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[Spin Off] Dance into Oblivion

Quest

Giocata di Corporazione

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con Azrael, Kami

15:40 Azrael:
 Un’azione che si ripete ogni sera allo stesso modo, magari con più o meno costanza, ma talmente semplice che alla fine la compi spesso e volentieri senza nemmeno rendertene conto. Addormentarsi. Lasciarsi andare al lento e caldo abbraccio di Morfeo finché le palpebre si chiudono, il corpo s’abbandona alle coccole del letto e la testa affonda nella morbidezza del cuscino, inconsapevolmente convinto del fatto che ti risveglierai. Chi, tra tutti quelli che si addormentano la sera, pensa all’eventualità di non svegliarsi? Chi crede davvero che non riaprirà gli occhi? E, se anche ce lo avesse detto il fato prima di chiudere gli occhi, chi resisterebbe per più di un paio di giorni? Così il Nara si è addormentato, così non ha riaperto gli occhi la mattina successiva, non prima di risvegliarsi lentamente in un modo che ha tutto fuorché del reale. Un limbo a metà tra l’oblio più totale e l’universo così come tutti lo conosciamo, uno strappo nel velo su cui si svolge il corso degli eventi. Gradualmente il corpo prende vigore, i sensi si risvegliano e si acuiscono accorgendosi di non avere davanti agli occhi il soffitto della camera, di essere altrove, seppur solo con la testa. Espira a questa consapevolezza, un sospiro flebile gli esce dalle sottili labbra appena schiuse, ancora leggermente impastate e secche dal sonno appena trascorso ed interrotto in maniera così brutale. Cerca con lo sguardo attorno a sé qualcosa, un indizio che non gli dia confusione, qualcosa che non sia il più totale e completo ignoto. E lo trova: una tavola imbandita con una dama giapponese e poi lui. Un piccolo ragazzino che non fatica a riconoscere, in quanto se stesso. Quante volte si è già confrontato con quella parte, in incubi sicuramente diversi da quello, ma che l’hanno tormentato per tutta la sua vita. Non emette in fiato, attende l’occasione di sedersi davanti a quella tavola da gioco e lo fa. La schiena perfettamente dritta, le braccia piegate ad angolo retto dal gomito in poi poggiate sulla tavola in legno, le mani unite di fronte a sé tramite le dita accuratamente intrecciate tra loro. China il capo, scrutando con particolare attenzione la figura di fronte a sé ed esaminando rapidamente ogni parola che ti viene rivolta. < Sì > Dopo il suo lungo ed estenuante silenzio < Sono cresciuto davvero. > Un sorriso gli alleggia, piccolo, ma evidente, sul volto. Un sorrisetto fiero, tronfio, appartenente a chi ha appena visto tutte insieme le grandi differenze che intercorrono tra il se stesso attuale e quel piccolo e spaventato ragazzino. Lo odia? Eh, si tratta di una cosa familiare < Anche tu. Anche tu sei stata la parte di me che più ho odiato. > Parla al passato, il perché è presto che detto < Ora vederti è, per me, il più grande successo che potessi raggiungere. > Proprio per il motivo precedente, proprio perché può notare quanto sia effettivamente cresciuto. E se, finora, ha solo risposto a ciò che gli ha detto la propria controparte, adesso sta a porgli una domanda < Perché mi odi? > Domanda e subito dopo, nel silenzio adibito all’eventuale risposta, ascolta ed osserva tutto quello che l’altro vuole dirgli e fargli vedere. Il vuoto, l’evanescenza. Parole che lo prendono molto profondamente, che sono stati da sempre i cardini della sua vita. Sul suo volto, tuttavia, non vi è affatto cenno di fastidio o di essere colpito, certamente non come la sua controparte potrebbe intendere. < Hai ragione, io non sono disposto ad abbandonare l’ultimo brandello di umanità che posseggo in nome del potere assoluto. > Gli occhi nero pece puntano sul goban, la scacchiera della dama giapponese, osservano la splendente pietra nera che vi viene posizionata sopra < E se non ne capisci il motivo, mi sa che hai sbagliato incubo. > Sorride ancora, stavolta scoprendo i canini bianchissimi, affilati < I miei capelli sono neri al naturale, forse cercavi quello tinto. > Chi altro, nell’Akatsuki ha la sua folta chioma tinta di nero? < E, soprattutto, io non sono disposto ad annullarmi per il potere assoluto perché *non* lo voglio. > Sottolinea con accuratezza quella negazione nella frase. Si silenzia immediatamente quando inizia quel ticchettio fastidioso dritto nel retro della testa. Stringe i denti, sorpreso da quella sensazione che non pensava di riprovare così all’improvviso, dopo essere svanita all’inizio, ma ogni partita a dama ha il suo timer. Raccoglie una pietra bianca, la sua prima pedina e rialza lo sguardo negli occhi della sua controparte, il volto torna neutrale, la mano sinistra posiziona il piccolo ciottolo bianco sulla scacchiera < D’altronde > la poggia sul legno e lascia andar di nuovo la mano alla posizione iniziale, intrecciata all’altra < se tu fossi convinto di battermi > altra pausa, distratto da una di quelle volute di fumo che svaniscono < non avresti scelto il colore che muove per primo. > Alza il mento, un modo per dire “a te la mossa”.

