Giocate Registrate

Giocate Disponibili
Calendario
Trame
Giocate Registrate

Assaporando il mondo s'incontra il prossimo

Free

0
0
con Haran, Koichi

19:42 Koichi:
  [Prati Fioriti.] Una, due ed altre gemelle: un'infinità di gocce d'acqua che abbandonerebbero il firmamento scuro, nell'atto di precipatare e lasciare che la loro vita, relativamente breve, vada a terminare appena queste si schiantino sui numerosi steli d'erba lì presenti. Un danzar di nubi scure accompagnerebbero quell'ambiente, con un'illuminazione che non sembrerebbe permettere una visibilità perfetta, ma sicuramente non la inibisce totalmente. Iridi arancioni che accarezzerebbero quel paesaggio, quell'erba coltivata, curata da adetti prescelti; un'armonia di colori che andrebbero ad esser risucchiati, sotto forma di dati, mediante quello sguardo, attento, e trasferite poi nella propria mente. Non si preoccuperebbe d'esser sprovvisto di qualche protezione, quale un ombrello, ma lasciando che quella condizione atmosferica vada a crogiolare quell'animo, donandogli una sensazione di libertà. Nessun vincolo, nessun limite. Così che allargherebbe appena le leve superiori, ognuna in una direzione differenti, verso due poli opposti, accogliendo quella situazione atmosferica, facendosi portatore di quelle minuscole entità che colpiscono delicatamente il proprio volto e le vesti che lo fasciano. Un semplice haori ed un pantalone, dal tessuto elasticizzato, del tutto nero, fasciandone la fisionomia del Chuunin, a causa dell'effetto bagnato, rendendo quel vestiario poco più appicicoso alla propria epidermide. Lungo la vita, ben presente, vi sarebbe un obi di un grigio chiaro, il cui fiocco, di mediocre dimensioni, può presentarsi dinanzi, lievemente spostato, più prossimo al fianco destro. Un moto lento, fluido, nel compiere una serie di passi, piccole falcate che gli permetterebbero di intersecarsi con quella bassa vegetazione, cogliere la bellezza che potrebbe essere scaturita dall'area circostante. Come se stesse tentando d'addentrarsi in un quadro, rasente la perfezione, con la mera intenzione di sentirsi all'interno di un concetto molto più ampio. Astratto, forse sarebbe questo il termine che spesso può essere associato alla propria identità. Un individuo che non avrebbe un passato ma solo un vivo presente: può davvero bastare ciò a renderlo completo? Può davvero stringere tutta la sua motivazione in quelle mani ed avere la determinazione sufficiente ad andare avanti, superando ogni ostacolo? Respiri che verrebbero compiuti, un processo accurato, che non produrrebbe rumore. Silente, senza emettere fonema alcuno dalla propria cavità orale, ignorando anche di quel cuoio capelluto poco più pesante, di quelle ciocche azzurre che, intrise d'acqua, sarebbero indirizzate verso il basso, seppur senza distogliere il loro miglior attributo: ribelli. Un volto apparentemente tranquillo, quei lineamenti distesi. Placato. Eppure dentro di sé ruggerebbe qualcosa, una prassi che ogni Shinobi dovrebbe scandire, soprattutto se distante dal plesso cittadino, ove la percentuale di pericolo aumenta a dismisura. Frutto dell'energie fisiche e psichiche, all'interno del proprio organismo: un torrente d'energia che andrebbe a scorrere, a solcare ogni particella che lo comporrebbe, fino alla sua fuoriuscita. Il chakra, così sarebbe chiamato quell'arcano potere, sarebbe vivo in lui. Un'incognita costante, pronta ad esser attinta, come acqua fresca che rivitalizza i sensi umani. [Chakra On][Equip.Scheda]

19:50 Haran:
 E' una giornata di pioggia e l'aria si fa pungente. La brezza è fresca, frizzante ed un odore intenso e penetrante di terra bagnata sale al cervello con prepotenza. E' un odore che Akira trova piacevole, gradevole e di cui desidera godere fino alla fine. Fa parte delle piccole cose della vita che non ha potuto conoscere fino a poco tempo fa e che vuole imparare a conoscere a fondo. Vuole che ogni visione, ogni odore, ogni suono di quell'ampio e vasto mondo diventi per lei abitudine, diventi per lei normale. Vuole sentirsi parte integrante della vita reale cui ora è destinata e perciò vuole entrare in comunione con qualsiasi tipo di giornata la vita le dispone davanti. Quest'oggi un temporale imperversa per Kusa andando a bagnarne i campi, i fiori, rendendo buio il cielo sopra di loro. Alcuna stella, alcuna luna, solo banchi di nuvole scure cariche di lampi e lacrime. Di tanto in tanto un fulmine squarcia l'oscurità del cielo andando a creare come mille crepe sottili nella trama monotona della sera, seguito subito dopo dal roboare ringhiante di un tuono distante. Il temporale l'ha colta alla sprovvista, è imperversato d'un tratto oscurando il sole che fino a poco tempo prima aveva illuminato ogni cosa. L'ha trovata impreparata andando a riversarsi su di lei con le sue falangi umide e nodose. L'ha colta alla sprovvista, sì, ma senza causarle alcun dispiacere: Akira non fugge, non cerca riparo, non disprezza la sensazione della pioggia contro di sè: rimane invero in piedi nel bel mezzo di quel campo a bearsi della sensazione dell'acqua che scivola fra i capelli scuri, sulla pelle nivea, sulle vesti leggere. Il clone indossa abiti semplici, nuovi, che le calzano comodi indosso. Un paio di pantaloncini neri le fasciano le cosce stringendo sulla forma delle stesse mentre poco sopra il ginocchio partono delle calze grige che vanno a modellare la forma delle sue gambe fino a perdersi dentro un paio di comodi stivaletti. Una canotta rossa, color del sangue, ricopre il di lei busto nascondendo le forme immature di quel seno piccolo, gentile, evidenziando il ventre piatto ed i fianchi morbidi. Le spalle sarebbero nude se non fosse per la presenza di una semplice felpa nera che, aperta, ricade lungo il busto e le braccia lasciando scoperte le dita soltanto. Il coprifronte di Otogakure donatole da Katsumi è legato attorno alla coscia sinistra mentre il collo è libero. I capelli neri sono pettinati e ordinati, ricadono in ciocche sottili ai lati del viso fino a giungere all'altezza delle scapole, del principio del petto. Crescono lentamente, poco per volta, man mano che passa il tempo. Sul viso è presente la benda bianca che Katsumi le ha donato tempo prima a nascondere l'iride bianca che ha in volto. Lascia visibile solamente quella rossa, la sinistra, a contrastar con la pelle d'avorio con la quale è stata creata. Ha impastato il chakra prima di recarsi lì, andando a comporre all'altezza del plesso solare il sigillo della Capra. Avrebbe richiamato il chakra andando a cercare di raccogliere all'altezza del capo le energie psichiche presenti nel suo corpo mentre, all'altezza dell'addome, avrebbe tentato di radunare le energie fisiche scaturite dai suoi muscoli, dalle sue ossa, dal suo nutrimento. Avrebbe tentato di raccogliere in due punti precisi queste forze e, una volta fatto, avrebbe tentato di far discendere ed ascendere tali energie al fine di far raggiungere loro il plesso solare. Qui avrebbe tentato, semplicemente, di polimerizzarle attraverso un moto rotatorio combinato che permettesse la loro fusione e la loro unione così da dar vita, infine, ad una unica e nuova energia: il chakra. [Tentativo Impasto Chakra]

