Un Risveglio sotto gli occhi del Dio
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Giocata dal 21/02/2016 21:13 al 22/02/2016 00:17 nella chat "Luogo Sconosciuto"
[Grotta (rifugio)] Quasi un intero giorno è passato da quando ha colto tra le sue braccia, il corpo di Hana, scomparendo letteralmente alla vista di tutti i presenti, compiaciuto del fatto che nessuno ha provato a seguirlo, come se fosse possibile…del resto. Fuori pioviggina, lo scroscio sulla nuda roccia è ben udibile dal Rikudo Sennin, nonostante il loco ove ora risiede con la ragazza, sia una grotta scavata nell’entroterra, poco fuori Konoha, uno dei suoi tanti “rifugi” improvvisati, utili per qualsiasi evenienza, compreso il nascondersi quando non era in così buoni rapporti con il villaggio della foglia. Una fievole luce proviene dalle spalle di Akendo, lentamente girerebbe il capo dove ne ha origine…una candela nulla di più ad illuminare la buia caverna spettrale, poco distante da essa una sottospecie di letto, ove è posta, ancora dormiente, la figura della Kunoichi di Konoha, presumibilmente stanca dal scontro e dall’elevato consumo di chakra, le viola iridi osserverebbero la giovane figura, eppure solo tra quelle due piccole fessure, gli è possibile ciò, con ancora la maschera indosso e tutto il completo Anbu al suo seguito…perché non liberarsene ora che non è più in mezzo ad occhi indiscreti? Perché dunque non liberarsi di quel camuffamento, utile solo a prendere in giro le povere guardie di Konoha e soprattutto a celare la propria identità ad ogni singolo abitante di Konoha? Probabilmente per lo stesso motivo per il quale l’ha “scelta/presa/rapita”, non che ci siano dubbi sul fatto che il Seiun si diverta a compiere determinate azioni, così avventate quante calcolate…d’altronde non agisce mai senza un preciso motivo. Di li a poco, almeno spererebbe, la giovane fanciulla dovrebbe ridestarsi dal suo torpore, data anche la natura del loco, risvegliandosi così in quella specie di letto, le vesti indosso della sera precedente, poco lontano da lei la figura ammantata del possessore del Rinnegan, il volto fisso su di lei, potrebbe tranquillamente accorgersene una volta ridestata e cercata la presenza di altre figure in quella grotta. Il lento scroscio della pioggia crea un’atmosfera alquanto interessante, solo i Kami possono sapere cosa accadrà in questa novella notte, lontani da tutto e da tutti, celati allo sguardo della luna, nascosti agli occhi del mondo. [chakra on] equipaggiamento Anbu on] [Rinnegan OFF] [Grotta] L’odore che raggiunge le sue narici non ha nulla a che vedere con quelli che di solito percepisce. Lontana ma non troppo dal sapore degli abeti tipici di Konoha, quel pizzico di frassino lontano che generalmente non s’avverte poiché scarseggiante le dà invece modo di pensare che forse non è il centro di Konoha quello in cui si trova. Si basa su dati olfattivi in quel dormiveglia, dove le palpebre calate le regalano una vaga oscurità presso la quale dormire, rimuginare, giacere. E’ mediante la scia di odori che giungono agli impulsi nervosi che pensa: assurdo come in quello stesso stato sia in grado di escludere il sapore accogliente di una casa o di un luogo abitato. Gli spifferi d’aria che ogni tanto scivolano lungo il viso – metà coperto dal collo alto ed ampio della giacca – le danno l’idea di un posto parzialmente barricato, d’altro canto scoperto. Dall’alone che emanerà l’odore di quel letto che la ospita, invece, potrà capire se effettivamente quella è la dimora di chi l’ha portata fin lì: è stata tra le sue braccia abbastanza per poterne decretare l’uguaglianza di profumo. Quando gli ingranaggi iniziano a mettersi in moto, il conto alla rovescia parte: non apre gli occhi di getto, non sarebbe da lei – troppo calcolatrice o fin troppo poco avventata. Paradossalmente diversa da chi l’ha portata lì, questo poiché non può vantare di grandi poteri quanto più di un’arguzia fuori dal comune che più di una volta l’ha trascinata via da situazioni spiacevoli. Inspira soffusamente, incamera aria. S’accerta che non vi siano altre persone se non eventualmente chi l’ha portata lì. Percepisce la tasca della giacca pesante, lui non si sarà premurato di sottrarle nemmeno un’arma o di sfiorarla più di tanto e questo le crea non pochi problemi a livello di comprensione: non ne capisce gli intenti, non riesce a decretarli. Ha solo un paio di piste da seguire, alcune sbagliate come il credere che sia stato il Kage stesso ad escogitare il tutto. L’altra invece è che colui che si nasconde dietro la maschera sia davvero così avventato – e così forte – da fregarsene. Una cosa molto più realistica, si direbbe. L’umidità di cui s’impregna la grotta da il senso di pioggia, e forse nemmeno su questo può sbagliarsi dato il tamburellare esterno delle gocce contro la roccia. Pian piano, decise di riaprire le palpebre: il fatto che non le batta più di una volta al fantomatico “risveglio” può dare modo all’altro di comprendere che nell’effettivo sia rimasta sveglia per un po’. Guarda il soffitto, per prima cosa: non le ci vorrebbe molto, almeno da questo, per comprendere dove si trovi – non l’ubicazione esatta, quanto più la conformità del luogo. Stringe le mani più volte manco stesse invitando la circolazione del sangue a ridestarsi, facendo pressione poi sul palmi al fine di rialzarsi lentamente e con un colpo di reni ben assestato. Le labbra nascoste dietro il collo alto e ampio della giacca s’assottigliano, così come le palpebre dalle iridi bicromate che tentano d’intercettare la figura altrui. Non è mai stata generosa con le parole o con le domande, dubita che ora lo sarà. Una volta rialzatasi, nulla dovrebbe impedire di fare qualche passo in avanti e raggiungerlo a circa un metro di distanza anche quando gli sfilerà verso il fianco sinistro. Proverà a guardarlo, certo, con l’atonia che regala un po’ a tutto. Poi, qualora fosse riuscita, rivolgerà uno sguardo all’esterno muovendo i primi passi verso la bocca della grotta. < Nh.> mugugnerà appena, schiarendo la voce. Dovrebbe esser riuscita a sorpassarlo, dandogli la schiena e soffermandosi a lato della bocca della caverna guardando ciò sul quale affaccia < Non sei un anbu, non è vero?> le sue domande sono sempre mirate: lo deduce dal posto in cui l’ha portata. Lo può dedurre dal fatto che quello sia un posto in cui “abita” o stanzia di tanto in tanto. Perché un anbu dovrebbe trovarsi qui dentro? Perché un anbu dovrebbe portarla via? Perché non fargli una domanda simile? [Grotta (rifugio)] Il lento scroscio della pioggia che si scontra con la nuda roccia, compre la gran parte dei suoni, paradossale il pensiero che pur coprendo i suoni al tempo stesso valorizza gli odori, esaltandoli, questo è ciò che l’olfatto del Rikudo Sennin percepirebbe in tale istante. Ignaro che la ragazza si sia risvegliata dapprima che i viola occhi dell’eremita, si posassero nuovamente sulla sua figura, solo all’aprir delle sue palpebre, ne osserverebbe il naturale movimento, privo di quei difetti che un lungo sonno, come quello compiuto da lei, gravano normalmente dopo aver ripreso conoscenza. Silente rimarrebbe, osservando l’intera figura alzarsi lentamente, seguendola con lo sguardo per tutto l’arco evolutivo, lasciando che le sue parole infine si mischino come pioggia, scontrandosi con la nuda roccia, percependo quell’unica, quanto naturale, domanda. E’ un Anbu? Certo che no eppure tempo addietro, aveva militato tra le forze speciali di Ame…quando il nome…Kuroi Kaminari significava ancora qualcosa, ma i tempi sono cambiati, lui stesso è cambiato e quella non è la risposta, eppure qualche secondo si perderebbe in tali ricordi, quasi come un estraneo che ascolta ed immagina una storia narrata in una locanda, così è per quest’ultimo. Qualche altro attimo prima di vociare, un tono freddo…<cosa ti fa pensare che io non lo sia?> è poi tanto lecito rispondere ad una domanda con un'altra domanda? Forse no, ma questa è tutto fuorché una normale conversazione, Hana non ha idea di chi si trovi d’innanzi ma chissà, forse prima o poi, presto o tardi, arriverà a comprendere, come tutti coloro, quei pochi, che “conoscono” il Rikudo Sennin, che dialogare con tale figura è come dialogare con un enorme punto interrogativo, una maschera, uno specchio, l’inganno o la verità, enigmi e domande si celano ad ogni sua parola e stesso in questo momento non a caso ha posto tale domanda alla nipote dell’Hokage, saggiarne l’esperienza e la mente arguta…un nuovo assaggio di quel che già ha avuto modo di assaporare durante il loro scontro. [chakra on] equipaggiamento Anbu on] [Rinnegan OFF] [Grotta] Lentamente lascia gravare il proprio peso sulla gamba destra mentre, in maniera abbastanza naturale, abbandona il proprio corpo sul medesimo fianco assoggettato all’immobilità della pietra e delle pareti: si accosta alla prete, rimane sorretta da questa, appoggia la spalla lungo tutto il perimetro che può occupare e non gli rilancia nemmeno uno sguardo – perché continuare a guardare una maschera? Non è forma di maleducazione, è solo pagare con la stessa moneta quanto le viene dato. Eppure, nonostante ciò, non azzarda né un passo in avanti né uno indietro: è ancora un fallibile esperimento del creatore, rimane vincolata alla curiosità come ogni inerme essere umano. < Uhm.