Si dice che i frammenti di ciò che siamo o siamo stati rimangano per sempre con noi, perduti ma non dimenticati nel profondo del nostro subconscio; che pur essendo vessillo di qualcosa che è passato e che di conseguenza da immemore tempo non ha più alcun tipo di influenza sul presente, permangano imperterriti, nascosti nel nostro più profondo, pronti a balzare fuori quando l'occasione si rivela più propizia. Kenbōshō è qui per questo, per ricordarti qualcosa del tuo passato che al momento sembri aver perso nella continua e perpetua ricerca del tuo essere più intimo. Indice e medio della mano destra che vanno ad accarezza i lati dell’occhio destro mentre ai bordi delle sclere si forma una singola e piccola lacrima d’onice che ricade nefasta lungo il volto. Un vento gelido investe improvvisamente il piano in legno dove vi trovate tu e la tua controparte demoniaca. Ti senti estirpare le viscere, ti senti sbalzare via, portato verso un universo distante mentre le tue carni vengono lacerate dalla potenza del vento. Kenbosho al contrario pare completamente indifferente alla corrente d’aria, proprio come il tavolo da gioco. Sospiri, ansimi, magari grugnisci persino dal dolore ma basterà un solo sguardo verso il tuo corpo per renderti conto che sei ancora tutto intero, illeso. Sorride melliflua la tua controparte mentre riprende a parlare con la stessa cadenza atona di poco fa < Sei fiero di ciò che sei? Si… o almeno provi ad esserlo celando dietro ad una maschera di superbia le debolezze che mai ti hanno abbandonato. Sei ancora debole e non riusciresti mai a salvare nostra madre… uh? Dov’è tua madre Nara? E’ morta?> lingua che passa lentamente ad umettare il labbro superiore, quasi pregustando il dolore provato negli anni dal Dainin< Noi non siamo fieri di ciò che sei diventato… hai perso il tuo obbiettivo, non sei diventato l’essere che il destino aveva programmato diventassi.> capo che torna ad inclinarsi verso sinistra mentre il ticchettio ritorna continuo e ti perfora il cranio con veemenza [Toc… Toc…Toc] <Pensi sia un pregio? No. Non lo è> aggiunge lapidario < stai semplicemente combattendo contro la tua natura e questo ti impedirà di essere realmente felice, soddisfatto alla fine della tua miserabile esistenza.> sopracciglio destro che va ad inarcarsi pericolosamente verso l’alto mentre le rosee labbra si arricciano ancora una volta in un sorriso diabolico, insano. <Perché sei debole, perché sei un essere senza morale che ha deciso di abbandonare il proprio villaggio per fare il secondo…il terzo o perfino il quarto di un’organizzazione che ti porterà a stagnare> lingua che schiocca contro il palato con forza <Ma nonostante tutto tenti ancora di difendere Konoha… ti manca casa, vero piccolo Nara? Ma sei troppo debole, troppo insicuro dietro quella maschera da perfezionista. Vuoi il controllo per mantenere solida quella personalità che hai impiegato così tanto tempo per creare> uno sbuffo appena accennato quello di Dissoluzione < Stai cercando di controllare il vero te stesso. Quindi dimmi Azrael Nara… sei uno, nessuno oppure centomila?> vocifera a mezza voce verso il moro. Muove una seconda pedina sul tavolo da gioco e dunque torna con lo sguardo sullo shinobi della Foglia < Oh no… tu lo vuoi, tu sei combattuto. Una parte di te non potrebbe mai farlo ma ricordati che io sono te stesso. A me non puoi mentire, so quello che provi.> una piccola ed angelica risata che fuoriesce dalle sue labbra < Tu hai semplicemente paura di questo potere, paura di perdere il controllo, non la tua umanità> pollice che passa sopra l’indice ponendo poi abbastanza pressione per romperlo di netto. Attimi in cui l’indice giace in una posizione innaturale prima di tornare autonomamente al suo posto <Io ti offro questo… non il potere, quello puoi facilmente raggiungerlo anche da solo> annuisce appena < Io ti assicuro il controllo su questo potere, non prevarrà su te e tu finalmente potrai guadagnarti il posto che meriti…che meritiamo, quello che voleva nostra madre per noi> capo che viene leggermente reclinato all’indietro < E secondo quale morale dovrei lasciarti la prima mossa se sono convinto di batterti? Io agisco per vincere… con ogni mossa a me disponibile> e difatti quando riporterai lo sguardo sul tavolo da gioco vedrai decine di pedine posate, sia nere che bianche < Ti serve una mossa divina per vincere… un po’ come nella tua vita> chiosa con calma serafica il bambino che si trova ancora davanti a se < Hai mai pensato alla vita delle persone che ami se tu non esistessi?> domanda prima di aggiungere < Beh sarebbe un inizio> la tavola in legno accelera paurosamente tanto che ti sentirai sbalzato in indietro. In lontananza le sagome delle cime rocciose si fanno sempre più vicine e sai che ben presto ti ci schianterai contro.[1 turno allo schianto] [Ambient personale GO!][Me vs Me – Spin off dell’Alba]