20:22 Koichi:
  [Prati Fioriti.] Fulmini che squarcerebbero l'aria, tuoni che prepotentemente mostrerebbero la loro presenza, in un intervallo di tempo secondo il quale, se ben calcolato, potrebbe anche concedere informazioni sull'epicentro del temporale; basterebbe semplicemente conteggiare quanti secondi vi siano, dopo il passaggio della luce e comprendere così quanto sia lento il suono, perenne vittima di quello scontro. Inspirerebbe a pieni polmoni, caricherebbe il proprio petto, colmandolo d'ossigeno e far sì che tale mole possa rimanere all'interno di sé per un poco, prima di rigettare tutto all'esterno, mediante quelle labbra schiuse, in un pesante sospiro, col capo che sembrerebbe appena accennare ad un movimento verso il basso. <Pioggia...> Un sussurro, flebile, un contatto delle corde vocali appena sfiorato: <Saette...> Quelle particolari scariche elettriche che non sembrerebbero abbassarsi, ma rimanendo alte, confluendo da nuvola a nuvola. <Lampi e Tuoni.> Come due sorelle verrebbero inserite insieme, delineando ogni elemento lì presente, ogni fenomeno che si potrebbe presentare al proprio cospetto. E d'improvviso, la gamba, una volta stabilita la pianta al terreno, diventerebbe perno per una rotazione completa dell'asse verticale dell'uomo, in modo tale che la propria attenzione visiva possa estendersi attorno, verso qualsiasi direzione, affidandosi semplicemente a quel vento che sembrerebbe soffiare, accarezzare le carni maschili e far vibrare appena le proprie vesti. <Potrei anche cadere malato, ma questo spettacolo è...> Un lieve curvar delle labbra, con quegli angoli che risalirebbero verso l'alto. Una visione parziale, un accenno di un sorriso delicato che verrebbe ad esser svelato, con naturalezza: <...divino.> Così lo vorrebbe ricordare, notando come l'essere umano possa sembrare ancora così minuscolo, così inerme, dinanzi a quelle manifestazioni, dinanzi allo scorrere del tempo ed alle emozioni che in quel frangente potrebbe assaggiare. E lo farebbe piano piano, gustandosi a pieno e concentrandosi su quel sapore. Che sapore ha? Una voce che potrebbe risuonare distante, dal proprio subconscio, in uno degli angoli cupi di cui è composta. <A volte non serve dare un nome a ciò che è.> E quel sorriso che andrebbe sempre più a prendere parte, a mostrarsi a dismisura. <E lo si contempla solo perché lo è.> Ignaro di ciò che proverebbe, sarebbe solo quella la risposta che potrebbe fornire alla propria curiosità, a quella voce posta dietro ad un immenso cancello, sigillato. Braccia che andrebbero dunque ad esser ripiegate su se stesse, in un movimento identico, simmetrico, per portare l'estremità di quelle leve superiori vicino al proprio capo. Sollevarsi qualche ciuffo? No, si dedicherebbe invece a chiudere quelle mani, ad eccezion d'unico dito per parte, infilando queste all'interno delle proprie labbra, posizionandosi con cura vicino alla lingua. Tutto ciò per compiere un semplice gesto, un semplice suono acuto: un fischio senza preoccupazioni, lungo, che si estenderebbe per numerosi metri, una frequenza che rimarrebbe invariata nel tempo. Un segnale della propria presenza, per i vicini? Semplicemente esposizione di sé sotto una forma sconosciuta ai molti. Avrebbe potuto gridare, liberandosi da ogni preoccupazione, ma avrebbe attirato sicuramente un pubblico allarmato, preoccupato. Lui fischierebbe, una sola ed unica volta, scaricando in quel modo tutti i fardelli che fino ad ora addossavano sulle proprie spalle, dedicandoli a quell'ambiente maestoso. Generoso. E poi? Tornerebbe semplicemente composto, con quelle braccia lungo i corrispettivi fianchi, intenzionato a rimirare il vuoto, come se potesse ricevere una risposta da qualcosa. [Chakra On][Equip.Scheda]

