Raido a pranzo
I secondi trascorrono in silenzio mentre i due si osservano da un lato all'altro della stanza, divisi dal letto che si frappone fra loro. Lui, davanti alla finestra con la luce del giorno ad illuminare le sue ferite, i capelli incrostati di sangue secco e grumoso che lo ricopre da capo a piedi. Lei in piedi, dall'altro lato del letto, con una mano chiusa a pugno e l'altra che va rigirandosi l'anello di fidanzamento attorno al dito, col pollice, in un gesto automatico, nervoso, istintivo, sorto nel tempo della sua prigionia. Come se inconsciamente cercasse di aggrapparsi a quel piccolo oggetto, al significato dietro di esso, per non arrendersi del tutto. Il tempo pare dilatarsi, le braccia sentono appena freddo mentre l'attesa si fa pesante, straziante. Dolorosa. Il cuore martella forte nel petto e Raido la osserva pensando, tacendo, ricercando nella memoria una qualche prova della sua vera identità. Alla fine, dopo lunghi attimi di silenzio, la sua voce spezza l'assordante quiete di quella stanza andando a sciorinare, uno dopo l'altro, pezzi di momenti vissuta dai due. Frasi, attimi, ricordi che la raggiungono e l'avvolgono, abbracciandola. Ricorda tutto perfettamente anche lei, ogni più piccola cosa, ogni dettaglio. Il modo in cui la luna si rifletteva argentata sui di lui capelli nelle silenziose praterie della memoria a Konoha durante il loro primo incontro, l'imbarazzo per le sue pessime condizioni durante il loro incontro ai magazzini di Kusa, all'esplosione della guerra. Puzzava, era sporca di liquido fognario e lui era malconcio ma mai quanto in quel momento. E ancora l'imbarazzo del giorno seguente quando aveva dovuto spiegargli cosa significasse per lei quanto gli aveva detto. Perchè era la sua luna... e la paura. La paura di una visione che ora pare aver sentito anni e anni fa. Ricorda tutto, ogni cosa, ma nessuna memoria è forte quanto quell'ultima citata da lui. Le labbra si schiudono appena, le sue resistenze vengono meno mentre cerca mentalmente di essere sicura che nessun altro possa conoscere queste informazioni. Ma non riesce a riflettere, non bene. L'emozione è soverchiante, la convinzione di essere finalmente libera, fuori da quel posto è travolgente e le toglie di dosso la tensione che fino a quel momento l'aveva sempre tenuta in piedi. Sente le gambe tremare, gli occhi riempirsi di lacrime calde, brucianti, che in pochi attimi vanno a solcarle il viso silenziosamente. Le mani si portano entrambe al viso, le dita a coprire labbra e naso in una sorta di cupola, con l'anello a brillare onnipresente all'anulare sinistro. Si sente improvvisamente libera di un po' di quel peso che le gravava sulle spalle, sul petto, mentre singhiozzi e lacrime si librano da lei. E' lì... è lì con lei. E non appena sente quella consapevolezza rafforzarsi dentro di sé eccola che va aggirando il letto per correre verso di lui, abbracciarlo, quasi ignorando, nella foga del momento, le ferite, le sue condizioni. Andrebbe a cercare di trovar rifugio sul suo petto, le mani a stringersi forte attorno alla sua schiena, stringendo le vesti non più candide fra le dita. Soffocherebbe nel suo petto il suo pianto, i singhiozzi, la paura che come un torrente in piena vorrebbe svuotarla di tutto il terrore e l'orrore che alberga ora in lei o, quanto meno, allentare la presa e lasciarla libera di sfogare finalmente parte della sua rabbia, della sua stanchezza. Un pianto dirompente che la scuote, che la fa vibrare da capo a piedi per minuti, minuti e minuti interi, senza mai cessare, senza diminuire, senza interrompersi, rendendola incapace di dire qualsiasi di cosa, di fare altro. E' fuori da quel posto... è lontana dalla presa delle mani di quella donna ed è finalmente fra le braccia di Raido. Vorrebbe che questo potesse voler dire che è libera, ma sa che non lo è. Sa che ora, più che mai, lei verrà a cercarla, a riprenderla. Sa che adesso che nel suo grembo sta crescendo il suo esperimento non ci sarà luogo abbastanza