Giocate Registrate

Giocate Disponibili
Calendario
Trame
Giocate Registrate

- Una tela da dipingere, un cuore da riempire -

Free

2
0
con Chie, Kaori

16:16 Kaori:
  [Centro] http://static.tumblr.com/6dfb5a8706529eda0ba0441309837bc4/gaqs6c8/LAco7wu1r/tumblr_static_38l5nbwlnqg4skcws4k8g8ws0.jpg

16:16 Kaori:
  [Centro] Caldo. Un sole caldo e luminoso brilla in un cielo terso e privo di nubi. Un azzurro straziato dai candidi e accecanti raggi di una stella in perpetua combustione che illumina la Foglia sotto di essi. Una brezza leggera di tanto in tanto alleggerisce quest'aria estiva rendendola meno calda, meno pesante. E' una giornata serena a Konoha, almeno in apparenza. Kaori cammina nervosamente, tesa, guardandosi attorno con attenzione. Quanto accaduto la sera prima rimbomba ancora terribile nella sua mente: la visione dei primi quattro Hokage che risorgono dal regno dei morti col solo scopo di distruggere la Foglia le chiude la gola causandole violenti conati di vomito. Non ha mangiato, oggi, troppo nervosa, troppo preoccupata. Sa che la sua ronda è inutile, futile, considerando le sue scarse capacità da neo genin, eppure non può certo fare a meno di camminare, muoversi, nel disperato tentativo di tenere la situazione sotto controllo. Almeno vorrebbe essere presente se dovesse accadere qualcosa così da cercare di salvare qualcuno. Anche solo una vita risparmiata avrebbe dato senso alla sua eventuale morte. Sospira avanzando per le vie polverose della Foglia mentre un nuovo soffio di vento le scuote la chioma viola alle spalle. Una alta e lunga coda ondeggia smossa dietro la schiena dritta coperta di un coprispalle nero e di un corsetto del medesimo colore. Alla vita una cintura scura tiene su un paio di comodi shorts bui mentre gambe e braccia sono rispettivamente coperti da alti stivali ninja e guanti dalle placche metalliche cucite sui dorsi delle mani. Il coprifronte della Foglia spicca legato attorno alla sua gola mentre alla cintura è legata una tasca porta oggetti bianca. A completare il suo abbigliamento v'è solo un porta kunai legato attorno alla coscia destra, là dove pende nervosamente la sua mano pronta ad agire in qualsiasi momento. Il chakra è stato già impastato prima di uscire di casa tramite quel procedimento ormai consolidato nella mente della genin; avrebbe difatti lei richiamato all'interno del suo corpo le proprie energie dividendole in due fonti ben distinte e separate: quella fisica e quella psichica. Le avrebbe radunate all'altezza del petto sentendole vibrare e scorrerle dentro con forza, con vitalità in un moto circolare e vorticoso al termine del quale avrebbe unito le mani a formare il sigillo della capra. Quel gesto avrebbe lasciato che le due energie non solo s'incontrassero ma che si fondessero in una unica nuova forza conosciuta universalmente come chakra. Lo stesso chakra che ora dovrebbe star circolando nel suo keirakukei con prorompente energia. Si ferma Kaori dinnanzi un fioraio, lo sguardo a scivolare casualmente su alcune piante dalle foglie verdissime e larghe, piccoli fiori bianchi a ondeggiare al minimo cenno di vento con fare leggero, candido, emanando un profumo selvatico e fresco che sa di pace, di semplicità. Si avvicina di qualche passo fermandosi dinnanzi l'espositore esterno, sfiorando appena una delle foglie di quella pianta di cui ignora il nome. La trova bellissima nella sua semplicità, nel suo offrire dei fiori così piccoli ma belli e ne rimane colpita. Anche in una situazione di crisi come quella può esserci qualcosa di così genuino a vivere intoccato. [Tentativo Impasto]

16:52 Chie:
  [Soffitta] Una giornata inaspettatamente dinamica quella della salamandra- una mattinata passata in un soffio di polvere in una soffitta al limitare del centro di Konoha- dove in lontananza, al di la dei tetti colorati, si vedono i volti più importanti della storia. O quasi. Preso e gettato nuovamente in pasto ai lupi- tra gli ANBU senza neanche dargli il tempo di riassestarsi nel suo nuovo ruolo- nel suo nuovo nome, nella promessa tatuata sul viso di ritornare tra le fila di Oto qual'ora questa risorgesse dalle ceneri. Non gli piace stare qui- non che abbia una famiglia, non che abbia qualcosa a cui attaccarsi per piangere delle reali perdite; effettivamente, pensando a lui, dovremmo vederlo come un soldato senza briglie- un soldato senza nessuno a cui rispondere, nessuno che si palesi come suo padrone e ne imponga dei comandi. Tuttavia- Oto è tutto quello per cui è nato. E rendere vano persino questo, sarebbe una sciocca scelta. I capelli argentei tirati indietro, appena, fanno capolino dalla maschera in ceramica che gli è stata data in dotazione all'entrata degli anbu- porta dei disegni tipici nipponici, minimalistici, i tratti di un gatto da uno sguardo ferino- aggressivo, quanto freddo e statico, dei colori nero, blu e rosso. E sotto l'immancabile divisa ANBU- di una canotta che segna poco i lineamenti del petto e del busto, con gli spallacci rinforzati in ferro, a far capolino su pantaloni grigio scuro, ad un passo dal nero, tipici da shinobi, con una benda bianca arrotolata sulla coscia come semplice riconoscimento. Altro riconoscimento- è il non possedere il coprifronte con se- non ne ha bisogno alcuno, facendo parte del plotone militare di Konoha. La spirale azzurra- solamente- sul braccio sinistro suggerisce il suo sesso- sempre che i cittadini ne siano a conoscenza. A sinistra; uomo. Passi cheti che si sciolgono assieme al calore di questa giornata- una menzogna limpida- sa quel che è successo al Vecchio Tempio, sa benissimo che il chaos si sta affacciando, sgretolando questi tre lunghi anni di pace che hanno lavato le lagrime a tutte le terre colpite dalla ribellione di Ryota e Kuugo. <--> Le labbra serrate oltre la maschera, girando l'angolo della piazza per allontanarsi- probabilmente verso i campi d'allenamento. Le mani che s'uniscono nel sigillo caprino, ed innescano la visione di quelle due sfere opposte, di diverso colore ed essenza, rimescolando una nell'altra e andando a nutrire -come fatto sta mattina- gli tsubo, che disegnano una rete capillare necessaria per le sue abilità fisiche- si lascia prendere da questa visione, lasciandosi sfuggire un sospiro rauco oltre la maschera e inavvertitamente- andando a cozzare contro Kaori, arrivando esattamente dalla parte opposta. Certo che- non ci mette violenza in quel semplice movimento, semplicemente, la urta e poi s'allontana ancora, chinando il viso mascherato a guardarla con aria austera- ma poi, la destra s'issa a pugno con il palmo rivolto verso la ceramica della gota corrispondente di quella maschera, muovendosi più di una volta verso l'esterno. "Scusami". Detto nel linguaggio dei segni- però. Ed è probabile che di questi tempo gli shinobi sappiano tutto, men che questo frivolo dettaglio. [Impasto]

