Wait l'entrata di Kurona {Hana} pls~
Che cos'ha fatto lei- in questo mese passato? Oh grandi teorie- che stia rimuginando sulla sua posizione, sui suoi passi, sui samurai, su Yukio- guerre- azioni? No- lei sta facendo la madre. Grandi tempeste che chiamano il suo arrivo- te lo ricordi Yukio? Disse tempo fa: Immaginavo di vederti tornare un giorno di tempesta, con i fulmini dietro le spalle e la nebbia che ti eregge ad imperatrice. Eppure- per quanto possa essere Kurona, nei suoi passi e sul suo viso non v'è niente di borioso- altezzoso, onna-bushin prima d'esser moglie o compagna dell'Hasukage. Son drappi di velluto- il suo muoversi come se fluttuasse sopra la carne ed il sangue che rende pura prigione ogni essere umano. Troneggia, imperiosa- dai tratti serafici dell'infamia di Uriel- su ogni figura che l'affianca. Minuta- con il carattere di una iena affamata e le mani d'un artista che scivolano come teste di serpe al di fuori del qipao che la veste. Un sinuoso muoversi di seta su quel corpo- che non è altro che oramai- un arazzo indefinito. Stupri. Violenza. Amore. Omicidio. Può, lei, pretendere la redenzione? Piangendo- strega, tra le braccia dei suoi figli e del suo eterno compagno? Gli occhi come brace che cheta scoppietta antecedendo ogni devastante scoppio- i capelli raccolti, minuziosamente ordinati come vuole la figura nipponica di una giovin donna- in kanzashi d'oro e bronzo che lascian pendere sulla capigliatura catenelle e fiori- charms- farfalle minute- in un silenzioso tumulto di grazia- e furia tacita. Il borbottare sordo di una bestia che ha dormito troppo a lungo. E' stata debole! A lungo è stata zitta ed in disparte. Ha taciuto ad ogni avvenimento in nome della sua famiglia. Le sue catene. La sua gabbia d'oro e fiori tra le braccia di quell'uomo. <Allora..> Una voce scivola addosso ad Hana- come miele che cola sulle labbra di quella farfalla delicata che s'è tanto premurata di osservare dall'alto della sua posizione per tempi immemori. Tre anni- a vegliare su di lei, da lontano. Tre anni a capir quale passo avrebbe fatto. Oh! Se solo avessi pensato e sperato al disinteresse di Kurona- non ci potrebbe esser stato sbaglio più tremendo. Un sensei- prima delle parole, ti cuce l'anima addosso alla sua. E pertanto che Kurona non ne possiede una, sel'è cucita nella carne, nel sangue. JOJI sotto cheto poggia un capino albino che richiama lo stesso della madre- su un petto che non è più acerbo come quello di un tempo- cela occhi d'oro fuso come quelli del padre. Un connubio d'amore, di forza, di desiderio. Quanto hanno bramato questi figli? Ha combattuto, avesse pur dovuto vender se stessa per dare a Yukio, quello che non ha mai avuto. Un obbiettivo. Una famiglia. Dalle macerie- dalla cenere, come fenice, rinasce. <Ora hai così tanta facoltà di te stessa- Cho cho, da poter addirittura decidere di far di testa tua. Sott'inteso che tu allora, abbia deciso di averne una.> Seta che si tramuta in lame, l'oscillare pigro di ciocche color del latte sulle spalle coperte da un haori nero, dello stesso colore di quell'abito tradizionale cinese che la veste. Il mostrarsi sporadico delle cosce dai tagli laterali mentre avanza, flemma. Un concentrato di anestetizzante puro- brucia, intorpidisce, come il petto dello stesso bambino di {un anno} che le dorme tra le braccia. La maledizione dei gemelli Kokketsu-- crescono troppo in fretta. L'instabilità di ciò che è precario e sembra sfuggirle dalle mani. Ancora una volta! Ancora una volta-- non può esser una madre. <E' così, Hana?