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Il destino si fa avanti

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con Kurako, Kurona

Il destino riserva per gli uomini sempre qualche sorpresa, a volte sono buone, a volte sono cattive ma bisogna saperle accogliere e sfruttarle ed è quello che, molto probabilmente, sta facendo Kurona. Oramai sono un paio di giorni che si è stabilita nel Dojo dei Kami Kashin in attesa di essere ricevuta dallo stesso Mifune. Quest'ultimo è stato impegnato con alcune faccende importanti o, almeno, questa è la scusa usata con Kurona. Il meteo è soleggiato con qualche piccola nuvola a passare ogni tanto, una piccola brezza soffia leggermente per tutto il paese del fuoco. Kurona si trova nella sua stanza ornata nel più classico dei modi, tatami, tavolino al centro, cuscini su cui sedersi, porte di carta scorrevoli e tutte le pareti fatte in bambù; la stanza sulla destra invece è la camera da letto, spoglia a parte qualche mobile e il letto posizionato a terra con un paio di cuscini per rendere il tutto più comodo. Non vi è una cucina in quanto le viene portato il pasto in camera. Le guardie non le hanno permesso di girare per il Dojo fin quando non avesse parlato con l'antico araldo, un po' drastica come cosa ma necessaria per mantenere la segretezza del loro ordine sorvegliata 24 ore su 24 la ragazza resta in attesa nella sua prigione di piacere. Per fortuna questa condizione non dura molto; la porta principale va ad aprirsi mostrando la figura di un uomo anziano, barba e baffi lunghi, il volto scolpito dalle rughe, capelli sciolti di colore grigio, kimono bianco con una cintura nera sulla vita e una giacca grigia sulle spalle<Scusa l'intrusione ma è giunto il momento>commenta l'uomo entrando nella stanza e chiudendo l'anta dietro di se. I suoi passi sono lenti, un piccolo accenno di zoppicamento per poi andare a sedersi su uno dei cuscini intorno al tavolo<Io sono Mifune>e, finalmente, enuncia il suo nome alla ragazza. [Ambient chiuso]

17:20 Kurona:
  [Stanza] Sono giorni duri da affrontare, anche solamente in balia di se stessa e dei suoi soli pensieri. Sebbene s’affollino sulle pareti di carta come holic pronti a divorarla, cerca di lavarseli di dosso con il pressante presentimento che quella a cui è stata invitata sia l’ennesima trappola tesa dal padre. Quale masochista supposizione dovrebbe portarla a pensare di essere ancora artefice dei suoi passi? Le spalle molleggianti e composte si ritrovano abbassate sotto la rassegnazione di star mettendo in atto le mosse che ha deciso un terzo che sebbene sia sangue del suo sangue, non l’ha mai apprezzata ne riconosciuta come figlia. E l’ha usata, anzi, come si userebbe una pedina di majong per vincere chissà quale partita. Osservata come un foglio di carta che al primo “kai” è pronto a esplodere trascinando con se vita e oggetti, limitata a brancolare tra bamboo e pareti scorrevoli, tra un pasto e l’altro. E quindi sosta davanti al suo tavolino, con il viso rivolto ad una finestrella che dovrebbe dare sul giardino del dojo, dove ogni tanto passa qualche guerriero divino di ritorno da una ronda, o dove le pareti di carta scattano dando tonfi secchi, ma attutiti dalla morbidezza delle pareti stesse. Le labbra lasciate nel loro colore naturale, un rosso opaco, scurito dalla semplice pecularietà del suo sangue nero che ridisegna, di tanto in tanto, delle venette sul collo e sul mento, dando alla sua pelle la