distante per tenerla al sicuro, ma almeno per un attimo, almeno per un poco, vuole crogiolarsi nell'idea di essere al sicuro. Di essere nuovamente sua. [Stanza] Il tempo passa lento, una lentezza disarmante che pare infinita, i secondi sembrano ore e le ore paiono anni, decenni, quasi secoli in quegli strazianti momenti. I migliori ricordi, i più significativi ricordi sono usciti in questa stanza, forti, provenienti direttamente dal cuore del Jonin. Ha pensato, ha ripercorso le memorie di questi mesi. E' con Kaori da quasi un anno e nella mente passano ricordi di un intero anno, piccoli momenti d'intimità passati con lei, grandi pericoli vissuti, come la guerra ma alla fine si sono sempre ritrovati, hanno sempre sorriso pensando al futuro. Tutto questo ora cambia, niente può essere più come prima, ne Raido ne Kaori. Ha capito che lasciarsi andare non porta alcun beneficio, rende solamente deboli e da ora in avanti niente più deve sfuggire al suo sguardo, niente più deve essere perso; deve fare in modo di avere tutto sotto controllo, seguire ogni mossa sia qui, Konoha, che a Kusa. L'ha salvata, è vero ma se avesse tardato ancora probabilmente sarebbe morta anche se, ripensa alle parole di quell'uomo, non hanno voluto farle del male per paura di essere uccisi, per questo è stata sedata e ciò può solamente significare che lei rimane ancora importante per il cappuccio rosso, resta una pedina molto importante. I pericoli non sono ancora finiti e questa è la conferma più brutta, sapere che Kaori non è ancora completamente salva lo riempie di rabbia e timore, timore per la di lei saluta, per la di lei vita, paura di perderla da un momento all'altro senza accorgersene. Respira piano, tranquillo anche se così non è, dentro di se permane un'agitazione immensa, il cuore batte all'impazzata mentre attende la risposta della ragazza. Freme, vuole sapere, vuole sapere se ha capito di trovarsi davanti al suo Raido e non davanti a uno scherzo o a una tortura, lui è li, con lei, è li solo per lei in attesa di poterla riabbracciare nuovamente, di baciarla per l'ennesima volta dimostrandole quando veramente ci tiene. Passano ancora gli attimi, lungo e interminabili prima di riuscire a vedere le lacrime sgorgare dal di lei viso, lacrime calde che scaturiscono da occhi pieni di tristezza, una tristezza infinita mista a felicità per essere finalmente libera. Gli manca il respiro, vorrebbe piangere con lei, lasciarsi andare ma si trattiene, non può farlo, non ora, non può mostrarsi più debole di quanto già non sia però le braccia vengono allargate fino ad accoglierla tra di esse. Le passa le mani sulla schiena stringendola contro di se, spingendola contro il proprio petto, la testa poggiata sul suo capo. La stringe, non la lascia andare, vorrebbe dirle che l'ama, vorrebbe dirle che l'è mancata ma le parole svaniscono nel nulla, diventano nulla più totale e il cuore batte, forte, Kaori può sentirlo, può sentire quel battito, quel pompare, quel cuore che pulsa solamente per lei e per nessun'altra. Purtroppo, però, la felicità di questo piccolo momento viene surclassata dal senso di colpa, una colpa che lo divora dall'interno, lo distrugge letteralmente<Mi dispiace>comincia a sussurrarle, comincia a parlare con quella voce strozzata che esce tremendamente a fatica<E' colpa mia, è tutto colpa mia>è colpa sua se l'hanno rapita, è colpa sua se le hanno fatto questo, non è stato con lei<E' colpa mia>nuovamente ripete portando la mano dietro il di lei capo per stringerla ulteriormente contro di se. Si schiaccia contro di lei e la schiaccia contro. [Chk on] Sente le di lui mani andare a cingerla, ad abbracciarla, premendola contro di sé con dolcezza, con affetto. Avverte il battito del suo cuore rimbombare forte sotto il di lui petto, i suoi respiri smorzati. E' tutto un sottofondo ai suoi singhiozzi, a quel dolore che esce prepotente da ogni parte di sé finalmente accolto da qualcuno. La tensione abbandona poco a poco il suo corpo assieme ad ogni lacrima, ad