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Burn me softly;

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con Kioku, Hana

22:51 Hana:
  [Lì] Sei ad un punto morto. La scelta è una: resusciti, o muori per sempre. Il baratro è lo stesso, profondo in egual misura, ma dall’uno puoi risalire e dall’altro invece sei divorato per sempre. Del resto, cos’altro mi resta da fare? Prenderla come viene, iniziare a costruire un nuovo ponte lì dove s’erge la fine e pavimentare un nuovo inizio. E nessuno ha detto che sarà facile, certo, forse un po’ doloroso – ma ormai chi ha perso tutto non ha paura del fallimento perché non avendo altro da offrire si ritroverà davanti una strada in discesa fatta di cose da prendere e basta. Egoistico, non trovi? Ormai le girà così da tempo, da quando ha iniziato a decidere. E lo diresti mai che, una come lei, ora è diventata madre di scelte – l’una più errata dell’altra? Passi indietro per ogni passo in avanti. Eppure è lì, dove una connotazione non saprebbe darla a quel covo. Oh, sì, terribilmente pittoresco – non abbastanza per risultare qualcosa che vada oltre al suggestivo se sottoposto allo sguardo spento dell’ex Hyuga. In una manciata di giorni è diventata cieca infinite volte tant’è che ormai ha quasi smesso di credere a quello che vede: persino in un genjutsu si è rivelata più atona e fredda del solito, del resto t’ha visto morire tutti i giorni da quando sei andato via, in un sogno diverso dall’altro - ad occhi aperto o chiusi non fa differenza. Davvero vuoi che ormai non sia diventata routine, per lei? Lo è tanto quanto l’ossessione che l’ha spinta a cercare, ravanare con le mani nel fango per una traccia, perdere fiato, sangue, vista e poi… la verità, Rikudo, è che sei un miracolato. Morto così tante volte che stenta a credere di poterti vedere, forse di nuovo da lontano, ma vivo. E quante volte avrebbe dovuto immaginare un giorno come questo a ridosso dei mesi d’assenza? Abbiamo sempre un modo atipico, noi, d’incontrarci. Comprime le labbra, le uniche due fessure scarlatte che restano del suo incarnato – cadaverico, ogni giorno rasente neve lì dove l’immagine tetra di una yuki onna si sovrappone alla sua essenza, quasi esoscheletro, quasi spettrale. Mani fredde e sottile che si stringono, chete, dinanzi al ventre coperto dallo strato più sottile di stoffa residuo di un kimono fatto a pezzi per te. Forse, la parte superiore rossa, nemmeno l’hai notata – te l’ha piazzata addosso mentre dormivi in quel posto sperduto e dimenticato dai Kami, fatto sta che ormai non lo riavrà più indietro. L’haori, quello le è rimasto, un po’ a brandelli ma pur sempre in grado di involverle le membra. E non ci piove sul fatto che stare lì non le competa: un’estranea, lo è stata quasi per tutto il tempo. Eppure è lì, incurante di poter dare un senso a tutto ciò – l’unica cosa che le importa, davvero, è rimanere lì il tempo di uno sguardo. E siede probabilmente su quella che potrebbe essere così una sedia come una poltrona sulla quale adagiare il braccio sinistro e dare alla mano, dal palmo spalancato, l’onere di reggere il mento e sostenere il peso gravante del capo. La testa inclinata di lato, quasi stanca, le palpebre sbarrate – e lo fissa, lì, in quella vasca manco fosse una bambola priva di conoscenza. Accarezza con le iridi azzurre parte di una figura che la testa ha deformato così tante volte che, pur da lontano, le sembra d’aver tra le dita i sottili tralicci dei capelli neri altrui. Batte le palpebre per rimanere coi piedi per terra e non perdersi in eccessive proliferazioni mentali, la filigrana bianca ricade sulla schiena coprendo il marchio e parte del viso ricreando una mezza lunga dove solo l’iride sinistra s’intravede per bene a dispetto del viso coperto a destra. Le dita fredde e sottili della destrorsa si stringono l’ungo l’estremità tondeggiante di un calice che penzola, seguendo il braccio quasi morto, verso il basso e parallelamente alla fiancata della poltrona.

23:26 Kioku:
  [Vasca del Gedo Mazo] Da quanto tempo è li? Non ricorda con precisione, le palpebre sono chiuse, il respiro quasi assente, il cuore seppur vivo par immobile all’udito di un umano, eppure è vivo. Ricorda solo gli ultimi istanti, quella figura ancestrale poi il buio nuovamente, fiaccato dallo scontro e dal poco riposo avuto dopo esser stato liberato, una follia se contiamo quanto ha patito, buttarsi in mezzo alla mischia nuovamente. Eppure doveva farlo sia per proprio tornaconto sia per vendetta nei confronti di chi lo ha relegato per mesi, torturato e ferito sotto ogni aspetto eppure egli è ancora li, si erge sul mondo con il suo solito sguardo incurante di cosa gli sia successo, poiché l’unica cosa che conta veramente è l’essere ancora l’ultimo a lasciar il capo di battaglia. Nonostante questo ora si ritrova li, nella vasca del Gedo Mazo, fonte curativa dalle miracolose proprietà, la riconosce, per quanto poche siano state le occasioni in cui si è visto costretto ad utilizzarla, conosce bene quella tiepida acqua, che avviluppa le sue membra stringendole, rinsaldandole, curando. Il capo è inclinato vicino al bordo della vasca, sopra di lui il volto del Gedo Mazo, incredibilmente suggestiva come immagine, nel suo urlo provocatorio, eppur il capo del Rikudo Sennin è abbandonato a quel bordo, così come il resto del suo corpo, lasciato li chissà per quanti giorni, solo ora ha ripreso i sensi e la sua mente per tutto il tempo ha continuato ad agire, formulando pensieri e teorie. Lentamente le palpebre si schiuderebbero notando con estrema lentezza, trovando difficoltà a mettere a fuoco tutto ciò che lo circonda, la figura di Hana, bella come sempre, cambiata, eppur ancora non riesce ad avvedersene con precisione, le par quasi un miraggio eppure è li. A seguito di un mezzo rantolio o gemito che sia, le labbra si schiuderebbero lasciando che scorrano parola dalle sue labbra come fosse un ruscello <Hana?> una domanda quasi retorica, chiederebbe per esserne sicuro, nonostante dubbi non ve ne siano realmente <se vorrai parlami o rimanere ad osservarmi dovrai essere te ad avvicinarti poiché al momento mi trovo alquanto impossibilitato> si potrebbe percepire quasi dell’ironia nella sua ultima frase…<inoltre sono sicuro che possa solo farti bene> riferendosi alle proprietà mistiche della vasca. Bhè a conti fatti è un invito, forse fin troppo pacato nel chiederle una cosa come unirsi a lui in quella vasca anche perché bhè non sono di certo le terme a cui siamo abituati. [Rinnegan off]

23:47 Hana:
  [Vasca] Poi ci si chiede come poter credere ad un’illusione dove ti si para dinanzi un Rikudo sennin prostrato in una chiazza di sangue brandendo una parola troppo grande e che probabilmente, se non assente dal suo registro linguistico, sicuramente considerata bestemmia: amore. Paradossalmente, è proprio una parola tanto ricercata ad essere la chiave del sotterfugio: capire che si trattasse di uno scherzo del destino, l’ennesimo, è stato facile da lì in poi. Si muove, lo percepisce: considerandosi alla stregua di un cieco ha imparato a contar molto di più sulla realtà di un suono. Balugina una scintilla d’interesse nello sguardo, si cheta e vien domata come un fuoco davvero blando da spegnere. Alla fine, la prendono sempre contropiede. Mesi in balia del nulla, ed ora dirsi incapace d’essere pronta al tutto. Che paradosso. Potrebbe passare tutta la serata per vagliare le ipotesi di una reazione ma, allo stesso tempo, per quanto sia cambiata resta sempre la stessa: l’oggetto. Quella che ti incolla lo sguardo addosso e ha la capacità di renderlo più appiccicoso della resina. E forse non è neanche tanto strano che ora, nel modo che ha di guardarti, sembra quasi pretendere qualcosa: un riscontro, l’esigenza di una parola, il primo passo a te – ti piace abbandonare il campo per ultimo? Bene, vorrà dire che imparerai a farti piacere l’idea di schierare i tuoi pedoni per primi. Con una malcelata calma, la destra s’abbassa e adagia al suolo il calice mentre il corpo – con una certa lemma – s’issa. Entrambe le braccia giacciono inamovibili lungo i fianchi, nessuna delle due mani si prodiga nello sbottonare o allascare il mezzo obi, niente per aiutarla a denudarsi – cosa che non farà. E se quello è un invito, l’accetta con la stessa confusione mentale che la spinge a tacere e fare le cose con calma anche quando non ci sarebbe altro da fare che mettergli le mani in gola e strangolarlo per la rabbia repressa che involontariamente gli ha accollato per troppo tempo: quando la mente è lasciata libera, segugio senza padrone né guinzaglio, si cerca un modo qualsiasi per trovare un capro espiatorio. E così, il motivo della tua ricerca diventa il motivo della colpa lì dove hai perso qualcosa nel mentre. Scavalca l’orlo della vasca con il piede destro, si lascia accompagnare dal sinistro: effettivamente, potrebbe guidarla anche all’inferno, non è diventato più un mistero che si ritiene particolarmente brava a lasciarci l’anima lì dove c’è la sua ombra. Discende, lì dove vi è spazio, sedendosi probabilmente di fronte a lui: assottiglia le palpebre, fiondandosi praticamente a ridosso della sua immagine con i soli occhi. Trasuda calma, assurdo se consideriamo che lì fuori pullula di persone che vorrebbe vederlo più morto di quanto già non appaia ora. < Ti trovo bene, Akendo.> le braccia dovrebbero or ora estendersi lateralmente, trovando un appiglio per non discendere oltre con il corpo già immerso fino al seno. < Un po’ ammaccato> certo < Ma con tutta la forza necessaria per smuovere la lingua.> la sua, di ironia, invece si sente tutta: senza un sorriso che sia mezzo, non le occorre. E dovrebbe soltanto sotterrarlo di domande, raccontargli di quanto sia frustrata, scaricargli responsabilità che manco si merita eppure… tace. Forse, in parte, lo conosce così poco da conoscerlo più di quanto non creda. Ogni domanda sarebbe inutile, ritorta contro se stessa. Ogni sintomi di frustrazione uno sfogo futile, finalizzato a rivangare l’ovvietà dell’impossibilità. Ogni responsabilità sarebbe il frutto di nuovi anni di silenzio ed assenza.

00:47 Kioku:
 Probabilmente si aspettava tutt’altra iniziativa da parte della Hyuga o ex che sia, a quanto pare c’è a chi piace sentire i vestiti bagnati addosso, poco importa, ne di certo s’avvede di quel tatto freddo nei suoi confronti, ancora troppo provato e debilitato per poter espandere i propri sensi se non concentrarli su se stesso, l’unica cosa importante al momento. Con quel poco di fessura delle palpebre che ora gli preme lasciar scoperta, seguirebbe l’intero movimento della bianca ninja, ad ogni passo un dettaglio in più viene notato, dalla sua carnagione alle sue labbra, ogni cosa, compreso gli occhi…quegli occhi già li ha visti, li ricordo in diversi momenti, passo dopo passo impassibile lascerà che la giovane si avvicini, sempre di più, quanto basta affinché lei possa scorgere quel che altri non è che un pallido ricordo del Rinnegan, anzi proprio quel color violaceo spento quasi tendente al bianco potrà far riemergerei in lei un ricordo ancora vivido, molto vivido. Eppure in lui non vi è traccia di un possibile controllo da parte di terzi, questo è facilmente intuibile, piuttosto sembra proprio deperito, spento…morente, a stranire il tutto quel dono ricevuto dalla dea, quella palpebra dormiente al centro della sua fronte, ancora non ci fa caso e nemmeno potrebbe farci molto, questa è una delle tante cose che gli sono state fatte durante i lunghi mesi di prigionia. Il bianco violaceo del Rinnegan si poserebbe sull’innevata pelle della ragazza, ascolterebbe le sue parole, regalandole una smorfia su quel volto ancora provato dall’ultima battaglia e da tutto il resto, con il piede destro cercherebbe di colpire la caviglia del rispettivo lato di Hana, come a volerla trascinare a se, nel modo più egoistico che ci sia egli ha bisogno di un contatto quale che sia, non di un abbraccio ne altre sciocchezze ma del ricercare il contatto diretto, se vi fosse riuscito accompagnerebbe la di lei nuca verso il suo petto, lasciando che la sua sinistra circondi la spalla scoperta, stringendola a se. Non verranno proferite parole, ne smancerie varie, non è il suo caso e sa bene che Hana mai si potrà aspettare nulla del genere, chi possa credere che oltre quella figura vi possa essere un normale umano intento a fare versi di gatto alla propria fanciulla può solo esser un folle, ma sa bene che Hana non ha questa mentalità o probabilmente nemmeno sarebbero li in questo momento. Eppure, un sospiro abbandona il corpo dell’ex Seiun, come se le carni finalmente in quel contatto, se vi fosse, troverebbe finalmente il ristoro tanto agognato, ah quale ironia della sorte, per quanto Hana possa attribuire sventure e dolori, compreso il suo clan, al Rikudo Sennin, probabilmente quest’ultimo è l’unico sulla faccia della terra che possa comprenderla veramente, colui che una volta era il capo del proprio clan, ora è capo di se stesso, solitario, strappato dal buio ove era nato e cresciuto, quei kanji, quella parola…Seiun non sono più di un ricordo lontano e passato, nel suo sangue non vi è più alcuna appartenenza, rinnegando così ogni cosa, compreso il suo cognome, un altro pezzo della sua anima, della sua vita.

