Giocate Registrate

Giocate Disponibili
Calendario
Trame
Giocate Registrate

La luna che sigilla ogni cosa

Quest

Giocata di Clan

2
0
con Kioku, Hana

Le Nihon Arupusu, immense e magnifiche distese rocciose si erigono su ambedue le terre, del fuoco e dell’erba, non fanno distinzioni, esse s’impongono su ogni cosa, che sia flora o fauna, che sia uomo e sua costruzione, immortali nel tempo fungono quasi da barriera, in questo caso passaggio, più breve, per poter raggiungere l’altro paese. Ma non è per una gita o la semplice vista per cui Hana ha deciso di avventurarsi in queste aride rocce, desolate, prive di presenza umana, spoglie…ebbene si, così apparirebbero ai di lei occhi, il famoso sole del paese del fuoco , per millenni, guardingo, ha posato il proprio occhio su quelle catene montuose, rendendo invivibile per l’uomo tale ambiente, meno per alcuni animali più resistenti, indi, rocce, vecchi solchi, apparentemente, in origine, di fiumiciattoli ormai essiccati nei molti anni, si potrebbe dire un richiamo alla famosa landa desertica di Suna, un arido segnale al centro di due paesi dai rigogliosi boschi.

20:38 Hana:
  [Lì] L’hai lasciata così. Come un oggetto, un soprammobile, un rantolo di polvere depositato a sottolinearne l’antico e la fuliggine ora incrostata. Ed è il vuoto dentro, Utsusemi, come cicale perde il guscio ed è nulla. Una clessidra frantumata e l’impatto, l’ustione di tre anni di vuoto per la consolazione di un giorno e poi di nuovo il silenzio, tonfo sordo. Sapori sbiaditi, immagini vaghe, la rabbia – il ricordo. Sei andato via, mi sei scivolato dalle dita. Di nuovo. < Tch.> A ridosso del confine, eterei si muovono i passi sul selciato dal manto rocciose: orme che, delebili, così leggere si consumano dopo ogni passo. E’ un’anima la cui frustrazione s’aggrappa a quel mutismo diventato fonte di religiosa consacrazione con se stessa: lì dove pensava di non aver una voce in capitolo, ha scoperto di saper urlare senza corde vocali, le è bastato davvero poco per frammentare l’immagine perfetta di uno specchio che fino ad ora non ha fatto altro che riflettere illusioni: l’oggetto ideale, il mastino che reagisce a comando, un genin marionetta. Ed ora, di quel copri-fronte nemmeno più la materialità, dimenticato e rilegato in una dimora che non sa più di casa, Shinobi Libera così come quella bava di vento inesistente che le scalfisce le guance. Perfezione tanto imperfetta non avrebbe potuto trovare: lì dove potrebbe esserci una luna a metà che si riflette nella stessa metà dei suoi capelli, dei suoi occhi, del suo essere, il sole svetta oltre le alture. E viaggia a ridosso di un tao che in parte rispetta, in parte un po’ abbandona rifugiandosi nella fede in cui s’aggrappano le mani: una mala stretta tra le dita sottili, centootto rudraksha contati per ogni mantra recitato, nel nenbutsu che l’ha aiutata in meditazione da mesi a questa parte. Mesi. Sì. Hanno il sapore degli anni, trascinano con una certa lemma la natura della perdita e dell’assenza: quel vuoto dentro covato e riempito solo dalla fatica delle vette più alte raggiunge per la ricerca più dell’altro che di sé. Ed ogni voce assaporata si è rivelata errata, nei profili degli ubriachi non c’ha visto lui. Nelle sagome dei monaci, neanche una ciocca nera dei suoi capelli. Tra gli occhi dei passanti… Ah, se non li avessi avuti quegli occhi, probabilmente t’avrei odiato – e lo ricorda come se fosse ieri, con lo stesso dolore di chi non vede da tempo l’immagine di suo nipote temendo d’esser stata diseredata dall’unico zio che sulla faccia di questo universo le avrebbe perdonato tutto, o quasi. Nemmeno un saluto, solo un pezzo di carta. I geta di legno impattano contro il suolo, i sabi proteggono dal freddo. Un kimono rosso e dorato lambisce la propria figura, le maniche lunghe sono l’unico scorcio visibile se non si nota più di tanto quel mantello beige che occulta parzialmente la sagoma del proprio corpo e con essi tutto l’armamentario che – tra fili di nylon, kunai, bombe, fuda e shuriken nell’apposito contenitore - neanche sto a descrivere, eccezion fatta per il tessen nascosto nella manica sinistra e l’ombrello posto dietro la schiena. Un sakkat di vimini, cappello dalla punta e dal fondo largo, è adagiato sul capo bicromatico occultando parte di un viso frustrato – dallo sguardo vacuo, spento. Stanca. Se lo sta chiedendo da un po’ – hai mai dormito veramente? Mordicchia il labbro inferiore, stringendosi al rosario dei mantra.