ogni urlo soffocato nella sua veste, ad ogni singhiozzo che la fa tremare da capo a piedi. Sente il corpo farsi più leggero e più pesante al tempo stesso. Sente così tante cose da sentire la testa pulsare dolorosamente. E' sollevata, sì, di essere uscita e di essersi riunita a lui. Ma al tempo stesso sa che adesso arriverà il peggio. Sa che adesso dovranno affrontare l'ira di Cappuccio Rosso, la battaglia finale. Sa che vorranno sapere, che le chiederanno e che lei dovrà spiegare. E non vuole. Non vuole dire nulla, non vuole ricordare. Vuole soffocare tutto in un angolo remoto di se stessa, vuole seppellire ogni cosa sotto cumuli e cumuli di sorrisi e risate, come ha sempre fatto dopo una difficoltà. Ma... potrà ancora sorridere, adesso? Sarà ancora capace di farlo? Potrà davvero riuscire a convivere con quanto ha vissuto, ora? Si sente una persona completamente diversa adesso e questo cambiamento la spaventa. E' circospetta, sospettosa e la sola idea della compagnia la irrigidisce. Vorrebbe rimanere sola, vorrebbe allenarsi, vorrebbe combattere. E al tempo stesso dormire. Lasciarsi cadere in un sonno lunghissimo che sia capace di cancellare ogni dolore. Cambiamenti importanti, diversi, che la portano a non sapere neppure più chi lei sia. E se non si conosce lei come può sperare che la conoscano gli altri? Troppi... troppi pensieri che le frullano per la mente, troppe preoccupazioni, troppe domande che la fanno sentire stanca nonostante la felicità di essere uscita da quella cella. Cerca di riversare ogni cosa nelle grida che lancia contro la veste del kiriano, che soffoca contro il suo corpo per non farle sentire al mondo intero. E lentamente, poco a poco, si sente spossata, si sente stanca di piangere, svuotata. I singhiozzi vanno lentamente placandosi, le lacrime scivolano più lentamente, trasparenti, mentre persino la stretta delle dita contro i suoi abiti si allenta mano a mano. Si sente decisamente vuota, ora. Dopo aver gettato fuori tutti quei sentimenti che come una corazza la stavano tenendo stretta non sa neppure lei cosa prova, cosa desidera. Non vorrebbe parlare, vorrebbe rimanere lì abbracciata a lui in silenzio per sempre, senza dover affrontare conseguenze e ripercussioni. Ma sa che non potrà fuggire per sempre da questa situazione... che non potrà evitare di affrontare la realtà. La verità. Le parole di Raido escono in un sussurro quasi strozzato portandola ad inspirare, tirare su col naso, chiudendo gli occhi con fare stanco. Sente il dolore nella sua voce, la colpa che permea ogni sillaba, la stanza intera, portandola a sentire stilettate di viva sofferenza al cuore. "Almeno lo ha capito..." sibila sarcasticamente quella fastidiosa vocina nella mente di Kaori. Stringe gli occhi lei scuotendo il capo, cercando di metterla a tacere, di allontanarla. Non vuole darle retta, non vuole darle ascolto. Se solo dovesse permettersi di ascoltarla per un istante più a lungo sarebbe finita a fondo.. l'avrebbe trascinata giù, nelle profondità dell'Abisso che per giorni interi l'aveva resa poco più di un cadavere. <E' colpa di Cappuccio Rosso> mormora alla fine Kaori cercando di chiudere l'argomento, di lasciarselo alle spalle. "E' colpa sua, eh? Uhuhuh" ridacchia la vocina stuzzicandola, provocandola, giocando meschinamente con le ferite ancora aperte, con le aperture della sua carne che lasciano i nervi scoperti. Zone sensibili con le quali il suo io più profondo ama giocare. <E pagherà per questo> la sua voce è più forte, non piange più. E' più scura, più seria mentre lascia che quelle parole scivolino via dalle sue labbra graffiando fra i denti. La rabbia è perfettamente percepibile nella sua voce, nel suo tono, a stento contenuta. <Pagherà per molte cose> [Stanza] La colpa è tanta, immensa, controllarla pare quasi impossibile al momento ed esce fuori come non mai. Riversa questa colpa sulla ragazza chiedendole scusa, per tutto quello che è successo e mai più deve ripetersi. La porta ancora contro di se, la