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Nel tramonto a Sud dell'Alba a Nord;

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con Hana, Kami

18:06 Hana:
  [Scale di pietra] Una nuova alba affilata sul viso in balia delle increspature del tramonto. Il sole ha smesso di dardeggiare su quello spicchio di mondo, come volendolo cuocere interamente, lasciando alle tonalità di rosso vermiglio soffocato nel placito arancione di imbrattare la tela paesaggistica e mettere le carte in tavola per la notte che verrà. Tutto esala una strana musica, simile all’acqua corrente o al vento, o al grano che il vagliatore con ritmico movimento agita e volge nel vaglio leghe non tanto lontane da qui. Le forme si cancellano riducendosi a puro sogno: schizzo lento a compiersi su tela dimenticata, quel posto – del resto – altro non è che un trapassato di chissà quanti anni or sono dedito semplicemente a chi cerca di trovare un sé un senso. Chi, alla fin fine, vaglierebbe la porta di un torii se non con la remota possibilità di esaudire un desiderio? Siamo anime accomunate dalla presenza, poche – in un posto come questo – ma legate dallo stesso senso di vuoto. Lei, come cicala – Utsusemi – anche qui perde il suo guscio e si abbandona interamente ad uno strato meno superficiale di un sé che risuona e cerca completezza che troverà in un cammino molto più arduo. Discende, come luna che – a metà – stasera risulterà calante. E’ uno spettro che cammina, un esoscheletro che pare sostenersi mediante forza d’inerzia: compone passi con la stessa meticolosa attenzione riservata a chi è in grado di fluttuare – cadaverica così tanto che a stento le si darebbe il vanto del battito cardiaco; e il cielo contempla la carcassa superba sbocciare come un fiore. Tutto discende e risale come un’onda, o si slancia brulicando: si sarebbe detto che il suo corpo sgonfio d’un vuoto soffio vivesse moltiplicandosi. Tra la chioma profonda, dai sottili profumi, distese di neve eguagliano orizzonti di mare odoroso e vagabondo, di flutti azzurri e bruni come un vascello che si sveglia al vento del mattino, anima sognante che s’appresta ad un cielo lontano. Occhi che nulla rivelano di dolce o d’amaro, occhi di cielo, occhi di gelo, flutto ingrossato dallo sciogliersi di ghiacciai grondanti, a vederla procedere ritmicamente - bella d’abbandono - sotto il fardello della pigrizia dove il capo dondola assecondando i passi con mollezza. Gradino dopo gradino, i piedi tastano e discendono scale strette, fatte di roccia, scavate in quest’ultima ed incorniciate dall’erba così come la filigrana sottile e bianca – lunga quasi fino ai polpacci – lambisce ed incornicia un volto dai lineamenti gentili, delicati, quasi eterei: e ci si chiederebbe se, allungando la mano, le dita non riescano a trapassarle il petto. Il suo corpo si piega e s’allunga come stasi che bordeggia e tuffa nell’acqua – asseconda ogni passo, un nuovo, null’altro se non il rumore di un ruscello lontano e lo scenario, alle sue spalle, del tempio di Kusa. E non importa davvero se le sue membra appaiono tanto fresche da sembrare dolce alcova di un chakra che, impastato, inebria ogni singola cellula del proprio corpo lasciandole la superbia di poter contare soltanto sulla padronanza del proprio elemento: paradossale il modo che è riuscita a trovare per ignorare quel marchio dietro la nuca sovrastato dai capelli sopperendo così alla voglia di martoriarsi per essersi lasciata prendere così – ritrovandosi con un pugno di mosche e praticamente il vuoto cosmico nelle mani che ora, sottili, si nascondono tra le ampie maniche di un haori nero. Tra le trame di un ricamo dorato, sotto il tessuto di seta, occulta maestra tessai e kunai, shuriken e fili di nylon, fuuda e oggetti di irrilevante importanza se non sotto prospetto bellico che vengono sostenuti nel porta-oggetti legato alla coscia destra, rasente giarrettiera, a sua volta coperta dalla medesima gonna lunga sovrastata dall’haori e con un semplice spacco laterale – a sinistra – per permetterle manovra. Lungo il braccio destro sostiene, dando modo alle mani di stringe meccanicamente, centoottanta rudraksha ognuno dedito ad ogni mantra che ad ogni passo ripete – similmente ad un mormorio, una nenia soffusa iniziata dal primo gradino di discesa dal tempio, intimata da una conoscenza antica, e continuata in solitudine. [ Chakra on ]

18:45 Kami:
 Li dove tutto finisce, li dove la volta celeste si unisce impercettibilmente con le rocce frastagliate che adornano la catena rocciosa. Li dove il sole carezza per l'ultima volta la dolce terra di Kusa, si, proprio in quel punto si erge algido il Tempio dell'Erba, loco apparentemente scomparso dalla cartine e meta prediletta per coloro che ricercano serenità e meditazione. Difficile, tortuoso il cammino che comincia nei sgargianti prati fioriti giungendo fin alle montagne e poi su, inerpicandosi quasi selvaggiamente lungo la parete rocciosa che è stata scavata appositamente per consentirne il passo. Non v'è ombra senza luce ed è forse per questo che per ogni anima pura, casta ne esiste una controparte scura, torbida. Li dove il chiarore della Ex Hyuga si fa scudo degli ultimi raggi solari, il nostro Uchiha si fa padrone delle ombre, solcandole silenzioso nel suo lento cammino in direzione del Tempio di Kusa. Crine selvaggia che ricade quasi per caso sul lato destro del capo mentre sporadici ciuffo ne carezzano la tempia scivolando come pura pece a lambirne le iridi color cobalto che quest'oggi risplendono quasi di luce propria nel forte contrasto quasi poetico tra Inferno e paradiso, tra chiaro e scuro. Molteplici i segni che si susseguono impietosi sul volto rincorrendosi gli uni con gli altri fin tanto da raggiungerne le labbra piene e rosee che quest'oggi si trovano impercettibilmente arricciate verso l'alto in quel gioco d'autocontrollo che cela più di rivelare, che abbaglia nella luminosità di un'anima che si scherma al mondo esterno. Inchiostro nero che infine ricalca la pelle proprio tra le clavicole e quel costato destro che porta