> nasconde ancor di più il viso, affondando nelle volute di calore che emana la giacca. Pondera: le risulta tremendamente facile spogliare una persona mediante ciò che ha da dirle – le convenzioni sociali sono così semplici da comprendere. Le risulterebbe facile rispondere, elencare tutta la serie di motivi che la portano ad azzardare una cosa del genere, eppure preferisce non farlo. E’ consapevole che non le sarà data una risposta con così tanta facilità, tuttavia < Reputi davvero sia necessario proteggersi così? > quella domanda la designa quasi come una barriera, qualcosa finalizzato a preservare ciò che giace nel substrato: altrimenti perché rispondere con un’altra domanda? Perché non essere schietti? E’ lei quella che ha da temere qualcosa, di certo non lui di cui ne ha già appurato il potenziale. C’è da notare una cosa: ha abbandonato qualsiasi tipologia di “tono formale”. Rimane nella cortesia di cui s’è sempre sfamata, si rivolge con un certo garbo e riservatezza, eppure non si fa scrupoli a non trattarlo così come l’avrebbe trattato in compresenza dell’Hokage. Forse perché, alla fin fine, dopo averla trascinata fin lì si sente in dovere di meritare qualcosa: non delle risposte, sarebbe come donarle qualcosa di troppo seppur dovuto. Ma almeno una formalità in meno: chi darebbe del “lei” al proprio “rapitore”? Constatato il fatto che non le piace far domande benchè alcune nascano spontanee, non sarà difficile per lui capire che quella non è altro che una domanda retorica. < Reputa la mia risposta come un ringraziamento per l’esame al quale mi hai sottoposto.> modo abbastanza strano per ringraziare. < In primo luogo, perché l’Hokage dovrebbe scomodare un Anbu per una questione che un semplice esaminatore potrebbe fare?> le verrebbe da chiedere “perché l’Hokage se scomodato egli stesso” . < In secondo luogo, perché un Anbu dovrebbe rapirmi per portarmi in un posto come questo lasciandomi ancora le armi in tasca?> un Anbu che dovrebbe ammazzare la propria vittima se ne sarebbe liberato da un pezzo. < In terzo luogo, perché un Anbu dovrebbe abitare in un posto come questo?> proferirebbe, qualora fosse riuscita a constatare davvero i segni della “vita” di quella grotta. < Porti due katane.> diverse probabilmente da quelle di un anbu < e, tra l’altro, una non l’hai raccolta.> giusto per mettere i puntini sulle “i”. < E per concludere, tu sei più di un Anbu. > gli anbu non sono così forti, non quelli di cui ha sentito parlare magari. < Ciò non toglie che l’Hokage sembra fidarsi di te.> storce il naso, forse la cosa non le va particolarmente a genio. < Forse fin troppo.> a suo avviso. Ma ad ogni modo questo è un punto a sfavore della sua teoria. S’appiattisce lungo la parete, adesso, dandole la schiena completamente e potendo rivolgere il lato sinistro del corpo all’altro. < Sentiti in diritto di non rispondere più a quella domanda.> non le interessa, a conti fatti. A differenza altrui non si prende nemmeno la briga di alimentare il soffio vitale del proprio chakra. Rialza l’arto destro in prossimità della fronte, manco dovesse ridestarsi ancora completamente. < C’è una cosa che mi interesse sapere più di quello, ad essere sinceri.> [Grotta (rifugio)] Rimane fermo ed impassibile come statua, lasciando che ella lo superi, poco si preoccupa se tenterà di attaccarlo o di scappare, tralasciando che difficilmente avesse successo…è realmente questo quello che vuole Akendo? Intento ora a rigirarsi in modo da avere il volto di lei in vista, poterla così osservare meglio, diversamente dalle occhiate fugaci rivolte la scorsa notta, ieri era un nemico con cui scontrarsi ed esaminare…oggi? Quelle inquietanti fessurine donerebbero nient’altro che un flebile colore, quei motivi tribali su quella maschera, l’intero equipaggiamento in se, lasciando solo il lungo crine nero scendere lungo la schiena, non sarebbero altro che un travestimento, forse neanche del tutto necessario eppure bene o male, le motivazioni del perché, si ostini a girare per Konoha vestito in tal modo, si sanno, ciò che è strano è perché continui questa “farsa”, probabilmente solo per noia o divertimento, molte volte le cose si legano tra loro trovando un senso comune. Ma la domanda, che attirerebbe l’attenzione del Rikudo Sennin, darebbe a quest’ultimo l’occasione di rendere ancora più interessante la situazione, seppur rimarrebbe in silenzio, ascoltando parola per parola, sillaba per sillaba, quel lento fluire provenire dalle labbra di Hana, prestando attenzione alla sua risposta ed ancor più al ragionamento logico dietro, più che un test ora come ora è la semplice curiosità di esplorare chi ha d’innanzi a se, seppur ancora in maniera superficiale. Si scomporrebbe, non più di tanto, all’udir della sua Katana, girando lentamente il capo verso il letto, dove a pochi metri di distanza vi sarebbe la sola Izanami dal bianco candore….la sola maschera ora salverebbe Akendo dal mostrarsi con una espressione completamente estranea al suo volto, maledicendosi per non aver prestato attenzione se non solo adesso alla cosa, sperando nei Kami che qualcuno abbia raccolto la sua Katana, magari Hitomu stesso, in caso contrario ribalterà il mondo intero pur di trovarla…un valore affettivo? Forse…o magari il capriccio di un bambino. Nel rigoroso e silenzio cortese che si dona a chi sta dunque parlando, nel momento in cui il silenzio tornerebbe padrone tra le due figure, schiuderebbe le labbra, lentamente, come le parole che vocerebbe ora…indirizzate alla ninja di Konoha….<hai una mente arguta nonostante l’età> dato che ovviamente presupporrebbe senza avere una certezza dell’età della ragazza, immaginandosi solamente da corporatura e lineamenti un età verosimile a chi affronta un esame genin che, salvo alcune eccezioni, indicativamente è uguale per tutti gli allievi, ma non sarebbe solamente questo…”complimento” a prender vita dai pensieri del Seiun…lentamente altre parole verrebbero scandite <parli di rapimento, ma da come avrai ormai immaginato>…..<non vi è anima viva sulle nostre tracce> tralasciando il loco dall’ubicazione segreta, nessuno ha messo fretta ad Akendo nel dirigersi, con Hana in braccio, nel loco ove ora stanno dialogando e questo ormai l’avrà capito anche la giovine….<hai capito che non sono un Anbu, ma per essere stato designato per il tuo esame, evidentemente il Kage di Konoha si fida di me e dunque mi sorge una domanda> un ennesima come al solito eppure questa volta…la domanda sarebbe del tutto differente….<ti senti al sicuro?> una domanda poco chiara, a tratti inquietante e di certo il tono non sarebbe dei più confortanti, ma le parole che seguirebbero questa domanda, eleverebbero il concetto di inquietante…<Ti chiedi perché ti abbia lasciato le armi addosso io ti potrei rispondere che non ho bisogno di disarmare un morto> e anche in questo caso la maschera degli Anbu salverebbe Hana dallo scorgere sul volto del Rikudo Sennin, un espressione deforme, tutt’altro che pacifica, quel suo sorriso….particolare come nessun altro. Un lento movimento, staccandosi dal muro e girandosi nuovamente verso il punto d’origine della luce e dunque il letto, la destra si solleverebbe, posandosi prima sul volto ed infine strappando la maschera Anbu, riportando dunque il braccio adiacente al rispettivo fianco con in mano la maschera. Un sospiro, mentre raccoglierebbe l’ossigeno necessario, lasciando che ultime parole raggiungano la nipote di Hitomu…una risposta, la stessa concessione a coloro che vanno al patibolo? Non ci è dato saperlo eppure, come acqua di ruscello le parole di Akendo, scivolerebbero dalle sue morbide labbra, scavalcando la maschera e sinuose, come serpenti malefici, striscerebbero, arrampicandosi sulle carni della giovane Kunoichi, raggiungendo il collo ed infine le orecchie, penetrando nella sua mente, insinuandosi in lei….<Nulla ti vieta di fuggire o scappare> lentamente muoverebbe i primi passi verso il fondo della grotta, puntando al letto, la sua figura man mano si farebbe sempre meno visibile ma le sue parole ancor presenti <se ci tieni a scoprirlo vieni pure> riferendosi molto probabilmente alla domanda posta sul perché proteggersi in tal modo....arrivato quasi al letto, si girerebbe verso Hana, le ombre e la poca luce renderebbero davvero difficile comprendere i lineamenti del volto di Akendo, il chakra richiamato all’opera di grandiosi creazioni, verrebbe diretto verso i bulbi oculari ed infine negli tsubo, irrorando ogni punto di fuga presente, con l’intento di attivare il Rinnegan. Se ciò avesse successo un baglio violaceo intenso ora diverrebbe visibile in quel misto di ombre e luci soffuse, ma quel baglio violaceo fisserebbe proprio lei…Hana. Dietro di lei la natura e la boscaglia, d’innanzi a se il Boia o il creatore, la morte o la vita, fuggire o avanzare nell’oscurità…a lei la scelta. [se chakra 97/100] [se rinnegan ON] [equipaggiamento Anbu on] [Grotta] E’ pratica nei sotterfugi mentali poiché, una persona abituata sia a sentire che a vedere piuttosto che a pronunciarsi, non può far altro che rifugiarsi nelle sue intricate teorie mentali: non può far altro che fingere di prevedere, attendere conferme, sentire e basarsi sui dati che ricava. C’è da dire che nonostante questo, non ha quasi mai ricevuto complimenti: non direttamente. Un elogio alla propria elasticità mentale non la intacca, le fa semplicemente incastrare la testa tra le spalle: non è avvezza a riconoscersi metodi. < E’ quello che mi viene richiesto.