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Seconde cure per Yurashin

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con Yurashin, Kaori

Dopo quella terribile notte i medici ti hanno lasciato riposare per dar modo al tuo corpo ed al tuo spirito di riprendersi dai terribili traumi di quella sera; il dolore alla testa è andato calmandosi pian piano e il senso di disorientamento e confusione si è calmato di giorno in giorno fino a lasciare ora un vago senso di stranimento. La commozione cerebrale viene tenuta costantemente d’occhio da infermieri e medici che ti controllano almeno cinque volte al giorno. Il riposo sembra aver giovato a tale condizione portandoti a sentirti decisamente meglio. Anche il corpo fa meno male; il torace è totalmente guarito dopo le misure prese quella sera per medicare emorragia e costato mentre gli arti sono ora l’unica fonte di dolore ancora presente. Farmaci e contromisure prese hanno fatto in modo che il dolore fosse ridotto al minimo, ma ogni più piccolo movimento è capace di dar vita a fitte lancinanti provenienti dalle fratture ancora presenti. Le gambe son distese sul letto, steccate e fasciate, le senti piuttosto indolenzite e formicolanti per via della non attività di quegli ultimi tempi. Le braccia, invece, sono disposte entrambe in modo particolare; i tutori messi per aiutare la riabilitazione degli arti in seguito alle dislocazioni portano le tue braccia ad essere piegate contro il tuo petto ad angolo retto, tenute in tale posizione da quella sorta di imbracatura che s’avvolge attorno al collo. Ormai è arrivato il momento di poter sfilare tale tutore ma non prima di aver curato e medicato le fratture rimaste. Una giovane donna dal crine ramato entra nella stanza che condividi con Thoki con un sorriso gioviale, il camice bianco a svolazzare dietro di lei mentre si sistema gli occhiali sul viso con una mano. <Buonasera miei signori, come state?> saluta col solito fare gentile e cordiale sovrastando con la sua voce lo scrosciare della pioggia battente fuori dalle finestre. <I suoi progressi sono notevoli, signor Yoton, ha reagito bene alle cure ed ai farmaci, anche se forse avrebbe dovuto mangiare un po’ di più> dice la donna una volta avvicinatasi al tuo letto, guardandoti con fare critico. Va a chinarsi alla tua altezza andando ad estrarre dal taschino del suo camice quella sorta di penna luminosa utile ad esaminare gli occhi dei pazienti. Va a porre una mano sul tuo viso per tirare delicatamente verso l’alto la palpebra mobile così da illuminare con quello strumento la tua iride. La pupilla si restringe a contatto diretto con tale fonte di luce, si muove, è perfettamente e normalmente reattiva. <Mh-mh, bene> commenta annuendo passando poi all’altro occhio, ripetendo il medesimo procedimento. Anche questo reagisce allo stesso modo ed un sorriso le si dipinge in viso. <La commozione si sta risolvendo, ormai fra qualche giorno potrà persino uscire> annuncia lei, con giovialità, riponendo la penna luminosa nel taschino da cui l’aveva estratta. <Allora, viste le condizioni in ripresa, direi che possiamo anche occuparci di queste fratture> afferma quindi dandogli questa bella notizia con un ampio sorriso contento. <Va bene?> [Cure per Yurashin #2]