20:41 Haran:
 E l'acqua scivola, scende, scroscia su di sé con forza, decisa. Va infilandosi fra i capelli, sotto le vesti, lungo la pelle, incollando così la chioma corvina alla cute lattea e la stoffa al suo corpo esile. Fradicia, completamente zuppa, eppure contenta, soddisfatta di quelle sensazioni. Vuole provarle tutte, poco per volta. Il freddo dell'inverno, il caldo dell'estate, la pioggia che cade addosso, il vento che smuove i capelli, il fulmine che cade lontano. Non v'è nulla a quel mondo che non desideri provare, scoprire, e per questo rimane immobile sul posto a sentire la sensazione del vento che soffia sulla pelle bagnata. Un brivido che risale la schiena, s'inerpica lungo la colonna andando a scuoterla per un istante soltanto. Freddo. Inizia a sentir freddo. Ma non in maniera intensa, non abbastanza perchè possa andare a penetrare le ossa, no. E' come un velo fresco che ne carezza la carne. Andrebbe a guardarsi attorno, ad osservare i fiori che, colorati, accolgono impotenti tutta quell'acqua, sentendosi piccola e misera in quella maestosa immensità. Un insetto nell'ampio teatro creato dalla Dea natura. Osserva e contempla silente ogni cosa fino a quando, d'improvviso, un acuto deciso non strazia quel silenzio pressante. Un suono continuo, netto, stridente, che va catturando la sua attenzione ed i suoi sensi ora ancor più affinati grazie al risveglio del chakra. Il capo verrebbe immediatamente rivolto, come in risposta ad un richiamo, verso la fonte di tale suono. Sulle prime non vede nulla, il buio della sera e la pioggia che copre il mondo con un velo trasparente le offrono qualche difficoltà. Tuttavia le basta muovere pochi lenti, cauti passi verso tale direzione per scorgere poco distante la figura di un giovane. La figura familiare di un ragazzo che le pare d'aver già veduto prima di allora ma che non conosce. Pare non esservi nessun altro, lì, a parte i due e questo porta Akira a supporre che sia stato proprio lui a dar voce a quello strano, deciso acuto di poco prima. Il clone muoverebbe pochi alternati passi fino a lasciare una distanza di cinque soli metri fra loro. La pioggia a scrosciare come una tenda fra loro, il vento che soffia gentile mentre la mancina della Uchiha andrebbe a ravviare la folta chioma dal viso portandola all'indietro, scostando dei ciuffi bagnati dall'occhio privo della copertura della benda bianca. <Ha bisogno d'aiuto?> domanderebbe lei, incerta, non sapendo bene come interpretare quello strano suono udito poco prima. Il primo fischio della sua vita. Ma in quel momento, per quanto ne sa, avrebbe anche potuto essere un disperato tentativo di ricercare attenzione o sostegno. <Si è perso?> azzarderebbe umettandosi le labbra, assaporando sulla punta della lingua rosa il gusto di quella pioggia fredda. [chakra: on]

21:03 Koichi:
  [Prati Fioriti.] Quel silenzio che verrebbe straziato da quel fischio, da quel suono che terminerebbe poco dopo, richiamando comunque qualcuno verso di sé: la potrebbe scorgere, aguzzando lo sguardo, notando come la fisionomia femminile vada pian piano a comporsi, fin quando la distanza di cinque metri andrebbe a delinearsi, mettendo la possibilità di aprire un dialogo con l'altrui presenza. Non argomenterebbe, non subito, lasciandosi investire da quelle domande d'ella, da quella preoccupazione che sembrerebbe sorgere nell'animo della Genin. Piegherebbe il busto, si sistemerebbe affinché possa porsi dinanzi alla sconosciuta, od almeno non totalmente, e lasciare che le proprie voce possa esser nuovo strumento: <No, ti ringrazio...> E porrebbe attenzione a quei lineamenti facciali, analizzando ogni minima curvatura di quel capo, a quelle iridi di cui una celata da una benda ed altri particolari analoghi. <...Akira-San?> Quasi a chiedere conferma da parte altrui, in quel contesto, dato che l'avrebbe scorta durante lo scontro per il suo girone, nel torneo dei villaggi da poco terminato. Piegherebbe dunque appena il capo verso destra, in un movimento a dir poco meccanico, tentando quasi di inquadrarla da un'altra prospettiva: vi sarebbe una somiglianza allucinante con una persona a cui sarebbe legato. La studierebbe, la contemplerebbe quasi alla pari dello spettacolo oltre i propri corpi, in quello scenario principalmente tetro. <Non hai mai provato a...> Come potrebbe dirlo, come potrebbe farle intuire cosa stava facendo? Koichi, dici semplicemente ciò che stavi facendo! <...fischiare?> Chiederebbe, come se potesse essere un'abilità che non tutti possiedono, una capacità al di sopra di varie innate. <Lo sfrutto come se fosse un urlo liberatorio, concedendo all'esterno tutto ciò che s'attanaglia all'interno.> Ed il capo andrebbe ad esser raddrizzato, mentre la mano destra si applicherebbe prima sul proprio addome, per poi risalire verso l'alto, spiegando gestualmente come quel peso venga espresso all'esterno, mediante quella trachea. <Non è magnifico?> Un paio di passi lateralmente, alla propria sinistra, quasi come se volesse discostarsi dallo sguardo femminile e lasciare che ambedue possano volgere occhi verso lo stesso cielo. <Perché non provi anche tu a liberarti?> Sta davvero dando per scontato che vi sia qualcosa da buttar fuori, qualche turbinio di pensieri che infastidisce la mente dell'Uchiha? <Siamo solo noi due, non provar vergogna.> La incentiverebbe quasi, mostrandosi cordiale e cortese, con quei modi che traspirano semplice ed ingenua gentilezza. Come potrebbe sembrare d'altronde un automa pronto ad ucciderti, Akira? Lui, con quel visino così dolce e dai tratti quasi nobili? Sembrerebbe a suo agio, in quella maschera che riverserebbe all'esterno. All'interno di sé, prenderebbe quella situazione come pretesto per incrementare i propri sensi, renderli pronti a captare qualsiasi segnale o qualche fonte di pericolo, sia per se stesso che per quella fanciulla appena rivelatasi, al proprio cospetto. <Ah...> Quasi dimenticava, che sbadato: <Il mio nome è Koichi.> Affermerebbe, piegando appena il capo in avanti e portando la mano destra lungo il proprio petto, ad accarezzare la zona in cui dovrebbe situarsi il cuore. Espresso ciò, tornerebbero statuario, in quella posa appena assunta, con le braccia cadenti. Rilassate. [Chakra On][Equip.Scheda]