16:54 Azrael:
 Osserva il tavolo da gioco, alternando lo sguardo tra esso, i contenitori con le pietre bianche e nere appartenenti ad entrambi i giocatori, posizionate per ora una a testa sul tavolo e poi guarda lui, il bambino. Se stesso, o forse no. Lui parla come fossero una cosa sola, il Nara no. Pare concentrato, la sicurezza che aleggia in quel sorriso appena accennato che gli incurva le labbra non lo abbandona mai. Non è superbia, non per quel che gli riguarda almeno, è consapevolezza. Il gioco da tavolo è una cosa in cui è bravo, lo sa, sa di essere intelligente, una mente brillante, sa di avere le capacità per sopraffare chiunque, se si impegna abbastanza, se lo desidera a sufficienza. Tuttavia quel vento, quel vento non può prevederlo. Lo porta via, lo trascina, lo trapassa come milioni di lame roventi che aprono ferite nel proprio ventre e le cauterizzano all’istante per evitare che la perdita di sangue lo faccia svenire, impedendogli di provare altro dolore. Tanto sadismo, in una sola folata di vento. Ma non vuole farsi trascinare indietro da quella forza prorompente, non vuole dargli nemmeno un millimetro di vantaggio. Tenta di artigliarsi al tavolo su cui è posta la tavoletta da gioco, le unghie ad incavarsi nel legno, col rischio che possano anche spezzarsi, l’espressione contratta in una maschera di acutissimo dolore, un dolore al quale non può sottrarsi, che lo smuove profondamente. Stringe i denti fino a che non sentirà che la pressione potrebbe scheggiarli gli uni contro gli altri, la vena centrale sulla sua fronte si gonfia per lo sforzo e persino il viso diafano si arrossa per lo sforzo. Ringhia, prima sommessamente, poi, aprendo la bocca, diventa un urlo arrabbiato, dolente. Più di frustrazione che di vero dolore. Per lo sforzo fatto nell’indietreggiare il meno possibile. Non chiude gli occhi durante tutto il processo, li tiene fissi in quelli della sua controparte, perché veda con quanta determinazione e convinzione affronta quella ventata di pura morte. E, quando finisce, prende un profondo respiro che espira tossendo gravemente. Le mani andrebbero dunque a schiodarsi dalla tavola, per raggiungere il petto, l’addome, per assicurarsi che sia tutto al proprio posto. Ansima, dalla fatica, ma impone al proprio corpo di rimettersi dritto sulla schiena, pure se dovesse tremare dallo sforzo, pure se dovesse sentire i muscoli sfibrarsi. < N—non è niente > biascica, riportando le mani sul tavolo, intrecciando le dita tra di loro come nella posizione iniziale < Non mi hai > stringe i denti, grugnendo poi prima di riadattare il volto alla solita espressione neutra < fatto nulla. > Ma nemmeno il tempo di riprendersi dall’acuto dolore appena provato che subito torna all’attacco con altre parole, altre provocazioni. Ed il Nara lo sa, lo sa perfettamente che tutto quello è una provocazione, razionalmente dovrebbe sbuffare e ridergli in faccia, ma ha il bisogno di rispondergli che gli preme direttamente dal fondo dello stomaco, perché non ha intenzione più di nascondere i propri demoni sotto un tappeto, vuole affrontarli e batterli tutti, uno per uno < Mia madre? > Sa a quale si riferisce, sa a quale tiene di più, è evidente, ma – formalmente – di madri ne ha avute due < Intendi la puttana o quella sana di mente? >< La prima l’hai uccisa tu. > Il vecchio se stesso, quello irascibile, quello che non sopportava la risata acuta di quella donna, che non sopportava di essere il figlio di una creatura così meschina < L’altra sta scontando una pena a vita in carcere e mi ha implorato di non tirarla fuori di lì, benché potessi farlo. > Abbassa lo sguardo, aggrottando la fronte a quel ricordo < Ed il motivo è che lei è fiera di me, di quel che sono diventato e non voleva permettermi di rovinare tutto. > E quindi lui cos’è? Uno, nessuno o centomila? < Io sono uno, ora. > Forse prima avrebbe detto centomila, forse prima si sentiva molto più diviso di quanto non fosse ora < Quindi se io sono uno e sono qui… > Sghembo, ma di nuovo quello che gli si forma in volto è un sorrisetto, una provocazione espressa in viso, oltre che nelle parole < …non sono te, non più. > Azzarda a mettersi in piedi, adesso. Il corpo ancora un po’ scosso dalla ventata che lo ha investito poco tempo prima, troppo poco perché sia dimenticata, la mente che fatica a concentrarsi a causa del ticchettio che è ricominciato e che