22:14 Yurashin:
  [Ospedale] I giorni scorrono così lentamente, in modo così noioso all'interno di quella stanza in cui sarebbe ospitato oramai da differenti giorni, in compagnia del Sunese, il quale ora riposererebbe beatamente in quel letto candido. Avvolto in una situazione eccessivamente anomala, in quanto sarebbe la prima volta in cui avrebbe riportato così tanti danni e la sua memoria sarebbe troppo danneggiata, al momento, per comprendere gli ultimi secondi, di tutto ciò che stava eseguendo, prima di perdere coscienza. Sbiadite quelle immagini, con un vuoto che non porterebbe a nulla di positivo. Le iridi argentate che verrebbero slittate tra le braccia, innalzate mediante quel tutore, e le proprie gambe, totalmente immobili. Avvertirebbe un formicolio da lì, da quelle leve inferiori, e quasi senza pensarci eccessivamente, quando andrebbe a mandare impulso per una leggera scrollata, avvertirebbe quel dolore lancinante. Stringerebbe i denti, capo che andrebbe quasi ad inclinarsi mentre il volto andrebbe a variare, in una leggera smorfia di dolore. Resisterebbe, adattandosi quanto più possibile, seppur non possa sempre fuggire dal dolore. Deve attraversare questo corridoio, camminare su pietre incandescenti e sopportare quanto più possibile. La determinazione che si farebbe viva anche in questa condizione, seppur nettamente meno rispetto alle sue stabili situazioni. Improvvisamente farebbe la comparsa una dottoressa e l'attenzione verrebbe posta verso di essa, verso il suo operato che asseconderebbe senza alcun problema, facendosi prendere cura da quella dottoressa. E poi lo schiudersi leggero delle labbra, su quell'ultima domanda: <Procedete.> Non ha voglia di parlare, non sarebbe affatto allegro, ma nettamente a disagio lì, con quei problemi che sembrano assalire. Vuole avanzare fino al traguardo, se potesse!

<Bene, allora iniziamo. Cerchi di non muoversi> t’informa la donna andando a far comparire attorno alle sue mani quell’alone verdastro caratteristico del potere medico dei membri dell’O.M.M., un sorriso incoraggiante a dipingersi sul viso mentre cerca di rendere meno pesante e deprimente la tua degenza. Va lei a portare i palmi l’uno accanto all’altro al di sopra del tuo braccio destro e lascia fluire il proprio chakra lungo il tuo arto, dentro di esso, fino a raggiungere quell’osso spezzato che tanto ti duole. È doloroso in un primo momento. Il tepore piacevole di quella energia va a mischiarsi e confondersi col dolore dell’osso che si rigenera e rinsalda andando a donarti sensazioni piuttosto fastidiose, ma meno dolore di quanto ci si sarebbe aspettati. L’aver permesso al tuo corpo di riprendersi dallo stress delle altre ferite ha aiutato il semplice sopportare di questo momento. Il chakra medico va agendo come un acceleratore sull’osso e le cellule prendono a moltiplicarsi ad una velocità incredibile, l’osso a distendersi, a rinsaldarsi fino a tornare alla sua posizione e struttura di sempre nel tuo braccio. Poco a poco il dolore passa, svanisce, sostituito dalla sola sensazione di quel tepore che ti avvolge l’arto e la carne. Rimane l’indolenzimento di quel dolore continuo degli ultimi giorni, un dolore residuo che passerà con le ore, con il movimento che in questi ultimi tempi ti è mancato. Un arto è guarito: avanti il prossimo. [Cure per Yurashin #2] [Mani terapeutiche B]

22:32 Yurashin:
  [Ospedale] Nuovamente vedrebbe fluire quell'alone verdastro, fin troppo osservato in quest'ultimo periodo, date le recenti cure a cui sarebbe stato sottoposto. Permetterebbe alla dottoressa di avvicinarsi ad un proprio arto, ad un braccio, portando lo sguardo direttamente sulla sua sagome, sul volto d'ella, quasi come se volesse percepire altro da quei semplici lineamenti facciali. Un respiro, profondo, prima di avvertire nuovamente il dolore in quel braccio e la cosa gli farebbe aprire leggermente la bocca, mostrando la dentatura che si stringerebbe, nel tentativo di sommergere a quel flusso di dolore che proverebbe. Certo, meno di quanto avrebbe ottenuto con quelle radicali operazioni, ma comunque fastidioso, comunque sufficiente a lederlo e far impazzire il proprio sistema nervoso. Quest'ultimo andrà però incontro a quella sensazione di dolore che scema, in modo graduale, seppur rimanga un profondo intorpidimento in quanto l'inutilizzo totale di quella sezione del corpo. <Mi scusi...> Prenderebbe fiato, in modo tale da disperdere il quantitativo di dolore fino ad ora provato, cosciente di doverlo riprovare fra poco, altrove. <Perché ha scelto d'esser dottoressa?> Domanderebbe, incuriosito da quella carriera, in quanto ha potuto godere di un lungo pernottamento. Impiegherebbe della fatica a racimolare altro fiato per parlare, in realtà. <Io ho difeso la vita con le mie arti belliche.> Come se fossero due volti della stessa medaglia: la salvaguardia della vita, seppur con mezzi differenti, due percorsi vicini.

