolare mi autorizza, e ti pagherò personalmente per il tuo impegno.> Un'idea, probabilmente stupida, ma sicuramente una scelta migliore di quel sentiero di depravati. <Oppure ti aiuterò in altro, ma non darmi un motivo per cercare potenziali colpevoli e radere qualche struttura del villaggio.> Come se ne fosse capace; oppure lo sarebbe realmente? Attenzione a quell'aspetto, a quello dell'albino, mentre si preoccuperà di accarezzare debolmente la guancia d'ella, mediante un semplice tocco delle dita, della mano destra, leggero. E con un sorriso lievemente sadico andrebbe a ritrarsi totalmente, ma non prima di aver preso un biscotto ed averlo sporcato nella cioccolata: destinazione? Tra le proprie labbra. Ops, un ladro! [Chakra On: 68/70][Attivazione Innata Goryo Sindrome – Secondo Stadio]

15:03 Haran:
 Il dire di Chikage raggiunge serenamente, tranquillamente l'udito del clone che, sollevando lo sguardo verso il suo viso ascolta silenziosamente ogni suo dire. Lascia ch'egli termini, che dica la propria e solo alla fine, al concludersi della sua spiegazione, si ritroverebbe a sbattere le ciglia con fare pacato e schiudere le labbra in un moto lento ed elegante. <Non dico che avere qualcuno non renda le cose migliori, ma che non deve essere necessario per andare avanti> chiosa la ragazza andando a far schioccare, piano, la lingua sul palato. Il suo dire si fa ora più serio, più convinto, abbandonando per un istante quella sfumatura innocente ed ingenua che fino a quel momento ha caratterizzato i suoi modi di fare. Non sa molto del mondo, della società o della civiltà. Ancor meno sa qualcosa dei rapporti umani e di ciò che essi possano rappresentare, ma di questo ne è convinta fin nel midollo. <Dobbiamo imparare a trovare il modo di convivere con noi stessi prima che con gli altri. Imparare a star bene anche da soli, perchè anche la persona più impensabile può sparire dal nostro fianco e lasciarci cadere> Stringe le dita contro la ceramica ancora calda della tazza ritrovandosi ora ad osservare un punto imprecisato del petto di Chikage. Non osserva davvero, lo sguardo è perduto nel nulla mentre nella sua memoria vanno ad alternarsi lentamente i visi di Arima e di Katsumi. Credeva che avrebbe potuto vivere con loro per sempre, che la sua esistenza si sarebbe estinta assieme alla loro. Eppure ha scoperto con dolore che anche la presenza più portante della propria vita può svanire da un istante all'altro se non si presta attenzione. Che niente è davvero certo e che l'unica costante, nella sua esistenza, è Akira stessa. La ragazza sospira appena, piano, rialzando lentamente lo sguardo sull'altro per poi ritrovarsi ad udire quelle parole che non comprende appieno. <Mhn?> aggrotta piano le sopracciglia, inclina il capo, ritrovandosi un po' confusa al sentire quel mormorio basso. <Chi ha ragione?> chiederebbe perdendosi in quella parte di discorso. <E differente.. in che senso?> si oscurerebbe appena il viso mentre, riabbassando lo sguardo, andrebbe ad osservare il liquido scuro che per metà riempie ora la tazza. <Intendi dire che sono strana, immagino> sospirerebbe leggermente sconsolata abbassando le spalle, adombrandosi. Sa di essere diversa, di essere bizzarra, di non sapere nulla di ciò che chiunque altro sa. E le dispiace. Le dispiace essere così buffa, così sciocca, così ignorante. Odia questa condizione e detesta realizzare che chiunque altro la veda così fuori dal mondo. Lei, che di questo mondo, non desidera altro che farne parte. Ed è allora che qualcosa cambia, qualcosa muta. Il discorso avanza, prosegue e così la mano di Koichi. Ella risale verso il viso di Akira portandola a sentirsi per un istante a disagio, confusa. Non sa bene cosa fare, cosa dire, mentre il viso di lui s'avvicina al proprio, le labbra a ricercarne l'orecchio per donare una confidenza che forse non avrebbe mai voluto udire. Sente il cuore battere forte, l'agitazione prender possesso di lei mentre cercherebbe di rimanere immobile, tesa. La voce di lui scivola al suo udito e ogni cosa che dice è come una stilettata al petto. Ogni singola parola, ogni singola frase la porta ad impallidire appena, poco per volta, dilatando le iridi bicromatiche. Lascia la presa sulla tazza, schiude le labbra con sconforto andando alla fine di tutto ad alzarsi d'istinto in piedi scivolando via dalla presa gentile della mano di Chikage sul suo viso. Arretrerebbe di uno, due passi guardandolo con orrore, con il viso spaventato, scosso da quelle parole che le fanno salire un brivido sincero lungo la schiena. <No! Pe-perchè dovrei mai fare una cosa simile?!