> avere una mente arguta: non fosse dovuto, non l’avrebbe. Si considera un oggetto, uno vecchio e ammuffito oppure lucidato nelle grandi occasioni o in prossimità di un evento. Ha bisogno di sentirsi utile, più che viva. Ha bisogno di “servire” ad uno scopo, più che respirare. < Un rapimento non è detto tale a seconda della mole di persone che ti seguono. E’ portare via qualcosa o qualcuno, specialmente senza il suo permesso, un rapimento. Una persona può essere rapita semplicemente così, a livello blando. > mentre < in un livello più profondo, invece, forse sono stata io a rapire te.> ma non ricade nell’argomento: ha a che fare con una persona che ne ha macinata di strada. Saprà forse l’allusione che giace dietro la parola “rapito”. A suo modo risponde con abbastanza eloquenza, non pesandola in parole quanto più in sguardi: si dimostra capace effettivamente di saper sostenere lo sguardo altrui, reggendolo con una sorta di indifferenza posta di facciata come sempre. Si tradisce con i gesti quando, ancora una volta, non muove passo per andar via. < No, mai.> Risponde con tranquillità ad una domanda che – dato il risultato prodotto dalla risposta – dovrebbe destare almeno un po’ di paura. Non si sente al sicuro. Non si sente mai al sicuro, nemmeno tra le mura di casa. E non trova sicura l’amicizia che lo stesso Hokage ha dato lui: non perché lo abbia inquadrato come una persona malvagia, anzi. E’ semplicemente il suo modo di pensare, restio a fidarsi di qualcuno, restia a concedere fiducia per nulla. E’ lungimirante, ha già appurato che il Kage non è uno sprovveduto < Lui avrà le sue buoni ragioni per fidarsi di te. Io no.> e glielo fa presente tranquillamente, appurando un’ovvietà. < Eppure, se posso azzardarmi a correggere, penso che la tua domanda in fondo sia un’altra.> e non manca di farglielo notare, così come con la katana. < No, non ho paura.> non gliel’ha chiesto. Non direttamente. Inoltre non può provare tanta paura chi si considera un oggetto pronto a sacrificarsi per la patria: mente in parte, poiché ha pur sempre l’innato istinto di sopravvivenza di cui tutti sono dotati. Ma è sincera nel dire che non le provoca paura, e forse anche senza la maschera non ne avrebbe. < E tu, invece? Hai paura?> è abbastanza intelligente, lui, da capire che non si stia riferendo all’aver paura di lei – troppo uno scricciolo in confronto ad un titano, sarebbe assurdo pensarlo. Scuote il capo a quella constatazione sulle armi < No, non me lo chiedo.> non l’ha fatto perché ci è arrivata da sola: lui non ha bisogno di disarmarla. E allo stesso tempo, non è la sua morte che vuole. O per lo meno non la voleva fino a quest’ora: che sia così perverso da non tralasciare anima viva – o morta a dire il vero – prima di una dovuta tortura è forse un dato che sarà pervenuto solo a lui, abile conoscitore della propria essenza. Per quanto le riguarda, essere integra fino a questo punto le basta. Storce il naso, odia il tentativo che compie nel provare a violare parte dei suoi pensieri installandosi nella sua mente, tentandola con qualcosa che no – non le compete. Non è nelle sue missioni. Non è qualcosa che un oggetto dovrebbe fare. Però… < Nulla mi vieta di restare e sapere.> concede a lui il lato nero delle cose, si prende la libertà di ricordargli che ne esiste uno bianco. Ha visto la faccia del Kage, l’ultima volta: a meno che non la stesse mandando al macello, non dovrebbe nemmeno essere così spaventata da temere per la sua vita. Allo stesso tempo, se così non fosse, sarebbe stato il kage stesso a mandarla a morire: un sacrificio che sarebbe disposta a fare per il suo paese pur non comprendendone il motivo – del resto è un oggetto, e agli oggetti non serve capire per quanto si sforzino per trovare una strada ed una spiegazione da soli. < Allora-> avanza il primo passo, come il primo scalino che un peccatore discende per avvicinarsi d’un passo agli inferi. < Lasciami vedere.> allunga le mani in avanti, così come un bambino tenterebbe di agguantare qualcosa troppo in alto, irraggiungibile. L’intento sarebbe semplicemente quello di raggiungere la sua maschera: il resto va da sé.freeze
Giocata dal 22/02/2016 22:34 al 23/02/2016 03:41 nella chat "Luogo Sconosciuto"
Sfreeze
[Grotta] Giochi di parole, silenzi e parole ingannevoli…questo è il triangolo nel quale ora le due figure camminano senza mai sfiorarsi, un gioco pericoloso….molto pericoloso. Eppure la ragazza ha carattere oltre ad alcune qualità che per ora il Rikudo Sennin ha solamente potuto intravedere, incuriosito da tale atteggiamento continuerebbe a destreggiarsi in quella specie di…”gioco”, i lenti passi continuano, mentre presterebbe orecchio alle parole di Hana, che lo raggiungerebbero grazie alla natura tettonica della grotta, risultando piuttosto facile ascoltar anche il più flebile dei sussurri, se non fosse per quella pioggia che cade incessante, come se il celo stesso piangesse e si dimenasse…ma perché? Perché tentar di zittare quelle due anime, racchiuse in quell’involucro terroso, intenti a sfiorarsi ed allontanarsi. Divertito da ciò che ode, a tratti incuriosito, lo sorprenderebbe quasi udir quella domanda, una domanda che difficilmente gli verrebbe posta in qualsiasi delle circostanze in cui si possa trovare, d’altronde chi mai si sognerebbe di fare una domanda del genere dopo essersi perso in quell’infinita e corrotta spirale concentrica di potere? Forse uno dei motivi per cui cela la propria natura è uno di questi…o forse no, difficile comprendere le azioni di una creatura quale il Rikudo Sennin, il più delle volte incomprensibile anche a se stesso. Ma ad ogni domanda vi è sempre una risposta, sincera o meno una risposta c’è sempre, a colui che ascolta interpretarla, carpirne il significato…<una volta forse> già una volta…<quando..-> si interromperebbe non trovando l’esatta parola, o forse c’è ma usarla non sarebbe dunque riconoscerla come pura ed esatta verità? Quando era umano…questa e la frase che non riuscirebbe a pronunciare, non per rabbia, ne per vergogna, incapace di apprendere in pieno il significato di essere umano quindi come potrebbe pronunciare una simile frase? Eppure egli è visto come un qualcosa di divino, ogni persona, comune o meno in tale mondo ninja, lo vede come qualcosa di mistico, corrotto…un misto di paura ed incomprensione, non che ci badi molto eppure non può far meno di notare questi particolari, a volte giocandoli a proprio favore. Un sospiro mentre si girerebbe vociando ultime parole in attesa che ella decida se rimanere ed addentrarsi nell’oscurità con lui o volare via da quel rifugio nascosto ed eliminare quanto è accaduto….<d’altronde che paura potrebbe mai avere…>, istanti di pausa, quasi interminabili prima di concludere la frase, lasciando al silenzio il ruolo che merita…<un morto che cammina?> frase ben udibile alle orecchie di Hana, incomprensibile probabilmente, d’altronde sono verità che solo lo stesso Rikudo Sennin conosce, conoscere la propria fine non è forse l’immortalità tanto agognata? Ma tali pensieri si dileguerebbero all’udir la voce della giovane Kunoichi di Konoha, parole che romperebbero quel silenzio. Una smorfia sul volto, deformando come solo quel sorriso è capace di fare, compiaciuto che in ogni caso la ragazza abbia scelto di rimanere, attendendo dunque ora che ella venga in quell’oscurità, mista a luce, a tratti inghiottita dall’oscurità stessa…un viola bagliore l’unico vero riferimento. Nessun muscolo verrebbe mosso, in attesa che ella macini la breve distanza che li separa, il respiro lento e calmo dietro a quella maschera, percepirebbe ora il calore di Hana, ormai più che vicina, le mani di lei posarsi sulla sua maschera Anbu, che lentamente scivolerebbe, rivelando così il volto dietro a tutto quello che la giovane ha passato. Quel viola accesso, quell’infinito vortice, probabilmente la prima cosa che catturerebbe l’attenzione della ragazza, ma di certo il volto non è qualcosa che passa in osservato, unito ora al folto e lungo crine nero, adagiato su tutta la schiena, completandosi ora che la maschera non vi è più, ogni dettaglio, ogni singolo e minimo dettaglio verrebbe ora rivelato alle iridi di Hana, ormai più che vicina al volto del Seiun, solo il suo respiro percepibile, come quello della giovane, nessuna parola…non ancora. [chakra 94/100] [rinnegan ON] [equipaggiamento Anbu on] [Grotta] L’unica cosa che è sempre stata in grado di fare, è il “compensare”. Se in presenza del nero, lei sa essere il perfetto bianco. Se in presenza della luce, lei sa essere la perfetta oscurità. E’ l’equilibrio, quello di cui è fatta, benchè umana e fallibile indi incapace di scegliere per la via “migliore” quanto – sotto sua giurisdizione – per la via apparentemente “giusta”. Non è un gioco di inganni quello che tesse per lui, solo un reticolo di parole nel quale vederlo inciampare o rialzarsi, allo stesso modo destreggiarsi come meglio può: consapevole che sono solo le sillabe a poterlo incastrare da qualche parte, più che le parole o qualsiasi forma di chakra. Compensa bene la forza di chi le sta di fronte con un’adeguata conversazione che non ha nulla da toglierle in quanto meriti né nulla da aggiungere a quel che già s’è detto su di lei. E no, non si tratta di avere “stomaco”. Di avere “fegato”. Di avere “coraggio”. Si tratta di non aver poi così tanto a cuore la propria pelle da temere per se stessi più che per gli ideali e i valori che si intende proteggere: eppure ci si stupirebbe a sentirne il cuore martellare nella cassa toracica