tutt'ora i segni di un nuovo dipinto che ha profanato una pelle ancora infantile per certi versi. Lento e calcolato il suo incedere mentre i passi si susseguono per inerzia in quella scalinata apparentemente infinita che per inevitabile motivo crea gocce di pura porcellana che lente creano solchi invalicabili tra i lineamenti del volto. Veste quest'oggi con una semplice canottiera nera molto ampia che quasi ne cela completamente il fisico asciutto, essenziale; due profondi spacci formano i fori per le braccia mentre un kunai ha in precedenza incrementato la misura dello scollo che non rimane eccessivamente profondo ma abbastanza ampio. Scivolando troviamo un paio di pantaloni in tessuto neri che scivolano aderenti sulle leve inferiori andando ad infilarsi quasi per forza di gravità in un paio di semplicissimi sandali da shinobi in plastica sempre di color corvino. Avanza mentre il capo si ritrova inevitabilmente inclinato verso il basso per permettere allo sguardo cristallino di sfiorar annoiatamente il profilo dei frastagliati scalini che risultano scevri di perfezione alcuna, cosa che paradossalmente li esemplifica come perfezione stessa in un contesto tanto lontano dall'uomo, tanto selvaggio. Canini che quasi con veemenza ghermiscono il labbro inferiore andando a torturarlo con malcelata soddisfazione. Il giovane socchiuderebbe per un attimo le palpebre alla ricerca della concentrazione necessaria per permettergli di richiamare l’energia primigenia. Braccia che vengono distese all'altezza del plesso solare, perpendicolarmente al suolo. Gomiti piegati di novanta gradi e falangi di ambo le gemelle che vanno ad intrecciarsi così da formare il fantomatico sigillo caprino, probabilmente quello più conosciuto all'interno del mondo shinobistico. Uchiha che andrebbe dunque a ricercare dentro di se la vera essenza dell'universo, in quel dualismo che vede bene e male, caldo e fredda, luce ed ombra. Due energie che sono imprescindibili l’una per l’altra ma che risultano nemesi affini che divergono a tal punto d’arrivare a sfiorarsi appena. Non esiste bianco o nero ma un’infinita gamma di grigi dove il giovane tenta d’immergersi per ritrovare la propria essenza. Per prima cosa ricercherebbe l'energia psichica, quella più vicina alla sua persona, una ricerca che lo porterebbe all'interno del cerebro li dove tutto nasce e dove tutto finisce, il pensiero non è altro che esemplificazione della realtà che ci circonda ed ecco dunque che il giovane trarrebbe da questa conclusione quell'energia che raffigura come dirompente, fredda e a volte cinica e che assume un colore bluastro mentre scorre come un fiume in direzione del plesso solare. Solo ora il corvino andrebbe a concentrarsi sull'energia fisica, un energia impetuosa, forte e soprattutto istintiva che il giovane raffigurerebbe di colore cremisi e che a sua volta sarebbe imbrigliata dalla volontà del ragazzo che la comprimerebbe e la indirizzerebbe verso il plesso solare. Li, all'inizio dello stomaco, ambo le energie andrebbero ad unirsi in un vortice impetuoso di senso orario che amalgamerebbe ambo le energie, dando forma e vita ad una terza energia: il Chakra. Se tutto andasse a buon fine il giovane sentirebbe una strana ma portentosa sensazione di energia che gli invaderebbe il corpo mentre una sensazione di torpore si dipanerebbe per tutto il corpo partendo dal plesso solare, segno che il chakra sarebbe in movimento lungo i canali di circolo dello stesso, posizionandosi lungo tutti i 361 tsubo posizionati sull'epidermide. Solo in quest'istante si concederebbe di tornar con la propria attenzione sul proprio cammino, loco ove incontrerebbe per la prima volta la figura della giovane ragazza. Zaffiri che si posano con malcelato interesse sull'ovale dell'Ex Hyuga mentre il sorriso appena percettibile tornerebbe finalmente ad allargarsi per donarle un caldo abbraccio che risulta comunque distaccato, di circostanza. Ella potrà però notar come i suoi passi siano leggeri, intangibili proprio come l'aria che li circonda in quel lento e sinuoso incedere che ora pare essersi accentuato dopo il richiamo del chakra stesso. Non un fiato abbandona le sue labbra, ma anzi si sposta lievemente verso la parete rocciosa per permettere ad Hana di passare in maniera comoda, agibile.[Chakra 30|30][Pacchetto sigarette Yukio]

19:20 Hana:
  [Scale di pietra] Uno strascico lungo d’odori si consuma alle sue spalle – e ci si domanda, hai tu mai respirato con ebbrezza e sottile ghiottoneria il granello d’incenso che riempie un templio o l’antico muschio d’un sacchetto? E’ lo stesso sacchetto di seta che ora, rielaborato, penzola dall’obi dell’haori e che trascina con sé quell’aroma di sandalo spento e consumato nel mantra. L’anticipa, l’accompagna, fa della sua presenza un precursore: prima di lei, arriva l’odore. Proust l’avrebbe chiamata memoria involontaria, e ti basta un odore per ricordare – a lei basta davvero questo per poter rimanere con i piedi per terra. La cantilena procede, l’indice ed il pollice scivolano di rudraksha in rudraksha tastando la superficie ruvida di ogni singolo chicco accompagnato dalle parole indecifrabili di un nenbutsu di cui ora è satura l’aria. Un passo. Una cantilena. Un chicco in meno. Le ciglia calano, un ventaglio nero con dentro l’azzurro, lo sguardo s’occulta rannuvolandosi – plumbeo come il cielo che oggi sparge nebbia ed imbastisce le volute del cielo dipanandosi per le alture del monte di Kusa. Si crogiola in una letargia involontaria, eterna, così profonda da darle modo di gongolare nella credenza che mai nessuno possa raggiungere un posto come questo – a che scopo? E poi < Nh.