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Una lezione importante.

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con Kioku, Kaori

10:12 Kioku:
  [Monte] Un sol splendente illumina l’intera nazione del fuoco, in particolare il famoso villaggio segreto della foglia, colpito numerose volte al cuore, si è sempre rialzato mai indifeso, mai abbandonato a se stesso. I violacei occhi, seppur appassiti dai mille sforzi, si estendono proprio li, verso quel verde sparso misto a case di diversi colori, un villaggio che si sveglia lentamente, dai primi mercanti ai più anziani fino ai bambini, chi troppo piccolo per intraprendere ancora la via del ninja, chi in preparazione ad una futura missione, come milioni di formiche, si muovono, compongono quel che è il villaggio. Dunque cosa è il villaggio? E no, non si parla in termini tecnici, ne di gerarchia, forse la risposta più vicina risiede nel comprendere la famosa e leggendaria volontà del fuoco, ma chi se non le leggendarie figure che hanno solcato coi propri passi queste terre ninja, potrebbero spiegarlo? Ormai storia nelle menti dei più anziani, racconti e fiabe per le orecchie dei più giovani, eppure perdurano ancora oggi, tramandate di generazioni in generazioni forse per ricordare semplicemente, forse…nella speranza che arrivi il tempo di nuovi ninja, nuova speranza. Tali sono i pensieri che ora abbracciano la mente del Rikudo Sennin, intento a godersi ancora per un po’ quel sole che illumina viso e capelli, spoglio di qualsivoglia divisa, se non per del tessuto di soffice tela nero a coprirne busto e gambe, con dei semplici sandali in legno poggiati al suo fianco, non vi sono ne Katane ne armatura a proteggerlo, inerme li rimane nel punto più alto…. il bulbo oculare estendersi lungo tutto il perimetro del villaggio, l’odore saggiare tramite il proprio naso, il rumore dei passeri ed il loro cinguettiero catturato dalle proprie orecchie, il diaframma che sale e scende, inspira ed espira, cercando pace e meditazione, nulla di più ora che deve riposare per l’enorme sforzo nell’aver riportato nel mondo dei vivi Katsumi Uchiha Seiun, forse per capriccio forse per necessità, il divenire di un piano più grande, il segreto per l’immortalità forse, assieme a questi pensieri si uniscono le preoccupazioni per Mekura Hyuga, lasciata andare proprio alle primi luci dell’alba dal suo appartamento, verso quella che potrebbe essere una missione mortale per quanto le ha detto, ma è giusto averla lasciata andare, affrontare i propri demoni cosicché potesse risollevarsi dalle ceneri ancora una volta, più forte di prima, è li per guidare, questa è la sua figura, per ora…[chakra on] [rinnegan off] [no equip] [no katane]

10:26 Kaori:
 La pioggia della notte precedente ha lasciato infine posto ad un clima più mite, sereno. I nuvoloni scuri della sera prima sono svaniti permettendo a quel tiepido sole di fine inverno di illuminare il Villaggio di Konoha. L'aria è frizzante, fresca, ma non particolarmente fredda. Ormai le temperature stanno iniziando ad alzarsi in vista dell'arrivo della primavera, eppure nell'aria rimane quell'odore pungente di pioggia, unico lascito del tempaccio dei giorni precedenti. Kaori si ritrova nuovamente sulla sua strada per il monte dei volti di pietra, sale i gradini della scala metallica che conduce alla cima della parete rocciosa. Aveva timore a recarsi qui questa mattina dopo quanto accaduto la sera precedente con Sakura: aveva timore d'incontrare qualcun altro che avesse voglia di farla impazzire, di farla uscire di testa, ma alla fine ha deciso ugualmente di uscire. Ora che il tempo sta scadendo, che il loro attacco sta per iniziare, non riesce a rimanere rinchiusa fra le quattro mura della sua stanza. Non riesce a nascondersi oltre ad attendere ancora. Si sente impazzire alla sola idea di continuare a rivedere sotto i suoi occhi il viso di Akane, il corpo ormai rigido e freddo di suo padre, il macchinario che hanno utilizzato per violare il suo corpo, cercare di fecondarla per riportare alla vita la pura e sacra discendenza d'Hamura Otsutsuki. E' uscita comunque, ugualmente, decisa a respirare un po' d'aria fresca, a cercare un po' di pace, di silenzio. Avanza sola per la scalinata che conduce alla cima, sola a parte la scorta di special jonin che Raido le ha messo dietro per proteggerla in caso di eventuali attacchi imprevisti, ecco. Indossa una felpa nera con il cappuccio tirato sulle spalle, aperta, così da mostrare sotto di essa un maglioncino giallo luminoso con un gentile scollo a barca che lascia le spalle scoperte. Ai lati del collo s'intravedono le bretelle sottili di una canotta rossa mentre alla gola porta il coprifronte di Konoha donatole tempo addietro -ormai quasi un anno fa- da Azrael Nara. Le gambe son fasciate da un paio di pantaloni elasticizzati che si modellano attorno alla forma delle cosce. Nessun'arma, nessuna tasca con sé, solo il chakra ad ardere vivacemente nel suo keirakukei donandole sensi più affinati e maggiore forza. I capelli sono corti, neri, un taglio sfilacciato e disordinato che le arriva alla base del collo. E' evidente che siano stati tagliati malamente, ma non le importa affatto dell'impressione che può dare. Gli occhi sono marcati da una leggera traccia di occhiaie a seguito di quella nottata trascorsa insonne dopo la lite con la piccola Sakura e la sua espressione è piuttosto mesta. Spenta. Si ritrova sfiancata dall'idea di tenere a bada quella rabbia che le brucia nelle vene e, al tempo stesso, si ritrova spossata all'idea di dover aspettare prima di poterla scatenare. Un momento di transizione cruciale per lei che si ritrova ora a vivere una metamorfosi profonda, una trasformazione viscerale che la spaventa. Inspira ed espira piano, dal naso, cercando di non pensarci, di lasciare quei pensieri da un'altra parte, umettandosi le labbra con un semplice gesto. Sale quell'ultimo gradino ritrovandosi così a raggiungere la cima del monte. Muove qualche passo prima di scorgere, non molto distante, la figura di un uomo seduto sulla roccia. Scruta la sua figura per una manciata di secondi prima di ritrovarsi a schiudere le labbra e sgranare di poco le iridi perlacee. Non riesce a credere ai suoi occhi, non può credere che quella figura sia proprio... proprio... Trattiene il respiro per la sorpresa, incredula, notando quei lunghi capelli scuri, la posa semplice, i lineamenti definiti. Non avrebbe mai creduto di poterlo incontrare davvero, si parla di un uomo entrato nella leggenda, forse ancor più dello stesso Yukio. E non sa come reagire. Rimane immobile, quasi rigida, con le labbra schiuse e le ciglia che sfarfallano appena indecise. Lo shock di un lungo, infinito momento, prima di ritrovare la forza e la parola e reagire. Il busto verrebbe sporto in avanti, le braccia tenute rigide lungo i fianchi mentre va chinandosi verso il basso col capo ad abbassarsi assieme ad esso. Un segno di rispetto, di riverenza, nei riguardi dell'uomo dinnanzi a lei. <Buongiorno...> Rikudo Sennin? Rikudo-dono? Sua eminenza? Non ha idea di come doverlo chiamare, di come doversi comportare. Stanca. Troppo stanca persino per pensare a qualcosa di così semplice. [chakra: on]

10:51 Kioku:
  [Monte] Per la fortuna sfacciata del Rikudo Sennin, qualcuno finalmente lo ha scosso, portando via qui malsani pensieri e preoccupazioni, tirandolo a se e facendolo tornare nel semplice mondo dei mortali, fortuna per lui, forse sfortuna per lei, ma tutto può accadere, del resto la vita è imprevedibile, forse è questo che la rende così interessante e al tempo stesso così oscura, densa di paura e terrore, tutto ciò scorre come linfa vitale tramite le nostre vene, pompando quel cuore colmo di desideri, oscuri o puri che siano, come nel caso della presente ragazza, o laneo dal tono della voce così sembrerebbe. Per quanto gli costi fatica muoversi, un tale saluto è giusto che sia di rimando usata la stessa cortesia, spostandosi quanto basta per poter volgere collo e viso verso la fonte di voce, pur rimanendo seduto, una posizione sicuramente sfavorevole e passiva rispetto all’altrui presenza, oppure una posizione che denota una sicurezza incrollabile nelle proprie capacità, ogni cosa, azione o pensiero può avere moltitudini di letture diverse, le circostanze ne fanno da contorno, la propria esperienza e pensiero doneranno il giusto punto di vista e dunque infine lettura. Pensare che una mente come quella del Rikudo Sennin, dalla semplice posizione seduta potrebbe produrre un epitaffio di ore e ore, può far comprendere quanto distorta e complicata possa essere quella mente, intrappolata in un limbo, cerchio senza fine, condannata a servire il corpo e gli occhi, avente i quali può avere accesso ad altre moltitudini di informazioni…infinite risposte per altrettante infinite domane. Questo enorme e complicato Tesseract ingarbugliato si cela dietro un semplice viso e sguardo, freddo, glaciale, ma non minaccioso, incapace di esprimere le emozioni più semplici per l’uomo, difficili per quel volto e quei lineamenti, che renderebbero mostruoso anche un semplice sorriso, deforme, abominevole, un sospiro <Buongiorno a te> senza nemmeno chiedere referenze o chi possa essere, non per arroganza, non per dare scontato il fatto che il proprio viso e nome ormai sia ben noto a tutto il mondo, ma per un semplice pensiero radicale e filosofico per il quale i nomi sono solo una etichetta volendo, nulla le vieterà ovviamente di presentarsi, come la società nipponica e buona educazione certo impone, ma è così rilevante a fronte di una diretta, sincera e spontanea conversazione o confronto di idee possa avvenire? Di rimando infatti a tuonr le corde vocali, l’aria vibrando produrre semplici suoni, parole quasi sussurrate <Il villaggio si risveglia, lentamente, credo profondamente che questo loco sia uno dei migliori per assaporare la più bella delle albe e la più luminosa delle lune…non credi?> Criptico come sempre è nella sua natura, forse facente parte anche di quel mistero che ormai la sua figura copre come ruolo, come se tutto ciò à che li circondasse non fosse che un opera teatrale e loro non sono che semplici attori, di un ruolo prefissato e stabilito, un copione alla mano e l’unica libertà che par essere quella più importante è la capacità di poter interpretare o improvvisare le parole scritte in tal copione, il tutto ovviamente inconscio a noi…la domanda allora è…chi è l’artefice di tutto? Domande che ovviamente eviterà di porre subito alla fanciulla, ora che può deliziarsi del suo viso e dei suoi occhi, cercandone fin da subito un contatto diretto, lasciando a lei la parola e la libertà di disporre come meglio crede di quella semplice domanda fatta in precedenza. [chakra on] [rinnegan off] [no equip] [no katane]

