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Rispettare le condizioni - Una vita da proteggere.

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con Kaori

14:28 Kaori:
 Il suo pranzo giace in un vassoio posto sulle coperte scarlatte del suo nuovo letto. Uno dei servitori di Cappuccio Rosso è passato a servirlo da pochi minuti lasciandola nuovamente sola nella sua stanza. Kaori osserva le fiamme del fuoco che crepitano nel camino con espressione vacua, vuota, senza vedere realmente ciò che ha dinnanzi. E' in piedi accanto al letto, accanto al vassoio e indossa l'abito rosso che la Hyuga le ha fatto trovare nella sua stanza. E' un vestito che in ben altre circostanze avrebbe sicuramente trovato meraviglioso, elegante, quasi da principessa, ma che adesso le suscita solamente orrore. Il corpetto dell'abito le stringe il busto raccogliendo il seno in due coppe dallo scollo a cuore con dei pratici lacci presenti sul retro della schiena. La gonna ampia e vaporosa scende a campana fino alle caviglie con una trama di pizzo finemente ricucito che ne decora gli orli. Il sottogonna bianco tiene calde le gambe che, nude tranne per i porta kunai risistemati alle cosce, terminano in un paio di scarpette del medesimo colore con un leggero tacco. Le braccia son nude, così come le spalle mentre alla gola porta una sorta di giro collo in pellicciotto rosso. La chioma violacea ricade pulita e perfettamente pettinata lungo la schiena, liscia, sormontata sul capo da un nastro rosso che, poco sopra l'orecchio sinistro, presenta un gran fiocco lucente, di raso sottile. A guardarla parrebbe quasi una principessa se solo non fosse per l'espressione che traspare dal suo viso. Il suo sguardo par essere semplicemente spento, vuoto. Puntato verso il nulla e privo di qualsiasi scintilla vitale. Gonfi, arrossati, con un lieve accenno di occhiaie a comparire sotto di essi. Rimane inespressiva con le labbra chiuse in una linea sottile, respirando piano, silenziosamente, quasi in maniera meccanica. Le palpebre vengono battute lentamente, ritmicamente, per riflesso involontario ed istintivo più che per vero bisogno. Bastano pochi attimi per rendersi conto che, a guardarla, non par essere affatto una di quelle principesse di cui si sente tanto parlare nelle favole. Una di quelle fanciulle prigioniere alla disperata ricerca della libertà. No, lei è una bambola. E' un guscio vuoto che agisce per inerzia, sotto minaccia, facendo il necessario per sopravvivere. Kaori è sparita, il suo corpo rimane a combattere da solo contro il tempo.

14:49 Kaori:
 Avverte l'odore proveniente dal vassoio al suo fianco, posto sulle lenzuola cremisi del letto a baldacchino messo lì per lei. Il sentore di cibo caldo le giunge al cervello come fastidioso, le chiude la gola andando a causarle un senso di nausea tale da farle salire un brivido lungo la schiena. Piccole reazioni vitali che, ancora, sono capaci di risvegliarsi e mostrarsi in lei. Non ha fame, non vuole mangiare, non ne ha le forze. Eppure... eppure non può evitarlo, non può farne a meno. Deve farlo. Se dovesse in qualche modo disubbidire ancora a Cappuccio sa già cosa accadrebbe. Il pensiero di sua madre giunge improvviso nella sua mente scatenando improvvise fitte di dolore al petto, al cuore, facendola tremare sempre più visibilmente da capo a piedi. Quel solo odore scatena in lei una serie concatenata di pensieri che le tolgono il respiro. Sua madre che potrebbe essere rapita o uccisa da un momento all'altro, esattamente come successo a suo padre solo il giorno precedente. Può ancora vedere nitidamente sotto le palpebre il suo corpo disteso in terra in una pozza scarlatta. Può ancora sentire nelle orecchie i suoi rantoli di morte, il proprio nome venir pronunciato con le ultime forze rimastegli in corpo. E' tutto ancora in atto, nella sua mente, è tutto dannatamente vivido nei suoi ricordi. Ci sono volute ore prima che trovasse il coraggio di lasciar andare il corpo gelido di suo padre. Non che l'abbia lasciato di sua spontanea volontà, comunque. E' rimasta abbracciata a quel corpo morto fino a quando gli incaricati di portarle il pranzo non l'hanno staccata da lui per ripulire la stanza, il sangue ormai incrostato sul pavimento. Le hanno portato la cena, hanno raccolto i suoi abiti sporchi, le hanno consigliato di darsi una lavata. L'hanno privata del corpo di suo padre e l'hanno lasciata sola in quella camera con se stessa e i suoi ricordi. Fu solo il terrore di sapere sua madre in pericolo a spingerla a reagire quel minimo necessario a rimanere in vita. Si è fatta un'altra doccia, ha lasciato scivolare via dalla sua pelle il sangue secco di suo padre, e si è asciugata e pettinata con cura. Ha indossato l'abito rosso donatole dalla donna e ha mangiato composta sul suo letto. Non ha più urlato, più pianto, più gridato. Una perfetta bambolina rinchiusa nella sua meravigliosa camera. Adesso, a distanza di un giorno, continua a comportarsi nello stesso sottomesso modo. Da brava attende l'ora dei pasti, si lava, si pettina e poi dorme. Ma ogni volta è sempre più difficile. Non riesce a concepire l'idea di mandare giù un altro boccone ma sa che se dovesse evitare di mangiare non sarebbe stata lei a pagarne le conseguenze. Perciò, raccogliendo tutte le forze che le sono rimaste, si volta meccanicamente verso il letto e afferra con mani tremanti il vassoio lasciato lì per lei. Una mano per lato e poi eccola andare a chinarsi sul pavimento, dinnanzi al camino, col vassoio a venir poggiato al suolo dinnanzi a sé. Il vestito si apre sul pavimento come un petalo caduto dal ramo, e le fiamme vivaci che ardono emanano riflessi dorati sulla di lei pelle, sulle rifiniture dell'abito, rendendola quasi l'ignara modella d'una foto d'altri tempi.