Il primo braccio va guarendo nel giro di alcuni minuti durante i quali il chakra medico della donna agisce direttamente sull’osso. Quando sente di aver terminato la sua cura su quell’arto, ella va spostando le mani sul braccio accanto sporgendosi appena sul letto, col busto leggermente chinato per permetterle d’esser più comoda. Andrebbe a far fluire la propria energia dai palmi verso il secondo braccio lasciandolo penetrare oltre il tutore, le vesti, i muscoli per giungere verso l’osso spezzato. Ancora una volta l’energia va ad accelerare il processo di rigenerazione cellulare permettendo all’osso di rinsaldarsi, di rigenerarsi, nel modo corretto, dritto, riassimilando eventuali frammenti ossei scivolati via dalla rottura dell’arto. Lascia agire la sua energia ritrovandosi ad udire poi le domande dell’altro. Un sorriso le si delinea in volto mentre si ritrova ad umettarsi appena le labbra rosse. <Beh non è che io non sappia attaccare o uccidere> spiega lei con fare tranquillo, ricordando a tutti e soprattutto a se stessa che prima di essere un medico è un ninja <Ma di gente che sa uccidere gli altri ce n’è fin troppa, qualsiasi ninja ne è capace. Ma quanti di noi sanno riparare un osso? Fermare un avvelenamento? Curare una emorragia?> domanda lei stringendosi appena nelle spalle. <Ogni giorno muoiono un sacco di shinobi perché in pochi si applicano nello studio delle arti mediche. Un sacco di ninja muoiono perché popoli interi possano dormire tranquilli: ti sembra giusto?> domanda lei continuando a far fluire il proprio chakra nel suo arto, il dolore che, come in precedenza, va via via scemando fino a lasciare il solo senso di intorpidimento e indolenzimento dovuto all’inattività di quei giorni di forzato riposo. <A me, no. Anche loro hanno diritto a vivere, ad essere salvati. E perciò… eccomi qui> conclude lei con un sorriso candido prima di sentire il proprio chakra concludere il proprio compito, l’osso ora perfettamente dritto, sano, all’interno del suo braccio. [Cure per Yurashin #2]

22:53 Yurashin:
 La donna andrebbe a slittare all'altro braccio, senza raggirare il lettino, ma spingendosi appena col busto in avanti, piegandosi, in modo tale da essere più comoda, più vicina all'arto che ora avrà una serie di passaggi simili a quelli ricevuti dal suo gemello. Anche qui il dolore si farà avvertire, eccome, ma fortunatamente andrebbe a diminuore piano piano, con il progredire dell'intervento della dottoressa. Andrebbe appena a contrarre il busto, sporgerlo leggermente in avanti, se fosse riuscito, prima di ricevere una scrollata ulteriore, una saetta di dolore per quello che stava eseguendo, facendo sì che il corpo ricada nuovamente sul lettino, quanto più dolcemente possibile. La ragazza gli sarebbe vicino, ma la cosa non dispiacerebbe. <Credo che abbia ragione.> Quasi incerto, eppure la verità sarebbe stata mostrata con una semplicità disarmante, sulla quale non si può controbbattere. <Ma non tutti la percepiscono in questo modo. E dove vi è un nemico che non bada a spese, un sacrificio deve essere compiuto.> Le iridi che sono sempre meno focose, meno attive, mentre vocifera, mentre prenderebbe lunghi respiri per assimilare il dolore. <Uccidere un uomo per salvarne mille.> Oppure un'altra situazione: <Uccidere per non farsi uccidere. Credo che, per quello che lei ha espresso, la figura di un medico è vitale e, per tale motivo, ucciderà il nemico se quest'ultimo tenterà di uccidervi.> Avrebbe davvero sbagliato nel formulare quel discorso? Rimane ora silente, per approcciare la propria attenzione sulle potenziali risposte che potrebbe ricevere e sulle cure che comunque procedono, lasciando che l'uomo possa assaggiare nuovamente quegli arti superiori curati, seppur indolenziti. Ora cosa manca?