21:20 Haran:
 Osserva Akira, con la sua unica iride libera, i lineamenti dell'altrui viso. La forma delicata e definita del volto, la chioma azzurrina che, bagnata da quella pioggia incessante, si rivela esser ancor più scura, le iridi aranciate e brillanti. Si, ha decisamente già visto questa presenza, questo ragazzo, ma dove? Ricorda i lineamenti del viso, la corporatura, l'altezza... eppure alcun nome sovviene alla sua mente. Forse... forse l'ha visto qualche volte a Konoha? Magari uno dei partecipanti alle gare? Eppure non le pare di ricordare d'averlo visto scontrarsi in alcuna gara. Mhn. Rimarrebbe ad osservar, semplicemente, l'altrui figura fino a quando essa non va a proferir parola al suo indirizzo. Rimane un po' sorpresa quando l'altro la chiama per nome, le sembra così strano che qualcuno possa conoscerla o, in questo caso, riconoscerla per strada. Lei che non è nessuno, lei che solo è un pallido riflesso d'una figura ben più grande ed imponente di lei. Ode la sua voce, le sue parole, ritrovandosi a sbattere appena le ciglia e schiudere leggermente le labbra, confusamente. <No> ammette semplicemente con innata ingenuità. <Avrei dovuto?> chiederebbe incerta, quasi temendo che la sua fosse una imbarazzante mancanza, una inconcepibile lacuna. Non sa cosa sia un fischio, non sa a cosa possa servire, ma dalle parole dell'altro parrebbe quasi bizzarra quella sua confusione. Non che, in ogni caso, la sua espressione appaia di scherno, affatto. La guarda invero con quieta cortesia e, forse, un pizzico di curiosità. Lascia ch'egli prosegua, che la sua voce fuoriesca dalle labbra sottili e, quando l'altro si scosta per osservare il paesaggio, le iridi di Akira seguono il suo fare. Le labbra si distendono verso l'esterno, l'espressione s'ammorbidisce, ed il capo va annuendo leggermente a quel suo dire. <Sì.> un sussurro forse troppo flebile, forse troppo leggero perchè possa sovrastare il suono della pioggia. <Sì, lo è> riconferma ammirando la bellezza di quel panorama, prima di ritrovarsi a sentire il cuore stringersi un attimo soltanto in una morsa. Quel panorama, quello specifico attimo, le riporta alla mente un episodio spiacevole del recente passato. Lei, Katsumi, Arima, tutti e tre sul tetto fiorito della Magione Uchiha. La notte che avanza, la pioggia che scroscia, ed il corpo esanime dell'ex capoclan che giace ormai morto al suolo, investito dalle lacrime del cielo e ricoperto di sangue cremisi. Una bellezza indescrivibile quella di quel tetto ricolmo di gigli bianchi, un dolore senza nome quello che ha bruciato il suo cuore quella sera. Un dolore abbastanza intenso e profondo da arrivare a far risvegliare, in lei, quell'antico potere ormai noto al mondo come Sharingan. Stringe appena le labbra, il sorriso scema, e quello che Koichi le dice in seguito la porta a scacciar dalla mente quei ricordi. <Mhn?> Inclina appena il capo verso la spalla sinistra, aggrotta di poco le sopracciglia, osservando il viso altrui. <Non so... non ho molto da buttar fuori. Vorrei più accogliere qualcosa dentro> rivela lei, semplicisticamente, totalmente ignara della quantità immane di volgari battute che qualcuno avrebbe potuto fare nell'udire quelle parole. <Vorrei poter salvare nella mia mente questi odori, questi suoni, la vista dei lampi che crepano il cielo di tanto in tanto> chiarisce e specifica poi alzando il capo verso l'alto, reclinandolo appena all'indietro. Vorrebbe accogliere nuovo sapere, nuove informazioni, nuova conoscenza. Informazioni forse basilari per chiunque altro, ma non per lei. E solo allora, dunque, ecco che il Goryo s'andrebbe a presentare portando così l'Uchiha a riportar su lui il proprio sguardo, la propria attenzione. <Akira> si ripresenta a sua volta sebbene avesse già udito l'altro chiamarla per nome in precedenza. <Come... sapevi chi fossi? Ci siamo già incontrati per caso?> domanderebbe dunque lei andando ad assottigliare appena lo sguardo con fare incerto, bramoso di capire, di sapere, fissando l'iride scarlatta in quelle arancioni e brillanti di lui. [chakra: on]

