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con Kurona, Buro

23:00 Kurona:
  [Cima del Dirupo] Non è stupendo? Al di la del dirupo che s'affaccia sul mare, le chiassose acque livide si colorano del cielo nero e delle sue silenziose stelle. Uno scrociar d'acqua che d'impeto, si rialza carezzando gli scogli appuntiti tanto brutalmente, che ogni qual volta che si ritira, sembrano portarsi con loro un pezzo, minimo dello scoglio. E' da sta mattina che viaggiando- lei e Buro. L'ha svegliato all'alba, tirandogli via le coperte di dosso e allungandogli qualcosa di decente con cui vestirsi. Ma non qualcosa che passerebbe all'attenzione di ogni giorno- ma qualcosa che lega Buro a Kurona indissolubilmente, qualcosa che lo sfila dalla banalità d'esser uno shinobi medio come tutti gli altri, ad esser un componente della famiglia Kokketsu a tutti gli effetti, nonchè figlio diretto della Ganma. Come quelle onde, dalle creste pallide- lei s'è fatta strada nella vita dell'uchiha- rubandolo, depredandolo di quello che poteva esser "il vuoto di una vita sterile" e riempiendolo di concetti e valori che riporterebbero solo ad una donna in tutte le terre ninja. La Jigoku no Chi. Gli occhi iniettati di sangue che sostano sulla schiuma- la violenza di quelle onde- calcolano minuziosamente quanto in alto si spingono, e quanto ricoprono in tutto gli scogli- quanto- potrebbe sopravvivere se solo decidesse di fare quel che ha fatto a sua figlia, tre anni prima. Sottile--nostalgica, l'aria salmastre che scivola tra i capelli bianchi che brillano sotto le carezze della luna, scivolano ondulati, morbidi, sulle spalle, sulla schiena, si aprono e la disegnano come una docile mappa. Tra grilli e onde-il silenzio la domina come è successo in altri momenti- chiude gli occhi. Il chakra che scorre, il bilanciarsi di due forze che compongono ogni singolo shinobi. Forza e Psiche. Dal plesso solare s'allarga, monta le spalle, gli avambracci, ginocchia, polpacci, mani, viso, mentre. Come il disegnarsi di ruscelli che, cheti, la ricoprono di una patina dall'incandescente forza-. Lo spinge a rivelarsi, appiattendolo su ogni vena -e capillare- che componga il lato desto e sinistro del corpo, mutando ed alterandosi ad esser chakra elentare; Suiton. La chiave per la dannazione, potremmo dire. Quel che arriva le proprietà arcane del sangue nero- che la pittura sotto quel quipao vermiglio, con le maniche mozzate e due spacchi a livello delle cosce, dove il filino sottile di quel che c'è sotto colora i fianchi e li deforma con una pigra fossetta. Anfibi alti fino al ginocchio. Parigine di cotone semplice, dal bordo elasticizzato. L'attivazione si pitta con schizzi neri di sangue sugli arti, dove le bende, oggi, ricoprono solo le mani, fino a metà avambraccio. E due lagrime sorgono tra le ciglia inferiori, caricano la pigmentazione e con lo strazio del pianto, scivolano verso il basso, denotando l'attivazione dell'innata kokketsu. <Hai fatto un buon lavoro Buro.> La voce è come melodia- un canto di sirena flebile- qualcosa che seguiresti come fanno i bambini del pifferaio magico. Ad occhi chiusi. Pur sapendo che inevitabilmente, quando il diavolo t'accarezza- vuole l'anima. <Sono fiera di te.>...<Sai perchè siamo qui?> [CK ON][Attivazione Innata][Mente 85; Osservazione altezza, distanza, altezza delle onde e tempistica di ritiro]