Il ricordo è dolore, da qualsiasi prospettiva la si veda è così, che sia un evento felice o infelice, rimarrà sempre, alla fine di quel frammento passato, un amaro sapore, tempi che non torneranno forse mai più ( per quelli felici), vivido dolore ed emozione riportato a galla ( per quelli infelici) in ogni caso nulla potrà cambiare questo dogma. Ma Hana non è di certo una che vive nei ricordi e ci si crogiola, che sia dolore o felicità, anche perché quei tre anni se no sarebbero stati fatali per loro, eppure ella è ancora li, anche in questo momento, nonostante voci l’abbiano raggiunta, chi più chi meno vera, chi da fonti attendibili chi da ubriaconi di passaggio. Lento il suo passo in mezzo a quelle rocce, pessime compagne, tristi osservatori di ciò che accadrà, immediato o futuro, impassibili scrutatori del tempo, questo è ciò che circonderebbe la Hyuga dagli incantevoli lineamenti, passo dopo passo, prosegue...si ma verso dove? O meglio verso chi? Pensa davvero di trovarlo qui? Eppure un posto è come un altro, si susseguono, scenario dopo scenario, posto dopo posto, taverna, templi, radure e così via, ma di certo non molla, non è nel suo stile è dunque proseguire è forse l’unica scelta possibile in questo momento, tornare indietro non servirebbe a nulla e rimanere immobili non porterebbe a nessun progresso…che siano solo i ciottoli e l’arido venticello a tenerle compagnia in quelle desolate catene montuose?. [Quest Hana]

21:13 Hana:
  [Lì] Più che pessime compagnie, le alture altro non le ricordano ciò che è: un pulviscolo di polvere, un granello di sabbia negli occhi dei giganti. Una formica che spera di scarnificarsi fino all’anima per poter fare una delle poche cose che di getto ha scelto per sé, da sé e senza l’ausilio di nessuno. Stupida – se lo è detto più volte. Come pensare di riuscire lì dove sfiorato l’idilliaco pantheon del divino, nemmeno lui ci è riuscito? Divorata da dilemmi a cui non ha trovato ancora risposta, lì dove le è stato suggerito il rapimento ancora si domanda con quale presunzione una come lei possa affrontare una situazione del genere. Trapela l’indecisione che più volte ne ha fatto di lei un grumo di saliva, tentennando sui passi che ora la fanno ergere più forte e due secondi dopo la più debole delle spoglie: quest’eterno limbo che impara a sopportare, questa via nel mezzo, questo perenne stato di… samsara. Pesa. Terribilmente. Sospira, issando le spalle: accompagna le mani al petto e ancor stringe la Mala fonte di terapia per i suoi nervi, mentre le ciglia lunghe chiudono il sipario sul bicromatico bianco e nero. Nella mente la strage delle proliferazioni mentali vien compiuta rasente un genocidio, lasciando lo spazio ed il tempo soltanto al pensiero del flusso respiratorio configurato nelle due energie – mentale e corporea – sita nelle aperture dei chakra: il manipuracakra e lo svadhisthanacakra. Le dita della destra complici della sinistra s’alternano, tra i rudraksha, nel tentativo di formare repentino il sigillo della capra per permetterle di emulare il flusso spirituale richiamando così il proprio chakra. Qualora fosse riuscita, sollazzo per le cellule, ogni fibra del corpo si dovrebbe veder or ora lambita da quell’alito spirituale innestato dall’impasto del chakra. Ed è silenzio. Ed è mancanza di passo. Ed è la difficoltà di lasciarsi tutto alle spalle come se nulla fosse: imparando da lui forse cosa significa non avere nulla e allo stesso tempo essere parte del nulla – ha così l’aria d’affetto sottratto. Ha così l’aria di chi, più che temere le ripercussioni delle norme sociali, vive nello sconforto di poter provare rimorsi, rimpianti e risentimenti. Riapre le palpebre dal taglio sottile, le iridi scivolano ai lati – qualcosa. Sta cercando qualcosa. Forse, paranoie. [Equip descritto] [ Impasto Chakra ]