21:51 Koichi:
  [Prati Fioriti.] Un paio di respiri, non rispondendo immediatamente alla curiosità avversa, sul come sappia il nominativo femminile, su come sia possibile che un'ombra come la Genin sia in realtà sotto attenzione del Chuunin, lì accanto. <Konoha, il torneo dei villaggi.> Leggermente andrebbe ad estrarre fuori la risposta, scandendo ogni lettera, ogni sillaba, allegando il giusto peso e la corretta intonazione per far sembrare quanto più meliodosa possibile la risposta. <Eri una delle contendenti nel titolo dei Genin.> Questo lo ricorderebbe, dato che avrebbe assistito a tutti gli scontri, ad ogni eliminatoria e notare come le nuove pedine stiano crescendo, maturando, sotto gli insegnamenti del villaggio natio od ospitante. <Chiunque fosse presente lì, attento, saprebbe riconoscere quel volto.> Come se fosse un viso facilmente distinguibile, con quei tratti e quelle tonalità alquanto singolari. Come potrebbe ignorare questi dettagli? <Tranquilla.> La rassicurerebbe, poi: <Non sei obbligata a fischiare, era solo un invito, ma...> E sorriderebbe, ancora più ampiamente, fino a sfociare in una piccola risata, contenuta, al progredire delle successive parole. <Non voglio offenderti e mi scuso anticipatamente per questa reazione.> Esordirebbe così, facendo svanire quella risata, lasciando un velo di gioia. <Ma ho avuto quasi una sensazione di nostalgia, nelle tue parole.> Andrebbe a schiudere nuovamente quelle labbra, dopo essersi caricato di nuova aria: <In passato, è accaduto di provare una particolare sensazione, come se mi avessero consegnato la possibilità di una seconda opportunità, per vivere questa realtà.> Un filo di malinconia potrebbe anche avvertirsi, se ascoltate meglio quel tono di voce maschile. <Ho dovuto conoscere nuovamente ciò che vi era al di fuori della mia abitazione, scontrarmi con una realtà a me sconosciuta e lasciar che la mia memoria potesse, come una spugna, assorbire tutte quelle nuove informazioni.> Bei ricordi, no? Probabilmente si possono ritener tali, solo quello che consegue il contratto che avrebbe firmato, mediante quell'angelo dalle piume corvine. Un emissario, a quanto ricorda. <Dunque capsico cosa tu intenda e ti auguro di trovare il tuo percorso.> Nemmeno potrebbe terminare quelle parole che potrebbe avvertire quasi uno scossono, all'interno di sé, nei meandri della propria mente. Un ticchettio contro quella sbarra, uno sbuffo nel trovarsi all'interno di una prigione. Richiederebbe quasi libertà, in quel momento. <Voglio svelarti un segreto, che rimarrà qui.> Quasi severo in quell'ultimo dire, come se le imponesse il segreto, come se le stesse consigliando di non argomentare con nessuno. Ecco che una mole di chakra verrebbe richiamata all'interno del plesso solare, per poi spingerla verso l'alto, in un movimento accurato e non rapido. Quel nucleo d'energia che risalirebbe lungo la trachea, supererebbe la gola e si inoltrerebbe oltre, verso il proprio cervello. Ecco che lo vedrebbe: quei due emisferi che andrebbero ad esser collegati, ma tralasciando una piccola cavità verso cui il chakra del Chuunin andrebbe a consumarsi, a rilasciare quell'impeto. Una sollecitazione, una minima vibrazione ed un semplice...clack! La porta che separerebbe i due volti della stessa medaglia andrebbe ad aprirsi, con un cigolante movimento: <Uh...> Un respiro, mentre la trasformazione andrebbe a presentarsi all'esterno. Quei ciuffi azzurri andrebbero a perdere ogni colore, divenendo semplici filamenti, candidi, i quali incorniciano il nuovo volto maschile. Lineamenti più morbidi, rispetto alla forma precedente. Oltremodo, quegli occhi andrebbero a divenire verdi, d'una tonalità accesa. Due smeraldi che andrebbero ad esser incastonati all'interno dei bulbi oculari, lasciando che questa nuova colorazione vada ad impattarsi contro quelle scarlatte femminili. Le mirerebbe, le osserverebbe. Un sorrisetto, poco più divertito, andrebbe a plasmarsi: <Il mio nome è Chikage.> Si presenterebbe, nuovamente? Dopotutto sono due persone esteticamente differenti, ma... allora? <Come due entità che condividono...> Cosa? Sarebbe giusto parlare di anime? <...lo stesso filo.> Inseriamola così, potrebbe risultare più semplice, no? <Hai un volto davvero carino, sai?> Ed anche il lato caratteriale si tramuterebbe, in un qualcosa più ad impatto: <Mi ricorda una persona, a me cara.> L'equivalente di un fratello, da proteggere a qualsiasi costo. La miglior incognita della loro vita. [Chakra On: 68/70][Equip.Scheda][Attivazione Innata Goryo Sindrome – Secondo Stadio]