17:07 Kaori:
  [Centro] Un odore pungente di fresco e candido viene dai vasi esposti in quella sorta di scaffalatura va ad insinuarsi prepotente fra le narici della kunoichi. Giunge al suo cervello risultando particolarmente intenso, a tratti fastidioso nella sua forza. Eppure Kaori non si scosta, non s'allontana da quel punto, ricercando forse nella incontrovertibile semplicità della vita rappresentata da quei boccioli colorati la determinazione a non farsi abbattere da quanto accaduto recentemente. Anche se la situazione par disperata e impossibile non può certo arrendersi ancor prima di iniziare: sapeva che divenendo un ninja avrebbe potuto trovarsi ad affrontare le situazioni più difficili, più impensabili ed ha ugualmente deciso di andare avanti per la sua strada. E' una Hyuga e in quanto tale non può tirarsi indietro. Meglio una morte onorevole che una vita da vigliacca. Stringe appena i pugni, sospirando, nel notare una ape posarsi fra i candidi petali di un fiore dalle sfumature azzurrine prima di sentirsi poi urtare da qualcosa di piuttosto massiccio. Un corpo, senza dubbio. Sta quasi per perdere l'equilibrio e finire addosso a quelle piante ma l'istinto naturale di aprire appena le braccia verso l'esterno glielo impedisce, riuscendo a farla rimanere in piedi e a ritrovare un nuovo bilanciamento. Si volta immediatamente a vedere cosa -più probabilmente chi- le sia finito addosso, ritrovandosi dinnanzi una chioma argentata dal viso nascosto da una maschera. Se non sbaglia quelle maschere contraddistinguono le squadre speciali anbu dai normali ninja. Non dice nulla la figura senza volto, ma fa dei gesti con la man destra che non riesce proprio a comprendere. <Va tutto bene?> domanderebbe Kaori fissandolo con fare incuriosito, aggrottando di poco le sopracciglia per cercare di capire quello strano gesto con la mano. <Ti serve aiuto?> domanderebbe una seconda volta inclinando appena il capo, la chioma violacea a seguire quel minimo movimento scivolando lungo la sua schiena, ondeggiando nel vuoto alle sue spalle. [Chakra: no]

17:27 Chie:
  [Centro] Come sospettava- del resto Akuma non è il tipo da potersi pensare affranto perchè qualcuno non lo capisce. Esattamente- non prova nessuna emozione di sorta. Forse, e dico forse, dovrebbe essere eccitato per la sua entrata nella squadra speciale al servizio del Nono Hokage- proprio ora che il tutto sembra mettersi sotto sopra e gli ANBU- così come i ninja normali al servizio del paese del fuoco, si ritrovano a fare ronde intense e particolarmente più fitte del solito. Akuma come Kaori- due semplici genin dalle abilità forse, non troppo differenti. Abbassa nuovamente lo sguardo verso di lei, i suoi movimenti, maniaco dei dettagli e di tutto quello che possa dargli un briciolo di lei. Anche solo un povero lembo della sua essenza. No- non gli importa concedersi ai sentimentalismi con quella che ad occhio e croce, identificherebbe senza alcun problema come donna di giovane età. Gli occhi che paion pepite d'oro oltre la fessura della maschera, si assottigliano e dilatano più volte. Visto dall'esterno, sembra per qualche istante non comprendere il linguaggio di Kaori, ma fortuna vuole che non sia anche sordo, oltre che muto. La sinistra s'abbassa sul petto, oltre le striature della stoffa grigiastra della sua divisa, lisciandole con un solo passaggio fugace. Il capo ordunque si muove, da un lato, poi dall'altro, in un chiaro cenno di diniego. Non ha bisogno di aiuto. E la mano sinistra che prende proprietà di un taccuino vecchio e oramai ingiallito, gli da la possibilità di scrivere veloci e poco chiari kana diretti alla giovane Hyuga. "Sono rammaricato per averti urtato." E' una scrittura tremolante, indecisa ed ogni tanto gli occhi rivelano falle- falle enormi nella scrittura, come se non si ricordasse bene quale kana vuol dire cosa. Le labbra si addolciscono, poi- invisibile scempio nascosto continuamente dalla vergogna di Akuma stesso. Le scaglie di serpente che gli disegnano le labbra di cangianti sfumature, scivola l'una sull'altra, andando a infondere un'effimera-minima quantità di chakra nelle ghiandole poste alla base della gola, intensificando l'apporto dello shi no chi alla sua epidermide, facendo si che la stessa si ricopra- frutto del veleno trasportato nel sangue stesso di Akuma- di una patina dello stesso, chiaramente invisibile ad occhio nudo, poichè in realtà la tossicità del contatto del Doku e sempre e costantemente attiva-. La destra che ha mostrato quel messaggio a Kaori, riprende a scrivere molto brevemente: "Non dovresti stare da sola. Dov'è il tuo team?" [CK ON// 1/15][Arte del Veleno I]

17:45 Kaori:
  [Centro] Non sembra aver bisogno d'aiuto; il capo vien scosso appena a rispondere a quella sua domanda prima che le mani vadano a cercare, all'interno dei semplici abiti da ninja, qualcosa che Kaori non immaginerebbe. Non che si stesse aspettando veder l'altro estrarre un'arma o qualcosa di simile, ma sicuramente non si sarebbe aspettata un taccuino per scrivere. Lo osserva confusa, curiosa, col capo appena chinato verso la spalla sinistra osservando i lineamenti altrui per quanto le concede la sua divisa. Alto, molto alto per essere una donna considerata l'assenza di tacchi ai piedi. Il crine è corto, argenteo, dal taglio tipicamente maschile così come le vesti che ha indosso. Ritorna ad alzare le iridi verso le altrui mani quando il taccuino vien volto in sua direzione, una scrittura incerta ma abbastanza comprensibile a chiederle scusa per quel piccolo incidente. Lo sguardo della Hyuga s'alza a ricercar il suo sebbene tutto ciò che può vedere son iridi dorate dietro una maschera piuttosto decorata a mo' di felino. <Non preoccuparti, figurati> cercherebbe di rassicurarlo con un sorriso gentile ad increspare quelle labbra rosee, sottili. <E' anche colpa mia che stavo ferma come un'allocca in mezzo alla strada> la voce dolce come il cinguettio d'un usignolo, il canto candido di un'anima innocente, così tremendamente inadatta a questo mondo così caotico e violento. Non può ovviamente vedere tutto ciò che avviene dietro la copertura di quella maschera caratteristica della squadra ninja d'elite della Foglia, perciò rimane appena perplessa da quel silenzio che si viene a creare per pochi secondi prima che l'altro le ponga una nuova domanda, scritta su quella carta ingiallita ma ancora utilizzabile. <Non ho ancora un team> rivelerebbe lei facendo spallucce, le labbra incurvate in una smorfia leggermente scomoda. <Ma non posso comunque evitare di controllare che sia tutto a posto qua in giro> aggiungerebbe con un sospiro voltando ora lo sguardo lì attorno, quasi ad abbracciare la gente che passeggia lì accanto ignara della sua preoccupazione, del suo desiderio profondo di proteggerli. <Non che possa fare qualcosa per fermare questa situazione ma...> un sorriso amaro e sardonico sulle labbra candide, lo sguardo teso fisso ora sulla maschera altrui. <faccio quel che posso in ogni caso>. Le spalle vengono di poco sollevate, un alito di brezza le carezza il viso mentre le mani vengono portate entrambe dietro la schiena, le dita ad incrociarsi fra loro con fare semplice e pratico. <E tu? Come mai da solo?> domanderebbe dunque cercando di ignorare quel suo silenzio, quella sua -forse- incapacità a chiosar parola. Non sa come mai l'altro preferisca scrivere piuttosto che parlare, ma non desidera chiederglielo. Non vuole essere invadente, non scortese. Se anche non fosse capace a parlare, per qualche motivo, non crede che questo dovrebbe renderlo meno normale o capace di chiunque altro, per cui perchè rimarcare tale condizione con una domanda? [Chakra: on]