> E' così? Hai deciso, tra l'esser oggetto- e l'esser una donna? Le ciglia folte- pallide, calano quando affianca il suo compagno- passando le dita sulla schiena forte di quel bambino dall'incarnato pallido ed i tratti dolci. Gli occhi del taglio della madre e le espressioni buffe del padre- indossa una maglietta, lui, bianca con lo stemma di Kusa sulla schiena, e dei pantaloni neri- assieme ai tabi del medesimo colore. <Vi ho disturbato?> [ck on -MOLTO DEBOLE-] [Lì] Per ora si premura di lasciar glissare semplicemente lo sguardo a ridosso delle mani del Kokketsu: si cura esclusivamente del fatto che il suo moto s’interrompa, trovando la morte degli intenti. Hitomu lo reputa un affare suo, sarebbe ingrato lasciare che gli altri s’accingano a cucire per lei quello che non è in grado di imbastire né affrontare – probabilmente la delusione sul viso dell’Hokage. Nonostante questo, portavoce di belle parole e di intenti magnifici, non si esime anche dal prendere il marcio che il futuro le può prospettare e pertanto spetterà a lei comporre i passi per Konoha a breve. Prima di ciò, però < Non posso pretendere che qualcuno lo faccia con me forzatamente. Ma posso provare a trovare qualcuno che condivida il mio punto di vista.> non si fa portavoce di un futuro che non conosce, attualmente non brama la chiromanzia. Superbia, non ne ha mai avuta – le basterebbe giusto un passo per potergli dire che non si reputa tutti. L’unico problema, è che non si reputa nemmeno qualcuno d’importante o di estremamente forte, in grado di sostenere pesi di varia portata. < Oh, Yukio. Vuoi dirmi davvero che dopo aver perso tutto, ci sia possibilità per me di aver paura della solitudine?> Sarcastica, sorride. Si ride per non piangere, dicono. < Non è cosa da tutti. E’ cosa da chi non teme di lasciarci l’anima sul sentiero.> adesso che davvero è diventata posseditrice del nulla, non ha che guadagnarci. E a proposito di anima, una in più s’aggiunge al tavolo. Socchiude le palpebre, s’è già detto che non vanta la veggenza eppure prima ancora dell’immagine sembra quasi percepire l’odore che raggiunge le narici come tremendamente diverso. Istintivamente, a ridosso di un sesto senso che solo di impressioni può vantare, la testa sembra prepararsi all’ascesa di una voce che riempie la testa. Ah – forse è vero, che un po’ mi sei mancata. Sai da te che non è frase che uscirebbe dalle sue labbra così come non verrebbe scucita dalle tue – del resto non sono parole che ben s’amalgamano alla vibrazione dei loro pensieri. E’ solo passato così tanto tempo che - < Invero, paradossalmente è il contrario.> umetta le labbra, senza perdersi d’animo – sul viso tralascia un velo d’ironia finalizzata ad incentivare il proprio discorso. < Non ho più nemmeno me stessa, e tanto mi basta per poter decidere di poter decidere.> il che risulta terribilmente ridondante, una frase senza via d’uscita, un cunicolo buio e stretto – lei, che forse giusto un grammo la conosce dai tempi remoti, potrà capire senza difficoltà cosa sottende un discorso del genere. < Detta così, ti sembra meno presuntuoso da parte mia – Kurona sensei?> Qualcosa le dice che forse lei, più degli altri, possa gongolarci nel vedere una shinobi sfiorita dal tempo prendere una posizione che par esser drasticamente controcorrente a quello che la mente immatura ha potuto partorire per lei guidata da altri motivi, altri tempi. Il tempismo non l’accompagna, un attimo prima le sarebbe bastato percepire nell’aria il suo desiderio: l’essere un oggetto, qualcosa che continua a marchiare incessantemente il suo pensiero e a plasmarlo – ma questa volta in grande. Un oggetto a portata di tutti, indipendentemente dal paese- Non lo trovi forse un atto di estremo masochismo, piuttosto che di magnanima beltà? S’alza, lasciando ricadere le ciocche bianche lungo la schiena: quanta ironia ci potrebbe trovare nel constatare come il tempo sia passato per entrambe, tanto da poter vantare capelli bianchi ma una pelle non armata di rughe. < Ti prego, siedi.