lo porta a massaggiarsi la tempia corrispondente con la mano destra < Esci dalla mia testa… > sussurra, prima di ripeterlo più forte < Esci dalla mia testa. > Non nervoso, non arrabbiato, solo perentorio < Non sono sottoposto a nessuno, sono entrato nell’Akatsuki proprio per essere libero. Tu non hai idea di cosa voglio e se anche l’avessi non la cercherei unendomi a te! > Sbatte il pugno chiuso sul tavolo, stringendo le dita contro il palmo talmente forte da intorpidirsi la mano < TU sei stato debole > Ora prende a puntargli il dito contro, quello opposto alla mano ancora chiuso a pugno < TU hai ceduto alle lusinghe del potere, TU hai accettato questo > ora il dito puntato contro di lui batte contro il pettorale sinistro, su cui giace il marchio maledetto, quel marchio che accettò anni ed anni fa proprio perché voleva essere più forte, perché voleva sentirsi in grado di difendere le persone che amava e che ama ancora < Mi hai lasciato anni ed anni da solo a subire tutto ciò che le TUE azioni hanno comportato e quello che ne è uscito fuori sono io. >< Io ti ho già battuto, non puoi più farmi del male! > Si volta, le montagne s’avvicinano, il Nara agguanta di nuovo il tavolo, scarica tutto il peso sui piedi, insomma, cerca in ogni modo di non indietreggiare, stringe i denti per non lasciarsi andare così come ha fatto prima, con la stessa determinazione, senza mai schiodare lo sguardo dalla sua controparte, da quello che ha identificato come il vecchio se stesso, che gli sta offrendo il controllo, la cosa che ha sempre voluto in tutta la propria vita, ma che pezzo pezzo si sta guadagnando da solo.

E non esiste un dolore più grande dell'avere impresso in mente qualcosa che vorremmo scordare o, almeno, ricordare in maniera differente. Il giovane te si limita ad incrociare amabilmente le braccia all’altezza dello sterno, ti osserva, sorride e quasi ti sembra di scorgere in lui quel sadico divertimento che un tempo era possibile scorgere anche nei tuoi occhi quando torturavi le persone. Ti osserva sforzarti, scomporti, ma per te non v’è altro che biasimo, un’emozione che si legge in ogni lineamento sciolto del suo volto infantile. Quando la raffica di vento finisce ecco che hai giusto il tempo di ricomporti prima che nuove parole da parte del tuo Io Demoniaco vengano ad accarezzare mefistofeliche la tua psiche<Oh quanto ti sbagli piccolo mio… io sono qui tanto quanto sono li> indice della mancina che indica Azrael <Io ho fatto tutto quello di cui mi accusi ma ti ricordo che in fin dei conti io e te siamo la stessa cosa, io sono qui come proiezione della tua mente, del tuo inconscio. Sai… esiste una teoria secondo cui tutti i ricordi e le emozioni che la nostra parte conscia, razionale non riesce a digerire vengono gettati e dimenticati all’interno dell’inconscio> sospira < Beh, vedi, io sono proprio questo. Sono la parte che hai deciso di voler cancellare di te… ma sono anche quella sincera, vera.> Mano destra che corre al capo per ravvivare la folta e selvaggia crine corvina < Quindi se ti ostini ad asserire di essere”uno” significa che sei anche e semplicemente me> indice che viene portato all’altezza della tempia ad indicare una pazzia condivisa da due mentre una chiostra di denti bianchissi fa capolino da quel sorriso angelico <I grandi uomini sono i più soli… e tu in memoria di questo sei sempre stato solo e sempre lo sarai. Saremo la nostra unica compagnia reciproca e questo dovrebbe farti piacere, no? Del resto non sono io la persona che ti conosce meglio al mondo?> domanda in maniera tutto sommato garbata in direzione dell’altro. Le montagne si avvicinano e Azrael decide ancora una volta di aggrapparsi al tavolo da gioco per resistere all’impatto imminente <TU mi hai lasciato da solo. IO ho sempre vinto. Solo tu sei troppo debole per ammetterlo> la voce si alza di parecchio ed una risata sguainata, pazza fuoriesce roboante dalle sue labbra < Sogna mio caro “me”. Sogna come se non fossi mai esistito> lo grida e si diverte nel farlo mentre si smaterealizza letteralmente davanti ai tuoi occhi. Il piano in legno si va a frantumare contro una delle tante pareti rocciose che ti si stagliano avanti e tu, inevitabilmente, cadi nel vuoto. L’ambiente intorno a te non pare mutare, sei circondato da volute di fumo grigio a cui passi affianco nella tua morbida caduta. Anche sforzandoti non vedi un fondo contro cui spiaccicarti e dunque non ti rimane che farti cullare dalla dolce melodia dell’aria che sfreccia intorno a te. Forse all’inizio non te ne accorgerai ma pian piano le volute di fumo assumeranno forme umane, forme di persone a te care in