22:14 Haran:
 Ecco, dunque aveva ragione. Era proprio a Konoha che aveva avuto modo di scontrare i suoi lineamenti, la forma del suo viso. Magari l'ha incrociato per caso, si saranno visti da lontano, senza mai incontrarsi davvero. Uno di quei volti veduti di sfuggita, per caso, mentre si cerca di memorizzare un nuovo luogo nella propria mente. Una cometa nella sua vita, una comparsa irrilevante cui non aveva mai prestato attenzione prima d'ora, rima d'incontrarlo davvero in mezzo a questa distesa fiorita, sotto questa pioggia scrosciante. <Oh... sì, sono io> ammette ed annuisce lei adombrandosi appena in viso, ancora piuttosto risentita per quella sconfitta. Ha controllato lo scontro da dietro le quinte coi suoi poteri ed una volta arrivata ad un passo dalla fine, dalla vittoria, il tempo è scaduto e lei è rimasta priva della sua vittoria. Una sconfitta che ancora brucia e arde dentro di lei. <Ma non mi pare di averti visto combattere. O sbaglio?> domanderebbe lei confusa, aggrottando appena le sopracciglia, cercando meglio di capire, di comprendere. Una piccola smorfia va mostrandosi sul di lei volto quando l'altro fa quell'osservazione innocente. Già, chiunque potrebbe riconoscere il suo viso, vedere in quei lineamenti ben altra persona. Ma in quanti, guardandola, potrebbero vedere nel suo viso semplicemente lei? Semplicemente Akira? Forse, probabilmente, soltanto Shura. Ascolta il successivo dire dell'altro, lo vede ridacchiare, l'osserva, ritrovandosi appena imbarazzata per quella reazione. Che stia forse ridendo di lei? <Mhn?> mormora poi, appena, inarcando un sopracciglio, all'udire il continuo delle sue parole. <Nostalgia?> domanderebbe incuriosita, confusa, mentre la pioggia continua a far scivolare lungo il viso solchi invisibili. Ascolta le sue parole, il suo racconto, la sua storia, e si ritrova a sentirsi in parte compresa dall'altro. Certo, forse non può capirla allo stesso modo di Hitachi, non pensa che il ragazzo dinnanzi a sé sia un clone come lei, eppure pare aver vissuto le sue stesse esperienze. <Grazie. Spero che questa tua seconda possibilità non ti porti delusione alcuna> risponde, alla fine, la voce cristallina e pulita dell'Uchiha, portandola ad abbozzare appena un sorriso al di lui indirizzo. Le fa piacere pensare che qualcun altro possa capire parte delle sue esperienze, che non la giudichi per quel suo strano modo di non conoscere molte cose. Si sente quasi sollevata all'udire il racconto del ragazzo e, quando egli le intima di volerle rivelare un segreto, Akira si ritrova ad osservarlo negli occhi schiudendo appena le labbra con fare sorpreso. Annuisce senza dire alcun ché limitandosi ad attendere che questo segreto le venga rivelato. Eppure alcuna parola vien proferita, alcun suono lascia le labbra di Koichi, sono le iridi del clone a scovare per prime questa confidenza. Il viso dell'altro, difatti, va mutando. Il crine schiarisce fino a divenire bianco come neve, le iridi mutano, variano e divengono pura erba. La pelle rimane candida, bianca e il corpo s'allunga appena, di pochi centimetri. Parrebbe la stessa persona eppure al tempo stesso è una completamente diversa. Akira rimane colpita, sorpresa, fissando ammirata quella mutazione. <Ko--ichi?> domanderebbe, confusa, come a volersi assicurare che fosse sempre lui. E l'altro si presenta, svela l'arcano, rivelandole il suo nome. La ragazza è ben confusa, stranita, e si ritrova a sfarfallare le ciglia un paio di volte prima di assottigliare appena lo sguardo per studiare i tratti di quel nuovo viso sconosciuto. <O come l'immagine riflessa di uno specchio. Stessa persona ma... diversa prospettiva> azzarda lei con voce morbida, leggera, sussurrata, trovando estremamente interessante quella capacità, quella trasformazione. Il dire dell'altro porta la clone ad arrossire appena, imbarazzata, intimidita, mentre distoglie leggermente lo sguardo per puntarlo altrove. No. No. Non ancora... Non vuole essere il pallido riflesso di Katsumi, un'ombra dietro la sua fiamma. <Ma non sono lui. Non... cercare lui in me> e il tono è incerto, indecifrabile, a metà strada fra un imperativo ed una supplica. [chakra: on]