spinge ulteriormente avvicinandone il capo al petto; la veste viene bagnata dalle di lei lacrime, calde, lunghe si asciugano contro l'albino. Lacrime di gioia e dolore allo stesso tempo ma la sente, sente che non è più la stessa perchè, quello che sarebbe durato un'infinità di tempo, si rivela essere un pianto breve fino a fermarsi del tutto. Smette di lacrimare, smette di piangere ma non la lascia andare, nonostante abbia smesso continua a tenerla stretta a se; l'ha persa per troppo tempo, per troppo è rimasto distante da lei e ora invece deve recuperare, deve continuare a rimanerle a fianco costi quel che costi. Non posso dimenticare tutta questa storia, è impossibile ma deve provare a rendere le sue giornate migliori, farle pensare ad altro, farla sorridere, svagare in qualche modo e come primo passo vi è il matrimonio, sposarla, darle una nuova vita, una vita più serena e felice. Ora come ora, però, sa di non poter andare molto avanti, la minaccia del cappuccio rosso permane e finchè non lo faranno fuori non possono vivere sereni ed è quello che, con le di lei parole, Kaori fa sottintendere. Non è colpa del jonin ma di quella donna, è colpa sua se è successo quello che è successo, colpa di quel tessai che l'ha spedito in ospedale in fin di vita. La sente staccarsi dalla veste e pronunciare quelle parole con più forza, con convinzione e una certa rabbia, una furia che percepisce all'interno del di lei animo, una furia pronta ad esplodere da un momento all'altro senza lasciare tregua a nessuno. Deve pagare, deve pagare per ciò che ha fatto e mai, ora come ora, ha concordato tanto con il suo dire; mai si è ritrovato a doverle dare una ragione così forte perchè nonostante tutto, vuole vendetta anche lui per ciò che ha osato fare alla sua donna. Si stacca leggermente da lei andando a fissarne il viso, gli occhi a puntare sulle di lei iridi ad osservare quel colore perlaceo che tanto ama e adora, occhi che lo attirano di giorno in giorno, occhi nel quale si perderebbe minuto dopo minuto se continuasse ad osservarli<La pagherà>gli occhi sono determinati, rabbiosi, sente di poter esplodere da un momento all'altro, in un qualsiasi momento, far uscire fuori tutta la furia che ha ancora in corpo<Quello che è successo ieri è solo un anticipo di ciò che gli accadrà>lo deve uccidere, anzi, la deve uccidere, deve far sgorgare il di lei sangue, farlo uscire, bagnare il suolo del fuoco, sporcare il terreno con le di lei viscere. Non vede l'ora che questo accada, non vede l'ora di portare avanti il suo attacco anche se, oggi non è il giorno giusto. La debolezza arriva ancor più forte, si fa sentire, le gambe tremano così come le braccia; è stanco, troppo stanco per reggersi ancora in piedi. La palpebre di si fanno pesanti, le sente chiudersi fino a perdere completamente le forze. Traballa dinanzi alla ragazza, vede tutto quanto sfocato, ogni cosa, tutto intorno a se gira per poi cadere rovinosamente verso destra atterrando di lato sul pavimento. Resta fermo, a terra, non muove un muscolo, troppo stanco per fare qualsiasi cosa. Non dorme da due giorni, non mangia e non beve da due giorni, sta arrivando al suo limite di sopportazione. [Chk on] E nonostante la rabbia, nonostante i dubbi, nonostante la paura, le braccia dell'Oboro rimangono un caldo rifugio in cui nascondersi, farsi cullare. Si sente meglio nel sentire quelle braccia attorno a sé, si sente meno sola. Eppure, in qualche modo, quella stessa stretta le causa un imbarazzo profondo. Non un imbarazzo simile a quello che ha sempre provato durante la loro intimità, no. E' un imbarazzo più profondo, lacerante, che fa male. E' la vergogna, la colpa d'esser stata guardata, toccata da altri occhi, da altre mani. E' la vergogna di esser stata violata, di portare dentro di sé il frutto di altri uomini sebbene non sia stata una sua scelta, un suo egoistico capriccio o istintivo bisogno. Razionalmente sa che se lui sapesse non le darebbe mai la colpa, che capirebbe il fatto che sia stata