> le cede posto con il dovuto rispetto, madre, maestra o compagna di qualcuno non ha importanza. Si tratta di lei, e tanto le basta. [ Chakra ON ] Il foglio continua ad essere scritto mentre Hana parla, a seguire alcuni cenni di capo da parte di Yukio per poi scrivere in grande qualcosa "Visto che il tempio fuori Kusa è stato modificato. Potrebbe calzarti a pennello almeno una dimora per quando sarai da queste parti, mh? È certamente fuori da Kusa ma potrebbe offrire riparo a te e forse a qualcun'altro che seguirà al tua ragione" Come se dovesse continuare "Giusto, mamma?" Borbotta, sollevando gli occhi verso di lei "Sai che non devi stare fuori tanto tempo!" Gli occhi saetterebbero immediatamente sulla sigaretta che invece ha ancora fra le mani "Diamine" Stringendola nel palmo della mano lasciandola spegnere con la propria pelle che va leggermente a bruciare anche se ormai si può definire decisamente abituato "Mannaggia mannaggia" iniziando a fare aria con le braccia per togliere il fumo, alzandosi dalla poltrona per aprire le finestre "Mannaggia" Già, ovviamente per i piccoli, no? Non devono inalare certe cose. Poi certo che se un Yukio fa un gesto simile è grave eh! "E no, non disturbi, stasera ho un incontro un po' più serio, per ora tutto nella norma" Spiega, sospirando pesantemente lasciando che la sinistra si getti sui propri capelli per metterseli a posto. Uno scatto soave da ballerina di danza classica (femminile messo a posta) ed eccolo, difronte a Kurona e a Joji ed Hime se anche lei fosse presente con lei oppure con Totoro al suo fianco che la sta aiutando a portarli a spasso. Si avvicinerebbe al volto di Kurona, intenzionato a darle un bacio casto ma ecco. Eccolo! Come sempre Joji che solleverebbe le manine per giocare con i pircing sul volto di Yukio, tirandogli così il labbro inferiore "C-come non detto." Parlata ovviamente non ottimale essendo tirato verso il basso anche se debolmente, purtroppo. Povero lui "E comunque non credo ci siano problemi per il tempio, non è vero?" Verso Kurona "Ormai sto facendo rifare ogni struttura dentro Kusa, ci sarà anche quella apposita per i Kokketsu... Quindi non c'è da preoccuparsene, nh?" [ck on] Le dita che risalgono il coccige di Joji e si soffermano sul basso della sua schiena con la pigrizia di chi non ha intenzione di andare da nessuna parte- arriccia con lentezza quella maglietta facendo da interferenza in un discorso che non le appartiene. Densa polpa di ciliege che si schiude a prender aria in silenzio, tanto immobile nel suo esser una statua di sale- una sorta di marmorea figura che non possiede ne il bacio di giunone, ne tanto meno il bacio di narciso- o meglio, Kurona l'ha avuto. Assieme alla sua lingua da serpe ed il suo caratteraccio instabile. Come la luna- muta, di giorno, di notte- e tace guardando in direzione di Hana- sentendo il suo caotico compagno sbruffare e mandar via il fumo con le mani. Bonaria- in ogni suo gesto, come un buddha reclina il capo in avanti prendendosi un attimo per lei. Quanto tempo è passato, cho? Quanto tempo t'ha bagnato il volto- beffardo, avvicinandoti così tanto a me? Lo specchio parallelo tra determinazione e nautralità massima. Sono le sue parole, così distanti da quelle che erano un tempo, che la fanno sorridere. Eppure non possiede scherno, eppure non possiede potere per racchiuder tra le mani l'infinità del samsara e piegar a se, natura e uomo. Un solo sorriso- sembra farlo. Ah- l'illusione che sia una donna dal cuore infinitamente buono, quando poi- infame- smentisce! <Nessuna presunzione- dove sbaglia l'allievo, è il maestro a prenderne le colpe. Dove le truppe falliscono- è errore del generale.