ad ogni basso, quando lembi viola ne lambiscono le carni inghiottendola poco a poco e per sua scelta. Paura? Ha detto di non averne. Deglutisce, lasciando che la saliva gratti il fondo della gola in maniera quasi visibile: non demorde, sospinge le proprie mani in avanti. Affonda nell’ammasso di bagliore violaceo che le si stringe addosso, non desiste né si ritrae – semplicemente s’avvicina ad un odore che ha avuto impresso sui vestiti da quando è arrivata se non prima. Appoggia le falangi sulla maschera che lambisce parte del volto altrui, facendole scivolare fino alla sommità quasi. Con la mano destra tenta d’aiutarsi, lasciando alla sinistra il compito di sfilare del tutto la maschera. Prima però di scoprirne il volto, si premurerà di rilanciargli un’occhiata: diramerà lo sguardo verso l’alto a causa dei centimetri che la separano dal raggiungere l’altezza altrui e danno al Sennin la possibilità di svettare su di lei. Lascerà la presa con la mano destra e distanzierà la maschera quel tanto che basta da far ricadere la chioma nera alle sue spalle adocchiando quella. Nel concreto, pur avendo distanziato la maschera dal suo volto ora perfettamente visibile, non lo guarda. < Sei semplicemente più solo di quanto mi aspettassi. Più solo di quanto tu possa ammettere di essere. > sentenzia, una sua deduzione: che insolente. Una donna del genere che nemmeno ti conosce osa rivolgersi a te – che t’ergi su tutto e tutti – in questi termini? Morto che cammina – per il suo maniacale “ordine” nelle cose, potrebbe essere sicura di sé nel dire che è la seconda volta che glielo sente sussurrare. La prima volta, rivolta alla nipote dell’Hokage. Adesso, la seconda volta, nei propri riguardi. Abbassa lo sguardo, quasi si rifiutasse di guardarlo. Distoglie lo sguardo dal volto che non ha visto e non vedrà, allungandolo invece verso la sua spalla sinistra e osservando parte dei suoi capelli ricadere su quest’ultima. < E adesso ti chiedo: è giusto che io sappia?>in soldoni? E’ lei a dargli la possibilità di tornare indietro. < Se hai tenuto la maschera per tutto questo tempo, un motivo ci sarà. Sei sicuro di volerlo spazzare via, con così poco?> o meglio sarebbe a dire < per così poco.> per una come lei, insomma. Lascia che la mancina si ritrovi sempre issata all’altezza del volto altrui, mantenendo la maschera a quindici centimetri circa dal suo volto con la possibilità di poterla rimettere. [Grotta] Ogni passo un battito del cuore, ogni respiro trattenuto, una eternità che attende, lentamente quelle mani si poserebbero sulla maschera, ma non vi è contatto visivo, voluto da quanto può dedurre il Rikudo Sennin, meravigliato quasi dal perché ormai ad un passo dalla scelta che ha compiuto ora quasi si ritrae, desiste. Le parole che scivolerebbero dalle labbra di Hana raggiungerebbero veloci e sinuose l’udito di Akendo che andrebbe a sussurrare una semplice parola <…forse> nulla di più, mentre ascolterebbe quello che sembrerebbe essere il motivo per il quale tra i due non vi è stato un contatto visivo diretto, un motivo che ha un che di logico, d’altronde una maschera serve a celare qualcosa, dunque perché svelare ciò che si vuole nascondere? Ma non è questo il caso del Rikudo Sennin, un errore di deduzione di certo non per propria colpa, d’altronde come potrebbe sapere il reale motivo per cui stia indossando una maschera? Alla quale però Akendo rimedierà subito, prendendo ossigeno dai polmoni e lentamente…schiuderebbe le labbra, lasciando che novelle parole lascino quel freddo terreno carnoso, riversandosi su Hana…<Per eternità indefinite ho indossato una maschera> riferendosi ai suoi anni nei reparti speciali di Amegakure…<ma quel tempo è ormai un mero ricordo di un passato ormai troppo lontano anche solo per ricordarlo>, porterebbe la mancina sul volto, poggiando la rispettiva mano sulla maschera…<il motivo per cui ora indosso questo equipaggiamento Anbu e per non creare dell’eccessivo panico nel villaggio, vorrei evitare spiacevoli eventi> ma questo sarebbe anche il meno, d’altronde qualsiasi cosa capiti saprebbe gestirla in ogni caso senza troppi problemi…<quanto più mettere in crisi i poveri Anbu della foglia, quello si che è uno dei motivi per cui indosso ancora questo completo> d’altronde gli fu dato da Hitomu ai tempi dell’ultimo torneo mondiale per potersi aggirare indisturbato sull’isola senza che nessuno potesse riconoscerlo e così muovere le pedine in suo possesso, ora non è che un travestimento per poter deridere in un certo qual senso la sventurata milizia che deve fare i conti con un Anbu della foglia mai visto e irriconoscibile anche dalla maschera dai motivi personalizzati, un po’ come è avvenuto con Azrael, intrufolandosi in casa sua, fingendosi un suo sottoposto. Il gioco di un infante? La noia di un adulto? Come la si voglia vedere questo è il principale motivo per il quale ancora si aggira così per Konoha…chissà, magari le cose prima o poi cambieranno. Un sospiro, mentre si staccherebbe dalla ragazza, compirebbe qualche passo in avanti mentre la sinistra svicolerebbe sull’intero viso, trascinando con se la maschera….<purtroppo il tempo è scaduto…peccato> quasi divertito in quel tono, riferendosi ovviamente al suo volto, mentre con la stessa sinistra, scivolerebbe sulla spalla destra, liberandosi dal manto, posandolo vicino al letto e rimanendo semplicemente con l’equipaggiamento conosciuto degli Anbu dal colore grigio, nuovi passi in direzione della luce, regolandola come meglio può…un sospiro, intenso…profondo. Lascerebbe che il silenzio cali nuovamente, il rumore della pioggia fare da contorno, accompagnando quel soave silenzio, così calmo…così oscuro…<chi pensi che io sia Hana?> marcando soprattutto il nome della giovine, una domanda, se così si può definire, una domanda che difficilmente ci si aspetterebbe di ricevere e ancor meno una risposta nel caso del possessore del Rinnegan. [chakra 91/100] [rinnegan ON] [equipaggiamento Anbu on] [Grotta] C’è chi definirebbe snervante il suo modo di leggere tra le righe e trovare gli appigli giusti per riscattarsi, fatto sta che questa volta non tarda ad arrivare una risposta che generalmente avrebbe cucito ponderandoci e che invece adesso nasce spontanea < Il tempo è relativo. E come hai detto tu, non c’è nessuno sulle nostre tracce.> quindi, puoi deciderlo – se vuoi – di estenderlo così come di limitarlo. < Perché vuoi limitarmelo?> percepisce a stento quella sensazione di sovranità, di imperio palpabile: il suo modo di fare, di disporre le carte, di regolare un gioco. E se è di gioco che si parla, allora… < Non è ancora arrivato il tuo turno.> turno di muovere o decidere. Tocca ancora a lei, per il suo modo di vedere le cose: del resto ha posto solo una domanda, ha ricevuto una risposta che ha considerato “non sufficientemente esauriente” ad impedirle di guardare. Certo è che, se le sarà possibile, proverà ad allontanare la maschera ancora di più: non per guardare quanto più per impedirgli di prenderla, di rimetterla. < Quel tempo è un ricordo, dici.> quello in cui ha indossato una maschera. < Eppure vuoi rimetterla.> lo dovrebbe intuire dal suo modo di allungare le mani per riprendersi l’oggetto, riappropriarsene. < Eri disposto a mostrarti un attimo fa, adesso stai tornando sui tuoi passi.> esattamente come ha fatto lei: o ne emula il comportamento, o adesso è lei a testare il modus operandi del Sennin. < Tu lo sai che non reagirei come chiunque. Lo sai, perché non ho reagito come chiunque quando mi sono trovata qui. E non ho reagito né ho opposto resistenza quel giorno.> sebbene col poco chakra a disposizione sicuramente non avrebbe potuto compiere un miracolo: ma non ha desistito, specie per la faccia dell’Hokage pronta ad annuire. < Lo sai perché avrei potuto farti mille e altre domande, eppure non l’ho fatto.> per quanto ci crepi dentro, paradossalmente, nel non sapere. Rimane lì, lasciando che la sinistra si sposti dietro la schiena con la maschera e la destra la raggiunga in questo scambio – un passaggio finalizzato a spostare la maschera, qualora fosse tra le sue mani – dall’arto sinistro a quello destro. Adesso invece, col palmo manco nuovamente libero, proverebbe ad appoggiare le falangi all’altezza del petto altrui cercando di trattenerlo lì: non applica forza né pressione alcuna, sarebbe uno spreco inutile e a lui basterebbe un battito di ciglia per spazzarla via. Non lo costringe a rimanere lì, potrebbe davvero avanzare: gli fa semplicemente comprendere una sorta di “desiderio”, quello di non vederlo avanzare. Non prima d’aver sbrogliato i nodi di questa matassa. < Ti ho già detto cosa penso che tu sia e cosa penso che tu non sia.> e quindi, se vuole, lo ripeterà: Non sei un anbu, come dall’inizio. Sei troppo forte per esserlo. Puoi giocare a fare dio un po’ come un moccioso giocherebbe con i suoi personaggini in un simulatore di vita reale. Ti sei scoperto piano piano e alla fine, la cosa più importante di tutte, sei una persona molto sola: una consapevolezza dettata semplicemente da una maschera. < Un modo per nascondersi o un modo per inventarsi una nuova identità: a qualunque cosa ti serva quella maschera, sai anche che la cosa non potrebbe importarmi > non più di tanto < Continuerei a pensare che non sei altro che una persona sola.> principia. < Ora, possiamo continuare a giocare > a “indovina chi” < posso dedurre, indovinare, pensare fuori dagli schemi > visto che con lui “pensare diverso” dovrebbe essere all’ordine del giorno <ma…> allo stesso tempo < Il “chi” è davvero così importante per me?