senzazione di essere frantumata come quella di una vecchia bambola di porcellana. Un po lo stesso effetto delle vene varicose, per intenderci. E’ arrivata, e con calma- dopo esser stata privata delle sue armi e invitata a metterle da parte per tutta la sua permanenza al dojo dei Kami Kashin, s’è lavata, vestita, riposata—ha consumato più di un pasto e più di una notte, prima di arrivare a questo punto. Ed ora? Ora sosta con quella smorfia austera perenne, seriosa- gli occhi che son scintille incandescenti e si muovon come scheggie di fuoco nel vuoto della stanza appena sente uno spostamento al di fuori delle pareti di carta. I capelli bianchi legati in una coda bassa, con un laccetto rosso cremisi che sosta tra le scapole dove i capelli, oscillando nel vento debole, carezzano l’osso sacro ed i fianchi, aperti in ricci poco omogenei. Gli hakama del medesimo colore dalle otto pieghe che riprendono i comandamenti del bushido, sono fermi ed ampi come una gonna, le si arricciano attorno alla vita, fasciando solamente i fianchi appena accennati, e le cosce, almeno della prima parte, ricadendo con rigorosa precisione oltre le ginocchia, fin sopra i tabi bianchi. La parte sottostante l’haori, ora poggiato solamente sulle spalle, è bianca ed ad incastro a lisca dentro la cordicella spessa e bianca che sovrasta il pantalone, a mo’ di cinturino. Le ginocchia poggiate separatamente, a cosce divaricate sul tatami, con le punte dei piedi rivolte verso l’interno e i talloni separati a formare una cuccietta dove i glutei possono posarsi comodamente. Non una posizione troppo femminile, nonostante la sua posa sia elegante e sempre raffinata. Sul tavolo son infilzati dalla punta i suoi quattro coltelli da lancio, dove una pietra cote riposa appiattita di lato, dando un pungente odore di ferro appena affilato all’aria. Non un fastidio per i samurai, si suppone, che dovrebbero saper rifare il filo alle loro armi piccole da soli—in teoria. Due ciocche di capelli che le incorniciano il viso, in balia del vento che trascina fuori dalla finestra parte del pulviscolo che ricopre il tavolo di riccioli microscopici e ferrei, trascinando, rubando quell’odore che aveva accumulato con tanta dedizione. Espira- sovrappensiero- potremmo quasi dire disattenta ma no, o non sarebbe Kurona. Le mani nude di lavori da metter in atto, recuperano il vecchio e utilizzato kiseru, che ricordiamo essere una pipetta lunga si e no venticinque centimetri, la quale possiede un bracerino minuscolo alla fine d’essa. Con due barattoli di rimpetto; uno per la cenere, uno con il tabacco speziato ai frutti di bosco, nello specifico, al lampone. Quando Mifune varca la stanza- essa non ne è interessata, come se fosse un normale via vai di Samurai che dialogano con lei, o si danno il cambio a far da guardia alla giovane donna, così cheta—così sorniona, che sembrerebbe che la sua vita non fosse quel pugno nello stomaco che realmente lei. Preme il tabacco con l’unghia del mignolo, issando gli occhi- silenziosa, fino a che un fiammifero non passa sulla carta rossa del suo pacchetto, infiammando la testolina di zolfo, permettendole di prender la prima, dolcissima boccata di tabacco da tempo. Mifune. Dovrebbe conoscere questo nome? Oh già- già! L’antico araldo. <Suppongo voi sappiate il mio nome--> Chiosa dolcemente, intercettando il suo sguardo con le pepite di brace. <I convenevoli sono per chi ha tempo di perder tempo, quindi mi domando Venerabile Antico Araldo- > E