> Poichè parliam per metafore- allora Kurona si erge come generale e come maestra. Oh- se solo si fosse pentita dell'esser di Hana, ora questo bocciolo di rosa puritana si disintegrerebbe tra i suoi palmi. Sarebbe lei stessa- e porre la sua fine. Perchè disonorata! Perchè-- non porterebbe un altra macchia sul corpo. O bianco. O nero-- e tu, Hana? Hai abbandonato tutte le tue sfumature? <Quando, il mio giglio, smetterà di pensar di se come oggetto?> Il curvarsi del capo in direzion di Yukio-- lo svegliarsi di Joji che s'alza sal suo petto e tende le manine verso suo padre tirando ogni oggetto in più sul suo viso. Come un ombra Totoro dietro le sue spalle porta lo sguardo assonnato di Hime. Principessa. I capelli corvini e l'eterocromia racchiusa sul fior del viso della madre, un coesistere di colori che cozzano. Oro, rosso, nero. Hime borbotta- allunga le mani verso Hana, nello specifico, sporgendosi da Totoro, punta i suoi capelli pallidi. "Ma- ma- ma" Un borbottare dolce, tentando d'afferrare una ciocca ed accarezzarla con la goffaggine infantile. Un solo cenno d'assenso a Yukio, alle sue parole- cogliendo quel bacio e- portando una mano sulla sua nuca per baciargli ulteriormente la fronte. Son caste carezze prive di schiocco, chiaramente, trovando rifiato nella sua presenza- come nella presenza di Hana. Un solo commento-- un solo commento ancora. <Decidere di poter decidere ti allontana a quello che eri. Io attendo, solamente. Attendo e osservo.> Nascosta tra le braccia di Yukio- il sorgere di un sorriso dal gusto soffuso, curioso, kitsune al di la della seta che gioca, ma non sai mai fino a che punto. La tipica donna che preferiresti veder sorridere a lungo perchè-- non sai mai cosa può succedere una volta che quel sorriso si spegne. <Non pensare che io abbia mai tolto il mio sguardo dal tuo cammino. Son fatta d'attese e zen, è nella mia natura.> Chiaramente rivolto ad Hana. Sta ancora attendendo di vederla tornare da lei, con la facoltà di possedersi, come si possiede Kurona. Nella speranza di vederla prender atto di quel che la corrode, e combatterlo di sua sponde. Ebbra tacitamente di quel che è, esattamente quel che possiede, lascia che la carezza sulla nuca di Yukio scemi verso il basso. <Nessun problema, per il tempio. Volevo solo avvisarti che, è ora-- che io torni al dojo.> Come samurai. Come combattente- infondo, tanto lei quanto Yukio sapevano che questo idillio sarebbe stato precario. E il tempo sarebbe giunto, per tornare al suo posto. Ad esser maestra, samurai, assassina, shinobi, furia omicida. Coccolata troppo da quelle braccia, tanto da essersi *QUASI* dimenticata, di se. Di Kurako. Degli uomini a cui deve, come minimo, dell'onore da portare sulla bocca e nella pancia. <Piuttosto, vorrei esser aggiornata sulla mia allieva-- cosa stai cercando, esattamente, mia cara?> Lo ricordo ancora, il giorno in cui eri oceano di insondabile tristezza. Dov’è il tuo viso amareggiato, il tuo volto afflitto ma fiero? Risplendevi quasi di malinconia innaturale ed ora non potresti far altro che condannare te stessa per avermi contagiato, rasente cancrena diramata in vena. E s’è scoperta egoista, così tanto da aver preso da tutti un po’, uno spicchio, un frammento che potesse aiutarla: in bene o in male non ha importanza. Non era questo, quello che volevi? Un lascito, qualcuno che si ricordasse di te. Oggi, più di prima, è diventata il frutto di quello che le è stato fatto. Batte le palpebre, issa il ventaglio nero con dentro l’azzurro – flutto ingrossato dal fondersi di ghiacciai grondanti, l’accompagnano nel mero intento di scorgerli. Tutti e