01:12 Hana:
  [Vasca] Non è venuta per aggiungere una nuova sfumatura di peccati a quelli che ha tentato di limitare fino ad ora; e sa bene che tra le tue braccia non troverà espiazione. Non amnistia. Forse condanna. L’unica fortuna che ti viene relegata, è proprio l’aspettativa di tutt’altra iniziativa. Del resto, nella sua posizione, trovi davvero sia facile svestirsi come se nulla fosse e gettarsi verso qualcosa che ha seguito manco un’ombra senza sostanza? Trovala diversa dagli altri solo perché pur nell’ipotesi d’avere a disposizione un pugnale e vedendoti in una posizione scomoda e che potrebbe risolversi vantaggiosamente per lei, non te lo punterebbe mai al cuore tanto meno alle spalle. Forse ti sorprenderà ma in fondo non s’aspettava niente di più e niente di meno: l’assenza di parole, perché le hai insegnato a trovarsi le risposte da sola e a farsi male con le proprie mani. Potrebbe chiamarti vigliacco – per questo. E invece no, non scosta nemmeno lo sguardo in prossimità della caviglia colpita e sospinta in direzione del suo corpo: manco fosse effettivamente immune a qualsiasi decisione le venga imposta, come un tempo, eppure... < Nh.> una smorfia corona e presiede il viso, non infastidita dall’essere trainata a lui quanto più da quel tocco sulla nuca diventato quasi un tabù per la mente. La mancina s’avvicina alla stessa zona, avidamente le dita tentano di spingersi sul dorso della mano di Akendo tentando di bloccare il suo arto lì e non farlo scivolare via nella finalità di coprire un marchio che pur non vedendo, decisamente ammette come dannazione detestabile. D’altro canto il capo cala a ridosso del suo petto, cercando ricovero nell’incavo tra la sua spalla ed il suo collo, a sinistra. Dietro di sé, uno strascico bagnato che s’incrosta addosso diventando trasparente, collante appiccicoso che quasi spinge il proprio peso lungo il corpo del Sennin unendolo a quello dell’ex Hyuga. A ridosso del proprio petto quasi potrebbe avvertire quel flebile respiro che trapassa la gabbia toracica del Rikudo, mescolarsi al suo così come il respiro dell’albina ricavato dal sospiro che è stato schiudo dalle labbra di Akendo. Un riciclo d’ossigeno condiviso, simbionte. < Sei un egoista, Rikudo Sennin.> Nel rialzare lo sguardo affronta con una certa superbia quello spento altrui < Non voglio essere il tuo premio > dopo la battaglia < tanto meno un contentino > voglio essere la persona dalla quale torni, ma che non lasci indietro per anni aspettandoti che ci sia sempre. E lo nota, quel colore spento: nell’effettivo, risulta spada di Damocle in grado di scatenare un effetto placebo nella mente: il fiato s’accavalla, annaspa aria quasi frastornata. Nervosa. E la quiete vie interrotta, non da parole irruente quanto più dal tremolio della sinistra che sovrasterebbe l’arto del Rikudo sulla propria nuca ancora nascosta. Mordicchia il labbro inferiore, cercando di sviare inutilmente un ricordo che non è fioco – la pretesa, cosa speri? Che io sia forte quanto te nel guardarti in faccia e andare oltre all’affronto personale? Sono andata avanti per così tanto tempo ignorando chi non riuscisse a vedere oltre Madara, adesso mi chiedi di andare oltre e non vedere gli occhi di chi mi ha strappato l’unica cosa che mi rimaneva – un nome. < Un tempo i tuoi occhi sembravano quasi bruciare per me.> sbaglio nel dire che un tempo, da fiamma, avresti preso fuoco perché saresti dipeso dal mio calore? < Adesso…> adesso quasi tremo.

01:58 Kioku:
 In quel contatto le membra finalmente trovano pace, la cassa toracica del Rikudo Sennin si gonfierebbe al tatto con il di lei capo, per poi sfiatare e tornare al suo stato normale, vuoi per il contatto vuoi per le cicatrici che ormai adornano interamente quel corpo, poi tutto passa, inebriando le proprie narici di quel suo odore particolare che difficilmente può scordare. Molti sono i pensieri che affollano la mente del possessore del Rinnegan, ma la troppa stanchezza e la presenza della ragazza riuscirebbe in qualche modo a sconnetterlo per qualche minuto dal resto del mondo, creando una sorta di pace, non interiore, non solo. Una smorfia nell’udir quelle parole, senza darle neanche un attimo di secondo, la risposta quasi automatica uscirebbe dalle sue labbra come d’istinto <il solo fatto che io ti lasci parlare così a me e avvicinare le tue membra nel mio momento più debole, non dovrebbe forse farti capire il tuo reale valore?> poche parole ma vere, d’altronde sono i fatti stessi a spiegare e confermare le sue parole, tornando infine nel suo silenzio, non costretto, volto anzi a gustare quel che è un momento di pace assoluta. Non forzerà quel silenzio poiché non sarebbe più naturale, assecondando ogni desiderio della ex Hyuga, ogni curiosità o domanda, ma di certo non si immagina cosa sta per udire, o forse non si aspettava così presto un confronto del genere, forse è giunto il momento di riconoscere realmente per quello che è Hana. Parole che sinuose si infilano tra le membra del Rikudo Sennin, penetrando al sua mente e rievocando in lui ricordi passati da ormai tempo immemore eppure rieccoli come per pochi semplici termini tutto torni a galla come se non fosse passato nemmeno un giorno. Un sospiro, cercando il suo sguardo, mentre il violaceo Rinnegan si attiverebbe, ridonando un colore più vivido al samsara eppur non completo, non del tutto, all’attivarsi dell’unico vero occhio, un qualcosa desterebbe la sua attenzione, catturandola ben più delle parole appena giunte dalle labbra di Hana, una smorfia, quasi compiaciuta, poi nulla più, inutile sbilanciarsi…non è ancora il momento. Trovato il contatto con il di lei azzurro cielo sguardo, si avvicinerebbe quanto più gli è