18:14 Chie:
  [Centro] Il chakra bagnato come la punta di un pennello dentro a quelle ghiandole velenose- che lo contraddistinguono come essere dalla catena genetica macchiata da i kami solo sanno quale bestia antica. Le labbra si ripiegano in silenzio, trovandosi ad osservare Kaori come se fosse un quadro- una finestra su un altra terra ai tuoi occhi sconosciuta. Ed infatti- lui si ritrova li, a spiarla con attenzione minuziosa, oltre i bordi rossi e puliti degli occhi felini disegnati sulla ceramica che gli ricopre il viso. Una linea di vento issa le foglie secche dell'estate che oramai, passeggia verso il termine della sua passeggiata, gli penetra la divisa dove una patina di sudore lieve- troppo lieve- gli imperla l'incarnato, spifferando infame una giornata di allenamenti non terminata alle orecchie di Kaori. Diviene vezzo per quella carne, obbligato a contrarsi per il fastidio, la muovere un suono con la lingua che da tanto- non emetteva. La lingua che pigia sugli incisivi e improvvisamente, scatta verso il basso facendo rimbombare sul palato uno scocco acuto. <Tch!>. Oh ma lui, lui è curioso ma non così sfacciatamente da permettersi di esternarlo, abbassa il capo a guardare Kaori, così piccola e candida, dal sorriso innocente che lo lascia- come dire? Perplesso. Cos'avrà da sorridere? E poi- che le importa di proteggere le persone di Konoha. Aku- proprio non ci arriva al cuor di miele che possiede la giovane hyuga e quasi, per un istante, si cruccia. E' una sensazione lavata via in un istante, così com'è arrivata, fugge come un treno in corsa, lasciando che assieme al chakra, il veleno si spanda per ogni lembo di pelle, mani, braccia, viso, dita. E gli avambracci spessi, dalle vene ramificate in superficie, di un color gonfio e rosa, pallido- ma non curato, anzi. "Io devo tornare a fare rapporto." Spiegano i kanji che paiono la sciocca scrittura di un bambino, sulla carta ingiallita e vecchia. "Poi dormo." Che uomo noioso, non è vero? Eppure la sua vita si riduce al minimo necessario per sopravvivere. Mangia. Presta servizio. Dorme. Non c'è altro da fare nel corso di una giornata. Non c'è altro che possa solleticare il suo interesse, forse, chiamarlo in causa. Un sospiro sonoro si lascia sentire oltre la maschera, finendo per far ricadere il taccuino nella tasca della divisa ANBU. La sua posizione eretta, composta- ma non è militaresco, per niente. Ogni tanto, abbassa le spalle ricurvandole appena verso l'interno. E' difficile socializzare, non è vero? E per questo, che forse, sbuffa e sospira, sbuffa e sospira come se ci fosse una vena di frustrazione, in lui. Ma poi-- gli occhi che scivolano su dei vasi che pendono verso il basso. E' la destra, nodosa e spessa come si vorrebbe ad un combattete di primo fronte, che s'allunga a raccoglier lo stelo di qualcosa su cui i raggi si poggiano, come petali in primavera. Eppure- è un fiore così fuori luogo, questo. Una stella alpina, bianca, debole- e così forte da sfidare la neve. Si limita ad abbassarlo verso il suo viso, dal gambo fine e l'odore forte, dolce come la magnolia, inspira e tra pollice e indice, spezza in uno *stock!* ovattato il gambo. I suoi movimenti così lenti, così serafici. <Co--> La voce rauca e bassa, sembrano rumori che non possono uscire dalle sue labbra. E lui, lui non riconosce la sua voce. <Ra-ggio.> "Coraggio", ecco cosa vuol dire la stella alpina. Ed ecco, cosa vuol dire la volontà di fuoco, cosa di cui lui è sprovvisto, arrivando dalle terre del Sannin più temuto di tutti i tempi. La dritta s'estende verso Kaori, da quella maschera di porcellana da cui esce una voce- una voce confusa e gracchiante, bassa. E s'estende come goffo dono. <Ha-i--pa-> .. <pa--ura?> Della guerra. Di quel che sta succedendo, di quel che li circonda, sempre- non c'è pace per questo mondo, non c'è pace per nessuno, per nessuno.

18:14 Chie:
  [Centro] [CK ON//2/15][Arte del Veleno 1]