quattro. A vederli da lontano, Insieme, costruiscono il quadro di una felicità che – vista da fuori - neanche stenta o s’azzarda a toccare: come ogni cosa, l’immagine di una famiglia viene rilegata nel riquadro delle gioie che a lei non toccheranno – intoccabili, impalabili e che alla fin fine ha imparato a non desiderare. Le sta bene così, anche solo la vaga illusione che quella di Kurona sia una storia a lieto fine in fase di stesura, decisamente più colorita ma meno tortuosa di un trapassato che aveva annunciato essere tra i più neri dei presagi. Risulta facile, forse troppo, per lei riuscire a trovare un compromesso metaforico che faccia riferimento ad un racconto, essendo avida lettrice e venosa amante di storia < Davanti la disobbedienza, anche Sunzi uccise le cortigiane di Wu.> rievocando come l’arte della guerra non fosse altro che questione d’obbedienza. Sunzi l’avrebbe uccisa, probabilmente – da quando un allievo può decidere cosa fare di sé? Fossi stata quel tipo di generale, non ci sarebbe stata speranza per me. Per l’ennesima volta assapora ricordi e se ne abbevera, egoista – non esistono sfumature. Se lo ricorda. Eppure può dire davvero d’aver deciso da sola? Forse non avevi tutti i torti, anni fa. Forse non tutte le scelte possono essere compiute volontariamente. Forse non puoi esimerti dallo scegliere per sempre – dolce panacea del wu wei, quest’alcova è stata costretta ad abbandonarla diventando madre di scelte sbagliate. La retorica trova terreno fertile in cui attecchire: quando smetterà di pensare di sé come ad un oggetto? Quando smetterà di esserlo. Lei, svezzata nell’austerità di una famiglia assenteista e allo stesso tempo aggrappata con forza all’affetto di un Hokage che di lei se fatto carico gratuitamente, sulla sua strada ha imparato a cibarsi di metafore provenienti dal Rikudo che come Koan l’hanno plasmata di modo che il calore della pelle di un altro corpo non fosse altro che un ricordo lontano; lei che di affetto non ne svende neanche a metà del prezzo, lei che ancora oggi si vergogna come una ladra di aver abbracciato Tobirama solo di notte, lì dove nessuno avrebbe potuto guardare… No. Neanche ci pensa all’alternativa di una cosa del genere: non è fatta per sorrisi infantili nei suoi riguardi, non è fatta di case piene delle risa di bambini, non è fatta neanche per avere una controparte perennemente presente. Quell’uomo, un demonio che con la sua assenza s’è guadagnato la capacità d’adattamento della ex Hyuga che ora guarda quasi impacciata la faccia di Hime che s’allunga, rasente salice, verso di lei. Nella figura dell’albina non ci troverà quanto sperato poichè di materno non ha nulla, tanto meno ora che le sue membra rasentano l’artico. Non scivola via da lì, tuttavia, socchiudendo le palpebre: paralizzata anche solo all’idea di alzare una mano per sottrarre i propri capelli dalle mani di una creatura, manco potesse nuocere o far male. Oramai i bambini iniziano a farle un brutto effetto, quasi la terrorizzano. Che amenità. < C’è qualcosa che posso fare per rendere la tua attesa meno vana?> domandare le risulta lecito. < Ci sono state troppe ombre davanti a me a farmi da scudo. > a partire dalla tua < Ogni giorno, son diventate sempre più grandi. Ed io, sempre più piccola.> la sua benedizione, quella di essere avvantaggiata. La sua dannazione, quella di non essere abituata alla luce calda del sole ora. Scocca un’occhiata laterale a Yukio, battendo le palpebre: si distacca forse da quel piano immateriale di pensieri per poter varcare la soglia del concreto < Nh-> schiude le labbra, forse un po’ sorpresa. Alla fin fine, ricevere così tanto per non aver ancora fatto niente < E’ più di quanto potessi immaginare. Ti ringrazio per la disponibilità> ma soprattutto < e accetterò volentieri.