possibile, affinché il suo stesso respiro entri in contatto con la pelle della giovane ninja…<i miei occhi bruceranno per te fin quando la tua fiamma continuerà ad ardere> lasciando che queste parole gettino nel passato al stessa Hana, riportandola a quella mattina dal freddo pungente, in quella grotta, ove tra tante fiamme scelse lei e continuerà a scegliere lei fin tanto che arderà più di tutte, ma non finirebbe li, lentamente la sua mano scalerebbe le alture della colonna vertebrale femminile <e ti posso assicurare che ciò che ti hanno fatto> posando ora la mano sul sigillo che ebbene si, fatto di chakra indi visibile a colui che nulla si può nascondere, padre e creatore del chakra stesso, <non è stato altro che grattare via la superficie di un qualcosa di ben più potente> attimi di pausa <come le fiamme superficiali, quelle che il vento riesce a portare via con se, ma ciò che rimane è solo un cuore di fuoco e magma, la sua vera natura> detto questo la mano scivolerebbe nuovamente alla sua posizione originale, accarezzando di tanto in tanto la pelle scoperta di Hana, con il medio e con l’indice, su e giu, come se volesse levigare le sue carni. [Rinnegan ON]

02:36 Hana:
  [Vasca] Quella frase sferza l’aria, l’assale, quasi la soffoca. E’ vero, ha ragione, ma davvero pensa che una cosa del genere possa giustificare tutto questo tempo? Non ha tutti i torti. Potrebbe sì, farle capire il suo reale valore e allo stesso tempo quanta sicurezza – nonostante tutto – nutra in se stesso. Rasenta quasi la superbia, il narcisismo, e la cosa che più potrebbe bruciare è che può permetterlo – di essere il centro del mondo di qualcuno e permettersi il lusso di essere così ricercato, giustificato, inespresso quanto compreso. E la destra, dapprima libera, cerca riparo sul suo petto mentre il viso giace ancora a ridosso del battito cardiaco silenzioso. Le dita si stringono, le unghie cercano carne da scalfire – non vuole far del male, non ne è in grado, così immensa da essere uno scricciolo tra le sue braccia. Eppure… Incassa. Abbassa il capo, socchiude le palpebre e stringe la mano raccogliendo nulla se non un graffio che tra le tante cicatrici manco gli farà male. Gettarla nel passato è davvero impossibile, considerando che nel remoto ci affonda i piedi letteralmente da sempre: vive a ridosso delle tradizioni, a cavallo dell’antico, plasmata sull’eco di lontani ricordi. E potrebbe narrarteli uno ad uno, i momenti in cui per colpa tua ha perso un battito. Anche nell’essere così sfrontata da porre barriere persino con suo zio e dargli del lei, al primo giorno in cui t’ha visto e non c’è stato spazio per le formalità. Sei sempre stato l’eccezione, e questo l’hai sempre saputo: lei non è il tuo premio, ma tu per lei sei sempre stato qualcosa di troppo grande da poter ottenere e che allo stesso tempo ha pur senza rendersene pienamente conto. Il capo dapprima chito, soggiogato alla posizione, soltanto adesso sembra alzarsi stringendosi di più sul palmo altrui. < Giuralo.> suona quasi come il capriccio di una bambina che per troppo tempo, repressa dalle circostanze, ha vestito i panni della persona matura vedendosi negata la parte più avida di sé. < Lascia che sia io quella egoista, allora. Brucia solo per me.> e di fondo, s’agita il timore: ora che non ho più niente, non puoi sfuggirmi di nuovo tu dalle mani. Ora che ti ho ripreso, ora che sto toccando qualcosa di vero e stento quasi a crederci non fosse per il tuo respiro, non puoi scivolare via. La mano scivola via, sia la mancina dal dorso altrui, sia la destra dal suo petto. Il busto si separa sebbene reclami nuovo contatto, insofferente all’idea di essersi guadagnato uno spazio sul suo petto e doversene separare già. Guadagna giusto un po’ di spazio, quel po’ che le basta per porsi nuovamente frontale a lui ma scivolare sulle sue gambe, divaricando le proprie per far rantolare quelle altrui al centro. Tenta, forse senza neanche tante complicazioni, di sedersi sulle sue cosce rimanendone frontale, ad un palmo dal suo naso, stringendo le proprie – di cosce – intorno al suo bacino. < Non sono forte come credi. Ormai son poche le ragioni per le quali non mi spengo più.> e gliene hanno date ancora di meno. Eppure… < Basterebbe soffiare un po’ di più-> e questa volta, non sarei nemmeno io a mandare tutto al diavolo, come un castello di sabbia. < Non c’è niente, sotto la scorza.> una cieca che, da brava infedele miscredente, sembra addirittura non credere ci sia qualcosa di salvabile. Andrebbe al di là dell’umana concezione, eppure avrebbe dovuto imparare che ormai da qualche anno a questa parte non fa altro che girovagare nello stesso girone di demoni e semi-kami. Ricerca con le dita un contatto che si possa stagliare e consolidare a ridosso del suo viso: quasi un cieco, prova a marcare col pollice destro i suoi lineamenti tastandone le labbra. Il volto cala, il naso sfiorerebbe quello altrui: respira, pesante, quasi incredula. < Sei->paradossalmente, dopo così tanto tempo < Tu.> e non l’ennesimo Akendo morto e torturato da illusione. Chiude gli occhi, cercando conferma con le dita sul suo viso: ogni cosa come l’aveva lasciata, forse manco la traccia del tempo. Tra le mani che scendono verso il collo, quasi a volerlo accarezzare in direzione della nuca ove le dita tenterebbero di insinuarsi nei tralicci neri e lunghi, ricerca l’appiglio alla realtà. Ed ora, lascia che sia di nuovo egoista: che sia lei a prendersi le tue labbra, con le proprie, schiudendole per poter accogliere parte del tuo sapore che avidamente prova a far suo leccandolo lì dov’è possibile anche solo ricavarne un po’ della tua essenza che tanto manca a queste membra quanto stanche sono le tue.