20:37 Kaori:
 Osserva il vassoio sotto i suoi occhi con sguardo lontano, distante. Una bottiglia d'acqua, un piatto di minestra fumante, del pane, un po' di carne. Una succosa mela completa il tutto fornendo alla ragazza tutto ciò di cui ha bisogno per rimanere in forze, per essere il perfetto contenitore capace di dare alla luce i nuovi piccoli Hyuga di cui la Foglia ha bisogno. Almeno secondo quanto progettato e programmato da Cappuccio Rosso. Va ad afferrare con mano tremante il cucchiaio posto accanto al piatto e lo immerge nella minestra calda. Raccoglie una bella porzione e solleva lentamente il braccio fino a portare la posata alle labbra. L'odore le sale al cervello sgradevole, indesiderato, seppure in altre occasioni sarebbe stato accolto piacevolmente, e forza quella nausea che le chiude lo stomaco. Vorrebbe rifiutare quel cibo, non ne ha voglia, non ha fame, eppure deve costringersi a mangiare. Akane è stata chiara: se avesse provato in qualche modo a danneggiarsi sua madre ne avrebbe pagato il prezzo, così come suo padre ha già fatto. Deglutisce a vuoto cercando di farsi forza e poi schiude le labbra con enorme sforzo di volontà. Le richiude attorno alle curve del cucchiaio e assaggia quel boccone caldo che non la ristora neanche un po'. Lo mastica e ingoia a forza, cerca di respirare a fondo per calmare la nausea che minaccia di farla vomitare da un momento all'altro. Resiste, però. Deve farlo, non ha scelta. Ha già ucciso suo padre con il suo comportamento, non può lasciare che adesso anche sua madre venga uccisa per la sua debolezza. Deve solo mangiare... solo mangiare. E ospitare nel suo corpo dei feti. Feti impiantati dentro di lei con la forza, con la medicina, senz'amore. Bambini di completi estranei creati in provetta solo per poter essere impiantati nell'utero migliore. Non riesce a fare a meno di pensare a questo. Alla possibilità di divenire davvero madre, di ritrovarsi ben presto con delle vite a crescere nel suo grembo. Non vuole, non può sopportare quest'idea, eppure se davvero dovessero farlo... come potrebbe poi privarsene? Si tratterebbe pur sempre di bambini suoi, di feti dotati del suo sangue, annidati nel fondo del suo stesso corpo. Cellule che prenderebbero a vivere grazie a lei, nutrendosi del suo stesso sangue, del suo stesso cibo. Sa già che non sarebbe stata capace di liberarsi di quelle creature una volta che le fossero state impiantate in corpo, sa che una volta ricevuti dentro di lei li avrebbe visti come figli. Figli concepiti artificialmente, senza alcun tipo di sentimento o di ordine naturale, ma pur sempre figli... Stringe le labbra mentre la mano cala a prendere un nuovo boccone col cucchiaio. Avrebbe davvero amato dei figli sconosciuti? Dei bambini privi di padre, instillati in lei tramite una siringa? O, peggio, una violenza? Non lo sa, non riesce a prevederlo, ma sa che vorrebbe evitare di doversi porre quella domanda. Avrebbe desiderato dei figli, sì. Avrebbe voluto da sempre dei piccoli da cullare al seno, da far dormire la notte. Ma vorrebbe che quei figli avessero il sangue dell'Oboro a scorrere nelle loro vene, che venissero concepiti da una notte d'amore con lui piuttosto che da un freddo progetto artificiale. Ma, ormai, questa prospettiva le sembra semplicemente lontana, impossibile da veder mai concretizzarsi.