23:19 Buro:
  [Dirupo] E' una giornata come le altre, eppure, per qualcuno è un giorno molto speciale. Quella mattina il clone imperfetto aveva ricevuto il suo primo dono materiale, qualcosa che avrebbe custodito per sempre, a lui eternamente cara. Un haori, tutto per lui, donatogli dalla sua padrona e con sopra ricamato il simbolo del di lei clan, il pentacolo viola dei Kokketsu. Non aveva avuto il coraggio di indossarlo, all'inizio, per timore di rovinarlo, ritenendolo la cosa più preziosa che avesse mai posseduto, di fatti, oltre al proprio nome, era effettivamente l'unica cosa che gli appartenesse. Un dono per lui, da parte di colei che custodiva la sua vita... ma lei lo aveva incoraggiato, gli aveva detto che era un'occasione speciale. E lui ha obbedito. Sotto al quel maestoso soprabito, un hakama-himo nero gli copre le gambe, nascondendole, ai piedi un paio di scarpe alte anch'esse nere, le mani, completamente ristabilitesi dal veleno, non necessitano più di bende o medicazioni, la pelle è tornata come nuova, completamente ristabilita. L'ha seguita in silenzio, la sua padrona non doveva essere disturbata, la rispettava, non avrebbe mai fatto qualcosa correndo il rischio di deluderla o infastidirla, lui voleva soltanto renderla orgogliosa. La mancina si porta al petto, lentamente, gli occhi dalle iridi cremisi si socchiudono, un solo sospiro di sollievo lo abbandona mentre i due fuochi interiori si accendono, iniziando a muoversi, a scorrere dentro di lui, fino a mescolarsi in un unico punto, vicino lo stomaco, esplodendo e dando vita al suo chakra come tante alte volte prima di questa. La fiamma azzurra lo invade, ne trapassa e avvolge le membra, ogni parte del suo corpo gode di quel benessere, quel potere così.."suo". Giunti a quella che sembra la loro destinazione, china il capo in segno di rispetto, lasciandola parlare ed ascoltando attentamente, fermandosi a fianco a lei, Kurona-sama, gli occhi socchiusi ad ammirare le onde rifrangersi sulla scogliera. <Vi ringrazio, mia signora.. lieto di compiacervi.> Sussurra, sentendo il suo cuore accelerare a quella domanda. E' felice perché la sua signora è felice. Allora.. perché prova.."paura"? E' così che la chiamano? <..siamo qui perché ho superato l'esame come le avevo promesso, Kurona-sama.. Siamo qui.. per il mio dono..> Risponde esitante, quasi come se si sentisse ingordo, colpevole di approfittare della benevolenza della Kokketsu, che lo ha accolto, nutrito, cresciuto e istruito al meglio delle sue capacità, chiedendo solo una cosa in cambio da lui. Obbedienza. [Chakra on]

