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[Cura] - Spezzato. Corpo e anima.

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con Yurashin, Kaori

I due pazienti sono stati portati in due sale operatorie distinte e separate. I danni sono massivi e le condizioni critiche: non si sa se si riuscirà a medicarli in tempo considerata la gravità delle ferite, ma di sicuro i medici di Amegakure faranno il possibile per salvar loro la vita. La pioggia -come sempre- accompagna questa nottata funesta; una luna pallida brilla distante in mezzo a nuvoloni scuri e carichi d'elettricità mentre le stelle paiono non voler far da contorno alla loro regina. La sala operatoria è piuttosto ampia e vuota. Un letto privo di coperte e lenzuola -ma di soli panni sterili- è posto al centro della stanza con lampade dalla luce bianchissima puntate su di esso. Nessuna finestra, nessuna porta se non quella che dà sul corridoio. Alle pareti son posti armadietti colmi di medicinali e panni sterili, garze, strumenti per le operazioni più fini e delicate. Farmaci, sacche di sangue, coperte son nascosti qua e là in vari cassetti, credenze sparse per la stanza. I medici sono raccolti attorno al letto e scrutano pensierosi il corpo disteso su di esso. <E' messo male> dice uno notando il sangue che stilla copioso dalle numerose ferite che lo ricoprono. <Ottima diagnosi> commenta sarcasticamente una donnina alta la metà di lui che analizza con le sue mani piccoline la ferita alla testa. <Non c'è tempo da perdere, rischiamo di perderlo> annuncia con fare greve rivolta ai suoi colleghi. <Mi occupo della frattura al cranio, devo alleggerire la pressione sul cervello o è spacciato. Lì cos'avete?> va domandando rivolta ai suoi compagni che, nel frattempo, continuano ad osservare il corpo lì disteso. <Qui c'è una massiccia emorragia interna: devo aprire e fermarla se non vogliamo che muoia dissanguato.> annuncia una donna più adulta e anziana osservando la piccoletta in viso. <Ha tutti e quattro gli arti rotti: sono stati steccati per cui alle fratture possiamo pensare dopo, ma il vero problema sono le lussazioni. Devo sistemarle se vogliamo che non perda l'uso degli arti: la gamba sinistra è quella messa peggio.> informa il medico che, poco prima, ha fatto quell'ovvio commento. <In più anche il bacino va rimesso a posto. Per il resto sono tagli e lividi minori> aggiunge voltandosi verso la biondina esile e bassina che, a giudicare dal loro tono rispettoso, par essere il loro capo. <D'accordo... allora io e Karin ci occuperemo della frattura al cranio e dell'emorragia contemporaneamente per evitare il peggio; quando avremo finito tu ti occuperai delle lussazioni e poi gli lasceremo un po' di riposo prima di occuparci delle fratture, d'accordo?> Lo staff attorno a lei annuisce serio e l'uomo si distacca dal tavolo per lasciar modo alle due donne di iniziare ad agire. Ma tu, Yurashin, cosa senti di tutto questo? Nulla. Svenuto, completamente privo di coscienza ti senti avvolto da una oscurità totale e completa. I tuoi pensieri sono confusi, sconnessi, si perdono nella scia di ondate violente mentre l'unica cosa che riesci a sentire è il dolore. È ovunque e da nessuna parte, lo senti persino premere sulla gola bloccandoti il respiro. Non senti il tuo corpo, non riusciresti a muovere neppure un dito se dovessi provarci, eppure il dolore c'è, lo senti benissimo. Ma nessun mugolo esce dalle tue labbra, nessun suono: vorresti parlare, sì, ma come si fa? Un tempo lo sapevi, ma ora? Ora non più. Il respiro del tuo corpo è lento, spezzato ed il battito così debole da far temere il peggio: non sei mai stato così vicino alla fine e la tua vita è letteralmente nelle mani di queste voci che, sconnesse, filtrano come suoni confusi al tuo udito. Non capisci cosa dicano, le loro parole sono mugolii indistinti che si susseguono, suoni ovattati e lontani che rimbombano come dall'altro lato di un muro. [Cure per Yurashin]