18:44 Kaori:
  [Centro] Quelle parole scritte dall'altro portano Kaori a trovarlo quasi... candido. C'è qualcosa in quel semplice dire, riassumere la sua giornata che la intenerisce. In particolare quel suo dormire così presto dopo un rapporto ai suoi superiori la colpisce. Anche lei è solita rincasare presto la sera per potersi assicurare una buona notte di sonno, ma prima di coricarsi fa sempre qualcosa. Che sia un altro allenamento od una passeggiata per la città. <Beh spero che mangerai qualcosa prima di dormire. Una buona alimentazione è importante per essere sempre in forma> direbbe lei alzando lo sguardo ora dal taccuino alla maschera altrui, l'espressione gentile e cordiale di sempre a distorcere i suoi lineamenti giovani, freschi. Piccole nozioni base apprese in ospedale, lavorando al soldo di ninja più esperti che, di volta in volta, le offrono nuovi insegnamenti per accrescere la sua cultura, il suo sapere. Non che comunque ignorasse l'importanza di un buon pasto giornaliero, insomma, è qualcosa che i genitori insegnano da sempre ai loro bambini, fin da piccoli. L'altro pare quasi a disagio: dalla sua bocca fuoriescono sospiri e sbuffi, strani respiri che portano la kunoichi a fissarlo sorpresa, le labbra appena schiuse con fare sorpreso. Ma è qualcosa che dura solo qualche attimo prima che egli si chini ad afferrare con particolare cautela un fiore dal suo gambo, staccandolo con decisione ma eleganza dalla sua radice così da poterlo alzare e tenere nella propria mano. Un fiore bianco, candido, dai petali sottili e simili quasi alle punte d'una stella. E' solo a quel punto che, tenendo quel fiore fra le dita, andrebbe a chiosare per la prima volta, verbo. Kaori distoglie lo sguardo da quella pianta per porlo sul volto altrui, sebbene nascosto da quella maschera di ceramica. Schiude le labbra sorpresa, colpita, sbattendo un paio di volte le palpebre mobili. Pensava l'altro non potesse parlare eppure a quanto pare s'era sbagliata sebbene la sua voce paia insicura, roca come non fosse abituata ad uscire da quelle labbra sconosciute. Un sorriso intenerito increspa il viso di lei portandola a guardarlo con dolcezza, il fiore che le vien porto con ingenuo candore. <Grazie...> direbbe lei andando ad afferrare con la destrorsa lo stelo che le vien teso, lentamente, delicata, quasi avesse timore che un movimento più deciso avrebbe potuto farlo sfuggire via come un cervo nel bosco. <E' gentile da parte tua> aggiungerebbe gentile avvicinando il fiore al viso se fosse riuscita a prenderlo, l'odore che verrebbe catturato dalle narici ebbre di profumi diversi. <Io sono Kaori comunque. Kaori Hyuga> si presenterebbe lei rialzando lo sguardo su di lui, l'espressione innocente di sempre nelle iridi perlacee e così bizzarre. <Puoi scrivermi il tuo se non ami parlare. Non voglio che ti senta a disagio, sembra faticoso per te> proporrebbe lei candida, pura, non volendo in alcun modo metterlo in una situazione scomoda. Apprezza la gentilezza di lui nel parlare, ma è stato evidente quanto fosse per lui qualcosa di nuovo, di complesso da fare. O forse solo scomodo, chissà? La domanda dell'altro la porta poi a prendere un profondo respiro e sospirare poco dopo rigirandosi cautamente il fiore fra le dita. <...sì. Sì, ho paura> rivelerebbe lei stringendo appena le labbra in una linea sottile, dura. La verità è amara, brucia quasi sulla lingua accomodata in quel caldo letto nella sua bocca. <La situazione è delle peggiori e non sapere quando potrà tracollare ci lascia in uno stato continuo di tensione e ansia> sospirerebbe lei scuotendo appena il capo con fare rassegnato, scontento. <Ma non posso farmi fermare, no?> tenterebbe allora di dire cercando di farsi coraggio, di abbozzare un sorriso meno abbattuto, meno amaro. <Devo essere forte e determinata se voglio essere d'aiuto.> annuirebbe cercando di convincersi sempre più di quelle parole, le iridi perlacee a cercare quelle dorate di lui oltre la maschera sul suo volto. <Tu sei spaventato?> domanderebbe allora, dopo qualche attimo di silenzio, inclinando di pochi gradi il capo, verso la spalla sinistra, umettandosi le labbra rosee con fare nervoso. <Con questa maschera addosso è impossibile dirlo> aggiungerebbe infine con fare mite, quieto, curiosa di sapere cosa l'altro avrebbe detto o scritto in proposito. Sembra tranquillo visto che il suo volto è nascosto. Quella maschera inespressiva rende impossibile notare il timore o l'incertezza sui volti dei ninja, eppure anche loro devono provare qualcosa. Anche loro devono sentire la paura o il dubbio dentro i loro cuori. [Chakra: on]

19:09 Chie:
 Nonostante tutto il passato che riveste Akuma- si, effettivamente lui ha il candore dell'incoscienza di un bambino. Come defineremmo qualcuno che non capisce esattamente quello che sta facendo, o quello che dovrebbe fare? Lui effettivamente si sveste di onori e doveri, lasciando che sia una patetica marionetta nelle mani di qualcun'altro. Agisce- ma no, sarebbe sciocco supporre che non pensi affatto alle conseguenze, lui lo fa, ma si priva totalmente della responsabilità delle sue azioni. Dovremmo far gravare accuse su quel capo argenteo e scomposto, non sarebbe poi così candido, a partire dal fatto che il solo contatto con la sua pelle- con le sue labbra, con la sua saliva, potrebbe esser vitale per Kaori, o quasi. E a caratterizzare l'austera posizione data dalla maschera che perpetua sorride ad occhi schiusi con quel fare sornione del maneki neko, che rende impermeabile il suo essere. Forse deve, in qualità di ANBU non dar da mostrare niente in direzione dell'altra. O dei cittadini. Come starebbero se persino un ANBU tremasse di terrore? Loro, che sono i soldati scelti dal villaggio. Loro che si sporcano le mani per far regnare la pace, per portare le teste dei traditori del paese del fuoco? Rimane in silenzio- non uno sbuffo, non un rumorino- è quasi difficile parlare con lui e io lo comprendo, poichè è fatto di pause e silenzi immobili, dove non da nemmeno il minimo accenno vitale. Un uomo troppo poco affascinante per esser centro d'attenzioni, ma del resto, è stato fatto con questo specifico desiderio. Le parole di Kaori sono frutto di uno stimolo che gli invade il cervello, trovandosi ad abbassar le spalle e scoprire la nuca leggera e affusolata, in una linea morbida e pallida, che porta marchiato a fuoco il simbolo del villaggio di Oto no Kuni. Un'ex nota viola che con il decadimento del villaggio è venuta a prestare servizio qui, forse in cerca di qualcosa di nuovo, forse solamente temporanea. Non è un segreto che la grande guerra degli anni prima, ha raso al suolo la sua casa, come la casa di molti altri shinobi e samurai. E' la destra a muoversi per prima, recuperando con un cenno del capo che si reclina in avanti, il taccuino, ringraziandola silenziosamente di quella comprensione che non tutti gli hanno dimostrato. Anche l'ultima volta- il suo ritorno alla Magione Doku- è stato obbligato a proferir parola e rendersi patetico. Perchè tornare a casa, quando sei un reietto? Quando non vali assolutamente niente? Perchè appartieni a quel posto. E la risposta alle parole di Kaori, è tanto facile quanto disarmante. "Non ho ricevuto il comando di avere paura." Semplicemente- come una macchina, nato per eseguire gli ordini, non può provar paura se nessuno gli ha chiesto di farlo. E lui, dalle iridi dorate che colano dall'alto della sua posizione nel freddo color degli occhi della hyuga, non sorride, ne trema. Ne sembra avere qualche reazione che quegli occhi possano emettere. E' difficile- così difficile capire cosa gli passi per la testa. E si china ancora a proseguire; "Avere paura limita le tue prestazioni" E ancora, sotto. "Temere ti porta a pensare. E pensare troppo, farà fallire la missione." Un pensiero cinico- dovesse morire per la missione, lo farebbe perchè-- che altra motivazione avrebbe vivere, se non può prestare un servizio efficacie? Il foglio che si rigira sul lato opposto, emette quel suono di carta che s'accartoccia- ed eccolo di nuovo ricurvo con il suo pennino, a scrivere qualcosa. "Un ANBU non ha paura." ... "Se ci permettessimo di averla, chi rassicurerebbe gli altri shinobi?" Espira rumorosamente, il petto che si svuota e gli occhi oltre quelle fessure si fanno piccoli, serafici- così tranquilli, che sembra una presa in giro. Eppure- ha la sua dose di ragione. Se tutti si lasciassero andare al panico, chi porterebbe le redini delle missioni? "Io Ren."