23:49 Kurona:
  [Cima del Dirupo] Un tono quasi ricoperto dal fruscio del vento tra la rada vegetazione, ascolta ad occhi chiusi Buro parlare- rivolgersi a lei come si vorrebbe per una persona più grande, e a cui sei riconoscente. Come lei aveva fatto con Yukio più di tre anni prima-- prima di farne una vera ossessione, un amore malato, platonico, possessivo- un'amore che l'ha messa a ringhiare contro il mondo- tutto e tutti, pur di farlo suo. Calpestando e strappando le erbacce che vi erano prima. Forse pensando a Kurona- possiamo definirla una chimera composta da una iena -subdola, approfittatrice, matriarcale-, una leonessa -fiera- e una serpe. Ma non è stata solo questo, in questi tre anni. E' stata rivoluzione- da geisha a kunoichi. E' stata amore- da Kurako, Yukio- una madre. Con Enma, sua figlia, con Buro stesso che ha raccolto per strada. E le sembra di assaporare sul palato le sensazioni- la frustrazione infettata di dolore che l'ha trascinata fino a questo punto. Come le carcasse che si stagliano, marce e ridotte all'osso, delle persone giustiziate sul dirupo, legate o già morte in battaglia. Si ritrova a chinare il capo alle parole del genin- dandogli ragione: Si, Buro- questo è il tuo grande giorno. E' il giorno in cui avrai un nome- ed una famiglia a cui rispondere. Ed è il giorno in cui volutamente abbandoni la libertà dell'esser nessuno, abbracciando qualcosa. <Si.> Flebile- gli anfibi che scivolano sul terriccio secco del dirupo, curvandone la figura, allungata e minuta come una bambola, da quei tratti consumati dall'odio che ha verso se stessa- lo stesso odio che vomita sulle terre sporche che calpesta. Su Kusa. Su Konoha. Kiri, Kumo, Suna-- Tutte le terre che ha visto e non visto. Il sangue che scivola tra le dita, denso come petrolio, riversato e comandato come un arto, crea un artiglio che è al pari di quello d'un acquila, allungando l'unghia dell'indice e del medio, che si arcuano, affilate, brillano della luce della mezza luna che decora la pece nel cielo. <E' un dono-- ed è una dannazione. Sarai solo.> Lo dice come se fosse una profezia, avanzando lentamente verso Buro- Il suo- piccolo Buro. La sinistra si posa sulla sua spalla- morbida- materna. <Ascoltami bene mio fior d'Ambrosia.. Non lasciare mai che qualcuno ti ami come t'amo io-- Guarda cosa mi ha fatto l'amar così intensamente.> Un filo di voce- cheto. Gli occhi si stropicciano in una fitta di dolore- di ricordi che le annebbiano gli occhi e le fanno vedere tutto il male che L'HANNO portata a fare. Tutto quel che è stata costretta a fare per amore del prossimo. Uccidere. Odiare. Bramare. Il rancore. Il diniego della verità. E l'inevitabile accettazione della stessa che ti si para davanti al viso come uno schiaffo nudo e crudo. Si china leggermente, posa la fronte sulla spalla del giovane e prossimo Kokketsu. <L'amore m'ha mandato in pezzi-- L'amore e la convizione sciocca che siam di più che umani.> .. <Non dimenticare Ambrosia chi sei-- E a chi appartieni. A chi hai giurato lealtà.> Posa le dita-- straziante, appena sotto l'ultima costola di Buro- ma non spinge sulla stoffa- lo pizzica soltanto. <Tu sarai sempre- sempre umano. Ed è questo che fa paura a chi ti osserva. Il fatto che tu sanguini, porterà la gente a temere. Perchè come sanguini, sei capace di amare e soffrire. Di gioire e festeggiare le tue vittorie.> Una persona con capacità enormi, quale Akendo, quale Yukio, Hitomu stesso- possono manifestare capacità devastanti con lo sgretolarsi di un sentimento. E' questo, esser umani. Ed è questo, esser temuti. Fossero Kami, non saprebbero approcciarsi alle emozioni. Ma siamo tutti, bene o male, incontrollabili. Difficili da manipolare e piegare. Le labbra si piegano- e con uno scatto, infilerebbe le dita oltre il costato di Buro, infetterebbe il sangue sciogliendo il suo stesso, ad un passo dal cuore, senza lederlo. senza ledere nulla di vitale. Un dolore lancinante- qualcosa che inizia a-- prendere possesso di quel che sei. Si scioglie, propaga, divora il tuo sangue e ti fa divenire febbricitante. <Ho raggiunto /QUEL/ punto di rottura.> Le labbra si piegano-- un sorriso che ha qualcosa si malato, con quella dentatura bianca, il muso affilato. Il punto di rottura che aveva citato ad Hana. Quello da cui non sarebbe mai più tornata. <Non mi piegherò più ad amare. E tu-- tu Fior d'Ambrosia- sei tutto quello che ho deciso di lasciare a questo mondo. Ricorda il mio viso e la mia voce. Ricorda che il tuo cuore e il tuo corpo m'appartengono.> Lei l'ha forgiato. Lei ne ha i diritti. Possessiva. <Non donarli-- O tornerò a prendermeli. Quando penserai d'esser diventato un /verme/ e che l'amor ti sia necessario- potrai cercarmi. Potrai chiedermi se è a te concesso amare il prossimo.> Muove le dita--infame, sfiorando quel che pulsa-- quel torpore avvolgente-il sangue rosso, sangue che lei non ha più, che le scivola addosso, come un giglio macchiato di vitae. Pigia le labbra scarlatte, scivola via da quel corpo, sfiorando il crine bianco con la punta del naso. <Sei mio figlio, Ambrosia.> .. <Oggi, non sei più quel che eri in precedenza, ma chi decidi di essere.> [CK ON 4/50][Kokketsu no Hijutsu II][-2 pv]

00:18 Buro:
  [Cima del Dirupo] Non un suono, non una parola. Nessuna emozione, solo rispetto. Rispetto per quella donna, quella creatura che si è innalzata al disopra delle altre, mostrando i denti e gli artigli, conquistandosi la sua posizione. Lui non è a conoscenza del passato della sua padrona, non gli è dato saperlo, probabilmente non è degno. Non sono affari suoi, dopotutto. Le mani si congiungono, strofinandosi lentamente per cercare di non cedere all'ansia o al nervoso, il momento è indubbiamente solenne, la donna continua a parlare, di come quel dono lo marchierà per tutta la vita, di come non lo abbandonerà e ne definirà il destino. il respiro è lento, cauto, quasi potesse disturbare la quiete se troppo rumoroso. Non parla, non commenta, annuisce lentamente, assecondando il volere della sua padrona che ora gli confessa il suo affetto, il suo "amore". Non l'aveva mai sentita prima d'ora, quella parola, l'aveva sempre definita affetto, incapace di elaborarne il vero significato, ma ora è chiaro, riesce finalmente a comprendere cosa voglia dire, e la verità lo travolge, portandolo a versare una lacrima, stavolta sì che sta soffrendo, non fisicamente, per la prima volta, una sensazione del tutto nuova, aliena, estranea al clone imperfetto. <Mi dispiace di avervi fatto soffrire, Kurona-sama..> Un sussurro, finalmente, la sua voce squarcia il silenzio, frantumandone il peso. <Il mio cuore.. questo corpo..> Esita, facendo un respiro profondo, pronunciando a malincuore quella parola. <..rotto..> Sapeva di essere malato, un errore, difettoso.. ma non ne aveva mai avuto conferma, ne lo avrebbe mai ammesso a qualcuno. <Appartengono solo a voi..> Rammenta la promessa fattale, la voce spezzata dal pianto, trattenuto al meglio, ma che comunque intacca il suo timbro. Le iridi cremisi si alzano, rimirandosi in quelle della Kokketsu, gli occhi si sgranano sorpresi, quasi credendola un'illusione, il respiro si blocca. <..io sono vostro figlio..> Trema. <..la vostra volontà..> ... <...il vostro strumento...> Le lacrime gli rigano le guance, scendendogli lungo il viso, precipitando verso il terreno umido. <.. sono Ambrosia.. e la mia vita vi appartiene..> Questo, è vero il dono. <Madre.> [Chakra on]