costretta, ma dentro di lei continua a sentirsi sporca, a sentirsi a disagio nel sentirsi stringere da lui dopo una cosa simile. Ma per ora non vuole allontanarsi, non vuole distaccarsi. Per ora vuole rimanere rinchiusa in quell'abbraccio sopportando l'imbarazzo e il disagio per assicurarsi che tutto è reale, sta accadendo davvero. Desidera rimanergli vicina per sentire il suo cuore che batte contro l'orecchio, per godersi quel ritrovamento e quell'attimo d'unione che dopo tanto tempo li fa sentire nuovamente vicini. Sa che non durerà a lungo... sa che questo momento avrà presto fine. Che le difficoltà arriveranno, che non sarà capace di tornare a parlare con loro come una volta. Non sa come riuscirà ad affrontarli, a rispondere alle loro domande, e per questo adesso si rifugia nel silenzio della stanchezza, della felicità di essersi ritrovati. Lascia che la sua voce esca dura, seria dalle proprie labbra, con una decisione maturata nel tempo, dovuta al troppo dolore. E quando lo guarda negli occhi non v'è tentennamento né dubbio nelle di lei iridi. Non v'è quella luce ingenua che solitamente brilla nei suoi occhi, ma anzi può leggervi la sicurezza delle sue parole, il desiderio di rivalsa e vendetta che le ribolle nelle vene. <Voglio essere l'ultima cosa che vedrà prima di morire.> gli dice con voce ferma, determinata, sinistramente seria. <Voglio che mi guardi bene negli occhi prima di lasciare questo mondo, gliel'ho promesso molto tempo fa> sibila stringendo le labbra in una linea dura, ricercando nelle di lui iridi la promessa che non l'avrebbe tenuta fuori da quell'incontro, da quella battaglia. Dopotutto, per assurdo, è l'unica che lei non avrebbe avuto il coraggio di ferire, di toccare. Avrebbe cercato solamente di neutralizzarla, di sedarla, di impedirle di reagire. Ma debilitarla, ferirla... questo mai. Troppo preziosa, ancora, per poter essere anche solo ammaccata. Ma questo, per ora, è meglio che lui non lo sappia... E mentre i due rimangono così abbracciati meditando vendetta e assassini, ecco che il corpo di Raido si fa improvvisamente più pesante. M o l t o più pesante, considerando le scarse forze della chuunin. <R-Raido!> Cerca di sostenerlo, di reggerlo, ma le sue braccia sono esili e senza l'ausilio del chakra non può far molto. Così, concentrandosi, andrebbe a cercare di richiamarlo a sé quasi incredula di poter tentare ancora una volta. Andrebbe lei a richiamare all'altezza della fronte le sue energie mentali derivanti dalle esperienze, dai sentimenti, dalla disciplina cui si è sottoposta per tutta una vita. La radunerebbe lì, all'altezza del capo, prima di procedere con lo stesso metodo al richiamo delle energie fisiche all'altezza dell'addome. Tenterebbe di radunare l'energia derivante dai suoi muscoli, dagli allenamenti, dalle ossa per radunarle in un unico punto, in un'unica fiamma rossastra. E poi ecco che cercherebbe di far ascendere e discendere tali forze per farle incontrare all'altezza del plesso solare dove tenterebbe semplicemente di fonderle in un moto vorticoso sempre più rapido e veloce che vorrebbe vederle mischiarsi e mescolarsi fino a divenire un tutt'uno. Il chakra dovrebbe ora scorrere in lei, dopo fin troppo tempo, andando a pervaderla in ogni angolo del corpo, donandole nuove forze e nuove energie, acuendone i sensi e le capacità. Le sue braccia sarebbero ora più resistenti, più forti, ma non abbastanza da reggere l'intero corpo dell'Oboro e tutto il suo equipaggiamento. Finiscono a terra, entrambi, con Kaori che cerca di attutire la sua caduta impedendogli di battere la testa. <Raido!