22:45 Koichi:
  [Prati Fioriti.] E la pioggia continuerebbe incessantemente, non sforzandosi di incrementare e né diminuire quel flusso discendente, non preoccupandosi più di quelle gocce che rilasciano la propria origine e trovano posto sulla carne maschile o sulla zona a sé circostante. <Complesso da spiegare...> Ammetterebbe, riguardo alla sua non presenza, riguardo al fatto che avrebbe dovuto ritirarsi a quella competizione, impegnato in altre questioni personali. <Ho avuto un contrattempo e mi son dovuto ritirare dall'evento.> Non molto dettagliato, senza spiegare esplicitamente ciò che lo avrebbe rinchiuso e gli avrebbe impedito di divertirsi un poco, di testare meglio quelle capacità che avrebbe ricevuto, quei geni innati che oramai si son stanziati nel proprio dna, amalgamandosi con esso. Alzerebbe appena le spalle, incassando il capo tra di esse, una smorfia che andrebbe a presentarsi, come se volesse esprimere una propria innocenza dinanzi a tutto ciò. Lui avrebbe anche voluto partecipare, ma alla fine nulla poteva permetterlo. Obbligato. E la cosa sicuramente non lo avrebbe colpito positivamente, facendogli ricordare di quanto può essere inerme dinanzi alle scelte maggiori, responsabilità di cui deve farsi carico. <Delusione?> Mugugnerebbe appena dinanzi a quel termine, elaborando una conseguente risposta che non mancherà a giungere: <Che sia ben accette anche quelle. Il dolore, come le altre esperienze, porta a crescere.> Qualche secondo prima di seguire il discorso, con altrettanti fonemi: <Tutto ciò che proviamo ci rende ciò che siamo, ogni nostra scelta ed ogni nostro istante.> E con ciò, dove vorrebbe giungere esattamente? <Anche una minima variazione aprirebbe un varco ad infinite conseguenze. Alla fine, basta semplicemente esser capaci di superare qualsiasi ostacolo e ricordare d'esservi.> La priorità assoluta: la presenza in quel mondo, riuscire a proclamare la propria essenza e non esser semplicemente vuoto. Quello sarebbe il più grande errore, non vivere così come dovrebbe esser fatto. Per la trasformazione? Come potrebbe non accorgersi di quella sensazione a cui sarebbe oramai abituato? A quei volti sorpresi dinanzi al proprio mutamento, a quella incapacità di spiegare cosa sia accaduto e come si voglia spiegare quell'assurda manifestazione di potere. <Qualcosa di simile> Ed al suo ultimo dire, qualcosa sembrerebbe urtare. Qualche passo andrebbe ad esser compiuto, con le mani che si avvicinano al proprio busto, stringendo con forza sulla parte superiore dell'abito proprio. Ne catturerebbe dei lembi e, raggiunta l'Uchiha, non farebbe altro che tirarli via, dalla propria carne, utilizzando la propria forza, affinché l'indumento venga sfilato via e, con un semplice movimento del polso, far ritrovare quella veste, di qualche taglia più grande rispetto a quella della Genin, alle spalle d'ella, nell'intenzione di coprirla maggiormente, da quel freddo che sembrerebbe incrementare, con il progredire del tempo. La vorrebbe riscaldare, in un gesto quasi fraterno, concedendole quella porzione di tessuto, svelando automaticamente il proprio busto, dai lineamenti non troppo marcati. Un tronco tonico, allenato, ma dove la prestanza fisica non ritrova il punto maggiore. <Sarà facile...> E, se riuscisse, tenterebbe di portare la mancina mano verso il capo femminile, scompigliandole qualche ciuffo con fare innocuo, divertito da quella situazione presentatasi. <Tu sei sicuramente più carina, Akira-San.> In quel complimento non affatto velato, tenterebbe di discostare l'arto avvicinatosi, per non risultare eccessivamente fastidioso. <A meno che tu non voglia avvertire anche l'adrenalina che scorre prepotentemente in te, ti consiglio di seguirmi per ritornare in un luogo sicuramente più sicuro.> Non un'ammonizione, ma sicuramente un fare protettivo, che starebbe sviluppando nei confronti di un clon...no, di una ragazza che avrebbe solo una vaga somiglianza a lui, ma conducente d'altra vita. Una nuova vita. [Chakra On: 68/70][Equip.Scheda][Attivazione Innata Goryo Sindrome – Secondo Stadio]

23:02 Haran:
 <Oh. Capisco> mormora semplicemente lei annuendo di poco col capo. Insomma, non vuole intromettersi più di tanto chiedendo spiegazioni: dopotutto è una estranea e non ha alcun diritto a chiedergli alcun ché. E poi, alla fine, cosa importa del motivo per cui non ha potuto partecipare al torneo? Non le cambierebbe la vita a conoscerlo, per cui può anche continuare ad ignorarne la ragione. Magari avrebbe avuto modo di vederlo combattere in altre occasioni, in altre circostanze. Chissà, magari sarebbero persino finiti in missione assieme qualche volta! La pioggia continua a scendere, i lampi a comparire a ritmi irregolari tutt'attorno. Un tuono romba distante e riecheggia violento per il circondario. Il tempo passa, scorre e così lascia modo alla voce di Koichi di trovar libertà. Parla, spiega ed Akira ascolta e conserva ogni singola parola. Comprende, circa, il significato dietro il suo dire, eppure continua a pensare che preferirebbe crescere vivendo di esperienze felici piuttosto che di dolorose delusioni. Un pensiero un po' infantile, forse, ma frutto di una mente ancora acerba, ancora così semplice e lineare da risultare quasi sconvolgente. Akira annuisce, non replica, non vuole aprire discussioni inutili e si ritrova invero a portare la sua concentrazione sul di lui mutamento. Osserva quel cambiamento, quella trasformazione, andando a conoscere ora -per la prima volta- Chikage. Lo vede avvicinarsi, bruciare quella leggera distanza fra loro per fermarsi a ben pochi centimetri da lei. Non si ritrae, non si scosta, ma osserva come in attesa il di lui fare, così da comprendere cosa stia cercando di attuare mentre le mani scivolano sul suo stesso haori. Lo vede sfilarlo, toglierlo, per poi portarlo sulle di lei spalle, sulla sua schiena. Ne viene avvolta e coperta, troppo piccola per un simile indumento, scorgendo ora per la prima volta il corpo d'un uomo sotto l'iride scarlatta. Nota la forma lineare e semplice del busto, i pettorali piatti, la pancia non accentuata, i fianchi dritti. La pelle par essere candida, nessun difetto sembra creparne la monotonia di colore e nella mente di Akira si vanno susseguendo numerose domande. Anche Shura sarà così? Anche lui, sotto la sua veste, avrà un corpo simile a quello? Le piacerebbe, in verità, scoprirlo, se ne riscopre curiosa. Eppure... eppure sente che è una curiosità sottile, pericolosa, che forse non dovrebbe ammettere e di cui dovrebbe invero essere colpevole. Arrossisce appena, imbarazzata, quasi come se si ritrovasse in imbarazzo dinnanzi al busto scoperto del Goryo e accoglierebbe con espressione timida quel gesto cortese e gentile. Le dita delle mani andrebbero a porsi sui lembi della veste che l'altro le ha voluto mettere addosso, i capelli sentirebbero il calore del suo palmo su di essi. <G-grazie Chikage-san> direbbe lei abbassando appena lo sguardo, intimidita, al solo udir quel complimento innocente. <E tu? Tu non prenderai freddo così? Non voglio che ti ammali per colpa mia> andrebbe dunque lei a rivolgersi a lui seguendo i suoi eventuali passi, ricercando una volta ancora il suo sguardo. [chakra: on]