> rimette la maschera in bella vista. < Non voglio che tu la rimetta. Non dopo “quest’eternità”. > ma, soltanto adesso, può decidere di riprenderla e di non farle vedere nulla – alla fine sembra suggerirgli < Adesso è il tuo turno.> puoi muovere le tue pedine. [Grotta] Da che la giovane Kunoichi si è “risvegliata” molte sono le parole che le due figure si sono scambiate, eppure oltre ad un appagamento della propria curiosità, Akendo per ora non ha ottenuto altro, ma non a caso ogni sua parola è ben ponderata, apposita per dirigere volente o meno il discorso secondo propria volontà. Non a caso quell’ultima domanda, che attenderebbe però, vedendosi allontanare la maschera, per qualche secondo, come un bambino a cui hanno strappato il gelato, il suo braccio si allungherebbe, il palmo della destra si aprirebbe, ma debole, perderebbe volontà dopo pochi istanti, abbozzando una smorfia si potrebbe dire divertita…<il tempo è fanciullo ed egoista, dona quando vuole e pretende allo stesso modo> quasi come se si stesse paragonando per certi versi proprio ad un bambino, d’altronde quello della maschera per lui è un gioco e dunque perché non trarre una sorta di giovamento? Le iridi veloci si poserebbero di nuovo sulla figura di Hana, lasciando perdere la maschera rispondendole di rimando alla sua affermazione…<pensavo non fosse così importante…> perché comunque in ogni caso qualunque siano le motivazioni che spingano Hana a fare determinate scelte lei comunque ha scelto di togliere quella maschera, il che può comportare molte cose, come magari potrebbe non voler dire assolutamente nulla se non la fine di un gioco puerile e di ben poca importanza rispetto agli argomenti citati. Le parole a seguire, muterebbero il suo volto, in un sorriso abbozzato, compiaciuto, ascolta ogni singola parola ed è concorde, d’altronde non a caso ha scelto di portarla via, ha intravisto qualcosa e questi momenti passati in cotale loco non fanno altro che aumentare l’interesse e la curiosità oltre a confermare quanto ipotizzato fino ad allora, forse il tempo dei test e dei giochi e giunto al suo compimento e dunque ora prenderebbe parola un ultima volta prima di porre la domanda a cui puntava da quando la fanciulla ha aperto gli occhi ma…tempo al tempo…un sospiro preannuncerebbe novelle parole pronunciate dal Rikudo Sennin. I violacei occhi puntati su Hana mentre le labbra lentamente si schiuderebbe, lente le parole fluirebbero dalle carni, raggiungendola…<è così determinante l’esser soli o avere persone al proprio fianco? D’altronde qualsiasi siano le scelte che si compiranno la strada sarà sempre per una sola persona> una metafora come le altre, le persone ci saranno sempre, chi più vicino chi meno, ma potranno solo costeggiare quella che sarà la tua strada, qualche che sia, e dunque c’è davvero differenza tra l’essere soli e non esserlo? Un sospiro prima di prendere nuovamente parola…<potrei spiegarti per filo e per segno il significato delle mie precedenti parole> riferendosi all’eternità passata ad indossare una maschera…<o il perché ora mi diverta ad indossare tale camuffamento per Konoha ma….> e infondo entrambi lo sanno….<farebbe davvero qualche differenza? In fin dei conti è rilevante?> lei stessa ha ammesso che probabilmente poco gli può interessare dei vari aspetti e ci certo questo lo capisce. Terminato di parlare, si sposterebbe, abbandonando l’idea di riprendersi la maschera, verso il letto, poggiandovisi sopra, con la schiena poggiata al muro roccioso, il volto si porterebbe nuovamente sul volto del fiore…un'unica e semplice domanda, quella a cui mirava fin dall’inizio…<sapresti invece dirmi chi sei tu?> giocando di rimando alla domanda posta in precedenza sul chi pensava che fosse, ovviamente una domanda che ridicolizza la scheda anagrafica, andando ben oltre alla formalità, scavando nel profondo del proprio animo. [chakra 88/100] [rinnegan ON] [equipaggiamento Anbu on] [Grotta] Che cosa l’abbia spinto davvero a tutto ciò, lei, ancora non sa dirselo: è una domanda che giace sul fondo della cesta delle curiosità benchè abbia la precedenza. Cosa effettivamente lui stia tentando di tirarle fuori, dalla testa o dalle labbra, non riesce ad immaginarlo: forse è per questo che è rimasta. < Per me non lo è.> non è importante chi sei: l’importante è quello che fai, direbbe qualcuno. E l’importante, allora, è che tu non vada contro i suoi ideali – la sua famiglia, il suo paese, il suo kage. < Puoi avere tutte le persone del mondo al tuo fianco e sentirti solo lo stesso.> e allo stesso tempo esser privo di compagnia ma non sentirti abbandonato. < Non posso dirti se effettivamente la solitudine faccia davvero così male.> lei non ci si è trovata mai tanto male, in fondo. Ci è cresciuta, così come ha imparato a farci il callo all’austerità dei suoi precetti, la lontananza e la formalità. Ci si abitua al silenzio, inizia a piacerti in qualche modo. < Posso solo dirti che senza gli altri, nulla avrebbe senso. > e non è una morale della fiaba, lo dimostra ammettendo che < Il potente non avrebbe nessuno con il quale attestare il suo potere. Il povero non avrebbe nessuno con il quale lamentarsi per la sua povertà. Senza un termine di paragone, la strada è per una sola persona poiché esiste solo quella.> per quanto possa essere scostante, a tratti poco incline al “fare amicizia” o a condividere con qualcuno qualcos’altro che non sia un ideale o un obiettivo, non può negare nemmeno a se stessa del ruolo indispensabile degli altri: alla fin fine se non ci fosse un kage da proteggere, dei valori imposti da una famiglia da rispettare, una popolazione da salvaguardare… che senso avrebbe, per lei, esistere? Specie per lei che si reputa un oggetto, poi. Pian piano scioglierebbe la presa delle dita, facendo scivolare verso il suolo la maschera senza premurarsi di appoggiarla da qualche parte. Tenterebbe di far risalire il palmo sinistro, dapprima appoggiato sul suo petto, verso il suo viso con la curiosità di chi si avventura sul derma di chi non sembra essere stato toccato da tempo: in un certo senso gli somiglia, prima che fosse lui a trascinarsela in braccio era da fin troppo tempo che qualcuno non si prendeva la briga di allungare una sola mano verso di lei se non per legarle i polsi e insegnarle la tecnica dello scioglimento dei nodi. Proverebbe comunque a sfiorargli parte della guancia destra, rialzando appena lo sguardo e forse raggiungendo per la prima volta l’immagine del suo profilo. < Hm-> le si spezza quasi il fiato, ma non lo dà a vedere. Doveva aspettarselo e, in parte, era preparata ad un’eventualità allucinante come quella che le si para dinanzi: certo è che mai si sarebbe sognata di trovarsi davanti a qualcuno di tanto acclamato tra le righe e ora… vivo? Davanti a sé. Un morto che cammina, insomma. < I tuoi…> occhi? Non erano normali, certo, ma questo forse avrà fatto bene a notarlo oltre la maschera il giorno stesso dell’esame. <mhn.> mugugna, tenendo per sé i pensieri – scontati o meno. Lascerebbe scivolare via la mano, qualora lui le avesse permesso di toccare la sua guancia, di modo che abbia la libertà d’avviarsi sul fondo della grotta. Lo segue, sì, ma solo con lo sguardo per il momento. < Non ha importanza.> chi sono. E a tratti potrebbe stupirsi di come, ad uno come lui, possa interessarle o ricordarsi di un nome come il suo. E’ più importante cos’è, a suo metro e giudizio < un oggetto. Ho scelto di essere questo.> ma è un discorso suo, privato, personale. Non si dilungherà in altro. < Nh. Vuoi che vada via?> [Grotta] La luce diventa sempre più debole, segno che la candela si sta consumando e come tutte le cose terrene legate a questo mondo, ogni cosa ha un suo arco di vita, eppure vi sono infiniti modi per toccare l’immortali, pochi per raggiungerla. Ma allontanerebbe questi fugaci pensieri, ascoltando ora le parole di Hana, raggiungerlo, incuriosito dal suo pensiero trovandosi in parte d’accordo eppure qualcosa che vada ben oltre queste semplici considerazioni c’è…ma tutto momentaneamente perderebbe d’importanza rispetto a ciò che sta per accadere di li a poco. La maschera cadrebbe, finalmente lo sguardo dei due incrociarsi, sfiorarsi e infine toccarsi, non vi è sgomento sul volto di lei nonostante possa immaginare o meno uno stupore di incontrare quel volto e quegli occhi per la prima volta, leggende e racconti che si uniscono divenendo dunque realtà, ma tutto perderebbe di rilevanza nel gesto che ella compirebbe che per quanto possa sembrare “naturale”, umano, semplice per Akendo è un qualcosa di…nuovo, mai vissuto. Ricordandosi solamente il tocco della madre, un ricordo così infantile che quel contatto sarebbe del tutto differente, incuriosito dal perché abbia voluto accarezzare la sua gote, la, dove nessuno si sarebbe mai sognato di farlo, questo è Akendo sotto certi aspetti, pozzo di conoscenza di miriadi di cose ma impreparato su quello che forse è una delle cose più naturali per l’uomo e in un certo senso questo gli dona sconforto e al tempo stesso lo allontana sempre più dal concetto di umano, cercando quasi riparo in quel che la gente comune solitamente lo lega, un qualcosa di etereo, divino…non umano. Lascerebbe dunque che ella lo accarezzi, guardandola per certi versi con un certo senso di disagio momentaneo per via della situazione, allo scivolar della di lei mano, si avvierebbe dunque verso il letto, trovando solo allora le parole per rispondere su quanto discusso fino ad ora….