22:25 Yurashin:
 Silenzio, estremo silenzio. Una condizione che sembrerebbe anche esser lieta per il giudizio del Chuunin, se non fosse che quel silenzio fosse semplice conseguenza di una sessione troppa complessa, di una missione che lo avrebbe messo realmente in pericolo. Non ricorderebbe più di molto, con la mente fin troppo confusa. Anche il semplice pensar gli verrebbe complesso, come se fosse totalmente sconnesso a quella sezione del proprio subconscio. Totalmente avvolto, in quella sala buia, senza alcuna luce a rendergli un minimo di visibilità. Potrebbe forse schiudere leggermente le proprie palpebre, notando quello spazio senza alcun limite e quel corpo proprio. Eppure non potrebbe comunicarci, né sensorialmente mediante il proprio sistema nervoso e neanche vocalmente. Già, perché le parole non uscirebbero fuori, quasi come l'aria si fermasse all'interno della gola, privandolo non solo dell'utilizzo del suono, ma facendogli avvertire quasi una stretta alla gola. Non fastidiosa, ma dolorosa. Come quel dolore che pervaderebbe in ogni angolo del proprio corpo, quasi come se fosse continuamente sbalzato da una parte all'altra e lui una semplice pallina. Tenterebbe quasi di stringere i denti, solo una vaga intenzione, perché anche quello gli risulterebbe impossibile. All'esterno? Solo semplici suoni, rimbombi ovattati, che non farebbero altro che lederlo. Troppa confusione, totalmente estraneo e non cosciente di cosa stia realmente vivendo. Il cuore debole e quelle forze che gradualmente verrebbero meno, come se improvvisamente potesse nuovamente chiudere gli occhi. Solo il dolore che proverebbe dovrebbe riuscire a tenerlo ancora un poco sveglio, se possiamo proprio definirlo così.

Ed è subito dopo aver deciso l'ordine d'azione che i medici si apprestano a curare il paziente; la biondina a capo della squadra porta le mani al di sopra del capo del ragazzo ad una distanza di circa dieci centimetri lasciando che il chakra medico le avvolga nel solito e tipico alone verdastro che caratterizza tale funzione. L'energia va a venir infusa all'interno della ferita di modo tale da cercare di arrivare fino alla frattura del cranio pulsante, quelle ossa solitamente così dure e resistenti a risultare ora gravemente ferite. Anche curando quella botta, quella rottura, ci sarebbe stato un periodo d'osservazione in cui tenere il paziente onde evitare che la commozione cerebrale porti a danni neurologici gravi. Il chakra medico va a raggiungere le crepe nelle sue ossa avviando il processo rigenerativo necessario a velocizzarne la guarigione; tessuti, sangue e ossa vanno man mano a guarire, a ripararsi, grazie all'aiuto di quella energia infusa dalle mani della dottoressa. Una sensazione come di tepore avvolge il capo del chuunin che, lentamente, prende ad avvertire un po' meno pressione all'altezza del capo, come se un enorme masso gli fosse stato tolto dalla testa. Meno pressione, certo, ma il dolore è ancora lì a fargli pulsare cervello e sangue con forza. Al tempo stesso, tuttavia, se il capo va donando un po' di sollievo, così non è per l'addome: Karin, la dottoressa dalla folta chioma rossa, si ritrova a dover incidere la carne col proprio bisturi di chakra al fine di poter osservare la situazione e allentare la pressione del sangue che preme dentro il suo corpo. Una ondata scarlatta va a fuoriuscire a fiotti dal di lui corpo macchiando ogni cosa: lettino, pantaloni, camici, in un flusso violento che le fa stringere i denti. Sapeva cosa aspettarsi, non si lascia trovare impreparata da tale evento e immediatamente va a porre le sue mani al di sopra della ferita esattamente come fatto dalla sua superiore poco prima. Il chakra medico avvolge le sue dita e viene fatto fluire all'interno del taglio appena creato per andare a fermare quella pericolosa emorragia. Ci vogliono diversi secondi prima che quel flusso di sangue vada rallentando fino a fermarsi completamente. L'energia del medico trova la sua strada incontrando l'arteria ferita e inizia ad avviare il processo di rigenerazione che va a risanare poco a poco la struttura della vena recisa. Il sangue smette di fuoriuscire tornando a fluire all'interno del suo canale e tuttavia una certa debolezza seguirà tale cura a causa della quantità persa fino a questo momento. Il sollievo derivante da queste cure va alleviando di poco la sensazione di spossatezza e disorientamento del ragazzo che ora, debole e malconcio, riesce persino a ritornare cosciente. È tutto confuso, i suoi sensi sono piuttosto deboli e la sua mente è come annebbiata. Sente dolore ovunque e le tempie pulsano violentemente mentre la bocca è secca. Il tuo corpo par quasi pesare tonnellate e ti riesce persino impossibile muovere i tuoi arti. Al solo tentarci proveresti un dolore immenso. <Cerchi di star fermo, signore, non provi a muoversi> andrebbe a dirti il medico maschio posto poco distante dal letto al solo notare le tue palpebre aprirsi. <Ci stiamo prendendo cura di lei, fra poco andrà meglio> [Cure per Yurashin]