11:11 Kaori:
 Ha davvero importanza, in questo momento, tutto quello? L'inchino, la prostrazione, il rispetto, la riverenza? Chiedersi se dovrebbe dargli del lei, del voi, se non dovrebbe magari offrirsi di lustrargli le scarpe? Ha davvero senso, in una situazione così delicata, scervellarsi e chiedersi infinite volte come doversi comportare dinnanzi una simile leggenda? Il primo istinto la porta a pensare di sì, di ricorrere a quegli insegnamenti radicati in lei dopo anni ed anni di istruzione ed educazione ricevuta da uno dei più rigidi ed inflessibili Hyuga che abbia mai conosciuto. Eppure... eppure basta un istante di riflessione di troppo per lasciare che il dubbio s'insinui in lei come serpe tentatrice. La sua vita è letteralmente in bilico su di un precipizio assai profondo. Potrebbe vederla svanire, scivolare nel vuoto da un momento all'altro e ritrovarsi nuovamente prigioniera di quella donna ch'ormai costella i suoi incubi più oscuri. Potrebbe morire, per davvero, nel giro di pochi mesi. E allora, a fronte di una simile prospettiva, che importanza ha chi ha davanti? Come parlargli, come guardarlo, cosa osare o non osare fare? Tutto, se guardato da un'altra prospettiva, par essere più piccolo, insignificante. Persino futile. Pensieri, considerazioni, reazioni che la sfiancano in ogni istante. Non sa più chi è e non sa più come è giusto che debba essere. Dovrebbe frenare i suoi sinceri istinti e limitarsi ad essere una stupida eco di chi era stata in passato? Oppure dovrebbe semplicemente accettare ed abbracciare quel cambiamento che l'ha resa ora più dura, più forte? Domande, domande, domande. E' solo la voce dell'altro a strapparla via da quei quesiti silenziosi, logoranti, portandola ad osare alzare il capo, rivolgere nuovamente a lui lo sguardo ed alzarsi per tornare in posizione eretta, nuovamente distesa in tutta la sua modesta statura. Una bambolina. Piccola, esile, bassa, par quasi impossibile vedere in lei una kunoichi, e forse, per un istante soltanto vorrebbe essere una persona qualunque. Chiunque altro, tranne se stessa. Ode quella domanda, quel quesito, e si ritrova ad inspirare a fondo mentre il capo verrebbe volto alla propria sinistra ad osservare il Villaggio che si apre e disperde sotto il suo sguardo, sotto di loro. La vita scorre distante per le strade ai piedi di quel monte e lei la osserva da lontano, senza prendervi parte. <Sì, è vero> chiosa alla fine dopo qualche attimo di breve silenzio, liberando un respiro leggero, mite, che la porta alla fine a muovere qualche altro passo in direzione dell'uomo, una distanza di soli tre metri a dividerli per rendere la conversazione un po' meno imbarazzante, disagiante. Andrebbe lei a chinarsi, a sedersi sul bordo di quella parete lasciando sporgere le gambette oltre il confine roccioso, le mani ad afferrare gli orli frastagliati della pietra accanto alle sue cosce, quasi a voler ricercare un ulteriore appiglio al quale aggrapparsi. <Ho passato anni quassù a guardare il Villaggio dall'alto. Mi sembrava di poterlo abbracciare, di poterlo proteggere da qui. Mi faceva sentire meglio. In pace> rivela lei puntando le iridi perlacee sulle strade sotto di lei, sulle case ed i negozi che si susseguono in una rete di vie e quartieri vocianti e ridenti. <Speravo di ritrovare queste sensazioni ritornandoci.> Ci sperava davvero. Di ritrovare la pace che quel luogo le aveva donato negli anni, da piccola, quando di reali dolori non ne aveva mai conosciuti. <Ma forse quella pace dipendeva da me, non dal luogo dov'ero> un sorriso amaro, mesto, che si distende appena su quelle labbra rosate, portandola a volgere solo ora lo sguardo verso l'altro, quasi a volerne cercare conferma negli occhi. Occhi magnetici, ipnotici, dalla potenza inaudita. Occhi pericolosi, per gli altri e, probabilmente, per egli stesso. <Non trovate?> [chakra: on]

11:44 Kioku:
  [Monte] Osserva l’esile figura che gli si para d’innanzi, il primo istinto di una persona, all’apparenza e senza esperienza, sarebbe quello di additarle qualsiasi possibile impiego tranne la figura del ninja, ma per occhi come i suoi e la mente che li guida, sa bene che nulla è come appare, di come esili figure o piccole possano racchiudere un enorme potere insite in loro, o di come energumeni muscolosi si fermino semplicemente ai limiti di un corpo mortale, cosparso di carne e nervi e nulla più. Ritrovandosi quindi a scrutare ogni piccolo particolare di lei, con una velocità di deduzione e archiviazione quasi folle e geniali, carpendo ogni possibile aspetto o particolare unico di quella persona e figura, in attesa ch’ella trovi risposta a quel semplice quesito, semplice a primo acchito, nascondendone dietro un senso e unna spiegazione molto più profonda di quanto si possa immaginare, d’altronde il Rikudo Sennin è alquanto rinomato per non parlare a vanvera e centrare sempre ciò a cui sta puntando. Così di rimando aprirebbe la mente alle di lei parole, scivolando sinuosamente e ascoltandole con attenzione, così che il proprio udito capti anche al più piccola variazione di timbro vocale, comprendere i suoni aiuta non solo a comprendere meglio le emozioni dietro le parole ma anche la sincerità d’esse e di chi le vocia facendosi padrone di tali pensieri, convinzioni e voci, alle quali, senza perdere troppo tempo risponderebbe di rimando con un tono pacato, quasi atono, difficile da comprendere se la natura sia minacciosa, fredda o semplicemente distaccata per volontà o semplice abitudine. Inspira, cogliendo ogni odore acre e pungente del loco, espira e con esse parole che come acqua rugiada di una foglia, si distaccherebbero da quelle labbra, taglienti e pericolose quanto la lingua, raggiungendo la mente ed i pensieri della giovane kunoichi, in particolare il cuore <trovo sia molto bello poter pensare e sperare di difendere un qualcosa che si estende oltre il semplice concetto di struttura o persona> intendendo ovviamente ciò che significa in senso più filosofico la parola villaggio, non solo un mucchio di case e strutture <e al tempo stesso> riprenderebbe il dire <trovo sia deprimente legarsi ad una idea così utopica, stimolante…ma irraggiungibile> lo sguardo fisso nelle di lei iridi <ovviamente il mio intento non è assolutamente calpestare quelle che sono le altrui speranze o credenze, io stesso sono nato in un villaggio come questo, l’aria non era così pulita ne così bella d’assaporare, le giornate non sono mai state soleggiate, e di questo verde non ne ho memoria da dove vengo eppure nulla può farmi desistere dal chiamare quel luogo casa, o almeno un tempo> dando qualche informazione sul suo villaggio di provenienza, nonostante molti popolani, miti o leggende lo ritraggono come un divino, sceso in terra o comparso da chissà dove, per poter compiere il proprio volere o quello dei Kami. Informazioni ovviamente insufficienti per poter comprendere realmente da dove provenga, quanto basta però per captarne del tono sofferente e angosciato in quelle parole, parole che non smetterebbero di fluire…non ancora <per quanto non sia riuscito a proteggere nulla di quello che avessi in quel villaggio, posso arricchire la tua mente della mia esperienza, concordando sulle tue ultime parole, aggiungendo che ogni tuo desiderio o volontà, protezione o meno che sia, assieme all’ideale di villaggio e casa, saranno sempre insiti nel tuo spirito e nella tua anima> attimi di pausa <ciò che muta sei te stessa e mai il luogo che per te può rappresentare qualcosa, poiché sei te che dai importanza a tale loco e non viceversa> in parole più comprensibili dandogli anche conferma di quanto aveva detto, non importa dove andrai o se cambierai luoghi o se i luoghi stessi cambieranno, ciò che per te era luogo di speranza o protezione, così rimarrà finché tu lo vorrai, nel momento in cui cambierà la tua anima o spirito cambieranno, allora anche il luogo più antico che da sempre ha significato qualcosa per te, muterà divenendo solo un ricordo di quest’ultimo. Non vi è nulla di male in tutto questo, solo il semplice divenire e scorrere delle cose. [chakra on] [rinnegan off] [no equip] [no katane]