19:09 Chie:
 [Ck ON 3/15][Arte del veleno 1][Mannaia me lo dimentico sempre]

19:35 Kaori:
  [Centro] Le parole che l'altro marchia a inchiostro su quella carta ingiallita, forse vecchia di anni, portano Kaori a fissare quei kanji con fare serio, confuso. Il modo di dirle come nessuno gli abbia ordinato di aver paura la scuote violentemente allo stomaco. C'è un significato quasi sinistro dietro quelle parole apparentemente così tranquille, così serene. Che egli si veda come una macchina? Una bambola priva di emozioni proprie? E' questo il primo pensiero che sfiora la mente della kunoichi i cui occhi si alternano fra la maschera candida dell'altro e quel taccuino che permette loro un dialogo. Sì, ha ragione. La paura può essere pericolosa, può arrivare a far cambiare le sorti di una missione, di uno scontro, persino di una guerra intera. Eppure... eppure la paura è anche un prezioso alleato. Senza la paura tutti si limiterebbero ad essere pecore incoscienti, tronfi ammassi di ego e arroganza totalmente ignari di qualunque pericolo. Non è forse la baldanza molto più pericolosa di una sana dose di timore? Naturalmente, poi, ogni eccesso conduce alla rovina, ma un pizzico di tutto non fa mai male. <Comando...?> domanderebbe lei alzando sol ora lo sguardo verso quello altrui, il desiderio di poter scoprire le forme del suo volto sotto quella maschera inespressiva e fredda. <Nessuno può importi cosa provare... Non è qualcosa che si decide di sentire. Succede e basta...> direbbe lei confusa, logica, fissandolo con una sfumatura di viva preoccupazione nelle iridi candide. <Cosa senti tu?> una domanda diretta, precisa, che non lascia adito a malinterpretazioni per quanto lei possa immaginare. Non crede sia davvero possibile che una creatura cosciente e pensante come lui sia totalmente privo di stimoli, emozioni proprie. Non vuole sapere cosa qualcuno gli ha detto -o imposto?- di provare, ma cosa lui senta. Cosa lui provi in quel momento. E perchè, poi? Neppure lo conosce, neppure sa il suo nome eppure sente di volerne sapere di più, di voler capire, volerlo conoscere. Cosa si cela dietro quella maschera, dietro quei brevi pensieri espressi in pochi miseri kanji. L'altro volta il foglio in un leggero frusciar di carta e, alle sue nuove parole, Kaori non può fare a meno di sentire una stilla di tenerezza in petto. E' forse premura, la sua? Desiderio di aiutare gli altri ninja? O solo una lezione appresa dai suoi superiori? E' difficile capirlo, difficile sapere bene cosa l'altro pensi considerate quelle parole così brevi, così semplici. Le labbra della kunoichi andrebbero ora ad addolcirsi in un sorriso gentile mentre la mancina, la mano che non regge la stella alpina, andrebbe a levarsi appena per sfiorare con le dita sottili la maschera di ceramica fredda sul viso altrui. Avrebbe voluto essere una carezza, un gesto gentile, ma non vuole essere indiscreta, invadente. Si limiterebbe a sfiorare quella copertura, quei fregi scarlatti a disegnar quel viso felino e tradizionale che al momento rappresenta il volto di questa persona, cercando con le iridi perlacee quelle ambrate di lui. <E chi rassicurerà te?> domanderebbe allora lei mentre un alito di brezza andrebbe a carezzarle la pelle candida, i capelli viola a ricaderle lungo la schiena dritta. <Non devi fare tutto da solo. Puoi accettare un aiuto se ne hai bisogno> mormorerebbe lei con le labbra ancor delineate in quel riso gentile, dolce, premuroso. Anche gli ANBU sono persone come loro e anch'essi hanno diritto a protezione, affetto, aiuto. Tutte cose che lei vorrebbe poter offrire ma che probabilmente non è ancora in grado di donare considerate le sue misere capacità. E' solo a quel punto che la mano verrebbe abbassata nuovamente così da lasciar modo all'altro di scrivere nuovamente poche parole. Solo due. Parole che fan sorridere la kunoichi, che la portano a osservarlo con candore. <Beh, è un piacere conoscerti, Ren.> direbbe sinceramente, il cuore un po' più leggero, il timore per quella crisi appena scoppiata lontano da lei, solo per ora, solo per un istante. Giusto il tempo di quel tramonto fiammeggiante alle loro spalle. <Immagino sia scomodo dover scrivere tutto il tempo...> mormorerebbe lei dopo qualche istante portando l'indice sinistro a poggiarsi sul mento, l'espressione pensosa in viso mentre le labbra andrebbero a storcersi con fare riflessivo. <Potresti insegnarmi il linguaggio dei segni! Dovrebbe essere più semplice per te, vero?> domanderebbe lei con una scintilla di vivo entusiasmo, la gentilezza del suo tono a carezzare il suo udito. <Beh, sempre che ti vada ovviamente> aggiungerebbe subito con una risatina imbarazzata, il labbro inferiore a venir morso leggermente dagli incisivi superiori con fare intimidito, impacciato, il timore di avergli appena proposto un fastidio più che qualcosa di utile o cortese. [Chakra: on]