Probabilmente richiamare il chakra in un luogo desolato come questo non è da tutti, eppure gli Hyuga si sa, hanno dei sensi più sviluppati rispetto agli altri, è tanto gli basta, concentrazione e abilità, richiamo del chakra effettuato. Spifferi di vento, poi un soffio più grande, due figure proiettarsi verso la giovine Hyuga, non era sola, forse non era sola da un bel po’ di tempo, vil marrano è il fato a cui nulla deve se non perder tempo con le creature, il preferito dei suoi passatempi, eppure ora come ora alla vista di quelle due figure massicce che si palesano d’innanzi agli occhi di Hana, il fato centra ben poco. Due figure di eguale altezza, uno più massiccio, il secondo più slanciato, ma cosa ancor più sorprendente che catturerà subito l’attenzione della Hyuga sarà la presenza del Rinnegan in entrambi gli individui, ma un rinnegan appassito, un violaceo morente, sembrano quasi ipnotizzati, le braccia cadenti a penzoloni lungo i loro fianchi, l’inespressività, quello sguardo, nonostante il rinnegan nei loro occhi, spento, assente…sembrano sotto il controllo di qualcuno, che siano dei collaboratori del Rikudo Sennin? Hana questo non può saperlo ma conosce Akendo, difficilmente agirebbe in tale modo, le loro parole daranno conferma ad Hana che forse, non è così al sicuro. La mascella quasi meccanicamente verrebbe aperta, lasciando che parole spente, quasi indotte, vengano proferite e giungano all’attenzione della Hyuga…<è giunto il momento- non poteva capitare occasione migliore> attimi di silenzio…<Sarai la sua ferita più grande> probabilmente riferendosi al Rikudo Sennin <la volontà del nostro padrone…otsotsu- > Lo smilzo interromperebbe il compagno prima che possa terminare di parlare…<è giunto il momento Hana!!> assumendo entrambi una postura offensiva nei suoi riguardi.

22:25 Hana:
  [Lì] L’indolenza attecchisce, anche lì dove la sorpresa dovrebbe sopraggiungere: davvero, alla fine, dovrebbe dirsi poi sorpresa? Sgomentata? Spaventata? Atarassica forma di letargia quella che l’involve, l’indifferenza di trovare in due sagome sterili un corpo privo di sostanza ma uno sguardo tenue, appassito, che ne cattura il minimo d’interesse e fa breccia nel petto facendole perdere un battito. Sono passati mesi dove cibarsi d’illusioni e sviste non è stato altro che la normalità – strabuzza le palpebre, quasi credendo d’esser vittima del giogo, dell’inganno, lì dove infilzarti la coscia col kunai non servirebbe a niente tanto meno che renderti libera dalla prigionia della menzogna. E ancora le dita si stringono intorno al mala ora raggomitolato e avvolto intorno al polso per non esser perso, fermo e unico appiglio con la realtà a ridosso della fede in divinità che non hanno ascoltato preghiera alcuna ed ora non le mandano altro che due spettri. Il passo s’arresta, trova ricovero sul selciato quasi quanto lo sguardo sulle due figure. La mancina raggiunge le tempie, massaggiandole con lentezza nello stesso istante in cui la destra si separa dai chicchi del rosario che ora pende al polso: dovrebbe porsi in posizione difensiva. Dovrebbe approfittare di una situazione vantaggiosa che la vede come portatrice di un’offensiva, della prima mossa, lì dove i pedoni bianchi muovono per prima e … No, niente di tutto questo. E sorge come il sole di primavera un sorriso che sa quasi d’ilare, machiavellica espressione della rassegnazione – ferite. < Ne ho già troppe, sono a brandelli. > ma tu non lo vedi e a stento lo noterebbe un uomo col byakugan, figuriamoci due rinnegan così sopiti ma che comunque costituiscono un gradino in più – ad un passo da te. Un passo. Due. Nessun comportamento ostile. Tre. Quattro. Ci prova, ma non c’è davvero nulla che potrebbe sembrar minacciare i due sebbene avanzi con una lentezza ed una tranquillità disarmante < Rilassatevi.> cammina, lentamente, con una certa sfrontatezza: è la calma di chi effettivamente lascerebbe affondare una lama nel petto senza risentimento. La destra si sporge e s’insinua nella manica larga sinistra della stoffa pregiata, lì dove il tessen è occultato – sebbene per poco. Pondera. Cosa può ricavarne da loro? Movimenti telecomandati. Apparenze. Il suo nome imbrattato dalle labbra di qualcuno che non conosce: altro che divinità, gli oni hanno ascoltato preghiere eretiche e solo per aver messo le sillabe di un suono tanto melodioso quanto “Hana” non può permettersi di far perdere loro l’uso della parola. Ha bisogno di cavargliele fuori. Qualora fosse riuscita ad avvicinarsi – ammesso e concesso nessuno dei due abbia già intessuto verso di lei una trama di complicati effetti a catena racchiusi in una sequela di tentativi d’attacco – nulla dovrebbe vietarle di sfilare dalla manica il tessen occultato lasciando che le stecche composte da coltelli sostanzialmente facciano dischiudere la trama di foglie rosse ricamata tra una lama e l’altra: spiegherebbe il ventaglio rasente un fendente, da sinistra a destra all’altezza della presunta guancia destra dell’uomo che ha osato interrompere l’altro < Taci.> cinguetterebbe, ferma. Stanca, appunto. Gli occhi, quelli sono tutti per l’altro. < La volontà di Otsutsu-, nh?> lo intima a continuare, sperando – forse – d’aver rigato con la punta della lama di uno dei coltelli appartenente al tessen la guancia dell’altro. Ed è vero, non c’è lusinga migliore dell’avere gli occhi della shinobi tutti per sé: il problema è quando effettivamente la shinobi in questione può ancora vantare l’appartenenza ad un clan che le permette di avere occhi ovunque o quasi. A riprova di ciò, il chakra che continua a scorrere fluido stuzzicando vertebre e capillari, diramandosi nei condotti più remoti del corpo: a tal proposito, dopo aver ritratto l’arto pur complice dell’impaccio del tessen manovrato, dovrebbe riuscire comunque d’emulare il sigillo della tigre. Tenterebbe – in questa semi stasi d’eleganza e nonchalance – di spintonare il proprio chakra verso l’alto e raggiungere gli tsubo capillari in direzione degli occhi: quest’ultimi, qualora il chakra dovesse attecchire, verrebbero inondati letteralmente dall’alone perlaceo rasente il plenilunio occultando quel pozzo unico e nero a destra e formando una via d’arterie e nervi coperti ai lati degli occhi. Se fossi il vento, libero senza restrizioni, potrei oltrepassare le pareti divisorie e osservare cosa ci sia all’interno. Se potessi diventare il vento, queste mura non potrebbero mai impedirmi di raggiungerti. [ Chakra ON ] [ Tenta > Byakugan I ( in caso Chakra 24/25)]