12:11 Kaori:
 C'è qualcosa di rilassante nel tono distaccato dell'altro. Nel suo modo serafico, distante di fare, di dire. C'è calma, c'è quiete e c'è pace. I suoi occhi non la scrutano con preoccupazione o pietà, né rabbia o rancore; in verità nulla par trasparire davvero da quelle iridi fenomenali se non una sorta di distanza della quale è quasi grata. A volte, forse, è più semplice rivelare se stessi ad un estraneo che non a qualcuno che ci è stato accanto, specialmente in un momento per lei così delicato, così sottile. Non è turbata dal tono di lui, né dall'apparente assenza d'emozioni che palesano i suoi gesti od i suoi sguardi, si sente solamente... piccola. Una bambina ai piedi d'un mito, che carezza con mano ciò di cui sono fatte le leggende. Ascolta la sua voce, ode le sue parole, e si lascia trascinare da quel suono pacato fino a lasciare ch'esse filtrino in lei, mettendo radici. Cerca di memorizzare, metabolizzare e comprendere ogni parola, ogni concetto, rimanendo infine silente nel proseguire di quel discorso. L'osserva senza distogliere lo sguardo, senza sfuggire dall'analisi attenta di quelle iridi violacee, mitiche, ritrovandosi improvvisamente a pensare come, stranamente, siano proprio di lì di fronte a lei. E non è un ninja che ha davanti. Non è un guerriero, non un combattente. Una persona. Un uomo. Qualcuno come lei, come chiunque altro in questo esatto momento. Qualcuno che sta mettendo alla di lei disposizione la propria esperienza, la propria saggezza, forse solo per rendere meno imbarazzante quell'incontro, forse solo per il diletto di condividere la propria esperienza col mondo. Chissà? Kaori ascolta ritrovandosi alla fine a porsi un'importante domanda sorta dal di lui dire. Lei è senz'altro mutata, cambiata, forse cresciuta in quei mesi che l'hanno tenuta da lì lontano. Ma così è anche per i suoi sentimenti? Per ciò che prova nei riguardi di quel Villaggio? Lo considera più distante da sé? Il desiderio di proteggerlo che l'ha sempre animata è forse ora mutato anch'esso? Non sa trovare una risposta precisa, non nell'immediato, forse temendo invero quale essa possa essere. Se davvero quel suo desiderio fosse mutato questo vorrebbe dire che, davvero, sarebbe impossibile per lei tornare ad essere la stessa Kaori di sempre. Quella ch'era stata prima di venir rinchiusa nel covo di quella donna. Vorrebbe dire accettare ogni cosa, accettare la rabbia, l'astio ed il rancore che ora riserva per il clan e, forse, per il Villaggio stesso. Le iridi candide si volgono ora, nuovamente, a scrutare le vie sotto di loro. Quel posto come la fa sentire, ora? Può ritrovare in quel luogo le stesse sensazioni che le ha sempre trasmesso? <Siete riuscito a trovare un altro luogo che potete definire "casa"?> la domanda giunge alla fine, dopo lunghi attimi di silenzio, seguita dal volgere del di lei viso in direzione altrui. Ne ricerca il volto, lo sguardo, come a voler notare nella di lui espressione una qualche reazione a quelle parole. Una verità che brilli nelle iridi spente prima ancora di raggiungere le labbra, la voce. Forse, dentro di lei, ha semplicemente timore di accettare l'idea che quel Villaggio, per lei, non è più una sicurezza. Non la fa sentire protetta, non la fa sentire libera. E' lì che è stata rapita, da lì che è stata strappata via con forza. Eppure sarà colpa di Konoha? O è solamente colpa della sua stessa debolezza? E se anche Konoha non fosse più la sua casa, dove potrebbe trovarne una? Raido sarà sempre un rifugio per lei, un luogo dov'essere se stessa, dov'essere libera ma... potrà mai vivere solo per lui? E' tutto troppo confuso, troppo caotico, ora, nella sua mente. Stanca. Si sente decisamente stanca. <I vostri occhi sono distanti, sapete?> chiosa d'un tratto lei andando a tenere le labbra leggermente distese verso l'esterno in un accenno di un sorriso mesto. <Come se osservaste tutto dall'esterno, come se la vita vi scorresse accanto senza toccarla davvero. Mi chiedo se non lo troviate stancante, a volte. Se non desideriate mai di fermare il tempo, solo per un istante, e spegnere ogni cosa.> I di lui occhi hanno senz'altro visto e conosciuto conflitti ben più seri e profondi di quelli che lei abbia mai potuto affrontare, sicuramente avrà vissuto esperienze che lei non può neppure immaginare. Molto più dolorose, pericolose di quanto lei non abbia affrontato in quegli ultimi mesi. Eppure è ancora lì. Stoico e sicuro siede sereno al suo posto, continuando a vivere. Si chiede come possa riuscire, come possa avanzare, ancora, senza esitazione quando lei riesce a rimanere in piedi solo grazie alla rabbia ed al rancore che sostengono i suoi passi. <Essere una persona libera. Qualsiasi.> il viso verrebbe ora rivolto verso il cielo, il capo reclinato all'indietro nel godersi sul viso la carezza d'un soffio di vento leggero. Avverte quella carezza sulla pelle, la chioma corvina scostarsi appena attorno al collo in ciocche irregolari e diseguali. Chiude gli occhi abbandonandosi per un secondo soltanto a quel desiderio. [chakra: on]

12:57 Kioku:
  [Monte] Ha voluto esprimere un concetto on facile, quello che fino a poco fa riempiva il silenzio, sperando soprattutto di non essere frainteso, ma dato il tipo di persone che gli si apra d’innanzi, anche se venisse frainteso? Ogni mente sviluppa un proprio concetto e da quel concetto nascono pensieri, opinioni, confronti e risposte, quindi non c’è realmente un qualcosa di giusto e sbagliato, etichette come fraintendere o come il giusto e lo sbagliato, sono date da uomini, uomini che a loro volta hanno per l’appunto visioni differenti anche di un singolo oggetto. Una mela ad esempio, per Kaori può essere un semplice frutto, per un monaco l’espansione della terra stessa che tramite la vita ha generato un qualcosa di meraviglioso come nutrimento per l’uomo e quindi atto di amore della terra nei confronti degli uomini che l’abitano e quindi merita rispetto, oppure come per Akendo che ha visto usare una mela per uccidere due persone e quindi la vede anche come un’arma, dunque non esiste fraintendimento in queste situazioni, soprattutto queste, così come non esiste il giusto e lo sbagliato, conta solo ciò che le proprie esperienze, miste a credenze e concetti fatti propri, si mischiano tra loro generando un pensiero e questo è ciò che conta, tutto il resto è futile incatenamento della società, creata dall’uomo tramite concetto più o meno giusti questo non sta a noi dirlo ma rimangono concetti umani, che mutano, variano da persona a persona. La domanda di Kaori ne è un esempio, la semplice deduzione che quella casa sia andata perduta, quasi esige il capire se vi sia il bisogno o meno di trovarne un’altra…un altro posto da chiamare casa <in parte, per un certo periodo, la stessa Konoha potrei chiamarla casa, nominato Sannin non a caso dal Kage stesso, che mi ha accolto come questo villaggio> senza contare l’aver difeso questo stesso villaggio durante l’invasione e l’attacco di Kuugo e compagnia bella <eppure nulla mai potrà soppiantare quelli che sono per me ricordi di quella che sarà per sempre la mia casa, indifferentemente da tutto, nonostante tutto ciò che è accaduto nel corso della mia vita> attimi di silenzio, come se i propri occhi ora si distaccassero completamente da quel momento, richiamando la mente a quei ricordi tenuti reclusi da tempo, se non per proprio diletto e piacere, assaporarli di tanto in tanto, ora richiamati per poter continuare la frase <dove ora vi è cenere e legna bruciata, vivrà per sempre il ricordi dei fanciulli che si allenavano o giocavano, dove ora vi è terra arida o semplici rimasugli di strutture morte, vivrà per sempre il ricordo dei saggi in meditazione e dei campi arati> dando anche qualche altra informazioni nulla di così preciso ma il concetto stesso è ben chiaro, un sospiro, poi due, al terzo le labbra si schiuderebbero nuovamente affinché nuove parole scivolino da esse, raggiungendo la figura della giovane Hyuga <magari ora per te questo posto non è più fonte di pace, magari ciò che hai dovuto affrontare ti ha reso diversa, perfino questo nostro incontro di renderà diversa da quella che eri due ore fa, ieri, il mese scorso, e domani sarai diversa da oggi, vivrai con nuovi pensieri, opinioni e concetti nati da semplici incontro o da ciò che ti è potuto accadere o accadrà> lo sguardo ora cercherebbe di ricatturare le di lei iridi, alzandosi lentamente, con una cera fatica oltretutto <hmp> un lamento, silenzioso, impercettibile, arrivando solo ora a erigersi in piedi, con gli occhi che volgerebbero ora al villaggio <Nonostante questo, mia cara, indifferentemente da tutto quello che ti potrà accadere, da quanto cambierai e muterà la tua anima, se avrai ben in mente cosa è che per te ha realmente importanza nella tua vita> come in questa situazione <allora saprai andare oltre il semplice loco e le semplici emozioni che ti trasmetteva, legandoti ad un concetto più generale che è l’idea, un qualcosa di più astratto e al tempo stesso più concreto di un semplice luogo che potrà non esserci più domani e che potrà cambiare in base a quello che diverrai te, ma l’idea, il concetto di fondo quello rimarrà immortale, immutabile, poiché non è influenzabile dall’uomo ne dalle loro azioni o concetti né dai cambiamenti che subirai> nuovamente riaffiorerebbero i ricordi di quella che una volta è stata casa sua, Ame, il villaggio della pioggia, il suo quartiere, la vita e la morte che ha dovuto osservare, passare e portarsi via tutti, tutti meno che lui, lontano da loro nel momento più importante, forse meglio così, forse no, questo lo scopriremo più in là, o forse mai. Un sospiro, come se quelle parole pesassero nella sua mente e non sono facili da pronunciare per nessuno <quella che per te è l’idea di casa, domani e per sempre rimarrà tale, non cambierà neppure quando non ci sarà più una casa, ma questo ovviamente dipende sempre da cosa provi nel tuo animo, capito questa tassello mancante, capirai il resto e con esso la risposta, forse le…risposte> ovviamente ci sono persone che ci mettono letteralmente una vita a comprendere una cosa del genere, altre che trovano la risposta, altre che muoiono senza nemmeno averci provato, quasi utopico ciò che sta dicendo il Rikudo Sennin, la cosiddetta risposta alle domande della vita, un concetto filosofico mai raggiunto sotto certi aspetti, è dunque tutte queste parole sono solo da riempimento? Inutili? Minuti preziosi della vita che Kaori non otterrà mai indietro? No di certo se la ragazza riuscirà a comprenderle, anche solo assimilandone i concetti, nessuno, men che meno Akendo stesso, le sta chiedendo ora di rispondere a quella domanda, trovare il tassello mancante, anche solo per capire il significato reale di casa, trovare la sua d’idea, non è cosa facile e la Hyuga ha tutta una vita davanti, solo che ora ha un qualcosa in più, parole pronunciate da chi a quanto pare almeno per quanto riguarda l’idea di casa ci è arrivato, spronata quindi da quelle parole, ora sa un qualcosa in più, che l’aiuterà a maturare durante tutto l’arco della sua vita, anche in questo stesso e preciso momento Kaori sta mutando, la sua anima e il suo pensiero. A dar dell’interessante alla situazione, la domanda successiva alle parole di Akendo, lo incuriosirebbero, quanto basta a fare qualche passo in direzione della stessa ninja di Konoha <sai, ci sono dei momenti in cui mi ritrovo a pensare cosa sarebbe successo se non avessi avuto questi occhi> senza sbilanciarsi troppo ne rivelando se ci sia mai nato o siano arrivati dal nulla o per qualche assurdo motivo <divenire un semplice uomo, forse neanche essere un ninja, abitante di questo mondo, semplice e genuino, eppure> attimi di pausa <sono ancor di più le volte che mi chiedo cosa avrei fatto nella mia vita senza questi occhi, se non avessi avuto accesso a questi poteri, non sarei qui e tutto il mio operato non si sarebbe mai avverato> in definitiva, bisogna comprendere ad un certo punto se vale di più vivere da semplice uomo, ignaro delle atrocità del mondo o scegliere se esserne conscio e divenire qualcosa di più, cosa mancherebbe di più, se essere un semplice umano o il Rikudo Sennin, nel suo caso <mia cara> rispondendo alla sua prima osservazione <ma io sono un qualcosa di esterno, osservo e mi muovo di conseguenza, sfiorando quella che tu stessa hai citato come flusso della vita, questo è il mio ruolo> tagliando corto e senza voler pronunciarsi troppo su questa faccenda, inoltrandosi in concetti che nessuno dovrebbe mai venire a conoscenza, o probabilmente farebbe lo stesso errore che ha fatto con Kurako, rendendolo folle al semplice ascoltare di quelle verità, della verità su ciò che riguarda la figura del Rikudo Sennin e del Rinnegan, cosa c’è oltre…[chakra on] [rinnegan off] [no equip] [no katane]