22:18 Kioku:
 Beato da quel contatto con carne femminile, un respiro liberatorio prenderebbe il largo, abbandonando le labbra del Rikudo Sennin, d’altronde ha passato mesi crocifisso, giusto il sostentamento base per poter ancora respirare quel tanto che basta ma nulla di più. Le dita continuano, come a voler segnare un percorso su quella bianca e nevosa pelle, tracciando i più svariati motivi…un tocco impercettibile quasi ma caldo, pieno d’energia, mentre con la destra ormai libera dopo aver tratto al proprio petto il capo di Hana, si abbandonerebbe lungo il proprio fianco, immergendosi nelle calde acque del Gedo Mazo…già che enigmatica creatura, ancor più dopo averla vista, non del tutto, dal vivo, molte sono le leggende sul suo conto e per quanto ne sa il Rikudo Sennin è portatrice di Morte eppure essa ora lo sta curando con le proprie forze vitali, un acqua dalle mistiche proprietà. Ma a distogliere Akendo da questi pensieri ci penserebbero le parole di Hana, che come carezze raggiungerebbero le orecchie dell’ex Seiun, una smorfia divertita sul volto del possessore del rinnegan all’udir quelle semplici quanto infantili parole, nulla di male certo ma cose che non sempre ci si aspetterebbe, di rimando però, lo stesso Akendo andrebbe a risponderle come difficilmente qualcuno si potrebbe aspettare….<Hana> esclamerebbe lasciando qualche attimo di pausa <io ho sempre bruciato per te e continuerà a farlo> come le ha sempre spiegato, salvo poi interrompere le sue parole, ritrovandosi la giovane Kunoichi in una posizione ben più che provocante, lasciando che le di lei cosce lo avviluppino, unendoli quasi in un'unica cosa. Con una grande resistenza mentale ai propri impulsi, seppur non potendoli contenere interamente perché bhè…si è capito, tenterebbe dunque di riprendere il discorso iniziato, prendendosi però una sorta di rivincita, lasciando che le sue parole, sgorghino a quelle fredde labbra, solo dopo essersi avvicinato con il proprio viso a quello di Hana, pochi millimetri tra le loro labbra, prima di scivolare verso il candido collo della ragazza, saggiarne solo con il naso il morbido e profumato odore che la pelle, così pregiata, emana…inebriandosi di quell’odore, si ritrarrebbe dunque nella posizione originale, portando questa volta la destrosa a riemergere, poggiandola successivamente sul bordo della vasca con tutto il braccio chiuso ad angolo di novanta. Un sospiro <brucerò sempre per te ma come Akendo> attimi di pausa…<questi occhi non mi permettono di essere libero, legato a delle catene invisibili ad altrui, legato ad un qualcosa di ben più profondo> d’altronde egli come Akendo ha sempre bruciato per lei e continuerà a farlo, questo è certo e ci teneva a spiegarglielo, ma…il Rikudo Sennin non ha vincoli se non con il cuore della natura, schiavo e relegato ad essere, fin tanto che potrà, la mano e la volontà…nulla di più. Chiuderebbe così il proprio discorso, sicuro ch’ella comprenda il significato delle parole da lui spese poc’anzi, poiché altri non è che la realtà dei fatti, un qualcosa con cui egli stesso ci deve convivere e lo ha accettato al compimento e creazione dell’occhio del Samsara in lui, la sinistra ora lascerebbe il fianco ed i suoi percorsi, risalendo l’intera spina dorsale femminea, arrivando quasi al collo, fermandosi a tratti tastandola, con delicatezza, mentre ella proferirebbe parole <non temere> andrebbe a rincuorarla per quanto in realtà non ve ne sia un reale bisogno <questi occhi sono padre e madre del chakra e di tutte le loro forme e variazioni e ti posso dire Hana> lasciando qualche attimo di respiro ai propri polmoni…<che ciò che ti hanno levato> andando solo ora a tratteggiare il sigillo della repressione dietro alla sua nuca <non era altro che la prigione stessa del tuo reale essere> difficile da comprendere lo capisce eppure è così <probabilmente non sapendo di questo hanno pensato di ferirti ma non hanno fatto altro che liberarti dalle tue catene con cui eri nata, rivelando ciò che sei realmente> la destra si staccherebbe dal bordo della vasca andando a tratteggiare il limitare dei di lei occhi, ora con una nuova iride <non è un caso se hai questa brillante iride invece di semplici bianchi e ciechi occhi> arrestandosi qui, senza andare oltre mentre con un movimento lento del bacino andrebbe a sistemarsi data la poca mansuetudine del proprio essere, cercando di sistemarsi come meglio può. Si lascerebbe tastare, toccare e quant’altro, aiutandola a tratti con la propria destra, in quel percorso volto a concretizzare la sua reale presenza in questo mondo e ora a pochi millimetri da lei, socchiuderebbe le palpebre, lasciando ch’ella continui il suo tratteggio, smorzando poi il proprio respiro al sentir sulle proprie labbra, morbide di rimando quelle altrui, lasciando che si sfoghi e continui come vuole, in un certo senso glielo deve, non è di certo cieco o stolto, sa bene ciò che ha passato e tutte le sue sparizioni, forse in più casi mai additate dallo stesso come reali errori poiché stava solo seguendo necessari passaggi eppure sa bene che glielo deve…dopo tutto questo. [Rinnegan ON]

22:52 Hana:
 Ed ogni vertebra sfiorata dalle sue dita è il rimbombo di un colpo di cuore, vittima del torace prigioniero, che trova degna cassa di risonanza sul suo petto: lasciale la presunzione di dire d’aver un cuore a punta in grado di trapassarti la carne ad ogni battito, perché tra le fredde membra che l’ospitano non c’è più il calore corporeo di un tempo. Il tristo non l’ha sfiorata nemmeno per sbaglio, ma se le tue braccia fossero sinonimo di Morte ci si tufferebbe senza pensarci due volte – si morde le labbra ogni volta che precipita nell’intento di chiedersi chi sia più maledizione: tu o quel marchio che continui a toccare provocandole solo nervosismo. L’ospita nel gelo che trasmette, steppa arida di pensieri lucidi ma allo stesso tempo feconda di sentimentalismi che reprime deglutendo: accoglie, miscredente quanto in parte disagiata, le sue parole e ne fa proprio tesoro – così avida, così… egoista. Ancora. Non hai nemmeno idea di quanti vizi e peccati la tua ombra sia riuscita a disseminare e lei, dietro di te, a raccoglierne tutti i frutti. L’espressione si smorza, deformandosi nell’aria disturbata di chi ha avvertito qualcosa di troppo < Hm.> quel “ma” così sconnesso, così… terribilmente frustrante. Sgorga dalle acque la destra, pallida, dal braccio aderito contro la parete dell’haori ormai diventato un pezzo di seta bagnato, pesante e soprattutto trasparente. L’indice si sporge, tenta di raggiungere le labbra del Sennin e tastarle < Le persone non possono essere fatte a metà.> se decidi di accettarle, allora le prendi così – per intero, tutto il pacchetto. Ed è solo per la posizione in cui si ritrova che par svettare in altezza con la presunzione di chi sa perfettamente di ritrovarsi lì soltanto per desio altrui, calcando le sue coscia, stringendo nervosamente le proprie gambe ogni qualvolta una parola stona o non sembra particolarmente interessata nel condividerla. Ed ora, un serpente, a fronte di quel “ma” sarebbe stato più magnanimo nel lasciarti spazio di manovra: pressante, presente. La verità è che non mi devi niente, con tutta quest’assenza. La verità è che sono io a prendermi tutto, facendoti credere che sia tu a dovermelo – del resto, quando mai mi hai promesso qualcosa? Quando mai ho il diritto di chiederti qualcosa? Ne fa del suo corpo oggetto di studio per occhi attenti che ormai hanno già imparato a memorizzare ogni cicatrice e che s’aiutano, con le mani, a cercarne di nuove ed invisibili se non al tatto. Felice chi, lasciatosi alle spalle gli affanni e i dolori che pesano con il loro carico sulla nebbiosa esistenza, può con ala vigorosa slanciarsi verso i campi luminosi e sereni – colui i cui pensieri come allodole saettano liberamente verso il cielo del mattino, e… no, non sarà mai il tuo caso. E nemmeno quello dell’Ex Hyuga, evidentemente, dove i “lieto fine” sono troppo mainstream. < Questi occhi sono solo dannazione.> e chi non crede particolarmente nel potere né lo brama, sembra riuscire a trarne soltanto una connotazione negativa. Ti ho visto, sai – sgorgare sangue dai bulbi oculari. Ed io, sempre famosa egoista, ad un certo punto ho avuto la faccia tosta di pensare a quanto fossi mostro nel desiderarti quasi senza occhi. Stringe le mani intorno alla sua nuca, ora, tentando d’aggrapparsi alla filigrana nera – non è una presa soffocane, ma forte. Nervosa. Non lo strattona, non si smuove. In parte ci si aggrappa anche per non scivolare via dalle sue gambe, risalendo giusto quello che le basta per divorare ogni centimetro lasciato scoperto – lasciando aderire il proprio corpo contro quello altrui, diventando morbida cera da plasmare a ridosso delle sue forme lì dove nemmeno l’imbarazzo oramai tinge le guance perfettamente bianche, porcellana. Ancora una volta annaspa nel suo respiro, deglutisce il suo fiato che le sgorga direttamente in gola – quei due centimetri di spazio, neanche, sono così ilari che la costringono letteralmente a snocciolar parole sul perimetro delle sue labbra, a ridosso dei morbidi cuscinetti scarlatti. Le dita scivolano via dai suoi tralicci, ma unicamente in avanti stringendone ancora il collo ma non per soffocare sebbene sembri spingerne le mascelle di modo che quest’ultime lo istighino ad issare lo sguardo in sua direzione. < Cosa.> per quanto paia retorica, è una domanda che gli porge < Cosa sono realmente.> Inclina il capo all’indietro, schiacciando appena la nuca di modo che possa incastrare la sua mano a ridosso del sigillo quasi a scacciarla via – le dà fastidio, terribilmente, come un gatto al quale non piace esser toccato sulla coda: forse, l’unico sulla faccia di questa terra a cui permette il lusso di sfiorare il suo più grande fallimento espresso in marchio sulla nuca. Una miracolata, è questo quello che dovrei essere? Inutile – attualmente è quello che sono.