azioni di vita quotidiana, azioni dove tu non compari mai, dove non esisti. Senti dietro di te una risata ma per ora non ti viene concesso di muoverti e dunque risulti osservatore impotente della vita delle persone che hai promesso di proteggere. Mekura è felice, tra le mani ha un piccolo pargoletto di pochi mesi appena e sullo sfondo noti uno Yukio tranquillo che l’abbraccia da dietro. Furaya è comodamente seduta a casa sua ed è circondata da Anbu che aspettano ordini… eh si, senza di te la Nara sarebbe diventata Generale Anbu ed ora sarebbe felice, libera. Infine un’immagine che forse è in grado di farti ancor più male delle precedenti Kuricha è viva, felice, sorridente e tu, tu non esisti, perché se tutto questo è possibile è grazie al fatto che non vi siete mai incontrati. Le visioni si susseguono l’una dopo l’altra ed infine, dopo secondi che paiono interminabili, vieni dolcemente poggiato su un pavimento fatto interamente d’intangibile fumo. In piedi, a circa cinque metri da te, trovi la figura di Kenbōshō che ti osserva quasi con pietà < Posso regalarti l’Oblio… nessuno si ricorderà di te> sospira <Contrariamente a quanto tu possa pensare queste non sono mere illusioni create per farti male. Sono delle realtà che possiamo definire alternative… in cui tu non mi releghi nel profondo del tuo inconscio ed INSIEME ci prendiamo ciò che ci spetta di diritto> uno sbuffo poco più < e tu sai che io non mento> ed è così Azrael, non riesci a pensare il contrario, sei conscio della sincerità di ciò che ti viene detto ed è forse questo a spaventarti più di tutto?[Ambient personale GO!][Me vs Me – Spin off dell’Alba]

21:32 Azrael:
 Lo ha notato, lo ha notato immediatamente quel ghigno, il petto che si gonfia con la sensazione che chi ti sta di fronte sta soffrendo, che lo stai facendo soffrire tu. Conosce bene quella sensazione, è il motivo per cui ha guadagnato la fama di torturatore principale degli Anbu, il motivo per cui molti lo hanno temuto e a volte odiato, il suo gusto smisurato per il dolore, quel far del male quasi per senso artistico, usare il sangue come inchiostro e le mura della sala degli interrogatori come tela. Il suo sedersi a gambe incrociate, col cadavere aperto e sventrato della sua nuova vittima, l’espressione di dolore ancora dipinta in volto mentre mette il tutto su carta col carboncino. Chissà quanti lo hanno etichettato come squilibrato vedendo quei disegni appesi alla parete, le teste mozzate poste in bella mostra sulla scrivania del suo ufficio. Forse non avevano tutti i torti. < Io lo so… > stavolta, forse per la prima volta durante quella conversazione, sente di empatizzare con la sua controparte, lo sente davvero vicino, intimo < … so come funziona, ricordo ancora perfettamente l’euforia del far del male a qualcuno. Le scariche di adrenalina direttamente qui > indica la propria tempia, affonda il dito in quella che è la parte più fragile del cranio < dritte nel cervello, quel brivido meraviglioso lungo la spina dorsale che ti incita solo a farne ancora e ancora >< fino alla morte > sospira, sibila aria tra i denti come un drogato di fronte alla sua prima dose della giornata, lo sguardo di chi non vede l’ora di farne uso. Non che abbia voglia di tornare ad essere quello di prima, ma quello è stato un periodo che ha vissuto, che alla fin fine non può rinnegare. Il resto delle parole le ascolta in silenzio, resta calmo, ma ricettivo e, soprattutto, riflessivo. La solitudine. Non si è sempre sentito solo, in fondo? Tutte le compagnie che ha avuto non se ne sono andate una per una? Alla fine è sempre stato solo con se stesso. Sempre solo con… lui. Con la sua parte più intima, più profonda, quella che ha sempre ricacciato indietro, che gli faceva bruciare il marchio sul petto ogni volta. < Sei sempre stato tu… qui, sul retro della mia testa > gli occhi sono spalancati, né arrabbiati, né furiosi, né più determinati < Quella vocina, quella che mi suggeriva di fare di testa mia, di ucciderli tutti… eri tu? > E prima che possa avere una qualunque risposta da parte dell’Oblio, da parte di un se stesso più giovane, testardo, pieno di sé – tutte qualità che hanno in comune, che si riconosce addosso man mano che le vede – inizia a cadere verso il basso. < Ah! > esclama, preso alla sprovvista, prima di iniziare a farsi scorrere intorno tutte quelle immagini. Piano piano le esamina tutte, Furaya è lì, autorevole, viva, tutto il mondo ai suoi piedi. Kuricha viva, erano anni che non ci pensava, le ha concesso l’accesso a quanto poteva avere nel cuore, dopo delusioni scottanti, per poi essere deluso di nuovo. Eppure non si era mai