quella fumea dolce che scivola dalle narici in aria, in uno sbuffo taurino che così come s’affaccia curioso dal nasino a punta di Kurona, fugge codardo via dalla finestra, addolcendo l’aria, mettendo l’acquolina e un sapore invitante su quelle labbra di ciliegia. Certo è, che la tradizione nipponica non vorrebbe neanche vedere una donna varcare un dojo. Eresia! Un onna-bushin, è una giovanna d’arco ai tempi dell’inquisizione, sebbene le kunoichi hanno preso piede facilmente in quest’epoca narutiana, “LA” samurai non è parola che esiste, ne ora, ne mai. Lascia che la lingua catturi quel gusto tenendolo per se, lieve, eppure sempre così flemmatica e tranquilla. Pure dopo tre giorni d’attesa. <Cosa potrebbe mai volere un rispettabile uomo come lei, da una semplice donna come me?><Ho rinunciato alla mia Okiya, se è compagnia per i suoi uomini che cerca. Da molto tempo, per altro.> [Ck on]

Stanza in ordine a parte quei 4 coltelli conficcati nel tavolo dalla Kokketsu, coltelli oramai affilati e potenzialmente mortali ma niente di cui preoccuparsi alla fine, almeno per uno esperto come Mifune nell'uso delle armi e di tutto ciò che esso comprende. Le gambe piegate, i polpacci appoggiati sul cuscino, piedi diritti, mani posate sulle cosce e con lo sguardo fisso sulla ragazza. Un importante conversazione sta per avvenire in questo luogo, una conversazione che può cambiare Kurona stessa, il suo modo di pensare e di vedere le cose oppure indurla ad agire in modo che non avrebbe mai pensato prima ma cosa deve dirle di preciso. La mano destra si infila nel taschino uscendo un pacchetta di sigarette da 20, un colpetto sul fondo facendone uscire una che viene presa direttamente con la bocca mentre la sinistra prende l'accendino dall'altra tasca; un colpo, due colpi, tre colpi e alla fine la fiamma compare andando ad accendere la sigarette. Uno sbuffo di fumo esce dalla bocca del capo dei samurai, non chiede il permesso in quanto la stessa Kurona si dimostra essere una fumatrice<Brutto vizio il nostro>commenta tenendo la sigaretta tra indice e medio destro e osservandola<Eppure ci attira così tanto>fissa il rosso della punta, la cenere che si forma<Kurona Kokketsu o, se preferisci, Hanabutsuji>sa perfettamente chi è, conosce la sua storia e conosce lei ma non per fama, no, per qualcosa di più profondo e misterioso. Resta silente, non proferisce parola alcuna mentre la ragazza domanda il giusto, sapere, sapere, sempre sapere, tutti quanti fanno domande ma nessuno si ferma a pensare<Partiamo dal fatto che non sei una semplice donna. Se sei qui vuol dire che hai qualcosa in più degli altri>avvicina ancora la sigaretta alla bocca inspira, tira dal filtro consumando parte della sigaretta<La tua Okiya è qualcosa che non mi interessa>ancora una volta ferma il suo dire. Il tono è calmo, pacato, forse fin troppo per un uomo del genere eppure si sta prendendo tutto il tempo del mondo per dire ciò che deve dire<Quando i miei samurai ti hanno chiesto di seguirli, perchè lo hai fatto? Cosa ti ha spinto?>domanda legittima eppure di vitale importanza. [Ambient chiuso]

18:14 Kurona:
 L’haori posto sulle spalle che ogni tanto, sotto le leggere folate di vento estivo, s’issa e s’abbassa rimanendo in ogni caso incastrato sulle spalle sempre meno minute di Kurona, che le tiene abbassate e composte nella sua posizione. Con la delicatezza dei petali di ciliegio che cadono al suolo, facendone un letto di primavera, lascia che sia Mifune a parlare ora. A mettersi comodo, accendersi quella sigaretta e parliamo. Ma ne Kurona, ne nessun’altro potrebbe mentire dicendo che non sia lo stesso Mifune –uomo d’onore per gli occhi della illusionista- ad attirare occhiate torve camuffate dalla semplice atarassia di quel viso sempre serafico, sempre disteso, sempre tranquillo. Lo osserva. Dalle labbra, la sigaretta, il fumo che ne esce. E il suo dire sui cattivi vizi coltivati dall’uomo. Ora non è un segreto l’essere d’un samurai. Abbandonare desideri terreni, materiali e carnali, per crocifiggere la propria vita al voto della via del guerriero. Ma a lei non importa, a conti fatti, cosa le verrebbe in tasca a sgridar Mifune sul suo essere poco onorevole? No- no, che importa, torniamo alle sue labbra: Kurona silenzia per quanto lui possa parlare e rivelare di sapere forse troppe pagine e capitoletti che la maggior parte di quelli che la conosce ignora, compreso Yukio che a conti fatti, è l’uomo con maggiore potere in tutte le terre, dell’alleanza o meno. La lingua che preme sul fondo del palato, lasciando che il polso della dritta si ripieghi ad appoggiare con un limpido tintinnare il piccolo bracere del Kiseru contro il porta-cenere cilindrico. <…> Non che sia sopresa- dopo tutte le scottature che hanno passato la sua pelle, c’è ben poco che può soprenderla, quanto più forse, possono facilmente irritarla. <Un altro brutto vizio.> Chiosa in risposta all’anziano, attaccandosi come un filo munito d’ago al suo stesso discorso: Cosa l’ha spinta a seguire i suoi uomini fino al Dojo? La curiosità. Certo-certo- ma non solo, e probabilmente lo sanno tutti quanti. Dove potrebbe cercare informazione su suo padre? Partendo dal fatto che l’unica cosa che sa di lui, è che è un abile utilizzatore delle armi e nulla di più. Non è neanche più così sicura che sia nativo di Ame, il villaggio del Dio Pain, dov’è sicura invece di esser nata. <Se però mi permette d’osar con le parole, il mio nome riecheggia solo tra le bocche che masticano l’arte dell’illusione. E tra le bocche che cercano le mie radici.> Osa- certo, forse è arrogante e scortese tra le linee, ma si pone sempre con un tono composto e cordiale. Lo mette alle strette perché chiaramente, torna nuovo l’esser riconosciuti oltre le mura del proprio villaggio. E da chi per altro, è così tanto distante dal proprio talento. Il bocchino del Kiseru s’affaccia alle labbra, lascia una sosta significativa, dove soppesa Mifune- i suoi comportamenti e le sue parole, e gli lascia il tempo di fare lo stesso con lei. Come due aghi su una bilancia. <Supponendo, Venerabile Mifune, che tra me e lei c’è un sottile e quasi impercettibile collegamento—potrei sentirmi al quanto irritata del fatto che voi, o forse terzi, abbiate deciso che è il caso di muover un avvicinamento. Conosco la via del guerriero molto bene—è la mia dottrina che m’ha insegnato a chinar il capo in vostra presenza, dato che sembrate tanto informato sulla mia persona- dovreste saperlo.> Essendo lei stata educata come Geisha. <Allo stesso tempo, se mi conoscete, sapete che non faccio niente per niente. Dovessi muover un passo verso una direzione, dovrei sapere prima di tutto: Chi, perché, cosa; offre quella direzione.> I denti sul boccalino, tintinnano e storpiano appena le parole che le escono dalle labbra, issando gli occhi ad incontrare nuovamente quelli di Mifune. Interrogativa. Dubbiosa e—più pericoloso tra gli stati, sotto un presentimento minaccioso.