13:41 Kaori:
 Già. Sannin della Foglia, eroe che ha combattuto in passato in guerra per difenderla, proteggerla, per donarle la possibilità di vivere ancora, di essere oggi un Villaggio ridente, pacifico, sereno. Eppure Kaori si chiede se nel suo cuore la Foglia possa avere lo stesso valore che quella sua casa abbia avuto per lui in passato. Qualcosa le dice che no, non è così, che non avrebbe mai trovato nelle strade di Konoha quello stesso sentimento che l'avrebbe pervaso per ben altre vie. Ode le sue parole, il suo lungo ed intricato discorso e osserva il suo fare, il suo alzarsi, rimanendo ferma ad immagazzinare informazioni e concetti. Si chiede da dove provenga quest'uomo, quale sia questa terra di cui tanto sembra ricordare. Si domanda come doveva essere quello stesso uomo molti anni prima, quand'ancora era un bambino. Man mano che ode e ascolta quelle parole nasce silenziosamente il desiderio di saperne di più, di capire, conoscerlo meglio. Forse merito dell'aura di mistero di cui son attorniate le leggende, forse per via di quegli occhi criptici che paiono celare al mondo qualsiasi intenzione, o forse è solo la curiosità di una mente attiva, laboriosa, che vede nell'altro non solo un ninja portentoso, ma anche una persona. Una persona con un passato, dei ricordi, delle emozioni. E in lei si abbattono e scontrano curiosità e dubbi mentre quelle parole mettono radici profonde nella di lei mente. Comprende, in parte, quel suo discorso e intuisce quale sia il senso generale ed ultimo di quella conversazione ritrovandosi tuttavia vittima di una incertezza profonda. Non è in grado, nonostante tutto, di darsi una risposta. Confusa al momento riguardo i suoi stessi sentimenti, riguardo la gente che l'ha circondata da sempre. Sente di non potersi fidare di nessuno, ora, se non di se stessa. Se non di Raido. Ma ogni altra cosa è incerta e sfocata nella sua mente, qualcosa di effimero che potrebbe svanire da un momento all'altro, abbandonandola vigliaccamente. Osserva a sua volta il Villaggio, ancor seduta al suo posto, espirando stancamente in modo silenzioso quando l'altro termina di esprimere quella prima parte di discorso. <E' come quando muore una persona cara, credo> cerca di riassumere le di lui parole in quello che è un concetto che ha imparato dolorosamente, provandola sulla sua stessa pelle solo poche settimane prima. <Anche se non potrà più essere lì a sostenerti, ad abbracciarti, a sorriderti, in qualche modo sarà comunque ancora con noi, nei nostri ricordi. Nel nostro cuore.> ricorda il discorso che suo padre le fece in quel sogno, avvolto da quell'alone dorato che era riuscito a ridonarle la speranza dopo la rassegnazione dovuta al lutto, al dolore. <I nostri sentimenti possono rendere qualcuno immortale> Forse un semplice elegante modo di dire, forse una poesia che vuole donare speranza, ma è qualcosa nel quale vuole essere capace di credere. Qualcosa che, crede, possa equivalere per il discorso della casa e del Villaggio. Sono solamente i suoi sentimenti a decidere quale posto è casa e quale non lo è, per quanto tempo lo rimarrà. Il problema è solo riuscire a far chiarezza dentro di lei, riuscire a riconoscere e distinguere ciò che prova davvero da ciò che sente di dover provare. Confini sottili, difficili da distinguere, ma di estrema importanza per iniziare a capire che tipo di Kaori è divenuta ora. <Mi dispiace, comunque, per la vostra terra natia.> aggiunge poco dopo voltando ora il capo verso di lui, ruotandolo in sua direzione, reclinandolo appena all'indietro per sollevare lo sguardo a ricercare il suo viso. E' grata di quelle parole, di quel tentativo di aprirle la mente a nuove verità, a nuova speranza. Avrebbe riflettuto a lungo su quei concetti, fino a quando non sarebbe stata catapultata in missione. Forse un tempo insufficiente a trovare una risposta, troppo breve, troppo corto, ma è quello che ha a disposizione di certo. Non sa se dopo l'attacco al tempio di Kusa sarebbe tornata, se avrebbe avuto ancora la possibilità di tornare a quei pensieri malinconici. Ed è allora che pone quel nuovo quesito, che rivela i suoi pensieri, quel desiderio di capire e conoscere meglio quell'uomo o, forse, di esser compresa a sua volta. Ode le sue parole, il suo discorso e si ritrova alla fine di esso ad alzarsi lentamente in piedi. Ritira le gambe da quella posizione fino a poggiare i piedi sulla roccia nuda, dandosi poi una spinta dei palmi contro il terreno per alzarsi verso l'alto, ergendosi in tutta la sua scarsa statura. Si volta in direzione del Rikudo, inclina il capo verso la spalla sinistra e osserva con le iridi chiarissime il di lui viso. Una brezza leggera va scuotendo le loro chiome scure, simili, lasciandole ondeggiare per pochi istanti attorno al loro volto. Ed accoglie quei suoi pensieri, quel suo dire con interesse, con desiderio, ritrovandosi semplicemente a schiudere di poco le labbra al termine di quel dire. <Eppure, in qualche modo, sono convinta che nonostante tutto voi siate un uomo come tanti.> E no, non vuole offenderlo o sminuire in alcun modo la sua figura, il suo potere, la responsabilità che su di lui cala come una spada di Damocle pronta ad ucciderlo. <Un uomo capace di soffrire, capace di sbagliare, capace di gioire, di ridere, amare...> continua nel suo dire sostenendo il di lui sguardo, l'espressione ora seria, coinvolta, mentre lascia fuoriuscire quelle parole con voce pacata, bassa. Quasi una carezza. <Il modo in cui avete parlato della vostra terra mi ha fatto immaginare come possiate aver sofferto. Il modo in cui avete detto che vive ancora in voi lascia supporre amore. Ed il modo in cui dite d'esser esterno a tutto questo mi fa pensare che siate anche...> si ferma per un attimo non sapendo se osare o meno quell'osservazione. Non sono fatti suoi, non le riguarda, e l'altro potrebbe perfettamente chiarirle che sta ficcando il naso in qualcosa di enormemente più grande di lei. Eppure... la lingua scivola fra le labbra, schiocca sul palato e scandisce con tono basso quell'ultima parola rimasta. <...solo.> E d'un tratto, all'improvviso, si ritrova catapultata indietro di un anno, lì nello stesso posto, in una notte silenziosa e ben più gioiosa di quella mattina. Kurako accanto a lei le raccontava della sua vita, del suo essere un silenzioso guardiano della Foglia, e lei gli aveva promesso di non dimenticare. Di rimanere lì, pronta ad aiutarlo dall'interno, ad essere un aiuto per lui se mai ne avesse avuto bisogno, se mai l'avesse desiderato. Sembra quasi che tutto si stia ripetendo, ancora una volta. <Questo... vi rende forse più uomo di chiunque altro.> commenta semplicemente, poco dopo, lasciando che un nuovo alito di brezza vada a scivolare frizzante sulla sua nuca, sulle sue gote. [chakra: on]