chiesto cosa sarebbe accaduto se non si fossero mai conosciuti. Certamente lui non avrebbe perso il proprio nome, ma soprattutto lei sarebbe ancora in vita. E poi, quello che più lo colpisce. Mekura e Yukio. Il corpo inizia a perdere nervo, se prima si guardava attorno inutilmente cercando qualcosa a cui appigliarsi per non cadere giù, ora scende a peso morto, quell’immagine negli occhi, loro due insieme. Felici e contenti, come nelle fiabe. E in effetti il Nara l’ha strappata dalle braccia del Tessai all’inizio un po’ per gioco, perché NESSUNA si era mai permessa di dirgli di no, perché da sempre se Azrael vuole qualcosa, Azrael ottiene quella cosa con le buone o con le cattive. Anche se si tratta di distruggere una relazione. Ovviamente poi è nato tutto quello che c’è stato dopo, magari quella parte che voleva guardare altrove e rassegnarsi al fatto che – una tantum – non sarebbe andato fino in fondo con una donna, quella che la vedeva solo come una spunta sulla lista, diventava sempre più una vocina, piccola ed insignificante, vinta da quell’altro lato che prendeva sempre più piede, quello che lentamente se la faceva entrare sottopelle, che ha rischiato l’identità di Anbu solo per salutarla ad un evento pubblico in cui doveva dirigere la ronda di sicurezza, quella che poi lo ha messo nell’ordine di idee che… non era solo quello, che se il cuore gli batteva più veloce in sua presenza allora continuare a pensarla solo come un’altra donna in più passata nel suo letto sarebbe stata una presa in giro in primo luogo verso se stesso. Le spalle impattano a terra con dolcezza, non in un tonfo, ma planando piano. L’Oblio si palesa nuovamente davanti al Nara, come si era smaterializzato, così ricompare. Il volto del Jonin è avvinto dalle visioni appena avute, l’immagine della Hyuga felice senza di lui forse è quella che più gli si è marchiata in mente, come un ferro rovente su un capo di bestiame. < Saremo solo io e te, come è sempre stato… > mormora, confuso ed anche un po’ spaventato che ciò che ha visto possa davvero essere il risultato della sua non esistenza < Hai ragione, io non ti posso rinnegare. > Porta le ginocchia a terra e le mani avanti a sé, per avere l’appoggio e rialzarsi, la testa un po’ gli gira, di fatti allarga le braccia per un istante per non perdere l’equilibrio ed iniziare a camminare dritto avanti a sé. Un paio di passi a percorrere un metro, poi due, poi tre. < Da sempre non ho desiderato altro che impegnarmi per far stare meglio le persone, non necessariamente quelle a cui ho tenuto o che hanno tenuto a me. Semplicemente tutte. Ma tu, questo, lo sai già… > La testa è china, ancora pensa a quanto è appena successo e proprio nel pensarlo si ferma dal fare un altro passo. E se accettasse? E se ogni traccia di quello che ha fatto su questa terra fosse davvero annullato e cancellato? Furaya sarebbe diventata Generale Anbu… e Konoha sarebbe caduta sotto Ryota, che su di lei ha sempre avuto troppo potere. Kuugo sarebbe ancora vivo, nessuno gli avrebbe dato il colpo di grazia, quella benedetta saetta dritta in testa. Kuricha sarebbe viva, nessuno l’avrebbe fermata dal perpetrare i suoi piani a Konoha e o sarebbe morta per mano degli Anbu o avrebbe fatto del male al villaggio della Foglia. E Mekura… forse sì, forse sarebbe rimasta con Yukio, da bravi marito e moglie avrebbero vissuto assieme. Avrebbe lasciato quella donna tra le braccia di un cannibale, che di lei si interessava sempre meno, che non la rendeva quasi più partecipe della sua vita. Una prigione, più che una relazione. Quindi… sarebbe davvero meglio? Nel finire, compie un altro passo verso la propria controparte. Gli sorride, amichevole, come con uno che conosce da tutta una vita, cosa che in effetti è. Lo guarda, due coppie di occhi nero pece che continuano a sfidarsi. Il sorriso muore, i denti mordicchiano l’interno della guancia. Non sa se funzionerà o no, ma si appella al sigillo dell’empatia collegato alla Hyuga per dirle pochissime, semplici parole, un pensiero appena mormorato [< Forse sono egoista, scusami. >] e pensato ciò, porta la lingua contro i denti, schiude le labbra e mira con sdegno giusto al centro della fronte del ragazzino dai capelli neri. Che lo abbia preso o no, gli comunica la propria risposta, come se non si fosse già capito < Non rinnegherò te, ma non rinnegherò nemmeno me stesso. >< Quando mi sarò preso, con le mie sole forze, quello che ci spetta di diritto torna a farmi visita che magari finiamo la partita. > E qui conclude, passandosi il dorso della mano lungo il labbro inferiore, per togliere le tracce del disprezzo dalla propria bocca.