20:54 Kaori:
 Porta alle labbra una nuova cucchiaiata. Respira a fondo cercando di non odorare e butta giù senza assaporare. Un gesto meccanico, vuoto, che non fa per soddisfazione o bisogno personale ma solo per necessità. Deglutisce il boccone riabbassando il cucchiaio, immergendolo nuovamente nel piatto. Osserva con espressione assente la minestra venir raccolta e la butta giù senza gustarla, cercando di tenere a freno la nausea che le stringe la gola. La mancina, senza accorgersene, s'è andata a depositare sul proprio ventre, lì dove qualcuno desidera andare ad operare per renderlo un'abitazione non più vuota ma abitata e feconda. Il pensiero di Raido è come una lancia che le trafigge il petto. Non sa dove sia, non sa con chi, nè se sappia già della sua sparizione. Non sa se stia bene o se sia ferito. Non sa se la stia pensando, se senta la sua mancanza. Non sa nulla e questo le toglie il respiro. Si sente così stanca... così sconfitta. Ogni pensiero che le passa per la mente è solo una nuova fitta di dolore che le perfora il cuore, ogni domanda sembra ora priva d'importanza e le risposte paiono sempre essere prive di significato o valenza. A cosa le serve, ormai, combattere? Ha già perso, è stata già presa, sconfitta. Cappuccio ha vinto, il suo progetto è ad un passo dal realizzarsi. E lei è semplicemente spezzata, è finita. Si sente sola, debole, inadeguata come non mai. Vorrebbe potersi lentamente spegnere, vorrebbe cadere nell'oblio del nulla, svanire, ma non può. Da lei dipendono così tante vite... Dalle sue azioni dipende il sopravvivere di sua madre, di Mekura, di Hiashi, di Raido... tutte le persone che ama, tutte le persone che ha più care potrebbero morire in un istante per un suo capriccio. Se solo smettesse di mangiare, se solo provasse a ribellarsi, se solo smettesse di dormire. Basta così poco perchè una vita venga spezzata... E sa già che quel suo sacrificio non servirà a molto. Sta solo donando loro altri giorni di vita, altre ore prima dell'inevitabile fine. Cappuccio Rosso l'ha detto: il suo scopo è sterminare il clan, raderlo al suolo per poi farlo rinascere grazie ai frutti del suo stesso grembo. Salvarli ora vorrebbe dire solamente permetter loro di morire più tardi. E' uno sforzo inutile, il suo, che concederà loro solo poco tempo. E' un temporeggiare sfiancante, spossante, che la priva delle sue ultime energie. Eppure, nonostante tutto, continua a combattere nel suo piccolo, con quell'ultima briciola di volontà che le rimane, per tenerli in vita. L'ennesima cucchiaiata risale alle labbra, la minestra viene ingerita ormai più tiepida e il piatto si svuota. Rimane solo un fondo misero di cibo nel piatto che non ha intenzione di terminare.