Anche il secondo arto va guarendo, il chakra medico a completare la medicazione di quell'osso precedentemente spezzato a metà. Il busto di lei va tornando eretto, ben dritto, mentre le mani verrebbero ritirate ma ancora avvolte di quell'alone verdastro e tiepido. <A volte dei sacrifici sono certamente necessari; a volte neppure le nostre capacità possono allontanare la morte, ma molto spesso, invece, possono> va dicendo lei andando a muovere un paio di passi lungo il lettino per avvicinarsi al termine di esso, le mani che verrebbero portate a sovrastare la coscia destra dove il femore giace rotto, dolorante. Va lei a riprodurre il medesimo procedimento ancora una volta lasciando fluire la propria energia dentro la carne, i muscoli, fino a raggiungere l'osso stesso avviando quel processo di rigenerazione accelerata. <Un medico, generalmente, combatte solo in casi estremi durante una battaglia. Morto -o ferito- non potrà salvare o medicare i suoi compagni. In genere siamo nelle retrovie a fornire supporto al resto della squadra, ma a volte non possiamo evitare di combattere persino noi> spiega lei quello che, alla fine, è il principio alla base del loro ruolo all'interno di un team. Continua con la sua cura sentendo il chakra fluire da lei e agire sul suo corpo, ignorerebbe i suoi spasimi, i suoi segni di dolore per non voler dar importanza a quella debolezza che a volte fa sentire i suoi pazienti quasi in imbarazzo. <E lei? Come mai ha deciso di fare il ninja?> [Cure per Yurashin #2]

23:09 Yurashin:
  [Ospedale] Le cure andrebbero a slittarsi, a spostarsi verso la parte inferiore, ove inizierebbe nuovamente quell'infusione del chakra medico, affinché possa velocizzare drasticamente i processi di rigenerazione e riabilitazione, curando in modo netto i danni che il corpo conserverebbe ancora. Sarebbe costante quell'alternarsi di respiri più profondi e quelle sfumature sul proprio viso, quelle smorfie che si presenterebbero a causa del dolore che avvertirebbe, seppur non presenti gridolini ma trattenendo tutto all'interno, se gli fosse possibile. Per uno Shinobi, quello dovrebbe essere davvero il male minore, abituati a tranciarsi anche una mano pur di fuoriuscire da un'onda illusoria. Resisterebbe per quanto gli possa essere possibile, trattenendo spesso anche il respiro e socchiudendo le palpebre. Se fosse riuscito in questa nuova sessione, andrebbe a prendere nuovamente parola, data la domanda d'ella. <Predisposizione naturale.> Cosa significherebbe, esattamente? <Chiunque è figlio di Kiri viene condotto ad un'educazione rigida, formando così un esercito di automi, in cui vengono repressi le sensazioni più superficiali per la riuscita della missione.> Presenterebbe così l'infanzia propria, di ogni singolo esponente di quelle terre fredde, umide. <In quel contesto, difficilmente si seguono differenti vie.> E' raro, ma non impossibile. <Ma lungi da me l'idea di essere Shinobi perché costretto.> Alla fine, dopotutto... <Io ho scelto questo via per difendere le persone a me importanti.> Il suo clan sarebbe stato sterminato e lui non avrebbe fatto altro che scappare via, prima che possa essere ucciso. Lui, il discendente della precedente Mizukage.