> esclamerebbe disgustata, sconvolta, atterrita da una verità così brutale e vergognosa. <Perchè chiunque dovrebbe mai fare una cosa simile? E'... è...> Boccheggia, balbetta, con la voce che appena trema, non sapendo neppure come definire una simile condizione. <...è orribile> stringe appena le labbra, i denti, mentre d'istinto le mani salirebbero ad intrecciarsi attorno al corpo, le mani a poggiarsi sulle spalle opposte quasi in un tentativo di coprirsi, di nascondersi alla vista di chiunque altro lì attorno. Non aveva mai pensato che quel lavoro potesse comportare una simile umiliazione, una simile condizione. Non aveva mai pensato che il piacere di cui esso porta il nome potesse essere qualcosa di così degradante e sbagliato. Ascolta le parole pronunziate dall'altro, quell'offerta ch'egli le avanza e si ritrova a deglutire tesa, confusa, non sapendo bene come comportarsi. Troppe, troppe cose quelle che lei ancora di questo mondo non conosce, troppi inganni a cui può essere sensibile, troppe possibilità quelle che le si aprono dinnanzi. <I-io... non lo so... io non...> boccheggia, balbetta sbattendo le ciglia con forza. Non pensa che Koichi o Chikage possa in qualche modo ingannarla, eppure... eppure sente di non essere ancora pronta per un simile passo, di aver bisogno di avere più chiare le idee sul mondo circostante prima di poter decidere di lanciarsi in qualcosa di così indipendente come un lavoro. <Ci penserò su...> sospira, alla fine, umettandosi le labbra, passandosi una mano fra i capelli corvini, prima di muovere nuovamente quei pochi passi che la portano al bancone dov'era in principio. Non si siede, però, questa volta. Lascia ch'egli recuperi quel biscotto affogandolo nella propria tazza e poi riporta lo sguardo sul suo viso. <Grazie... però. Per avermi aiutata> abbozzerebbe quindi un sorriso puntando le iridi bicromatiche in quelle ora smeraldine e brillanti di lui. [chakra: on]

16:08 Koichi:
  [Anteiku.] Particolare come la fanciulla dinanzi riesca ad interagire con argomenti differenti, mostrando profili e punti di vista diversi: in alcune situazioni, risulterebbe ancora una bambina, con poca coscienza del genere umano, mentre dall'altra parte sembrerebbe fermamente convinta, in alcune ideologie o dogmi, come se fossero frutto di numerosi anni di esperienza e si riflessione. Quel dualismo sembrerebbe però incentivare la curiosità del Chuunin, il quale ora dovrà mettersi a disposizione d'ella, anche quando quest'ultima riuscirebbe a cogliere quelle piccole parole, riguardo alla somiglianza con l'Uchiha puro. <Ha ragione, si dicevo...> Sussurrerebbe, tentando di far circolare rapidamente quegli ingranaggi nella propria mente, per elaborare una soluzione degna del proprio nome. <Koichi nel dire che hai davvero un bel visino.> Dopotutto glielo avrebbe espresso anche l'ultima volta, no? Questa dovrebbe abbassare drasticamente la propria preoccupazione, d'esser colto in quel momento bugiardo, espositore di una fittizia verità. Ma non vuole aggiungere altro, sul fatto che la Genin sia differente dal Jounin, distaccando quelle due entità così somiglianti. Apparentemente gemelli, dato alcuni lineamenti facciali e quelle iridi così intense. <Strana?> Un piccolo sorissetto andrebbe a frapporsi nel proprio volto, beffardo, come se non possa credere a ciò che stai ascoltando. <Non posso definirti strano, perché il pulpito nascerebbe da me.> E la mancina mano si auto indicherebbe, puntando alla propria testa, vicino alla tempia, picchiettandosi appena. <Dopotutto non posso dire d'esser una dolce anomalia, in questo genere umano così... noioso?> E le labbra si aprirebbero maggiormente, conscio di ciò che starebbe dicendo, con la sicurezza di conoscere i fonemi che emette all'esterno. <Sono solo una punta di colore, in una realtà con le sue sfumature di grigio.> Divertito quasi da quella similitudine, la quale avrebbe anche il suo epilogo, con quell'ultima frase: <Mi lascio solo sorprendere quando trovo un altro tocco colorato, qui.