Buro tira un D50

Buro tira un D50 e fa 9

00:57 Kurona:
  [Cima del Dirupo] E lentamente lo accompagna- le ginocchia si flettono verso l'umidità notturna trasmessa dal terreno. Scivola di fronte a Buro, con le ginocchia nude e strette che tangono unite contro il terreno, e la mano che pian piano, dopo aver sfiorato il cuore, si sfilano provocando l'orribile suono della carne che s'apre, facendo scender fiotti vermigli lungo l'avambraccio di Kurona, che s'aprono ramificano, fino a gocciolare giù per il gomito, a terra. Lo ascolta, le parole aperte e separate dal singhiozzare e dal piangere. Ma tutto quel che si colora sul viso frustrado della donna, è un espressione serafica- l'alternarsi di antartide e savana con un batter di ciglia. Gli artigli si ritirano verso le nocche perennemente ferite, mentre la mano matida di sangue s'alza ad accarezzargli il volto, rigandolo come farebbe un pittore. <Shhh--> Mugola, docile, gli raccoglie una lacrima e gli si avvicina per avvolgerlo. Come fece un tempo con sua figlia. Forse la prima-- la prima ed ultima volte in cui ha potuto sentirla sua, generata dal suo sangue, la sua carne, ed il suo corpo. Gli occhi chiusi, mentre il volto scivola ad accarezzare la fronte di Buro- posandovi le labbra una volta, due volte, appena sopra le sopracciglia, tra le ciocche bianche. Mentre il vento spinge i suoi capelli color del latte, a mischiarsi a quelli più corti del ragazzo. <Sarai forte- lo so.> ... <Io- non lo sono stata abbastanza.> C'è qualcosa, in quel discorso- in quelle parole. L'aspro odor d'addio che si propaga nell'aria. Il distacco drastico tra lei e Buro, tra lei-- e la sua vita come kunoichi di Kusa. Lo stringe appena, ma poi lo lascia andare, s'alza senza trascinarselo dietro. Portando la forza, prima su una pianta -destra- poi sulla sinistra, rizzandosi in piedi, e lasciando che il sangue goccioli a terra. Il fischio del vento le mischia i pensieri: Perchè lo sta facendo? Forse- per salutar quel che è e morire sola, come una bestia che riconosce d'esser arrivata al punto cruciale. Forse per tornar in un giorno di tempesta e fulmini, proprio a Kusa. Le dita affusolate si muovono, scivolano tra di loro lasciando impercettibili schizzi a terra, dove si colora il suo passaggio. <Ho un ultimo compito per te.> Gli da le spalle e proprio queste, s'abbassano e curvano, lasciando che l'haori si gonfi- più s'avvicina al dirupo. Ogni passo un tonfo. Ogni passo-- è l'iracondo muoversi del vento addosso alla seta che la veste. Lascia che l'haori cada a terra, lascia che rimanga come ultimo ricordo, a Buro. Odor di thè e sangue, uno sposarsi macabro d'odori. Come se si sentisse a rallentatore-- l'ultimo strappo alla vita. <Yukio Kokketsu, Kurako Senju, Kimi Doku. Kiryuu Hanabutsuji.> Il suo cuore, che ama solo in concentrato-- in soli tre nomi: Può una donna, amare solo tre persone? Le labbra opacizzate, rosse come una contusione. Si schiudono-- tremano. E dalla mano, cade a terra l'anello dell'Akatsuki modificato a contenere un lapislazulo e quell'incisione. <Mi sono consumata per esser quel che sono. Ma mi hanno tutti pugnalato! Chiunque io abbia amato, mi ha lasciato per qualcosa di migliore: Per il potere! E io-- io che avrei dato tutto! Avrei dato il mio sangue per loro. E ora-- ora guarda i resti di me morire assieme alla loro sagoma.> Le labbra si piegano e una lacrima-- una perla trasparente e salata, corre, lascia le ciglia, penzolando dal mento, senza cadere. <Io non sono mai cambiata. Non hai dimenticato un solo giorno della mia vita. Mi hanno picchiato. Torturato. Mi hanno detto chi devo essere e come devo combattere. Mi hanno dato un nome falso. E poi un cognome nuovo... Mi hanno dato degli obbiettivi. Mi hanno dato una figlia ch'è morta tra le mia braccia. E poi mi hanno lasciato vuota e sola-- e tutto quello che avrei voluto, era esser amata altrettanto!> Gli occhi si socchidono-- pigri-stanchi. Come se non fosse Morfeo a volerla a se, ma Ade. <Ruko Hanabutsuji.> .. <Sono sempre e solo stata Ruko-- Hanabutsuji. Figlia di Ame.> Un sospiro-- l'ultimo. <Porgi il mio addio, alla mia famiglia. E di a Kimi che ora tocca a lei, proteggere suo padre.> Yukio. <Di a Kurako- che mi dispiace di non averlo accettato. E a Kiryuu-- che ora è solo.> Le ginocchia s'abbassano lentamente- i polpacci contratti, le cosce che si contraggono, quando si slancia verso l'alto, lasciandosi cadere ben oltre gli scogli appuntiti, nel momento in cui la mareggiata ritira con violanza le onde dal dirupo. Arrivata a 150 metri dal piatto dell'acqua, dalle dita uscirebbe una piattaforma di un metro per un metro legata saldamente al polso-- che inevitabilmente riceve uno strappo muscolare uno strattone- ma limita e rallenta l'altrimenti mortale salto in acqua-- sparendo nel buio di un amalgamarsi di nero- tra quelli che sono i cadaveri. Forse morta-forse no-- ritrovarla tra quei visi decomposti e sconosciuti, sarebbe in ogni caso impossibile. Ma il compito più difficile, sarà tornare a Kusa da solo, per Buro. E comunicare il suicidio di Kurona ai suoi amati. [END][Ck on 6/50][Kokketsu no Hijutsu II][Mente 80; Situazione precedentemente studiata]