> le labbra, l’unico tocco vermiglio su di uno sfondo monocromatico, che ora si comprimono vicendevolmente sospingendosi in forze eque che quasi si annullano ricreando un’unica linea – orizzontale, rossa, un’altra alba. Inquietante, lo è se si considera che privandosi della vista – scivolata nello sconforto di un’anima in pena scaduta nella credenza di esser cieca senza la propria innata soppressa – fa affidamento unicamente sugli altri sensi talvolta. Questo, uno dei casi da prendere in esame. Un altro passo, un altro scalino – quel ritmo meticoloso, quasi maniacale per quanto pacato e tranquillo, vien smorzato dalla melodia di un nuovo ticchettio. Lo riconosce come estraneo, non le appartiene, la spinge a drizzare la spina dorsale e a prepararsi mentalmente alla sola idea di dover ricevere nel proprio campo esistenziale un’altra presenza che di lì a poco probabilmente interromperà il proprio mantra. Leva il sipario, le palpebre s’issano: uno sguardo che, come coltello, penetra oltre l’armatura di carne ossa e sangue per raggiungere cuori gementi e martoriarli e stanare un branco di demoni, venisti, folle e ornatissima, a fare del suo spirito umiliato il suo letto ed il suo regno. E’ assurdo pretendere tutto questo da un’occhiata? E la puoi sentire scivolare su di te, come meglio t’aggrada, hai la possibilità di poterla decifrare a tuo desio – ogni traduzione sarà giusta, perché l’unica certezza è che come resina ti si attacca addosso, così invasiva da sembrare paradossalmente leggera, come nebbia. E la notte s’inspessisce come un muro, cala lentamente il suo mantello fatto di stelle firmamento, più che sole porta con sé la nottata lasciando che il tutto glissi altrove. Assottiglia le palpebre, ancor in alto – il suo nord a dispetto del sud di Kami. Le labbra si serrano, non più quel suono di parole bloccate in gola e pliche vocali vibranti. C’è stasi e mera lentezza nel dover macinare i tre scalini che la separano dall’immagine dell’Uchiha che ora – mera cortesia, forse – s’assottiglia lungo il muro per cederle il passo. Un passo, guardandolo. Il secondo, raggiungendo il penultimo scalino che possa permetterle di rasentare la stessa altezza. Il terzo, accompagnato dal cenno del capo: racchiusa in un mutismo selettivo, gli concede l’agio di un “grazie” scevro di suono ma unicamente assecondato dalla gestualità del capo. E sarebbe davvero, davvero un’infamità forse non ricambiare la cortesia. < Seguire il muschio talvolta è la via più semplice per raggiungere la meta.> cinguetta un surrogato di consiglio, un pretesto per indicargli la via più semplice per raggiungere probabilmente il santuario – il Nord. Su congeda, così, compiendo un unico passo oltre e definitivamente slittando oltre la sagoma di Kami. L’unico dettaglio, un tintinnio quasi impercettibile – sarà mera casualità, forse, che proprio il penultimo rudraksha chicco della Mala si sia staccato or ora dal rosario e rantoli ai piedi di Kami, alle spalle dell’albina. [ Chakra on ]

20:27 Kami:
 Sospiro che sa d'abbandono mentre il capo si lascia scivolare verso destra in quell'inclinazione leggera che porta la crine d'ebano a soffermarsi nel vuoto, inerme. Sopracciglia che si corrugano appena mentre la sagoma dell'albine entra nel suo campo visivo attirando su di se tutta l'attenzione che il genin è in grado di donargli. Ne sente il profumo, ne ode la cantilena e ne osserva il volto mentre accoglie quasi accondiscendente uno sguardo che lo viola nel profondo e che va ad indagare la sua stessa essenza senza trovar particolare opposizione. Ed è forse per questo che, nonostante il sorriso ampio e pacato, le iridi di puro cobalto impattano con malcelata veemenza su quell'ovale perfetto ricercando in maniera quasi spasmodica l'intreccio nelle cristalline altrui. Ennesimo sospiro sfiatato tra le labbra socchiuse mentre il giovane intreccia e si concede all'animo altrui. Non vi è però scambio unidirezionale in quanto è lo stesso Uchiha a ricercar l'anima dell'albina con quella bramosia tipica di chi non può perder niente perchè nulla sa e che dunque può sol che apprendere nello scandagliare l'animo altrui. Non v'è rispetto in quel ghermire continuo in quant'è vero che non chiede il permesso ma altresì non si impone e lascia che sia l'altra a rivelare ciò che più desidera, ciò che gli vuole concedere in quel fugace ma altrettanto infinito scambio di sguardi. Labbro superiore ed inferiore che vengono alternamente carezzati per essere umidificati e per non incorrere dunque nel rischio di spaccarsi a causa delle sferzate di vento a cui ambedue sono esposti durante il cammino che li porta ad incrociarsi unicamente su quei tre, singoli, scalini. Mano destra che abbandona quasi riluttante la tasca dei pantaloni andando ad innalzarsi placidamente verso l'alto nell'intento tutto sommato infantile di stropicciarsi l'occhio destro in maniera tutto sommato sgraziata. Il sorriso, nonostante tutto, non accenna a diradarsi ed anzi nonostante tutto par allargarsi ampiamente su quel volto martoriato dalla carestia che negli ultimi mesi ha afflitto le membra degli abitanti del Villaggio di Kusa. Schiarisce la gola mentre per la prima volta percepisce la voce dell'Ex Hyuga rivolgersi a lui. Silente accoglie quel piccolo consiglio andando ad attendere alcuni secondi prima di schiuder finalmente le rosee < seguire la strada tortuosa, quella più lunga, da un significato tutto diverso alla vista finale... non trovi?> voce sottile, serena e neutrale in quella gentilezza quasi dovuta ma non ostentata che si ritrova comunque a sciogliersi effimera nell'aria come volute di fumo che non hanno effettivo motivo d'esistenza. Sbatacchia un paio di volte le palpebre prima di socchiuderle a mezz'asta lasciando che siano le lunghe ciglia a chiuder il sipario. Deglutisce un groppo di saliva ed ecco che il capo torna ad inclinarsi ma questa volta verso sinistra accompagnando il movimento con una leggera rotazione del busto che dovrebbe consentirgli di posar finalmente lo sguardo su quel piccolo rudraksha che lento scivola ai suoi piedi mentre la ragazza par interrompere il suo incedere. Celeri le ginocchia si flettono per permettere all'Uchiha di abbassarsi quel tanto che basta per raccogliere dal suolo quella parte d'insieme che compone la Mala < è tuo> sfiata nuovamente andando a porgere con grazia il chicco in direzione della giovane < Posso sapere il tuo nome?> domanda così, molto semplicemente con quel mezzo sorriso quasi divertito questa volta ma non per questo strafottente.[Chakra 30|30][Pacchetto sigarette Yukio]