17:28 Kaori:
 Sposta la sua attenzione su quel piatto di carne che giace sul vassoio. E' calda, del fumo sale da lei rendendola ad altrui occhi oltremodo appetitosa. Ma per lei... per lei è nauseante. Non ha voglia di mangiare ancora, vorrebbe prendere la carne e gettarla nel fuoco, incenerirla, farla sparire dalla sua vista. Ma non può farlo. Dev'essere obbediente. Generosa. Esattamente come Shuu le disse in quell'orribile illusione o realtà alternativa che fosse. Un insegnamento che, a quanto pare, non s'era inciso abbastanza a fondo nella sua carne. Va quindi ad infilzar con la forchetta un primo boccone portandolo alle labbra con solenne lentezza. Svuotata, stanca, cerca di non assaporare neppure il gusto di tale prelibatezza e butta giù dopo una sommaria e rapida masticata. Più rapidamente mangerà prima dovrà smettere di farlo, prima potrà tornare all'oblio nel quale s'è andata rinchiudendo dal giorno prima. Possibile, poi, che sia passato un giorno soltanto da allora? Le ore si son dilatate e son divenute infinite dall'ultima visita di Cappuccio Rosso alla sua stanza. Il tempo s'è allungato, s'è disteso e l'ha intrappolata in un labirinto senza fine. Le sembra già sia trascorsa una vita dall'ultima volta che ha potuto udire la voce di suo padre, dall'ultima volta che l'ha potuto vedere vivo. Che senso ha, per lei, un mondo privo della sua figura? Della sua esistenza? Come può vivere in un mondo dove lui non è al suo fianco? Se anche qualcuno dovesse riuscire a debellare la minaccia che Cappuccio Rosso rappresenta per il mondo, come potrà tornare alla sua vita? Cosa l'attenderà fuori da quelle mura? Altre missioni? Altre responsabilità? Altre morti? Fino a qualche giorno prima avrebbe pensato che no, fuori da quella cella, da quell'incubo, ci sarebbe stata la vita ad attenderla. Un matrimonio. Una famiglia. Ma ora... come può pensare di arrivare all'altare da sola? Senza il braccio di suo padre a stringere il suo, senza la sua figura ad accompagnarla fino al fianco del suo futuro marito? Persino l'idea di sposarsi, ora, brilla assai di meno, pare così lontana da apparirle ridicola. Sposarsi... lei. E che senso avrebbe? Kaori è sparita, non c'è più. Lei è un involucro vuoto che un tempo aveva contenuto la sua mente, il suo cuore. Ma adesso... adesso è solo carne. Adesso è solo la bambola di Cappuccio Rosso, il suo divertimento più grande. Non c'è nessuno da sposare lì dentro, non c'è nessuno che si possa ritenere una persona. C'è solo un corpo stanco, desideroso di sparire, di svuotarsi e smettere di funzionare. Il solo realizzare questo le provoca un'acuta fitta di dolore al petto. Aveva promesso a Raido che sarebbe stata il suo sole. Che sarebbero sempre tornati l'un dall'altra. Ma Kaori, ormai, non può più tornare. Non può più brillare. Dentro di lei teme ciò che questo avrebbe causato nell'Oboro, eppure una parte di lei, ormai spenta e disillusa, inizia a chiedersi se l'altro stia sentendo la sua mancanza, ora. Se stia pensando a lei, se sia persino a conoscenza della sua sparizione. Non lo sa, è dubbiosa. Non le importa. Quale che sia la verità nessuno potrà liberarla, nessuno potrà salvarla. E allora, alla fine, non importa se qualcuno là fuori piange per lei.

17:42 Kaori:
 Un boccone dopo l'altro, pian piano, meccanicamente. La carne termina in una manciata di bocconi e Kaori si ritrova sull'orlo del vomitare. Respira a fondo, piano, portando una mano alle labbra come per voler impedire al vomito di fuoriuscire. Chiude gli occhi, stringe i denti e inspira a fondo resistendo all'istinto di rovesciare ogni cosa. E' difficile, sgradevole e fa male, ma deve tener duro. Deve sfruttare le sue ultime energie per questo, per rimanere in forze. Solo facendo questo sua madre sarebbe stata al sicuro e lei deve difenderla ad ogni costo dopo esser stata la causa della morte di suo padre. Deglutisce a fondo, beve un po' d'acqua e sospira di sollievo. Va meglio, un poco meglio. E' ancora disgustata dall'idea del cibo, non può accoglierne altro in corpo, ma almeno ha esaudito le condizioni imposte da Cappuccio Rosso. Si sta mantenendo in salute se salute quella può essere chiamata. Si rialza da terra incapace di osservare oltre quel vassoio e si volge verso il letto. Pochi lenti passi che la portano al suo fianco. Osserva le coperte rosse, il cuscino gonfio e morbido e sospira. Si arrende alla stanchezza e sale su di esso rannicchiandosi in posizione fetale. Le gambe piegate con le ginocchia vicino al petto, le braccia a cingerle e l'abito rosso scarlatto ad aprirsi come petali cremisi sulle coperte. I capelli si sparpagliano sulle federe, il viso s'adagia sul cuscino e gli occhi rimangono aperti a fissare la parete dinnanzi a sé. Non riesce a chiudere gli occhi, non vuole. Teme il momento in cui la noia, la spossatezza avranno il sopravvento su di lei e la porteranno a coprir le iridi perlacee. Ogni volta che abbassa le palpebre vede il corpo di suo padre riverso senza vita sul pavimento della sua camera. Nei suoi sogni lui la incolpa della propria morte prima di non riuscir più a parlare per via del sangue che sgorga copioso dalla sua gola recisa. Non vuole dormire, non vuole assopirsi, non vuole capitolare. Ma la stanchezza è forte su di lei, il suo corpo non può sostenere la spossatezza dello spirito e ben presto, nel giro di un paio d'ore, Kaori finisce col sentir le palpebre calare pesanti sulle sue iridi. Persino la paura viene soffocata dalla stanchezza, lasciandola preda di un sonno profondo e turbolento, vittima delle accuse e delle colpe del suo spirito che, nell'incoscienza, trovano la loro strada per punirla. [END]

Semplice solitaria in cui Kaori si arrende alle condizioni poste da Akane e si costringe ad obbedire alle sue richieste per tenere sua madre in vita qualche giorno di più prima della fine del clan.