> chiamerebbe allora mettendosi in ginocchio al suo fianco, con l'espressione preoccupata, il cuore che batte frenetico nel petto con la paura di perderlo proprio ora che l'ha ritrovato. Va lei a mettere una mano dinnanzi alla sua bocca per avvertire il calore del suo respiro che s'infrange sulla sua pelle. Regolare, profondo, un po' debole. Ma una buona respirazione. La stessa mano va poi a portarsi al suo collo, indice e medio a premere contro la sua carne per sentire il battito del cuore che si riverbera in lui. E' forte, regolare, ritmico. Non gocciola sangue, non c'è alcun sanguinamento in atto, quello che ha addosso è secco e rinsecchito. Sembra star bene, sembra essere solamente incredibilmente stanco. Non sa da quanto lui stia in movimento per quella missione. Non sa quante forze ed energie abbia sfruttato per salvarla, ma sa che non avrebbe abbandonato il suo fianco fino a quando non si fosse risvegliato. [Tentativo Impasto] [Stanza] Non può tenerla fuori dallo scontro, per quanto desideri proteggerla non può farle questo. La vendetta non porta a niente, non si riottiene ciò che è andato perduto uccidendo gli altri, non si risolve niente eppure è lui il primo che la medita, il primo che vuole metterla in atto per distruggere quella figura. Vuole vendicare la ragazza, vuole vendicarsi per quello che le hanno fatto, vuole fargliela pagare e vuole che l'ultima cosa che veda sia il viso di Kaori. La capisce, capisce tremendamente bene ciò che sta provando perchè sono gli stessi sentimenti, la stessa rabbia. Annuisce a quelle parole, fa un semplice cenno con il capo senza ribadire, non le va contro, non le impedisce di portare avanti la sua decisione ma allo stesso tempo non ha nemmeno più le forze per parlare, non riesce nemmeno ad aprire la bocca. Il corpo si fa estremamente pesante, più del solito; quegli 80 chili sembrano essere diventati 160, un peso immenso che lo porta a cadere a terra. Si lascia andare, dopo due giorni si lascia finalmente andare cadendo a terra. Sbatte la spalla destra contro il pavimento ma, grazie al fare di Kaori, la testa è salva. A terra, senza forze, senza energie, il chakra praticamente prosciugato dalla battaglia; muovere anche un solo dito gli costa fatica, i muscoli bruciano e sono doloranti, riesce a malapena ad aprire gli occhi per guardarsi intorno ma anche quelli si rivelano essere affaticati. Bruciano come carboni ardenti, la sclera è completamente rossa come se un fuoco fosse stato appiccato al suo interno, un rosso intenso che può scaturire solo dalle migliori droghe ma non ne fa uso, questo è il problema. Gli occhi sono persi nel vuoto, cercano di restare vivi, di essere sempre attivi ma è difficile, trova difficile tenerli aperti addirittura e restare sveglio diventa una vera e propria agonia. Come fa, però, ad addormentarsi in un momento come questo? A dormire sapendo che Kaori è ancora in pericolo? No, deve restare vigile, sveglio, attento a chiunque entri in quella stanza, a chiunque entri in contatto con loro. Sente il fare di Kaori, la sente abbassarsi e il suono della di lei voce arrivare alla orecchie pronunciando il suo nome. E' preoccupata, lo capisce per questo cerca, lentamente, di allungare il braccio sinistro verso di lei, ne ricerca il corpo, vuole toccarne il corpo; lo allunga ancora poggiandosi, infine, sulla di lei gamba, la carezza leggermente. Gli occhi, si muovono verso l'alto a guardarla sentendosi in colpa per la situazione e lo stato in cui giace, uno stato pietoso che nessuna dovrebbe vedere, nessuna e nessuno, tanto meno la sua futura moglie<Sono...stanco>un filo di voce esce dalla di lui bocca, un sussurro quasi impercettibile ma abbastanza da farlo sentire alla ragazza. Ha raggiunto il culmine della stanchezza, il picco massimo di sopportazione ma non demorde, non ancora, non vuole. Digrigna i denti, fa leggermente forza sulla mano poggiata sulle di lei cosce per provare a sollevarsi cercando di alzare il corpo da terra, di avvicinarlo a lei, farsi più vicino e meno debole. Enorme è la fatica, praticamente immensa mentre il braccio destro si solleva andando a poggiare la mano a terra mentre con il sinistro va a carezzare il di lei viso<Perdonami>per essere in questo stato, per non essere abbastanza forte, per tutto quanto le chiede perdono<Sposami>un momento del genere, in un momento come questo il matrimonio è davvero l'ultima cosa a cui