23:28 Yurashin:
 Tutto così confuso, con nessun ordine che possa aiutarlo a fargli comprender cosa stia vivendo. Se prima poteva sentirsi il corpo nullo, senza alcun contatto nervoso, ora inizierà a percepirlo, in modo graduale, ma con un peso che non si attendeva. Sembrerebbe pesante, molto, tanto da non permettere alcun movimento. Ed ecco che all'orizzonte comparirebbero due figure non nitide: i suoi genitori. Eccoli che andrebbero a mostrarsi al loro unico figlio, allargando le braccia, come se lo stessero invitando in qualche direzione a lui ignota. Eppure non sembrerebbe seguirla, non proprio per la volontà di non avvicinarsi, ma per il fatto che si troverà bloccato e non potersi muovere. Il corpo sempre più duro, come un macigno. Le labbra che andrebbero a sigillarsi lentamente, qualche secondo, prima che possa chiuderle totalmente, almeno in quella stanza buia. Questione di qualche secondo prima che la propria attenzione possa andare sul proprio cuore, su quel battito prima lento, ora leggermente più veloce, addirittura vivo. Batte, lo sentirebbe ancora, e per tale motivo che tenderebbe ad aprire ancora una volta gli occhi. Questa volta, nessuna camera color pece, ma qualcosa di luminoso. Non distinguerebbe ancora nulla, ma solo suoni senza alcun senso logico. Non comprenderebbe ancora, ma quelle voci umani sono lì per lui, per salvarlo. Muoversi? Oramai sarebbe totalmente perso in quella condizione, in quella sicurezza di non poterci comunicare, che non proverebbe minimamente a tentare un movimento. E cosa accadrà ora? Sentirà semplicemente un dolore maggiore allo stomaco, mentre la pressione esercitata sul cranio indebolita. Che si tratti di un'illusione?