21:03 Hana:
  [Scale di pietra] E avanzano davanti a lei, questi occhi pieni di luce, riflettono l’indolenza che ti si agita dentro. Si scuote la filigrana bianca, mare in tempesta che ricerca il cheto, lasciando dietro di sé la faccia sciupata di un martirio dettato dal digiuno: s’abbevera della sua voce che rimpingua i padiglioni auricolari, generano un ricambio di risposta ed una sorta di corrispondenza verbale che non tarderà a mancare. Eppure… Abbassa lo sguardo. Lo spegne a comando. Sorride – increspa le labbra in una smorfia tacita, quasi sarcastica, quasi evanescente: cessa dunque, la curiosità, d’indagare almeno visivamente. Tace, anima perennemente in estasi di trovare qualcuno che alimenti il suo fuoco avidamente. S’è riscoperta addirittura egoista, molto più mortale di quanto non fosse anni addietro: un involucro di carne perfettamente suscettibile al tempo, ai vizi umani e a qualsiasi altra cosa possa trascinarla nel limbo. Eppure, privilegiata tra i tanti e allo stesso tempo maledetta, reduce della compagnia di Mezze divinità e Demoni di ogni misura. In tutto questo, l’armonia che governa il suo corpo è troppo squisita perché un’analisi impotente ne annoti i tanti accordi. Lo può notare, non si scompone – come dama d’altri tempi lascia scivolare lo strascico di gonna e haori dietro di sé dando all’altro ancor modo d’avvedersi unicamente delle sue spalle coperte dal morbido manto dei capelli. Elabora, meccanicamente: per lei è così semplice avere una risposta, come calare la mano in un fiume e trovare il tragitto della carpa Koi che risalendo il corrente diventerà Ryu. < La via chiara è come oscura. La via in avanti è come una ritirata. La via piana è come accidentata. La virtù superiore è come una valla. Il grande candore è come macchiato. La virtù sovrabbondante è come insufficiente. La realtà salda è come mutevole. La via è nascosta e senza nome. Proprio perché la via sa cambiare, sa anche rendere perfetto.> recita, meccanicamente: quasi fosse un nenbutsu, cosa che non è. < E’ stata la prima cosa che mi è stata detta quando sono arrivata.> sopra, in cima, intende. < Per conoscere la strada che hai di fronte, chiedi a chi è sulla via del ritorno.> molto più sensato, molto più logico – un suo appunto estrapolato tuttavia da un detto delle terre dell’estremo oriente che ha visitato mesi fa. < C’è una risposta anche a quella che sembra una filastrocca.> la frase di prima < Ma che senso avrebbe per te, salire, se io ti concedessi la risposta che desideri?> Domanda, retorica – questo tremendo vizio di porre domande criptiche deve averlo decisamente adottato dal Rikudo, maledetto. Pacata, ricongiunge entrambe le mani dinanzi al ventre – in tutto questo, in nessun istante sembra essersi voltata. Un tempo il byakugan le sarebbe bastato per far fronte all’impossibilità di vedere. Adesso, rasente una cieca, si rifiuta anche solo di concedersi il lusso di lasciar attecchire lo sguardo su quella che potrebbe essere tranquillamente un’illusione. Eppure… < Mhn.> ne richiama l’attenzione, la istiga a voltare – seppur lentamente – il capo. La mezzaluna si riflette in lei nelle sfumature di una tenda di capelli che maschera tutto il lato destro del proprio viso, schiarendo unicamente il sinistro. Il busto asseconda il movimento del capo che ora si fionda verso il basso d’un appena, quel che le basta per vederlo inginocchiato a raccogliere uno dei suoi rudraksha. Issa la destra, lasciando scivolare tra le dita ogni singolo chicco intrecciato nelle ramificazioni sottili di carne ed ossa, bianchissime. Gli porge il palmo destro, lo schiude e lo rivolge all’alto, attende che sia lui ad appoggiare – probabilmente – il chicco tra gli altri: da quando si è riscoperta più fredda, nel tocco, da sembrare un cadavere pare addirittura restia a sfiorare qualcuno ammesso e concesso non sia necessario o tocco dovuto dalla controparte. < Arigatou.> borbotta, soffusamente: quasi spenta, comprensiva, una flemma quasi terapeutica. < E’ cosa astrusa chiedere la stessa cosa?> il tuo nome. < Hana> e quella H- a seguito, le muore in gola. Hyuga non esiste più. Ormai è diventata perfettamente in grado di conoscere l’arte di rievocare ricordi infelici. [ Chakra on ]

21:44 Kami:
 Incrocia lo sguardo altrui tentando di trovar in esso le risposte a quesiti che all'effettivo risuonano unicamente tra le corde della sua anima. Soppesa, attende ed infine fa scivolare il proprio sguardo lungo i conti ovali del volto, quei lineamenti così tipicamente orientali che ben si sposano con l'argenteo colore della pura seta che ne contorna il volto ed il busto, giungendo a lambirne perfino i fianchi. Capo che torna tranquillamente nella posizione iniziale mentre un veloce battito di ciglia lo porta nuovamente con lo sguardo sul suo volto. Sospira, soppesa e sintetizza quel vorticare d'emozioni che ora lo coglie impreparato nell'intensità non più effimera di quell'incontro che dice molto più nelle movenze che nelle parole appena sussurrate e non sempre capibili, soprattutto per il genin che permane comunque un'animo prettamente istintivo e quindi ancor poco votato all'ascolto ed alla rielaborazione dei dati che gli vengono forniti. Sinistra che si alterna alla gemella così da spostarsi verso l'alto dove carezza i fil d'ebano nel tentativo nemmeno troppo faticoso di ravviarli e di sistemarli lungo il lato destro del capo. Un sospiro appena più accentuato del solito mentre la mano destra rimane tesa con fermezza in direzione della donna < Mi stai dicendo che nulla è come sembra e che dunque sono gli imprevisti che la via mi porrà davanti a rendermi perfetto? O paradossalmente ad innalzarmi verso un obbiettivo intangibile e mutevole come la perfezione stessa?