bisogna pensare eppure, la distanza lo ha portato a pensare solo a lei. Mette in secondo piano la vendetta, la battaglia, la guerra, niente è più importante di lei e cerca, in tutti i modi, di farglielo capire<Ti amo>i sussurri continuano, usa le ultime forze per dirle ciò che le ha sempre detto ma mai abbastanza. [Chk on] Può vedere la stanchezza di Raido tracciare segni profondi in ogni angolo del suo viso. Può vederla nelle occhiaie scure sotto gli occhi, nel tremolio del corpo, nella sclera arrossata dei suoi occhi. Non l'ha mai visto così affaticato se non, forse, quando in ospedale stava combattendo fra la vita e la morte a seguito dell'incontro con quella donna. Avverte la sua mano andare a scostarsi, a sistemarsi sulla sua gamba come per cercare di non abbandonarla anche nonostante la spossatezza e la stanchezza. Se ne sente toccata, intenerita, come una madre che assiste il figlio ammalato. L'osserva con espressione sorpresa, incerta, non sapendo bene come comportarsi. E' come se quella lunga assenza le avesse fatto dimenticare come comportarsi col mondo, con le persone. Vorrebbe aiutarlo ad alzarsi, farlo distendere fra le coperte, ma sa che è troppo stanco per una simile impresa. Vorrebbe allora abbracciarlo, cullarlo, ma teme che un gesto troppo impulsivo potrebbe solo fargli male. E' ferito, dopotutto, sotto quell'ammasso di vesti e armature. Avverte la sua mano carezzarle la gamba, la coscia, al di sopra di quell'abito nero che vorrebbe potersi strappare di dosso in favore di abiti che sente più suoi, che non provengano da quel luogo. Sente la sua voce flebile, stanca, e annuisce appena andando a porre la propria mano su quella che egli ha poggiato sulla sua gamba. <Lo so... riposati> cerca Kaori di cullarlo appena con la sua voce, di fargli chiudere gli occhi e dormire. Non sarebbe andata via, non l'avrebbe abbandonato. Non dopo tutto questo. Non così. Ma Raido non vuole ancora lasciarsi andare all'oblio della stanchezza e del sonno; si sforza, si mette seduto, tirandosi su e le si avvicina portando una mano al suo viso. Kaori abbandona il volto sul suo palmo, sulle sue dita, guardandolo negli occhi con le iridi vuote, prive di qualsiasi bagliore. Le sue gote sono ancora umide ma nessuna lacrima sgorga più dai suoi occhi. L'osserva in silenzio, a labbra schiuse, udendo la sua voce andare a colpirla ancora. Le chiede perdono. Le chiede perdono per non essere stato con lei quel giorno, per non averla seguita a Konoha. Per aver spezzato la promessa. L'hanno presa nonostante le avesse giurato il contrario. Le chiede scusa, mostra la sua colpa in quella sola parola che porta Kaori a chinare di poco lo sguardo. Non vuole parlarne, non vuole rispondere, non vorrebbe dover più fare i conti con le colpe di nessuno. Comprende il bisogno di lui di ricercare la di lei comprensione, l'accettazione, ma è troppo stanca. Stanca per pensare, per riflettere, perdonare. Non è arrabbiata, non è contrariata da quel momento, dai suoi gesti, dalle sue parole... ma non è pronta. Non è pronta ad andare avanti, a chiudere capitoli rimasti scritti a metà. Perdonare vuol dire superare qualcosa e lasciarsela alle spalle dopotutto, no? Ma lei non ha superato un bel niente, lei, nella sua mente, è ancora lì in quella cella in attesa d'essere salvata. Sguazza ancora nel ricordo di quelle settimane, nel timore di veder tutto svanire da un momento al'altro. Non può perdonare finché non sarà definitivamente fuori da quel covo. E lei, ora, ci è ancora dannatamente dentro. Una parte di Kaori, forse, rimarrà fra quelle mura per sempre. Ma è il secondo dire di Raido che la porta a spalancare gli occhi, a fissarlo colpita, sorpresa, col cuore in tumulto. Batte le palpebre due, tre volte, rapidamente, con le labbra schiuse e i battiti accelerati. Lo guarda senza sapere cosa dire, cosa fare. Sposarlo... è il pensiero che più di tutti nei primi giorni l'ha tenuta in vita, l'ha tenuta forte. Era la speranza di quel progetto che le aveva dato la