16:00 Kaori:
 Già. Sannin della Foglia, eroe che ha combattuto in passato in guerra per difenderla, proteggerla, per donarle la possibilità di vivere ancora, di essere oggi un Villaggio ridente, pacifico, sereno. Eppure Kaori si chiede se nel suo cuore la Foglia possa avere lo stesso valore che quella sua casa abbia avuto per lui in passato. Qualcosa le dice che no, non è così, che non avrebbe mai trovato nelle strade di Konoha quello stesso sentimento che l'avrebbe pervaso per ben altre vie. Ode le sue parole, il suo lungo ed intricato discorso e osserva il suo fare, il suo alzarsi, rimanendo ferma ad immagazzinare informazioni e concetti. Si chiede da dove provenga quest'uomo, quale sia questa terra di cui tanto sembra ricordare. Si domanda come doveva essere quello stesso uomo molti anni prima, quand'ancora era un bambino. Man mano che ode e ascolta quelle parole nasce silenziosamente il desiderio di saperne di più, di capire, conoscerlo meglio. Forse merito dell'aura di mistero di cui son attorniate le leggende, forse per via di quegli occhi criptici che paiono celare al mondo qualsiasi intenzione, o forse è solo la curiosità di una mente attiva, laboriosa, che vede nell'altro non solo un ninja portentoso, ma anche una persona. Una persona con un passato, dei ricordi, delle emozioni. E in lei si abbattono e scontrano curiosità e dubbi mentre quelle parole mettono radici profonde nella di lei mente. Comprende, in parte, quel suo discorso e intuisce quale sia il senso generale ed ultimo di quella conversazione ritrovandosi tuttavia vittima di una incertezza profonda. Non è in grado, nonostante tutto, di darsi una risposta. Confusa al momento riguardo i suoi stessi sentimenti, riguardo la gente che l'ha circondata da sempre. Sente di non potersi fidare di nessuno, ora, se non di se stessa. Se non di Raido. Ma ogni altra cosa è incerta e sfocata nella sua mente, qualcosa di effimero che potrebbe svanire da un momento all'altro, abbandonandola vigliaccamente. Osserva a sua volta il Villaggio, ancor seduta al suo posto, espirando stancamente in modo silenzioso quando l'altro termina di esprimere quella prima parte di discorso. <E' come quando muore una persona cara, credo> cerca di riassumere le di lui parole in quello che è un concetto che ha imparato dolorosamente, provandola sulla sua stessa pelle solo poche settimane prima. <Anche se non potrà più essere lì a sostenerti, ad abbracciarti, a sorriderti, in qualche modo sarà comunque ancora con noi, nei nostri ricordi. Nel nostro cuore.> ricorda il discorso che suo padre le fece in quel sogno, avvolto da quell'alone dorato che era riuscito a ridonarle la speranza dopo la rassegnazione dovuta al lutto, al dolore. <I nostri sentimenti possono rendere qualcuno immortale> Forse un semplice elegante modo di dire, forse una poesia che vuole donare speranza, ma è qualcosa nel quale vuole essere capace di credere. Qualcosa che, crede, possa equivalere per il discorso della casa e del Villaggio. Sono solamente i suoi sentimenti a decidere quale posto è casa e quale non lo è, per quanto tempo lo rimarrà. Il problema è solo riuscire a far chiarezza dentro di lei, riuscire a riconoscere e distinguere ciò che prova davvero da ciò che sente di dover provare. Confini sottili, difficili da distinguere, ma di estrema importanza per iniziare a capire che tipo di Kaori è divenuta ora. <Mi dispiace, comunque, per la vostra terra natia.> aggiunge poco dopo voltando ora il capo verso di lui, ruotandolo in sua direzione, reclinandolo appena all'indietro per sollevare lo sguardo a ricercare il suo viso. E' grata di quelle parole, di quel tentativo di aprirle la mente a nuove verità, a nuova speranza. Avrebbe riflettuto a lungo su quei concetti, fino a quando non sarebbe stata catapultata in missione. Forse un tempo insufficiente a trovare una risposta, troppo breve, troppo corto, ma è quello che ha a disposizione di certo. Non sa se dopo l'attacco al tempio di Kusa sarebbe tornata, se avrebbe avuto ancora la possibilità di tornare a quei pensieri malinconici. Ed è allora che pone quel nuovo quesito, che rivela i suoi pensieri, quel desiderio di capire e conoscere meglio quell'uomo o, forse, di esser compresa a sua volta. Ode le sue parole, il suo discorso e si ritrova alla fine di esso ad alzarsi lentamente in piedi. Ritira le gambe da quella posizione fino a poggiare i piedi sulla roccia nuda, dandosi poi una spinta dei palmi contro il terreno per alzarsi verso l'alto, ergendosi in tutta la sua scarsa statura. Si volta in direzione del Rikudo, inclina il capo verso la spalla sinistra e osserva con le iridi chiarissime il di lui viso. Una brezza leggera va scuotendo le loro chiome scure, simili, lasciandole ondeggiare per pochi istanti attorno al loro volto. Ed accoglie quei suoi pensieri, quel suo dire con interesse, con desiderio, ritrovandosi semplicemente a schiudere di poco le labbra al termine di quel dire. <Eppure, in qualche modo, sono convinta che nonostante tutto voi siate un uomo come tanti.> E no, non vuole offenderlo o sminuire in alcun modo la sua figura, il suo potere, la responsabilità che su di lui cala come una spada di Damocle pronta ad ucciderlo. <Un uomo capace di soffrire, capace di sbagliare, capace di gioire, di ridere, amare...> continua nel suo dire sostenendo il di lui sguardo, l'espressione ora seria, coinvolta, mentre lascia fuoriuscire quelle parole con voce pacata, bassa. Quasi una carezza. <Il modo in cui avete parlato della vostra terra mi ha fatto immaginare come possiate aver sofferto. Il modo in cui avete detto che vive ancora in voi lascia supporre amore. Ed il modo in cui dite d'esser esterno a tutto questo mi fa pensare che siate anche...> si ferma per un attimo non sapendo se osare o meno quell'osservazione. Non sono fatti suoi, non le riguarda, e l'altro potrebbe perfettamente chiarirle che sta ficcando il naso in qualcosa di enormemente più grande di lei. Eppure... la lingua scivola fra le labbra, schiocca sul palato e scandisce con tono basso quell'ultima parola rimasta. <...solo.> E d'un tratto, all'improvviso, si ritrova catapultata indietro di un anno, lì nello stesso posto, in una notte silenziosa e ben più gioiosa di quella mattina. Kurako accanto a lei le raccontava della sua vita, del suo essere un silenzioso guardiano della Foglia, e lei gli aveva promesso di non dimenticare. Di rimanere lì, pronta ad aiutarlo dall'interno, ad essere un aiuto per lui se mai ne avesse avuto bisogno, se mai l'avesse desiderato. Sembra quasi che tutto si stia ripetendo, ancora una volta. <Questo... vi rende forse più uomo di chiunque altro.> commenta semplicemente, poco dopo, lasciando che un nuovo alito di brezza vada a scivolare frizzante sulla sua nuca, sulle sue gote. [chakra: on]