> domanda a fil di voce in direzione della ragazza <Hai ragione, potrei chiederti la via, ma che senso avrebbe poi continuare per arrivar fin in cima con le forze di un'altro? No, grazie, continuerò nel mio cammino> capo che si inclina lentamente in avanti in un chiaro e legger cenno di ringraziamento. Permane con la dritta alzata verso l'alto andando a poggiar sulla mano dell'altra il chicco che compone il Mala. Solo dopo aver compiuto questo semplice gesto tornerebbe a reclinare il capo quel tanto che basta per permettergli di poggiar il proprio sguardo sul volto della ragazza. Labbra che si arriccerebbero impercettibilmente verso l'alto mentre sul volto andrebbe lento a dipingersi in maniera quasi maestra il solito sorriso pacato e per certi versi accondiscendente <Nah, tranquilla> biascica nuovamente mentre il sorriso si allarga rivelando i tratti ancora infantili di un ragazzino che a stento tocca i quattordici anni e che nonostante tutti i suoi vissuti tende ancora a dimostrarli. Schiena che si poggia quasi con naturalezza contro la parete in pietra che forma il massiccio roccioso mentre le braccia andrebbero finalmente ad incrociarsi all'altezza del petto ed il peso corporeo verrebbe portato principalmente alla schiena così da riposare le leve inferiori ancora affaticate dalla scalinata <No, è normale> asserisce con fare attento, curato < Kami, Kami Uchiha > conclude infine con quella lieve incrinazione nel pronunciare un cognome che gli ha portato via tutto in questi ultimi mesi < Hana... me lo ricorderò> annuisce mestamente con le labbra che tornano a socchiudersi mentre i polmoni si dilatano per permettere all'Uchiha di inspirare una buona quantità d'ossigeno < Ormai si è fatto tardi e non è un tempo particolarmente indicato per solcare questa via... ti prego, sii attenta mentre scendi> e lo sguardo è serio, stranamente attento alla situazione altrui. Non commenta l'interruzione altrui, non ne ha bisogno in quanto estraneo alla sua natura indagare li dove l'altro vuol tener celato < Da dove giungi?> domanda ancora, palesemente interessato alla figura altrui [Chakra 30|30][Pacchetto sigarette Yukio]

20:52 Hana:
 Oh, touchè. Siamo arrivati al nocciolo - < Oh no, no. Assolutamente.> il capo, scosso flebilmente, asseconda la brezza che nel risalire trova pretesto per darsi adito e divampare, violenta bonaccia.< Non ti ho detto niente di tutto questo.> E alza le mani, innocente – incapace effettivamente d’essere Rea benchè involontariamente lo sia, di una proliferazione mentale riservata a te e a te soltanto. Uno scettico le avrebbe detto che la realtà è quella che vede. Un fedele, le avrebbe detto che la realtà ultima si trova dopo aver superato la superficie. Un uomo mediocre se ne sarebbe disinteressato. Un sordo le avrebbe fatto comprendere di non aver sentito. Tu – invece – hai ricamato la via che più ti si addice. < Sei tu che ci hai ricamato sopra, spetta a te decidere se è una constatazione conveniente o meno > non se ne lava le mani, semplicemente si è limitata ad intavolare discorsi impersonali: la sua più grande abilità, quella di viaggiare in parallelo a discorsi e saggi filosofici impressi nero su bianco di carta di riso. Ne assume così le caratteristiche, ne parla in modo da lasciarti la mera illusione che effettivamente stia parlando di te quando invece nel concreto < E’ soltanto la tua mente a trarre la conclusione che più s’avvicina a quello che vuoi.> nel concreto, sei tu – solo – che stai scrivendo sulla carta di riso imbrattandola col tuo inchiostro, impregnandola della tua calligrafia. Il chicco trova ricovero nella mano che ora si ritrae, come marea soggiogata al suono della risacca, occultandosi tra le pieghe nere dell’haori. Il rosario torna a pendere oltre il polso, pur sempre avviluppato intorno all’intero braccio. La vedi così, inerme, quasi in grado di sostenersi a stento eppur allo stesso tempo presente – d’impatto, se si considera la cromia variopinta del luogo. < Inoltre, poni due domande che possono tranquillamente diventare una. Anche in questo caso, non ti risponderò > anche perché il tutto risulterebbe tremendamente retorico < E’ giusto che le tue risposte, sia tu a trovarle > annuisce, sufficientemente soddisfatta del risvolto della situazione. La mente impatta bruscamente contro il suono di un Clan che pur conoscendo, non pare aver mai avuto l’opportunità di sperimentare nel proprio tracciato empirico aldilà del viso di un Seiun in grado di calcare troppo la somiglianza con un vecchio Uchiha noto semplicemente in tutto il globo. Dove l’apparenza e la semplicità potrebbero incastrarsi sull’”Uchiha” proferito, la particolare duttilità del suo pensiero viaggia oltre < Kami.> ripete < Il tuo sarebbe quasi una bestemmia dimenticarlo, non trovi?> sorride seminando un leggero strato di ironia soggiacente alla verità dei fatti: chi dimenticherebbe un nome tanto imponente? E d’improvviso quasi sente riecheggiare l’importanza di tale epiteto – chissà quanto ti è stato chiesto in passato e chissà quanto ti verrà chiesto in futuro, questo lo può comprendere anche chi da principio non ha avuto altro incarico se non essere silenziosa come un fiore. Glissando su queste sottigliezze da nomi a cui tutti sembrano dare particolare significato, ci si ritrova faccia a faccia con la premura di un ragazzo che fino ad ora i suoi occhi non hanno mai incontrati danno quasi un sapore nuovo ai suoi pensieri: cortesia, garbo, quel vago senso di calore. Ah, se tu sei ingannatore allora sai far bene il tuo mestiere. < Il sole volge al termine, cala la guardia suggerendo il ritorno, l’Alba è benedizione per i pellegrini che si mettono in viaggio. > un modo come un altro per potergli dire che attualmente, è molto più facilitata lei a ritornare indietro piuttosto che lui a dover rifare la strada per salire. < La via del ritorno può essere pericolosa tanto quanto quella dell’andata, eppure mi chiedo – c’è un punto di incontro?