> giusto un punto dal quale partire. < Ovviamente ti aggiornerò sui miei movimenti qualora sarà necessario, e sarai aggiornato sugli ingressi del tempio.> Lo sguardo calmo e a tratti altero si staglia contro la figura di Yukio, per poi abbandonarla – nuovamente – in favore di Kurona. < Oh, sensei. Quello che cerco da sempre.> vuoi davvero sentirtelo dire? < Il mio posto in questo mondo.> rimbecca, quasi sarcastica. Comprime le labbra, una linea cremisi che rasenta quasi il crepuscolo stagliatosi sul bianco cadaverico dell’incarnato. Effetto placebo, ricongiunge nello stesso istante le mani dinanzi al ventre: diventa il suo specchio, totalmente diverso. La riflette per quella che non è – da una parte gli anni passati a levigare il corpo di una madre, il sapore del martirio, dell’abuso, dell’amore e della ricongiunzione. Dall’altra, l’inizio del vuoto – neanche può vantare un quarto di quello che si dimena nel petto della Kokketsu, quasi ad invidiarne il fatto che un cuore come il suo possa battere cento volte più di quello che Hana si ritrova nel petto. < Quello che cercavo negli ultimi mesi l’ho trovato, grazie a Yukio.> si riferisce ovviamente ad Akendo. < E ho promesso a me stessa che sarebbe stata l’ultima volta.> in cui mi sarebbe sfuggito dalle mani, in cui sarei stata costretta a corrergli dietro. < Adesso tocca a me.> Cercare la mia strada. < E' un pensiero che può un minimo soddisfare la mia sensei?> ilare, sarcastica, ma neanche tanto. [ Chakra on ] Rimane per qualche secondo a bocca asciutta vedendosi il labbro tirare verso il basso da Joji "Sei una piccola peste, sappi ch-" Interrotto dai baci di Kurona che sopraggiungono, facendolo quasi tacere "Mh." Mugugna, rimanendo serioso in volto come se si fosse offeso con Joji. Una linguaccia verso di lui ed a seguire una piccola risata sperando di dargli tale effetto, farlo sghignazzare ancora fra le braccia di Kurona. Hime. Gli occhi sbrillucicherebbero quando la vedrebbe, li, Totoro la accompagna e Yukio si getta letteralmente a capo fitto sulla sua piccola e dolce principessina "Ba ba bà!" Ecco. Ci mancava solo che iniziasse a parlare con i bambini. AH NO, lo sta appena facendo. "Oh immagino bene che è ora" Non la guarda negli occhi, non ha bisogno "Ci sono dei guerrieri valorosi ad aiutarti, hanno partecipato con me,tienine conto" Prendendo Hime dal suo corpicino e sollevandola, lasciando che le sue braccine si aprano e anche le gambe, rimanendo sospesa come se si volesse appiccicare al padre, e così fa. Due bei schiaffoni sulle guance di Yukio che osserva da vicino la sua bambina "Prrrr" Facendole una pernacchia sul pancino, muovendosi poco dopo per la stanza con lei fra le proprie braccia, giocando assieme e nel mentre rispondendo ad Hana "Oh di niente... Ma sappi che il Tempio è sempre sotto il mio controllo. Non credo che dovrò intervenire ma un contegno se dovete fare qualcosa all'interno, basta che non si attira troppo l'attenzione, no?" Inclinando la testa verso sinistra andando a comporre un sorriso che lascia intendere decisamente molte cose "Ah l'ultima volta... Vero Hime?" Muovendo il nasino verso quello di lei a destra e a sinistra, sfiorando il suo con la punta "Papà non stava schiattando, vero? Certo che no, sennò poi mamma gli fa un fondoschiena che non finisce più, uhm?" Già, non le aveva detto che era andato a liberare Akendo, ma ormai... Il discorso è uscito, insomma. Quale modo migliore per difendersi se non tenere Hime in braccio?! [ck on] Se ne lava le mani, Kurona- abbassando leggermente la schiena per lasciare che Joji si allunghi verso Totoro appendendosi al suo collo- ai suoi