23:48 Kioku:
  [Vasca del Gedo Mazo] Il Tiepido caldo dell’acqua, culla le proprie membra, mentre in completo tumulto lo spirito agitato dell’ex Seiun, cercherebbe di farsi largo, ma non è ancora il momento, non finché non sarà riuscito a darle le giuste spiegazioni e sensazioni, anche in questo preciso istante, come nei precedenti, mentre le di lei parole lo raggiungono o le loro si alternano in un gioco d’intrecci, i suoi occhi possono osservare in lei quell’incredibile cambiamento, quella variazione, seppur impercettibile al più anziano ed allenato degli Hyuga, c’è, flebile, annaspa in quel mare che è il chakra, tentando di riemergere, eppure…tutto ciò è ben visibile d’innanzi agli occhi dai concentrici motivi, poiché quella variazione non è altro che la natura stessa di Hana, dunque, quali occhi se non quelli del mondo per potersi accorgere di tale fenomeno?. Non è facile spiegarlo, men che meno usare le giuste parole, soprattutto se a farlo è il Rikudo Sennin che non brilla di certo per essere uno dei più chiari, divertendosi quasi, senza farlo apposta, nel districarsi tra assurdi e complicati ragionamenti, spiegazioni ed altro ancora anche solo per spiegarti la più semplici delle nozioni, eppure lui è così ed è altro ancora, le parole che Hana gli ha rivolto, ora lo raggiungono affondando le loro radici in quella che indubbiamente è una sacrosanta verità, ma la domanda è…Hana è capace di accettare anche l’altra metà? Comprenderà quali sono obblighi e doveri di chi nasce portando su di se il marchio indelebile di distruttore o creatore? Colui a cui gli viene affidato sul palmo della mano la vita e la morte, con tanta noncuranza, nonostante i delicati argomenti… questo però è un qualcosa che solamente lei può o potrà capire con il tempo ed è per questo che è ancora al fianco del Rikudo Sennin, poiché sarà lei dunque infine a scegliere da quale lato affiancarlo o semplicemente procedere per la propria strada, lasciare che il nome del Rikudo Sennin non sia altro che leggenda tra il popolo, ricordo amaro in gola e nulla più, un volto, un respiro ed uno sguardo accomunarsi divenendo man mano nient’altro che pallidi ricordi, incerti pensieri, strani sogni…questa è una delle possibilità per Hana, lontana da problemi, pericoli o paure, ma non sarà Akendo a decidere. Un semplice cenno con il capo, lento, quasi un soffio di vento leggero, lasciando che le mani della ragazza continuino nella ricerca di ogni suo segno che tempo, battaglie e l’ultima sua “avventura” gli hanno lasciato nella sua lunga vita…già, non è proprio giovane il nostro Rikudo Sennin. Un sospiro, lasciando che il suo vento raggiunga la Kunoichi di Konoha, cercando al contempo quasi di riscaldarla date le vesti ormai pregne di acqua e non solo, la cui temperatura ormai è bel lontana da quella della vasca in cui sono immersi <si sotto certi versi alcuni posso vederli come sventura, maledizione o altri termini> rispondendo all’affermazione di Hana che in parte è vera ma non solo <ma vi è anche altro> attimi di pausa….<è vita, connessione, energia, forza, conoscenza> e molto altro ancora <l’ago di una bilancia a voi non visibile, penderà dove dovrà pendere, incurante di cosa accada o meno a tutto ciò che lo circonda> darebbe tregua ai propri polmoni, non proprio ancora in forze per potersi sforzare più di tanto <finché vi sarà bisogno di questo potere non sarò di certo l’ultimo, un occhio la cui forza corrisponde all’ultimo grido disperato della terra> lentamente alzerebbe il capo verso il soffitto, lasciando scoperti mento e collo alla giovine…<ma io farò in modo di essere l’ultimo o morirò provandoci> cosa accadrebbe se quel famoso ago della bilancia questa volta non pendesse da nessuna parte? Se si fermasse esattamente al centro in un equilibrio assoluto…totale...cosa accadrebbe? Se cessasse questo continuo ricircolo non vorrebbe forse dire che finalmente non vi è più bisogno di loro? Che quel disperato grido finalmente è stato udito? Rivaleggiare contro coloro che hanno dato vita a tali occhi, piegarli ed infine spezzarli…fa quasi ridere che interi popoli lo indichino come se indicassero il sole…come un dio. Per fortuna, la stretta della ex Hyuga riporterebbe nel mondo dei vivi il Rikudo Sennin, ancora troppo provato per riprendersi in maniera autonoma dai mille pensieri e preoccupazioni scaturite dalle sue ultime frasi…ci riuscirà? Il caldo alito della ragazza, inebrierebbe le membra sensibili dell’ormai dimenticato Ronin, quasi istigandolo a baciarla, se non fosse per il forzato contatto con le di lei iridi brillanti…infinite, poi le parole, di un enigmatico significato, difficili da formulare quanto difficile è la risposta, se ve ne sarebbe realmente una, mentre la sinistra verrebbe spodestata dal trono del morbido collo, allontanato da quel sigillo che tutt’altro è…che maledetto <non è una domanda alla quale io possa risponderti benché molte possono essere le parole che potrei spendere nell’argomentare e rispondere alla tua domanda bensì, posso dirti ciò che non sei e forse aiutarti a comprendere ciò che sarai> probabilmente se non fosse compatibile con il Rikudo Sennin a quest’ora discorsi del genere nemmeno vi sarebbero stati, eppure vi è bisogno che Hana comprenda e sappia ciò che i suoi violacei occhi vedono aldilà della pelle, delle carni ed ossa, la…dove risiede l’anima. Qualche attimo di pausa prima che novelle parole abbandonino le labbra ormai calde dal contatto di quelle altrui, consumate con avidità, stanche ma inebrianti…<non sei più una Hyuga, forse solo genicamente per quello che possa valere ma tutto ciò che ti legava a loro è ormai perduto> inutile specificare dati i cambiamenti evidenti di Hana, dagli occhi alla pelle a tutto il resto…<in questo momento non sei nemmeno più una ninja di Konoha> d’altronde quale ninja di Konoha si avventurerebbe così…alla ricerca di un fantasma per mesi e mesi? Incurante del pericolo e di ciò che accade nel suo villaggio, proprio lei che, oggetto perfetto mai avrebbe osato avanzare così tanto, preda dei suoi stessi desideri. Sembra che il discorso possa solo peggiorare eppure l’involucro vuoto non esiste, fantasia della propria mente, difesa finale di coloro che tutto hanno perduto, e lo sa bene, eppure non si finisce mai di comprendere quanto affondo il nostro vero potere risieda e così è per Hana…<Per quanto possa suonar strane tali parole Hana> cercando di marcare in maniera evidente il suo nome, cercando di enfatizzarlo…<ora come ora sei tutto fuorché un guscio vuoto> le dita della destrosa nuovamente si porterebbero sui suoi occhi, accarezzando la pelle attorno alle palpebre, con delicatezza…< questi occhi li ho già visti, così come la natura del chakra che ora agitato cerca di uscire con forza...forse > secondi di pausa…<ignoranti verso quella che par esser la tua vera natura, sigillando i tuoi poteri ti hanno solo liberata da quelle catene che t’impedivano di abbracciare la tua vera natura, ciò che realmente sei…il tuo vero potere>. S’interromperebbe qui per adesso, lasciando che queste ultime parole vengano recepite con chiarezza e assimilate così che possa continuare il suo discorso, poiché di tesi e possibilità il Rikudo Sennin ne ha già create. [Rinnegan ON]