16:48 Kioku:
  [Monte] Non è facile districarsi tra tutti quei contorti pensieri e discorsi, eppure una cosa chiara deve rimanere, la risposta è dentro ognuno di noi, già il solo prenderne coscienza ti porta su una tutt’altra visione delle cose, si non è facile ne chiaro, come nulla lo è al mondo del resto, figurarsi capire se stessi, nemmeno il Rikudo Sennin comprende se stesso fino in fondo, nonostante l’immenso potere che ora ha a disposizione, nonostante possa creare o porre fine una vita, ancora non comprende completamente il suo stesso animo, difficile crederlo eppure è così. Le di lei parole lo raggiungono, mentre cerca di farsi una idea sulla mentalità della giovane e di rimando la Hyuga cerca di metabolizzare quanto appena ascoltato dal vecchio Seiun, ci vuole pazienza, forse anni per comprendere appieno quello che le ha appena detto, ma egli è sicuro che al giovane ne farà tesoro ed esperienza di tutto ciò, ne è più che sicuro. Continua, attento e silente nell’ascoltare le parole dai bianchi occhi, soprattutto quand’ella si sofferma sulla figura del possessore del Rinnegan, ode il di lei dispiacere per la propria terra natia, come ode le considerazione sulla sua figura di uomo, solo e immerso in ogni sentimento umano che si possa provare, gioirebbe per qualche istante nell’udir tali parole, anche solo pensare che una persona possa concepire una idea simile sul suo conto un po’ lo fa sorridere e perché no, d’altronde di tanto in tanto qualche sprazzo emotivo anche ui c’è l’ha, eppure non è questo il suo ruolo, vorrebbe ma non può, non è per questo che gli dei lo hanno scelto, non è per questo che il Rinnegan si è sbloccato in lui, non per vivere come un semplice uomo, non per essere come tutti gli altri, emozioni e quant’altro sono vizi che non può permettersi e questo lo sa bene, nulla di certo gli vieta di provarli o anche solo svagarsi con essi, come già ha fatto in passato ma…inutile resistenza dell’inevitabile essere. Ascolta fino in fondo, fino all’ultima sillaba, parola, spasmo d’aria nelle corde vocali, ultimo alito nel vento, prima di catturarla e di rimando risponderle <non dispiacerti per la mia terra, purtroppo è l’inevitabile scorrere delle cose, così come le persone a noi care che sono passate oltre> un sospiro, posando il suo sguardo ora in cielo, volgendo di poco il suo capo in alto <questa è la più grande verità, tutto scorre, inevitabile, ogni cosa è destinata a finire, passare oltre, divenire un ricordo, poi una leggenda, infine dimenticata da tutti> tragica e fatalista come visione ma questo è <come per la mia terra, così come per le persone a noi care, tutto scorre, passa e nel divenire delle cose, essi diventano ricordi, più si va avanti più il ricordo diverrà un semplice bagliore di luce nelle nostre menti> ennesimo sospiro, come se ogni parole liberasse un ricordo <i miei occhi hanno visto tanto nella mia vita, morte, sofferenza, villaggi bruciati, persone perdute, eppure oramai questi ricordi paion solo di un'altra persona, una persona che non c’è più, tanto è il tempo passato che non appartengono più al mio essere> sembra brutto da dire ora ascoltandolo eppure così. Lo sguardo si volge ora nuovamente sul volto della ragazza <indubbiamente provo ogni tipologia di sentimento umano, di certo non li rinnego, son pur sempre fatto di carne e ossa come tutti> scherzandoci anche sopra <eppure questo non vieta agli altri di vedermi diverso da loro ne vieta me, dopo tutto quello che ho visto e fatto di essere diverso> attimi di silenzio, ovviamente le sue parole si riferiscono all’opinione generale del Rikudo Sennin, chi dice sia un dio, chi un eletto, chi un salvatore, chi altri un distruttore di mondi e pace, chi pensa sia disceso dal cielo dei Kami per giudicare i meritevoli e chi no, Akendo è tante cose, la sua figura è molte cose <questo fa di me molte cose, molteplici figure, privo di sentimenti e…> leggera pausa <anche solo> nelle sue parole non vi è dolore, ne pentimento, perché mai doversi curare dell’opinione generale, non vi è nulla di male <siamo ciò che vogliamo, ma diventiamo ciò che gli altri vogliono> impara attentamente questa lezione Kaori Hyuga < e non vi è nulla di male mia cara, poiché io questo sono> un simbolo, un dio, un uomo, un semplice ciarlatano, un eletto, la morte stessa, un giudicatore, un salvatore, distruttore, tutto e niente, il Rikudo Sennin è tutto queste cose…può essere tutto queste cose, perché questo è il suo ruolo in questo momento fino alla sua morte. [chakra on] [rinnegan off] [no equip] [no katane]

17:43 Kaori:
 Le parole dell'altro sono senz'altro sagge, frutto di esperienze vissute e metabolizzate negli anni, eppure... eppure perchè, nonostante tutto, niente sembra essere ugualmente giusto? E' tutto così triste, così cinico... Il modo in cui l'altro vede la vita, il modo in cui i suoi occhi siano così colmi di... morte. Kaori l'osserva in silenzio, ascolta ogni cosa, e s'avvede del modo in cui paia semplicemente rassegnato a quello che è il ciclo della vita, il semplice ordine delle cose. Una serie di equilibri che nonostante qualsiasi tipo di scossone alla fine tornano ad equilibrarsi quando la morte giunge. La fine, eterna, per ogni cosa. <Questi occhi sembrano un'eterna dannazione...> si ritrova a mormorare lei, d'un tratto, quand'egli le spiega ciò che quelle iridi violacee hanno visto e vissuto nel tempo. Le osserva, le fissa, ne rimane quasi catturata eppure non riesce a vedere in loro che una fonte di dolore e timore. Non ne vede potere, non ne vede possibilità, vede solo la condanna che grava sul capo del Rikudo. Vede solo ciò che quel potere ha portato nella vita dell'altro. L'accettazione finale della fine di ogni cosa. Un qualcosa che per qualcuno può esser giusta, doverosa, ma che lei vede come lo spegnersi finale della speranza nella sua vita. Può davvero gioire e godere delle bellezze dell'esistenza continuando a vivere con la consapevolezza che tutto prima o poi avrà termine? Trovandolo così naturale, così giusto? Quale forza continua a sorreggere il di lui corpo? Quale forza muove i suoi passi ogni giorno su quella terra? <Potete fare l'impossibile, certo, ma a quale prezzo?> domanda lei schiudendo le labbra, aggrottando appena le sopracciglia mentre fissa le iridi perlacee in quelle dell'altro, inclinando di pochi centimetri il capo verso la spalla destra. Il vento soffia gentile andando a smuovere quella chioma irregolare attorno al capo, alla nuca, solleticandone il viso. Ha un aspetto quasi selvatico, quasi selvaggio con quelle ciocche sfilacciate che svolazzano scostanti attorno a lei. <Lo trovo ingiusto...> Ed è forse pietà quella ch'ella mostra per l'altro? E' forse compassione quella che prova nell'osservare e comprendere -forse neppure realmente- la figura dell'uomo? Sì, probabilmente è questo. Scoprire, sentire cosa l'altro sia, cosa senta di essere la colpisce con violenza allo stomaco. Le toglie quasi il respiro mentre realizza e constata ch'egli sia incredibilmente solo al mondo. Potrà essere circondato da decina, centinaia di persone. Potrà avere amici, compagni all'interno dell'organizzazione da lui stesso fondata, eppure... eppure nessuno potrà mai davvero capirlo. Nessuno potrà mai portare sulle spalle il peso ch'egli reca con sé. Nessuno potrà condividere il suo sapere, la sua forza e le sue responsabilità. Solo in mezzo tanti. Una verità violenta, crudele, che la colpisce con brutalità. E' la prima volta, da quando è stata rapita, che si ritrova a vedere la sua situazione come insignificante. Si è sempre vista persa, distrutta, rovinata da quanto le era accaduto, sbattendo in faccia a chiunque la sua rabbia e la sua ira senza riuscire a controllarla. Eppure, adesso, nel cercare di capire e comprendere la figura che ha dinnanzi, si ritrova a capitolare. Si ritrova a guardare il mondo da una prospettiva assai diversa, incredibilmente più triste, che la ferisce nel profondo. <Non vi è nulla di male, dite...?> mormora a quella sua ultima domanda ritrovandosi a fissarlo con le labbra schiuse, lo sguardo congestionato dalla confusione, dal dolore. <Ma voi siete una persona! Siete un uomo come me, come tanti altri! E quello che avete visto, quello che potete fare, quello che... siete... è...> Inumano? Insopportabile? Insostenibile? <...triste.> China lo sguardo, alla fine, puntandolo sul terreno roccioso ai suoi piedi, con fare quasi sconfitto, abbattuto. Si chiede lei se possa mai liberarsi, per un attimo soltanto, del peso che quelle catene portano sul suo corpo. Le catene liberate da quegli occhi, da quella forza, da quella condanna che grava su di lui. Si chiede se, soltanto la morte, alla fine, potrà dargli sollievo e pace da quelle responsabilità che pesano come macigni sulle sue spalle. [chakra: on]