Difficile impressionare colei che danza al fianco del Rikudo Sennin, del resto vi è un motivo se gli occhi del sapere assoluto, il samsara, si sono posati su di essa, non di certo un caso o un semplice bel visino, indi…figurarsi due pupazzi controllati da una sorta di jutsu il cui riflesso non è altro che una mera copia fittizia del vero Rinnegan. Il sangue freddo della Hyuga le permetterebbe di osservare con estrema accuratezza ogni loro caratteristica, di ascoltar ogni singola parola a lei rivolta dai due individui, così come pensar ad una possibile strategia. Pochi secondi per pensare subito ad un possibile attacco, agile ed elegante come solo lei può essere, ogni suo movimento scivolerebbe sull’aria, portando a termine la sua volontà, ferendo così sulla guancia la figura alta e slanciata, la reazione probabilmente però non è quella che tutti si aspetterebbero. Lo sguardo del ferito si volgerebbe verso la ragazza, il destro porterebbe il proprio indice a contatto con la ferita, passandola poi sulla propria lingua, assaporando quel sangue <è inutile opporre resistenza, la volontà del padrone è assoluta> e di seguito a lui il robusto compare ripeterebbe le finali parole, quasi una cantilena dei fanatici. Ma non saranno le parole ad accompagnare questo loro incontro, veloci le mani dei pupazzi ad estrarre ben 3 Kunai a testa, tutti indirizzati verso il busto della Hyuga che riuscirebbe nell’intento di richiamare la famosa innata…il Byakugan, a lei ora scegliere cosa fare, il futuro è incerto.