forza di resistere, di sopravvivere alla prigionia e di metterle fine. Ma poi... da quando suo padre è morto, ha quasi perduto ogni interesse a quel pensiero. No, non è vero. Lo ha desiderato ancora, forse anche più prepotentemente di prima, ma il dolore di pensare a quel giorno senza poterlo condividere con lui faceva troppo male. Era troppo doloroso. E, in parte, lo è ancora. Accenna un sorriso tirato, tremante, cercando di non dare una risposta chiara a quelle parole. Cercando di non mentire in alcun modo. Vuole ancora sposarlo, sì. E' l'unico che vorrebbe al suo fianco, con cui sente di poter condividere la vita. Con cui lo desideri... ma non ora. Non così. Non mentre è così rotta, spezzata e incasinata. Non mentre teme di star portando in grembo il figlio del suo migliore amico ed il nipote di quel mostro. E' un pensiero che non riesce ad accettare, che, in verità, le fa salire una nausea violenta. Sorride per dargli speranza, per mostrargli quanto la sola idea possa darle forza, ma non risponde, non dice nulla, limitandosi a voltare il capo verso la sua mano per baciarne il palmo, le dita a risalire dal proprio grembo al suo braccio, carezzandolo lentamente, cautamente, non volendo fargli male. Torna ad osservarlo ed ode quell'ultimo dire con lo sguardo che si specchia in quello di lui. Avverte la sua stanchezza come fosse propria, avverte la fatica dell'altro nel rimanere vigile e se ne sente colpevole. Allunga a sua volta le proprie mani per carezzare il suo viso e avvicina il proprio volto a quello di lui, per guardarlo dritto negli occhi. <Anche io ti amo...> sussurra lei fissando le sue iridi dorate, quelle piccole pepite dorate che ha sempre amato con tutta se stessa. <E ti amerò ancora domani. Per cui adesso riposati... chiudi gli occhi, abbandonati e riposa. Non andrò via e farò la guardia. Domani sarò ancora qui> cerca di rassicurarlo per convincerlo a recuperare le forze, a perderla di vista solo il tempo necessario a sentirsi di nuovo vivo e non un mezzo cadavere. Parla piano, a bassa voce, carezzando con i pollici le sue gote, gli zigomi, cercando di rilassarlo e confortarlo, ben sapendo quanto anche lui -dentro di sé- sia divorato da una paura profonda. <Okay? Riposa Raido...> mormora lei tentando di poggiare le proprie labbra sulla di lui fronte. <Riposa, mia luna...> parole che, in verità, non pronunciava più da molti mesi. Quel modo solo loro di riconoscersi e di amarsi, che ritorna ora nel momento più buio. [END] [Stanza] Il suo sorriso basta a riscaldargli l'animo, basta a rendere la sua giornata migliore, più bella e confortante. Il sorriso di quella donna che gli è mancato per troppo tempo, troppo a lungo è rimasto con la paura di non rivederla più, troppo a lungo ha passato notti insonne all'insegna dell'agitazione. Per più di due settimana il suo sonno è stato un tormento, sempre sveglio a vegliare sulla stanza e per più notti si è allenato senza sosta fino alla notte seguente, un allenamento continuo per migliorare le proprie abilità in modo considerevole resistendo, facendosi forza con il pensiero di salvare Kaori sempre presente. La sua visione è da sempre presente, immagina il di lei sorriso, i suoi occhi perlacei, tutto ciò che lo attrae della Hyuga, che lo ha fatto innamorare di lei, tutto questo lo ha spinto ad andare avanti, a continuare a combattere anche quando chiunque si sarebbe arreso. Carezza il di lei viso, piano, molto lentamente con quell'ultimo barlume di forza, sorride a sua volta mentre gli occhi vanno a chiudersi da soli. Si accascia sulle di lei gambe, poggia il capo sulle cosce mentre la di lei mano va a carezzargli il viso. Il suo calore lo pervade donandogli una forza incredibile, ben più grande di qualsiasi altra e quelle parole giungono come un balsamo. La sua voce gli rende il sonno meraviglioso, chiude gli occhi ascoltandole, sente quel dire di lei, quella parole<Mio sole>va a dire con le ultime forze prima di crollare definitivamente tra le braccia di morfeo. [END]