19:14 Kioku:
  [Monte] Ascolta le parole della giovine, mentre il suo sguardo ora si volgerebbe verso una Konoha, ormai nel pieno delle proprie faccende, i mercati ormai aperti, data l’ora siffatta, così come le urla die bambini, ancor troppo piccini per poter addentrarsi all’interno dell’accademia e quindi percorrere la via del ninja, così come ogni altro essere nato a Konoha contribuisce al sostentamento e alla vita del villaggio, dal più piccolo al più grande. Ascolta quelle parole, che risuonano nella sua testa, la ragazza sta dicendo del vero eppure in quelle parole non vi trova tutta quella tristezza, poiché per il Rikudo Sennin tutto ciò è naturale, non è stato facile venirne a capo, ma nel preciso istante in cui il Rinnegan si risveglio nelle proprie verdi iridi, tutto cambiò, la vita, la morte, ogni essere vivente, animale e non, collegato alla sua figura, video il passato, come il presente ed infine apprese il suo futuro, chiamarlo ruolo sarebbe riduttivo seppur con tale termine piace spiegarsi alle persone, non per forza ognuno di noi ha un ruolo ben preciso, ma un motivo c’è, volente o nolente siamo portati a fare ciò per cui siamo nati, dalla più stupida alla più importante delle nostre azioni, c’è una verità dietro tutto quello che par sembrare libero arbitrio, questo Akendo lo sa bene, grazie a questi occhi gli è stato svelato ciò che la normale ragione nasconde dietro essa, non per questo però la divulgherà, conscio che in mano agli uomini, panico e follia dilagherebbero senza fine come un enorme macchia. Alle persone, l’illusione di poter decidere cosa fare della propria vita, questo è l’importante, anche ora potrebbe dire tutto a Kaori, come fece tempo orsono con Kurako ma a che pro? Se non trascinarla in quel vortice d’oscurità e follia, quel peso che mal si posa sul proprio cuore, tace invece, ascoltandola, senza interromperla, nemmeno per un attimo, cercando una risposta che ben coagulerebbe con le tristi parole ed emozioni espresse dalla giovane Hyuga <ciò che esprimi in parte è vero, ma non vi deve essere tristezza nelle tue parole, poiché io ho compreso tempo orsono questa cosa e da allora ci convivo e va bene così> un sospiro, volgendo nuovamente capo e sguardo verso la ragazza <mi è stato concesso questo dono dagli dei> fronteggiando in tal modo il termine eterna dannazione usato dalla ragazza <come tale lo tratterò e vedrò sempre, un dono> la destrosa si staccherebbe dal fianco rispettivo, levitando su nel cielo, oltre il proprio capo, mentre con l’indice della mano destra, punterebbe al cielo <mi è stato concesso un potere illimitato e per tanto è stato richiesto un sacrificio come pagamento> ora lo sguardo si staccherebbe dal volto di Kaori seguendo il proprio indice su nel cielo <nel momento in cui ho appreso esattamente cosa mi era concesso fare> attimi di pausa, silenzio quasi eterno, lasciando che poi un alito di voce, si liberi nel cielo < ho smesso di essere….un uomo, come te…come tanti> forse anche un tocco d’arroganza nelle sue parole, ma d’altronde quando ti è concesso poter decidere chi vive e chi muore, resuscitare chi vorresti avere accanto anche solo per un altro giorno, poter creare dal nulla la Luna, bhè, smetti anche tu di considerarti un semplice uomo, qualsiasi possa essere il sacrificio, va pagato e va accolto a dispetto di un potere talmente grande <non v’è bisogno che tu sappia che tipi di sacrificio vengano richiesti> taglierebbe corto < e per quanto tutto ciò possa apparire triste, insopportabile, cinico o crudele, ciò che mi spinge a riaprire questi occhi ogni giorno è la consapevolezza che sono stato scelto, qualcuno li> indicando ancora il cielo <ha pensato fossi in grado di poter sorreggere un tale peso, di poter convivere con questa…tristezza di cui parli> solitudine, morte, dolore, tutte le emozioni di ogni singolo uomo riversate nel suo corpo, nel suo spirito <e la mia natura di ninja ed indole famosa del mio vecchio clan, non ammettono sconfitte ne debolezze> quasi a voler rispondere ad una domanda che probabilmente, preso o tardi, Kaori gli avrebbe portato all’orecchio <come posso sopportare tutto questo? Posso poiché> pathos nell’aria, come se si diverta quasi a parlare in maniera così criptica così misteriosa <io stesso sono la leva, la determinazione, che serve a farmi andare avanti> il potere di cui necessita lo richiama da se stesso, come un circolo vizioso e senza fine egli è la propria fonte di potere, la conoscenza di se stesso, l’arroganza del clan Seiun che non ammette di poter fallire, l’essere stati scelti, l’insieme di queste cose, creano l’incrollabile volontà nel non poter fallire in ciò che è diventato, guida, simbolo, salvatore o distruttore che sia…e farà qualsiasi cosa pur di non vacillare, pur di rimanere li, come adesso, sguardo al cielo, come la roccia, statua immortale, ove tutto il resto scivola attorno a lui. Lo sguardo si rilasserebbe per qualche istante, ammorbidendosi, nel riportare lo sguardo sulla ragazza <ma non dovrei annoiarti con inutili epitaffi> abbozzando quasi un sorriso…una difesa? Una sorta di maschera? No di certo, si è spinto solamente oltre, probabilmente i problemi che ora affollano la sua mente, da Katsumi al da farsi delle sue prossime mosse a Mekura e la sua missione, lo hanno spinto a parlare più del dovuto <d’altro canto noto una certa arguzia nel tuo intelletto, ho osservato come ascoltavi ed ogni tua singola parola e mi viene ora da domandare, cos’è che realmente ti turba? Sapresti porgermi una domanda che includa unicamente te stessa, i tuoi dubbi o speranze alla base di ciò che hai udito e discusso finora con me?> Una domanda sicuramente contorta, ma non così difficile da comprendere, hanno parlato e non poco, ha condiviso un po’ della sua saggezza con la ragazza, poiché percepiva in lei del turbamento e dopo tante parole è giunto il momento di concludere questa sorta di lezione per la ragazza, lasciare che se ne vada con qualcosa di buono e non solo tante parole e più dubbi di prima. Ecco dunque la domanda finale, fare tesoro di quanto ha appreso fin ora discutendo con il Rikudo Sennin è approfittare per trovare una risposta tra i mille dubbi che intasano al mente della Hyuga, sicuramente un offerta da non lasciarsi scappare. [chakra on] [rinnegan off] [no equip] [no katane]

19:57 Kaori:
 E forse è solo troppo cieca, troppo debole, troppo piccola per poter comprendere ciò di cui è dotato l'altro. Forse i suoi sembrano gli stolti scalpiccii di un bambino che rifiuta una scomoda verità, ma l'altro è ormai in pace con se stesso per ciò che la vita gli ha offerto in dono. Ha accettato e compreso il suo ruolo, le sue possibilità, ed innalzandosi sopra chiunque altro si fa carico di scelte e responsabilità che la Hyuga a stento può arrivare ad immaginare. Ascolta lui il di lei dire senza interferire, senza interromperla, eppure tenta di farle capire il di lui punto di vista. Tenta di mostrarle come quella che lei vede come tristezza è semplicemente la verità. Buona o brutta che sia, è solamente la realtà. Ciò che lui è, ciò che deve essere. E lui lo sa. Ma lei... lei non riesce ad accettarlo. Accettare che un uomo mortale come tanti sia stato incaricato di poteri a dir poco divini. Incaricato di elevarsi oltre gli equilibri della vita fino a divenire egli stesso divino. Un'entità che può capire gli altri e mai essere compresa. Un'entità capace di tutto ed ogni cosa. Kaori ascolta le sue parole, le sue spiegazione, rimanendo come rapita dalla di lui calma, dalla sua quiete. Non immagina cosa possa viaggiare nei suoi pensieri, quanto realmente stia bene con sé per la sua condizione, ma può vedere dalle sue iridi la pace che lei a lungo ha perduto. Lui, diversamente da lei, sa chi è. Sa a cosa è destinato, di cosa è capace e convive con se stesso nel modo migliore. Ed è grazie a questa sua consapevolezza che può trasudare quella sicurezza che lei sa di non mostrare. Rimane colpita, affascinata dalla di lui sicurezza e respirando a fondo riporta su lui le iridi perlacee. Ne scruta ed osserva le movenze, quel modo serafico di volgersi e porsi che la portano a chiedersi se mai anche lei sarebbe riuscita a raggiungere un simile grado di accettazione di se stessa. Non che ci sia poi molto d'accettare, in lei, ma nel suo piccolo è ancora turbata e sconvolta da ciò che le è accaduto. Qualcosa di non minimamente paragonabile a quanto l'altro vive e sopporta ogni giorno. Si sente stupida, debole, a trovare nei suoi problemi del dolore avendo dinnanzi una figura del genere, eppure al tempo stesso sente che è giusto soffrire per quel che ha vissuto. Tace in religioso silenzio quando l'altro chiosa e si ritrova alla fine a schiudere di poco le labbra quand'egli le rivolge quei gentili commenti. Sentirsi dire di essere arguti da un ninja di questo livello, beh, ha pur sempre il suo valore e porta la ragazza ad ascoltarlo con ancora maggiore attenzione. Respira piano, lentamente, quando egli le pone infine quella domanda portando a fermarsi per diversi taciti istanti. Riflette, pensa, rimuginando su quel quesito, all'esatto modo in cui poter rispondere all'altrui curiosità. Si prende il suo tempo, quella manciata di secondi e minuti che le servono a riordinare le idee mentre ripassa mentalmente quella dura conversazione. Molti concetti, molte verità profonde e complicate che le sono state esposte e di cui ora deve soltanto venire a capo. <Mi chiedo se sarò mai capace di accettare me stessa, il mio futuro, il mio destino, come voi avete accettato il vostro. Ogni giorno succede ed accade qualcosa che ci cambia, che ci rende diversi da chi eravamo un minuto prima, come voi avete detto> dice lei, alla fine, umettandosi le labbra con fare calmo. <Eppure ci sono cambiamenti che sono più difficili da accettare di altri. Ci sono scelte, eventi che è complesso riuscire semplicemente a metabolizzare. Pensare che qualcosa ormai sia accaduta e la si debba semplicemente sfruttare o usare a nostro vantaggio. Trovare il modo di non lasciarci abbattere, distruggere da questi.> Inspira a fondo ruotando il capo verso la propria sinistra, la destrorsa a sistemare una ciocca corvina dietro il relativo orecchio mentre osserva con occhi distanti il Villaggio alle sue spalle. <Sono stata rapita. Sono stata usata. Sono ricercata. E questo ha portato a cambiamenti più profondi di altri. Cambiamenti che non voglio accettare> rivela alla fine in uno slancio di sincerità, decidendo d'essere completamente sincera con l'altro a seguito delle sue parole. <O forse non sono pronta a farlo, non lo so. Eppure... voglio credere di poterlo fare, un giorno.> Il viso ruota nuovamente, si volge a lui mentre le iridi perlacee ricercano quelle violastre del Rikudo, le pupille concentriche a venir osservate. <Se voi avete accettato, accolto ed abbracciato il vostro destino... io posso accettare di essere cambiata. Accettare di essere diversa.> dice lei fissando l'uomo con una nuova risoluzione, con nuova speranza. <In questo io voglio credere> aggiunge seria, decisa, annuendo leggermente col capo. Con il suo turbamento, con la sua paura, con le sue indecisioni, combatterà per accettare ciò che le è successo, ciò che ancora accadrà. Lotterà con il tempo e con se stessa per ritrovare quella pace di cui il Rikudo ha voluto mostrarle un semplice scorcio. [chakra: on]