Poco a poco, lentamente, anche il femore rotto va a rigenerarsi; le cellule che compongono l'intero ossa vanno a moltiplicarsi ad una velocità forzata indotta dal potere del chakra medico che va a ricostituire la parte di osso mancante in breve tempo. Fa male, sì, e le reazioni del ninja sono più che comprensibili ma deve aver pazienza solo per un altro po'. <Abbiamo quasi fatto> spiega lei cercando di rincuorarlo mentre il femore va a completare la propria rigenerazione. A quel punto eccola andare a fare il giro del lettino per porre le proprie mani sull'ultimo arto, sulla gamba opposta, ponendo i palmi al di sopra della ferita, dell'osso rotto e da ricostruire. Anche qui lascia che il chakra fluisca oltre i tessuti e la carne per avviare quel processo curativo e torna a prestar attenzione al dire dell'altro. Tace per tutto il tempo prima di ritrovarsi a schioccare appena la lingua sul palato. <Ed io che pensavo che fossero finiti i tempi in cui Kiri era così dura> scuote appena il capo, sicuramente contraria a quel tipo di educazione, a quella sorta di annichilimento dell'anima di cui egli sta parlando. <Non mi piace considerare i ninja come degli strumenti.Siete pur sempre delle persone> un pensiero semplice, lineare, che nessuno dovrebbe mai perdere di vista. [Cure per Yurashin #2]

23:34 Yurashin:
  [Ospedale] Avrebbero quasi terminato, con l'ultimo arto a cui sottometter le abilità della dottoressa che questa sera sta intrattenendo il giovane. Rimarrebbe ora poco più a lungo in silenzio, per concentrarsi totalmente a quegli ultimi minuti in cui dovrebbe provare dolore, verso quell'arto fino ad ora immobile, da cui proveniva un fastidioso formicolio, come se fosse totalmente addormentata. Una sensazione che non adora, in quanto abituato ad avere gli arti quasi sempre in movimento, per allenamento o per altro. Resisterebbe ancora un poco, prima di attendere che il tutto finisca, quel processo che probabilmente avrebbe stancato anche la ragazza che avrebbe accanto. <Uno strumento...> Ripeterebbe fra sé, con un volume di voce davvero basso, appena impercettibile dalla controparte, quando una nuova mole di ossigeno verrebbe richiamata, nell'aggiungere qualcosa di inaspettato, qualcosa che forse l'altra non potrà udire per quanto sia leggero quel fonema: <Rotto.> Così sembrerebbe definirsi, data la situazione attuale, quella condizione che lo imprigiona a stare lì fermo, immerso in un dolore straziante, che non sembrerà aver termine. E poi nuovamente verso la fanciulla dai capelli ramati: <Sicuramente ha utilizzato una quantità di chakra notevole, per il sottoscritto.> Vorrebbe farle comprendere, utilizzando quasi quella frase come una scusa per il suo prossimo dire: <Potrebbe rimanere qui accanto al sottoscritto, qualche altro minuto.> Alla fine, nessuno gli avrebbe fatto visita, nessuno si sarebbe preoccupato della salute dello Yoton. Non che questo abbia timore della solitudine, ma una gradevole compagnia ora non la disdegna affatto.

<Oh non si preoccupi. Siamo abituati ad occuparci di interventi lunghi. Pensi che alcuni durano ore ininterrotte. Talvolta ci serve dover prendere un tonico di recupero chakra per continuare> ti rivela lei con una mezza risata mentre l'operazione continua. L'osso prosegue nel suo atto di rigenerazione invogliato e spinto dall'azione medica della sua energia curativa. L'osso è ormai quasi completamente guarito e, nel giro di pochi istanti, avverti finalmente la familiare sensazione di tepore andare a pervadere la zona annullando le fitte di dolore che ora si mutano in un fastidio di sottofondo. <Bene, ecco fatto> sorride lei andando ora a ritrarre le mani e interrompendo il flusso di chakra verso i palmi. Eccola allora andare a rimuovere dai tuoi arti le stecche che tenevano ferme le gambe e i tutori che tenevano le braccia immobili lasciandoti così libero di poterli muovere nuovamente sebbene ogni movimento sarà causa di piccoli fastidiosi spasimi dovuti all'inattività recente. <Saranno un po' atrofizzati per via di questi giorni d'immobilità, ma le basterà un po' di pazienza per tornare alla normale attività> t'informa lei, sorridendo, prima di andare a porgerti un bicchiere d'acqua e assicurarsi che non ti serva altro prima di andare e abbandonare la stanza per l'ultima volta. [End]

Dopo alcuni giorni di riposo dalle ferite subite, Yurashin viene nuovamente sottoposto alle cure di una delle dottoresse dell'ospedale per risolvere le fratture agli arti rimaste da curare.

Niente da dire, tutto a posto.

Niente px.