La resistenza del chuunin par quasi impossibile considerate le sue condizioni: tutti gli arti fratturati, innumerevoli ferite eppure nessun grido, nessun segno di dolore a congestionargli il viso, alcun suono a fuoriuscire dalle labbra. Nè gemiti, né ringhi, né rantoli. Par quasi in pace in quella condizione: che sia rimasto forse paralizzato? L'unica spiegazione che potrebbe impedirgli di sentire l'atroce dolore che in questo momento dovrebbe star provando. La frattura al capo va risanandosi nel giro di alcuni minuti. E' stato un brutto colpo ma per fortuna la donna sa quello che fa e le sue capacità mediche risultano piuttosto sviluppate. L'osso va risanandosi poco per volta fino a tornare praticamente come nuovo sebbene il dolore persisterà per qualche giorno a causa della zona sensibile ove è stata presa la botta. Il chakra continua a venir immesso fino a quando tessuti, sangue, cute e taglio non vanno rimarginandosi al di sopra del cranio appena medicato per poi venir fermato. La donna va passandosi l'avambraccio lungo la fronte sospirando appena di sollievo. <Qui ho fatto: la frattura è a posto, dovremo tenere sotto controllo riflessi e quadro neurologico. Ha una commozione cerebrale, dovremo tenerlo in osservazione nei prossimi giorni> informa i colleghi che, in silenzio, annuiscono alle sue direttive. La rossa che si è occupata di curare l'emorragia interna all'addome ha riparato l'arteria lacerata permettendo al sangue di tornare a fluire normalmente, ma non solo; avendo dovuto tagliare per permettere al sangue accumulato sotto pelle d'uscire, si occupa anche di richiudere il taglio lasciando solamente una cicatrice piuttosto chiara che si dilunga dallo sterno -verso la fine dei pettorali- fino a metà addome. Bastano pochi istanti per rigenerare la ferita chirurgicamente apportata poco prima e questo la porta a scostare le mani dal suo sterno fino al costato: dalle contusioni visibili sulla pelle e a giudicare dal tipo di botta è evidente che le costole si siano incrinate: prima di lasciar spazio ai suoi colleghi per rimettere in asse le sue ossa decide di approfittare di quel momento per sistemare le costole ferite. Scosta le mani al di sopra della zona in questione e, ancora una volta, fa fluire la propria energia all'interno del suo corpo al fine di andare a scivolare oltre la cute, oltre i muscoli per raggiungere le ossa incrinate. Andrebbe ad avvolgerle col proprio chakra medico così da risistemarne la struttura, da raddrizzarle provocando una fitta di lancinante dolore al povero paziente. <Ancora un po' di pazienza...> cerca di fargli forza la rossa, ben consapevole di quanto debba essere doloroso sentire le proprie ossa che guariscono così rapidamente. È quasi insopportabile, quasi intollerabile sentirsi schiacciare da quell'insieme di ferite, di contusioni. Ogni angolo del tuo corpo pulsa con violenza, ogni muscolo, ogni osso, ogni arto sarebbe quasi meglio strapparselo via pur di non doverne più sentire il bruciore, il dolore. Fa male. Un male bestiale, ma devi sopportare. [Cure per Yurashin] [//OFF: La coerenza, per favore. Hai appena ripreso conoscenza e hai tutti gli arti fratturati e una frattura al cranio appena rimarginata: com'è umanamente possibile che non ci sia nemmeno un gemito di dolore? Come fai a rimanere immobile quando dovresti essere percorso da fitte tremende da capo a piedi? Sei praticamente quasi morto, caduto da quaranta metri e ridotto ad un rottame: ricordiamocelo.] [Freeze]

14:48 Yurashin:
  [Ospedale] Pochi secondi prima di prendere realmente coscienza di ciò che lo circonderebbe, per essere ribaltato nella realtà come una catapulta. Le palpebre che tenderebbero a spalancarsi, gradualmente, con lo schiudersi delle labbra. Fiato, aria, in quella gola che non sembrerebbe raggiungere, quasi come se fosse in apnea. Il dolore che pervade tutto l'organismo, come se fosse una scossa ad alto voltaggio che non avrebbe intenzione di esternarsi. Molteplici le zone di dolore, ma non sembrerebbe fare un gemito. No, assolutamente no. Come la sua essenza, come un vulcano, andrebbe ad eruttare all'improvviso. Qualcosa che sembrerebbe sbloccarsi, qualcosa che finalmente uscirebbe da quel corpo pesante, fin troppo. E non si frena ad un semplice gridolino ma, spalancate le fauci, andrebbe ad emettere un urlo, liberatorio, di estremo dolore, a piena potenza, per una decina di secondi, contraendo i vari muscoli, degli arti e non solo. E più si agita e più sente dolore, più sente dolore e più aumenta l'impeto di quel grido che non sembra appartenere ad un esponente di stirpe umana. Termina il respiro, corto, per andare a guardarsi attorno, forsennato, come se volesse capire di più, in quanto vedrebbe vari mani vicino a quel corpo maschile, oltre ad alcune macchie di sangue. Ignaro di quanto stia accadendo, della sua condizione attuale, e rimanere fermi, immobili, sembrerebbe cosa impossibile. Non solo perché il cranio sembra pulsare come non mai, accumulando dolore nella zona vicino le tempie, ma quando sentirebbe quel rapido intervento sulle proprie costole, inclinate, lì avrebbe la possibilità di esprimere nuovamente un proprio grido, se non fosse che la bocca sarà meno aperta, in quanto i denti andrebbero a legarsi. Tenterebbe di sopportare, opporre una minima resistenza a quello che prova. Forse invano ma comprende che ogni sorta di movimento ora lo lede, eccessivamente.