> Soltanto adesso sembra essere la mancina ad issarsi, facendo scivolare così la manica dell’haori scoprendo parte del polso bianco: gli porge ancora una volta il palmo, morbida alcova fatta di vuoto. E’ aria. Non c’è niente. Questa volta spetta a te decidere se riempirla e agguantarne la mano con la tua, oppure scivolare via e procedere da solo. Una scelta, l’ennesima – e non è un caso che sia lei a portela, lei che fino ad ora non ha fatto altro che assecondare il Jijing credendo nella legge del wu wei, ed ora abbandonando la strada della stasi è diventata madre di scelte pessime nell’attualità ma che forse un giorno porteranno a qualcosa di migliore. Per lei. Per tutti. Sono così sciocca che ancora ci credo. < E’ vero, ci sono percorsi che dovrai imparare a sostenere con le tue forze sulle tue spalle. E poi ci sono quelli che puoi condividere per necessità, per convenienza o solo per diletto.> rimbecca, lasciando il palmo a mezz’aria – la sua offerta: < Scendi nel Tramonto con me a Sud, e domani risaliremo insieme nell’Alba a Nord.> che può essere tranquillamente declinata, sta tutto all’arguzia altrui. < Del resto, se cerchi qualcuno al Tempio, allora l’hai trovato.> essendo sotto la propria custodia mediante i permessi di Yukio che comunque ne richiede il controllo. [ Chakra on ]

19:09 Kami:
 Non è questione di istanti, secondi od ore. Busto che ruota leggermente verso sinistra mentre la schiena comincia ad aderire alla parete rocciosa che si impone algida lungo quella via che presto dovrebbe portarlo a raggiungere il Tempio di Kusa. Braccia che tornano ad incrociarsi all’altezza del plesso solare mentre le mani ghermiscono senza particolare rabbia il tessuto dei vestiti. Sospira mentre la pianta del piede sinistro si alza giusto per poggiare anch’essa all’altezza della parete rocciosa. Pare calmo, fiamma placida che riscalda ed accoglie, che protegge. Capo che torna ad inclinarsi verso destra mentre lo sguardo abbandona senza particolari problemi la sagoma dell’Ex hyuga ponendosi senza particolari problemi sul cielo plumbeo che si tinge di vermiglie tonalità che scemano di tanto in tanto in tonalità quasi arancioni. Il tramonto ne coglie i connotati ed è forse li, in quell’istante, che i due si incontrano per la prima volta come fuoco e ghiaccio, come Sole e Luna. Labbra che tornano ad arricciarsi lievemente verso l’alto in quel sorriso appena accennato < Forse sarebbe troppo comodo limitarsi e dunque tirarsi fuori. Vi sono parole ed il concetto stesso implica un parere, una posizione> scrolla le spalle senza particolare intenzione <Ammetto che saresti il migliore genjutsu della mia giovane vita, particolarmente ben architettato ed estremamente rarefatto… ma no, ogni conversazione implica uno scambio, un contrasto. Tant’è vero che è impossibile non comunicare, tu stessa rimanendo in silenzio mi comunichi qualcosa> un po’ di psicologia implicita che permea il suo ragionamento e che si infligge proprio sull’albina come impetuoso oceano che si incastra tra gli scogli in quei zaffiri troppo selvaggi per soffermarsi poco più di alcuni secondi sullo stesso soggetto , che sia umano o meno. Deglutisce un groppo di saliva mentre i canini tornano a ghermire con particolare veemenza il labbro inferiore che a sguardo attento risulterà leggermente tumefatto < Allora, forse, sarebbe inutile non parlare. è vero, ognuno deve trovare le proprie risposte ma questo non implica che nel cercarle non possa confrontarmi con coloro che incrociano il mio cammino in maniera… fortuita?> capo che torna ad infossa tra le spalle mentre il giovane andrebbe a sbatacchiare un paio di volte le palpebre celando parzialmente le celestine. Graffiata e roca la risata che ne abbandona le labbra in uno sfiato che sembra quasi roboante tanto è il silenzio che va a frantumare in malo modo < Molti mi pongono domande di questo tipo… comunque non è che mi interessi poi molto. Non ho deciso io questo nome ma è con questo che convivo dall’alba dei tempi, con un volto o con l’altro… sono io a determinarne il significato con le mie azioni e no… non credo sarebbe una bestemmia infondo… del resto non sono poi interessante come i Kami stessi > sbatacchia un paio di volte le palpebre mentre la dritta si alza verso il cielo in direzione dell’albina mentre la lingua torna a schioccare contro il palato < Come due opposti che infondo si incontrano, no?> scrolla le spalle < Del resto giorno e notte infondo non sono altro che sorelle, andiamo> un invito mentre proverebbe a cingere la mano della ragazza così da cominciare lento a ridiscendere verso la base della montagna.[Stessi tag]

19:45 Hana:
  [Lì] Ah, sì, il cielo. Tu che ti prendi la briga di guardarlo ed io che, consapevole d’esser infima essenza, ormai ho fatto il callo a quest’immensità: ricorda giorni bianchi, tiepidi, velati che sciolgono cuori stregati. Sì, per certi versi tu somigli agli splendidi orizzonti che accendono i soli delle stagioni brumose, a tratti un po’ acerbo lì dove i pochi anni ed il tempo scarno s’è depositato su di te facendoti patire più fame che secondi. A tratti, forse è vero – l’indolenza della sua mente la costringe all’immobilità dei gesti, tentando di non cedere alla provocazione del cuore, quella di accarezzare un viso troppo sciupato e tastare con le mani l’aridità del mondo. Deglutisce impercettibilmente, lì dove la cassa toracica cova respiro che non sa darsi nemmeno adito, donna bianca e quasi eterea che giace in limbo di immobilità. < Alla tua età, non facevano altro che ripetermi una sola cosa.> che fosse Hitomu, che fosse Akendo, che fosse Kurona. < “Verrà il giorno in cui capirai” > e sembra un discorso a se stante, del tutto sconnesso benchè non rimarchi un’attinenza facile da carpire. < Poi, un giorno, un uomo mi chiese se volessi diventare qualcuno.> Qualcosa. Non qualcuno. Rispose. < Non pretesi che lui capisse. Così come non pretendo che tu capisca qualora io dovessi dirti “Wu wei er wu bu wei”> che no, non è uno scioglilingua. Non è una barzelletta e nemmeno un nenbutsu. E’ la sacra legge di Lao, è il principio del Tao, è l’ordine delle cose secondo il quale “non agire, ma non lasciare nulla di incompiuto”. L’agire non agendo, legge e manna di quella che un tempo era una Hyuga e che adesso s’è vista costretta a tornare sui suoi passi. Atipico, se quello è un complimento l’accetterà. Se quella è una critica, la gradirà ancor di più: un genjutsu articolato? < Chi ti dice che io non lo sia?