A volte la strada che percorri contiene immagini da te create; a volte le persone che incontri le credi come vuoi che esse siano. Non trovi Azrael? Oblio ti osserva quasi estasiato mentre tu parli, cerchi di spiegare ed infine accetti che l’uno sia parte essenziale dell’altro. Sospira ma ormai non c’è più tempo, lo schianto è vicino e lui semplicemente si smaterializza lasciandoti cadere nel più torbido dei tuoi incubi, la dimenticanza della tua stessa esistenza. Solo quando atterrerai al suolo potrai finalmente riposare il tuo sguardo su quel ragazzino dallo sguardo demoniaco e dal sorriso angelico. Aspetta, ama, comprendi, accetta… questi sono i dettami che pian piano entrano nella tua testa e ti rendono partecipe di una scoperta che avevi davanti agli occhi fin dall’inizio < Allora puoi biasimarmi? Sto semplicemente sfruttando la lingua che entrambi parliamo meglio per renderti partecipe del mio pensiero. Azrael, io sono te, forse te lo sei dimenticato?> domanda con pacatezza il ragazzino < Tutto quello che faccio è per il bene di entrambi… io necessito di te nella stessa misura in cui tu hai bisogno di me. Il vero inizio sta nella fine> il capo viene reclinato all’indietro quel tanto che basta per permettere ad Oblio di osserva il nulla che vi circonda e che rende ogni tuo respiro più pesante, difficile <No, non sono sempre stato io… siamo sempre stati noi. Tu non sei qui in veste di quell’altra parte della tua essenza… tu sei qui come il risultato finale, come compromesso tra la tua vera identità> ed indica se stesso < e la tua personalità fittizia che hai creato come una maschera per celare ciò che sei realmente> e dunque indica l’universo che li circonda e sovrasta la loro stessa presenza, quella di due Dainin . Solo dopo aver risposto alle precedenti parole dell’uomo si concede il gusto di osservarlo mentre fatica a rimettersi in piedi. Il capo viene nuovamente inclinato verso sinistra <Come è sempre stato e come sempre sarà. Non puoi tentare di estirpare te stesso dalla tua anima, è come scindere un atomo, non puoi provarci… è impossibile> sospira <innaturale> un breve attimo di silenzio che cala tra i due mentre la parte demoniaca del suo Io attende pazientemente che il nostro Jonin continui a parlare < E da sempre le persone si sono impegnate per farci male, tradirci…abbandonarci. Quante volte siamo rimasti soli con noi stessi, eh?> socchiude per un attimo le palpebre < Quanto abbiamo sofferto? Eppure ci siamo sempre confortati della presenza l’uno dell’altro> canini che giocherellano con l’inferiore <Tu…Tu non devi compiere le tue scelte in base a ciò che deve far sentire bene gli altri, per una volta… per questa volta. Prendi la decisione che è in grado di far star bene te. Abbia il controllo, sii fiero di te stesso ed abbandonati alla tua vera essenza. Noi siamo figli di chi ci ha creati e perché mai dovremmo essere più clementi con i peccatori che ci circondano? Non siamo forse noi ombre a permettere che questo mondo risplenda di luce? Non è forse questo il dettame che ha sempre permeato ogni aspetto della tua vita? Ritorna ad essere un’ombra, insieme a me> muove un semplice passo in avanti tentando di raggiungere Azrael ma immediatamente inclina il capo quel tanto che basta per schivare lo sputo dell’altro <Uh, sai qual è il bello? Siamo così…identici… che non mi stupisco nemmeno di questo> sorriso da carnefice che mostra la chiostra di denti affilato che spesso, troppo spesso, ha lacerato carne umana <Non ti ho chiesto questo… ti ho chiesto di accettarmi e di non ricacciare indietro quello che in te già esiste. Io non devo prendere il sopravvento, perché io ho già il sopravvento, basta che sia tu a non bloccare quegli impeti, quella rabbia che senti costantemente in te> annuisce appena alle sue ultime parole < Senza di me non raggiungerai mai la vetta, non ne sei in grado. Un’anima a metà non è in grado di raggiungere la perfezione, figuriamoci se è in grado di raggiungere il nostro obbiettivo. Oh mio caro Azrael tu trovi nella perfezione un blocco, un punto di arrivo che non ti compiace, vero? Tu la perfezione vuoi distruggerla, superarla, così da riscrivere a modo tuo questo termine, non è così?