00:03 Hana:
  [Lì] La verità è che alla fine, quel fianco le manca esattamente come il suo profilo sbiadito. E ne soffre, terribilmente, nel non ritrovare entusiasmo in uno sguardo spento in cui s’alimenta sterile il byakugan. Tutto prende forma e allo stesso tempo perde importanza, la visuale s’amplia e ciò che ne scaturisce è una visione che probabilmente non le porterà a conclusioni diverse se non alla consapevolezza che neanche qui c’è quello che cerca. Lì, dove uno dei poteri più antichi pullula e dimora nel suo corpo ancor fievole e mai alla portata di un demone o del rinnegan, non riesce a farsi nemmeno bastare quello che ha se poi alla fine si rivela inutile alla causa: più che raggiungere l’idea iniziale di trovarsi al cospetto di due marionette non potrà fare godendo comunque dell’amplia gittata del raggio visivo al fine d’avvedersi degli attacchi mossi in sua direzione. L’indice della destra s’adagia sul filo finto della lama finale del tessen, sospingendolo e inducendolo alla chiusura. Lì, a nemmeno un metro di distanza dall’uomo che ha ammutolito – giacchè per poterlo ferire con il tessen non sarà intercorso altro che lo spazio di un braccio spianato e schiuso – l’idea più ragionevole sarebbe ripiegare in una schivata repentina, in una tecnica blanda, in una sostituzione che… no, alla fine nemmeno questo le si addice, esattamente come la monotonia. < Forse sei sordo.> cinguetta, pur dando il profilo ad uno dei due è pur sempre consapevole di poterne adocchiare le movenze grazie al byakugan. < Mi pare di averti chiesto una cosa.> e quei sei kunai indirizzati alla sua persona, alla fine, li ha visti – sarebbe assurdo il contrario. Umetta le labbra, ponderando rapidamente come poterli evitare e trovando nell’offensiva una difesa: un blando tentativo di difesa riassunto in una schivata davvero da poco lo si intravede lì dove il piede vien sospinto verso destra, defilandone la figura, ma nello stesso istante – prima ancora di poter emulare una schivata – le mani si ritroverebbero ricongiunte quanto scevre dell’impiccio del tessen ormai richiuso, sgranchendo le dita in quella pedissequa processione di sigilli: scimmia, cinghiale. Inamovibile nella sua forma esterna, il chakra divampa invisibilmente attraverso ogni tsubo raggiungendo la capillarità dei capelli e costruendo così una coperta bicromatica nell’intento d’allungarsi più di quanto effettivamente non le siano cresciuti i capelli già da anni. Una patinatura dura quanto il ferro dovrebbe investirla completamente quanto totalmente, eccezion fatta per capo e piedi, racchiusi in quella sottospecie di bozzolo che per quanto non renda impossibili i movimenti li riduca ad una lentezza finalizzata a non ledersi e allo stesso tempo far rimbalzare via la lama di un kunai facendo fronte alla consistenza dura del cuoio capelluto. Ripiegando così su quella coperta, investitura di rovi, costituita da aculei spinati e che allo stesso tempo pur fungendo da eventuale riparazione ne diventi allo stesso tempo l’attacco perfetto per ledere – mediante gli aculei – la figura vicina dell’uomo. < Portamici, da questo Otsutsu->ki(?). < Sono sicura che io ed il tuo padrone avremmo modo di parlare.> amabilmente. E si propone addirittura come parte lesa e consenziente, pur di ricavarne qualcosa di utile: effettivamente, ha già sprecato fin troppo tempo nel tentativo di cavarne un ragno dal buco. Forse dovrebbe imparare dagli altri a piantare kunai nel petto al primo respiro. Forse dovrebbe effettivamente imparare a sporcarsi le mani da sola, senza farlo solo superficialmente. [ Chakra ON ] [Byakugan I – ON (-1) ][ Tenta > Simulacro di Spine (in caso -3)] > Se [ Chakra 20/25]

Da loro pare che non otterrà nessuna risposta, succubi di un potere e di un padrone che li muove a piacimento come marionette...delle marionette...vive, quel finto rinnegan il simbolo di controllo assoluto e schiavitù della mente, un dialogo con loro e come provare a parlare con un muro, la volontà di chi li comanda ha la precedenza assoluta e pare proprio che voglia te Hana!! Non si perdono certo in chiacchiere passando subito all’offensiva, offensiva alla quale la Hyuga prontamente risponderebbe facendo leva sui propri riflessi, con una tecnica difensiva, il simulacro di spine. Tecnica che si attiverebbe con successo, ricoprendo man mano l’intero corpo della ragazza, lasciando solamente i piedi scoperti, i kunai però non troverebbero alcun lembo di carne in cui conficcarsi o da lacerare, scontrandosi così contro una dura corazza, infrangendosi per poi cadere in terra a pochi centimetri dalla ragazza. Tecnica efficace e soprattutto difensiva, ma come poter prevedere o anche solo fronteggiare tipi di quel genere? La cui vita ha il valore di un sassolino, per loro stessi, dando dimostrazione della loro follia, il più massiccio dei due comincerebbe a correre contro la palla di pelo e capelli Hyuga, infrangendosi anch’esso dopo pochi attimi, così facendo però, andrebbe a ferirsi all’impatto con tale tecnica, se non fosse che invece di ritirarsi e provare con altri attacchi, questi con ambedue le braccia, noncurante di tagli e punte che penetrerebbero nelle proprie carni, afferrerebbe, come a volerla sollevare, la massa di capelli e con essa il corpo della Hyuga, per poi scaraventarla a qualche metro di distanza, dando così prova non solo della propria forza ma dell’indifferenza con cui trattano il proprio corpo, inibiti in tutto, ammassi di carne. Lo slancio di certo non rimarrebbe fermo, eseguendo con estrema agilità i sigilli per la palla di fuoco, che verrebbe espulsa poco dopo l’impatto di Hana sul suolo, ad Hana ora il compito di salvarsi…ad ogni costo.