<ciò che dici è in parte vero, così l’uomo senza uno scopo?> parole trite e ritrite eppure vi è dell’altro…<e se ti dicessi che lo scopo stesso non è altro che illusione per dare un senso alla vita delle persone? Catene invisibili poiché inermi d’innanzi a delle verità per molti inaccettabili> il suo sguardo si poserebbe sul viso di Hana…<riflettendo su questo…il tuo mondo non vacillerebbe?> rispondendo anche al suo essere oggetto, d’altronde cos’è a quel punto un oggetto senza un reale padrone? Cos’è lo scopo se non un qualcosa creato dall’uomo? Per tanto fittizio, illusorio. Quell’ultima frase lo prenderebbe leggermente in contropiede, quasi come se ora fosse lui il “rapito” e non viceversa…<mhp> sbufferebbe quasi…<nulla ti trattiene dal rimanere> ammesso che ci riesca perché tralasciando Akendo, il loco ove ubicato la grotta è ben oltre Konoha e ben nascosto, difficile da penetrare, difficile uscire d’altro canto, un sospiro prima di sussurrare quelle ultime parole….<neppure la mia volontà> un modo elegante e alquanto enigmatico per far comprendere che ovviamente se restasse questo non dispiacerebbe al Rikudo Sennin o non l’avrebbe portata con se, nonostante ora abbia sviluppato una certa conoscenza di quella ragazza, vi sono ancora molte altre cose, compresa l’essenza stessa di questo “oggetto” come si è chiamata…identificata. [chakra 85/100] [rinnegan ON] [equipaggiamento Anbu on]freeze
Giocata del 23/02/2016 dalle 22:07 alle 23:23 nella chat "Luogo Sconosciuto"
[Grotta] Sfacciata nel suo modo di guardarlo, presuntuosa invece nel provare a scavare aldilà del viola: lì dove le apparenze e la crosta della leggenda leviga la personalità di chi detiene troppi poteri, lei tenta di intravedere qualcosa di più – è pura sfacciataggine, la sua. L’insolenza di chi non ha mai avuto grandi poteri o grandi personalità, il coraggio di chi ha messo a tacere il buon senso: del resto è risaputo, il coraggio rende sorda la coscienza, affinché non senta le parole di una visione di morte ma quando quel coraggio finisce, le sue orecchie si spalancano udendo il suono di un'idiozia. Non ha tuttavia l’ardire di emulare un gesto affettuoso quando, pur in maniera del tutto istintiva, allunga la mano verso il suo viso: è forse la prima volta anche per lei che si spinge così tanto lontano da toccare qualcuno. Se dal proprio campo potrà intravedere negli occhi altrui quella sorta di amarezza portata avanti dalla sensazione di non aver ricevuto tante premure, lui potrà notare in lei un rantolo di curiosità – la stessa tentazione di chi s’approccia quasi al mistico, con la voglia di toccare quello che può risultare irreale, innaturale, tremendamente lontano dalla sua portata. A volte ci si potrebbe stupire di quanto possa essere piacevole essere umani e abbandonare per un attimo il nostro scranno dorato e la seduta dalla rosa delle divinità. Ne carpisce parte del disagio che trasuda dai suoi occhi, non sa nemmeno se esserne divertita – cosa assai rara, considerando l’apatia del suo viso privo di sorrisi il più del tempo – o semplicemente provare compassione. Compassione per uno come lui: che cosa ridicola è mai questa? < Il mio mondo esiste?> rispondere ad una domanda con un’altra domanda: indirettamente, glielo stai insegnando tu. Gli lascia la libertà di avvicinarsi al letto. < Vuoi davvero che io stia qui a parlarti del dharma o di qualsiasi cosa legata ad esso?> una delle sue convinzioni, nonché pilastro portante della dottrina karmica, è l’accettare il tutto come una menzogna. < Il mio mondo può vacillare quanto vuole. Chi dice che sia poi così male non avere la terra sotto i piedi?> quasi un controsenso per una come lei che, a fatti, si è dimostrata abbastanza logica o analitica. <Il fatto è che dobbiamo per forza trovare un senso, seppur non propriamente vero. Dobbiamo trovare qualcosa per la quale vale la pena respirare.> questo è quanto. < Altrimenti, che senso ha farlo? Ci prefiggiamo qualcosa di difficile da raggiungere poiché ottenere qualcosa facilmente ci farebbe soltanto annoiare.> questo, il suo modo di vedere. < Mh.> assottiglia le palpebre: c’è da dire una cosa – nemmeno lui si risparmia dall’imparare da lei ed usare i suoi stessi modi. Del resto, se poco fa è stata lei a dire che “non c’è nulla ad impedirle di vedere”, adesso lui ripiega sulle stesse armi della shinobi dicendole che “non c’è nulla che la trattenga dal rimanere”. Alla fin fine, se avesse voluto vederla andare via, le avrebbe detto che “nulla la trattiene dal tentativo di andare via”. E a quel punto non può far altro che confermare la sua stessa tesi: un uomo solo, più di quanto lui stesso possa immaginare. S’avvicina al letto, lì dove ormai s’è appartato, macinando qualche metro per poi sedersi per terra, a nemmeno un metro dalla sua faccia, ma leggermente più in basso. Lo osserva da lì, senza particolari pretese. < Posso chiederti > principia, tentando di agguantare tra la destrorsa parte dei filamenti dei capelli altrui giacchè la matassa scura di Akendo sarà sufficientemente lunga da raggiungere appena il suolo e da darle modo di incastrare tra le proprie dita qualche ciocca dei suoi capelli. < perché me?> una curiosità che da principio avrebbe dovuto mettere a nudo. < Nh-> mordicchia il labbro inferiore in parte nascosto dal collo alto e largo della giacca, lasciando scivolare i capelli dopo essersi resa conto del fatto che effettivamente s’è ritrovata lì a toccarli < Scusa.> non era sua intenzione, solitamente sa nascondere bene i suoi intenti o i suoi pensieri. Difficilmente s’avvicina a qualcuno o “tocca” qualcosa: sempre stata più “visiva” che “cinestetica”.
Giocata dal 25/02/2016 23:12 al 26/02/2016 04:15 nella chat "Luogo Sconosciuto"
[Grotta] Ripresosi dal gesto d’ella, lasciando che quel tocco femmineo non diventi che un ricordo, un frammento unito a tanti altri, si renderebbe il più comodo possibile su quel letto, affinché se non altro ne approfitti, rilassando le sue carni, momenti quanto mai rari per il Possessore del Rinnegan. Le di lei parole accompagnerebbe tutto il rituale di Akendo nel sistemarsi come meglio si può su quella specie di letto, senza però, perdere la concentrazione sulle parole della fogliosa, rendendosi sempre più conto che oltre ad essere sempre più interessante come persona è tutto fuorché un oggetto o come lei si definisce, quasi divertito da quel paradosso secondo il quale lei come oggetto ha una razionalità ed un pensiero che si discosta così tanto da essere un qualcosa di unico e diverso dalla massa, lo stesso provare a ribattere alle parole del Rikudo Sennin non sono altro che conferma del pensiero di quest’ultimo, d’altronde raramente qualcuno riesce a rimanere dello stesso pensiero dopo così tanti scambi d’opinione, non tanto per imposizione quanto per logica, una logica impeccabile, cucita e ricamata attorno alle parole che scivolano dalle labbra di Akendo e che il più delle volte, hanno stravolto vite e spalancato occhi ad un mondo a loro completamente celato. Non che sia il suo principale interesse spezzare le catene dell’illusione che l’uomo stesso s’impone, del resto è dell’idea che c’è chi nasce consapevole e con le potenzialità per comprendere che dietro a tutto c’è un disegno più grande, celato ad occhi e mente, e chi invece nasce in catene, oppresso e al tempo stesso protetto da quelle stesse, senza mai vivere realmente, conscio che ciò che sta vivendo si possa realmente chiamare vita. Non è un salvatore, ne un distruttore, certezza ovviamente non ne ha, conosce bene la profezia…come non potrebbe, eppure ancora non gli è chiaro realmente cosa significhi salvatore o distruttore del mondo, in realtà on se ne bada affatto, seppur ha dovuto fare i conti con ogni sentimento del mondo….accettandoli e facendosene carico per attivare il leggendario potere dell’Eremita delle Sei Vie, riamane comunque nel profondo del suo animo Akendo Seiun, forse questa la paura più grande di Risuka Seiun, figlio di stirpe diretta con Madara Uchiha, antenato di Akendo e suo mentore per la breve durata dell’iniziazione al Samsara. Vorrebbe risponderle di rimando alle parole poc’anzi udite eppure si trattiene, da una parte per evitare di rivelare quel troppo che sa, quanto basta per comprendere quanto veramente sia inutile la vita in questi termini, rivelazioni che al povero Kurako Senjuu hanno devastato la psiche, ma quello è uno dei motivi per cui si tratterrà dal proferire ulteriore parola su tale argomento, lasciando che per ora si accantoni da solo, seguendo con lo sguardo Hana fin al poco spazio che li separa, li a nemmeno un metro dal suo volto, il violaceo intenso fissare le iridi d’ella, troppo concentrato per avvedersi subito della mano della ragazza unirsi alla sua folta chioma, l’attenzione e le orecchie a quelle parole e solamente all’udir delle scuse, se ne accorgerebbe realmente, una smorfia, di poco conto, se volesse potrebbe anche continuare, o almeno ci proverebbe a farglielo capire con quel suo viso a dir poco indecifrabile. Chiare e limpide però sarebbero le parole che lentamente si farebbero strada dai polmoni fin alla gola, dimenandosi come tempesta, schiudendo così le labbra del Seiun <perché mi chiedi?