Al grido del paziente, immediatamente, l'equipe andrebbe a cercare di tenerlo fermo ad eccezione della donna che sta operando il suo torace. Tenterebbero di bloccarlo per le spalle, per la testa, non potendo toccare gli arti ed i fianchi per via di quelle dislocazioni che vanno sistemate con un opportuno tipo d'intervento. Le sue urla sono strazianti, disumane, paiono dar fondo a tutta l'aria che ha in corpo e portano i medici a stringere i denti con forza, impietositi. <Signore, la prego, cerchi di non muoversi> dice la biondina alle spalle del lettino, dietro la sua testa, le mani a tenerlo bloccato per le spalle. <So che fa male, è ferito gravemente, ma stiamo cercando di occuparci di lei> continua con tono paziente e al tempo stesso deciso, osservandolo in viso, ricercandone lo sguardo. <Ancora un po' di pazienza> tenta d'incoraggiarlo sebbene, per certi versi, il peggio debba ancora arrivare. La rossa termina di curare il danno alle costole andando a scostarsi dal di lui corpo con un po' di affanno; ha profuso una certa quantità di energie in quelle cure ed ora avverte un po' di stanchezza mentre va a passare l'avambraccio destro lungo la fronte per liberarla del sudore che appena la ricopre. <Emorragia interna fermata e costole risistemate. Io ho finito> informa gli altri mentre il dolore al costato dell'altro dovrebbe andare diminuendo molto lentamente assieme al grido che viene liberato dal moro. Non più fitte e spasimi a farlo contrarre dal dolore ora, ma più una sorta di sofferenza diffusa a quella zona per via della botta subita, del danno sopportato fino a quel momento. Respirare fa male, sollevare il petto è doloroso, ma molto meno di quanto non lo fosse in precedenza. Il problema adesso sono i “soli” arti; i due uomini rimasti finora in disparte avanzano fino al letto posizionandosi l'uno alla destra e l'altro alla sinistra del lettino. <Mi occupo prima della gamba sinistra: l'osso è fuori asse, posso quasi vederlo> Di certo parole che nessuno vorrebbe sentir udire riferite al proprio corpo, ma ha bisogno di coordinarsi col suo collega prima di procedere con l'intervento. <Signore, mi ascolti. I suoi arti sono lussati, dobbiamo rimetterli a posto oppure potrebbe perderne la completa funzionalità, deve resistere, ok?> lo informa con tono serio, deciso, portandosi vicino al suo volto così che l'altro possa guardarlo negli occhi e ricercare un po' della sua sicurezza. <Farà male. Molto male, ma saremo veloci, ok? Come quando si strappa un cerotto: andrà molto meglio dopo, ma non deve muoversi> lo avvisa cercando la collaborazione dell'altro, ben consapevole di quanto sia quasi impossibile che riesca a rimanere immobile in un simile frangente. Uno sguardo d'intesa al resto del gruppo ed ecco che tutti, dispersi attorno al letto, vanno a bloccare il di lui corpo con le mani, cercando di bloccare un eventuale suo movimento. L'uomo, dunque, va a posizionarsi accanto alla gamba sinistra del paziente e, afferrata, va a dare uno strattone improvviso e rapido che ha lo scopo di spostare l'osso fino a rimetterlo nella sua posizione originaria curando la lussazione dell'arto. Il dolore al momento di quel movimento è quasi inimmaginabile: una fitta improvvisa che ti fa rimpiangere quasi d'esser sopravvissuto alla caduta ma che scema nel giro di alcuni istanti facendo nuovamente defluire il sangue lungo l'arto. La pressione dovuta allo spostamento dell'osso svanisce e resta “solo” il dolore della frattura. <Okay... questa è fatta> mormora lui annuendo alla volta del collega fermo vicino alla gamba destra. <Signore... dovremo ripetere il procedimento con la gamba destra ora. So che fa male ma cerchi di resistere> dice l'altro ragazzo un po' più giovane del medico alla sua destra. Va ad afferrare la gamba e, con un nuovo improvviso strattone, eccolo risolvere la lussazione fino a rimettere in asse l'arto. Ancora una nuova dolorosissima fitta a pervadere il corpo dello Yoton, un dolore che come uno tsunami lo investe con violenza ritraendosi dopo un tempo che pare infinito come risacca. La pressione viene anche qui alleviata e lascia che l'unico colore a pervadere la gamba sia quello della frattura e la sensazione d'indolenzimento dovuta alla botta ed all'osso appena rispostato. [Cure per Yurashin]