02:12 Hana:
  [Lì] Ricercata e contesa, alla fine è arrivata: Sorpresa. Sorpresa del masochismo altrui. Sorpresa dell’autolesionismo. Sorpresa del fatto che qualcuno sia così disposto a sacrificarsi per poter obbedire tanto che la cosa le lascia la bocca secca: oggetti. Marionette. Perché le ricordano terribilmente uno specchio riflesso di frustrazione rappresa in rabbia che non s’esprime, muta, arranca nel costato e si dipana nel cuore aggredendo tutto l’apparato respiratorio e rendendole addirittura difficile ora annaspare aria. In quella stretta soffoca sebbene nessuna di quelle spine dovrebbe particolarmente ledere lei quanto l’altro: s’imbattano forse di sangue, lasciando gocciolar via il liquido ematico che sgorga flagellando il derma altrui. Deglutisce quel grumo di saliva davvero povero e che gratta contro la gola, evitando comunque di compiere tanti sforzi: in quel bozzolo, alla fin fine, è più protetta da immobile che da movente. Il problema si configura negli attimi dopo, lì quando il corpo libra nell’etere fendendo l’aria e scaraventato ad una manciata di metri di distanza li rende meno succubi della presenza degli aculei. Rasente una rampicante che a ritroso rastrella via quanto vi è sul terreno, i capelli acuminati si ritirano tornando repentini alla loro forma originaria e diminuendo così la propria lunghezza. Il corpo, privo d’imperfezione alcuna, ora altro non è che un involucro di carne soggetto alla calura che l’eventualità del futuro attacco non cela: matura repentinamente la consapevolezza che, oltre allo scontro impari, da lì non ne caverà nulla e allo stesso tempo ci rimetterà dopo essersi praticamente accaparrata due fans che vogliono lei – che culo. Pondera, repentina, qualcosa che possa sia farle scansare l’eventualità di essere incenerita e sia trovare un escamotage per attuare qualcosa di praticamente indispensabile: la fuga. Un diversivo. Lì dove l’ambiente risulta povero di spunti, la mente non può far altro che ingegnarsi su quel po’ che ha a disposizione: poche armi, poco chakra, poche energie. Assottiglia le palpebre, sfilando dal taschino del portaoggetti sulla coscia destra il fuuda sostenuto dalla mancina ed i fumogeni nella destra. Il chakra che impone al pezzo di carta altro non è che il pretesto per il rilascio della sostituzione, innescando quella reazione-nuvola che dovrebbe effettivamente occultarne la figura e allo stesso tempo darle il tempo di defilarsi sulla destra tentando d’eludere la guardia altrui. La palla di fuoco effettivamente dovrebbe detonare nei riguardi del tronchetto lasciato lì come sostituzione, il corpo defilato a metri di distanza e probabilmente fuori dalla portata dell’attacco mentre le dita soltanto adesso rilascerebbero i fumogeni liberandoli dalla loro confezione, involucro protettivo, ed innescando quella nube molto più profonda e persistente di quella del tronchetto. Ed è consapevole che contro quegli occhi nulla si può, debole o forte l’influsso sia, ma un diversivo le occorre comunque – specie per porre le carte in tavola pro una ritirata. [ Tenta > Sostituzione I ][ SE (-3) > Chakra ON – 17/25]

Hana usa Fumogeni!

La difesa a volte vi si può ritorcere contro, certo non è una frase che si sente dire spesso, in questo caso forse è la più azzeccata, soprattutto quando si ha a che fare con dei tipi del genere, involucri privi di volontà propria, votati allo scopo dettatogli dal loro padrone e finché non sarà portato a termine nulla potrà fermarli. Nemmeno l’incredibile tecnica difensiva di Hana che una volta sollevata e scaraventata a terra, subisce un po’ dei danni per via del crine allungato, riducendo subito la loro lunghezza e tornando alla forma originaria, ma nemmeno il tempo di respirare, poiché una palla di fuoco verrebbe diretta verso la giovane ninja della fogli. Forte del suo Byakugan, non perderebbe tempo, eseguendo alla perfezione al tecnica della sostituzione, lasciando che sia il povero ed infelice tronchetto di legno di nome Frankie a subire l’enorme palla di fuoco precedentemente diretta verso Hana, concludendo con il lancio di un fumogeno per cercare di far perdere le proprie tracce o anche solo guadagnare un po’ di tempo, ma sa bene che nulla può fermare il potere del Samsara, che sia completo o fittizio, nulla sfugge a quello sguardo. Non molti i secondi di break che concederebbero alla Hyuga, forse per il gusto stesso di tenerla sotto pressione, secondi lunghi quanto una vita intera, poi dal fumo un braccio apparire, afferrare il sinistro di Hana lanciandola in aria, oltre la cortina di fumo prodotta da lei stessa pochi secondi fa, una volta sbucata fuori dal fumo ad attenderla, librandosi in caduta aerea il massiccio compagno dello smilzo, cercando di darsi sempre più spunta, caricherebbe un pugno roccioso, ciò deducibile dalla corazza di roccia che lentamente si creerebbe sul pugno del nemico, ad Hana ora evitare questo colpo che potrebbe risultare fatale.