00:37 Hana:
  [Vasca] Un tocco, a spegnere il dolore e curare l’indolenza. Labbra che si comprimono, testa che retrocede; il tutto si risolve nel rovinoso sguardo che rilancia verso il basso, seguendo così il ticchettio di una goccia che scivola via dal proprio mento fino a tamponare il petto del Rikudo e a sua volta ricongiungersi all’acqua nella quale sguazzano. Disillusione, la capacità di cristallizzare un attimo e renderlo eterno quasi quanto il samsara – che nome estremamente esotico per indicare l’origine del dolore eterno, non trovi? Sventurata me, che una scelta l’ho già fatta da quando – quel giorno – ho deciso di non farmi cadere un kunai sui piedi risultando indegna anche di uno sguardo. Sventura, maledizione, vita, connessione, energia – qualsiasi altra cosa, è semplicemente… < E’ illusione.> questo, è quello che il samsara è agli occhi di una donna che per non barcollare s’è aggrappata ad una Mala iniziano a costruire per sé una processione fatta di strana religione logica. < Fittizia.> così com’è fittizio è il samsara. Non biasimarla se ha iniziato a non credere più nemmeno ai propri occhi, da quando ormai li ha persi si considera alla stregua di una cieca e soprattutto in grado di non credere più a niente. < Più che le parole di un uomo ambizioso, sembrano le parole di un folle.> ma non dovrei biasimarti: non hai scelto tu di scavarti la fossa con le tue stesse mani, non è così? Cala la guardia del capo cercando il calore del suo petto, seppellendo la testa lì dove il collo viene mostrato, lo sguardo del Rikudo si spegne in alto: e non m’esporre il collo che l’indecisione fa barcollare tra l’intento di una stretta troppo forte, vittima d’annegamento, od un rantolo in più caldo che faccia accartocciare l’involucro di carne in pelle d’oca da costruire soffio dopo soffio. Ah- morire. Sempre docili pensieri partorisce la nostra mente, quando stiamo insieme. Annientarmi nel profondo del tuo petto e trovarci la frescura delle tombe potrebbe essere un’idea ma quella frase, perdonerai, stona troppo: tanto da costringerla ad issare la testa, tanto da farla svicolare via da quella morbida alcova fatta dall’incavo di petto e spalla che probabilmente sfiorerà con le labbra. La mancina s’issa scevra d’ogni pretesa sul suo corpo ora, tentando d’agguantare il mento di Akendo che proverà a stringere tra le dita affusolate. Il pollice, provando a spingere il mento verso il basso, trascinerà letteralmente il capo del Sennin verso di sé tentando di forzarlo ad un palmo dal suo naso < E lasciarmi in quest’inferno da sola?> che oltraggio – anche solo pensare di crepare senza il suo- < Non te lo permetterò.> e non per l’altruismo di vederti in vita, sia ben chiaro – puoi chiamarla benedizione quel sigillo, ma agli occhi di chi non riesce ad avere la tua stessa vista passa semplicemente per quello che è attualmente. Una privazione. E da tale, essendo un prezzo richiesto, non può far altro che pretendere da te qualcosa. Resta con me – è un sussurro che non solo non le parte in gola, ma non vien proprio formulato per quanto implicito. Non è fatto per non avere distanze, ormai sembra essersene fatta lei una ragione. Semplicemente, resta in vita. Con la magra consolazione che esisti su questo piano dimensionale, vogliamo metterla così? Avida, la destra ancora una volta ricerca contatto – e se la mancina giace sul suo mento per trainarlo a sé, la gemella ricerca sul collo una presa che sappia di saldo, forse leggermente opprimente. Quello che le sta dicendo non è altro che una sequela di ovvietà – che non sia una Hyuga lei < Lo so.> pigola, non avendo intenzione nemmeno di far ritorno al proprio Clan per essere denigrata. E, per quel che concerne Konoha < Non avevo intenzione di tornarci attualmente. Con quale faccia.> sicuramente, non quella di Hana Hyuga. Nuovamente le palpebre rasentano due fessure creando un contrasto assurdo con la cromia ghiacciata ma ardente come un vulcano, profondo come il vuoto. Lo interrompe lì dove necessario < Dove- > se li ha già visti occhi così e se è lui a dirglielo, evidentemente non deve ponderarla come una casualità. Cosa t’aspetti? Che al mio destino, divenuto non più delizia, obbedirò come un prescelto martire docile, condannato innocente, che con fervore attizza il suo supplizio? E’ anche solo ridicolo pensare che, per chi troverebbe fomento in parole del genere, lei non faccia altro che trovarci nervosismo. Succhierò e soffocherò il mio rancore a ridosso del tuo corpo. La pelle candida cede sotto la pressione dei suoi polpastrelli, levigandosi e assecondando i suoi moti. Le gambe invece, aiutate dai piedi che spintonano sul fondo della vasca, non fanno altro che issarsi cercando di risalire e guadagnare qualche centimetro sul corpo del Rikudo lasciando libere le cosce di strusciare lateralmente e adagiandosi più in alto costringendolo ad affondare sempre di più con la schiena e lasciandole l’agio di primeggiare in altezza. < Questi occhi > i tuoi, quelli che fronteggio da spaccona perché non mi sono mai ritorti contro < riescono a vedere al di là della frustrazione che, fosse per lei, avrebbe già fatto esplodere il guscio senza pensarci due volte.> ma se non è solo questo quello che vedi, se c’è altro < Se è vero quel che dici, dovrei tenermene lontana.> il potere, questo sconosciuto, non è che le sia mai piaciuto. < Così come dovrei tenermi lontana da te.> e invece, guarda caso, il samsara l’ha fottut—AHEM. Cioè. Non letteralmente. Forse. Anche. < Ti ascolto.> va avanti. A capire, ci penserà lei: come ha sempre fatto dopo aver dovuto giustificare i tuoi vuoi, le tue assenze, le tue parole. Si prende la presunzione di credersi la migliore, in queste eterne attese.