L'acutezza della ragazza non è da sottovalutare, con le sue parole si insidia tra i pensieri dell'antico araldo come una serpe, cerca a smista nella sua mente attaccandolo con armi sottili e letali allo stesso tempo, mettendolo alle strette ma tutto questo funziona? Può darsi ma sottovalutare il proprio avversario è la prima cosa che non bisogna fare, mai si può sapere cosa ci riserva il destino; forse è un qualcuno di immensamente più abile, sia con le armi sia con le parole, qualcuno in grado di rigirare ogni frase a suo piacimento riuscendo ad arrivare nel punto da lui scelto. Questo è Mifune, questo è il capo dei Kami Kashin. Per coloro che sanno è un impostore, un pazzo e un criminale; per gli altri una guida da seguire, un maestro a cui dar ragione ma entrambe le fazioni concordano che è un uomo intelligente, abile e di certo non uno stupido o mai sarebbe arrivato a prendere il controllo di tutti i samurai con tanta maestria ed efficacia e, soprattutto, senza dare nell'occhio. I più lo conoscono come il vero Mifune, l'unico vero successore dell'antico vissuto anni e anni fa<So perchè sei qui, è vero>fuma, tira ancora da quella sigaretta ancora intera, la punta assuma un colore rosso fuoco<Ma voglio sentire le motivazioni uscire dalla tua bocca>già, un desiderio? Un dovere? Perchè vuole questo? Solo andando avanti le motivazioni potranno venire allo scoperto, solo in questo modo<Però, il tempo è prezioso di questi e sprecarlo non è da me>posa la sigaretta nel posacenere lasciando che il fumo si sollevi in aria rendendo tutta la stanza una vera e propria cappa, un dolore fisico per i polmoni<Le donne sono una distrazione, per questo motivo i samurai sono tutti maschi, così come vuole la tradizione ma, devo essere franco? Io me fotto delle tradizioni>avvicina il capo in direzione di Kurona nel dire suddetta frase per poi tornare composto. I gomiti vengono appoggiati sul tavolo, la destra si allunga andando a prendere uno dei coltelli; lo rigira tra le dita con grande maestria<Io guardo il talento e le abilità che possono tornare utili a me e a tutto il resto della fazione. Questo è il motivo principale per cui ti ho voluta qui. Tu sarai il primo passo verso una nuova era per i samurai; con te, molte cose cambieranno>un invito esplicito accompagnato da un informazione implicita. [Ambient chiuso]

18:58 Kurona:
 I denti serrati attorno al boccaletto, scivolano via per lasciare che le labbra s’arriccino sullo stesso, piene, color delle ciliegie in piena stagione. Lascia che Mifune prenda lo spazio necessario per esplicare i suoi concetti e le sue motivazioni, rinnovandole la domanda posta inizialmente. Eppure, non è da Kurona esporsi così tanto. Partendo dal presupposto che non ha mai espresso ad alta voce il desiderio di ritrovare suo padre, o l’intento anche solo, di cercarlo e ucciderlo con le sue stesse mani. Inspira con la bocca, portando il bracerino a sfrigolare per l’aria che filtra tra i piccolissimi pezzi di brace dal color che va e viene ad intermittenza. Rosso, ancora grigio, nero, marroncino. Man mano che il fuoco divora il tabacco, consumandolo e lasciando un alone di bruciato sulle pareti, lei ascolta e aspira, tenendo il volto chino in direzion del tavolo. La nuca coperta dai capelli color del latte, così morbidi come la seta e tanto ondulati da esser solo appena gonfi –risultano avere la classica forma francese, lisci in cima al capo, e sempre più ricci man mano che scendono- . <Mhnm..> Le labbra premute tra loro, sul boccaletto, fanno da finestra su una nube densa che si distende colando sul tavolo e scivolando via, come il fungo di una bomba nucleare. Brontolano le labbra, non è disapprovazione, ne tanto meno approvazione, ma solamente un punto semplice alle sue curiosità che Mifune ha depistato talentuosamente, si, ma non abbastanza da sparger fumo negli occhi a Kurona che tuttavia, ha limato la sua arte addosso al raggirare, sedurre, falsificare, sotto ogni singolo aspetto esistente nella mente di un uomo. Espira furiosamente, secca, rialzando il capo che prima s’era chinato ad ascoltare le parole di Mifune. Una nuova Era di Samurai, lo immaginate? Sarebbe carne sotto le mani dei Samurai, avrebbe un solo voto, un solo obbiettivo per tutta la vita. Forse andrebbe incontro ai desideri stessi del padre, forse anche questo è pianificato. Allora lui ora, cosa si aspetterebbe da lei, con esattezza? <Potrebbe portare molte disapprovazioni..