> andrebbe a ripetere la stessa domanda posta, un sospiro, spostando per qualche secondo lo sguardo all’uscita della grotta, come se con le proprie iridi volesse catturare fotogrammi di vita, pioggia…natura…<Sono in giro da abbastanza tempo> riferendosi ovviamente agli anni passati da quando per la prima volta ha aperto le palpebre in una culla….<e in tutti questi anni ho realizzato che di tanto in tanto appaiono…> cercherebbe quasi le parole, muovendo a tratti la mascella <individui particolari…più unici che rari> non si aspetta che lei capisca, del resto ha trovato il “termine” che gli sembrava più comprensibile per chi non risiede nella sua mente, avesse usato parole come energia vitale o della natura, probabilmente sarebbe apparso come un folle o probabilmente non avrebbe compreso. Lo sguardo si riporterebbe sulla ragazza di Konoha….<Ti posso assicurare Hana che tra anche tra tanti oggetti> avvalendosi proprio di quest’ultima parola per “posizionarsi” sulla sua stessa linea di pensiero…<te saresti indubbiamente la più interessante ed unica nel suo genere> parole indubbiamente forti, forse scialacquate con un certo nonchalance, come Akendo è solito fare…senza nemmeno rendersene conto. Parole che si ricongiungerebbero al suo pensiero iniziale, di come…ironicamente e paradossalmente, lei si consideri un oggetto ma i suoi pensieri e la sua logica sono ciò che la porta ad essere un qualcosa di unico e ben diverso dal resto della massa incatenata alle illusioni create dall’uomo stesso, ignorando ciò che si cela dietro a tutto. Solo a quel punto, il Rikudo Sennin, cercherebbe di sviare lo sguardo di lei, che già diverse volte ha invece ricercato, cercando di compiere una torsione del busto e sdraiarsi sul letto, portando le viola iridi a scorgere il soffitto roccioso. [chakra 82/100] [rinnegan ON] [equipaggiamento Anbu on] [Grotta] Le serviva forse essere chiusa tra quattro mura di roccia per poter elargire una parola di più, per potersi esporre o semplicemente… ora che ci pensa, forse è l’unico che fino ad ora ha iniziato a porle qualche domanda. Non si è prefissato come scopo quello di conoscerla così, a crudo, con un semplice sguardo. Ha iniziato a chiedere, limando i piani della sua conoscenza, spicchio dopo spicchio così come si potrebbe sbucciare un’arancia. Di questo deve rendergliene atto: abituata ad eseguire senza porsi domande, quello che gli altri possono vedere come Dio o come un mostro s’è mostrato fin troppo umano. Che poi, tra Dio e Mostro c’è una sottile linea – un dettaglio che nel centro ci sia lui. La bravura della shinobi risiede lì nel decifrare i silenzi, estirparne le risposte, farsene una ragione che quanto meno s’avvicini alla realtà delle parole taciute. E le va bene così, anche glissare sull’argomento e accantonarlo – ignara sia per la propria sanità mentale, in parte consapevole che forse per il momento sono temi dal respiro fin troppo pesante da poter essere sostenuti da chi, nonostante la fine mente, non ha tanta esperienza sulle spalle. Il suo considerarsi un oggetto è una maschera: c’è chi ha bisogno di metterne una, tangibile e materiale, e chi invece ha bisogno di costruirsene una con le credenze – essere un oggetto l’aiuta a non creare particolari legami, a trattare tutti con un certo riguardo e distacco, a ridisegnare i suoi stessi limiti. Essere un oggetto le conviene – non le fa piacere, ma ci ha fatto il callo. Fin troppo intelligente per non essere consapevole del fatto che questo sia soltanto un paletto autoimposto per poter andare avanti senza problemi: del resto, se così non fosse, si sarebbe già lamentata dell’esser stata presa di peso e portata lì. E invece, come un oggetto, ha accettato il cambiamento senza fare storie – questo, fin quando i suoi limiti “umani” le hanno consentito. Del resto, se il Kage non si fosse mostrato d’accordo sebbene di sfuggita, le avrebbe già tentate tutte contro il Sennin sebbene invano. Se paradossale è la posizione che tuttavia lei pretende d’avere in fatto di utilità, si può dire lo stesso delle parole altrui: a suo modo una cosa tanto unica quanto rara che ne ricerca una simile. < Nh.> mugugna, stringendosi nelle spalle e affossando la testa nella stoffa per potersi coprire in parte il volto leggermente arrossito: non è avvezza nei complimenti e, pur non riuscendo a comprenderne il perché, le sono arrivate sotto questa categoria le parole di Akendo. Mordicchia il labbro inferiore, camminando sul filo dell’indecisione fin quando non si sente in diritto di sputare quelle parole che premono sul fondo della gola: < Tra tanti oggetti, tu mi riconosceresti?> come un ago in un pagliaio. < Tra tanti oggetti, sceglieresti di nuovo me?> non che pecchi di presunzione, è stata soltanto punta sul vivo. Sullo sgocciolare degli ultimi secondi, anche quando le ciocche dei capelli altrui fluiscono via, batterà le palpebre. < Neh > principia < Non mi hai detto il tuo nome.> dettagli se può esser conosciuto o meno – una come lei non bada alle voci, o per lo meno non ci si affida del tutto se non necessario altrimenti dovrebbe esser già scappata a gambe levate. < Posso saperlo?> dovrebbe essere un suo diritto, ma non lo reclama come tale. Rimane seduta lì, quasi rannicchiata facendo fronte alle eventuali evenienze: avendo constatato la sua espressione ogni qualvolta s’è ritrovata anche sbadatamente a toccarlo, forse non è il caso di allungare un dito verso di lui. [Grotta] Normalmente non farebbe discorsi così, eppure in questi anni si è ammorbidito abbastanza forse proprio per la vicinanza, volente o meno, di determinate persone come L’Hokage Hitomu Kibou, Mekura e altre persone che, indirettamente, gli hanno insegnato che alcune persone sono “uniche“ nel loro genere e per tanto non possono essere trattata come le altre inutili e povere anime che posano i propri passi su questo infame mondo…marcio…corrotto. Nonostante questo, il cervello del Rikudo Sennin non può fare a meno di elaborare come in ogni qualsivoglia situazione, infiniti scenari, uno diversi dall’altro, inarrestabile quell’intelletto, non può fare a meno di pensare cosa sarebbe successo se non si fosse mai tolto la maschera, se l’avesse legata invece di averla fatta riposare su di un letto, se per diletto si fosse divertito a spezzare la mente d’ella? Se la noia avesse preso il sopravvento cosa sarebbe successo? Sarebbe arrivato ad imporre su di lei il sigillo?!!! Qualcosa che si è sognato di fare unicamente una volta con le conseguenze che ne sono derivate…già…cosa sarebbe successo se-. La mente abbandonerebbe quegli assurdi pensieri, focalizzando attenzione e sguardo per alcuni secondi sulle “strane” movenze di Hana, non comprendendo ovviamente bene il perché o cosa stia facendo, senza contare che il suo viso rivolto verso lei non avrebbe una completa panoramica dell’ambiente circostante, il viola accesso del Rinnegan, ancora attivo, rimarrebbe su di lei ancora per un po’, quanto basta ad accompagnare la sua voce e le sue parole, conducendole fino al Seiun stesso, come una danza. Abbozzerebbe un sorriso, o quel che sembra, all’udir quella domanda, domanda che riceverebbe una pronta risposta dal Rikudo Sennin, come un botta e risposta quasi istintivo…<Riconoscerei ovunque quell’energia>…..<quella fiamma> forse avrebbe potuto usare altre parole come prima ma d’innanzi ad una domanda così diretta vi è il bisogno di chiedersi…esistono altre parole per descrivere tale fenomeno? Di certo avrebbe potuto rispondere in maniera più tecnica, non che la voglia l’avrebbe accompagnato, spiegandole ciò che il Rinnegan gli ha donato, ma è più che sicuro che non era quella la risposta che si sarebbe aspettata Hana e per tanto ha “scelto”, ironico si, di rispondere istintivamente. Staccherebbe ora nuovamente lo sguardo da lei, prendendola comoda sul rispondere o meno alla sua seconda domanda, in nessun caso negherebbe il suo nome a qualcuno, gli insegnamenti del Bushido per quanto appartenuto ad un altro Akendo sono ancora in lui e seppur motivo di disonore, rimarranno per sempre insiti in lui, ma non può fare a meno di perdere tempo, indeciso quasi per puro divertimento personale, arrendendosi però all’evidenza che si è già stancato di giocare con lei un bel po’ di ore fa o non avrebbero discusso di argomenti del genere come quelli vociato fino a poc’anzi. Un sospiro prima di schiudere le labbra forse una delle ultime volte, lasciando che la sua voce…fredda…pungente, raggiunga la fogliosa, accerchiandola e stringendosi sempre più all’altezza del collo, come una corona di spine…pungerla <Akendo> si terrebbe per ora quel cognome…è veramente suo? E ancora suo? Certo il sangue seppur ormai qualcosa di sempre meno chiaro, è quello del casato dei Seiun, ultimo membro, ma come può non pensare che il potere che ha risvegliato non ha sovrastato il suo stesso gene? Del resto ogni effetto della sua abilità innata è scomparso venendo inghiottito da quel vortice violaceo…è realmente un Seiun?. [chakra 79/100] [rinnegan ON] [equipaggiamento Anbu on] [Grotta] Lungi da lei avere la presunzione di richiedere un trattamento diverso: non lo farebbe qualora scoprisse della parentela con l’Hokage, figuriamoci a fronte di Akendo che in un modo o nell’altro le ha tirato fuori qualche parole di troppo. A ripensarci, giusto ora – “a freddo” – forse non avrebbe dovuto lasciarsele scucire con tanta facilità. Eppure, con la stessa semplicità, si trova a fare i conti con una risposta più disarmante del previsto e più difficile da assimilare. Avrebbe potuto perdersi sì, in altre congetture, spiegare il perché e magari darle un modo migliore di credere che c’è un ragionamento logico che ella stessa può dedurre a causa delle capacità del ragazzo: non le conosce del tutto, certo, ma può spingersi con l’immaginazione e figurarsele. Eppure no, manco avesse gettato legna su del fuoco, ribatte ancora < Ma non la sceglieresti di nuovo. Non in presenza di altre fiamme più grandi.