capelli, liberandole gli arti bendati che da sempre- l'hanno sempre trasfigurata agli occhi di chi cerca in lei- la stessa donna che ora cerca Hana. "TOTTOOO!!" Oh- quella tristezza. L'ha soffocata tanto a lungo da apparire un nero pulviscolo che faceva brillare la sua figura di malinconico splendore. Il continuo torpore della bestia che dorme ora frantumato per esser quel che è ora. Cosa ti sei persa, piccola Hana- sul cammino della tua maestra. Mutevole l'umano è quel che il fato impone che lei sia! Solo Yukio potrebbe dire quel che ha passato questa donna, dal suicidio, a quella stanza dove il suo sangue ed i suoi coltelli troneggiavano. Separati- separati per sempre, la beltà della famiglia non è altro che una mannaia nella schiena di Kurona che le preme la difficoltà di muoversi. Come arrivar al cuore, di quel che è diventata? Eretti muri, barriere, fuoco nei suoi occhi- l'unico modo per arrivar al suo cuore è una lama di trenta centimetri infilata tra terza e quarta costola e spinta- fino a lacerarla. Assertività che vuol il suo sorriso, non bonario, non serafico- ma d'intesa. E' come se la spogliasse- con la perversione che la sua anima malata può avere, vestendola dei suoi abiti- dei sentimenti che lei sceglie per l'altra. <E io, tanto lui, non tempo l'imperatore.> No- concludere ch'ella non sia soddisfatta di Hana- ch'ella or ora non sia suo generale, è forse il passo più sbagliato da muovere. Un errore che sarebbe oltremodo pregno del disappunto di questo finto candore rigettato sulla terra come la pestilenzia da Kami che altro non fanno che prendersi gioco dell'umano e delle sue debolezze. Lei- ordinò ad Hana di pensare ed Hana l'ha fatto. Lei ordino ad Hana di cercare, ed Hana l'ha fatto. Lei- ordinò ad Hana di essere, e sta attendendo. La osserva come farebbe una megera nella sua boccia di cristallo, rigirandosela ancora ed ancora tra le dita. L'esporsi della nuca da quei qipao, nel debole cenno che l'avvicina ad Hana, con l'immobile grazia di quel che sa esser etereo terrore. Un pizzicarsi di bende a livello del dito medio, posto solamente ora ad issarsi fino a raggiungere i pressi della bocca. Scosta le bende mostrando il fiorire dell'emoglobina color del catrame. Ozioso bagna le bende e mostra un incarnato che è sempre stato fragile come i petali di una margherita. L'allontanarsi di Yukio, l'abbassarsi di Kurona su Hana nel tentativo di posarle quel dito sulla tempia, oltre i capelli, oltre la grazia di quella donna che riflette la sua. Mio opale grazioso. Mio orpello migliore. Con la mente d'un fanatico davanti al suo dio, e gli occhi di chi brucia da troppo tempo all'inferno, le disegnerebbe un pentacolo capovolto. Una stella cerchiata di color nero che le orna del suo sangue l'incarnato così bello. Così lontano da quel che è ora, Kurona. <...> Un sussurrare all'orecchio di Hana, canto infinito di sirena e-- niente più. E' soddisfatta? Non lo è? Cosa ne sarà della sua allieva? Socchiude le palpebre su quell'orrore vermiglio rigettandosi a baciare suo figlio, ad andare incontro a Yukio per-- poter amar di lui tutto, tanto intensamente, prima di tornare al suo posto. Da Hime- a lui, potrebbe disintegrarsi se solo questi non esistessero. Lo stringe un ultima volta, prima di lasciar uscire le braccia dall'haori a tenerlo sulle spalle come un tipico samurai, come copertura. E nel suo abito, scivola a prender una Zanbato -la sua, Zanbato-. Un mese- un mese da quando non l'ha stretta così forte. Eppure la issa, ponendo il piatto sulla spalla opposta alla dritta. <Non ho bisogno di nessuno-- O torno a capo, o non torno.