> ma soprattutto se dietro la patina ti sembro un genjutsu, imparerai sul tuo percorso che le persone amano essere particolarmente criptiche: per lo meno, quelle che condizionano in modo esponenziale la vita di Hana ormai non fanno altro che essere vaghe gocce di un koan che ogni volta tenta di svelare riducendosi ella stessa a messaggio codificato. E che gli comunichi qualcosa, su questo non ci piove, tuttavia < Vorrà dire che quel qualcosa non è altro che il frutto distorto della tua concezione.>il linguaggio, una convenzione umana. Quello non verbale, per certi tratti, altro non è che frutto di condizionamento umano e istintività ereditaria. < Il silenzio, per essere tale, tace. Ed i sottintesi, non esplicitati, sono mezze verità come mezze bugie.> conclude, assottigliando le palpebre sul suo labbro – quel dettaglio non sfugge, rientra nel ricettacolo in cui stipa tutti i dettagli. < Non sono i Kami a dover risultare interessanti per noi, altrimenti non sarebbero tali. Siamo noi ad essere interessanti per loro. Del resto, l’affamato non è utile a chi ha già lo stomaco pieno.> paragone non fu più calzante, specie se si considera che < a tal proposito, hai l’aria trascurata di gemiti e morsi allo stomaco.> schietta, affilata talvolta – non è una donna plasmata per esser simpatica, dapprima una perfetta esecutrice e dama d’altri tempi, quest’oggi una donna che al suo pari non par aver più identità. Ghermisce senza indugio l’arto del ragazzo, un tocco gelido – terribilmente freddo – ma che non sa né di invasivo né di minaccioso. Sottile, palpabile e presente nelle sfumature di battiti soffusi che quasi non s’evincono dal polso. Tenterà comunque di far slittare il braccio altrui in avanti, ormai direzionati verso la discesa – entrambi – tentando di lambirlo col proprio: letteralmente prova a dargli il braccetto avvalendosi della sua disponibilità. < Sei giovane > cinguetta un appunto < Un po’ troppo per parlare con la pesantezza di un uomo vissuto e allo stesso tempo inesperto > acerbo, più che altro: saranno le filippiche del Rikudo a sortire l’effetto di pesantezza e vecchiaia, alla fin fine Akendo non spicca in giovinezza (coff). < Ecco, mi chiedo. Cosa ci fa un giovane come te in un posto come questo.> [ Chakra ON ]

20:37 Kami:
 E forse il tempo non è altro che effimera condizione presa per misurare con erronea precisione la maturità di un’essenza che per troppo tempo è viva che da troppo soffre. Non v’è limite alcuno all’egoismo umano ed è per questo che solo un’anima scevra di peccato può permettersi d’ascendere per osservare distaccata il miasma che tritura l’animo umano. Non è forse compito di questi pochi eletti erigersi per guidare piuttosto che per giudicare? Non è compito loro ridiscendere ad infimo livello per accompagnare l’umanità stessa verso un’esistenza migliore? Mille e forse più gli interrogativi che affollano la sua mente ma non è questo che deve tenerlo occupato, non è solo, non sta meditando e forse la sua coscienza deve tornare, impadronirsi di tiepide membra così da ridonar attenzione a quel tiepido raggio di luna che quest’oggi ha deciso di concentrarsi proprio sulla sua essenza. Capo che torna a reclinarsi giusto per seguir gli arabeschi delle nubi tempestose che per ora rimangono comunque clementi con le due candide anime che aleggiano nei pressi del Tempio. Spalleggia dunque l’ex Hyuga mentre la mancina corre al capo per ravviarsi la folta crine color onice < Io invece riesco unicamente a ripetermi “ Un giorno sarai ciò che ti sei promesso di diventare”> torna a sorridere ampiamente mentre i passi accelerano quasi per evitare alla ragazza di bagnarsi prima che la discesa giunga al termine < No, effettivamente non capisco, però posso dirti una cosa… Non sempre ciò che pensi o vuoi essere è ciò che sei o sarai… per me sei come un fiore molto delicato che ha avuto la sfortuna di sbocciare unicamente alle prime luci dell’inverno…IO voglio vederti invece rigogliosa nell’estate più florida> breve scrollo della spalle mentre il suo incedere permane costante < Per quanto potrebbe effettivamente essere… fattibile dubito che qualcuno possa concepire tale solitudine ed abnegazione all’interno di un unico, singolo scricciolo umano. No, sei troppo per essere mera illusione… perché sei troppo anche per un qualsiasi comune essere umano> solo ora si concede una piccola rotazione del capo per poggiar l’attenzione sulla donna mentre lo sguardo ricerca il suo e mentre il braccio finalmente le concede quel braccetto non poi così scontato < I Kami esistono in funzione nostra in quanto siamo noi a determinarli. Non è blasfemia la mia, non metto in discussione loro ma metto in discussione la nostra stessa essenza. L’uomo è razionale, arido, troppo centrato sugli obbiettivi terreni per intravedere il mondo circostante, quello che cammina intorno a noi di soppiatto> annuisce appena < Quindi credo che per risultare interessanti per loro dobbiamo in primo luogo far si che essi siano interessanti per noi> ragionamento contorto, astratto. Tira leggermente su con il naso < Ho l’aria di chi all’inizio di questa carestia aveva appena dieci anni, di chi è diventato shinobi per proteggere il proprio villaggio, la propria famiglia. Ma mi sto riprendendo… > beh, almeno questo <Effettivamente si, sono giovane. In realtà non credo nemmeno che il tempo per noi due scorra nel medesimo modo ma non è questo quello che credo tu voglia intendere. Ho visto più di quanto molti possano vedere nell’intera loro vita. Ho saggiato con le mie mani il potere ed al contempo l’inutilità di ciò che feci. Forse è il mio passato ad avermi reso quello che sono… forse questa vita artefatta che mi sono costruito intorno mi sta stretta e non arricchisce nel modo che vorrei un’animo che posso assicurarti è ricolmo…> si umetta le rosee labbra < Medito… mentre ascendo medito… Mentre guadagno la cima godo dell’ebrezza della solitudine. Mentre permango mi alleno ed infine mentre scendo volo. Non so quanto possa essere chiaro, mi spiace>[Stessi Tag]