21:09 Yurashin:
  [Ospedale] Immediatamente tutti andrebbero a catturarlo, a sorreggerlo , intrattenendo quel corpo che inizierebbe a dimenarsi per il dolore subito, per la sofferenza ancora in corso e che non sembra ancora terminare. Quella caduta sarebbe potuta essere fatale, ucciderlo se fosse stato poco più alto. Miracolato? Potrebbe essere davvero così, ma in questo momento sarebbe arduo a crederci. La mole di dolore sarebbe elevata, davvero, e deve ancora resistere al peggio, a quelle lussazione che potrebbe incidere sulle sue prestazioni motorie. L’infermiera che andrebbe a portarsi vicino al proprio capo, rassicurandolo, suggerendo di star quanto più immobile possibile, per non aggravare maggiormente la sua situazione. In parte tenderebbe a placarsi, a respirare piano e profondamente, per riprendere la stabilità ma anche quel semplice processo, così naturale, gli procura dolore; dovrebbe smetterla, forse? No. Ma sarebbe immediatamente colto dalla voce maschile, da quell’esperienza medica che si farebbe bene sentire. Non adora ciò che gli verrebbe preferito, quello che gli verrebbe anticipato, nella maniera più totale. E purtroppo non potrà sottrarsi, lasciando che l’occhio tenti di scrutare oltre il proprio stomaco, nel visionare quanto sia possibile vedere l’osso al di fuori della struttura che dovrebbe competere. Quasi sadico in ciò, spinto da curiosità e non solo. Le mani del dottore che vanno a porsi lì, attendendo l’atto pratico. Qualcosa che poteva immaginare, ma non a questi livelli. Sbalzerebbe, almeno tenterebbe, piegando il proprio busto, quasi nel volersi innalzare in una posa da seduto. Eppure dovrebbe essere bloccato. Agiterebbe in parte le spalle mentre il suono verrebbe trattenuto quanto più possibile, compiendo differenti espressioni di esplicito dolore. E se non bastasse far una sola volta, ecco che dovrà preoccuparsi di ricevere anche una operazione simile, analoga, ma scandito da un collega apparentemente meno esperto. Le ibridi argentate che si pongono su di lui, sul suo volto, in una espressione di dolore e di minaccia, quasi a voler intimorire e fargli sperare che riesca al primo colpo, con un movimento noi riparazione necessario. Si prepara al peggio dunque, lasciando che questa ulteriore rimozione del cerotto venga a compiersi, senza che qualche spasmo venga a colpirlo. Dolore, atroce, che dovrebbe durare qualche secondo per poi scemare. Stremato quasi, ma non può svenire ancora, fin troppa vittima di quello che il corpo prova. Respiro accennato, affaticandosi dinanzi a tale condizione, ma solo ora sembrerebbe accettarla. È per il suo bene, il suo unico bene.