> Ed è guerra- sangue- intensa, mai finita. Dovesse morir per diventarne Araldo, morirebbe con onore. Morirebbe lasciando a Yukio tutto il suo amore. Lasciando ad Hana, il suo posto legittimo, ed il suo sangue sulla pelle. Uno sguardo verso Yukio, febbricitante per quanto-- quanto può amarlo. Le stesse promesse di Hana, tra loro due. Le stesse promesse che li vogliono vedere separati. <Ti amo, *VI* amo.> Ci vediamo, forse, quando avrò avuto almeno uno spicchio, delle cose che voglio da questo mondo. Solo un assaggio, del potere che mi spetta di diritto. [ENDDDDDDD!] Edit: *Non TEMO l'imperatore -dislessia love- A destra, un uomo che un tempo cingendola tra le braccia consumò dietro di sé un massacro coprendole gli occhi – assicurandosi che le sue mani non si macchiassero. Bianca per te, per merito di un generoso Tessai che fece piazza pulita per lei quel giorno a Kusa. A sinistra, il delirio, una donna che invece accarezzandole la fronte le chiede l’esatto opposto – affonda le mani nella parte più essenziale di ogni uomo, dove nel sangue trova ricovero e primigenio ordine. Nera per te, perché sai domandare e lei sa eseguire. Bianco e nero. E tu, Hana? Il centro. Tutto quello che mi sono persa, di te, lo recupererò – mi faccio portavoce d’egoismo, dichiaro che mi compete di diritto tanto quanto può essere un tuo diritto diventare luce sulla mia strada e allo stesso tempo ombra selvatica. < Ed io, diversamente da loro, riconosco il valore del mio generale.> non è con il timore che ti sei scavata la strada, Kurona – lo sa, l’ha capito e soprattutto sa di non vederti demordere da un momento all’altro. Nessun passo: né in favore né in sfavore di Kurona. Ancora, stasi, attende silente: in quel suo modo di non esporsi sembra quasi una viziosa bambina desiderosa di un contentino, quello di quattro anni di vuoto. Nel gesto minimo del suo indice trova premura e carezza, calore che si staglia contro il freddo delle carni: sento il peso dei tuoi pensieri gravare sulle spalle, il carico di responsabilità che cementi per me su di me. E se non ci fossi tu, a tratti potrei dire quasi di non avere motivo neanche di sentirmi viva tanto da provare l’ansia di non esserti sufficiente. Come adepta riceve sulla fronte quel che racchiude in sé condanna e assoluzione, facendo di quel marchio – sporco – un legame che si traduce nel sussurro in grado di trapassare la testa accompagnato dal rimbombo di un tuono a sua volta preceduto dal fascio di luce di un fulmine. Ah, che parola sconnessa. Uccidere. Inizi a fissare prezzi sempre più alti. La destra tenta l’affronto, quasi – si libra a mezz’aria, le dita fredde e sottili baciate quasi dal tristo tentano d’avvinghiarsi al polso di Kurona nel vano tentativo forse di stringerlo, bloccarla lì. < Aspettami.> è un sussurro che sappia di promessa e allo stesso tempa premessa. Premessa di giorni nuovi, forse migliori – per lei quanto per la Kokketsu. La lascerebbe andare comunque, scivolando all’indietro come l’acqua dolce sul letto d’un fiume tiepido, abbandonandola sulla scia dolce del misericordioso peccato che si trascina dietro, sparendo. Un attimo per fare mente locale. Un attimo per non destabilizzarsi. E poi, Yukio. Oh. Vero. Che il tempo dovesse comunque rimanere sotto il controllo di Yukio < Era assodato.> palese. Praticamente la premessa del tutto, ormai – considerando il modo che ha di sapere sempre tutto e di essere perennemente presente, un’idea circa le sue smanie di controllo sembra essersela fatta. La mancina sfiora la testa lasciando tentennare la Mala, accarezza la fronte. < Mhn. Temo che sia tempo anche per me di andare.> principia, adagiando la tazza sulla scrivania. <Ti ringrazio, Yukio. Davvero.> conclude quasi, tentando di congedarsi anche lei. Oh, beh, non badare al fatto che tua moglie mi ami. Sono cose nostre. [end]