23:59 Koichi:
  [Prati Fioriti.] Coperta, fin troppo, da quell'haori color pece: la differenza tra le due taglie, quella femminile e quella maschile, si farebbe ben avvertire, lasciando che quel semplice indumento, parte del proprio vestiario, possa avvolgere totalmente la Genin e lasciar che questa cada per una decina di centimetri in più rispetto a dove dovrebbe giungere solitamente. La troverebbe anche minimamente buffa, rinchiusa in quel modo, ma fortunatamente riuscirebbe a resistere all'impulso di un'altra risata. Quel ringraziamento giungerebbe rapidamente, per il gesto compiuto, e potrà individuare forse anche quel rossore che alimenterebbe il colore sulle goti d'ella. <Nessun problema.> E soggiungerebbe ancora, alla preoccupazione di lei. <Oltre a fischiare ai temporali...> Come se potesse essere realmente un mestiere, quello: <Sono anche un medico.> Le rivelerebbe, come se fosse un'informazione scioccante, una verità emersa all'esterno e che dovrebbe mantenere come se fosse un piccolo segreto. Un occhiolino di complicità verrebbe elargito, consegnato, mentre continuerebbe il proprio dire: <Se avessi bisogno di cure, potrai rivolgerti personalmente a me e farò in modo che ogni tua ferita venga risanata.> E, piegando appena la testa verso destra, riflettendoci sopra: <Indirettamente proporzionale al dolore che potrei infliggere poi a chiunque abbia osato farti male, per esser corretti.> Quasi come se fosse un segnale di protezione, nei confronti di quella bimba, così acerba, che deve ancora crescere. Il gene innato andrebbe così a sopirsi, improvvisamente, lasciando che le catene che catturavano momentaneamente Koichi all'interno del proprio subconscio vengano distrutte, permettendo un ripristino totale della forma, di quell'identità conosciuta principalmente. <Son sicuro che manterrai questo segreto.> Prenderebbe sempre passo, facendo accortezza che l'altra lo stia seguendo, accompagnandola fino a dove risultasse possibile, congedandosi poi con un semplice saluto e lasciando le ultime direttive: <Se avessi bisogno d'urgenza, vai all'Anteiku, è una caffetteria, e ricerca il mio nome.> Le avrebbe lasciato carta bianca, ogni dettaglio utile, per esser individuato e contattato. Generoso, senza ombra di dubbio. <A presto, dunque.> E dopo averle concesso un'altra passata su quelle ciocche corvine femminili, andrà a scomparire nell'oscurità più totale. [Chakra On: 68/70][Equip.Scheda][END]

00:13 Haran:
 <Davvero?> domanda innocentemente lei, osservando il viso di Chikage con fare tranquillo, incuriosito, stringendosi nell'haori bagnato, decisamente più largo e grande di lei. Un haori che reca con sè l'odore dell'altro e che la porta a tentare di memorizzarlo, di ricordarlo anche in futuro. <Quindi sei una persona importante?> domanderebbe, ancora, con fare ingenuo, incuriosito, sfarfallando le ciglia folte e nere. Pare così strana, così bizzarra, questa creatura! Una giovane donna all'apparenza piuttosto cresciuta, con un'età che andrebbe dai diciassette, ai vent'anni, che al solo proferir verbo par ringiovanire di almeno altri cinque. Una fanciulla, una bambina, intrappolata nel corpo di una donna in fioritura. Una creatura giovane, fresca, pura, costretta a crescere troppo più in fretta del normale. Ode il dire di Koichi, quel suo invito a cercarlo in caso avesse avuto bisogno di cure e, quand'ode quell'ultimo dire, si ritrova a sorridere appena, docilmente, intenerita dalla sua premura. <Ti ringrazio, Chikage-san. Sei gentile> risponderebbe guardandolo in viso, specchiandosi nelle iridi verdi e luminose. <Ti cercherò senz'altro in caso di bisogno> sorriderebbe, allora, cauta, morbida, prima di andare a notare quel nuovo mutamento nel viso altrui. S'abbassa di poco il corpo, il crine si colora, sfuma fino a tornare azzurro, e le iridi cambiano colore fino a divenire di un arancione caldo e brillante. Akira rimane colpita una volta ancora da quella trasformazione e si ritrova ad annuire docilmente quando l'altro le intima, una seconda volta, di non proferir verbo in merito a tale condizione. <Rimarrà fra me e te> assicura e garantisce lei seria, prima di aprirsi in un nuovo, piccolo sorriso. <E Chikage> aggiunge, poco dopo, morbidamente per poi notare i di lui passi muoversi verso una certa direzione, seguendoli quasi d'istinto, sotto quella pioggia che ancora, incessante, continua a battere dall'alto. Memorizza le informazioni che l'altro le concede e, al termine d'esse, va a ruotare il capo al suo indirizzo annuendo leggermente col viso a sua volta. <E tu, se dovessi aver bisogno di me, puoi trovarmi ai Quartieri Uchiha> Dubita che qualcuno possa effettivamente aver bisogno di cercarla, ma trova cortese l'idea di ricambiare la disponibilità altrui. <A presto, Koichi> saluterebbe lei, a sua volta, quando l'altro l'avesse salutata, osservando la di lui schiena farsi sempre più piccola in lontananza, per poi ritirarsi verso la propria dimora. [END]

Akira e Koichi s'incontrano casualmente ai prati fioriti durante un bell'acquazzone.
I due parlano, si presentano, si riscoprono affini per certi versi e si lasciano con delle indicazioni grazie alle quali ritrovarsi in caso di bisogno