> E soggiungerebbe, se non si capisse: <E' una cosa buona.> Quasi a conferma che il proprio risulti proprio un complimento e non un modo di estraniarla, di renderla lontana dal contesto in cui l'altra vorrebbe addentrarsi. Innocuo, Chikage. Almeno fin quando le proprie parole, fin troppo rigide e dirette, possono esser intonate come una melodia macabra, una sinfonia di negativi intenzioni, ma concreta realtà. Avvertirebbe quel senso di rigetto d'ella, quel chiudersi progressivo, fino all'esplicito movimento, indietro, sfuggendo dal tocco umano. <Akira..> E quasi lievemente tirato, da quelle labbra, comparirebbe un'altra nota: <-Chan.> Piccola, indifesa, come un fiore che sta per conoscere l'odore del sangue sui propri petali. Innocente, immersa in un oceano così profondo, un mare di informazioni che ledono come piccoli pugnali la sensibilità femminile. Si sentirebbe quasi avvolto da un senso di colpevolezza, riconoscendo di aver esagerato in quel dire, proiettando all'esterno fin troppo. Un capo che andrebbe a porsi altrove, con la relativa mano destra ad alzarsi, schioccando appena le dita, in un rapido segnale, cogliendo uno dei suoi colleghi. <Il mio turno sarebbe già terminato, in realtà.> Gli comunicherebbe, con cortesia, lasciando che l'altro possa semplicemente annuire e prendere il proprio posto. Un semplice giro, un percorso poco più lungo, per fuoriuscire dal bancone, dal retro di esso, lasciando che l'albino possa tornare nuovamente dove era prima, con il cancello che si sigillerebbe poco dopo. Capelli che riprenderebbero colore, in quelle sfumature d'azzurro, e quelle iridi arancioni che andrebbero a posarsi nuovamente sull'Uchiha, mentre si avvicinerebbe proprio a quest'ultima. Silente, affiancandosi appena, senza però toccarla nuovamente. <Credo che tu debba prima conoscere questa realtà e soltanto dopo tentare di immergerti in un contesto così pericoloso.> Un consiglio semplice: impara prima a nuotare e conoscere il mare, prima di tuffarsi contro. <Ora calmati, nessuno può farti del male...> E con un sorrisetto divertito, porgendole delicatamente la mano, in segno di supporto fisico, in segno di complicità. <... Finchè io possa definirmi...> Come dovrebbe esporsi: con vivo? <...colorato, ecco.> Per la stessa metafora utilizzata poco prima, qualche secondo precedente. Tenterebbe di approcciarsi con l'altrui mano, nel tenerla, nel mantenerla, e da lì in poi, dipendentemente dalle movenze femminili, tentare quasi di caricarla sulle proprie spalle, se gli fosse possibile; altrimenti s'accontenterebbe anche di qualsiasi altro tipo di contatto, per poi ultimare. <Ora ti accompagno, affinché nessuno possa infastidirti durante il tragitto.> Rivelerebbe quell'animo protettivo, infastidito dalla proposta ricevuta e da quella reazione così spropositata. Deve darle modo di metabolizzare, di farla respirare e di esser più lento, di accudirla maggiormente, affinché l'altra possa prendere più intensità, nel suo colore, e possa riuscire a destreggiarsi meglio, a spiccare dinanzi a tutto questo...comune...banale...grigio. [Chakra On][Equip.Scheda][END]

09:07 Haran:
 Akira ascolta la voce di Chikage ritrovandosi a schiudere appena le labbra. Non sa bene come prendere quel tipo di complimento, o di osservazione. Non sa se dovrebbe sentirsene toccata o se invero dovrebbe sentirsene ferita. Il suo viso... non le appartiene dopotutto. Non è altro che il riflesso del viso di qualcun altro, una identità strappata che le grava addosso ogni giorno di più. Un dono che prende lentamente a mutare in una maledizione. Non commenta limitandosi a stringere appena le labbra ed annuire leggermente col capo, come per dargli atto d'aver udito la sua voce ma senza voler dar replica a quel dire. Non per scortesia, ma per sua semplice difficoltà personale. L'albino cerca di rassicurarla, di rischiarare i dubbi sul di lei viso con quel sorrisetto quasi beffardo, andando a tranquillizzarla, ma Akira si ritrova ad osservarlo in viso con aria seria, decisamente legata e toccata nel vivo da un argomento così delicato come la sua condizione di gocciolina dispersa in un oceano troppo vasto e sconosciuto. <Non lo so... Non conosco abbastanza il genere umano per dirlo. Ma.. di sicuro non sei come gli altri> Insomma: non immaginava neppure che un solo corpo potesse dar vita ed ospitare