03:24 Hana:
  [Lì] Il peso dell’insostenibile, ineguagliabile. La fatica inizia a gravare sulle vertebre, l’impatto al suolo si ripercuote sul corpo, l’inutilità di un diversivo e di una fuga sempre e perennemente ostacolata da una nuova offensiva: questa, calcolata sempre mediante il byakugan, le dovrebbe dare modo di tentare una nuova schivata che la veda slittare lateralmente se non gettarsi completamente a capofitto verso il suolo, rantolando su quest’ultimo previo garantirle la distanza adatta a separarsi dall’uomo-ibrido. Le leve inferiori indi procederebbero semplicemente con il flettersi, spintonando – mediante i reni – il corpo raso terra in una sorta di rullata che ha come finalità quella di farla distanziare di una manciata di metri ed evitare di incassare il colpo. Qualora fosse riuscita nei suoi intenti, ogni rantolo di forza verrebbe donata a disposizione del chakra all’altezza della bocca dello stomaco, lì ove vortica l’impasto delle due energie per ricreare quel rantolo di energia spirituale. Socchiude le palpebre, dando fondo ad ogni piccolo barlume di potenziale sforando decisamente per le proprie potenzialità e sfiorando con le dita la parola fine quasi consapevolmente. Ogni singola particella suiton ora raggruppata e spintonata fuori dal corpo dovrebbe, candidamente, prender formane ali dispiegate di ben otto colibrì dal becco a punta. Volatili e leggere figure composte d’acqua, sottili e letali, sfrecciano per comando della padrona tentando di separarsi di modo che quattro possano mirare ad un uomo e quattro all’altro. S’accompagnano fendendo l’etere e ricreando così il desiderio di colei che crea, con l’acqua, probabilmente la propria disfatta. Iniziano a crollare così le già fragili mura di sicurezza, la vergogna cala come un manto notturno – il profilo di Konoha lontano, la sicurezza delle braccia di Hitomu irraggiungibile e la pessima, pessima idea, di decidere di non essere un oggetto bensì una persona si schianta nel tentativo di un suicidio quasi non premeditato dando fondo al proprio chakra. [ Chakra – ON ] [ Tenta > Colibrì ] Se > [ - 16 chakra ] [ 1 CHAKRA YUHU ]