01:47 Kioku:
 Comprende benissimo le parole di Hana, come non darle torto? Di rado si odono parole come quelle proferite dal Rikudo Sennin, me che meno riguardanti argomenti così delicati <non mi aspetto che tu comprenda, complicato oltre ogni misura, rilegato solamente ai possessori di tali occhi> un sospiro, come volersi scrollare di dosso pensieri di tale entità, per quanto sa benissimo che non sarà mai possibile <eppure se vorrai poco a poco comprendere le parole da me proferite poc’anzi ti basterà solamente andare a ritroso nella storia dei precedenti possessori dell’ Occhio Divino…li, analizzare ogni loro mossa, forse allora potrai comprendere meglio il perché delle mie azioni> anche se sinceramente non ci tiene affatto che comprenda ciò che ha spiegato poco fa, basti vedere la fine che ha fatto Kurako, uscito di senno al solo rivelar informazioni riguardanti il sistema, la natura stessa ed il mondo ninja, terreno su cui tutti posano piede e cuore, nozioni così profonde e complicate che lo stesso Kurako ha percepito franar la terra sotto i propri piedi, perdere qualsiasi credenza fino ad allora presa come verità o fonte certa per ritrovarsi d’innanzi ad un pugno di mosche, senza contare che…ancora ignora che il suo giovane allievo abbia fatto una brutta fine, ma non sarà questo probabilmente il luogo in cui scoprirà una notizia del genere, probabilmente anche per fortuna di Hana stessa. Accarezzerebbe a sua volta il mento di Hana con la destrosa, sfoggiando una smorfia divertita nell’udir tali affermazioni che di norma potrebbero solamente rincuorare una persona d’innanzi alla volontà di…restare in vita <non ti preoccupare ci hanno provato ma non ci sono riusciti> la sua prigionia stessa ne è la prova o non sarebbe li ora con lei, in quella vasca…<ma Hana, ho un tempo limite, presto o tardi…che sia ora o tra cent’anni, questo non mi è dato saperlo> qualche attimo di pausa…<so per certo che arriverà questo si> un sorriso andrebbe a deformare quel volto donandole un aspetto tutto fuorché rassicurante…<si potrebbe dire la prima maledizione del Rinnegan> mostrando i denti in una specie di risata strozzata sul nascere, d’altronde all’avvento dei poteri divini oltre a tutto ciò di cui si è/hanno fatto carico, la consapevolezza che presto o tardi dovrà abbandonare queste lande è una cosa certa, d’altronde è il destino del Rinnegan, come spiegato poco fa alla ragazza…vi sarà sempre un possessore del Rinnegan, che porti al vita o la morte, si susseguiranno è inevitabile. Per fortuna del Rikudo Sennin, il corpo della ex Hyuga ormai a stretto contatto con il proprio, i veli, pressoché trasparenti e la loro posizione, lo aiuterebbero ad allontanar questi sgradevoli pensieri, è tornato da poco alla “vita” ci sarà tempo per ripiombare nel baratro in cui ogni giorno deve convivere con le proprie croci. Infine ecco la domanda fatidica, forse quella che Akendo aspettava da tutta la serata, forse per invogliare la ragazza stessa dai bianchi connotati a desiderare quasi, di voler sapere qualcosa in merito, stuzzicando di volta in volta il sigillo e la sua mente con determinate parole, parole che nuovamente si accosteranno a quelle della giovane Kunoichi, sfiorando le di lei labbra, come rosso sangue di una ferita, sgorgherebbero allietando la mente della ragazza…<sono gli stessi di colui che è responsabile non solo del mio sequestro e di ciò che ha fatto al mio Rinnegan, nello specifico è il responsabile di ciò che hanno fatto a te> ebbene si, per quanto sia facile additare l’intera colpa ad un pezzo di carne appeso per mesi e mesi ignaro di ciò che sta accadendo nel mondo, ora vi è un volto, una figura, una forma di colui che ha fatto si che Hana perdesse la sua innata e tutto ciò che vi è collegato a loro, poche parole ma ben chiare, dei giri di parole, ormai il tempo è finito. Come quello di reprimere i propri istinti, donandole così d’istinto un bacio, delicato quanto fugace sulle labbra della ragazza, come a volerne saggiare nuovamente il sapore, un bacio che può solo preannunciare altro, ma che verrà preceduto da ultime famose parole <Anche volendo non ti permetterei di allontanarti da me> rispondendo di rimando alla di lei affermazione, concludendo infine con poche e semplici parole che potranno apparire quasi come una guida, un indicazione…un ordine su dove dovrà dirigersi per sapere altro…<Il potere purtroppo non è un qualcosa che vogliamo o pensiamo di poter ottenere> attimi di pausa <vi sono coloro che vi nascono a cui è stato concesso di migliorare e di pretendere ed ottenere sempre più potere vi sono coloro a cui è recluso tale potere…che te lo voglia o no, sei una di quelle a cui è stato concesso di migliorare, di ottenere qualcosa di più> Un sospiro, prima di abbandonarsi ad un novello bacio, sempre meno fugace sempre meno delicato <Inutile dirti che ovviamente è un qualcosa di estremamente pericoloso, ma se vorrai scoprire qualcosa di più, dovrai tornare nuovamente li, in quel tetro posto, denso di sangue e morte> già…proprio li, dove ha re-incontrato Akendo dopo lungo tempo, privo di coscienza, incatenato e ferito, li…in quel tempio, potrà ottenere qualcosa di più, potrà scoprire chi realmente è. Il tempo delle parole par dunque giunto al termine o se non altro per Akendo è così, mentre ambedue le mani lentamente si stringerebbero attorno ai fianchi di Hana, alternandosi poi con la schiena, a tratti, rigandola senza ancora farle male…ancora, mentre tenterebbe con le proprie labbra di strusciare su quelle altrui, per poi scostarsi ed arrivare sulla zona del collo, dove con foga comincerebbe a porre le proprie fredde labbra, punto per punto, senza tregua, mentre il calore del proprio respiro, in contrasto col freddo delle labbra, riempirebbe l’aria circostante…il resto? Il resto è Storia.

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