20:58 Hana:
  [Lì] Con quale coraggio rimproverare te per l’aspetto che, trasandato, emano? Trascurato, non più un fiume in piena bensì fiotto irregolare ed instabile d’acqua che ha iniziato a scavare il proprio letto seppellendocisi da solo. Riemergerò, sarò acqua e potrò compensare il tuo fuoco un giorno ma ora lascia che sia specchietto per allodole. E ripiega nel silenzio perché, come ormai avrà capito, è la risposta migliore di cui si cibano i frammenti d’anima. Annuisce, assimila – il suo tono diventa miele incrostato nella testa, rimbomba come eco per un istante e poi sopisce, spirando via. Un Uchiha. Ah, non me ne sorprenderei. Singolare la sorta di un clan simile quanto singolare è incontrarne uno dopo, a suo avviso. E non teme no, la coltre di nuvole. Non teme il presagio d’acqua o di stillicidio del resto l’uomo del bene supremo è proprio come acqua: benefica a tutti, di nulla rivale. Ha dimora nei bassifondi, da tutti disdegnati, ed alla Via è assai vicina. Niente al mondo è più cedevole e più debole dell’acqua, ma per intaccare ciò che è duro e forte niente la supera. Da tale, portavoce dell’elemento, non si scoraggerebbe per due chiazze, anzi. S’avvinghia nuovamente al suo braccio, procede eppure non gli fa dono di parola alcuna: confida in quanto le dice e di sicuro l’ultimo dei suoi intenti è proprio quello di farlo partecipe di quanto doloroso possa essere il potere. Quello effettivo. Lo guarda con gli stessi occhi placidi di uno specchio che sulla mente, più che sul corpo, par aver subito le ritorsioni del potere: di chi la circondava, di quelle dannate ombre troppo grandi. Socchiude le palpebre, per un solo attimo – che sia uno – riemerge di nuovo quel desiderio malsano, l’unico forse ed il più peccaminoso della propria esistenza quanto egoistico, quello di vedere il Rikudo con tutt’altri occhi. Rabbrividisce impercettibilmente, glissa ovviando al medesimo desiderio che potrebbe avere sull’Hokage ed il suo demone, ponderando sia giunto quasi il tempo di mettere al corrente Hitomu. Dopo, dopo il suo viaggio. Si sofferma, soltanto adesso, alla fine di tutto – davvero tutto – quel fiume di parole. Insofferente al corso di lettere ma allo stesso tempo proporzionata, s’adegua. <Dimostramelo, allora.> visto che azzardi tanta confidenza, lì dove nessuno azzarda mai < Resta con me fino all’estate più florida. > e sorride, quasi sarcastica sebbene velatamente non lo sia. E’ egoista, da parte sua. Lo so, converrai. E so anche che converrai che come offerta forse male non è < E non ci sarà fame che patirà il tuo stomaco, né carestia che patiranno i tuoi occhi. Resta con me per qualcosa di più grande. Qualcosa che vada anche oltre Kusa ed i confini tra paesi, ed in cambio non ci sarà più passato artefatto a gravarti sulle spalle.> incamera il suo sguardo e, senza timore, lo ricambia. < Io conosco la via che devo perseguire per sbocciare.> non tra le migliori, alla fin fine quasi le è suonata un invito a morte quello di ritornare nel tempio del misfatto. < Ma posso mostrarti un pezzo di strada che forse ti aiuterà.> del resto, non è forse vero che per conoscere la strada che hai di fronte, chiedi a chi è sulla via del ritorno? < Lascia che io sia il tuo nord e diventa il mio sud. Ed allora capirò se le tue parole sono vere o meno.> non è un bivio, è una strada alternativa e parallela. Ed ora, tra il silenzio delle orme, nuovi passi vengono composti < Questo tempio > quello di Kusa < sarà comunque sempre aperto per te> almeno, fin quando Yukio non la sfratterà da lì. Chiude così, con questo mezzo interrogativo che forse riesuma parzialmente gli albori di una giornata intera - Nel tramonto a Sud dell'Alba a Nord. [ e n d ]

21:49 Kami:
 Non v’è molto altro da aggiungere a questo fiume di parole e di sensazioni che ghermiscono avide le membra dei due genin. Un sospiro appena più pesante dei precedenti mentre le sopracciglia tornano a corrugarsi permettendo ad una piccola rughetta tra esse. Si umetta le labbra ancora lievemente tumefatte andando successivamente a spostar il proprio incedere verso il muro lasciando più spazio alla ragazza per camminare in tutta tranquillità. Attende silente le sue parole andando successivamente a sfiatare verso di lei < Non temere, non andrò da nessuna parte.Resterò con te fino all’estate più florida e li cingerò le tue spalle per ricordarti che non sono solo i momenti peggiori quelli in cui ti risolleverò. Starò con te anche nelle migliori giornate soleggiate per ricordarti che non vi sarà più solitudine per te… sarai il più rigoglioso fiore del giardino ma non per questo sarai l’unico… posso promettertelo> passo che pare rallentare un poco per permettere alla ragazza di affiancarlo con parecchia calma e ridiscendere quindi più lentamente gli scalini che ancora li dividono dalla conclusione del loro cammino < Ti seguirò, rimarrò con te e ti donerò l’ultima stilla di fiducia che ho per questo mondo… perché credo vada investito in questo splendido fiore solitario> annuisce appena < Ma purtroppo v’è una strada che devo percorrere e che mi porterà molto lontano da Kusa in queste settimane. Però puoi venire con me, seguirmi… accompagnarmi per le terre ninja così da alleviarci vicendevolmente l’animo> torna a sorridere con la dritta che stringe leggermente di più la candida dell’Ex Hyuga < Sarò il tuo Sud, non temere… forse lo sono sempre stato e mai l’ho saputo. Magari è destino e le Moire si sono limitate ad intrecciare l’arabesco del nostro destino portandoci ad incontrarci a metà strada nell’ascesa e nella discesa.> scrolla le spalle fin tanto che in lontananza nota la fine del loro cammino < Non me lo dimenticherò> capo che torna ad inclinarsi verso destra mentre l’ultimo sorriso del cielo albeggia sui loro volti prima di rivelarsi in quel Nord che ancora per quest’inverno sarà particolarmente freddo.[END][Stessi Tag]

« Lascia che io sia il tuo nord e diventa il mio sud. »
« Sarò il tuo Sud, non temere… forse lo sono sempre stato e mai l’ho saputo.