15:50 Chie:
  [Centro] E’ inaspettato, si- forse per Akuma che non si è mai preoccupato di ricevere quell’accenno di calore da una figura che non sia se stesso- o effettivamente, non si è manco mai domandato cosa voglia dire provare questa sensazione. E’ come una carezza sul petto, calda- torpida. Dovrebbe sollevarlo? Eppure, in questo preciso istante dove Kaori, così pallidamente ingenua, s’avvicina a lui divorandone una distanza di sicurezza, tra il desiderio di scoprire i tratti dell’Anbu e guardare se il suo volto parla, a differenza di quella maschera fredda che lo isola- lo isola come se lui, componente del Lato Oscuro, fosse al di sopra dei sentimenti umani. Non si ritrae a lei,seppur quel calore mai conosciuto diviene automaticamente qualcosa di più simile al disagio. Non è un sentimento che manifesta, questo è vero, rimane immobile abbassando il mento per poterla controllare. Cosa sta facendo, la giovane hyuga? Le palpebre calano su quelle monete d’oro zecchino, lucenti, ma quasi sempre troppo lontane dagli occhi di chi le rimira, o forse celate sotto le palpebre che per buona parte del tempo rimangono calate in una sottile fessurina. Come in questo momento le ciglia corte e fitte color dell’argento si protendono verso il basso, dando a Kaori la vista esclusiva di quell’oro che ricorda gli Yakushi, ascolta quelle parole che coccolano la sua persona—facendogli [che sciocchezza!] supporre di essere più di quel che è. Sai cosa succede, quando cerchi di infondere più speranza in chi non ha mai neanche lontanamente cercato quelle parole? Negazione. Come la mano di Kaori, tra le parole, tra la dolcezza del suo viso che è miele sulle labbra di Akuma, sfiora la maschera di ceramica che gli è stata assegnata dal coordinatore che l’ha avvicinato ad esser uno shinobi scelto. Non sente niente. Sente solo la vibrazione delle dita che si muovono tanto vicine da far vibrare il materiale della maschera. Non sente alcun calore provenire da quella mano, non sente quelle dita scivolare- e per un secondo, una frazione sola, un barlume di gelosia e curiosità gli colora gli occhi socchiusi oltre quelle fessure adombrate dal tratto felino. Mentre il cielo si dipinge di quella colorazione rosea, s’increspa come un Aogiri in mano alle più eleganti delle Geishe, colorandolo come si farebbe come una tela bianca. E’ questo. Una tela che nessuno ha avuto il coraggio di disegnare ancora. O forse l’opposto, che hanno pastrocchiato un po tutti, tutti men che lui. Ricurva il capo elegantemente, come un fazzoletto di stoffa pallida, in direzione di quella mano. Come un gatto che preme la testa contro la mano del padrone- forse avido, di sentirne il calore attraverso la ceramica che le colora la pelle di uno strato gelido, ma sottile. <Nfh-> Sbuffa dalle narici, lieve, ma la lascia andare. Non la blocca. Non la tocca. Sa bene che l’avvelenerebbe anche solo sfiorandola. Le ghiandole che continuamente si gonfiano, fanno da filtro agli tsubo che emettono chakra velenoso, una rete capillare che gli copre ogni singolo lembo di pelle. Muscoli, epiderma, unghie. Pregna la saliva, le lagrime che rinfrescano gli occhi. Cosa le dovrebbe rispondere? Così patetico, con il suo taccuino. <N///nn-o.> Non è tanto un balbettare, quanto più uno storpiarsi di quel tono, della sua voce rauca. <N-h//non // bisogno—aiuto.> Come la voce di un sordo che è masticata a denti stretti. Come se non riuscisse ad emettere verbo eppure, a non farlo, se ne vergogna. Davanti ad una donna, poi- non è di sicuro un bel vedere. Deglutisce piano, issando la destra vuota formula dei segni in seguenza. Esattamente parlando, delle lettere composte con una mano sola, nei pressi del petto e del viso; <Pe//rchè//- > Pronuncia a denti stretti, chiudendo il palmo a pugno e disegnando un simil punto di domanda, spiegandole a parole cosa vuol dire questa sequenza di simboli. E in più, ponendole una domanda, anche piuttosto chiara. E’ come se avesse un impermeabile addosso, e questo far dolce di Kaori, non fosse del tutto recepito dal suo cervello. Perché vuole riuscire a parlare con lui, senza alcun problema? Lui- può evitarla. Oppure, può sempre impegnarsi a parlare, con questo scomodo sentore di apparire stupido. O effettivamente, di esserlo realmente. Si abbassa di poco, le spalle si ricurvano in avanti e se.. Se non fosse Akuma, sembrerebbe sul punto di baciarla. La pancia gli fa male e la testa, fischia ininterrottamente. <Ren// no bis-ogno di esse//re rassicura//tt-t – to. Muoio // per-il—m-mmio villaggio.> Come se fosse giusto. Come se anche Kaori, dovesse essere come lui. Lui si alza, mangia, combatte e dorme, ogni singolo giorno. Un fruscio di vestiti lo fa ricomporre, mentre la sinistra scivola in tasca e tira furoi un libricino minuto e sottile, dalla copertina poverosa e sgualcita, come le rughe di una vecchia signora. E sopra i kanji dicono chiaro: “Linguaggio dei Segni”. E’ vecchio, rovinato, ma oramai a lui non serve più. <Mh.-> Le fa cenno con il mento, protendendolo verso di lei. Prendilo, prendilo e basta.
[Ck ON 3/15][Arte del veleno 1]