due differenti personalità, due differenti persone come accade per Koichi e Chikage. Questo, per lo meno, lo rende senz'altro unico rispetto al resto del mondo. Abbozza un piccolo, timido sorriso quando l'altro pronuncia quell'ultimo dire e poi sospira appena. E' sempre difficile dover fare i conti con la sua natura di clone, con la sua natura di creatura ignara del mondo, della sua stessa condizione. La fa sentire inferiore, la fa sentire patetica ed è una sensazione che odia. Solo Shura può comprendere i suoi sentimenti, il suo turbamento ed aiutarla di conseguenza ad affrontare il mondo nel modo giusto. Lui sa cosa voglia dire essere soli, essere visti non per quello che si è, ma per quello che qualcun altro li ha destinati ad essere. Porta sul capo la medesima condanna e la aiuta a sopportare con forza la responsabilità che quel suo viso le porta addosso ogni giorno. Scostandosi dal tocco di Chikage Akira riscopre dentro lei un turbamento tutto nuovo, intimo, personale. Riscopre l'imbarazzo, la vergogna ed il timore di esser costretta in qualcosa di così proprio come il suo corpo. Ne rimane scossa nel profondo e, in qualche modo, neppure le parole di Chikage riescono a calmarla. Il ragazzo conclude il suo turno, torna a lasciar modo a Koichi di riprender possesso di quel loro corpo condiviso e poi andrebbe ad avvicinarsi a lei con fare cauto, lento, ritrovando una Akira scombussolata. La clone ascolta la sua voce, le sue parole, il suo dire e lentamente va come calmandosi. Non si sente meglio, non più leggera, ma inizia lentamente a rendere propria la consapevolezza di una nuova e terribile minaccia che questo loro folle mondo può offrire. Respira piano, a ritmo, sentendo il cuore battere man mano più cauto. L'altro pare volerla proteggere e l'Uchiha si ritrova semplicemente a volgere verso lui il capo ed assottigliare leggermente lo sguardo. <No.> chiosa semplicemente con tono secco, basso, deciso. Il chakra verrebbe ora mosso, controllato, incanalato lungo i canali del keirakukei che portano al viso per poi venir concentrato all'altezza del viso, degli occhi, affinché possa irrorare le iridi bicromatiche d'energia. Tenterebbe di bagnare le stesse di chakra così che lo stesso vada ad interagire il gene Uchiha in esse sopito ed attivare quel mutamento tipico della sua discendenza. L'iride bianca diverrebbe ora rossa cremisi ed una orbita nera andrebbe a palesarsi attorno alla pupilla ospitando sul suo asse una piccola macchiolina nera a forma di virgola, una tomoe per occhio. Essa vorticherebbe attorno a quel punto nero centrale per una manciata d'istanti prima di stabilizzarsi e permetterle di vedere perfettamente tutto ciò che v'è intorno, compreso il chakra di Koichi che arde nel suo corpo. <Nessuno può farmi del male perchè io non lo permetterò.> va quindi a correggere le parole dell'altro stringendo ora i pugni, con forza, lungo i fianchi. Trae come protezione e conforto da quel suo potere innato, nascondendosi e riparandosi dietro esso quasi fosse uno scudo da brandire contro il mondo. Avverte la mano del Goryo andare a cercare la sua, sfiorarla, e lei seguirebbe il moto della sua mano con attenzione, più lento del normale grazie al suo potere oculare, rimanendo immobile. Non si ritrae ma neppure asseconda il di lui fare, confusa e bloccata da quell'attimo di perplessità. Ne osserva il viso, i lineamenti e quand'ode quella sua proposta d'accompagnarla si ritrova ad annuire, semplicemente al suo dire. <Va bene. Grazie, Koichi.> abbozzerebbe un sorriso appena accennato sentendosi in parte confortata dal di lui interesse nel volerla proteggere, in parte desiderosa di affrettarsi a tornare a casa per poter trovare rifugio e conforto fra le braccia dell'unica persona capace di donarle in questo momento un attimo di pace. [END]

Akira si ritrova dinnanzi all'Anteiku durante una sua passeggiata solitaria.
Decide di entrare per ripararsi dal freddo pungente ed anche per far visita a Koichi.

Qui il ragazzo l'accoglie e nasce fra i due una pacata e piacevole conversazione che porta, alla fine, ad una scomoda scoperta. Koichi le rivela cosa in realtà avrebbe significato lavorare per Shiro -pur non sapendo che sia stato lui ad offrirle quel famoso lavoro- e porta la ragazza a mettersi sulla difensiva nei riguardi del mondo intero.