Momenti che possono durare interi anni ma di fatto non sono che istanti, così come che bastano ad Hana per rotolare, evitando così la presa dello smilzo pupazzo rinnegoso, ed a sua volta, seppur inconsciamente, schivare la pericolosa combo mortale a cui sarebbe andata incontro una volta scaraventata fuori dal fumogeno. Difficile ormai a questo punto non rendersi conto di chi si ha di fronte e quale sia il livello die nemici, giocosi fino a qualche istante, minuto dopo minuto il coefficiente di difficoltà delle loro azioni e delle loro tecniche è salito a vista d’occhio, impossibile pensare ad una fuga semplice, molte volte attaccare è l’unica soluzione rimasta. Da mente allenata quale è quella della Hyuga, non ci mettere molto a comprendere questa situazione, ma come ninja di un clan elitario qual è, non rimarrebbe li, in attesa che il destino s’abbatta su di essa, tentando un tutto per tutto con la tecnica dei colibrì, tecnica che verrebbe eseguita con successo. Agili colibrì verrebbero indirizzati verso le suddette figure, ma come poter ragionare ed affrontare d’innanzi ad esseri la cui coscienza è stata annullata, impossibilitati a percepire il dolore perché schivare or dunque? Colibrì che impatterebbero contro tutti e due gli individui, colpendoli in pieno, ma nulla si muove, impassibili, un semplice rivolo di sangue sgorgare dalle loro labbra, segno che il colpo è stato più che efficiente, ma contro coloro il cui dolore è stato negato, continuerebbero finché le ossa stesse reggerebbero il peso delle carni lacere. Al contrario però, Hana per quanto un ninja possa aumentare la resistenza e la soglia del dolore, presto o tardi, la mente tornerà a farsi presente, mandando segnali a tutti i ricettori, dolore, spossatezza, fiato corto, bruciore, e a padrone assoluto il sistema circolatorio del chakra rimasto ormai privo di fonte primaria a causa dell’ultima tecnica, normalmente lo svenimento sarebbe immediato, ma la resistenza di Hana riuscirebbe a farle guadagnare qualche attimo in più e mentre le palpebre lentamente calerebbero il sipario su quella drammatica opera, le proprie iridi potrebbero scorgere le due figure camminare a mo’ di zombie, avvicinandosi sempre più a quel corpo ormai privo di forze. Ultime immagini impresse nella sua mente per poi scivolare nel mondo delle ombre. Ma questa non è la fine, ne di certo la morte sarà l’atto finale della storia di Hana, ciò che non sa e potrà percepire solamente al suo risveglio è ciò che hanno fatto al suo corpo e la sua mente, nulla di volgare ed effimero quale possa essere un abuso del corpo femminile, no nulla di tutto questo, le due figure, arrivate sul corpo incosciente della giovane, la immobilizzerebbero, come se poi ve ne fosse un reale bisogno, preparando attorno a lei strani sigilli impressi nel terreno roccioso, il più massiccio dei due afferrerebbe il corpo privo di forza della Hyuga, sorreggendola come se fosse seduta, mentre lo smilzo comincerebbe ad eseguire svariati sigilli, una lunga e lenta sequenza che par non avere fine, eppure ad una fine si giunge sempre, al comporre l’ultimo sigillo, la sinistra rimarrebbe in posizione caprina mentre la destra, libera dai sigilli, andrebbe a toccare, con il palmo, la fronte della giovine ninja di Konoha, dall’altro lato, di rimpetto, il massiccio andrebbe a ricopiare esattamente ogni gesto compiuto dal suo compagno smilzo, portando a sua volta la destra sulla parte, ovviamente, posteriore della nuca, poggiandovi il proprio palmo. Ingenti quantità di chakra verrebbero fatte fluire all’interno del corpo di Hana e sui sigilli raffigurati sul terreno attorno al corpo della ragazza, lentamente, attimo dopo attimo, il colore, già appassito, del rinnegan dei due comincerebbe a sbiadirsi sempre più fino a diventare bianco, una esplosione di luce e chakra confermerebbero la riuscita della tecnica, al termine di essa i due nemici si accascerebbero in terrà e con loro il corpo di Hana ancora incosciente. Al di lei risveglio, potrà osservare a pochi centimetri di distanza da dove si trova, i corpi ormai privi di vita dei due nemici, i loro occhi, spalancati, raffiguranti ancora i cerchi del rinnegan, sarebbero di color bianco puro, come se consumati, idem la loro pelle, che presenterebbe varie crepe sul volto e sul resto della carne visibile, ma ciò che più interessa, sono i sigilli per terra, visti dall’alto raffigurerebbero proprio il rinnegan, con tutti i cerchi di cui è composto e alcuni kanji posti su svariati lati. Un senso di spossatezza, fiatone, una stretta al cuore, diverse sensazioni assalirebbero la Hyuga, un conato, forte anche del poco chakra che lentamente si riformerebbe, ma è ancora troppo poco, cosa più grave…un senso di vuoto prenderebbe il sopravvento sulla Hyuga, come derubata di una qualcosa di fondamentale, essenziale, la sua essenza, le basterà cercare di attivare l’innata per scoprire che tutto ciò che era le è stato strappato dalle carni e dall’anima, le sue origini, il suo cognome, ogni cosa che potesse legarla al suo passato ed i suoi antenati è ormai scomparso…per sempre, non è più una Hyuga, non è più nulla, quei segni infiniti non sono altro che la rappresentazione di una delle tecniche più antiche e ormai perse, per fortuna, ama quanto pare chi comandava quei pupazzi non solo ne sapeva l’esistenza ma sapeva anche come attuarlo, sigillando così per sempre l’innata della ragazza. Ecco dunque l’atto finale per cercare di colpire l’impenetrabile armatura del Rikudo Sennin, cercando di ferire gli altri per scalfirlo, eppure a conti fatti colei che ha subito più di tutti è proprio Hana, non il Rikudo, non altri...lei, l’unica a subire tale torto. Privata di ogni forma ed identità la spossatezza tornerebbe a farsi presente, ma non disperare Hana, la forma ed identità di una persona non sono legate all’innata o altro, bensì all’anima e finchè essa rimarrà intatta, nulla è veramente perduto, solo all’orizzonte vi si presenta…un nuovo inizio. [END]

Riassunto:
Hana alla ricerca di indizi su dove possa trovarsi Akendo ormai scomparso da mesi e mesi, si ritrova ad affrontare la famosa catena montuosa che delimita i confini tra Kusa e Konoha.
Al suo seguito due figure, controllate da una misteriosa figura, tramite una tecnica sconosciuta alla ragazza, presentano nei loro occhi il rinnegan, seppur una versione fittizia e di un color viola appassita, da li ingaggiano un combattimento contro la Hyuga che non può nulla contro carni lanciate al macello, ignorando che la loro abilità superi di gran lunga la sua.
In un attacco disperato esaurisce quasi tutto il chakra svenendo infine, ma per lei non c'è la morte ad attenderla bensì un destino più crudele, eseguito il rituale i due nemici si accasciano al suolo privi di vita, al risveglio di Hana, potrà constatare che non possiede più l'innata, sigillata per sempre tramite quell'antico rituale.

Le intenzioni erano chiare fin da subito, colpire lei ed il motivo sembra ovvio.

Note:

Hana: Ottima role, come sempre, sei riuscita comunque a tenere testa per qualche turno i nemici, non assegno punti exp per via della tipologia di giocata, ma si vede che non hai perso la mano, good.

Note on per Hana:

Al suo risveglio, la famosa tipologia e tratto dell'occhio Hyuga, scomparirebbe, lasciando spazio ad un semplice color azzurro splendente (http://vignette4.wikia.nocookie.net/ex-naruto/images/7/74/Toneri's_Tenseigan.png/revision/latest?cb=20150726222844), forse qualcosa di ben più grande si cela dietro quell'iride particolare.