> sembra addirittura volersi arrogare il diritto di pensare per lui, di sapere come possa essere apposto un “the end” finale. < Nh.> mordicchia il labbro inferiore ancora una volta, lo martoria costringendosi a quest’unica tortura: di gran lunga migliore di qualsiasi sigillo. < Non ti biasimerei.> conclude così: se c’è l’imbarazzo della scelta, perché non prendere il migliore degli oggetti presenti? Una come lei non sa dare peso al valore affettivo che un oggetto può avere. Non ancora, per lo meno. E’ incapace di comprendere come qualcuno possa preferire un oggetto vecchio ad uno nuovo a causa della mole di ricordi: e seppur lo sapesse, questo non potrebbe essere il caso del Sennin. Attende nel suo silenzio senza particolari costrizioni, sul fondo di quei pochi minuti scevri da qualsiasi fonte rumorosa ne acchiappa le sillabe pronte a formare il suo nome < Akendo.> lo ripete, lo fissa nella mente – paradossale come la prima cosa da chiedere a qualcuno sia diventata in questo caso l’ultima. Certo, non tanto paradossale se si considera il modo fin troppo atipico con il quale si sono conosciuti. Trova vano e inutile presentarsi, ha avuto già il piacere di sentire il suono ed il sapore del suo nome incastrato tra le sue labbra. Proverà comunque ad esercitare una leggera pressione sui palmi di modo che possa lentamente rialzarsi senza far troppo rumore. S’erge, adesso, pensando sia quasi strano adocchiarlo dall’alto se per tutto questo tempo è stato lui a sovrastarla con la sua altezza < Questa sera, se vuoi, possiamo dividerci la solitudine.> glielo deve quasi. < Se ne senti la necessità, riposa. Resterò qui fin quando non ti sarai risvegliato.> come se avesse altra scelta, poi. Non pretende la sua fiducia, ma metterla in questa maniera sembra quasi un pretesto per poter vedere fin dove uno come lui può arrivare a fidarsi del prossimo. [Grotta] Il silenzio ora tornerebbe a regnare in quella grotta che per qualche strana ragione sembra tutto fuorché umida e fredda, che sia quella flebile luce che man mano sta scomparendo? Risposte certe non se ne hanno mai, come per lo stesso Rikudo Sennin, dotato di una sconfinata conoscenza grazie al risveglio dell’occhio del Samsara, non può mai dare risposte certe se non per peccato di presunzione, ma normalmente le risparmia solo per coloro che, deboli di mente, accolgono le sue parole come verità certe, ignorando che vi sia inganno o altro ancora dietro ad esse. Questo non è il caso di Hana che si è saputa destreggiare perfettamente mantenendo una discussione con il Seiun, la dove molti, avrebbero chinato il capo, spezzati dalle sue parole. All’udir le di lei parole, si girerebbe letteralmente di fianco, potendola così guardare in maniera diretta, quel viola intenso penetrare in lei, inglobarla in quell’infinita spirale concentrica, la lingua formare un leggero solco, le labbra schiudersi…<quello dipenderà da quanto arderà questa fiamma> manterrebbe il contatto fisso per poi abbozzare una sorta di smorfia divertita, girandosi nuovamente e tornando nella posizione precedente, una risposta secca, netta, in modo da ribattere quel suo “biasimarlo”…un tono così freddo eppure non vi è menzogna, il suo interesse nasce in proporzione alla sua abilità, certo entrambi sanno bene che il termine unico a modo proprio sott’intende che non si è unici veramente…nell’intero mondo ninja molti hanno catturato l’attenzione del Seiun, alcuni di questi fanno parte dell’Akatsuki stessa per volontà diretta del Rikudo Sennin eppure con lei è diverso, lei non può scorgere ciò che Akendo vede in lei, qualcosa che trascende il termine stesso di chakra…energia. Poi di nuovo il nulla…il silenzio, indiscusso immortale, probabilmente se Hana sapesse come passa le sue giornate il Seiun forse ne rimarrebbe allibita eppure egli vive in quel silenzio, in quell’ombra, nato e cresciuto, del resto è del clan Seiun, la cui oscurità stessa è nutrimento per il feto, culla e riparo, qualcosa che non può cambiare, ma tutto ciò diverrebbe irrilevante all’udir quei suoni, la voce di Hana, spezzare quel silenzio, l’iride sinistra, portarsi su di lei, tendendo l’orecchio nella direzione d’origine di quei suoni, parole che difficilmente si sarebbe aspettato di udire, eppure non può rimanere indifferente, quasi divertito da quelle parole per alcuni istanti…<è curioso che tu creda che io possa riposarmi> il suo tono è ovviamente ironico ma non nei suoi confronti quanto un senso più generale, d’altronde, da che ne ha memoria “riposarsi” è qualcosa che gli riesce difficile, ciò che può trovare nel riposo e solo un break da tutto ciò che lo circonda, dal fardello che si porta, dai problemi e dai pensieri che costantemente affollano la sua mente, dandosi battaglia…una battaglia immortale. Lo sguardo rimarrebbe fisso sul di lei viso…lentamente le labbra si schiuderebbero, nuovamente, per un ultima volta probabilmente <se vorrai dividere la solitudine…dovremo dividere anche il letto questa notte> l’ha detto, eccome se l’ha detto, con la stessa noncuranza come per le parole di prima, forse incapace di comprendere i possibili equivoci creabili da quelle sue parole dette anche con un certo nonchalance, lo spostarsi però verso l’estremità del letto, poggiando schiena e folta crine al muro roccioso, dovrebbero far capire alla fogliosa probabilmente il reale senso di quelle parole. Che la ragazza accetti o meno, lentamente il Rinnegan tornerebbe sopito, il viola intenso appassirebbe, come un fiore morente, la stessa Hana potrà accorgersene, per poi spostarsi verso il muro del letto, se vorrà potrà stendersi anche la ragazza avendo a quel punto tutto lo spazio necessario, in caso contrario potrà trovarsi qualsiasi altra posizione all’interno della grotta. All’indomani la riporterà a Konoha, così che possa ricongiungersi con suo zio l’Hokage, se il loro risveglio li vedrà nello stesso letto, c’è una possibilità, lontana, molto lontana ma c’è, che durante la notte il braccio del Rikudo Sennin abbia cinto la spalla scoperta di Hana come…una specie di…abbraccio. [End] Si vede rimessa al proprio posto, esattamente come… un oggetto, sì. Ormai è diventata la parola del giorno, e le fa quasi paura il semplice fatto che qualcuno abbia compreso come “parlarle” o come “trattarla”. A suo modo riesce a sfiorare fili più sottili e taglienti del nylon capaci di mirare ai punti nevralgici con una precisione chirurgica. < nh.> s’ammutolisce storcendo il naso quasi infastidita, intestardita e inorgoglita forse più dal suo impegno che dovrà perseverare piuttosto che dall’ammissione proveniente dal Sennin e dalla sua logica: chi si piegherebbe ad osservare la fiamma di una candela se inutile? Chi non troverebbe più divertente spegnerla senza alcun riguardo? Serra entrambe le mani in due pugni nascosti dalle maniche ampie del giaccone, nascondendo quel modo forse autolesionista che ha di fare nel grattarsi la pelle con le unghie fino a scorticarla – ha sempre avuto un modo strano per drenare i suoi istinti, i suoi eccessi. Troppo pacata, troppo gentile, troppo nascosta: dove la getta la rabbia quando la prova? Rancore, disillusione, rassegnazione che fine fanno al cospetto di quella faccia impermeabile? Un’altra cosa che solitamente non è brava a fare è carpire l’ironia: stranamente questa volta l’ironia di quella frase le perfora un timpano. Preferisce glissare evitando di aggiungere legna sul fuoco. Per concludere, gli si dovrebbe cucire un arazzo di complimenti per il modo perfetto di rattoppare le parole della Hyuga che ora s’intravede via via sbiancare. Già pallida di suo, vederla discendere verso una tonalità cadaverica non è di certo di buon auspicio. Sgrana le palpebre, deglutendo appena senza darlo a vedere – a secco di saliva, anche quando dal bianco del derma passa al rosso delle guance compiendo voli pindarici per assecondare il viso paonazzo ormai. < I-io-> non sa nemmeno come formulare una frase, la prendono sempre di sprovvista ultimamente tanto che si ritrova ad annaspare aria fingendo che tutto sia “normale”: inspira a pieni polmoni e inizia a predicare un sutra dedicato all’auto-maledizione per aver detto una cosa del genere. Le pare del tutto atipico dormire con qualcuno, anche perché non è una cosa che si ritrova a fare spesso – quasi mai, a dire il vero. S’avvicina in parte timorosa, nascondendo il tremolio delle membra all’interno del giaccone grande. <…> si ritrova impacciata anche nel tentativo di sedersi, formando una nuova curva sul guanciale e affondando in quest’ultimo: la soggezione che può dare uno come lui a tre metri di distanza è tanta. A un metro è follia. A meno di un centimetro è da sotterrarsi. Ritorna ad espirare il suo profumo, quello che le si era stampato addosso e pian piano si stava dissipando. Stranamente, anche uno come lui ha un corpo capace di emanare calore. Che stia sperimentando l’emozione del voler essere murata viva per l’imbarazzo, è tutto da scoprire, fatto sta che forse forse… questo abbraccio se lo scrocca. Perché alla fine se lo è meritato, dai.