Entrambe le gambe vengono risistemate e rimesse in asse sebbene le ossa siano ancora fratturate. Tuttavia non possono procedere a sistemare ogni danno in quel momento: il corpo dell'uomo è troppo mal messo per poter sopportare troppi trattamenti tutti assieme. Al momento possono occuparsi delle sole emergenze che non compromettano la sua vita o la sua futura funzionalità lasciando da parte per qualche giorno successivo gli interventi meno urgenti, così da lasciar modo al corpo di riposare appena dopo tutti quei traumi. <Bene... sta andando bene, signore. Ora mancano solo le braccia ed il bacino> lo informa il medico uomo più adulto scostandosi dalla zona della gamba sinistra a quella della vita. <Hioshi, tienilo fermo per il busto: io mi occuperò di sistemargli il bacino dislocato> richiede l'aiuto dell'altro ragazzo lasciandogli modo di scostarsi verso il lato del lettino dove sostano le braccia del paziente, tendendosi su di lui per tenere ben fermo il torace ancora dolorante per via della recente sistemazione delle costole incrinate. L'altro medico va a porre le mani ai fianchi del chuunin iniziando a respirare a fondo per prepararsi alla prossima mossa. <Tre... due... uno...> e... TAC. Un altro strattone violento dei fianchi che vengono tirati verso il basso per risistemare la posizione delle anche e del bacino. Un dolore improvviso, fortissimo, che ti strappa un urlo agghiacciante e profondo. Pallido, pari quasi un fantasma a guardarti in volto, il sudore gelido a scivolare dal viso mescolandosi al sangue. Manca poco. Ancora un ultimo sforzo... <Ancora un ultimo sforzo signore. Un solo sforzo> andrebbe a dirgli il medico con un cenno del capo rivolto poi al giovane Hioshi. I due vanno afferrando ognuno un braccio dello Yoton portando l'arto a scivolare sotto le loro braccia e le mani a poggiarsi sulle sue spalle. Uno si occupa del destro, l'altro del sinistro, ma entrambi ricorrono agli stessi identici movimenti, le stesse prese. Si guardano dandosi il tempo con alcuni cenni del capo e poi... ancora un altro strattone, questa volta ad entrambe le braccia, contemporaneamente. Il dolore raggiunge picchi impensabili, insopportabili, ma le ossa sono adesso rimesse in posizione e le spalle non hanno più quella forma innaturale di poco prima. Il sangue riprende a fluire secondo un percorso più fluido e libero ridonando colore agli arti. Il peggio, questa volta sì, è passato. <Abbiamo finito. Per questa sera abbiamo finito signore, la lasciamo riposare> lo informa dunque la biondina andando a fermarsi al fianco del letto, lì dove sarà più facile guardarla in faccia. <Ha ancora delle fratture che dovremo sistemare, ma ce ne occuperemo appena si sentirà meglio. Ha subito fin troppi traumi per ora> lo informa non sapendo se l'altro capirà bene le sue parole. È difficile seguirne il senso, è dura rimanere svegli. Stanco, troppo stanco, ti senti spezzato e sconfitto da quel dolore che ti soverchia e travolge. Troppo. Troppo per te. A stento riesci quasi ad annuire prima che le palpebre calino lente sui tuoi occhi. Per stanotte, guerriero, riposa. [END]

Quest di cura per Yurashin -ad AME- in seguito alle ferite riportate nella missione di trasporto della Giara di Gaara.

Il paziente presentava molteplici traumi e ferite che l'equipe medica ha deciso di curare partendo dalle più gravi alle meno urgenti. Lasciando da parte le fratture alle ossa e le ferite minori, l'equipe composta da due dottoresse (jonin e special jonin) e due medici piuttosto forzuti (due special jonin) ha curato:

-una frattura cranica (Mani terapeutiche A)
-una emorragia interna e l'incrinatura di alcune costole (Mani terapeutiche B)
-la dislocazione dei quattro arti e del bacino. (...conoscenze mediche?)

Al termine di questi trattamenti d'urgenza il paziente è stato lasciato riposare nella camera che gli è stata assegnata per far riprendere il corpo dallo stress di questi traumi.


Necessita una seconda cura per sistemare gli arti fratturati.
Commozione cerebrale da tenere sotto attenta osservazione per una settimana. (a partire da oggi 07/12/16)


Un piccolo appunto per il giocatore: so che le quest di cura sono noiose perchè il pg sta lì a soffrire e basta, ma cerca di rendere meno passivo il tuo personaggio. E' dolorante, soffre, non riesce a muoversi ed è confuso. Possibile che non dica una parola? I medici gli hanno parlato per tutto il tempo per cercare di confortarlo e lui non ha detto n i e n t e. Nemmeno un "no" o un "basta". Nulla. Cerca di partecipare più attivamente ♥

No px vista la natura della quest.