> La voce atona, rimane di una sola sfacettatura, tradisce l’affogare tra i pensieri quasi—costantemente. E’ difficile muoversi quando sai esattamente di essere nella posizione che qualcuno ha scelto per te. Ti senti poco vivo. Poco umano. E’ una morsa che ti si attanaglia allo stomaco e non ti lascia andare neanche sotto suppliche. <Tuttavia, anche io me ne fotto.> Spiffera modulando il tono ad esser basso quanto basta per rivolgersi intimamente a Mifune, la schiena dunque si rizza, disegnando una morbida curva tra le grinze dell’haori. Allora- è arrivato il momento d’arrivare al dunque. <Mi stai dicendo- dunque, che per te è giunto il momento di portare i Kami Kashin in direzione di una nuova via?><Dove vorresti arrivare?>

Finalmente siamo giunti al momento d'oro di tutta la giornata, il motivo per cui Mifune ha scelto lei come primo membro donna dei samurai ma perchè lei? Cos'ha di così tanto speciale rispetto agli altri? Al mondo ci sono tanti ninja in grado di usare le armi al pari di lei e forse anche ti più ma come certe domande non vengono poste ora che può farlo? Perchè non dire tutto quanto? Forse si sta entrando troppo nella privacy, sta mettendo piede nei sentimenti della ragazza senza chiederle il permesso. Lo capisce, capisce ogni cosa da lei provata in questo momento, sa perfettamente il motivo per cui ella si è presentata da loro, infondo, come detto in precedenza, non è un uomo stupido e la sua intelligenza non va discussa, nemmeno per gioco<Capisco>abbassa il capo andando a riprendere la sigaretta dal posacenere per portarla alla bocca. Il filtro nuovamente tra le labbra mentre inspira il fumo per poi buttarlo fuori successivamente, sia dalla bocca che dal naso<Tuo padre aveva previsto il tuo arrivo>uno dei due prima o poi doveva la prima mossa ma, a quanto pare, è stato costretto Mifune<Ma non sei ancora pronta a parlare di lui e, di conseguenza, non sei ancora pronta a sentirne parlare>un discorso saggio il suo alla fine e per il momento evita il discorso senza riprenderlo finché non sarà lei a volerne parlare. Ma, tornando al discorso, si è giunti al momento cruciale, capire i veri piani dell'antico araldo, piani non segreti ma ambiziosi<I samurai sono abili ma non abbastanza forti, per questo ho cominciato a reclutare anche coloro che sono in grado di usare le arti dei ninja, proprio come te>si schiarisce la voce voltando lo sguardo verso la Kokketsu. Il fumo gli viene sbuffato in faccia, non apposta ma solo perchè ha inspirato ed espirato in quel momento<Noi siamo una "setta" segreta, agiamo nell'ombra ma perchè? Perchè non possiamo avere gli stessi diritti dei ninja? Voglio tornare nella nostra patria, il paese del ferro, e farlo diventare uno stato a tutti gli effetti come Konoha, Kiri, Kusa e tutti gli altri. Voglio ciò che ci spetta. Questo è il mio obiettivo ma per farlo devo rivoluzionare il nostro ordine e tu sarai il primo passo verso questo nuovo regime e forse, avrai una possibilità in più contro tuo padre>un attacco psicologico poco marcato ma molto forte, preciso, sa dove mirare e sa cosa colpire. La mano va a infilarsi all'interno della giacca grigia estraendo una wakizashi per poi posarla sul tavolo<Questa è l'arma del nostro ordine. Nel momento in cui le tue mani toccheranno la sua elsa, sarai una di noi e io ti presenterò agli altri>e solo dopo aver detto questo va ad alzarsi ritornando in piedi iniziando a dirigersi verso la porta con il solito passo lento<So che farai la scelta giusta>non resta con lei, non aspetta che le sue mani si posino o meno su quell'arma. Esce dalla stanza senza battere ciglio o dire parola alcuna. [END]

Kurona segue il suo destino arrivando dai Kami Kashin dove la ragazza accetta di farne parte.

Note: Piccolo ambient di entrate nei Kami Kashin per Kurona. Niente px