20:31 Kioku:
  [Monte] Non è certamente facile la domanda che ha posto alla ragazza, ma è una domanda mirata, specificata, in modo tale che la sveglia mente della kunoichi rifletta su quanto è stato detto finora, un impulso, una spinta a quella che non è una mente sopita e dormiente, ma ancora acerba, in attesa di maturare per poter fiorire, le parole di Akendo saranno l’impulso la cui mente di Kaori ha bisogno. Attende dunque, istanti, minuti, quanto tempo ci potrà mettere, non è importante, attende in religioso silenzio, rispettando tale silenzio, prezioso ora più che mai per la giovane Hyuga, un silenzio che la porterà a compiere un primo passo, importante affinché la sua mente cominci a comprendere dinamiche sempre più importanti della vita di un ninja, non cose di tutti i giorni questo è certo, da questa giornata Kaori è cambiata, cambierà a breve, ma sarà lei a scegliere se conviverci ed accettarsi o continuare un conflitto interiore con se stessa che la porta ad una inevitabile distruzione. Infine arriva, scroscio di pioggia su terra umida, le labbra di lei si schiudono, lasciando che suono arrivi all’orecchio del detentore del Rinnegan, l’occhio del samsara, colui che vede tutto, che ironia se dopo tutto quello che lei ha dovuto fronteggiare, il Seiun le rivelasse che il Rinnegan è padre del Byakugan, così come dello Sharingan, ma non è questo il momento né il luogo soprattutto, forse mai arriverà, nessuno può saperlo…ora la situazione si focalizza su di un qualcosa di più importante. Ascolta attentamente le parole della ragazza, ascolta ed osserva, dai quei suoi violacei occhi dai cerchi concentrici che adornano l’iride e la sclera, in un motivo ipnotizzante infinito <il riuscire ad accettarsi ne comprende anche il riuscire ad accettare ogni aspetto e spicchio della propria anima ed essenza, non un qualcosa di semplice questo è certo, riuscire a comprendere ed accettare anche ciò che non vorremmo conoscere, verità scomode della nostra stessa esistenza eppure va fatto. Attimi di silenzio mentre le proprie fredde labbra, baciate dal sole, si schiuderebbe nuovamente lasciando che linfa vitale le abbandoni, producendo suono, parole, sillabe <ti chiedi se mai ci riuscirai, ma non è importante il se o il quando, dovrai intraprendere un viaggio> non è detto che sia letterale o un viaggio spirituale <un viaggio che potrà durare un giorno oppure tutta la vita, un viaggio che ti porterà a compiere scelte, azioni, pensieri, un viaggio che ti porterà a comprendere ogni possibile aspetto della tua anima> ennesimo sospiro lasciare quelle labbra affinché novelle parole possano scivolare lungo le labbra e come serpenti insidiosi strisciare fino alla figura di Kaori Hyuga, arrampicarsi lungo tutto il corpo ed insinuarsi nella mente d’ella <aggrappati a questa tua credenza, alla speranza che un giorno ci riuscirai, non importa quando non importa quale, convivi con te stessa, giorno per giorno, convivi con quello che domani sarai o diverrai nel futuro preso o lontano che sia> ultima e solenne pausa quasi doverosa rispetto all’argomento trattato <se hai scelto di credere che quel giorno arriverà allora vivi per quel momento, combatti e reagisci per quel momento, affinché quando arriverà sarai pronta e il cammino sarà finito, a quel punto avrai d’innanzi a te il quesito finale…ma per quello…ci sarà tempo> Tutto tace ora, come se di colpo le ultime parole del Rikudo Sennin avessero spezzato quell’armonia, nemmeno più un filo di vento, ne l’odore delle piante, così come gli uccellini pigolare al cielo, nulla, il silenzio e nulla di più. La destra puntare nuovamente al cielo, mentre il corpo con una rotazione di busto e gambe comincerebbe a dare le spalle alla ragazza, qualora ella voglia condividere ancora qualcosa non importa, ciò che più preme al Seiun è essere riuscito a fugare gran parte dei dubbi della ragazza, perché si…è anche questo il Rikudo Sennin, una fonte di conoscenza, una guida, qualsiasi cosa l’uomo vuole che sia <è davvero una bella giornata> sussurrerebbe dolcemente al vento, mentre muoverebbe i primi passi verso una sorta di discesa <una bella giornata…già> ciondolando a destra e infine a sinistra, compiendo solo all’ora uno scatto, impercettibile per la Hyuga, volatilizzato nell’aria come unitosi a quel dolce vento che ora riprenderebbe il suo moto continuo, libratosi nel cielo, scomparso alla vista della ragazza. A lei la scelta, se rivelar il proprio nome prima che la figura del Rikudo Sennin scompaia, se così fosse un ultimo sospiro, un ultimo sussurro raggiungerebbe la ragazza…<Kaori Hyuga hmm? Davvero un bel nome, me ne ricorderò> nulla più. [END]

20:52 Kaori:
 E non è imbarazzante, non è colmo di disagio quel silenzio che si viene a creare fra i due. La ricerca di un concetto, di una domanda o di una risposta nella mente della chuunin porta ad un attimo di quella che potrebbe definire quasi comunione fra loro. Una sorta di sottile legame che si va delineando, per lei, con qualcuno che potrebbe averle appena offerto l'appoggio di cui più aveva bisogno. La verità. Non compassione, non dispiacere, non colpevolezza. La semplice verità delle cose. Quel che è successo è successo, Kaori, e tanto ancora accadrà. Non puoi cambiare il passato, non puoi anticipare il futuro, puoi solo accettare ciò che è e ciò che sarà. Questa è la lezione che la chuunin ha appreso oggi. Questo l'insegnamento che la saggia ed esperta mente del Rikudo ha voluto offrirle in questa giornata di sole. Una lezione difficile che anche se appresa non si rivela conclusa. Ha compreso la teoria, certo: ma sapere un concetto non vuol certo dire saperlo seguire, saperlo realizzare. Sa di doversi accettare, di dover convivere con la nuova se stessa, ma se riuscirà a farlo questo solo il tempo saprà dirlo. Può impegnarsi per riuscirci, certo, ma potrebbe anche doversi impegnare per una vita intera prima di raggiungere il suo scopo. Questo il Rikudo le spiega quando l'altra va rivelandogli i propri pensieri circa quel loro incontro. Questo egli tenta di spiegarle, infine, come ultima lezione. Kaori ascolta, assorbe e conserva ogni informazione nella propria mente, nel proprio cuore, andando ad annuire col capo alle sue parole in un segno di comprensione. Accetta ed accoglie bramosa gli insegnamenti del Rikudo ricercando nel suo sapere una sorta di muto conforto. E' un viaggio che presto o tardi tutti devono affrontare: e se altri vi son riusciti, perchè lei no? Il sole bacia i loro volti, le loro chiome corvine, andando a raggiungere il suo zenit. Un alito di brezza scompiglia le ciocche scure, carezza la loro pelle d'avorio e le parole di lui vengono fatte disperdere nel vento. <Tempo...> sorride allora lei sentendosi ora appena più leggera, appena più serena. <Mi chiedo se ce ne sia mai abbastanza> non una reale domanda, solo una osservazione. Quante cose da comprendere ed abbracciare in una sola vita: basterà mai il tempo che hanno a disposizione per accettare così tante verità? Non lo sa, non ne è sicura, ma sa che avrebbe cercato di comprenderne ed accoglierne quante più possibili per vivere al meglio, per non lasciarsi trascinare giù da quell'Abisso da cui è riuscita faticosamente a risalire. Osserva l'altro godersi la giornata, voltarsi, andando a fare quel commento conclusivo per il loro incontro. Kaori muoverebbe qualche passo verso di lui, alle sue spalle, tenendo le labbra distese verso l'esterno. <Sì. Vi devo molto, per questa giornata> annuisce lei in un sottinteso tentativo di ringraziarlo per quanto fatto, detto per lei. <Probabilmente non c'è nulla che possa fare per sdebitarmi ma... se mai avrete bisogno di un aiuto che persino io potrò offrirvi, non esitate a tornare. Tornate, e chiedete pure di Kaori Hyuga> tenta in qualche modo di offrirgli quel che ha, quel che di più prezioso può concedere: la sua disponibilità. Anche se si dovesse trattare di qualcosa di rischioso, di pericoloso, lei ci sarebbe stata. Avrebbe tentato d'aiutarlo al meglio delle sue possibilità per ringraziarlo di quel giorno, di quel dono. Le ha restituito, forse, la sua stessa vita. La speranza di poter tornare ad essere in pace con se stessa, di potercela fare. Il dono più grande e raro di tutti. E così, con queste parole, gli rivela infine il proprio nome ritrovandosi a vederlo infine svanire nel nulla, in un battito di ciglia, lasciandola sola su quel monte con lo spettro di quelle ultime parole a riecheggiare nella sua mente. [End]

In cima al monte dei volti di pietra il Rikudo Sennin incontra una giovane Hyuga turbata.

Da un saluto impacciato ed una osservazione gentile, nasce un discorso ben più profondo e complesso che porta la Hyuga ad imparare una importantissima lezione di vita insegnatale dallo stesso Eremita.