01:28 Buro:
  [Cima del Dirupo] Ammutolisce al gesto della madre, gli occhi lucidi e colmi di lacrime, il respiro affannato. Ingoia, un groppo in gola lo rende un'impresa inumana, il cuore gli duole, pesante, ogni battito è un tormento. I movimenti di lei sono così fluidi, armoniosi, rilassati ma precisi. <Lo sarò.. vi giuro che lo sarò..> Promette, tra un singhiozzo e un sospiro, il corpo scosso dai brividi mentre gli viene affidata una missione, un compito difficile da affidare quanto arduo da svolgere, le iridi si posano di nuovo sulla figura spettrale della Kokketsu che ora si avvia verso il ciglio della rupe. <Questi nomi... madre..> Comincia, ma si interrompe alle parole che ricominciano a fluire dalle labbra della fanciulla. <S-sarà fatto madre, ma.. perché mi dici questo..? Perché tutto ciò, proprio ora..? A me..?> Domanda, le palpebre gravi, le guance rosse dal pianto e dall'accumulo di emozioni. <A Kimi..s-sì..Kurako.. Kiryuu..> Scandisce quei nomi, servirà a imprimerli a fuoco nella sua mente, nessuno lo priverà di questo ricordo, mai. <Madre io non capisco..> Sussurra, bloccandosi a quella vista orribile, un incubo, il peggiore che abbia mai avuto. Sembrava stesse volando, verso chissà quale paradiso, quale Eliseo.. un istante dopo, la vede piombare nel vuoto, svanendo alla vista, lasciandolo. Inutile tentare di afferrarla, il povero clone difettoso ha tentato, invano, di fermarla, ma era ormai già svanita, nel nulla, portata via da quel Dirupo infame. L'albino si artiglia il volto, ringhiando, tremando dalla rabbia e dal dolore, ha perso la sola persona che lo abbia mai amato. "E' di nuovo solo." Un solo grido, un urlo gli squarcia la gola, gli svuota i polmoni, poi stramazza al suolo piangendo, i suoi sensi vanno scemando, la sua coscienza vacilla mentre gli occhi si chiudono, troppe emozioni da gestire, Ambrosia sviene sotto il loro peso. <...madre...> [chakra on][END]

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