16:26 Kaori:
  [Centro] Per un istante la genin teme quasi di aver osato un po' troppo in quel tentativo di sfiorare la sua maschera. Essa rappresenta ai suoi occhi un divisorio, una barriera fra lui e il resto del mondo, quasi qualcosa che possa proteggerlo più che nasconderlo. Eppure non ha potuto fare a meno di lasciare che le sue dita incontrassero quella ceramica fredda e dipinta, una carezza mai arrivata che vuol quasi offrirgli aiuto, compagnia. Vede gli occhi altrui al di là della maschera, appena visibili oltre quelle ciglia chiarissime ed eleganti, e avverte il suo capo muoversi appena sotto il suo palmo, quasi a premersi contro di esso. Le ricorda quasi un animale e non in un senso offensivo o denigratorio; le pare quasi una creatura curiosa ma diffidente, come quei gatti che scrutano tutto con attenzione schivando ogni contatto improvviso o sospetto. Non vuole spaventarlo, perciò rimane tranquilla, pacata, lasciando che quel sorriso gentile permanga accogliente sul suo volto giovane, candido, udendo infine quella voce incerta e rauca chiosar nuovamente verbo. La sua negazione porta Kaori ad osservarlo ancora, silente, colpita. In parte rassegnata all'idea di non essere nessuno per imporgli come vivere, cosa pensare, in parte convinta di doverlo aiutare a capire, a sapere che non deve necessariamente far tutto con le sue sole forze. <Mi sembri una persona così sola...> le parole escono così dalle sue labbra, impreviste, improvvise, assolutamente sincere in quell'attimo di riflessione. C'è qualcosa nel suo cercare di essere autonomo che la fa sentire tremendamente triste nel profondo. Allontanerà tutti da sé? C'è qualcuno cui è concesso di stargli accanto, sapere cosa prova dentro di sé? Qualcuno che possa capirlo anche solo per un movimento del capo, delle sue dita nervose e affusolate? <Non fa male?> domanderebbe lei assottigliando appena lo sguardo come alla disperata e sincera ricerca di una verità che un po' spaventa. Ricercherebbe in quell'oro liquido una risposta, una scintilla, un baluginio qualsiasi, come una sorta di scarica vitale in quel suo essere così distaccato da tutto, forse fin troppo compreso nel suo ruolo di ANBU. Le sue dita si muovono all'altezza del petto, formulano segni che lei non comprende fin quando non lo vede disegnare nel nulla un punto di domanda. La sua voce roca segue quei gesti spiegando in parole cosa stesse cercando di dirle, portandola solo ora a capirlo. La Hyuga lo vede muoversi, scostarsi appena in un abbassarsi leggero che porta i loro volti ad avvicinarsi, quella maschera a fornire un freddo distacco fra loro sebbene sotto le dita della genin inizi a sembrare quasi più calda, meno gelida. Così come la sua presenza le è meno estranea, meno distante, ma più familiare. Quasi come un trovarlo piacevole ormai, amichevole quasi, nonostante quel dialogo palesemente complesso fra loro. Le sue parole spiegano di una logica disarmante, agghiacciante, che porta la kunoichi a far scivolare appena la mano dalla sua maschera, le labbra a schiudersi in una espressione colpita, ferita persino dal suo modo di non vedere altro in vita se non la missione. Kaori vede in lui ciò che un ninja dovrebbe essere secondo le leggi di quel loro mondo, ciò che lei non sarebbe stata mai. <Non combattere per qualcuno che non conosci. Combatti per qualcuno a cui tieni...> un sussurro che sfugge basso alle sue labbra, il dubbio di star facendo la cosa sbagliata in questo momento. Lui è come la gerarchia ninja vuole che sia un loro combattente, lui è ciò che uno shinobi deve essere per essere il migliore. Sarà giusto chiedergli di cambiare? Mostrargli qualcosa che può essere per lui soltanto un intralcio? Eppure non può fare a meno di sentire lo stomaco stringersi al sol pensiero di saperlo solo. Nessuno dovrebbe esserlo, non così. Non davvero. <Non essere solo, Ren...> una richiesta, un favore, un consiglio. La voce di Kaori è come una carezza, come supplica. Dolce, remissiva, porta con sé la preoccupazione della genin. Non sa neppure lei perchè mai dovrebbe preoccuparsi a tal modo di qualcuno di cui neanche conosce il viso, eppure è quel che sente, quel che prova, mentre quelle parole incerte e appena masticate arrivano al suo udito. E' solo allora che l'altro va a prendere un piccolo libriccino rovinato dalle sue vesti porgendolo all'altra con un cenno del capo, come a volerle chiedere di prenderlo, di averlo. Kaori alterna lo sguardo dalla sua maschera alla copertina appena frastagliata del tomo leggendone solo ora il titolo. Un sorriso gentile le si disegna sulle labbra portandola ad afferrare con cautela il volume, portandolo a contatto col proprio petto, stringendolo appena con ambo le mani, le iridi perlacee a risalire la sua figura fino a trovare quelle dorate di lui. <Grazie mille, Ren.> direbbe allargando quel sorriso caloroso, un alito di brezza a scuoterle la chioma violacea attorno al viso piccolo e lineare. <Lo studierò con impegno, così potremo parlare più facilmente la prossima volta> promette lei con dolcezza, i denti candidi a venir snudati da quelle labbra morbide e chiare. <Ci sarà una prossima volta, vero?> domanderebbe dunque inclinando appena il capo, la speranza a scintillarle negli occhi immacolati. <Mi piacerebbe vederti ancora> Vederlo, capirlo, cercare di aiutarlo ad uscire da quella gelida gabbia che si è costruito attorno, quella prigione che lontano sembra tenerlo da qualunque altra cosa, lasciandolo solo con se stesso e le sue missioni. [chakra: on]

17:06 Chie:
  [Centro] Le sopracciglia s’arricciano, dandogli l’aspetto di un’animale confuso- che non ha recepito correttamente un ordine da qualcuno, o che sente un rumore stano. Solo. Fa male? La destra che si ritira dalle mani di lei, si posa al centro del petto, premendo appena con i polpastrelli. No- non fa male. Il capo si muove in direzion di sinistra e di destra in un classico cenno di diniego. Quasi s’era abituato a quella mano sulla ceramica. Fino ad immaginare a occhi socchiusi il perimetro di quelle dita sul volto. Si vergogna immensamente scovandosi ad immaginarla da fuori, li, con una mano sulla sua guancia. E pensare che lei suppon ora che sia una protezione per lui. Anche, ma no, che sciocchezza. E’ forse più una protezione per lei che s’astiene dall’esser avvelenata dalla sua pelle. E’ forse più una protezione per lei, che può permettersi di immaginar che Akuma abbia una reazione, sotto quello strato di ceramica spesso. Espira piano, svuota il petto ed abbassa le spalle. Le sue parole che insistono- tuttavia, non possono che lasciare solo lievi taglietti sulla pelle del Doku, che china il capo, un movimento confuso, no- non è d’accordo con quello che dice. Eppure non lo palesa perché effettivamente, se tutto fosse come Kaori dice, lui dovrebbe smettere di combattere. Non prova alcun tipo di sentimento, che non sia esclusivamente il senso del dovere, e sentimenti confusi, annebbiati, come sabbia negli occhi, in direzione di se stesso e se stesso soltanto. <Non fa- mm-ale, quello che n-non conosci.> Una risposta semplice, come al solito son dardi di ghiaccio addosso, sul petto. No, come potrebbe sentire dolore per qualcosa che non ha mai provato? La vita è fatta di bilance, come senti la solitudine se non sei mai stato in compagnia? Come senti l’odio, se non conosci l’affetto? Potrebbe mentire e dire che si, si sente solo, eppure non saprebbe descrivere l’opposto di questa sensazione in alcun modo. Le labbra scivolano tra di loro, e la sinistra si sposta- osa più di quanto non abbia mai fatto, bloccando con estrema precisione tra pollice, indice e medio una ciocca violacea di Kaori che s’è liberata come un amante in balia della passione, alle braccia del vento. Scivola, dolce, delicato come se avesse paura di spezzarla. Cos’è questa sensazione? Perché questa donna- questo esemplare di umano di sesso femminile- lo sta mettendo tanto in difficoltà. Gli occhi che s’incrinano a saggiare nel loro repertorio la sfumatura triste, e l’ombra che divora il rossore del crepuscolo, scemando sulla porcellana bianca e sulla sua pelle pallida, ma non cadaverica. Con la curiosità morbosa di cui è capace- vorrebbe ricordare la consistenza di questi capelli morbidi per sempre. Vorrebbe poterla veder ancora. Ancora. E forse conoscerla. Farsi insegnare queste sensazioni. Hanno un nome? Come- come dovrebbe classificarle? Eppure il suo capo si muove in un cenno negativo. <No-n posso.> Non è solamente lui, Kaori dovrebbe saperlo. Un ANBU non deve rivelare la sua identità. Dovrebbe presentarsi in divisa ANBU, o mascherato, tuttavia- sarebbe sleale nei confronti di Kaori. Le nocche si movrebbero di poco, come se volesse carezzarla anche lui. Ricambiare quel gesto, ma la mano si paralizza a pochi centimetri dalla pelle. Le secrezioni di veleno, quasi istintivamente aumentano, rendendolo intoccabile. Inavvicinabile. <Tu sai—non posso.> Non può vedersi con lei ancora. Non possono vedersi, per leggere, per insegnarle il linguaggio dei segni. E Kaori, lo sa molto bene, che è nelle regole di un ANBU. Le labbra si chiudono e la mano si ritira senza togliersi dalla bocca il gusto della curiosità. Ritorna sul fianco. Gli occhi si abbassano su quel libricino vecchio, un solo attimo. <Impara.> Semplice, conciso. Perché le chiede d’imparare, se non si possono vedere? Se solo riuscisse a rivederla—forse, un giorno. Lei riuscirà a parlarli. E a comprenderlo. Forse, prima di chiunque altro. {End}