> ride, ride divertito dalla presenza dell’altro < Ci vedremo ancora, non temere… sarai tu a venire da me.> puoi parlare , muoverti, respirare… o almeno puoi provarci. Nell’esatto secondo in cui tenterai di reagire alla sola presenza di questo mondo ti ritroverai ancora una volta inghiottito nel buio. Ti risveglierai tremante nel tuo letto, sei sudato, pallido e due rivoli di sangue oramai secco hanno abbandonato le tue orecchie e si sono depositati alla base del collo. Ti sembrerà tutto un incubo, qualcosa di irreale i cui ricordi sfocheranno col tempo? No, rimarrà tutto vivido nella tua mente e se ciò non bastasse Oblio ti ha fatto un ultimo regalo. [Toc…Toc…Toc…]Il rumore del conta secondi rimarrà fisso nella tua testa anche se con una frequenza inferiore rispetto al sogno. No, non sarà così semplice dimenticarsi del maestro stesso della Dimenticanza. [Ambient personale GO!][Me vs Me – Spin off dell’Alba].[End]

00:33 Azrael:
 Resta in piedi, di fronte a lui, gli resiste in maniera a dir poco stoica, nonostante quello sia il mondo dell’Oblio e potrebbe squarciarlo e ricomporlo a ripetizione finché la mente non comincerà a cedere e morire. Lo ascolta e stavolta non gli risponde davvero. Tutto sommato ha detto cose che lo pungolano dritto nell’anima. Perché sacrificare se stesso per gli idegni… fondamentalmente è uno dei motivi per cui se ne è andato dal villaggio, le delusioni portategli dagli sciocchi che hanno fatto la scelta sbagliata al momento ancora più sbagliato. Chi ha tradito il clan, chi il villaggio, chi ci ha rimesso gli occhi in un assassinio. Tutti hanno, in maniera più o meno diretta, tradito anche lui. Tranne l’oblio, tranne il se stesso che ha di fronte. Su questo ha ragione. Ma sul fatto che il Nara dovrebbe abbandonarsi a questo assioma e fare della sua vita un vuoto fatto di solitudine forzata e di odio verso qualunque cosa non sia se stesso? No. Sicuramente non adesso. < È così. Io non ho un obiettivo assoluto, non mi basta essere l’individuo più potente che il mondo abbia mai visto, no. Io voglio cambiare il mondo, non diventarne uno stereotipo. >< Ci rivedremo per brindare un’ultima volte alle rive dell’Inferno e qualcuno dei due ci finirà. > Termina e poi giù, nel baratro. In un baratro da cui si sveglia, scatta seduto che è di nuovo sul suo letto, un mal di testa atroce, tipico del risveglio dai brutti sogni, ma come abbandona il busto e si riappoggia sul cuscino si accorge di quel che è annidato nel suo cranio. /Toc… toc… toc…/. Costante, continuo, basso. < Ti caccerò dalla mia testa a calci in culo. > sussurra, contro le stoffe del cuscino, prima di avvolgerselo attorno alla testa, nel vano tentativo di tamponarsi le orecchie. [end]

Trama: Azrael si risveglia all'interno del proprio incubo e per la prima volta fa conoscenza di Oblio. Kenbosho mostra ad Azrael un altro aspetto della sua stessa persona, un lato del carattere che per lungo tempo il Dainin ha mostrato anche al mondo circostante. Dopo un testa a testa verbale l'incubo finisce ed il membro dell'Akatsuki si risveglia con un piccolo regalino da parte di Dimeticanza.

Commento: Allora... partiamo dicendo che io ho iniziato la quest con ben tre motivi d'ansia ma devo dire di essere mediamente soddisfatto dell'ambient in se stesso. Per consigli o eventuali errori son sempre qui per imparare. Per quanto riguarda Azrael sono molto contento, l'ho visto coinvolto, particolarmente calato nella psiche del suo personaggio e durante la stessa quest ho visto una crescita ed una nuova comprensione che spero si potrà poi vedere anche nel gioco futuro del pg. Non posso assegnare punti esperienza in quanto il tipo di quest non li prevede ma comunque il mio è un voto sicuramente positivo. Spero tu ti sia divertito e spero di essere rimasto più o meno sui livelli portati avanti dalla nostra amatissima Kurona che è l'ideatrice della Saga. Beh detto questo enjoi

P.S.: fa quasi ridere che un novellino, genin e narratore dica ad un veterano, Dainin e Top Master " continua così!" ma concedimelo... mi sei piaciuto proprio tanto tanto.