17:47 Kaori:
  [Centro] Se solo sapesse, la Hyuga, quanto pericoloso possa invero essere sfiorare quella pelle nascosta. Quanto dolore potrebbe avvertire al sol toccare quel volto sconosciuto. Non sa che quella maschera la sta salvando, proteggendo da un contatto nocivo. E quanto sarebbe assurdo, per lei, accomunare quella voce roca e titubante ad un pericolo così grande? Come potrebbe mai pensare che una creatura così semplice e diligente possa dolere al sol tocco? E' così difficile ora, sotto i raggi di un tramonto fiammeggiante, vedere in lui uno dei ninja più letali e pericolosi della Foglia. Vedere in quella maschera la diligenza e la serietà che solo uno delle squadre scelte può avere. Le sue parole sono come una cascata gelida lungo la schiena, un qualcosa che la paralizza e stranisce nel profondo. Non conoscere la solitudine vuol dire non conoscere la compagnia. Non si può comprendere qualcosa di cui non si conosce l'opposto. Senza luce non v'è buio, senza dolore non v'è felicità. Lo osserva con le labbra schiuse, presa in contropiede dalla disarmante semplicità di quelle parole. Se dovesse definire Ren lo definirebbe con una parola soltanto: Shiro. Bianco. Un quadro da dipingere, un foglio su cui disegnare. Un cuore da riempire. <Sarebbe crudele fartelo comprendere...> mormorerebbe lei sentendosi impotente, combattuta, lasciando le mani scivolare lungo i fianchi con fare molle, arrendevole. <...e sarebbe crudele non farlo> Un sospiro, il chiudere di un attimo di quelle palpebre stanche. Perchè? Perchè si sente così vicina a quest'uomo senza volto? Perchè desidera così profondamente di fargli capire, fargli vivere ciò che evidentemente non ha idea neppure che esista? Le sembra atroce, le sembra terribile saperlo così incosciente, così distante da tutti quei sentimenti che in verità potrebbero solamente ferirlo. Forse... forse è giusto che sia così 'sprovveduto'? Che sia totalmente ignaro di ciò che voglia dire essere solo o non esserlo? Questo fa di lui, probabilmente, il ninja migliore fra tutti. Eppure... eppure non è soltanto un ninja. E' una persona. E' umano. E il suo cuore deve pur provare qualcosa. O forse no...? E' mentre questi pensieri s'avventurano fuggiaschi nella sua mente che qualcosa cambia e la sorprende. Avverte lei la man di lui levarsi e sfiorare delicata una ciocca di capelli sfuggita alla sua coda, forse liberata da quella brezza leggera che le scuote la chioma setosa. Sgrana appena lo sguardo sorpresa di quel gesto, non aspettandosi un approccio dovuto totalmente ad una sua iniziativa. Schiude le labbra osservandolo con fare confuso, fissando silenziosamente le iridi d'oro dietro la ceramica variopinta. La sua voce giunge come uno schiaffo in netto contrasto con quel gesto imprevisto. Non potranno rivedersi, non dovrebbero conoscersi. Un Anbu è un'ombra, è una figura senza nome e senza volto che veglia sul Villaggio. Non è nessuno. Ma lui è qualcuno. Kaori lo sa, non può ignorarlo. Non vuole. Lo sguardo di lei si spegne un poco, il sorriso si fa amaro mentre la consapevolezza si fa dolorosa nel suo petto. Deve smetterla di conoscere fantasmi, comete che non sono destinate a permanere nella sua vita. Kurako prima, Akuma ora. Entrambi silenti difensori della Foglia, entrambi soli. La mano di lui par quasi avanzare ancora, ricercare indecisa un contatto che porta la Hyuga a fissarlo incerta. Perchè rifiuta di vederla se cerca di sfiorarla? Perchè pare accettarla e rifiutarla insieme? Teme lei di aver insinuato il dubbio, di aver piantato il seme di una pericolosa consapevolezza in qualcosa di puro e semplice. Teme di averlo rovinato, confuso con le sue parole, nel vedere quei gesti collidere con le sue parole. <Lo so...> sospira infine lei, il petto ad alzarsi ed abbassarsi come sgonfio mentre la mano di Ren si ferma a poca distanza dal suo viso. Cambia idea, s'arresta e poi decade come morta lungo il fianco portando la kunoichi a stringere con maggior convinzione quel libro a sé. Potrà essere, forse, l'unico ricordo di quel giorno, di quella presenza nella sua vita, nei suoi ricordi. Sente che il tempo è terminato, finito per loro, e sta già per assaporare l'addio vibrare nell'aria quando la sua voce -per la prima volta sicura e ferma- strazia quel silenzio denso di tensione. Lo sguardo della Hyuga s'alza istantaneo, sorpreso ad osservarlo allontanarsi mentre le labbra si schiudono perplesse sul suo volto candido. Imparare. Perchè? Per chi, se non per lui? Qualcosa si smuove, un germoglio, una speranza che si fa strada dentro di lei fornendole -forse- l'illusione di un nuovo incontro. Una nuova possibilità di capire, di comprendere quella figura così misteriosa, così semplice, così pura. [END]

Kaori incontra per la prima volta Ren (Akuma), ANBU novello della Foglia, rimanendo piuttosto colpita dalla sua incapacità di parlare, dal suo modo di essere distaccato da qualunque cosa in maniera quasi ingenua. Vede coi suoi occhi cosa voglia dire essere un ninja senza sentimenti o reali interessi e cerca di comprenderlo meglio. Ren, dal canto suo, rimane sorpreso da una strana curiosità che lo avvolge nel parlare con questa bizzarra femmina. Dubbi e perplessità colpiscono entrambi e si lasciano con un velato arrivederci di cui nessuno dei due è realmente sicuro.